AM : Tracce delle lezioni- VI Settimana
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- Angelo Fabbri
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1 AM : Tracce delle lezioni- VI Settimana DIFFERENZIABILITÁ E MATRICE JACOBIANA Siano E, F due spazi normati, O aperto in E, f : O F, x O. Si dice che f é differenziabile in x se L L(E, F ) : f(x + h) = f(x) + Lh + ( h ) ( ) (per definizione, (h) F h E h 0 0). Tale L, se esiste é unica. Infatti: (L 1 L )(h) = ( h ) t(l 1 L )(h) = (L 1 L )(th) = ( t ) (L 1 L )(h) = (1) (L 1 L )(h) = 0 h. La trasformazione L in ( ) si chiama differenziale di f in x e si indica df(x). Proprietá delle funzioni differenziabili. Sia f differenziabile in x. Allora i) f é continua in x. Segue dalla continuitá di h df(x)h. ii) Per ogni h E, esiste la derivata direzionale, ovvero il vettore di F cosí definito f(x + th) f(x) (x) := lim = df(x)h h t 0 t (valore di df(x) lungo l incremento h) giacché Se E = R n ed e j é base canonica, scriveremo f(x+th) f(x) t (x) := f(x + te j ) f(x) (x) = lim x j e j t 0 t = df(x)h + (1). = df(x)e j e se inoltre F = R, x j (che si scrive anche f xj, j f, D j f,...) é un numero e si chiama derivata parziale di f fatta rispetto alla j-esima variabile. Quando F = R, il differenziale in x, df(x), é forma lineare su E e, se é anche E = R n, ( f(x) := (x),..., ) (x) x 1 x n si chiama gradiente di f in x, ed é il vettore che rappresenta df(x) nella base e j : df(x)h = df(x)( h j e j ) = h j df(x)e j = x j (x)h i =< f(x), h >= h (x) Se E = R n, F = R m, la matrice rappresentativa di df(x) nelle basi canoniche e j, ê i, j = 1,..., n, i = 1,..., m, é la matrice Jacobiana J f (x): df(x)(h) = J f (x)h h R n 1
2 Se m = 1, J f (x) é il vettore (riga) f(x). Se m > 1, f differenziabile in x 0 f(x 0+h) [ f(x 0 )+df(x 0 )h] h h 0 0 f i(x 0 +h) [ f i (x 0 )+<df(x 0 )h,ê i >] h h 0 0 i f i sono differenziabili con ( ) i i = df i (x 0 )e j =< df(x 0 )e j, ê i > e quindi J f (x 0 ) = x j x j ij ovvero, J f (x 0 ) é la matrice che ha per righe i vettori f i (x 0 ) e per colonne i vettori x j (x) che sono i vettori tangenti alle curve coordinate x j f(x 1,..., x j,..., x n ): n=1: Cammini differenziabili. Date γ i : (a, b) R, i = 1,..., m. γ := m i=1 γ i ê i é cammino in R m. Siccome una funzione lineare L : R R m é completamente determinata dal suo valore in 1 : L(t) = L(t1) = tl(1), il cammino (o traiettoria ) γ risulta differenziabile in t (a, b) se ovvero esiste v = m i=1 v i ê i tale che γ(t + τ) = γ(t) + τv + (τ) i = 1,..., m γ i (t) := lim τ 0 γ i (t + τ) γ i (t) τ γ(t) Il vettore γ(t) := v é il vettore tangente (e, se γ(t) = 0,, é il versore γ(t) tangente ) al cammino γ in γ(t); γ(t) é la velocitá con cui il punto che percorre il cammino γ passa per γ(t). I cammini (o traiettorie ) dotati di vettore tangente si chiamano differenziabili. DUE ESEMPI (i) γ(t) = (cos t, sin t), t [0, π) (equazione parametrica della circonferenza unitaria) é cammino differenziabile con γ(t) = ( sin t, cos t). Notiamo che < γ(t), γ(t) > 0 e quindi, come si vede subito, γ(t), applicato in γ(t), é il versore) alla circonferenza nel punto γ(t). (ii) (cos φ cos θ, cos φ sin θ, sin φ), θ [0, π), φ [ π, π] é rappresentazione parametrica di S = {(x, y, z) R 3 : x + y + z = 1}, sfera unitaria in R 3 : ogni punto della sfera, a parte i poli, sta esattamente su di un meridiano (di longitudine θ 0 ) e su di un parallelo (di latitudine φ 0 ) di equazione parametrica rispettivamente (cos φ cos θ 0, cos φ sin θ 0, sin φ) e (cos φ 0 cos θ, cos φ 0 sin θ, sin φ 0 ). I vettori tangenti a tali curve ( sin φ 0 cos θ 0, sin φ 0 sin θ 0, cos φ 0 ), ( cos φ 0 sin θ 0, cos φ 0 cos θ 0, 0), generano il piano tangente alla sfera nel punto (cos φ 0 cos θ 0, cos φ 0 sin θ 0, sin φ 0 ). = v i
3 DERIVATE PARZIALI E DIFFERENZIABILITÁ Definizione. Sia O aperto in R n. f C 1 (O, R) se le sue derivate parziali esistono e sono continue in O; f = (f 1,..., f m ) é di classe C 1 (O) sse lo sono le f i. Proposizione 1. Sia f C 1 (O, R m ). Allora f é differenziabile. Prova. Basta mostrarlo per funzioni scalari. Per semplicitá, lo dimostriamo per funzioni di due variabili. Da f x, f y continue segue ɛ > 0 δ = δ ɛ > 0 : (w) x x (v) + y (w) y (v) ɛ w, v B δ(u) O d Applicando il Teorema Fondamentale del Calcolo a f(τ, y + t) = (τ, y + t) dτ x d e a f(x, τ) = (x, τ) otteniamo dτ y [ ] f(x + s, y + t) f(x, y) (x, y)s + (x, y)t x y = f(x + s, y + t) f(x, y + t) (x, y)s + f(x, y + t) f(x, y) (x, y)t x y x+s [ ] y+t [ ] (τ, y + t) (x, y) dτ x x + (x, τ) (x, y) dτ y y x ɛ ( s + t ) se s + t δ ɛ ESEMPI E CONTROESEMPI (i) f(x, y) = xy x +y, se x + y 0, f(0, 0) = 0 é di classe C 1 (R \ (0, 0)) ed ha anche derivate parziali, nulle, in (0, 0). Ma non esiste per alcun h e h i, i = 1,, perché t f(tx, ty) non é continua in t = 0 (a meno che non sia xy = 0). In particolare, f non é continua in zero: una funzione puó avere derivate parziali in un punto senza essere continua in quel punto. (ii) f(x, y) = x y x 4 +y, f(0, 0) = 0. Siccome f(x, 0) = 0 x, é f x (x, 0) = 0 x. Allo stesso modo, f y (0, y) = 0 y. In particolare, f ha derivate parziali, nulle, in (0, 0). Poi, se x + y > 0, é f(tx,ty) x = y x t t x 4 +y t 0 e quindi anche nell origine esistono le derivate in tutte y le direzioni, ma non sono tutte nulle (come dovrebbero essere se la funzione fosse differenziabile). Siccome f(x, x ) 1, vediamo che y 3
4 una funzione puó essere derivabile, in un punto, lungo tutte le direzioni senza essere continua in quel punto. (iii) f(x, y) = x3 y x 6 +y, se x + y 0, f(0, 0) = 0 é di classe C 1 (R \ (0, 0)) ed ha derivate parziali, nulle, anche in (0, 0). Inoltre, in (0, 0), f é derivabile in tutte le direzioni: (0, 0) = lim f(tx,ty) = h t t tx lim 3 y = 0. Tuttavia f non é continua in (0, 0), perché f(x, x 3 ) 1. Dunque t t 4 x 6 +y una funzione puó avere derivate nulle lungo tutte le direzioni in un punto senza essere differenziabile in quel punto. (iv) f(x, y) = x3 y x +y se x + y 0, f(0, 0) = 0 x 6 +y ha derivata nulla in tutte le direzioni, ed é anche continua, in (0, 0), ma non é differenziabile in (0, 0), perché non va a zero al tendere f(x,y) f(0,0) x +y = x3 y x 6 +y di x + y a zero (vale infatti 1 lungo la cubica y = x3 ). Dunque una funzione continua puó avere derivate nulle in tutte le direzioni in un punto senza essere differenziabile in quel punto. CONSIDERAZIONI GEOMETRICHE Sia f C 1 (O, R), (0, 0) O R, f(0, 0) = 0. Allora, se (x, y) O, f(x, y) = f x (0, 0)x + f y (0, 0)y + ( x + y ) Ovvero, a meno di un errore di ordine superiore al primo, i valori di f, vicino all origine, sono quelli della funzione lineare z = df(0, 0)(x, y) = f x (0, 0)x + f y (0, 0)y ( ) In linguaggio geometrico: il grafico di df(0, 0), ovvero il piano per l origine in R 3, T f (0, 0) := {(x, y, f x (0, 0)x + f y (0, 0)y)} é il piano tangente al grafico di f nel punto (0, 0, f(0, 0)) = (0, 0, 0). Tale piano interseca i piani coordinati Oxz, Oyz, lungo le rette di equazione z = f x (0, 0)x, z = f y (0, 0)y, rette tangenti ai grafici di z = f(x, 0), z = f(0, y) restrizioni della z = f(x, y) rispettivamente ad Ox, Oy. I vettori tangenti a tali due curve, dati da (1, 0, f x (0, 0), (0, 1, f y (0, 0)y), generano lo spazio tangente 4
5 T f (0, 0) = {(x, y, f x (0, 0)x + f y (0, 0)y)} = {x(1, 0, f x (0, 0) + y(0, 1, f y (0, 0)) : x, y R} Notiamo che il generico vettore (x, y, f x (0, 0)x + f y (0, 0)y) in T f (0, 0) é il vettore tangente alla curva t (tx, ty, f(tx, ty)) (giacente nel piano generato dall asse Oz e dalla retta (tx, ty, 0) ed intersezione del grafico di f con tale piano). Dunque, i vettori del piano tangente sono vettori tangenti al grafico di f. Il piano T f si puó anche descrivere come il piano dei vettori ortogonali al vettore ( f x, f y, 1) = (1, 0, f x (0, 0) (0, 1, f y (0, 0)) che é vettore normale al grafico. Piú in generale, se f C 1 (O, R), x 0 O R n, l iperpiano in R n+1 T f (x 0 ) := {(x, f(x 0 )+ < f(x 0 ), x x 0 >) : x R n } passante per (x 0, f(x 0 )) e parallelo all iperpiano per l origine z =< f(x 0 ), h > (grafico di df(x 0 )) é il piano tangente al grafico di f, G f, in (x 0, f(x 0 )). L equazione del piano tangente é quindi z = f(x 0 )+ < f(x 0 ), x x 0 > Sezionando G f e T f (x 0 ) con il piano z = f(x 0 ) e proiettando tali sezioni sul piano z = 0, otteniamo la superfice di livello Σ := {x : f(x) = f(x 0 )} e la corrispondente retta tangente in x 0, data appunto da < f(x 0 ), x x 0 >= 0, retta per x 0 e ortogonale a f(x 0 ). Infine, f é direzione di massima pendenza del grafico di f in (x, f(x)): d f(x + th) =< f(x + th), h > e sup < f(x), h >= f(x) dt h =1 Se n=k m, X = X(t 1,..., t k ) = (X 1 (t 1,..., t k ),..., X m (t 1,..., t k )) parametrizza una k superfice in R m. Le curve su tale superfice, date da t X(t, t,..., t k ),..., t X(t 1,..., t) determinano k vettori tangenti alla k-superfice, le k colonne di J X, che indichiamo X t j = ( X 1 t j,..., Xm t j ). 5
6 REGOLA DELLA CATENA (derivazione di funzioni composte) Siano E, F, G spazi normati. Sia x E e siano B r (x) g B ρ (g(x)) F, B ρ (g(x)) f G Se g é differenziabile in x e f é differenziabile in g(x), allora f g é differenziabile in x e d(f g)(x) = df(g(x)) dg(x) e J f g (x) = J f (g(x)) J g (x) Prova. Sia h E, k(h) := g(x + h) g(x) = dg(x)h + (h), cosicché k(h) dg(x)h + ( h ) c h se h δ. Siccome f é differenziabile in g(x), si ha che f(g(x + h)) = f(g(x) + k(h)) = f(g(x)) + df(g(x))k + ω(k) = = f(g(x)) + [df(g(x)) dg(x)]h + (h) perché ω(k) ɛ k cɛ h se h << 1. L affermazione sulle matrici Jacobiane segue dal fatto che se L L(R n, R m ), U L(R m, R p ), la matrice rappresentativa del prodotto di composizione U L é il prodotto delle matrici rappresentative R n L R m U R p A U L = A U A L ESEMPIO DI DERIVAZIONE DI FUNZIONI COMPOSTE Derivazione lungo un cammino differenziabile Siano γ : (a, b) R n, f : R n R di classe C 1. Allora d dt f(γ(t)) = n (γ(t)) dγ j (t) = < f(γ(t)), γ(t) > x j dt É una conseguenza della regola della catena e del fatto che J f (x) = f (matrice riga) mentre J γ = γ (matrice colonna). 6
7 COMPLEMENTI 1. Matrice rappresentativa del prodotto di composizione. Se indichiamo con A L, A U e A U L le matrici rappresentative di L L(R n, R m ), di U L(R m, R p ) e di U L L(R n, R p ), allora A U L = A U A L (prodotto di matrici) Siano e j, j = 1,..., n, ê i, i = 1,..., m, ě l, l = 1,..., p basi in R n, R m, R p. Siano Le j = m i=1 (Le j ) i ê i, Uê i = p l=1 (Uê i) l ě l. Allora A U = ( (Uê i ) l ) i=1,...,m, l=1,...,p A L = ( (Le j ) i ),...,n, i=1,...,m A U L Ma (U L)e j = U ( m i=1 (Le j ) i ê i ) = e quindi m (Le j ) i Uê i = i=1 [ m (Le j ) i i=1 = ( ((U L)e j ) l ),...,n; l=1,...,p ] p (Uê i ) l ě l = l=1 m ((U L)e j ) l = (Le j ) i (Uê i ) l i=1 [ p m ] (Le j ) i (Uê i ) l ě l l=1 i=1 ovvero ((U L)e j ) l é l elemento di posto lj della matrice prodotto A U A L.. Il gradiente in coordinate polari.. Data f C 1 (R, R), scriviamo f in coordinate polari: g(ρ, θ) := f(ρ cos θ, ρ sin θ). Allora, g ρ = f x (ρ cos θ, ρ sin θ) cos θ + f y (ρ cos θ, ρ sin θ) sin θ g θ = f x (ρ cos θ, ρ sin θ)ρ sin θ + f y (ρ cos θ, ρ sin θ)ρ cos θ f x (ρ cos θ, ρ sin θ) = g ρ cos θ 1 ρ g θ sin θ f y (ρ cos θ, ρ sin θ) = g ρ sin θ + 1 ρ g θ cos θ f (ρ cos θ, ρ sin θ) = g ρ(ρ, θ) + 1 ρ g θ(ρ, θ) 7
8 COMPLEMENTI E ESERCIZI 1. Provare il Teorema di Heine-Cantor usando il Teorema di Weierstrass. ɛ > 0, x K, ω(f, x, δ) := sup{ρ(f(x ), f(x )) : x, x K B δ (x)} δ ɛ (x) := sup{δ > 0 : ω(f, x, δ) < ɛ} La funzione x δ ɛ (x) é inferiormente semicontinua, perché, se δ < δ ɛ (x), si ha y K, d(y, x) < δ ɛ (x) δ B δ (y) B δɛ(x)(x) ω(f, y, δ) ɛ δ ɛ (y) δ Per Weierstrass, esiste x K tale che δ ɛ (x) δ ɛ (x) x K. Dunque d(x, y) < δ ɛ (x) ρ(f(x), f(y)) ɛ. Provare il Teorema di Heine-Cantor usando il Teorema del ricoprimento finito. ɛ > 0, x K δ ɛ (x) x, x B δɛ(x)(x) ρ(f(x ), f(x )) < ɛ K compatto x j K, j = 1,..., p : K p d(x, y) < δ ɛ, x B δɛ(x j ) d(y, x j ) < δ ɛ + δ ɛ(x j ) 3. Tutte le norme in R n sono tra di loro equivalenti B δɛ(x j ) (x j ). Se δ ɛ := min j δ ɛ (x j ), < δ ɛ (x j ) ρ(f(x), f(y)) < ɛ Sia una norma su R n. Indichiamo con. la norma euclidea in R n. Proviamo che C c > 0 : c x x C x x E. Da x = n x j e j segue 1 x x j e j x j e j 1 = e j 1 x = C x In particolare, ció assicura che x é funzione continua in R n (munito della norma ) e quindi é dotata di minimo sul compatto { x = 1}, ovvero esiste x, con x = 1 tale che: x x se x = 1 e quindi x x x x 0 e quindi x x x = c x x. 4. Provare che, se f C(A, R) é localmente costante in A (cioé x A, B r (x) : f é costante in B r (x) A ) ed A é connesso, allora f é costante in A. 8
9 5. Def.: f C(E, R m ) é Lip loc (E) se x E, B r(x) (x) tale che f Lip(B r(x) (x)). Provare che f Lip loc (K), K compatto f Lip(K) Se no, x j, y j K : f(x j ) f(y j ) x j y j 1 +. Passando eventualmente a sottosuccessioni, possiamo supporre che x j j x K, y j j y K. Siccome f é limitata, necessariamente x j y j 0 e quindi x = y. Ma x j, y j B r(x) (x) per j grande e f Lip(B r(x) (x)), contraddizione. 6. Provare con un esempio che non é vero in generale che da ogni ricoprimento aperto si puó estrarre un sottoricoprimento numerabile. Sia X = l dotato della metrica x := sup n x(n). Sia E = N = {α : N {0, 1}. Questo insieme é non numerabile. Siccome α β l α β = 1, la famiglia (non numerabile) di aperti disgiunti B 1 (α)) é un ricoprimento di E e, chiaramente, cessa di essere tale non appena si lasci da parte anche un solo B 1 (α)). 7. Mostrare, con un esempio, che non é vero in generale che ogni successione limitata in uno spazio normato ammette una estratta convergente. Sia E = l dotato della norma α = ( α(j) ) 1. Siano e j (i) := δ ij. Allora e n e m = se n m e quindi e n non ha estratte convergenti, dato che nessuna sua sottosuccessione é di Cauchy (una successione x n in uno spazio metrico é di Cauchy se per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ tale che x n x m ɛ se n, m n ɛ ; ovviamente ogni successione convergente é di Cauchy). 8. A connesso per archi A connesso. Siano O i, i = 1, aperti tali che A = (A O 1 ) (A O ) con A O i per i = 1,. Sia γ cammino continuo in A, con γ(0) O 1, γ(1) O. Siccome, per continuitá, γ(t) O 1 se t é vicino a t = 0, l intervallo I := {t [0, 1] : γ(τ) O 1 τ [0, t)} é un intervallo non vuoto e t := sup I < 1. Siccome, sempre per continuitá, γ(t) / O 1, si ha che γ(t) O e quindi, per continuitá, γ(t) O per t < t vicino a t. Dunque A O 1 O e cioé A é connesso. NOTA. Il viceversa é vero se A é aperto, ma non é vero in generale. 9
10 9 Sia f : A R m uniformemente continua in A X. Allora esiste f : A R continua e tale che f(x) = f(x) x A. Prova. Caso m = 1. Fissato ɛ > 0, sia δ ɛ tale che d(x, y) f(x) f(y) ɛ. Dato x A, esistono x k A tali che x k k x. In particolare, x k é di Cauchy, cioé d(x h, x k ) δ ɛ per h, k grandi. Quindi, per uniforme continuitá, f(x k ) f(x h ) ɛ e quindi f(x h ) é di Cauchy e quindi converge a qualche y. Notiamo che tale y dipende solo da x e non dalla approssimante x k. Infatti, se x k x e quindi, come sopra, f(x k) y per qualche y, si ha y y y f(x k ) + f(x k ) f(x k) + f(x k y k 0 e quindi y = y. Dunque f(x) := lim k f(x k ) é ben definita su A. Resta da provare che f é continua. Ma questo si vede subito: x n x, y n y f(x) f(y) f(x) f(x n ) + f(x n ) f(y n ) + f(y n ) f(y) ɛ+ f(x n ) f(y n ) se n é abbastanza grande. Siccome poi, se d(x, y) δ ɛ, risulta d(x n, y n ) 3δ se n é grande, si ha che f(x n ) f(y n ) ɛ se n é grande. In conclusione, f(x) f(y) 3ɛ. Se m > 1, l argomento precedente assicura che ogni componente ha una estensione continua a A e quindi f si prolunga a tutto A. 10. Sia f : E R. f si dice localmente costante in E se x E, B r (x) tale che f é costante in B r (x) E Notiamo che una funzione siffatta é necessariamente continua in E. 11. f localmente costante in E connesso per archi f é costante in E. Prova. Sia, per ogni x E, B r(x) (x) tale che f sia costante in B r(x) (x). Siano x, y E e sia γ cammino da x a y. Notiamo che (f γ)([0, 1]) é un intervallo, perché f γ é continua. Estraendo da {B r(x) (x) : x γ([0, 1])}, ricoprimento aperto del compatto γ([0, 1]), un sottoricoprimento finito, deduciamo che (f γ)([0, 1]) é un insieme finito di punti, che, trattandosi di un intervallo, deve ridursi a un punto. 1. Sia γ : [a, b] R n curva parametrica in R n e ϕ : [α, β] [a, b] biiezione. Allora γ(ϕ(τ)) : τ [α, β] é riparametrizzazione della curva (o cammino ) γ. Ovviamente le immagini ( sostegno delle curve γ e γ) γ([a, b]) e γ([α, β]) coincidono: le due curve descrivono (percorrono..) in modo diverso lo stesso insieme di R n. Mostrare che, se γ é cammino differenziabile e ϕ é derivabile, con ϕ(τ) > 0 τ, allora γ e γ hanno lo stesso versore tangente in ogni punto. 10
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