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1 : quali effetti? Uno Il 29 maggio 2014, la Camera dei Deputati ha approvato un testo unificato che andrà ad incidere, ove riceva il via libera definitivo del Senato, sulla durata del tempo per proporre l'istanza di divorzio. A differenza delle precedenti legislature ( ) la presenza dei figli minori della coppia non è stata considerata una "situazione" di cui tener conto ed anche le separazioni giudiziali, quelle dove è più acceso il conflitto, il termine per proporre il Divorzio Giudiziale sarebbe di un anno questa volta a decorrere dalla "notifica della domanda di separazione". Infine a caricare ancor più il sistema è stata prevista la proponibilità immediata, davanti al giudice della separazione, della domanda tesa alla divisione della comunione legale (art.3 u.co.) e per concludere l'immediata entrata in vigore, dell'efficacia del termine breve, anche se il giudizio separativo sia in corso. (art.4) Affrontiamo subito quello che appare l'aspetto più "preoccupante per il sociale" della contrazione dei tempi per proporre l'istanza divorzile. Ogni operatore del sistema giustizia della famiglia, è al corrente di come il carico di lavoro di tutti i Tribunali sia già oggi oltremodo onerato da: - tempi lunghissimi tra la proposizione di una domanda e l'effettivo appuntamento con il giudice; - laddove si verifichi un inadempimento di natura economica, i tempi per ottenere il dovuto sono pluriennali per l'ingolfamento del sistema delle esecuzioni civili. In buona sostanza il processo della famiglia è un universo che vive molte criticità, ma, non ostante tutto ogni giorno amministra ancora la sua, difficile e delicata, Giustizia. Il problema ove dovesse divenire legge, la riforma approvata dalla sola Camera dei Deputati, con il "taglio lineare" dei tempi per proporre le questioni divorzili, è costituito dal certo incremento esponenziale delle cause introdotte, che avrà come diretto effetto la paralisi dell'intero apparato giurisdizionale civile, che si occupa della famiglia. Non è stato previsto, infatti, alcun adeguamento dell'organico dei magistrati o dei cancellieri che, quotidianamente fanno funzionare, nel bene e nel male, la macchina della giustizia, più vicina al cittadino, che è quella della famiglia. L'effetto dell'entrata in vigore del "super divorzio" sarà quindi, l'arresto di un sistema già al collasso. Sotto il profilo normativo dobbiamo evidenziare come il passaggio dalla separazione al divorzio, non è una mera modifica terminologica, ma impatti in modo frontale, sul piano dell'economia della famiglia più debole. Tutto il sistema della Giurisprudenza nazionale, nel regolare

2 : quali effetti? Uno l'attribuzione e la misura degli assegni separativi e divorzili, ha infatti costruito, in questi anni, con una solida elaborazione sistemica, un regime di tutele della parte che esce, maggiormente indebolita, dalla crisi del rapporto matrimoniale, ed in buona sostanza ha così costituito, una maggior tutela dei figli minori della coppia. Prevendendo, per tutto il tempo della separazione, un livello di garanzie sicuramente idoneo a costituire, almeno nella maggior parte dei casi, la ripresa e la tenuta di una nuova forma di economia familiare. In altre parole, giova ricordare, come la disciplina sostanziale del nostro diritto di famiglia, preveda espressamente, e numerosissime Sentenza sulla materia lo confermano in via univoca, una sostanziale diversità, sia nei presupposti sia nei fini, di quello, che per comodità, possiamo chiamare «l'assegno della separazione» rispetto al diverso contributo che, sempre per semplicità, potremo chiamare «l'assegno divorzile». Il primo, in estrema sintesi, rappresenta, all'atto della soluzione della vita matrimoniale in concomitanza con il provvedimento Presidenziale di natura urgente, il contributo posto in capo al coniuge «economicamente più forte» in favore del «coniuge economicamente più debole» normalmente «affidatario della prole» contributo che viene calcolato sulla base di quello che era ed è «il tenore di vita della famiglia» ed ha lo scopo di conservare, al coniuge - che non sia causa di questa, con colpa - quel tenore di vita, necessario per ridurre gli effetti destabilizzanti della separazione. Sul punto basterà ricordare come siano numerosissime le pronunce della Giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, che dimostrano univocamente quanto diversi siano i presupposti e la natura dell'assegno percepito dal coniuge in caso di separazione, rispetto e quello percepito nel successivo caso del divorzio. Quanto all'assegno di separazione, il riferimento normativo è costituito dall'articolo 156 del codice civile, in forza del quale è il diritto di un coniuge di ricevere a seguito della separazione, dall'altro coniuge, quanto necessario al proprio mantenimento «qualora egli non abbia adeguati redditi propri» può essere visto come l'esplicazione del particolare dell'obbligo, connesso al matrimonio, di contribuire ai bisogni della famiglia. Al contrario, ciò non accade, come vedremo, nel caso dell'assegno divorzile, in quanto il sorgere del «fatto- divorzio» comporta la nascita di un nuovo diritto, la fonte del quale non è più il vincolo matrimoniale, bensì è la pronuncia che fa cessare gli effetti civili del matrimonio. Più specificamente, presupposto fondamentale affinché il coniuge separato, al quale non sia addebitata la separazione, possa avere il diritto di percepire l'assegno di mantenimento, è che questo non disponga di «adeguati» redditi propri. Ciò pone il problema di stabilire quale sia il significato da attribuire all'aggettivo

3 : quali effetti? Uno «adeguati» utilizzato dal legislatore, ma soprattutto di determinare quale sia il parametro di riferimento, da tenere presente nella determinazione dell'adeguatezza o meno di tali redditi. Il concetto di «adeguati mezzi propri», volutamente utilizzato dal legislatore al fine di lasciare un certo spazio di discrezionalità al giudice ed alle parti nelle loro diverse determinazioni, è da rapportarsi, per Giurisprudenza costante, al tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio. L'adeguatezza deve essere, dunque, commisurata al tenore di vita della famiglia in costanza di convivenza. Ancora più specificamente, è bene sottolineare come il tenore di vita che il coniuge separato ha diritto di mantenere, anche a seguito della separazione, non deve essere confuso con quello che di fatto l'altro coniuge gli consentiva, prima della separazione, ma è quello che gli avrebbe dovuto consentire in base alle sue «effettive capacità». La vicenda giudiziale relativa alla corretta attribuzione della misura dell'assegno separativo, al coniuge che non disponga di adeguati redditi propri, potrà anche essere lunga e complicata, ma non di meno è diritto di entrambe le parti, godere di tutta la necessaria l'attenzione, da parte del "loro" giudice, nel ricercare il punto di equilibrio del nuovo assetto familiare. Vediamo ora, sempre schematicamente, quale siano la natura ed i presupposti dell'assegno cosiddetto «divorzile». Anche se, apparentemente, le espressioni utilizzate dal legislatore per individuare i presupposti per la nascita del diritto alla percezione dell'assegno, nel caso di separazione e nel caso di divorzio, potrebbero sembrare a prima vista assimilabili, ad una più attenta analisi, ci si avvede del contrario. Infatti, il concetto di «adeguati redditi propri» contenuto nell'articolo 156 del codice civile (separazione), e il concetto «quando il coniuge non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive» utilizzato dal legislatore nell'articolo 5 della Legge 898 del 1970, poi modificato dalla Legge 74/87, (divorzio) corrispondono a criteri interpretativi fondamentalmente diversi. Tanto è vero che la Giurisprudenza ha qualificato l'assegno di divorzio come avente natura «assistenziale» nel senso che la sua concessione trova il suo presupposto, nell'impossibilità per l'ex coniuge, di procurarsi da sé mezzi di sostentamento, tali da consentirgli di condurre un'esistenza libera e dignitosa. Vediamo tra le tante la Sentenza 2955/1998, (Cassazione Civile Sezione 1 ) che testualmente statuisce: «A seguito della disciplina introdotta dall'articolo 10 Legge , che ha innovato la normativa di cui all'articolo 5 della Legge , attribuendo all'assegno di divorzio natura esclusivamente assistenziale, il richiedente deve fornire la prova della mancanza di mezzi economici che gli permettano di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di

4 : quali effetti? Uno matrimonio, senza che a tal fine possano supplire i poteri officiosi di indagine spettanti al giudice». Ancora, sempre nella medesima statuizione la Suprema Corte prosegue: «il divario delle condizioni economiche dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio, non è di per sé solo presupposto sufficiente per l'attribuzione dell'assegno divorzile». Sempre con le medesime espressioni, sono poi intervenute numerose altre Sentenze della Suprema Corte, tanto da poter permettere, agli addetti ai lavori, di definire la "natura" dell'assegno divorzile come continuamente aggiornata, ad esempio si segnala l'ultima pronuncia della Cassazione Sesta Civile, con la Sentenza nr del 27 maggio 2014, Pres. Macioce, Rel. Bisogni, nella quale la rilevanza, ai fini della determinazione o meno, dell'assegno divorzile, anche dei beni acquisiti per successione ereditaria, dopo la separazione, ancorché non incidenti sulla valutazione del tenore di vita matrimoniale, perché intervenuta dopo la cessazione della convivenza, possano tuttavia essere presi in considerazione ai fini della valutazione delle capacità economiche del coniuge stesso. (Conforme Cassazione nr del 15 maggio 2013). Poste queste premesse, non v'è chi non veda come, la proposta in discussione oltre a provocare, con l'incremento esponenziale delle istanze di divorzio breve la certa paralisi del sistema, in punto di diritto, introdurrà, una drastica riduzione dell'ombrello protettivo, costruito negli anni dalla Dottrina e dalla Giurisprudenza in merito alla disciplina dell'assegno separativo, che non accompagnerà più il coniuge debole ed i figli della coppia, per i primi tre anni dalla separazione, ma li esporrà a dover fare i conti con la diversa natura dell'assegno divorzile, non appena decorso «un solo anno» dalla notifica della Separazione Giudiziale. Quello che emerge da un minimo approfondimento è, dunque, l'esistenza di una riforma che con uno sconto di pochi mesi sui termini per il divorzio, incide sulla tutela delle parti deboli del contesto di vita familiare, che con la separazione hanno visto la dissoluzione della economia di scala prima costituita dalla famiglia. Il risolvere gli impegni previsti dal Codice Civile per il matrimonio, riducendo il tempo per arrivare alla pronuncia della cessazione degli effetti civili, dopo il decorso di un solo anno dalla notifica del ricorso giudiziale della separazione, può per altro avere come affetto, quello della compressione dei diritti della persona "debole", che sarà così costretta a subire le scelte dell'altra, motivate dalla decisione di voler rifarsi una famiglia con un altro Matrimonio: ed ovviamente per parte debole, in termini psicologici, non si intende la "casalinga" dell'esempio di scuola, ma chiunque si trovi ad essere impedito ad effettuare delle libere scelte, "succubi" com'è dell'agire dell'altro.

5 : quali effetti? Uno Nel Matrimonio che è negozio giuridico nel quale il rilievo delle scelte psicologiche è elemento primario, il tempo per la maturazione di una libertà di scelta, vale molto di più di quanto si possa immaginare, e sino ad ora gli effetti ed i contesti economici, diversi nella separazione e nel divorzio sono stati esaminati e ben costruiti, dalla giurisprudenza di merito e del Supremo Collegio, mentre la riduzione e la compressione di quei termini costringerà ad una rivoluzione di assetti economici anche famiglie non ancora stabilizzate.

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