Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione

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1 Guido Cervigni Massimo D Antoni Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione

2 Indice Prefazione di Bruno Bosco 11 Nota introduttiva Monopolio naturale e concorrenza Il costo sociale del monopolio La nozione di monopolio naturale Definizione / Subadditività ed economie di scala nel caso monoprodotto / Subadditività ed economie di scala nel caso multiprodotto 1.3. Sostenibilità del monopolio naturale Sostenibilità: definizioni e proprietà / Sussidi incrociati e scrematura / Alcuni casi di non esistenza di una configurazione sostenibile / L esistenza di configurazioni sostenibili: condizioni sufficienti / La teoria dei mercati contendibili 1.4. Concorrenza per il mercato attraverso un asta Apertura alla concorrenza di settori precedentemente monopolistici Tariffazione ottimale Efficienza, redistribuzione e analisi di benessere in equilibrio parziale Tariffazione in presenza di sussidi al monopolista Tariffazione al costo marginale / Finanziamento del sussidio mediante imposte distorsive 2.3. Tariffazione e capacità produttiva con domanda variabile Il caso di domanda incerta 2.4. Tariffazione con vincolo di copertura dei costi: tariffe lineari La ripartizione dei costi fissi secondo il criterio dei costi pienamente distribuiti / I prezzi alla Ramsey / Tariffe lineari ed obiettivi redistributivi 2.5. Tariffazione con vincolo di copertura dei costi: tariffe non lineari Tariffe in due parti / Tariffe multiparte / Tariffe non lineari ottimali 2.6. Conclusioni: tariffe efficienti, tariffe uniformi ed obiettivi redistributivi 137 Appendice. Derivazione della tariffa non lineare ottimale Informazione e incentivi L estrazione della rendita informativa del monopolista Il modello di Baron e Myerson (1982) 3.2. Incentivi e inefficienza produttiva Efficienza produttiva ed estrazione della rendita quando il costo è osservabile / Efficienza e osservabilità del costo in assenza di sussidi 3.3. La regolamentazione per comparazione Efficienza produttiva e avversione al rischio Regolamentazione per comparazione e azzardo morale 3.5. Incentivi in un contesto multiperiodale 183 Appendice. Schemi tariffari ottimali in presenza di asimmetria informativa Relazioni verticali tra competitori Separazione verticale e incentivi all integrazione Infrastrutture necessarie / Prezzi d accesso ottimali / Incentivi all integrazione verticale 8

3 INDICE MONOPOLIO NATURALE, CONCORRENZA, REGOLAMENTAZIONE 4.2. Accesso alle reti da parte di concorrenti nella fornitura dei servizi finali Prodotti finali omogenei, bypass impossibile, entrante competitivo / Il caso con bypass / Prodotti differenziati / Prezzi ottimali degli input ceduti ai competitori e determinazione del prezzo del bene finale 4.3. Imperfezioni del sistema regolatorio e regolamentazione dell accesso Osservazioni conclusive Regolamentazione del tasso di rendimento, tetti ai prezzi e altri meccanismi dinamici Controllo del tasso di rendimento e tetti ai prezzi Definizioni / Valore del capitale, ripartizione dei rischi e stranded costs 5.2. Proprietà della regolamentazione del tasso di rendimento Inefficienza tecnica e allocativa / Mercati regolati e mercati concorrenziali 5.3. Proprietà della regolamentazione mediante tetti ai prezzi Efficienza allocativa / Discriminazione di prezzo / Le revisioni periodiche 5.4. Altri meccanismi dinamici Il meccanismo di Vogelsang e Finsinger / Sussidi pari al surplus incrementale 5.5. Osservazioni conclusive 269 Appendice. Prezzi nodali e diritti di trasmissione Il settore delle telecomunicazioni Tecnologia e servizi di telecomunicazione Reti di telecomunicazione / Servizi di telecomunicazione 7.2. L organizzazione del settore Fallimenti del mercato nel settore delle telecomunicazioni / L intervento pubblico / Istituzioni regolatorie 7.3. Il caso degli Stati Uniti Evoluzione della struttura del settore fino al 1996 / La regolamentazione tariffaria / La nuova organizzazione 7.4. Il settore delle telecomunicazioni in Italia Caratteristiche / La liberalizzazione / La regolamentazione dei prezzi Bibliografia 383 Elenco delle figure 395 Indice degli autori Il settore elettrico Tecnologia ed economia della fornitura del servizio elettrico Regimi organizzativi della generazione di energia elettrica Borsa dell energia elettrica all ingrosso / Contratti bilaterali diretti / Acquirente unico / Modelli ibridi 6.3. Generazione e vincoli di trasmissione Flussi dell energia elettrica sulle reti / Prezzi nodali e diritti di trasmissione / Diritti di trasmissione 6.4. Trasporto e vendita dell energia elettrica Il settore elettrico in Italia Caratteristiche / La nuova organizzazione del settore / La regolamentazione nel nuovo assetto 9 10

4 1 Monopolio naturale e concorrenza La teoria economica ha individuato le ragioni della regolamentazione nella presenza di uno o più dei seguenti fallimenti del mercato, che allontanano un certo mercato dalle condizioni di concorrenza perfetta: 1. l esistenza di asimmetrie informative tra gli agenti operanti sul mercato; 2. il manifestarsi di esternalità; 3. la presenza di agenti economici (generalmente produttori) con potere di mercato. Questo volume si concentrerà prevalentemente sul terzo di questi motivi, e in particolare sui casi in cui il potere di mercato di un impresa deriva da specifiche caratteristiche tecnologiche del processo produttivo, tali da giustificare per il settore studiato l uso dell espressione monopolio naturale. È un risultato di base dell economia del benessere che in presenza di potere di mercato, ovvero quando l impresa non prende il prezzo di vendita come dato, l allocazione delle risorse si discosta da quella desiderabile. Il caso più rilevante di potere di mercato è quello di un impresa che opera in condizioni di monopolio, cioè in assenza di competitori sul mercato del prodotto: in questo caso, riducendo la quantità prodotta ed aumentando il prezzo al di sopra del costo marginale, il monopolista è in grado di aumentare i propri profitti riducendo al tempo stesso il benessere dei consumatori; visto che il maggior profitto per il monopolista è inferiore alla perdita di benessere per i consumatori, il prezzo che massimizza il profitto conduce inoltre alla produzione di un livello del bene in questione inferiore a quello efficiente, cioè comporta inefficienza allocativa. L inefficienza allocativa non è il solo motivo di preoccupazione per la presenza di imprese che operano in condizioni di monopolio. È infatti opinione comune che l assenza di competizione diminuisca per le im- 39

5 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA prese l incentivo a produrre in modo efficiente, e determini quindi costi di produzione maggiori di quelli che vi sarebbero in condizioni concorrenziali; il monopolio porterebbe cioè anche altre forme di inefficienza non strettamente riducibili a quella allocativa. Un analisi più precisa dei costi del monopolio sarà oggetto specifico del primo paragrafo di questo capitolo. È necessario chiarire però innanzitutto il significato dell aggettivo naturale applicato al termine monopolio: la distinzione tradizionale a questo proposito è quella tra monopolio legale e (appunto) monopolio naturale. Il primo vi sarebbe quando la presenza di competitori è esclusa per legge (prendiamo questo termine in senso lato), mentre il secondo rimanda a ragioni strutturali che hanno a che vedere con la tecnologia produttiva, che rende in qualche modo inevitabile il fatto che su quel mercato operi un unico produttore. Possono esservi ragioni diverse per l istituzione di un monopolio legale, ma l opinione prevalente è che solo nel caso di un monopolio naturale esiste una giustificazione forte per un intervento pubblico dal quale risulti, in un modo o nell altro, la concentrazione dell offerta in capo ad un solo soggetto. Il caso di scuola di monopolio naturale è quello in cui la tecnologia manifesta rendimenti crescenti di scala: in questo caso, se vi fosse inizialmente la presenza di una pluralità di produttori, uno di essi avrebbe la possibilità di ridurre i costi espandendo il livello di produzione, e diminuendo i prezzi potrebbe estromettere i competitori; a quel punto, rimasto solo, potrebbe ottenere profitti fissando un prezzo monopolistico 1. Peraltro, in presenza di rendimenti di scala crescenti, anche se fosse possibile, la presenza di una pluralità di produttori non sarebbe efficiente, in quanto non consentirebbe di sfruttare adeguatamente le economie di scala presenti e produrre al minimo costo. Obiettivo di questo capitolo è quello di fornire gli elementi teorici introduttivi all analisi dei mercati in condizioni di monopolio naturale. A tale scopo, dopo una breve rassegna dei costi connessi alla presenza di un monopolio, cui è dedicato il par. 1.1, volgeremo la 1. Non è questo l unico possibile esito del processo di entrata e competizione; rilevano infatti altri aspetti del contesto strategico in cui si muovono l impresa operante e il (potenziale) competitore. Qui ci basti dire che sotto condizioni ragionevoli la prospettiva di essere estromessi dal mercato induce le imprese a non entrare in un mercato caratterizzato da rendimenti crescenti di scala, per cui il monopolista può godere di extraprofitti senza indurre l entrata di nuovi competitori. 40 nostra attenzione alle condizioni che definiscono il monopolio naturale (par. 1.2) e all importante nozione di sostenibilità di un monopolio naturale (par. 1.3). Il par. 1.4 prende in considerazione la possibilità, già suggerita da Demsetz (1968), di sostituire o quantomeno affiancare all attività regolatoria il potere disciplinante della concorrenza, attraverso l istituzione di un asta per il diritto a operare nel mercato monopolistico. L intento è anche quello di sottolineare quanto la teorizzazione a partire dagli anni settanta abbia reso ben più articolata la rappresentazione del rapporto tra monopolio naturale e regolamentazione, rispetto ad una precedente visione che faceva corrispondere in modo forse troppo automatico alla presenza di condizioni strutturali di monopolio (quali ad esempio i rendimenti di scala crescenti) la necessità di sottoporre il settore in questione alla tutela della regolamentazione. L ultimo paragrafo di questo capitolo si sofferma infine su alcuni dei problemi posti dalla liberalizzazione di segmenti di mercato precedentemente organizzati in modo verticalmente integrato con l impresa monopolistica. 1.1 Il costo sociale del monopolio L avversione alla presenza di un monopolio è antica quanto la stessa disciplina economica. Essa dipende dal fatto che in un mercato monopolistico i consumatori sono esposti al potere di mercato del monopolista, che può sfruttare la propria condizione di unico fornitore del bene per alzare i prezzi in modo da ottenere a spese dei consumatori ricavi ben superiori ai costi. La fissazione di un prezzo elevato ha innanzi tutto un ovvio effetto di ordine redistributivo. Tuttavia gli economisti si sono per lo più concentrati sulle conseguenze della presenza di un monopolio in termini di inefficienza allocativa, sul fatto cioè che il monopolio, al fine di aumentare i profitti, produce una quantità subottimale del bene. Riportiamo nella figura 1.1 l equilibrio di mercato quando sul lato dell offerta opera un monopolista; stiamo ipotizzando la presenza di costi marginali costanti e costi fissi positivi, per cui i costi medi sono decrescenti. Il monopolista fisserà il prezzo in modo da massimizzare i profitti, cioè ad un livello p m tale da eguagliare costi e ricavi marginali. A certe condizioni, che verranno discusse nel prossimo capitolo, i 41

6 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA FIGURA 1.1 L inefficienza del monopolio p m p c q m R q c C/q C guadagni e la perdita di benessere per i consumatori conseguente alla variazione di un prezzo ammettono una rappresentazione analitica e grafica particolamente conveniente, in termini di surplus del consumatore. La variazione nel surplus aggregato dei consumatori, rappresentata graficamente dall area a sinistra della curva di domanda e compresa tra il prezzo iniziale e il nuovo prezzo, costituisce una misura monetaria della variazione di benessere aggregato corrispondente alla variazione nei prezzi. È dunque possibile confrontare guadagni e perdite del monopolista e dei consumatori a seguito di una riduzione del prezzo dal suo livello di monopolio p m ad un prezzo p c pari al costo marginale 2. Il monopolista vedrà ridursi i suoi profitti di un ammontare pari all area del rettangolo tratteggiato in figura 3 ; l incremento di surplus aggregato dei consumatori eccede la perdita di profitti per il monopolista, e dunque l abbassamento del prezzo e il conseguente aumento della quantità scambiata determinano un saldo di benessere positivo. Il guadagno netto di benessere 2. Come è noto, che il prezzo sia pari al costo marginale è condizione per il raggiungimento dell efficienza allocativa, di un allocazione cioè che non consente ulteriori miglioramenti dal punto di vista paretiano. È naturale dunque prendere tale allocazione come punto di riferimento per una valutazione della perdita di efficienza del monopolio. 3. Ipotizzando una funzione di costo affine C = cq + F con costi marginali costanti c e costi fissi F, la riduzione nei profitti è pari a (p m p c )q. 42 D q è rappresentato dall area del triangolo ombreggiato nella figura 4. Tale area, indicata anche come perdita secca di benessere, viene presa come misura dell inefficienza del monopolio dal punto di vista allocativo. È però opinione consolidata tra gli economisti che, pur prescindendo da considerazioni di ordine redistributivo, la perdita di benessere non sia semplicemente data dall area del triangolo che rappresenta la perdita secca di benessere, cioè quella derivante dal fatto che il bene è prodotto in una quantità subottimale. Limitarsi all aspetto allocativo comporta infatti che si trascurino due ordini di questioni: il fatto che la forma di mercato può influire sugli incentivi al perseguimento dell efficienza interna dell impresa, per cui l assenza di concorrenza potrebbe fornire al management stimoli insufficienti alla minimizzazione dei costi di produzione; il fatto che l acquisizione e il mantenimento della posizione di monopolio possono comportare per l impresa il sostenimento di costi aggiuntivi, puramente finalizzati a garantire il conseguimento della rendita connessa alla posizione monopolistica (attività rent seeking o, con un altra terminologia, attività di influenza ) che, non traducendosi se non in parte in creazione di valore per l economia, configurano uno spreco di risorse. Dal primo punto di vista, è opinione comune che la condizione di monopolista abbia l effetto di allentare la pressione al contenimento dei costi. Per dirla con le parole di J. Hicks (1935), «the best of all monopoly profits is quiet life». L assenza di competitori che possano minacciare la sopravvivenza dell impresa rende meno pressante per il management la necessità di produrre la quantità offerta al minimo costo. L impresa presenterà in questo caso un certo grado di inefficienza tecnica e/o di inefficienza manageriale, sarà cioè spinta a utilizzare una quantità eccessiva di fattori produttivi, o ad utilizzare tali fattori in una combinazione non efficiente. In entrambi i casi, i costi realizzati saranno superiori a quelli minimi, e il profitto non sarà massimizzato: il fatto che non vi sia massimizzazione del profitto richiede 4. In alternativa, potremmo attribuire un peso differente a queste due variazioni, per tenere conto di considerazioni di ordine redistributivo sulla diversa meritorietà di una variazione di benessere dei percettori di profitto e dei consumatori. Sarà questa la soluzione (peraltro comune nella teoria della regolamentazione) che adotteremo a partire dal prossimo capitolo. È chiaro che, attribuendo ai profitti un peso α < 1, anche una quota 1 α dell area del rettangolo tratteggiato in figura è da considerare una perdita dal punto di vista sociale. 43

7 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA naturalmente che si abbandoni una rappresentazione ingenua del comportamento dell impresa, per cui si assume che questa sia assimilabile ad un imprenditore/manager che prende tutte le decisioni e percepisce il profitto da esse derivante, e si tenga conto della complessità interna dell organizzazione-impresa, e in particolare della separazione della proprietà (e quindi percezione degli utili) dal controllo sulle decisioni. L ipotesi di separazione tra proprietà e controllo sembra particolarmente plausibile nel caso dei monopoli nei settori di pubblica utilità, dove spesso la proprietà è diffusa tra una miriade di piccoli azionisti (quando si tratta di un monopolio privato, magari organizzato nella forma della public company), o dove essa è pubblica. Nella trattazione che segue non affronteremo il tema, pure di enorme importanza, del rapporto tra forma di mercato ed efficienza interna dell impresa. Tale argomento richiederebbe una descrizione esplicita dei rapporti di agenzia esistenti all interno dell impresa monopolista, e di come la pressione concorrenziale possa modificare la natura del rapporto tra principali (gli azionisti) e agenti (i manager). Una spiegazione a nostro avviso convincente della relazione positiva tra grado di concorrenzialità ed efficienza interna è quella per cui la presenza di competitori, in quanto questi forniscono un termine di paragone per la performance dell impresa, rende più agevole per la proprietà una valutazione dell operato del proprio management (Hart, 1983). Si tratta di un argomento analogo a quello che verrà introdotto nel capitolo 3, quando prenderemo in considerazione soltanto la questione degli effetti della forma del contratto regolatorio sugli incentivi interni all efficienza e tratteremo della cosiddetta regolamentazione per comparazione (yardstick competition) 5. La rilevanza delle attività rent seeking è oggetto di ampio dibattito tra gli economisti. E innegabile che i vantaggi in termini di profitto derivanti dalla posizione di monopolio possono incentivare comportamenti che vanno dallo sviluppo di brevetti capaci di garantire un diritto 5. Un altra questione, questa rilevante anche laddove si consideri il solo caso di mercati operanti in condizioni di monopolio, è quella del diverso grado di efficienza interna riscontrabile nei monopoli pubblici rispetto a quelli privati, che a sua volta è un capitolo del più vasto tema delle relazioni tra assetto proprietario ed efficienza. La scelta di non trattare questo argomento in modo esplicito nella presente versione del volume è meno giustificabile e costituisce in qualche modo un incompletezza. Valga come giustificazione la considerazione che a nostro parere sul versante dell efficienza interna le analogie tra monopolio privato soggetto a regolamentazione e monopolio pubblico sono di gran lunga più rilevanti delle differenze. 44 esclusivo alla produzione di un certo bene, al sostenimento delle spese legali per difendersi dagli interventi dell autorità antitrust, all avvio di campagne pubblicitarie tese ad influenzare l opinione pubblica, fino al finanziamento di attività di lobbying presso il governo o il Parlamento, se ciò contribuisce al mantenimento o all acquisizione di potere monopolistico. Quale valutazione dare di queste attività da un punto di vista sociale? Una prospettiva in qualche modo estrema è quella di Posner (1975), che afferma che nello svolgimento delle attività rent-seeking l intero profitto del monopolista viene dissipato, e quindi tale profitto va considerato a tutti gli effetti come un costo dal punto di vista sociale, al pari della perdita secca di benessere dovuta all inefficienza allocativa. Tale conclusione poggia su due assunzioni. La prima è che l ammontare delle spese sostenute dall impresa per acquisire la posizione di monopolio eguagli in valore atteso il profitto che essa otterrà una volta raggiunta tale posizione: ciò che Posner ha in mente è qualcosa di simile ad un meccanismo d asta, in cui chi offre di più in termini di attività rent-seeking si aggiudica la rendita derivante dalla posizione di monopolista; se i concorrenti a tale posizione partono da una situazione simmetrica, si aggiudicherà la rendita quello che è disposto a spendere un ammontare di risorse pari al premio atteso dalla competizione. In secondo luogo, nella prospettiva di Posner, la somma spesa per ottenere la posizione di monopolio deve essere considerata per intero uno spreco dal punto di vista sociale; sarebbe questo il caso se tale spesa non comportasse per alcuno degli agenti presenti nell economia un aumento del benessere, e si risolvesse in pura dissipazione, combustione di risorse produttive. Il caso opposto, in cui la spesa non configurerebbe uno spreco, si avrebbe se effettivamente il governo mettesse all asta il diritto ad operare come monopolista, visto che in questo caso il pagamento effettuato dal monopolista si configurerebbe come un trasferimento dal monopolista al governo, e renderebbe quelle risorse interamente disponibili per usi produttivi di valore. È probabile che la realtà sia una via di mezzo tra i due estremi, e che le attività rent-seeking costituiscano solo in misura parziale una dissipazione di risorse (Tirole, 1988, sez. 1.3). Sebbene resti un esercizio piuttosto arduo determinare in quale misura ciò avvenga, è comunque importante sottolineare che vi sono buone ragioni per ritenere che, almeno in parte, il profitto del monopolista debba essere considerato per effetto delle attività rent-seeking come un costo dal punto di vista sociale. 45

8 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA Accanto ai vari tipi di costo evidenziati, che fanno riferimento tutti a forme di inefficienza statica, va almeno menzionato l aspetto della cosiddetta efficienza dinamica, ovvero degli effetti che la forma di mercato esercita sull incentivo ad innovare. Da questo punto di vista, le posizioni sono per la verità articolate. Un punto di vista celebre è quello di Schumpeter, secondo cui l innovazione verrebbe favorita da assetti di mercato caratterizzati da maggiore concentrazione (Schumpeter, 1967[1943]). Tale tesi è stata interpretata come l identificazione di un nesso positivo ora tra dimensione delle imprese e innovazione, ora tra potere di mercato dell impresa e innovazione. Dal primo punto di vista, si può sostenere che almeno certe innovazioni tecnologiche che richiedono cospicui investimenti in ricerca e sviluppo sono solitamente realizzate all interno di laboratori e centri di ricerca che solo imprese di grosse dimensioni possono permettersi di mantenere (ciò a causa della presenza di rendimenti di scala crescenti nell attività di ricerca e sviluppo e dell elevata incertezza sui risultati, meglio fronteggiata da chi può permettersi una diversificazione del rischio). È pur vero che non tutte le innovazioni che hanno effetti rilevanti in termini di risparmio dei costi o introduzione di nuovi prodotti richiedono tali strutture dedicate alla ricerca, ma è innegabile che le grosse imprese abbiano storicamente svolto un ruolo di traino dello sviluppo tecnologico in campi quali ad esempio le telecomunicazioni. Dal punto di vista della relazione tra potere di mercato e incentivo all innovazione, l idea è che solo in presenza di un certo potere di mercato l innovatore sarà in grado di sfruttare il vantaggio di costo ottenuto a seguito di un innovazione, e percepire dunque un guadagno sufficiente a compensarlo per lo sforzo sostenuto. L impresa operante in un mercato concorrenziale vedrà infatti scomparire rapidamente la rendita acquisita a seguito dell imitazione dei concorrenti, e dunque gli incentivi ad innovare sono minimi. A questa tesi si sono opposti diversi studiosi. In primo luogo Arrow (1962) ha esaminato la relazione tra struttura di mercato e innovazione confrontando in un modello formale il livello di investimento finalizzato all innovazione in un assetto monopolistico e in un assetto concorrenziale, con quello, socialmente ottimale, che sarebbe scelto da un pianificatore benevolente. La sua conclusione è che, sebbene sia concorrenza che monopolio finiscano per indurre un livello socialmente subottimale di investimento in innovazione (ciò accade in quanto di parte dei bene- 46 fici dell innovazione si appropriano i consumatori, e quindi tali benefici sono considerati esterni dalle imprese), il livello che dobbiamo aspettarci in un mercato monopolistico è inferiore a quello di un mercato concorrenziale: il motivo è che l innovazione presenta un valore maggiore per l impresa operante in condizioni di concorrenza, dal momento che, come viene dimostrato, l incremento nei profitti ad essa conseguente è maggiore se il punto di partenza è una condizione di profitti nulli rispetto al caso in cui l impresa, in quanto monopolista, già percepiva un profitto positivo 6. Che l incentivo ad innovare non sia inferiore nel caso concorrenziale rispetto a quello del monopolio è del resto la conclusione raggiunta anche da Dasgupta e Stiglitz (1980a, 1980b). Altri studi teorici hanno per la verità rivelato una notevole dipendenza delle conclusioni raggiunte dalle ipotesi assunte alla base dei modelli di interazione strategica adottati per analizzare il problema (Loury, 1979; Lee e Wilde, 1980; Gilbert e Newbery, 1982), e sebbene la tesi schumpeteriana non sembri trovare molti sostenitori, non si può dire che gli economisti siano concordi sulla relazione tra struttura di mercato e innovazione. Neanche le ricerche empiriche danno conclusioni inequivocabili, per quanto diversi studi siano concordi nell evidenziare l esistenza di una relazione a U rovesciata, già ipotizzata da Mansfield et al. (1977), tra grado di concentrazione industriale e progresso tecnico (Levin e Reiss, 1988). L aspetto del rapporto tra inefficienza dinamica e struttura di mercato non sarà ulteriormente approfondito nel corso di questo volume. Nei capitoli successivi, quando si evidenzieranno le proprietà dal punto di vista normativo di diverse soluzioni regolatorie, avremo presente soprattutto le dimensioni dell efficienza allocativa e dell efficienza interna, nonché quella degli effetti redistributivi delle politiche adottate. Si tratta di una limitazione del campo di analisi giustificata almeno in parte dal fatto che buona parte della modellistica di cui ci occuperemo prende per data la struttura monopolistica del settore, e peraltro coerente con quello che è stato l orientamento prevalente della ricerca economica in tema di regolamentazione. Dovrebbe però risultare chiaro da quanto detto che un analisi dei costi e benefici della regolamentazione non può ritenersi completa se non prende considerazione aspetti quali quello dell efficienza dinamica 6. Il modello è presentato in una forma semplificata ma efficace in Tirole (1988, sez. 10.1) 47

9 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA e della vulnerabilità (o viceversa la robustezza) che i diversi meccanismi presentano di fronte alle attività rent-seeking intraprese dai diversi gruppi di interesse colpiti o avvantaggiati dal processo regolatorio. 1.2 La nozione di monopolio naturale Definizione Si parla di monopolio naturale in quei casi in cui, per effetto di ragioni strutturali (quali le caratteristiche tecnologiche in relazione alla dimensione del mercato), è possibile concludere che il numero ottimale di imprese sul mercato è uno, e dunque la condizione di monopolio non è puramente effetto di un vincolo di tipo legale. Tradizionalmente, la presenza di un monopolio naturale è stata associata alla presenza di economie di scala (o rendimenti crescenti di scala). Il concetto di economie di scala mal si presta però ad un analisi del caso, la cui rilevanza è andata aumentando nel tempo, delle imprese multiprodotto, che rende necessaria la considerazione degli effetti sui costi di produzione non solo di una variazione nella scala produttiva, ma anche del mix di beni o servizi offerti. Inoltre, come vedremo, anche nel caso monoprodotto, la presenza di economie di scala non esaurisce i casi in cui il costo complessivo per l industria viene minimizzato concentrando la produzione in capo ad una singola impresa. La definizione di monopolio naturale fa riferimento alla subadditività della funzione di costo. Una funzione di costo C(q) relativa alla produzione di un vettore di quantità di output q = (q 1,...,q n ) è strettamente subadditiva in q se [1.1] C(q) < K k=1 C(q k ) per ogni possibile K-upla (K > 1) di vettori n-dimensionali (q 1,...,q K ) tali che K k=1 qk = q. Cioè, il costo di produrre in un unica impresa il vettore q è inferiore al costo di produzione complessivo che si avrebbe considerando una qualsiasi suddivisione del vettore stesso tra un numero K di imprese distinte. Si noti che nella formula [1.1] si assume implicitamente che la funzione di costo sia la stessa per tutte le imprese operanti nel settore. 48 Osserviamo che la condizione di subadditività può essere verificata per un certo valore q e non esserlo in corrispondenza di un altro valore q. Un industria si dice monopolio naturale se la funzione di costo risulta essere subadditiva sull intero intervallo rilevante di valori dell output. Dunque, la presenza di un monopolio naturale dipende da caratteristiche della tecnologia, ma anche la dimensione della domanda conta, in quanto definisce l intervallo rilevante dei valori dell output. È utile chiarire innanzitutto il rapporto esistente tra subadditività della funzione di costo ed economie di scala. Distingueremo a questo proposito tra impresa monoprodotto e multiprodotto Subadditività ed economie di scala nel caso monoprodotto Nel caso monoprodotto, la presenza di rendimenti crescenti di scala è condizione sufficiente ma non necessaria perché la funzione di costo sia subadditiva per ogni valore di q. Infatti, la presenza di rendimenti di scala crescenti implica costi medi decrescenti 7, cioè [1.2] C(q )/q < C(q )/q quando q > q. Dunque, presa una qualsiasi K-pla di vettori di quantità (q 1,...,q K ) tale che k q k = q con q k < q per ogni k, abbiamo [1.3] C(q k )/q k > C(q)/q per ogni k 7. La tecnologia presenta rendimenti crescenti se la funzione di produzione soddisfa f (ax) > a f (x) per ogni a > 1, dove x è il vettore degli input; presi q = f (x) e q > q, sia ˆx il vettore di input che realizza il minimo costo per produrre q, cioè quel vettore tale che C(q) = ˆxw, dove w è il vettore dei prezzi degli input; sia inoltre a quel valore tale che a ˆx sia in grado di produrre q, cioè q = f (a ˆx). La condizione sulla funzione di produzione mi assicura che q > aq, cioè a < q /q; sarà perciò C(q ) a ˆxw = ac(q) < q q C(q) da cui deriviamo che C(q )/q < C(q)/q. Mentre la presenza di economie di scala implica sempre costi decrescenti, si noti che non è sempre verificata la relazione inversa: perché costi decrescenti implichino rendimenti crescenti di scala è infatti necessario che la funzione di produzione sia crescente nei fattori produttivi e che gli isoquanti siano convessi (due condizioni che peraltro si suppongono normalmente soddisfatte). 49

10 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA FIGURA 1.2 Subadditività e costi decrescenti q 2 D 1 D 2 q CM CM [2] ˆq da cui, moltiplicando entrambi i membri di ciascuna disequazione per q k e sommando otteniamo la condizione di subadditività [1.4] k C(q k ) > (q k /q)c(q) = C(q). k Ci si può rendere conto facilmente del fatto che la subadditività non implichi necessariamente costi decrescenti per ogni valore di q dal grafico della figura 1.2. Poniamo che la tecnologia presenti elevati costi fissi e costi marginali crescenti, in modo che la funzione di costo totale sia convessa e il costo marginale abbia la classica forma ad U. Quando la funzione di costo è convessa in q, il minimo costo per produrre una certa quantità di output in un industria in cui operano 2 imprese con identica struttura dei costi si ha quando l output è suddiviso in parti uguali tra le imprese 8, cioè quando ciascuna produce una quantità q/2. Detto C [2] (q) il minimo costo complessivamente sostenuto da due imprese per produrre la quantità q, sarà C [2] (q) = 2 C(q/2): le due curve di costo medio, quella della 8. Infatti, se q < q sono le quantità prodotte dalle due imprese, dalla convessità di C(q) segue che 2C( 1 2 q q ) < C(q )+C(q ); conviene cioè che la produzione totale sia ripartita equamente tra le imprese; la conclusione è facilmente estendibile al caso di k imprese. 50 q singola impresa (CM) e quella per l industria con due imprese (CM [2] ), avranno dunque un andamento come quello riportato nel grafico. Ne deriva che la funzione di costo C(q) è subadditiva solo per valori di q inferiori a ˆq, mentre per valori superiori il costo è inferiore quando l output è prodotto da due imprese 9. Il punto importante è che la funzione è subadditiva anche in una parte del tratto crescente della funzione di costo. Notiamo ancora che, sebbene la subadditività della funzione di costo in corrispondenza di un certo q abbia a che vedere esclusivamente con le condizioni tecnologiche, l esistenza di un monopolio naturale dipende anche dalla dimensione del mercato, e dunque dalla domanda: sempre con riferimento alla figura 1.2, quando la domanda è rappresentata dalla curva D 1 siamo di fronte ad un monopolio naturale, visto che i valori rilevanti di q sono tutti ricompresi nel tratto in cui la funzione di costo è subadditiva; ma ciò cesserebbe di essere vero se la domanda aumentasse fino a D Subadditività ed economie di scala nel caso multiprodotto Nel caso multiprodotto, la presenza di economia di scala non è condizione né necessaria né sufficiente per la subadditività, e quindi per l esistenza di un monopolio naturale. Va chiarito preliminarmente che, se nel caso monoprodotto non c è alcuna ambiguità nel definire le economie di scala con riferimento al rapporto tra aumento proporzionale della quantità degli input e aumento della quantità di output, nel caso multiprodotto l aumento della quantità di output può avvenire in molti modi, a seconda di come varia la proporzione tra le componenti del vettore q. Nel contesto di un impresa multiprodotto, la nozione di economie di scala considera un aumento nella stessa proporzione delle quantità di output dell impresa. Tale nozione è inoltre comunemente definita con riferimento alla funzione di costo piuttosto che alla tecnologia produttiva. Si definisce elasticità di scala la quantità [1.5] C σ(q) = C(q)/ q i i q i 9. La subadditività richiede che la produzione mediante una sola impresa comporti costi inferiori rispetto alla produzione con n imprese, n 2; è chiaro però che, nel contesto esaminato, ciò che vale per due imprese vale a fortiori pre tre o più imprese. 51

11 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA che rappresenta l inverso dell elasticità del costo totale rispetto ad una variazione dell output che lasci invariate le proporzioni dei beni prodotti 10. Diremo che la tecnologia esibisce rendimenti crescenti di scala in q se σ(q) > 1, cioè se, a fronte di un aumento proporzionale delle quantità prodotte, il costo totale varia meno che proporzionalmente rispetto a tale aumento. Nel caso monoprodotto l elasticità di scala si riduce a C/qC, grandezza che è maggiore di 1 se e solo se il costo marginale è inferiore al costo medio, cioè se in q la curva di costo medio è decrescente. Al fine di mostrare che la presenza di economie di scala non è condizione sufficiente per garantire la subadditività, consideriamo la seguente funzione di costo relativa alla produzione congiunta di due output: [1.6] C(q 1,q 2 ) = q a 1 + q a 2 + (q 1 q 2 ) b 0 < a < 1 0 < b < 1 2. Il valore assunto da σ(q), visto che q i C/ q i = aq a i + b(q 1q 2 ) b, sarà [1.7] C(q 1,q 2 ) = qa 1 + qa 2 + (q 1q 2 ) b q 1 C/ q 1 + q 2 C/ q 2 aq a 1 + aqa 2 + 2b(q 1q 2 ) b che è superiore a 1 stanti le ipotesi fatte sui valori di a e b: dunque i rendimenti sono crescenti per qualsiasi valore di q. Osserviamo però che la funzione di costo non è subadditiva: consideriamo infatti il caso in cui vi siano due imprese che si specializzano nella produzione dei due beni; il costo complessivo risulta essere [1.8] C(q 1,0) +C(0,q 2 ) = q a 1 + q a 2 < C(q 1,q 2 ). La funzione di costo è tale da comportare maggiori costi nel caso in cui la produzione tra i due beni abbia luogo congiuntamente: possiamo pensare ad un esternalità negativa tra le due linee di produzione nel caso di produzione congiunta. 10. L elasticità di costo rappresenta l elasticità di C(tq) rispetto a t (dove t è uno scalare) calcolata in t = 1; essa misura cioè l entità (in termini di variazione proporzionale) dell aumento del costo totale a seguito di una variazione nella stessa proporzione delle quantità di output. Abbiamo. d logc(tq) dt = t=1 i 52 q i C q i /C(q). Il fatto che in presenza di produzione congiunta le economie di scala non siano sufficienti per garantire la subadditività non ci sorprende se consideriamo che quest ultima nozione ricomprende, oltre agli effetti in termini di variazioni di costo di aumenti della scala produttiva, quelli derivanti dalla diversificazione della produzione, dovuti alla presenza di complementarità nel processo produttivo di beni o servizi distinti. Ricorrendo ad una rappresentazione grafica, si consideri lo spazio dei beni prodotti (nel caso di due soli beni) nella figura 1.3. La presenza di economie di scala ha a che vedere con l andamento della funzione di costo in q a seguito di un movimento nella direzione del raggio uscente dall origine. Essa ci assicura che la produzione separata dei vettori q A e q B, caratterizzati dallo stesso rapporto tra le quantità prodotte dei diversi beni, comporta un costo superiore a quello che si ha producendo congiuntamente il vettore somma q; ciò non toglie che i costi potrebbero essere inferiori se i due beni fossero prodotti separatamente, se cioè avessimo due imprese che producono rispettivamente q C e q D, tali che q C + q D = q. La nozione rilevante a questo proposito è quella di economie di diversificazione (o di varietà, in inglese economies of scope). Nel caso di due soli beni, si hanno economie di diversificazione in (q 1,q 2 ) se vale 11 [1.9] C(q 1,0) +C(0,q 2 ) > C(q 1,q 2 ). È chiaro perciò che il problema con il controesempio rappresentato dalla [1.6] è che in quel caso la funzione di costo, pur presentando economie di scala (costi decrescenti), esibiva diseconomie di diversificazione. 11. Nel caso generale di produzione congiunta di n beni, si dice che una funzione di costo presenta economie di diversificazione in q se, data una qualsiasi partizione {T 1,...,T s } dell insieme degli indici N (1,2,...,n) tale che s > 1, T i? per ogni i, si ha s C(q T i ) > C(q) i=1 dove q T i è un vettore che ha componente j-esima uguale alla corrispondente componente di q se j T i, e uguale a zero altrimenti (si verifichi che nel caso particolare in cui n = 2 la definizione si riduce alla [1.9]). In presenza di economie di diversificazione, concentrare la produzione del vettore di output q in una singola impresa ha un costo inferiore rispetto ad ogni suddivisione ortogonale del vettore stesso tra più imprese, laddove con la subadditività il costo deve essere inferiore rispetto a qualsiasi suddivisione di tale vettore. 53

12 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA FIGURA 1.3 Economie di scala e di diversificazione q 2 q C q B q A Detto questo, un risultato in qualche modo sorprendente è che la presenza contemporanea di economie di scala ed economie di diversificazione non è ancora sufficiente a garantire la subadditività della funzione di costo 12. Per avere una condizione sufficiente per la subadditività è necessario che una di queste due proprietà sia opportunamente rafforzata. Introduciamo a tal fine la nozione di costo incrementale: il costo incrementale per il prodotto 1 è il costo aggiuntivo che il monopolista deve sostenere per produrre la quantità q 1 quando già produce la quantità q 2 del bene 2, ovvero [1.10] q q D q 1 IC 1 (q 1,q 2 ) = C(q 1,q 2 ) C(0,q 2 ). Se il costo incrementale per il prodotto 1 decresce al crescere di q 2, per cui la produzione di 1 è meno onerosa se già il monopolista è impegnato nella produzione di 2, diremo che la tecnologia presenta complementarità di costo tra i due beni. Il costo medio incrementale è pari a IC 1 (q 1,q 2 )/q 1. Il fatto che il costo medio incrementale per il prodotto 1 sia decrescente rispetto a q 1 indica la presenza di economie di scala specifiche a quel prodotto, e costituisce una condizione più forte rispetto alla semplice presenza di economie di scala. Continuando a far riferimento alla figura 1.3, stiamo in questo caso valutando l andamento della funzione di costo in q quando ci si muove parallelamente all asse q Un controesempio che illustra questo punto si può trovare in Panzar (1989, p. 26). 54 È possibile dimostrare che 13 : costi medi incrementali decrescenti per valori inferiori o uguali a q e per ogni prodotto i ed economie di diversificazione in q costituiscono condizione sufficiente per la subadditività della funzione di costo in q. Se la presenza di costi medi incrementali decrescenti comporta infatti che la produzione del bene i sia effettuata nell ambito di una singola impresa, le economie di diversificazione garantiscono che vi sia convenienza a produrre congiuntamente i diversi prodotti che compongono il vettore q. In conclusione, possiamo affermare che l ampliamento dell analisi al caso multiprodotto rende parziale e insufficiente il tradizionale riferimento alla nozione di rendimenti di scala, e rende necessaria la considerazione complessiva dei rapporti di complementarità nella produzione dell intera gamma di beni e servizi offerti dal monopolista. 1.3 Sostenibilità del monopolio naturale Quando un monopolio è soggetto a regolamentazione perde parzialmente o totalmente il controllo sui prezzi applicati, che sono decisi dal regolamentatore. A questa perdita di autonomia si accompagna normalmente la protezione del monopolista dalla concorrenza: viene infatti solitamente imposta una qualche forma di barriera legale all entrata nel mercato servito dal monopolista regolamentato. È giustificabile una tale protezione? È evidente che controllo dei prezzi e regolamentazione dell entrata sono aspetti tra loro strettamente connessi: la fissazione di prezzi generosamente altipotrebbe rendere profittevole l entrata di competitori sul mercato (o su un sottoinsieme dei mercati serviti dal monopolista). Il fatto che l industria sia un monopolio naturale, che cioè un impresa che produce in condizioni di monopolio sia in grado di servire la domanda minimizzando i costi a livello di industria, sembrerebbe però sufficiente a garantire che vi sia sempre la possibilità di trovare un vettore di prezzi abbastanza bassi da scoraggiare l entrata. Infatti, un entrante non sarebbe mai in grado di produrre a costi inferiori a quelli sostenu- 13. La dimostrazione si trova in Baumol, Panzar e Willig (1982, pp ). Per una versione semplificata relativa al caso di due soli beni si veda Panzar (1989, p. 28). La condizione sufficiente richiede in realtà soltanto economie deboli di diversificazione; basta cioè che la [1.9] sia soddisfatta con il segno. 55

13 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA ti dal monopolista, e dunque di offrire prezzi più vantaggiosi e lucrare profitti positivi. Se questo è vero, il fatto che vi sia convenienza ad entrare può significare o che il monopolio non è la forma di mercato più efficiente (non siamo cioè in presenza di un monopolio naturale), o che i prezzi sono stati fissati ad un livello troppo elevato. In un mercato caratterizzato da condizioni di monopolio naturale, non si giustificherebbe cioè l imposizione di alcuna barriera legale. Su questa linea di argomentazione, citiamo ad esempio la posizione espressa da Kahn (1971, trad. nostra): «Se un monopolio naturale produce e fissa il prezzo in modo efficiente, non c è alcun bisogno di impedire l entrata di nuovi competitori: questa è economicamente non necessaria e non avrà comunque luogo». Ma potremmo andare anche oltre: il rischio di entrata sul mercato, lungi dal minacciare l efficienza, costituirebbe un elemento disciplinante per il monopolista, tale da rendere superflua o quantomeno meno utile anche l attività di controllo dei prezzi esercitata del regolamentatore. La cosiddetta concorrenza potenziale potrebbe avere, nel caso del monopolio, un effetto analogo a quello esercitato dalla concorrenza di mercato in termini di spinta al contenimento del prezzo. Un esame completo del problema dell entrata è in realtà alquanto complesso, in quanto diventano cruciali la descrizione della reazione del monopolista all entrata del competitore, le aspettative di questi, e dunque l intero contesto strategico (in termini di strategie disponibili, capacità di rendere credibile la minaccia di una reazione ostile ecc.) in cui operano monopolista ed entrante. A questo proposito, l analisi è certamente semplificata dall ipotesi che la capacità di reazione del monopolista all entrata del competitore sia limitata al punto che il primo non è in grado di reagire prontamente variando i prezzi, e che quindi sia fondata l aspettativa che i prezzi praticati in precedenza dal monopolista restino in vigore anche successivamente all entrata. Tale ipotesi, se è certamente estrema e poco realistica in un regime di libera fissazione dei prezzi da parte delle imprese, non è priva di valore descrittivo quando analizziamo il caso di un monopolista soggetto a regolamentazione dei prezzi, e quindi fortemente vincolato nella scelta dei prezzi da applicare. Una configurazione di prezzi in grado di rendere non profittevole l entrata anche nel caso in cui, qualora l entrata avesse effettivamente luogo, i prezzi restassero invariati è detta configurazione sostenibile. In questo paragrafo ci proponiamo di studiare le condizioni che una configurazione di prezzi deve soddisfare per essere sostenibile. Come vedre- 56 mo, il caso più rilevante in cui una configurazione di prezzi applicati da un monopolista potrebbe non essere sostenibile è quello in cui vincoli esterni, di tipo equitativo o politico, giustificano l imposizione di sussidi incrociati tra diversi mercati serviti da un monopolista. Il messaggio principale che possiamo trarre dall analisi che segue è che la necessità di imporre barriere legali all entrata dipende in modo cruciale dal fatto che la configurazione dei prezzi desiderabile dal punto di vista sociale nella valutazione del regolatore sia anche sostenibile. Un risultato rilevante, almeno sul piano teorico, è che vi sono casi in cui la struttura dei costi e la domanda sono tali da non ammettere alcuna configurazione di prezzo sostenibile. In queste circostanze, semplicemente, un pieno sfruttamento dei vantaggi di costo derivanti dalla produzione in condizioni di monopolio non è compatibile con la libertà di entrata. La posizione di Kahn, per quanto a prima vista possa sembrare persuasiva, risulta dunque non avere portata generale: il fatto che l industria sia un monopolio naturale non basta a garantire l esistenza di un vettore di prezzi in grado di rendere superflua una regolamentazione dell entrata. Il paragrafo si conclude con un riferimento alla teoria dei mercati contendibili, che individua un insieme di condizioni stanti le quali una configurazione sostenibile può emergere spontaneamente come equilibrio di mercato anche in assenza di una regolamentazione dei prezzi del monopolista Sostenibilità: definizioni e proprietà Conviene definire innanzitutto la nozione di configurazione di mercato fattibile. Considerato un insieme di n mercati, una configurazione industriale di m imprese che producono su tali mercati utilizzando la stessa tecnologia, e quindi fronteggiando gli stessi costi, è descritta dai vettori q 1,...,q m delle quantità di output prodotti da ciascuna impresa e dal vettore dei prezzi p (dove ciascun q i e p sono vettori n-dimensionali) a cui tali output sono forniti. Chiaramente, tale definizione comprende anche il caso di monopolio, in cui m = 1. Una configurazione industriale è detta fattibile se c è equilibrio tra domanda e offerta, cioè se m i=1 qi = Q(p), dove Q(p) è il vettore delle quantità domandate dei beni ai prezzi p, e se per ogni impresa i il profitto è non negativo, cioè n k=1 p kq i k C(qi ) 0. Un equilibrio di mercato, in cui si ha equilibrio tra domanda e offerta e in cui le imprese non vanno incontro a perdite, non può che essere una configurazione industriale fattibile. 57

14 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA Si dice che una configurazione industriale fattibile è anche sostenibile se, presi un qualsiasi vettore di prezzi ˆp tale che ˆp p e un vettore di quantità ˆq tale che ˆq Q( ˆp), si ha n k=1 ˆp k ˆq k C( ˆq) 0. In altre parole, non c è vettore di prezzi inferiori a quelli vigenti a cui un impresa potrebbe offrire un output su quel mercato e ottenere profitti non negativi. Se una configurazione industriale è sostenibile, anche nell ipotesi in cui le imprese operanti lasciassero invariato il prezzo a seguito dell entrata di una nuova impresa, non vi sarebbe alcun incentivo ad entrare nel mercato da parte di un impresa con la stessa tecnologia di quelle operanti. Riportiamo di seguito alcune condizioni necessarie per la sostenibilità. Si tratta di condizioni relative al vantaggio in termini di costi di cui un monopolista deve godere, nonché a comportamenti che il monopolista deve adottare, perché i prezzi applicati possano essere sostenibili. Innanzitutto: (1) una configurazione sostenibile in un mercato monopolistico esiste solo se questo è un monopolio naturale. Strettamente collegata, ma più esplicita nell evidenziare i vantaggi derivanti dall adozione di una configurazione sostenibile, è la condizione seguente: (2) in corrispondenza di una configurazione sostenibile l output deve essere prodotto al minimo costo complessivo per l industria. La condizione che segue evidenzia l incompatibilità tra sostenibilità e sfruttamento del potere di mercato da parte del monopolista: (3) se la configurazione è sostenibile, i profitti del monopolista sono pari a zero. Dimostrazione. (1) Una configurazione sostenibile in un industria monopolistica è tale che p m q m C(y m ). Se l industria non fosse un monopolio naturale, cioè se la funzione di costo non fosse subadditiva, allora vi sarebbe un insieme di vettori di output q i tali che i q i = q m e i C(q i ) < C(q m ). Ma in questo caso avremmo [1.11] i p m q i = p m q m C(q m ) > i C(q i ) e dunque i (p m q i C(q i )) > 0, per cui p m q k > C(q k ) per almeno un k; dunque, un impresa potrebbe entrare sul mercato, offrire la quantità q k ad un prezzo non superiore a p m, e ottenere così profitti positivi. (2) Sia C I (q) la funzione che esprime il minimo costo per l industria. Dunque C I (q m ) rappresenta il minimo costo che è necessario sostenere per produrre q m. Se il costo sostenuto dal monopolio per produrre q m non coincide con il minimo costo, deve essere p m q m C I (q m ) > 0, dal momento che p m q m C(q m ) 0 e C I (q m ) C(q m ). Dunque, esisterà un prezzo p < p m in grado di garantire profitti positivi ad un impresa che decidesse di entrare sul mercato servito dal monopolista. 58 (3) Se il monopolista ottenesse in corrispondenza di p m profitti positivi, cioè se p m q m C(q m ) > 0, vi sarebbe un vettore p < p m tale che pq m C(q m ) > 0. Il fatto che in una configurazione sostenibile il costo di produzione debba essere il minimo possibile a livello di industria, e che contemporaneamente il monopolista non possa trarre alcun vantaggio in termini di profitto dal fatto di essere l unico produttore, suggerisce che l adozione di tale configurazione possa essere particolarmente conveniente per i consumatori. L obiettivo di limitare il potere del monopolista e quello di rendere non attraente l entrata di competitori in un mercato in cui il numero efficiente di imprese è uno, lungi dall essere tra loro contraddittori, sembrano dunque essere del tutto compatibili, posto che il regolamentatore imponga al monopolista una configurazione di prezzi sostenibile. Un ulteriore requisito di una configurazione sostenibile è che il prezzo di ciascun bene non può essere inferiore al relativo costo marginale. Se il prezzo fosse inferiore al costo marginale, la fornitura dell unità marginale del bene sarebbe un operazione in perdita per il monopolista, perdita che potrebbe essere evitata da un eventuale competitore 14. Si noti che tale ragionamento relativo all unità marginale del bene potrebbe essere esteso, nel caso multiprodotto, alla considerazione di un intera linea produttiva: in una configurazione sostenibile, il fatto di servire l nesimo mercato per un monopolista che serve gli altri n 1 mercati non deve costituire un operazione in perdita. Questa osservazione ci porta a considerare la nozione di sussidio incrociato; ad essa rivolgiamo dunque la nostra attenzione Sussidi incrociati e scrematura Nel caso multiprodotto, la non sostenibilità di una configurazione di prezzi è strettamente collegata alla presenza di sussidi incrociati tra diversi beni o servizi offerti dal monopolista. Il monopolista, per sussidiare la fornitura di un bene, deve infatti ottenere dalla fornitura di qualche altro bene ricavi in eccesso sui costi; ma in questo caso, vi sarà 14. Se un monopolista ottenesse profitti nulli applicando un prezzo per il bene i minore del costo marginale, allora un entrante potrebbe replicare esattamente le scelte del monopolista relativamente ai prezzi e alle quantità q j con j i, e produrre una quantità leggermente inferiore del bene i. In questo modo, otterrebbe profitti strettamente positivi. 59

15 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA un sottoinsieme dei mercati serviti (quelli per cui i ricavi eccedono i costi) in cui un competitore potrebbe trovare attraente l entrata, avendo la possibilità di sottrarre consumatori al monopolista e conseguire profitti positivi. Si consideri il seguente esempio. Si deve organizzare un servizio di trasporto che colleghi tre citta 15. Indichiamo i tre mercati individuati dai possibili collegamenti tra le tre città con le sigle a b e c. Ipotizzando che la domanda di trasporto relativa a ciascuna di queste linee sia rigida, per cui la quantità fornita è fissa e normalizzata a 1, indichiamo con C(a) il costo che un impresa deve sopportare per soddisfare la domanda sulla linea a, C(ab) il costo di garantire insieme il servizio sulle linee a e b, e così via per quanto riguarda ogni possibile combinazione delle tre linee; C(abc) sarà il costo sostenuto da un impresa che fornisce il servizio su tutte e tre i collegamenti. Si consideri ora la seguente struttura di costi: [1.12] C(a) = C(b) = C(c) = 10 C(ab) = C(bc) = C(ac) = 18 C(abc) = 24. La funzione di costo è chiaramente subadditiva, in quanto il modo meno costoso per servire i tre mercati è tramite un unico produttore, con un costo complessivo pari a 24; si tratta dunque di un monopolio naturale. Un insieme di tariffe sostenibili p a, p b e p c da applicare ai tre mercati deve coprire i costi, e nello stesso tempo non deve rendere conveniente l entrata di altri produttori che, fornendo il servizio su uno o più mercati ad un prezzo inferiore, riescano a realizzare profitti positivi. Le tariffe devono dunque soddisfare le seguenti condizioni: [1.13] p a 10 p b 10 p c 10 p a + p b 18 p a + p c 18 p b + p c 18 p a + p b + p c = 24. Allo stesso tempo, i prezzi devono risultare accettabili per gli utenti; detta cioè V i la disponibilità a pagare complessiva per gli utenti del mercato i-esimo, deve essere p i V i per ciascun i. Ipotizzando che sia ad esempio V a = V b = V c = 11, una configurazione di prezzi sostenibile è [1.14] p a = p b = p c = L esempio che segue è tratto da Berg e Tschirhart (1988, cap. 7) 60 Non sarebbe invece sostenibile una struttura tariffaria che fissasse un prezzo troppo basso per i servizi forniti su uno dei tre mercati, finanziandone la fornitura con una tariffa più elevata negli altri due mercati; non sarebbe ad esempio possibile fissare p a < 6, dal momento che per pareggiare il bilancio dovremmo avere p b + p c > 18, in violazione della condizione [1.13]. In questo caso, il monopolista effettuerebbe un sussidio incrociato a vantaggio degli utenti sul mercato a. Al fine di arrivare ad una definizione di sussidio incrociato, conviene riformulare il nostro esempio in termini più generali 16. Continuando a riferirci al caso di domanda completamente inelastica, indichiamo con S un sottoinsieme dell insieme N dei mercati serviti dal monopolista. Sia C(S) il minimo costo che l impresa sostiene per servire tale sottoinsieme; tale costo è denominato stand-alone cost, in quanto rappresenta il costo che è necessario sostenere per servire separatamente il sottoinsieme S. Diremo che le tariffe applicate dal monopolista sono immuni da sussidi incrociati (subsidy-free) se è rispettata la condizione [1.15] p i C(S) i S per ogni S N, cioè se su nessun sottoinsieme dei mercati i ricavi eccedono il costo stand-alone, e se vale [1.16] p i = C(N) i N cioè se i prezzi sono tali da garantire il pareggio di bilancio al monopolista che serve l intero insieme N di mercati 17. La [1.15] garantisce infatti che su nessun sottoinsieme di mercati i consumatori siano chiamati a pagare un prezzo complessivo superiore a quanto dovrebbero pagare se un impresa offrisse separatamente a quel sottoinsieme i servizi domandati Quanto segue si ispira alla trattazione di Brown e Sibley (1986, par. 3.4). 17. Si noti che i N p i coincide con i ricavi a patto che per ciascun consumatore il prezzo sia inferiore alla disponibilità a pagare, e dunque stiamo assumendo implicitamente che anche questa condizione sia soddisfatta. 18. I primi studi sistematici sul problema dei sussidi incrociati risalgono ai primi anni settanta, e furono effettuati da parte di economisti che lavoravano per i Bell Laboratories, legati alla AT&T. Tra i contributi pionieristici sull argomento è d obbligo citare il lavoro di Faulhaber (1975). 61

16 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA Denominato con N/S l insieme dei mercati in N che non sono parte dell insieme S, abbiamo [1.17] p i = i N i N/S p i + p i = C(N), i S per cui la condizione [1.15] relativa al sottinsieme N/S è equivalente a [1.18] p i C(N) C(N/S); i S il membro di destra della disequazione rappresenta il costo incrementale che deve essere sostenuto per servire il sottoinsieme di mercati S quando il monopolista già serve il sottoinsieme N/S. Dunque, si ha assenza di sussidi incrociati quando su nessun sottoinsieme di mercati i consumatori pagano per il bene un prezzo inferiore al costo incrementale relativo allo stesso sottoinsieme, ovvero quando per nessun sottoinsieme dei mercati i ricavi siano inferiori ai costi incrementali. Nel caso di un monopolista che rispetta il proprio vincolo di bilancio, la definizione in termini di costo stand-alone [1.15] e quella in termini di costo incrementale [1.18] sono del tutto equivalenti. Se vale la condizione di assenza di sussidi incrociati, non sarà possibile servire separatamente alcun sottoinsieme di mercati S senza andare incontro a perdite. L insieme dei prezzi p 1, p 2,..., p N che soddisfano [1.15] e [1.16], nonché la condizione aggiuntiva che il beneficio che ciascun consumatore trae dal consumo del bene ecceda il prezzo da lui pagato costituiscono in questo contesto anche l insieme delle configurazioni di prezzo sostenibili 19. In generale, l assenza di sussidi incrociati è condizione necessaria per la sostenibilità 20. Infatti, in presenza di sussidi incrociati, il 19. Il problema è analizzabile entro il quadro concettuale della teoria dei giochi cooperativi: l insieme dei consumatori che acquistano servizi da una stessa impresa, in quanto essi traggono mutuo vantaggio dal consumo per la presenza di costi medi decrescenti, può essere descritto come una coalizione; sono coalizioni l insieme N (se tale coalizione si realizza, il mercato è servito da un unica impresa) e tutti i suoi sottoinsiemi. In quest ottica, il rispetto delle condizioni evidenziate individua il core del gioco, ovvero quella ripartizione dei guadagni derivanti dalla cooperazione che garantisce per ogni sottoinsieme S degli individui coinvolti l assenza di incentivi ad abbandonare la coalizione N, e dunque la stabilità della configurazione di prezzi. 20. Le relazioni esistenti tra la condizione di assenza di sussidi incrociati, quella di sostenibilità e alcune condizioni tra queste intermedie, quali quella di equità anonima (anonymous equity), sono discusse in modo ampio da Faulhaber e Levinson (1981). 62 vettore dei prezzi p, pur garantendo i N p i = C(N), non soddisferebbe la [1.15] (o equivalentemente la [1.18]) per un sottoinsieme S N; avremmo perciò [1.19] p i > C(S). i S Quindi, un impresa che entrasse sul mercato offrendo di soddisfare soltanto la domanda per il sottoinsieme S di servizi potrebbe fissare un vettore di prezzi che le garantisce profitti strettamente positivi. L assenza di sussidi incrociati è un ulteriore proprietà da aggiungere a quelle elencate nel par La presenza di sussidi incrociati fornisce un incentivo all entrata di nuove imprese. Il nuovo entrante sarà in grado di scremare il mercato, concentrando la propria attività nei settori in cui il monopolista applica un prezzo che eccede lo stand-alone cost 21. Gli esempi anche in questo senso abbondano: si pensi ad una compagnia aerea nazionale che applica tariffe uniformi o correlate alla distanza; in generale, tale compagnia userà i ricavi sulle tratte più affollate e remunerative (es. Milano-Roma) per finanziare il costo delle tratte periferiche, che vengono servite in perdita dato lo scarso numero di passeggeri. La necessità di fissare sulle tratte a maggior traffico una tariffa più elevata rende appetibile l entrata di nuovi competitori che concentrino la propria offerta soltanto su di esse. La compagnia nazionale perderà in questo modo quote di mercato sulle tratte più remunerative, continuando a dover servire le tratte periferiche. Un ulteriore esempio è quello del settore della telefonia fissa: per lungo tempo il servizio telefonico locale è stato sussidiato attraverso le tariffe applicate sulle comunicazioni a lunga distanza; o ancora, si pensi all erogazione di energia elettrica in zone di montagna. Una conseguenza diretta di quanto detto è che un regolamentatore che decidesse di imporre al monopolista l applicazione di prezzi che comportano un sussidio incrociato tra i diversi mercati forniti deve anche preoccuparsi di proteggere il monopolista dalla concorrenza, erigendo una barriera legale all entrata nei mercati in questione. 21. Il fenomeno della scrematura (cream skimming) è quasi equivalente a quello, trattato nel paragrafo precedente in un contesto monoprodotto, di bypass di un monopolista da parte di un grosso acquirente. La differenza è che nel caso del bypass è l acquirente che prende l iniziativa e provvede in proprio a rifornirsi del bene o servizio desiderato (effettua cioè una integrazione verticale all indietro). Il termine scrematura mette in evidenza il fatto che nei casi descritti viene sottratta al monopolista la componente più remunerativa del mercato, la crema appunto. 63

17 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA Riprendiamo l esempio numerico dei collegamenti tra le tre città, e supponiamo che, a causa del limitato numero di utenti sul collegamento c, sia V c = 5 (potrebbe trattarsi di collegamenti con una zona scarsamente popolata). In questo caso, una configurazione tariffaria in grado di garantire il servizio su tutti e tre i collegamenti nonché il pareggio di bilancio sarebbe la seguente: [1.20] p a = p b = 9,5 p c = 5; tale configurazione non sarebbe però sostenibile, in quanto richiederebbe che il collegamento c sia sussidiato a spese dei collegamenti a e b, i cui utenti pagherebbero un prezzo che eccede lo stand-alone cost. Si noti che, nell esempio proposto, la fornitura del servizio sulle linee a e b non è remunerativa, e può essere messa in discussione sul piano del benessere sociale, dal momento che il beneficio netto misurato come differenza tra disponibilità complessiva a pagare e costi sostenuti è pari a V a +V b +V c C(abc) = 3 se tutte e tre i collegamenti sono effettuati, mentre è V a +V b C(ab) = 4 se si rinuncia al collegamento c. Dunque, la fornitura di c deve giustificarsi in base a ragioni redistributive o di ordine politico, ma comunque diverse dallo stretto calcolo di benefici e costi; una tipica motivazione è la volontà di fornire il servizio in questione in modo uniforme sul territorio. Se l imposizione di sussidi incrociati sia o meno uno strumento adeguato di redistribuzione è questione piuttosto controversa, che rimanda al ruolo degli obiettivi equitativi nella scelta dell ottima struttura tariffaria e alla scelta dell ottima combinazioni di strumenti redistributivi; riprenderemo la questione nel corso del capitolo Alcuni casi di non esistenza di una configurazione sostenibile Se la presenza di sussidi incrociati è in molti casi il risultato di una scelta imposta dal regolamentatore, vi sono circostanze in cui, data una certa struttura di costi, ogni configurazione di prezzi che garantisce il pareggio di bilancio del monopolista richiede la presenza di sussidi incrociati, e dunque non esiste una configurazione di prezzi sostenibile. Il punto può essere illustrato modificando ulteriormente l esempio numerico visto in precedenza, relativo alle tre linee di trasporto. Si 64 considerino i seguenti valori della funzione di costo: [1.21] C(a) = C(b) = 10 C(c) = 11 C(ab) = 17 C(bc) = C(ac) = 18 C(abc) = 27. Possiamo calcolare il costo incrementale di ciascuna linea per un monopolista che serva tutte e tre le linee. Posto che IC(a) =C(abc) C(bc) = 9, e analogamente IC(b) = 9 e IC(c) = 10, vediamo che la fissazione di prezzi pari al costo incrementale comporta profitti positivi per il monopolista. La presenza di profitti positivi, in assenza di barriere all entrata, potrebbe spingere all entrata nel mercato da parte di un competitore; in altre parole, la soluzione che consiste nel fissare p a = p b = 9 e p c = 10 non è sostenibile, e non può quindi costituire un equilibrio in un mercato contendibile. Per scongiurare la minaccia di entrata, il monopolista potrebbe fissare i prezzi al livello p a = p b = p c = 9, in modo da annullare i profitti. Neppure tale configurazione risulta essere però sostenibile: il nuovo entrante potrebbe infatti limitarsi a fornire il servizio sulle linee a e b; così facendo sosterrebbe un costo complessivo pari a 17, e potrebbe dunque fissare prezzi inferiori a 9 a ciascuna delle linee servite. Analogamente, se il monopolista che serve tutte e tre le linee fissasse p a = p b = 8,5 e p c = 10, si esporrebbe alla concorrenza di un entrante che servisse congiuntamente i mercati a e c oppure b e c. Sembra non esserci dunque via d uscita; in effetti, nel caso considerato, pur essendo la funzione di costo subadditiva, ed essendo perciò efficiente che l insieme delle linee sia servito da un unica impresa, non c è alcuna configurazione di prezzi che sia sostenibile. Almeno per una delle linee il prezzo deve risultare inferiore al costo incrementale. Il caso considerato evidenzia che la subadditività della funzione di costo, pur essendo condizione necessaria perché i prezzi applicati da un monopolista possano costituire una configurazione sostenibile, non è sufficiente a garantire che tale configurazione esista. L impossibilità di determinare una configurazione sostenibile può manifestarsi anche nel caso monoprodotto: infatti, se la presenza di economie di scala non è, come abbiamo visto, condizione necessaria perché la funzione di costo sia subadditiva, la decrescenza dei costi medi su tutto l intervallo di output rilevante è però condizione necessaria per la sostenibilità. 65

18 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA FIGURA 1.4 Un caso di monopolio naturale non sostenibile FIGURA 1.5 Un caso di bypass d d 2 d 1 d 3 C/q p 2 C/q p p p 1 q m q q 2 q 1 q Si consideri a questo proposito il caso illustrato nella figura 1.4, in cui la funzione di costo è subadditiva in q. Nella circostanza illustrata, il prezzo che minimizza i costi complessivi sotto il vincolo del pareggio di bilancio è fissato al livello p, in corrispondenza del quale la curva di costo medio incrocia la curva di domanda. Dato tale prezzo, però, un impresa concorrente potrebbe entrare sul mercato e soddisfare una parte della domanda ad un prezzo inferiore ma pur sempre maggiore del costo medio, lucrando in questo modo profitti positivi; alla prima impresa, al prezzo originale p, non resterebbe che soddisfare la quota residuale di domanda, producendo in perdita. La soluzione alternativa che consiste nel fissare un prezzo in grado di scoraggiare l entrata, quale ad esempio il prezzo che coincide con il livello minimo della curva di costo medio, porterebbe d altra parte all impossibilità di soddisfare l intera domanda di mercato a quel prezzo, con conseguente necessità di razionamento. La situazione non è dissimile da quella vista nell esempio precedente relativo al caso multiprodotto: la differenza è che qui l entrante sottrae al monopolista parte del mercato, mentre in quel caso gli sottraeva l intera produzione su alcuni dei mercati serviti. La questione dell esistenza di una configurazione sostenibile assume evidentemente una grande importanza dal punto di vista del regolamentatore: vi sono casi in cui il monopolio naturale, pur essendo la configurazione più efficiente per l industria, non è in grado di sostenersi 66 senza una qualche forma di protezione. Può trovare perciò giustificazione l istituzione di una barriera legale che garantisca al monopolista il diritto ad operare in esclusiva sul mercato in questione. Si noti che la limitazione dell accesso all entrata dovrebbe ricomprendere anche il caso in cui qualcuno degli acquirenti provveda autonomamente alla produzione del servizio, evitando il monopolista (bypass). Gli esempi in questo senso abbondano: una grande impresa può aggirare la rete telefonica locale stipulando un contratto direttamente con un fornitore di telecomunicazioni a lunga distanza; oppure può evitare di acquistare energia elettrica dal monopolista provvedendo direttamente alla generazione del proprio fabbisogno energetico. Si prenda in considerazione il caso di un mercato in cui sul lato domanda opera un consumatore di grandi dimensioni (es. un impresa industriale che domanda energia elettrica) assieme ad una pluralità di piccoli consumatori. Nella figura 1.5 la domanda di energia dell impresa sia descritta dalla curva d 1, mentre la domanda aggregata degli utenti più piccoli sia d 2. La domanda complessiva sul mercato sarà d 3. Sul mercato opera un unico fornitore, che in corrispondenza di p realizza profitti nulli e minimizza il costo di produzione per l industria. Se l impresa industriale ha accesso alla stessa tecnologia del monopolista, e se può acquistare gli input necessari agli stessi prezzi (se le è possibile in altre parole produrre energia agli stessi costi sostenuti dal monopolista), essa può evidentemente risparmiare provvedendo diretta- 67

19 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA mente al proprio fabbisogno. L impresa industriale potrà infatti ottenere la quantità desiderata ad un costo p 1, inferiore al prezzo p che pagava al monopolista. Dovendo soddisfare solo il proprio fabbisogno, essa è in grado di sfruttare appieno le economie di scala nella produzione di energia. Nel caso descritto, la possibilità di evitare il monopolista dà luogo ad un incremento dei costi di produzione complessivi sostenuti a livello di industria, e dunque è un esito non desiderabile. Coloro che risultano svantaggiati sono i consumatori di minore dimensione, che continuano ad acquistare il servizio dal monopolista e devono ora pagare un prezzo p 2 > p L esistenza di configurazioni sostenibili: condizioni sufficienti La rilevanza empirica di situazioni come quelle descritte, in cui la struttura dei costi è tale da rendere impossibile l esistenza di configurazioni di prezzo sostenibili, è oggetto di discussione. Si può ritenere che non siano molti i casi in cui ciò accade; e tuttavia le circostanze descritte restano del tutto plausibili. Diventa importante dunque una comprensione più generale delle caratteristiche della funzione di costo e di domanda da cui dipende l esistenza di una configurazione sostenibile. È utile a questo proposito il ricorso ad una rappresentazione diagrammatica. Si considerino una funzione di costo C(q 1,q 2 ) e le funzioni di domanda Q 1 (p 1, p 2 ) e Q 2 (p 1, p 2 ) relative ai due beni; si noti che ciascuna domanda dipende da entrambi i prezzi: si tiene cioè conto della possibilità che le domande siano interdipendenti. Possiamo calcolare le funzioni di profitto (in funzione dei prezzi) nel caso di un impresa che produca entrambi i beni, e di due imprese che si specializzino nella produzione del bene 1 o del bene 2. Abbiamo: [1.22] π 12 (p 1, p 2 ) = p 1 Q 1 (p 1, p 2 ) + p 2 Q 2 (p 1, p 2 ) + C(Q 1 (p 1, p 2 ),Q 2 (p 1, p 2 )) π 1 (p 1, p 2 ) = p 1 Q 1 (p 1, p 2 ) C(Q 1 (p 1, p 2 ),0) π 2 (p 1, p 2 ) = p 2 Q 2 (p 1, p 2 ) C(0,Q 2 (p 1, p 2 )). Se tracciamo sullo spazio dei prezzi le aree corrispondenti alle coppie di prezzi che garantiscono la non negatività di ciascuna delle due funzioni π 1 e π 2, otterremo qualcosa di simile al grafico della figura 1.6a. 68 FIGURA 1.6 Esistenza di configurazioni di prezzo sostenibili p 2 A C D (a) π 1 0 B p 2 π 2 0 A p 1 (c) p 2 π 1 0 B A C D π 2 0 p 1 (b) π 1 0 B π 2 0 Per evidenziare il ruolo giocato dalla presenza di effetti di complementarità e sostituibilità nella domanda, lo si confronti con il caso rappresentato dalla figura 1.6b, in cui le domande dei due beni siano tra loro indipendenti, per cui π 1 è indipendente da p 2 e π 2 è indipendente da p 1. Le aree evidenziate vanno messe in rapporto con le coppie di prezzi che garantiscono un profitto nullo ad un monopolista che serva entrambi i mercati, cioè che soddisfano π 12 (p 1, p 2 ) = 0, e il cui luogo geometrico è l ovale al centro della figura. La curva AB rappresenta la porzione in basso a sinistra dell insieme di tali coppie 22. Lungo AB, solo i prez- 22. Le altre combinazioni di prezzo che soddisfano la condizione di profitti nulli non sono prese in considerazione in quanto, trovandosi a destra e in alto rispetto ai punti 69 p 1

20 1. MONOPOLIO NATURALE E CONCORRENZA zi rappresentati dai punti nell intervallo CD costituiscono combinazioni sostenibili, dal momento che, oltre a garantire profitti nulli al monopolista, non possono essere dominate da coppie di prezzi praticabili da imprese che operino disgiuntamente sui due mercati. Al contrario, i punti che si trovano ad esempio sull intervallo AC non corrispondono a combinazioni sostenibili, dal momento che se il monopolista scegliesse una di queste combinazioni, un impresa potrebbe entrare sul mercato offrendo il bene 2 ad un prezzo p 2 inferiore a quello praticato dal monopolista e lucrare profitti non negativi; in altre parole, i punti su AC sono dominati da combinazioni di prezzo che si trovano nell area ombreggiata in cui π 2 0. La figura 1.6c descrive una situazione in cui non esistono configurazioni di prezzo sostenibili. Panzar e Willig (1977) hanno individuato una condizione sufficiente per l esistenza di una configurazione di prezzi sostenibile, applicabile al caso di un monopolista che produca due beni. Risulterà in questo caso sostenibile una coppia di prezzi p 1 e p 2 che, oltre a essere immune da sussidi incrociati, soddisfi [1.23] Q 2 p 2 [ C(q1,q 2 ) C(0,q 2) q 2 q 2 + Q1 p 2 ] + [ C(q1,q 2 ) q 1 C(q 1,q 2 ) C(0,q 2 ) q 1 ] 0 nonché la condizione speculare alla 1.23 in cui gli indici 1 e 2 sono invertiti. Tale condizione ci permette di evidenziare quali caratteristiche della tecnologia rendano più o meno probabile l esistenza di configurazioni sostenibili. Il primo termine nella [1.23] rappresenta il prodotto tra l effetto sulla domanda di una variazione del prezzo del bene 2 (effetto generalmente negativo) e la variazione nel costo incrementale relativo alla produzione di q 1 indotta da un aumento della produzione di q 2 ; questa variazione, se di segno negativo, indica la presenza di complementarità di costo nella produzione dei due beni: un aumento della produzione di q 2 determina cioè una riduzione nel costo incrementale che l impresa deve sostenere per produrre anche q 1. Il secondo termine è invece il prodotto tra l effetto di prezzo incrociato (positivo se q 1 e q 2 sono sostituti) e il tasso di sulla curva AB, sono dominate da combinazioni di prezzo che garantiscono profitti strettamente positivi al monopolista, e dunque non potrebbero costituire combinazioni sostenibili. 70 FIGURA 1.7 Protezione del monopolista dalla concorrenza potenziale Si vogliono imporre sussidi incrociati? no sì La fissazione di prezzi sostenibili rende superflua la protezione del monopolista dalla concorrenza Esiste una configurazione sostenibile? sì no Si deve regolamentare e proteggere il monopolista dalla concorrenza variazione del costo medio incrementale di q 1 (negativo se la produzione del bene q 1 presenta rendimenti di scala) 23. L espressione [1.23] è interpretabile come l effetto di una riduzione di p 2 sul vantaggio derivante dalla produzione congiunta dei due beni; essa dunque misura la capacità del monopolista di fronteggiare l entrata di un impresa che offra il solo bene 2. Una riduzione di p 2 comporta un aumento della quantità del bene q 2 e (se i beni sono sostituti) una riduzione della quantità del bene q 1. Per il monopolista multiprodotto, che produce anche q 1, abbiamo dunque due effetti di segno contrapposto: il primo è l effetto (positivo) derivante da un maggiore sfruttamento delle complementarità di costo; il secondo è l effetto (negativo) derivante dal minore sfruttamento dei rendimenti di scala (misurato dalla variazione nel costo medio incrementale). Se prevale il primo effetto, il fatto che i due beni siano prodotti congiuntamente si rivela un vantaggio. Nel caso di domande indipendenti, si ha Q 1 / p 2 = 0, il secondo termine si annulla, e l unica condizione rilevante è quella relativa alla presenza di complementarità di costo tra i due beni. Basta cioè che 23. Ricordando che il costo medio incrementale è AIC(q 1 ) = C(q 1,q 2 ) C(0,q 2 )/q 1, il termine tra parentesi quadre coincide con la derivata di AIC(λq 1 ) rispetto a λ quando λ = 1. Siamo cioè in presenza di economie di scala specifiche alla produzione del bene 1 (cfr. pagina 54). 71

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