Rilevazione dei bisogni e delle mete di benessere della popolazione di Trieste

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1 Comune di Trieste Area Promozione e Protezione sociale in collaborazione con Università degli Studi di Trieste Facoltà di Scienze della Formazione Corso di laurea specialistica in Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi Sociali Rilevazione dei bisogni e delle mete di benessere della popolazione di Trieste Ricerca di tirocinio formativo di laurea specialistica a cura delle dott.sse: Katia Bellotto, Paola Nardelli, Sara Cosola Responsabili della ricerca: dott. Stefano Chicco Supervisore scientifico: prof. Luigi Gui Anno Accademico

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3 INDICE INTRODUZIONE 5 RILEVAZIONE DEI BISOGNI E DELLE METE DI BENESSERE DELLA POPOLAZIONE DI TRIESTE 6 CAPITOLO I 7 Il concetto di Bisogno Un primo sguardo al concetto di bisogno Teorie dei bisogni in epoca contemporanea: i contributi della sociologia 9 Il Funzionalismo 9 La teoria del conflitto 12 L interazionismo simbolico 14 La fenomenologia 16 Le teorie della scelta razionale Teorie dei bisogni in epoca contemporanea: il contributo della psicologia 20 La psicologia sperimentale 22 La psicologia della personalità 23 Kurt Lewin 27 La psicologia del profondo: Freud, Horney, Fromm 27 Altri autori che si sono occupati di definire il concetto di bisogno 29 Analisi dei bisogni e analisi dei desideri nella moderna psicologia del lavoro Società e bisogno: alcune riflessioni 32 L economia dei bisogni 33 I bisogni tra soggettività ed oggettività Il concetto di bisogno nella prospettiva del lavoro e delle politiche sociali 41 La valutazione dei bisogni nella relazione di aiuto: i contributi degli approcci teorici orientati alla relazione 43 Approcci seguiti al concetto di bisogno 47 CAPITOLO II 51 Presentazione della ricerca Presentazione del percorso di ricerca 51 Premessa alla ricerca 51 Presentazione del lavoro svolto La realtà di Trieste 56 Il territorio 56 Dal 1300 ad oggi:storia e fotografia demografica della città 56 La popolazione 58 La popolazione straniera 60 Confronto diacronico: i cambiamenti nella popolazione di Trieste negli ultimi 10 anni. 62 Confronto sincronico: Trieste rispetto al contesto regionale e italiano Primo Nodo vitale : la Genitorialità 69 Le famiglie a Trieste 69 Confronto diacronico: i cambiamenti nelle famiglie di Trieste negli ultimi 10 anni 71 Confronto sincronico: Trieste rispetto al contesto regionale e italiano 73 Le famiglie con figli 74 Le famiglie di Trieste con figlio/i in età Tabella esplicativa nodo vitale genitorialità con figli in età

4 2.4 Secondo Nodo vitale : gli anziani over Confronto diacronico: i cambiamenti della popolazione anziana di Trieste negli ultimi 10 anni 83 Confronto sincronico:trieste rispetto al contesto regionale e italiano 85 Lo stato civile degli anziani over Il contesto relazionale dell anziano over Tabella esplicativa nodo vitale anziani over Terzo Nodo vitale : abitare a Trieste 90 Tabella esplicativa abitare 92 CAPITOLO III 93 Interviste in profondità Dimensioni indagate Genitorialità (figli fino 13 anni) 94 Campione 94 Intervista 94 Decodifica e conclusioni Anziani (ultra 70 anni) 105 Campione 105 Intervista 105 Decodifica e conclusioni Abitare a Trieste 115 Campione 115 Intervista 115 Decodifica e conclusioni Conclusioni 122 BIBLIOGRAFIA 123 APPENDICE INTERVISTE GENITORIALITÀ 126 APPENDICE INTERVISTE ANZIANI 181 APPENDICE INTERVISTE ABITARE 232 ALLEGATO

5 Introduzione Abbiamo avviato il presente lavoro come un compito assegnatoci dal Comune di Trieste per permetterci di svolgere e superare il tirocinio della laurea specialistica in Programmazione e Progettazione delle politiche sociali. Sapevamo poco sull argomento, o meglio avevamo solo una generale conoscenza del concetto di bisogno derivata dai nostri studi sociali e un infarinatura teorica di come si conduce un indagine sociale, che, però, sulla popolazione del territorio, in maniera così ampia come abbiamo fatto in questo lavoro, non avevamo mai svolto. Così, da una prima e semplice attività di studio, siamo passate ad un continuo approfondimento che ci ha viste sempre più immerse nel lavoro. Non possiamo affermare che lo svolgimento di tale lavoro sia stato in ogni sua fase semplice e lineare, ma sicuramente è stata un opportunità di stimolo e di crescita a livello personale e professionale. Oltre ai risultati conseguiti con questo lavoro, che verranno presentati nelle pagine successive, vogliamo sottolineare l importanza del lavoro di gruppo che ci ha permesso di unire le nostre capacità personali e tecniche consentendoci di svolgere il compito affidatoci, non solo con competenza, ma anche con entusiasmo e complicità!! Il lavoro raccolto in queste pagine è diviso in tre capitoli che, come da mandato del Comune di Trieste, riportano ciascuno una fase della ricerca assegnataci. Nel primo capitolo verrà tracciata, quindi, una prima e generale presentazione del concetto di bisogno come viene definito in diversi approcci teorici. Infatti, a partire dagli studi sociologici, dalle teorie psicologiche, da alcune riflessioni provenienti dall economia e dai contributi propri delle teorie di servizio sociale, siamo giunte a definire il concetto di bisogno che abbiamo preso a riferimento nel proseguo del lavoro stesso. Il secondo capitolo si divide, invece, in due parti: nella prima verrà presentato il disegno della ricerca così come consegnatoci dal Comune di Trieste; nella seconda, verrà illustrata, anche attraverso l utilizzo di vari grafici, una panoramica generale riguardo ad alcuni dati fondamentali per la descrizione di ciascuno dei tre nodi vitali (genitorialità, anzianità e abitare) oggetto della ricerca. Infine, nel terzo capitolo verranno presentate le interviste somministrate alla popolazione per ciascun nodo vitale. La decodifica di queste ha permesso di estrarre le variabili utilizzate per la costruzione dei questionari somministrati a un campione più ampio e rappresentativo dell universo di ogni nodo vitale, i cui risultati verranno presentati nel quarto capitolo. In conclusione, evidenziando nuovamente come questo lavoro è stato per noi motivo di crescita, speriamo di aver portato un contributo importante per il futuro Piano di Zona del Comune di Trieste. Katia Bellotto Paola Nardelli Sara Cosola 5

6 Rilevazione dei bisogni e delle mete di benessere della popolazione di Trieste Ricerca di tirocinio formativo a cura delle dott.sse: Katia Bellotto, Paola Nardelli, Sara Cosola 6

7 Capitolo I Il concetto di Bisogno 1.1 Un primo sguardo al concetto di bisogno Il concetto di bisogno non è sicuramente un tema di facile inquadramento data la mancanza di confini delineabili, la vastità di contenuti che ad esso possono essere ricondotti e i differenti punti di vista dai quali può essere descritto. Da dove partire, allora, per scoprire, conoscere, approfondire che cosa s intende con il termine bisogno? A riguardo, il vocabolario della lingua italiana risponde a questa domanda definendo il termine bisogno come «necessità di procurarsi qualcosa che manca» 1. Anche la definizione che ci viene data dal Dizionario di sociologia spiega il concetto come «mancanza di determinate risorse materiali o non materiali, oggettivamente o soggettivamente necessarie a un certo soggetto (individuale o collettivo) per raggiungere uno stato di maggior benessere o efficienza o funzionalità ovvero di minor malessere o inefficienza o disfunzionalità rispetto allo stato attuale, sia essa sentita o accertata o anticipata dal medesimo soggetto oppure da altri per esso» 2. Secondo l approccio sociologico, quindi, «non sono costitutivi del concetto di bisogno né la sensazione di mancanza da parte del soggetto del bisogno quello cui necessitano le risorse né l identificazione del soggetto con una persona (può trattarsi di un gruppo, di una classe, di un associazione, di un settore dell economia), né il fatto che la mancanza si sia già tangibilmente verificata (può darsi sia soltanto prevista per un futuro più o meno prossimo)» 3. Diversamente da quest ultimo aspetto, nell enciclopedia UTET il termine bisogno viene definito come «un particolare stato d animo, una sensazione di insoddisfazione accompagnata dalla nozione dell esistenza di un bene atto a rimuovere o ad attenuare tale spiacevole sensazione» 4. Seppur non in maniera esaustiva, già questa prima differenza di definizioni, apre lo scenario ad alcune delle possibili riflessioni sulle diverse interpretazioni che il concetto di bisogno stimola, sulle quali da sempre molti autori si sono soffermati: i bisogni sono solo quelli materiali (biologici, materiali) o si possono considerare bisogni anche aspetti non materiali (relazioni, per esempio)? Quale classificazione, se è possibile, si può trovare tra questi bisogni? Esistono bisogni oggettivi o si possono accettare e conoscere solo bisogni soggettivi? Il bisogno deve sempre essere letto solo come una puntuale mancanza di qualcosa o si può considerare anche come un processo che mette in moto delle risposte/risorse? e l elenco potrebbe essere ancora molto lungo. Molti di questi interrogativi saranno un po il punto di partenza dal quale, nel primo capitolo di questo lavoro, cercheremo di far emergere, di volta in volta, le diverse prospettive in base alle quali autori e teorie di diversi ambiti disciplinari hanno messo in luce vari significati e aspetti del concetto di bisogno. Invece, una riflessione che si può già evidenziare da questo primo sguardo ad alcune definizioni del termine bisogno è il fatto che diverse fonti associano al termine bisogno la mancanza di qualcosa, ovvero una necessità, che inevitabilmente mette (o richiede la messa in movimento) dell individuo in relazione a possibili risorse/soluzioni. E a riguardo, mentre solo alcune fonti riconoscono come bisogno anche la sensazione che tale individuo vive, da tutte il bisogno viene descritto associato 1 Nicola Zingarelli, Il nuovo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana, ed. Zanichelli, 11ª, Bologna, L. Gallino (a cura di), Dizionario di sociologia, Utet, Torino, pp ibidem 4 Aa. Vv., Grande dizionario enciclopedico UTET, ed. Torinesi, Torino,

8 sempre ad un soggetto (individuale o collettivo che sia). Si potrebbe generalizzare, quindi, dicendo che, più che una realtà in sé, il bisogno può essere definito come una condizione (materiale e/o percettiva-emotiva) in cui il soggetto si può ritrovare. Da queste prime riflessioni emerge chiaramente come alla prima domanda che ci si è posti riguardo a che cosa si intende con il termine bisogno, se ne possono associare molte altre ad essa naturalmente correlate: quali sono i soggetti di bisogno? Quando incide la percezione dei singoli soggetti rispetto una possibile mancanza? Come si fa quando i bisogni non sono facilmente supplibili? E possibile rispondere ad un bisogno in maniera definitiva? Perché individui e collettività vengono a trovarsi nel bisogno? Per rispondere a questi interrogativi ci vengono in aiuto diverse teorie che, soprattutto in epoca contemporanea, con lo sviluppo degli studi sulla società (dai funzionalisti ai conflittualisti) e sull individuo (v. interazionismo simbolico) piuttosto che sulla percezione individuale (cfr. gli sviluppi della psicologia sociale), hanno messo in luce da diversi punti di vista il termine, soffermando di volta in volta l attenzione su prospettive differenti ma pur sempre complementari. Inoltre, nell approfondire l analisi riguardo tale concetto, risultano interessanti anche le riflessioni teoriche sviluppatesi nello specifico del lavoro sociale, da sempre professione che all analisi del bisogno (inteso come percezione, condizione, necessità) ha rivolto un attenzione primaria nell incominciare percorsi d aiuto alla persona. Come scrive Maria Dal Pra Ponticelli «il termine bisogno risulta di difficile concettualizzazione in quanto è stato analizzato in diversi contesti disciplinari, con esiti generici e complessi nello stesso tempo. Il suo significato più elementare è quello di natura bio-fisiologica che lo riferisce ai bisogni organici fondamentali della persona (nutrizione, sopravvivenza, riproduzione, ecc.)» 5. 5 Maria Dal Pra Ponticelli (a cura di), Dizionario di servizio sociale, ed. Carrocci Faber, Roma,

9 1.2 Teorie dei bisogni in epoca contemporanea: i contributi della sociologia Il Funzionalismo Nel campo della sociologia, tra i sociologi più autorevoli che hanno studiato il concetto di bisogno prima che il moderno approccio funzionalista si costituisse come tale, possiamo ricordare Comte, Spencer e Pareto. Ad ognuno di essi si deve la definizione di bisogno, in relazione all analisi della società, secondo un determinato punto di vista. In particolare, Auguste Comte ( ), a partire dai suoi studi nel campo della biologia, paragonò l organismo umano alla società: evidenziando come le parti del corpo umano siano strettamente connesse tra loro e collaborino in maniera funzionale, Comte osservò come, allo stesso modo, dovrebbe avvenire tra le parti costituenti una società. Comte si era reso conto, infatti, del bisogno emergente d equilibrio omeostatico che le società dell epoca avevano e, grazie a questi studi, definì, quindi, uno dei principi fondamentali che, in seguito, avrebbero guidato l approccio funzionalista: «la sociologia statica deve avere come oggetto permanente lo studio positivo [ ] delle azioni e reazioni reciproche che esercitano continuamente le une sulle altre tutte le diverse parti del sistema sociale» 6. Secondo l autore, quindi, il bisogno d equilibrio all interno di una società è funzionale al miglioramento della società stessa: laddove avvenisse una perdita d armonia tra le parti, il sistema sociale si troverebbe in una condizione patologica che dovrebbe spingerlo, appunto, verso la ricerca di una certa qual stabilità. Successivamente, si deve ad Herbert Spencer ( ) l analisi del concetto di bisogno da una parte dal punto di vista del singolo individuo, dall altra dal punto di vista della differenziazione sociale. Per quanto riguarda il primo punto, l autore si concentrò sul bisogno dell individuo di andare alla ricerca della felicità e di trovare il modo per accrescerla; mentre per quanto concerne la società studiò l intrinseca necessità che le sue parti hanno di differenziarsi l una dall altra. Esse, in questo senso, hanno, perciò, bisogno d essere interdipendenti e interrelate 7. Infine, come ulteriore precursore dell approccio funzionalista è da ricordare Vilfredo Pareto ( ) che ha interpretato il concetto di bisogno come la necessità di una società di avere al suo interno un certo equilibrio dinamico, funzionale all insediamento dell armonia nel sistema sociale. Egli, come Comte, usufruì dei suoi studi in campo biologico per descrivere il funzionamento di una società, riscontrando come gli individui, che di essa fanno parte, possano essere paragonati alle molecole di un organismo, le quali hanno bisogno di un buon equilibrio omeostatico per il funzionamento efficace dell organismo stesso 8. Come si può evincere dalle riflessioni riportate sino ad ora, questi sociologi, al fine di studiare i bisogni e le necessità degli individui all interno delle società nelle quali vivevano, prendendo le mosse dagli studi effettuati in biologia, hanno sottolineato come il funzionamento ottimale di un qualsiasi tipo di organismo-sistema è dato dall interconnessione armonica delle parti che lo costituiscono. 9 In conformità a queste prime concettualizzazioni, autori quali Emile Durkheim ( ), Talcott Parsons ( ) e Robert King Merton (1910) hanno delineato l approccio funzionalista. 6 Ruth A. Wallace, Alison Wolf, La teoria sociologica contemporanea, ed. Il Mulino, Bologna, 2000, p ibidem 8 ibidem 9 cfr. Dal Pra Ponticelli, Dizionario di servizio sociale, cit. 9

10 In particolare, è ad Emile Durkheim che si deve l introduzione, nello studio della società, di concetti fondamentali quali quelli d integrazione sociale, di solidarietà organica e d anomia, che effettivamente sono stati collegati al concetto di bisogno poiché spiegano la necessità, insita nell individuo che vive all interno della società moderna, d integrazione e di sentirsi parte di un tutto. Durkheim fu il primo sociologo a chiarire in maniera scientifica l impostazione funzionale nell osservazione dei fenomeni sociali: «Quando ci si accinge a spiegare un fenomeno sociale, bisogna dunque ricercare separatamente la causa efficiente che lo produce e la funzione che esso assolve. Ci serviamo del termine funzione preferendo ai termini scopo o fine, proprio perché i fenomeni sociali generalmente non esistono in vista dei risultati utili che producono. Ciò che dobbiamo determinare è se sussiste una corrispondenza, tra il fatto considerato e i bisogni generali dell organismo sociale e in che cosa consista questa corrispondenza, senza preoccuparsi di sapere se essa sia stata intenzionale o meno. La determinazione della funzione [ ] non cessa però d essere necessaria perché la spiegazione del fenomeno sia completa [ ]. Per spiegare un fatto di ordine vitale, non basta indicare la causa dalla quale dipende, ma occorre anche, nella maggior parte dei casi, trovare la parte che gli spetta nell attuazione dell armonia generale» 10. Nella sua opera La divisione del lavoro sociale Durkheim studiò le funzioni della divisione del lavoro e quali bisogni sociali essa soddisfa. Di fatto, secondo l autore, nella società moderna, l individuo, in seguito ad una sempre maggiore divisione del lavoro, si trova in una condizione esistenziale di forte individualismo. Le relazioni sociali non sono più quelle caratteristiche delle società tribali dove l aggregazione e la solidarietà erano funzionali alla sopravvivenza della comunità stessa. Nell epoca moderna, le società sono caratterizzate da una condizione estesa di anomia, definita dall autore come la mancanza, all interno della società, di regole, norme e leggi. Nell individuo moderno sorge, perciò, un forte bisogno sociale di integrazione e regolazione. Infatti, la coesione sociale fornisce quello stato psicologico di sicurezza e sostegno di cui l uomo moderno ha forte necessità 11. In questo contesto, s inserisce una delle opere più importanti dell autore Il suicidio nella quale questo fenomeno viene descritto come conseguenza dell anomia che pervade le società moderne 12. Secondo Durkheim, per far sì che l individualismo diminuisca e con esso i bisogni di integrazione dei singoli, è necessario mantenere vivi sentimenti e valori condivisi all interno della collettività 13. In questo senso, secondo l autore, la religione, è sempre stata, per gli individui, una forza unificante, aggregante e anti-individualistica. Purtroppo, però, l uomo moderno, completamente preso dalla frenesia della società industriale, se ne è fortemente distaccato, perdendo così una grande fonte di sostegno morale, psicologico e sociale. Per riprendere il pensiero dell autore: «[ ] la coscienza collettiva è la forma più alta della vita psichica, poiché è una coscienza di coscienze. Collocata al di fuori e al di sopra delle contingenze individuali e locali, essa considera le cose nel suo aspetto permanente e essenziale e lo fissa in nozioni comunicabili [ ]» 14. I successori illustri di Emile Durkheim sono stati i sociologi Talcott Parsons e Robert Merton. Il primo, influenzato particolarmente dagli studi biologici sull organismo, considerò i sistemi composti da parti interconnesse che agivano in maniera funzionale. Il secondo, invece, fece un passo in avanti nell analisi dei sistemi, evidenziando come vi siano all interno di essi anche delle disfunzioni e, cioè, fatti sociali che diminuiscono la funzionalità generale della società. Nel particolare, l analisi portata avanti dal sociologo Talcott Parsons si focalizzò sullo studio della società che, per l autore, era composta da quattro sistemi: quello sociale, quello culturale, quello 10 Lewis A.Coser, I maestri del pensiero sociologico, ed. Il Mulino, 1997, p cfr. Émile Durkheim, La divisione del lavoro sociale, ed. Comunità, Milano, 1971, p. 144 cit. in Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit. 12 cfr. Émile Durkheim, Il suicidio, ed. UTET, Torino, 1969 in Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit. 13 cfr. Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit., p

11 della personalità e l organismo comportamentale. E a partire da questa analisi che l autore propone la teoria generale secondo la quale, all interno di tali sistemi, attraverso i processi di socializzazione, l individuo cresce e matura. E in tale contesto che, infatti, vengono condivisi valori importanti che sono funzionali all evoluzione della collettività. Il continuo bisogno di ricerca dell equilibrio tra questi sistemi porta a far muovere la società verso la solidarietà e l integrazione 15. Nel momento in cui una parte del sistema muta, allora, di conseguenza, anche le altre mutano per ripristinare un dialogo funzionale alla sopravvivenza della società stessa. Nello specifico, Parsons individua quattro bisogni fondamentali che tutti i sistemi d azione hanno: l adattamento, l integrazione, il raggiungimento dei fini e il mantenimento della struttura. Tra questi bisogni deve esistere, secondo l autore, un equilibrio omeostatico che permetta il funzionamento del sistema integrato. Nella sua opera La struttura dell azione sociale, Parsons individua alcuni punti fondamentali per la sua teoria: «attori capaci di sforzi volontari e, soprattutto, non meri corpi che reagiscono a stimoli esterni; fini che questi attori vogliono raggiungere; scelte tra mezzi alternativi di cui gli attori si servono per i loro scopi; costrizioni derivanti dalla situazione e dovute alle condizioni biologiche ed ambientali, le quali tutte insieme pongono limiti alla scelta dei mezzi e al raggiungimento dei fini; complessi di norme e valori che dirigono le scelte dei mezzi e dei fini da parte degli attori» 16. A Parsons si deve inoltre l analisi del concetto di bisogno in relazione al singolo individuo il quale, secondo l autore, nel raggiungere determinati scopi nella vita dimostra una tensione continua verso la gratificazione. In questo modo, l autore evidenzia appunto, il bisogno, insito nell individuo, di essere gratificato all interno dei sistemi di cui fa parte e, contemporaneamente, l estrema difficoltà nel dover sottostare alle condizioni dei sistemi stessi. In conclusione, si può dire, quindi, che Parsons considera i bisogni dell individuo ed i bisogni sociali come funzionali per attivare la ricerca dell equilibrio all interno della società 17. Come accennato in precedenza, secondo successore d Emile Durkheim è stato Robert Merton. Questi mise in luce, all interno della società, l esistenza di disfunzioni innate e le origini strutturali del disordine ed osservò le naturali divergenze che si formano all interno della collettività perché composta d individui che si trovano ad essere protagonisti di status, ruoli e posizioni nettamente differenti a livello sociale. Perciò, i bisogni di tali individui si differenziano notevolmente perché nascono da condizioni diverse, spesso non paragonabili. La società non può essere, quindi, vista come unificata e integrata in un tutto equilibrato. In questo senso, secondo Merton, bisognerebbe chiedersi per chi è funzionale un determinato processo e per chi, invece, è disfunzionale, essendo le parti di un sistema connaturalmente diverse. A riguardo, un esempio che l autore riporta riguarda la Per esempio, basti pensare alla macchina politica e al suo bisogno d affermazione personale. Quest ultimo per chi sarà funzionale: per i componenti della macchina politica, per la stessa società o per entrambi? Secondo Merton non esiste, perciò, un unica struttura sociale funzionale ed equilibrata che muove da bisogni standard, bensì esistono delle alternative funzionali che si adattano ai diversi sistemi esistenti all interno di una società 18. Inoltre, nello studio della società americana, l autore osserva come essa sia fortemente orientata verso l ottenimento del potere economico. La produzione ed il denaro divengono i fini principali perseguiti dalla collettività. Tuttavia, una parte di essa non possiede le risorse necessarie per stare al passo con i tempi e, perciò, si discosta dalla maggioranza. Si creano, così, situazioni di disagio sociale che portano all interno del sistema sociale un peso non da poco: forme di devianza di diverso genere collocate solitamente all interno delle classi più basse della società cfr. Talcott Parsons, La struttura dell azione sociale, ed. il Mulino, Bologna, 1986 in Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit. 16 Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit., p cfr. Talcott Parsons, Il sistema sociale, ed. Comunità, Milano, in Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit. 18 cfr. R.K. Merton, Teoria e struttura sociale, ed. il Mulino, Bologna, 1992 in ibidem 19 cfr. Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p

12 In conclusione, possiamo notare come i teorici del funzionalismo basino i loro studi sulla definizione comune per cui ogni sistema costituente della società ha in sé determinati bisogni che, se soddisfatti, portano al funzionamento equilibrato della società stessa. Questi teorici individuano principalmente tre concetti fondamentali: 1. la condizione generale d equilibrio omeostatico, che è funzionale alla sopravvivenza del sistema; 2. la forte interconnessione tra le parti; 3. la riorganizzazione del sistema, mossa dal bisogno di ripristinare l armonia quand essa rischia di essere minacciata 20. La teoria del conflitto A differenza dei teorici del funzionalismo, i teorici del conflitto, nell analisi della società, non ragionano in termini d unicità e d integrazione, bensì si concentrano sulla forte conflittualità che pervade i vari sistemi della società stessa, notando come non vi sia un dialogo costruttivo per lo stabilizzarsi delle condizioni di equilibrio omeostatico. I conflittualisti pongono l accento sulle divisioni e sulle distanze marcate tra le varie parti del sistema sociale dovute all obiettivo fondamentale, delle parti stesse, di soddisfare i propri particolari bisogni e di raggiungere gli scopi prefissati per il miglioramento della propria condizione di vita. A riguardo, un utile paragone che può essere qui riportato, è quello tra Durkheim (esponente dell approccio funzionalista) e Marx (esponente della teoria del conflitto): il primo parla di anomia definendola come la mancanza di un sistema regolamentativo e normativo efficace all interno della società; il secondo parla, invece, di alienazione dell individuo, causata dalla troppa pressione che il sistema attua sulla libertà di questo. Di fatto, quindi, Durkheim pensa che l individuo moderno abbia un forte bisogno di essere guidato da un sistema normativo adeguato, mentre Marx ritiene che egli abbia bisogno di una maggiore libertà dalle regole e dalla costrizione sociale 21. L approccio marxista pone l accento sulla visione di una società libera dai bisogni, considerati come fortemente limitanti la libertà personale. Esistono, secondo Marx, due tipologie di bisogni fondamentali: quella dei bisogni naturali e quella dei bisogni determinati. I primi riguardano le necessità prettamente fisiche; i secondi, invece, corrispondono ai bisogni sociali e spirituali. Nell opera Manoscritti economico-filosofici, Marx scrive: «l uomo produce anche libero dal bisogno fisico, e produce veramente soltanto quando è libero da esso» 22 ; inoltre, spiega che «è la società borghese che subordina i sensi umani ai rozzi, pratici bisogni» 23 e questa condizione rende schiavi gli individui. Gli unici bisogni funzionali alla piena realizzazione dell individuo sono, invece, quelli radicali, che lo portano ad un pieno sviluppo della propria persona. Perciò Marx vede necessaria la realizzazione di una società comunista, che liberi gli individui dall ideologia capitalista, per la quale, invece, l individuo sarà realizzato se vengono soddisfatti i meri bisogni di autoconservazione e di produzione. Egli desidera fortemente che gli individui si emancipino e inseguano i loro obiettivi liberi dagli schemi della costrizione sociale e dalle pressioni poste dalla ricerca del potere che i grandi capi hanno 24. In questo senso, l autore muove una forte critica alle èlite del potere evidenziando come i loro interessi di base potere e produzione vengono imposti alla società intera facendo credere che i vantaggi che saranno determinati dalla collaborazione di tutti, saranno per tutti. Gli interessi di 20 cfr. Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p cfr. Karl Marx, Per la critica dell economia politica, Editori Riuniti, Roma, Ágnes Heller, La teoria dei bisogni in Marx, ed. Feltrinelli, Milano, ibidem 24 cfr. Karl Marx, F. Engels, Il manifesto del partito comunista, ed. Einaudi, Torino,

13 classe, perciò, sono estesi all intera collettività sotto le sembianze di una ricchezza comune che deriva dal lavoro della collettività stessa. Si evince, in realtà, che i singoli individui all interno della società non hanno accesso a molti diritti, poiché, subdolamente, questi sono negati dalle classi dirigenti, fatto che determina un forte bisogno d accesso alle risorse usurpate da chi ha il potere. Inoltre, Marx parla di bisogni di lusso ritenendo che «sia la produzione a decidere sul contenuto concreto dei bisogni necessari: quanto maggiore è la forza-lavoro impiegata nella fabbricazione di un articolo, tanto più esso si avvicina al gruppo dei prodotti di lusso» 25. Prodotti di lusso ai quali, ovviamente, la classe operaia non ha mai accesso, se non durante la lavorazione degli stessi per la classe dominante. Perciò, nella visione di Marx, solo la società dei produttori associati potrà portare un nuovo modus vivendi per il quale non si parlerà più di bisogni-beni necessari né, a maggior ragione, di beni di lusso, bensì, si parlerà di liberi bisogni individuali 26. Prendono le mosse dalla visione marxista, altri teorici europei quali Vilfredo Pareto ( ), Gaetano Mosca ( ) e Robert Michels ( ) hanno elaborato un ulteriore teoria sociologica, la teoria delle èlite. Essi sostengono che le classi dirigenti o èlite di una società condividono fondamentalmente la stessa cultura e gli stessi valori e status che gli permettono di soddisfare i propri bisogni e di coltivare i loro interessi. Di fatto, Pareto descrive le forze politiche come èlite governative che hanno il pieno dominio su tutti i livelli del sistema sociale. Successivamente, Mosca concentra i suoi studi sulle forze politiche considerandole --- dominanti all interno della società: egli, infatti, studia la continua lotta che si verifica tra classe dominante e classe operaia, dove la seconda, inevitabilmente, si trova in una condizione subordinata rispetto alla prima. Infine, anche Michels parla di legge ferrea dell oligarchia spiegando come gli individui si aggregano in gruppi e, grazie alla loro forte autorità, si mettono alla guida di partiti politici per raggiungere i propri fini personali 27. Successivi studi sul concetto di bisogno sono stati introdotti dalla Scuola di Francoforte. I teorici che ne fanno parte sono molto interessati a trovare un punto di contatto tra la visione marxista e quella derivante dagli studi della psicanalisi, studi che in quegli anni stavano prendendo piede. Tra i maggiori esponenti della psicoanalisi è da ricordare Erich Fromm ( ). Una tesi molto importante portata avanti da questo sociologo è quella per cui, sia alle classi dirigenti di una società sia a quella dei lavoratori-operai, vengono negati bisogni fondamentali dell uomo, quali quelli di esprimersi liberamente nella sua individualità e creatività, in quanto costrette dagli schemi culturali e sociali. Si tratta, secondo l autore, di un fenomeno d alienazione che pervade l intera collettività, negando al singolo individuo la possibilità di mostrare il proprio vero sé. Fromm, inoltre, sottolinea come un male più grande è il fatto che l uomo contemporaneo ha, fondamentalmente, già tutto, e, spesso, tutto facilmente accessibile. Infatti, egli dichiara: «l uomo moderno ha tutto: una macchina, una casa, un lavoro, dei figli, un matrimonio, dei problemi, delle soddisfazioni [ ], ma non è nulla. Non ci sono scorciatoie psicologiche per risolvere la crisi d identità, eccetto la fondamentale trasformazione dell uomo alienato in uomo vivente» 28. Un altro autore significativo, che riprende i concetti presentati da Erich Fromm, è C. Wright Mills ( ). Secondo questo autore, l uomo moderno ha a disposizione tutto ciò che gli serve, ma è invaso da una crisi psicologica dovuta all alienazione del lavoratore che non possiede (e, quindi non gode) ciò che fa. Infatti, i lavoratori aiutano a produrre ricchezza per chi, successivamente, ne godrà, mentre ad essi resta molto poco. L uomo, perciò, non è più uomo che persegue le proprie finalità, ma diviene parte integrante dei mezzi di produzione. Inglobato dal 25 cfr. Heller, La teoria dei bisogni in Marx, cit. 26 cfr. ivi, p cfr. Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p ivi, p

14 sistema, non segue più i propri riferimenti personali per condurre la sua vita, bensì quelli imposti dal sistema stesso. I suoi bisogni, perciò, sono negati perché considerato al pari di una macchina 29. In questo senso, vengono quindi ripresi i concetti già presentati dagli altri teorici del conflitto e dai teorici delle èlite, evidenziando come per esse sia di estrema importanza il raggiungimento dei fini economico-produttivi anche a discapito delle persone che vi lavorano per il loro ottenimento. L interazionismo simbolico «Gli interazionisti simbolici tendono a concettualizzare l interazione umana e la società in termini d adattamenti e riadattamenti strategici di giocatori nel corso di una partita. Pur riconoscendo che i giochi hanno regole, gli interazionisti simbolici tendono a occuparsi di come i giocatori interagiscono e, a seconda della loro interazione, di come creano, mantengono e mutano le regole del gioco» 30. E quindi l interazione umana l oggetto fondamentale di studio per i sociologi dell interazionismo simbolico, dal momento che essa muove le dinamiche che vengono a svilupparsi all interno della collettività. Per questo, per studiare, osservare e comprendere quest ultima è necessario, appunto, che il sociologo si interessi fortemente dei bisogni personali e sociali che fanno nascere l interazione tra le persone. Il sociologo interazionista va oltre lo studio delle regole e norme che un individuo deve interiorizzare per vivere all interno della società e si concentra sull analisi dei processi d interazione che si sviluppano all interno di essa e che sono funzionali alla crescita dell individuo stesso. Di fatto, l interazionismo simbolico si distanzia notevolmente dagli approcci analizzati sino ad ora poiché si concentra principalmente sull individuo e sulla partita che egli gioca, piuttosto che sulle strutture e sui sistemi che formano la società. E, infatti, d estrema importanza, per i sociologi dell approccio interazionista, l osservazione delle peculiarità e dei bisogni più intimi di ogni individuo, che si differenziano estremamente da quelli di un altro e che, per tale motivo, determinano dinamiche di interazione molto estese. Gli scambi sociali che ne conseguono sono, quindi, la chiave per lo studio della società stessa 31. Gli individui, perciò, da tale approccio non sono visti come macchine-automi condotti e guidati da forze sovrastrutturali, bensì, come artefici attivi 32 della propria vita. Essi hanno un Sé che li guida nelle proprie scelte e nella soddisfazione dei propri bisogni che non sono unicamente indotti dalla società, ma che nascono dalla propria particolare realtà vitale. L approccio dell interazionismo simbolico differisce in maniera netta da quelli funzionalista e conflittuale che vedono i bisogni come conseguenti alla mancanza o, al contrario, all eccessiva presenza di norme e regole societarie. Esso presuppone che i bisogni emergano dall individualità di ciascuno e dal suo personale modus vivendi. Come ci spiega Blumer in Man and Society, il punto focale dell approccio interazionista è il seguente: «un insieme di simboli e di conoscenze comuni ai membri di un gruppo» 33. Nell ambiente di vita di ciascun individuo esistono simboli e conoscenze che vanno, appunto, a formare un sistema simbolico in cui la persona può crescere e maturare; in seguito, tutte queste realtà vengono fatte proprie dall individuo stesso e da esso trasformate e utilizzate in base ai propri bisogni e finalità. 29 cfr. C. W. Mills, L élite del potere, ed. Feltrinelli, Milano, J.H.Turner The structure of Sociological Theory, Homewood (III), Dorsey, 1974 cit. in Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit., p cfr. Merton, Teoria e struttura sociale, cit. in Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit. 32 Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p ibidem 14

15 George Herbert Mead ( ) è uno degli esponenti maggiori dell interazionismo simbolico. E proprio grazie alle concettualizzazioni proposte da quest autore che emerge fortemente il concetto (presentato poco sopra) per cui il Sé dell individuo è quella guida interna che lo conduce a fare le sue scelte e ad andare alla ricerca della soddisfazione dei bisogni personali, sociali e relazionali che egli ha. L individuo non è, perciò, succube del sistema sociale e dei processi dinamici che caratterizzano quest ultimo, bensì attore attivo e creativo, che attraverso l interazione con il proprio Sé organizza le sue azioni 34. Il Sé è caratterizzato da due fasi, l Io e il Me: il primo è la parte spontanea, vitale e creativa che abita e anima ciascun individuo alla ricerca di soluzioni soddisfacenti ai propri problemi-bisogni, mentre il secondo è la parte socializzata che si viene a formare poiché l individuo cresce all interno del sistema sociale dove vi sono regole e norme. Ecco, allora, che Mead individua come fondamentale l interazione con il proprio Sé in quanto questa permette all individuo di conoscere se stesso e, allo stesso tempo, gli altri, definendo, quindi, modalità di comunicazione che gli permettono di vivere nel mondo sociale nel rispetto dei propri particolari bisogni e alla luce delle reali possibilità di soddisfazione che la realtà sociale consente. Mead individua, perciò, grazie ai suoi studi, un bisogno di comunicazione con se stessi che spinge l individuo ad organizzare le proprie azioni tenendo, però, in considerazione l altro. In questo senso, lo studioso parla di altro generalizzato per evidenziare come l individuo deve considerare gli atteggiamenti e le azioni altrui assumendone i ruoli, ovvero, mettendosi nei loro panni. Infatti, quando gli individui «condividono interpretazioni simboliche agiscono in modo per loro significativo: parlano la stessa lingua o guardano attraverso le stesse lenti» 35. All interno di ogni società esiste quindi, tra gli individui, un bisogno tangibile di comprendersi gli uni gli altri e tale bisogno viene soddisfatto attraverso una rete comunicativa caratterizzata da simboli condivisi. Il Sé maturo e adulto, che sa considerare l altro, permette all individuo di integrarsi all interno della comunità in cui vive in maniera stabile. Un altro importante esponente dell approccio interazionista è Herbert Blumer ( ). Blumer si concentra sullo studio dell interpretazione che ogni individuo fa durante il processo di stimolo-risposta. L autore spiega che gli individui non rispondono istintivamente agli stimoli, bensì fanno un passaggio fondamentale che è quello di interpretare gli stimoli ed i gesti: «ogni cosa di cui un essere umano è consapevole è qualcosa che egli indica a se stesso: il ticchettio di un orologio, il bussare alla porta, l apparire di un amico, l osservazione fatta da un compagno, la cognizione di aver freddo [ ]. Indicare qualcosa significa estrapolarla dal suo ambiente, considerarla a parte, darle un significato [ ]. In ogni atto di poco conto, dai minori, come il vestirsi, ai maggiori, come l organizzarsi in vista di una carriera professionale, l individuo propone a se stesso diversi oggetti, attribuisce loro un significato, ne giudica l appropriatezza rispetto all azione e prende decisioni in base a tale giudizio. Questo è ciò che si intende per interpretazione o per agire in base a simboli» 36. Secondo l autore vi sono tre principi fondamentali nell interazionismo simbolico 37 : 1. Gli esseri umani agiscono nei confronti delle cose in base ai significati che esse possiedono per loro. Vi è un bisogno fondamentale in ciascun individuo di mettersi in grado di agire rispetto alle cose e, perciò, essere pronto e preparato ad affrontare le situazioni che la vita gli presenta. A determinate azioni, piuttosto che ad altre, egli darà certamente maggior importanza in base al significato che gli attribuirà. 2. Il significato delle cose emerge dall interazione sociale che ciascun individuo ha con gli altri. I significati che gli individui danno alle cose sono prodotti della società di cui la 34 cfr. G. H. Mead, Mente, sé e società, ed. Giunti, Firenze, in Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit. 35 ivi, pag ivi, pag cfr. ivi, pag

16 società stessa ha bisogno per definire una comunicazione continua. Questo processo avviene attraverso l interazione simbolica. I simboli cambiano da cultura a cultura. 3. I significati delle cose vengono gestiti e modificati attraverso un processo interpretativo utilizzato dalle persone nell affrontare le cose in cui si imbattono. Attraverso l interazione con il proprio Sé l individuo interpreta e comprende le situazioni in cui s imbatte. «L interazione sociale è ovviamente un interazione tra persone e non tra ruoli; i bisogni di coloro che vi partecipano sono quelli di interpretare e trattare quanto si trovano ad affrontare per esempio l argomento di una conversazione, o un problema e non quelli di esprimere il proprio ruolo[ ]» 38. Erving Goffman ( ), ulteriore esponente dell approccio interazionista, si concentra sullo studio e sull osservazione della vita quotidiana di uomini e donne, nel tentativo di comprendere come essi interagiscono tra loro. L autore crea un parallelismo tra la vita di tutti i giorni ed una rappresentazione teatrale: secondo Goffman è come se, alla stregua degli attori, tutti gli individui, nel loro quotidiano, interpretassero vari ruoli. Goffman individua il bisogno degli individui di doversi rappresentare e presentare agli altri con atteggiamenti costruiti, con delle maschere che permettono loro di integrarsi perfettamente ed essere accettati all interno della società. Per fare ciò, gli individui utilizzano quello che l autore definisce il controllo delle impressioni e, vale a dire, l arte con cui ognuno gestisce e controlla le impressioni altrui. Esse sono pilotate dall attore che si rappresenta come gli altri vorrebbero fosse; come durante una scena teatrale dove ogni personaggio-attore segue un copione che gli consente di essere accettato e gradito dal pubblico. Solo nel retroscena, lontano invece dal pubblico, l attoreindividuo non ha più bisogno di rappresentarsi in una maniera costruita e può togliere le maschere ritornando ad essere finalmente se stesso. Perché, quindi, gli individui recitano? Alla base vi è un forte bisogno di essere stimati e apprezzati. Perciò, secondo Goffman, gli individui si modellano in base alle aspettative che gli altri hanno su di loro, atteggiamento che gli permette, allo stesso tempo, di soddisfare le narcisistiche esigenze del proprio Sé 39. La fenomenologia L approccio fenomenologico analizza i fenomeni dal punto di vista della percezione che gli individui ne hanno nell immediato. Scriveva Carl Rogers: «il comportamento è tipicamente il tentativo finalizzato dell organismo di soddisfare i propri bisogni così come vengono esperiti, all interno del proprio campo di percezioni» 40. I principali studiosi dell approccio fenomenologico asseriscono che la realtà è costruita socialmente e, attraverso il processo di socializzazione, gli individui apprendono norme e valori. Il vivere quotidiano è caratterizzato da un susseguirsi di azioni che nel corso del tempo vengono date per scontate. In questo senso, la fenomenologia suggerisce di andare oltre i sistemi appresi, studiando e osservando come il mondo funzioni oltre a questi. Essa spiega che non c è verità più grande di quella che è esperita attraverso i sensi ed è per questo motivo che i sociologi 38 ivi, pag cfr. Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, ed. il Mulino, Bologna, in Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit 40 Carl Rogers, La terapia centrata sul cliente, Martinelli, Firenze, 1970 cit. in Walter Mischel, Lo studio della personalità, ed. il Mulino, Bologna, 1996, p

17 dell approccio fenomenologico hanno il compito di capire come gli individui vivono realmente oltre a ciò che hanno acquisito e appreso. L essere umano è potenzialmente il miglior conoscitore di se stesso e tende alla soddisfazione dei propri bisogni all interno del suo mondo vitale. Il bisogno, dal punto di vista fenomenologico, è inteso come la mancanza dell essere umano di una comunicazione vera e ricca con gli altri individui della collettività di cui fa parte, oltre alla necessità di essere accettato e rispettato. Vi è, perciò, un bisogno universale di considerazione positiva e di realizzazione all interno dei propri mondi vitali (familiare, lavorativo, sociale ecc.) 41. Jurgen Habermas (1929), nella sua opera Teoria dell agire comunicativo, evidenzia come sono state fondamentali le percezioni dell individuo nel mantenere o realizzare il cambiamento sociale. L autore propone la sua teoria sull evoluzione sociale dal punto di vista degli individui stessi, ovvero dal punto di vista di come essi esperiscono il cambiamento. Come all interno dell approccio interazionista, così anche in quello fenomenologico è di fondamentale importanza il sistema comunicativo che permette di intessere relazioni tra mondi vitali diversi. Tale espressione è stata coniata dal filosofo Edmund Husserl ( ) intendendo con esso i diversi livelli di coscienza di cui ogni soggetto è portatore, e che formano e guidano le percezioni individuali rispetto alla realtà. Essa è stata, inoltre, ripresa, in particolare, dal sociologo Habermas che vede il mondo vitale come base per l agire comunicativo. Egli asserisce che l agire comunicativo «non è un processo teso alla comprensione; [ ] gli attori stanno prendendo parte allo stesso tempo in forme d interazione attraverso le quali sviluppano, rafforzano e rinnovano la loro appartenenza ai gruppi sociali e le loro identità. Le azioni comunicative non sono solo processi d interpretazione in cui la conoscenza culturale è provata contro il mondo ; sono allo stesso tempo processi di socializzazione e di integrazione sociale» 42. Secondo l autore, l evoluzione sociale è il risultato delle crisi che si creano dall incontro e dall interazione tra i mondi vitali soggettivi e i sistemi sociali. Attraverso questi momenti di cambiamento si sviluppano, grazie alle idee e alle coscienze degli individui stessi, nuove prospettive di vita. Harold Garfinkel (1917), anch egli esponente dell approccio fenomenologico, presenta una nuova scienza che è quella dell etnometodologia che vuole significare: «i metodi che la gente adotta per dare senso al suo mondo sociale» 43. L autore individua il bisogno dell essere umano di dare un senso ed un significato a ciò che accade nella vita di tutti i giorni. Gli individui, inoltre, sentono la necessità di vivere all interno di un sistema ordinato dove è facile muoversi. E da questo bisogno che nasce l abitudinarietà o routine che consente di gestire in maniera semplice ed immediata le attività di tutti i giorni. Laddove accada un imprevisto, gli individui hanno la tendenza ad andare alla ricerca di una spiegazione da dargli. La costruzione di un mondo sociale ordinato muove da un radicale bisogno di sicurezza. L interesse principale, perciò, dell etnometodologia è quello di osservare i processi grazie ai quali gli esseri umani interagiscono e vivono secondo norme e valori prestabiliti, secondo attività quotidiane convenute. Altro studioso fenomenologico è Peter Berger (1929). Nell opera La realtà come costruzione sociale, gli autori Berger e Luckmann si concentrano sullo studio della costruzione della realtà che gli individui quotidianamente fanno attraverso i significati condivisi che essi danno ai fenomeni: «i mondi sono costruiti e mantenuti in piedi socialmente. La loro realtà continua, sia oggettiva (come scontata e comune fattualità) sia soggettiva (come fattualità che si impone sulla coscienza individuale), dipende da specifici processi sociali, cioè da quei processi che ricostruiscono e mantengono in vita i mondi in questione. Al contrario, l interruzione di questi 41 cfr. Dal Pra Ponticelli (a cura di), Dizionario di servizio sociale, cit. 42 Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p ivi, p

18 processi mina la realtà (soggettiva e oggettiva) e i mondi ad essa collegati. Pertanto ogni mondo ha bisogno di un larga base sociale per continuare a essere reale per gli esseri umani» 44. Secondo Berger, nel momento in cui gli individui non parlano più attraverso un sistema comunicativo comune e significati condivisi, si può parlare di alienazione, intesa, appunto, come perdita di significato. In conclusione, quindi, quello che emerge dalle riflessioni di questi autori è il fatto che il termine bisogno diviene una realtà molto legata al presente e alle percezioni di ogni individuo. «Perciò, la propria realizzazione in quanto esseri umani richiede qualcosa di più della semplice soddisfazione dei bisogni biologici e sessuali e degli istinti aggressivi» 45. Le teorie della scelta razionale Secondo i teorici della scelta razionale, gli individui agiscono in maniera fondamentalmente razionale e basano le loro scelte sulla ricerca dei mezzi che saranno più efficaci per raggiungere i loro scopi e per soddisfare, di conseguenza, i propri bisogni 46. In un mondo dove le risorse scarseggiano, l essere umano deve sapersi muovere al meglio per raggiungere ciò che gli interessa e ciò di cui ha bisogno a livello personale, economico, lavorativo e sociale. L interazione tra gli individui all interno della collettività diviene, perciò, funzionale al raggiungimento di ciò che ad essi manca. Le teorie dello scambio, che fanno appunto parte di quelle della scelta razionale, definiscono proprio il fatto che se gli esseri umani interagiscono è unicamente perché hanno bisogno di qualcosa, sia esso l affetto o il denaro, il tempo o lo spazio, ecc. Lo scambio diviene il motivo principale di connessione e di interazione tra gli individui. I teorici dello scambio «concepiscono l interazione sociale come scambio di beni tangibili, intangibili e di servizi, con un raggio che va dai bisogni primari all approvazione sociale e alla simpatia» 47. Gli esponenti più illustri di queste teorie sono George Homans ( ) e Peter Blau (1918). George Homans è il sociologo che si è occupato di studiare il comportamento sociale elementare, intendendo, con questa espressione, il comportamento degli esseri umani che si ripete intenzionalmente o meno. In questo senso, l autore ha delineato i principi-base che guidano l azione umana: Il principio del successo: quanto più l azione dell individuo è stimata, apprezzata e anche ricompensata, tanto più è probabile che la persona la ricompia. Alla base di questo principio vi è un bisogno da parte dell individuo di avere successo ed essere stimato ed apprezzato dalla collettività di cui fa parte. Il principio dello stimolo: se un determinato stimolo ha messo in moto determinate risposte (azioni) dell individuo, i successivi stimoli simili porteranno ad azioni simili. Il principio del valore: le persone agiscono in base ai valori che attribuiscono alle cose. Vi è un bisogno intrinseco agli individui per il quale più una situazione è giudicata di valore, più crescerà la necessità di agire per essa. Il principio della razionalità: nella scelta tra più azioni, l individuo opta per quella che darà risultati di maggior valore. Alla base di ciò vi è un bisogno di sicurezza. 44 ivi, p Mischel, Lo studio della personalità, cit., p cfr. G. C. Homans, Le forme elementari del comportamento sociale, ed. F. Angeli, Milano, Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit., p

19 Il principio di deprivazione-sazietà: tante più ricompense di un determinato tipo l individuo riceve, tanto più con il tempo acquisiscono valore. Alla base di ciò vi è un bisogno di nuove conferme e ricompense. Il principio di aggressione-approvazione: quando l individuo non ottiene ricompense è possibile che aggredisca; quando, invece, riceve ricompense e approvazione, anche in maggior misura di ciò che pensava, l individuo ne sarà particolarmente compiaciuto ed i suoi risultati gli appariranno maggiormente ricchi di valore. Alla base vi è un bisogno d approvazione; gli individui hanno molto bisogno del consenso altrui, soprattutto, delle persone a cui tengono di più e, perciò, tendono a comportarsi in modo da ottenerlo. Si conformano, infatti, ai desideri altrui in modo da ottenere la loro stima 48. Per Homans, influenzato dal pensiero skinneriano, l agire umano a livello universale è guidato dall interesse individuale e lo scambio sociale è il mezzo attraverso il quale l uomo soddisfa i propri bisogni. In base ai rinforzi, siano essi positivi o negativi, che gli individui si scambiano tra loro all interno della collettività, l essere umano stabilisce il suo comportamento fondamentalmente andando sempre alla ricerca dell approvazione altrui. In questo senso, Homans considera l individuo come un calcolatore razionale delle proprie azioni, alla ricerca della massimizzazione dei propri guadagni, siano essi tangibili o intangibili 49. Anche il sociologo Peter Blau parla di scambio sociale, focalizzandosi soprattutto sull aspetto di socialità, individuando come bisogno, da parte degli individui, la necessità di ricavare benefici dalle azioni che compiono. Secondo l autore, da un lato lo scambio sociale è una modalità che l essere umano utilizza per entrare in relazione con la collettività ed integrarvisi, dall altro, invece, viene utilizzato per la necessità che l individuo ha di controllare ciò che gli sta intorno. In questo senso, per l individuo è di grande importanza l immagine che gli altri hanno di lui e l approvazione che ne deriva, ma allo stesso tempo lo scambio sociale crea fiducia tra le persone e le integra all interno di un gruppo sociale. La coesione sociale è una condizione di cui gli esseri umani hanno gran bisogno sia a livello personale che lavorativo per affrontare la quotidianità; da essa, inoltre, si generano valori condivisi che guidano la società stessa ivi, p Coser, I maestri del pensiero sociologico, cit., p cfr. Peter Blau, Exchange and power in social life, Wiley, New York, 1964 in Wallace, La teoria sociologica contemporanea, cit. 19

20 1.3 Teorie dei bisogni in epoca contemporanea: il contributo della psicologia Anche in psicologia, sebbene sia una scienza relativamente giovane, il concetto di bisogno è stato definito da diverse prospettive a seconda dei filoni di studio e a seconda delle epoche storiche. Sfogliando un qualsiasi manuale di psicologia generale, ci si accorge immediatamente che il concetto di bisogno, il più delle volte, viene trattato nel capitolo dedicato all analisi delle motivazioni, dove viene fatto riferimento soprattutto alla Teoria sui bisogni di Maslow, sebbene non sia certamente l unico studioso ad essersi occupato di questo argomento. Infatti, addentrandosi nello studio di tale concetto, così difficile da definire, è facile imbattersi in una quantità piuttosto vasta di fonti e di psicologi che hanno dedicato molte delle loro ricerche e teorie allo studio e all approfondimento del concetto di bisogno. Ogni ramo della psicologia attribuisce un significato diverso al concetto di bisogno. Ciò viene messo bene in evidenza nel Dizionario di psicologia 51 (che aiuta il lettore a farsi un idea generale della tematica che stiamo esaminando, ma al contempo ci da diverse definizioni a seconda degli autori e del filone scientifico al quale essi appartengono) dove Galimberti definisce il termine bisogno come «uno stato di tensione più o meno intensa dovuto alla mancanza di qualcosa che risponde o a esigenze fisiologiche più o meno impellenti o a esigenze voluttuarie divenute, per abitudine, necessarie, o a esigenze psicologiche avvertite come indispensabili per la realizzazione di sé, o a esigenze sociali apprese dall ambiente» 52. A riguardo, l autore pone il concetto di bisogno in relazione ad altri quattro concetti: quello di incentivo, di pulsione, di desiderio e di motivazione. Ai fini di questo lavoro ci sembra utile prendere in considerazione questi concetti (sui quali torneremo anche nel prossimo paragrafo) perché molto spesso, nel linguaggio comune e talvolta nella pratica professionale, vengono utilizzati in modo interscambiabile con il termine bisogno, nonostante abbiano, invece, una propria specificità a livello linguistico, ma soprattutto a livello di contenuti. Galimberti a questo proposito sottolinea che «connesso all incentivo, alla pulsione, al desiderio e alla motivazione, il bisogno è soggettivamente avvertito come uno stimolo che spinge l individuo verso una meta in cui si annulla la tensione provocata da senso di insoddisfazione che accompagna lo stimolo stesso. Allo stato di tensione o eccitamento, a cui si riconduce la definizione primaria di bisogno, si attribuisce la capacità di evocare la rappresentazione degli obiettivi da perseguire e la capacità di attivarsi superando gli ostacoli che si frappongono» 53. In questa frase, quindi, emerge la forte correlazione tra il concetto di bisogno e quello di motivazione all azione per cercare di superare tale situazione di carenza e di tensione che l individuo percepisce. Tuttavia dobbiamo sottolineare due aspetti: non sempre questa spinta è necessariamente una motivazione sufficiente per agire e, d altro canto, esistono pulsioni ad agire che non trovano la loro origine in uno stato di carenza. Ci è sembrato importante sottolineare questo aspetto perché molto spesso gli ambiti disciplinari che trattano il concetto di bisogno in parte si sovrappongono a quelli che studiano il concetto di motivazione, in cui il bisogno rientra come figura primaria ma non può spiegarne il processo in maniera esaustiva. Ma che definizione di bisogno dà un manuale di psicologia generale? Bianchi e Di Giovanni in Psiche e società 54, nel capitolo riguardo le motivazione e il comportamento definiscono il bisogno «l esigenza che l organismo ha per ragioni biologiche» 55, distinguendo poi tali bisogni in due categorie: i bisogni omeostatici e i bisogni non omeostatici o bisogni innati specifici. I primi sono legati al funzionamento fisiologico dell organismo, sono universali, cioè sono comuni a tutti i 51 Umberto Galimberti, Dizionario di psicologia, ed. Garzanti, Milano, ivi, p ibidem 54 A. Bianchi. P. Di Giovanni, Psiche e società, elementi di psicologia, sociologia e statistica, Edizione Paravia, Torino, ivi, p

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