Alla ricerca della musica?
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- Benedetto Castellani
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1 51 Dr. Antonio Iacono Psicoclinico, specialista di psicoterapia Alla ricerca della musica? Mi accingo a delineare con questo mio scritto alcuni elementi facenti capo ai più recenti studi e ricerche internazionali su ciò che avviene e avverrebbe in relazione alla Musica nell intimo più profondo della persona secondo le Neuroscienze umane e la Psicoclinica. All Istituto Superiore di Studi Musicali V. Bellini di Caltanissetta per i Maestri frequentanti il corso di studi per il Diploma Accademico Abilitante di II livello classe di concorso A 077 (a.a. 2009/2010), si è tentato un laboratorio di Neuropsicologia e Musica tenute presenti alcune determinanti del progetto Blue Brain degli studiosi europei e d oltreoceano. Lasciamo ai ricercatori tedeschi e a quelli austriaci il caos della Glitch Music del gruppo Oval (è un sodalizio di tre ricercatori di musica elettronica; e Glitch Music è una sonorità musicale che ha nel glitch intoppo come un singhiozzo elettronico, un alleato significativo che, nel caos acustico, fa emergere un nuovo equilibrio riportando l orecchio, attraverso le modulazioni cerebrali, alle gestalten più armoniche - È questo il suono del prossimo mezzo secolo, Vincenzo Rossini, 2011). Ma, allo stato delle cose, credo che tali sperimentazioni [la decomposizione dell armonia e l affastellamento sonoro come derivati del suono sintetico] sconvolgerebbero, tra l altro, i sistemi neuronali della natura armonica e melodica entro la quale siamo formati in sede psiconeuro-endocrina [cfr: D. Scheppard, La vita e i tempi di Brian Eno, Ed. Arcana]. A questo punto è forse opportuno ricordare che lavori di grande profilo etico e scientifico avvicinano sempre più la convergenza tra
2 52 Antonio Iacono Biologia e Psicologia. Un iter virtuoso, cronologicamente non sequenziale: da Hebbinghaus a F. C. Barlett, a K. Lashley, D.O. Hebb, Brenda Milner e, ancora, W. Mc Dougall; tutti psicologi ai quali dobbiamo la conoscenza di basi inalienabili sui meccanismi dell apprendimento e dei sistemi cerebrali (cfr.: L. Squire e il Nobel E. Kandel). Gli studi e le sperimentazioni di Anatomia, Fisiologia, Psicofisiologia arricchiti dalle Neuroscienze e dalla Psicoclinica ci dicono che le aree del cervello, grandi o piccole, hanno funzioni specifiche. Queste aree si parlano, si aiutano, non solo all interno di ciascun emisfero, ma anche tra un emisfero e l altro. Le loro funzioni sono state aggiornate attraverso la PET ed altre metodiche (Posner 1994), come la fmri (risonanza magnetica funzionale, R. Poldrack, 2001). Per la Musica sono importanti le zone del linguaggio: le aree di Wernicke e di Broca. Secondo lo psicoclinico Gardner di Harward (1983), la Musica deriva da una facoltà distinta del cervello, da una intelligenza specifica (Teoria delle intelligenze multiple). È come se, nel corso dei millenni, a zone del cervello si fossero dedicate particolarità sia anatomiche sia funzionali. Seguendo Gardner individuiamo così almeno 5 interrelazioni funzionali e strutturali: l Intelligenza Logico-Matematica (abilità implicata nel confronto e nella valutazione di oggetti concreti o astratti nell individuazione di relazioni e principi); l Intelligenza Linguistica (abilità che si esprime nell uso del linguaggio e delle parole, nella padronanza dei termini linguistici e nella capacità di adattarli alla natura del compito); l Intelligenza Spaziale (abilità nel percepire e rappresentare gli oggetti visivi, manipolandoli idealmente, anche in loro assenza); l Intelligenza Musicale (abilità che si rivela nella composizione e nell analisi di brani musicali e nella capacità di discriminare con precisione altezza dei suoni, timbri e ritmi e memoria creativa (la sintesi operata dagli engrammi) e l Intelligenza Cinestetica (abilità che si rivela nel controllo e nel coordinamento dei movimenti del corpo e nella manipolazione degli oggetti per fini funzionali o/e espressivi). Per i cognitivisti (Dowling, 1986, e altri), la Musica è un attività specifica dell intelligenza generale: è come se tutte le parti e le attività del cervello si fossero concentrate per produrre la musica, o meglio l attività musicale. Per districarci in questo labirinto bisogna mettere a fuoco alcuni elementi di: Biologia (le leggi del funzionamento); Etnologia (gli aspetti antropologici delle varie regioni del mondo); Musicologia (cultura e
3 Alla ricerca della musica? 53 studio sperimentale del sapere musicale); Filosofia trascendentale (espressione dei princìpi); Psicoclinica (gli aspetti della personalità individuale). Ma, dice Peretz (2010, uno dei massimi studiosi del ramo): Soprattutto la Psicologia, specialmente dell Età Evolutiva. Ma, anche, le metodiche di M. Martenot e di E. Willems. Lasciando da parte le patologie cerebrali genetiche o acquisite in quanto non possono aiutarci nella comprensione diretta del funzionamento del cervello sano, le tecniche di oggi delle Neuroscienze (Neurologia, Neuroanatomia, Psicoclinica, ecc ) ci possono dare una mano nello studio del cervello normale. Grazie alla tecnica esplorativa dell Ascolto dicòtico (Goodglass e Calderon, Università di Boston, 1997), consistente nel far ascoltare in cuffia stimoli sonori diversi per l orecchio dx e per quello sx, e considerato il principio anatomico dell attività controlaterale secondo il quale l informazione ricevuta dall orecchio dx è elaborata meglio dall emisfero sinistro, e viceversa: è stato dimostrato che è l emisfero sinistro ad elaborare meglio gli stimoli sonori. Ma, se viene fatta ascoltare una sequenza di 3 numeri cantati con diverse altezze sonore, nella fase di riproduzione vocale di tale sequenza, solo nel caso di musicisti si è vista la dominanza dell emisfero sinistro, che è risultato attivato da un substrato dell emisfero destro. Risultati simili sono stati ottenuti da Besson (1998) dal Centro di Neuroscienze Cognitive di Marsiglia con la tecnica dei potenziali evocati. È una tecnica che registra al millisecondo ogni variazione elettrica dei neuroni cerebrali e dalla sua applicazione è stato rilevato che c è un autonomia cerebrale della musica rispetto al linguaggio parlato (studi di Sergent, Canadese; e di Petersen: Washington, 92); e la P.E.T. (Tomografia ad Emissione di Positroni) ha registrato un afflusso ematico aumentato ed altre particolarità. Tali particolarità sono state confermate anche da tecniche più sofisticate come la Risonanza magnetica, la Magneto-elettro-encefalografia e la fmri (tecnica più recente che registra il passaggio di una proteina nel flusso ematico cerebrale nel corso di un esecuzione musicale). Una breve panoramica storica sulle ricerche relative alla localizzazione delle attività musicali all interno del cervello, ci suggerisce che sino al secondo 800 non si capiva bene quali fossero le precise funzioni superiori del cervello salvo le due aree del linguaggio. Nei primi
4 54 Antonio Iacono anni del 900 fece scalpore il caso del musicista Sebalin che con danni all emisfero cerebrale sinistro continuava la carriera musicale, mentre altri musicisti, con danni nell emisfero destro, non furono più in grado di fare della buona musica. Dal 1960, Doreen Kimura (Montreal, 1964) e Brenda Milner (in precedenza: 1962) dimostrarono invece che anche l emisfero destro possedeva buone chances. Successivamente Bever e Chiarello (Columbia Univ., 1974) si sono dedicati a tentare di dimostrare che soltanto i musicisti riconoscono le melodie con il cervello sinistro e riescono a riconoscere due note isolate della stessa melodia [quest ultima affermazione ricevette forti contestazioni!]. I non musicisti, se acquisiscono esclusivamente il profilo melodico, attiverebbero solo l emisfero di destra. Ma anche i non-musicisti possono attivare il sx. Dunque, Musicisti e non musicisti attivano dx e sx, in misura differente. Per giungere ad una prima conclusione, le osservazioni cliniche ci dicono che una facoltà musicale può essere selettivamente distrutta o selettivamente risparmiata da un danno cerebrale. La musica coinvolge i 2 emisferi cerebrali, ma la dominanza dell uno sull altro è incerta. La facoltà musicale si fonda su moduli a volte indipendenti l uno dall altro e suscettibili di essere collocati in aree distanti tra loro. Attraverso la P.E.T. (Tomografia ad emissione di positroni) si è potuto constatare che negli ascoltatori inesperti l ascolto della musica attiva la parte destra del cervello, quella più intuitiva; nei musicisti si attiva la parte più razionale, cioè quella sinistra. Nel processo di riconoscimento di un brano musicale non viene attivato solo il livello uditivo perché a livello cerebrale si mobilitano diversi moduli; la ricerca neuropsicologica ha, infatti, determinato diversi accessi. Chi ascolta un brano opera un organizzazione melodica delle variazioni in sequenza e delle altezze dei suoni, contemporaneamente fa un analisi dei tempi del brano. Per i musicisti questa distinzione appare scontata. Per il percorso melodico, nella nostra cultura occidentale, avremmo l identificazione del profilo melodico (comune a molti); la percezione degli intervalli (comune a pochi); la percezione della tonalità (comune a pochissimi). A livello sperimentale sono stati individuati un altra serie di moduli connessi, questa volta, all emozione. Sono moduli relativamente autonomi perché fanno parte dell esperienza fenomenologica (Eccles, Nobel 1963) che consiste, anche nel nostro caso, nel rivivere la musica
5 Alla ricerca della musica? 55 e nel lasciarla scorrere interiormente in assenza di uno stimolo uditivo. Pochissimo ancora sappiamo di ciò che va oltre l ascolto, il riconoscimento e la lettura musicale. Se ci sia una predisposizione musicale la risposta è un si condizionato: se tale predisposizione viene esposta significativamente alla musica (ascolto mirato e cultura) si sviluppa, altrimenti si ottunde e muore (cfr.: gli studi e le sperimentazioni sulla plasticità dell encefalo). L educazione musicale autentica, dunque, modifica i moduli cerebrali e mentali preesistenti e stimola la creazione di nuovi moduli. Il vero problema, allora, è questo: in quale misura le modificazioni cerebrali (moduli paralleli) connesse ad una migliore conoscenza possono essere indotte, tali da cambiare l organizzazione di base? In conclusione, la musica è legata all attività di tanti micro-cervelli (alcuni autonomi, altri interrelati); le sofisticate immagini cerebrali (risonanze, PET, ecc.), e le indagini psicocliniche della Neuropsicologia aprono prospettive che, se connesse allo studio e alla ricerca sul piano dello sviluppo emotivo, daranno prospettive più certe, ma non esaustive. Esistono metodologie avanzate di esplorazione dell attività delle varie aree specialistiche del cervello umano mediante l uso di un fmri che consente la funzione flussimetrica di una proteina del sangue cerebrale durante l esecuzione musicale a cominciare dall area del linguaggio (Broca): parti specialistiche del cervello si attivano e si disattivano coerentemente, armonicamente, solidarmente, a seconda che l intenzione del musicista sia creativa o esecutiva. Gli aggiornamenti sono intensi e continui. Qualche riferimento: a. Le interrelazioni strutturali e funzionali cervello-mente (M. Clynes, 1987; J. Davidson, 1995). b. Le sperimentazioni avanzate e divulgate (Andrea Frova, Andrea Cremaschi e il convegno Ladimus, 2011). c. La collocazione della Psicologia, dalla Clinica all Evolutiva, nell ambito delle ricerche più sofisticate sui processi cognitivo-emotivi: cognitivisti e confessionisti sembrano essere concordi con il gruppo di M. Besson, Concludo con una citazione riportata da un lavoro di Roberto Caterina e Leslie Bunt, 2002: A. Storr, 1992, sostiene che l origine della Musica va ricercata nel cervello, nella mente umana e ha per fine di
6 56 Antonio Iacono ordinare i dati sensoriali. Ciò è dimostrato dalle risposte psicofisiologiche connesse alle emozioni più profonde. (Da: Isabelle Peretz, La Musica e il cervello, 2002)
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