IL PROGETTO ALZHEIMER PER LA CITTÀ DI ANCONA

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1 ESPERIENZE IL PROGETTO ALZHEIMER PER LA CITTÀ DI ANCONA Anna M. Manca *, Valeria Pigini ** I familiari non chiedono di ricoverare i loro cari, ma servizi domiciliari flessibili, integrabili, che siano loro di reale supporto IL CONTESTO TERRITORIALE Il Comune di Ancona viene riconosciuto come uno dei più longevi d Italia: nel 2011 la popolazione residente è di abitanti (nel 2010 sono ), gli ultra sessantacinquenni sono , ovvero il 24,50% della popolazione e di questi il 32,25% sono ultra ottantenni. Da un confronto con l Istituto Nazionale di Ricerca Cura Anziani, presente nel nostro territorio, emerge che è possibile stimare nel Comune anconetano circa soggetti affetti da Alzheimer. Dall analisi sociale del contesto emerge che le famiglie anconetane, finora, sono state molto presenti nella cura dei propri familiari affetti da demenza ma lasciano trasparire una situazione di grave disagio anche perché la cura di un grande anziano ricade, nel 33% dei casi, su una persona anziana lei stessa, in genere la moglie, ed il periodo di cura diventa sempre più lungo. La vita di queste famiglie è comunque costellata da eventi (malattia del familiare di riferimento, accumulo progressivo di stress del caregiver a fronte di scarsi momenti di riposo, mutamenti lavorativi e familiari ) che possono richiedere interventi sostitutivi della famiglia e che devono essere adottati in tempi brevi. *] Ha conseguito la laurea in Servizio Sociale presso l Università di Trieste. Ha lavorato come assistente sociale dal 1979 al 1999 presso il distretto sanitario della ASL di Jesi (AN). Attualmente lavora come assistente sociale responsabile dell Unità Operativa Anziani del Comune di Ancona. Da diversi anni è docente incaricato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell Università di Macerata nel Corso Triennale di Laurea in Teorie, culture e tecniche per il Servizio Sociale con l insegnamento della disciplina Principi, etica e metodologia del servizio sociale. **] Ha conseguito la Laurea Magistrale in Organizzazione Sociale e no-profit Servizi Sociali Internazionali presso l Università Politecnica delle Marche Giorgio Fuà Facoltà di Economia. Nel 2005 ha partecipato alla ricerca per l Agenzia Regionale Marche Lavoro (A.R.MA.L.) Progetto Badanti sperimentazione assegno servizio. Nel ha condotto la ricerca per l Istituto Oncologico Marchigiano (IOM) in collaborazione con l Università Politecnica delle Marche Bisogni socio-assistenziali delle persone affette da malattia neoplastica assistite a domicilio dall Istituto Oncologico Marchigiano. Dal 2005 lavora come assistente sociale presso l ASUR-Area vasta 2 presso l U.O. Cure Primarie-Domiciliari e Residenziali e dal 2010 anche presso l Unità Multidisciplinare Età Evolutiva (UMEE).

2 ESPERIENZE La maggior parte delle richieste di queste famiglie riguarda non la disponibilità di strutture di ricovero permanente, bensì posti letto per periodi a termine, servizi diurni che sostituiscano la famiglia per una parte della giornata, prestazioni di assistenza domiciliare/vigilanza per un significativo monte ore giornaliero. Si è quindi valutato che le risposte a queste problematiche non sono esaudibili in una specifica tipologia di servizio, quanto nello sviluppo di servizi integrabili e flessibili dove tutte le risorse economiche, di investimenti formativi, di supporti strutturali, vengano convogliate. IL PROGETTO ALZHEIMER Il Progetto Alzheimer per la città di Ancona, realizzato grazie ai finanziamenti della Fondazione Cariverona, è stato avviato nel 2007 e vede il Comune come ente capofila e l Azienda sanitaria unica regionale (Zona territoriale 7) come partner istituzionale. La fase progettuale ha visto il coinvolgimento attivo anche di due associazioni da tempo presenti sul territorio anconetano: Famiglie malati di Alzheimer e Alzheimer Marche, il cui apporto, grazie all accoglienza delle istanze dei familiari attraverso alcuni punti di ascolto, ha permesso sia di evidenziare le maggiori necessità assistenziali dei caregiver, sia di definire con maggiore puntualità le offerte di servizi, integrabili e flessibili, capaci di rispondere alle problematiche della gestione quotidiana ed alle emergenze. Presupposto normativo fondamentale per il progetto è il d.p.c.m. 14 febbraio 2011 Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio sanitarie che sottende i principi di unicità della persona e globalità dell intervento. Il decreto pone altresì in rilievo il modello organizzativo dell integrazione socio-sanitaria, adottato in diverse Regioni italiane compresa la Regione Marche, a cui il progetto fa riferimento: il livello istituzionale, realizzato attraverso lo strumento della convenzione con l ASUR ZT 7 dove vengono declinati obiettivi e impegni dei soggetti firmatari; il livello gestionale-organizzativo realizzato attraverso la costituzione di due organismi: il coordinamento politico ed il coordinamento tecnico; il livello professionale, già esistente a livello territoriale, attraverso l attività dell Unità Valutativa Integrata (UVI). Il Comune si è quindi proposto di costruire un programma di lavoro condiviso potenziando la collaborazione e l integrazione tra i diversi soggetti istituzionali e non, per garantire l utilizzo integrato in rete delle risorse presenti sul territorio ed un percorso di presa in carico quanto più possibile personalizzato, nella convinzione che, dall equilibrio fisico, mentale, affettivo e dalla disponibilità economica dei familiari che prestano assistenza, dipendono molte scelte che condizionano la tipologia e la qualità dell assistenza al malato. La volontà di sostenere significativamente le famiglie, senza tuttavia sostituirsi ad esse, ha rappresentato e rappresenta uno degli obiettivi centrali del progetto in questione. Il livello centrale è rappresentato dalla Sportello Alzheimer, già funzionante presso il Distretto sanitario e potenziato con una più intensa presenza dell assistente sociale alla quale vengono attribuiti i compiti di: accoglienza della domanda; valutazione del bisogno; riformulazione, se necessario, della domanda di aiuto; eventuale attivazione dell UVI per la predisposizione del piano assistenziale personalizzato partecipato con i familiari. Il coinvolgimento diretto e costante di questi ultimi risulta determinante per l individuazione delle risorse riscontrabili all interno del nucleo stesso, l accompagnamento del caregiver nel percorso di aiuto, il monitoraggio e la verifica periodica del piano; collegamento fra i diversi operatori coinvolti nella rete dei servizi; attivazione dei servizi legati al progetto. In riferimento a questi ultimi, sono stati individuati servizi di sollievo, attivazione di gruppi di mutuo aiuto ed attività di formazione. I servizi di sollievo Sono finalizzati ad alleviare il carico gestionale della famiglia e riguardano: posti letto temporanei presso una residenza sanitaria del territorio comunale per un massimo di trenta giorni nell arco dell anno solare da fruire a rotazione; accoglienza diurna nella giornata di domenica (con apertura dalle ore 8 alle ore 18) presso il Centro diurno comunale per un massimo di 15 persone affette da Alzheimer che presentano una gravità di 1 e 2 livello. Viene garantito il servizio trasporto andata e ritorno con la presenza di un accompagnatore; potenziamento del Servizio di Assistenza Domiciliare del Comune di Ancona attraverso l erogazione massima di 24 ore settimanali per le prestazioni di sorveglianza e/o accompagnamento all esterno, garantito da operatori socio-sanitari;

3 ESPERIENZE assegno di cura (contributo già previsto dall Amministrazione comunale in particolare per anziani non autosufficienti) ai familiari su cui grava il carico assistenziale, grazie al quale è aumentato il numero dei beneficiari; sostegno finanziario alle famiglie che ricorrono all assistenza fornita da assistenti familiari regolarmente assunti. Persone accolte allo sportello 1418 Prese in carico con progetto personalizzato 495 Attivazione SAD 47 Attivazione assegno di cura 194 Ricoveri temporanei in RSA 45 Persone ammesse al centro diurno domenicale 73 Contributo per assistenti familiari 180 Tabella 1 Dati attività Progetto Alzheimer anni Attivazione di gruppi di mutuo aiuto Gestito da una psicologa è stato attivato un gruppo di mutuo aiuto con circa 20 familiari, mogli o figlie, che ha costituito uno spazio di aggregazione di persone socialmente isolate e con difficoltà nel trovare spazi di benessere per se stesse. Attraverso la narrazione della propria storia con l anziano, l ascolto e la condivisione dei vissuti emotivi, è stato possibile ricercare una nuova percezione del sé e della situazione che si stava attraversando, riuscendo ad uscire dalla solitudine. I problemi pratici di gestione della malattia sono stati condivisi ma si è cercato di spostare l attenzione dai temi dell igiene e del sonno, a quelli dei bisogni affettivi personali e dell anziano. Le cure fisiche risultavano spesso eccessive e date in modo quasi compulsivo, una sorta di fare per non sentire il proprio malessere nella relazione. Si è quindi cercato di indurre ad uscire da una relazione basata sul controllo e sulla coercizione e di superare la visione totalizzante della malattia che mette in secondo piano l essere persona dell anziano. Attività di formazione Sono stati organizzati due corsi gestiti dal personale del reparto di neurologia dell INRCA sui temi relativi all approccio da tenere con il soggetto affetto da Alzheimer e con i rispettivi familiari; un corso è stato rivolto agli operatori impegnati del servizio di assistenza domiciliare e nel centro diurno domenicale, l altro ai familiari dei malati. PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. ALCUNE RIFLESSIONI L esperienza fin qui condotta permette di avanzare alcune valutazioni. Grazie anche al confronto con due associazioni presenti sul territorio anconetano, Famiglie malati di Alzheimer e Alzheimer Marche, sono emerse alcune criticità nell ambito dei servizi rivolti ai malati di Alzheimer, in particolare per le famiglie, impegnate, nelle fasi più critiche della malattia, ad intraprendere percorsi facilitati di accesso ai servizi. Attraverso il progetto è stato possibile il potenziamento dello Sportello Alzheimer come punto unico di accesso in cui il segretariato di servizio sociale è una prima prestazione, dove la relazione con il familiare, la valutazione della domanda e del bisogno, il processo di consapevolezza, il sostegno psico-sociale, la risposta semplice, l orientamento ai servizi, costituiscono il presupposto per la presa in carico e per incidere fortemente sulla complessità assistenziale dei malati di Alzheimer e delle loro famiglie. In questi anni di attività lo Sportello Alzheimer è divenuto per molti caregiver un riferimento significativo per la gestione quotidiana del proprio familiare ma anche per la gestione delle proprie emozioni. Il progetto ha ulteriormente rafforzato la consapevolezza che l Alzheimer è in sé un evento fortemente critico per la famiglia, che può, in determinate situazioni spesso legate proprio alle condizioni di vita delle generazioni più giovani, essere occasione di avvicinamento e di rivitalizzazione dei legami familiari, determinando una trasformazione delle dinamiche interne alla famiglia e delle relazioni tra la struttura familiare e sociale che obbliga le persone a misurarsi sia con nuove possibilità di evoluzione sia con i rischi di involuzione. La malattia obbliga i familiari non solo a riadattare i tempi e ritmi di vita, ma ad interrogarsi sulla qualità delle relazioni che hanno intessuto e, in senso forte, a riflettere sul senso della vita e su ciò che all interno delle relazioni familiari si trasmette, si eredita o è destinato a scomparire. Attraverso le attività del progetto si è potuto constatare che la realtà familiare e soprattutto la donna, toccata in termini diretti e profondi: gli interventi di consulenza e di sostegno alla famiglia consentono di offrirle i supporti e le risorse di cura che non può più ritrovare al suo interno. La maggioranza delle situazioni familiari prese in carico, sono state donne nel ruolo di mogli, figlie, nuore o sorelle, che hanno richiesto aiuto per affrontare il carico assistenziale che sostengono generalmente in condizione di isolamento. Carico aggravato quando si assiste più di un anziano.

4 ESPERIENZE L Alzheimer La malattia (o morbo) di Alzheimer è definibile come un processo degenerativo che pregiudica progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l individuo che ne è affetto incapace di una vita normale e provocandone alla fine la morte. In Italia ne soffrono circa persone, e 26,6 milioni nel mondo, con una netta prevalenza di donne (per via della maggior vita media delle donne rispetto agli uomini). Molto rara sotto i 65 anni, la sua incidenza aumenta progressivamente con l aumentare dell età, per raggiungere una diffusione significativa nella popolazione oltre gli 85 anni. Il decorso della malattia può essere diverso, nei tempi e nelle modalità sintomatologiche, per ogni singolo paziente; esistono comunque una serie di sintomi comuni, che si trovano frequentemente associati nelle varie fasi con cui, clinicamente, si suddivide per convenzione il decorso della malattia. A una prima fase lieve, fa seguito la fase intermedia, e quindi la fase avanzata/severa; il tempo di permanenza in ciascuna di queste fasi è variabile da soggetto a soggetto e può in certi casi durare anche diversi anni. La malattia viene spesso anticipata da un leggero calo di prestazioni in diverse funzioni cognitive in particolare legate alla memoria, all orientamento o alle capacità verbali. La malattia si manifesta spesso inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, (ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi man mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato e le conoscenze acquisite, mentre ciò che riguarda l esecuzione automatica di azioni, viene relativamente risparmiato fino alle fasi intermedio-avanzate della malattia. Lungo tutto il decorso della malattia, ma soprattutto agli inizi e nella fase centrale, sono presenti anche sintomi cosiddetti non cognitivi, in varia misura e di diversa gravità: agitazione, irrequietezza, aggressività, ansia, depressione, disinibizione sessuale, apatia, disturbi del sonno; inoltre possono manifestarsi alterazioni del comportamento alimentare (bulimia o anoressia) e disturbi del cammino (aumento patologico dell attività motoria). La durata media della malattia è stimata tra gli 8 e i 14 anni. L esperienza ha portato quindi a maturare la convinzione di assumere come unità di riferimento non il singolo individuo, ma l intera famiglia e di agire in una dimensione collettiva che coinvolga le risorse del territorio più vicine al soggetto ed alla sua famiglia, al fine di promuovere azioni solidali e di sostegno. Questo approccio globale ha evidenziato nel costante monitoraggio delle situazioni, un miglioramento nella relazione con l anziano e il superamento degli stati emozionali più negativi. In alcuni casi si è attivato un processo di riorganizzazione positiva delle risorse dell intera famiglia. È migliorato anche il rapporto del caregiver con gli altri operatori dei servizi rivolti all anziano, con la rinuncia alla posizione di vittima e di delega, per assumere un ruolo più attivo e collaborante. Tuttavia non va sottaciuto il ruolo significativo dei servizi di supporto, primo fra tutti il Centro diurno. L assenza nel territorio comunale di un servizio semiresidenziale a valenza settimanale dedicato ai soggetti già in fase avanzata della malattia, rappresenta una delle maggiori criticità che il progetto ha evidenziato. Sostenere la scelta di mantenere a casa quanto più a lungo possibile il proprio congiunto affetto da Alzheimer, significa garantire quei servizi essenziali e qualificati che supportano la gestione delle persone più difficili per i familiari, in quanto presentano una maggiore compromissione funzionale ed una più elevata frequenza di disturbi comportamentali. Complessivamente il progetto ha registrato un buon grado di soddisfazione da parte dei familiari ma in particolare sono stati apprezzati lo Sportello Alzheimer ed il Centro diurno domenicale. Il primo, in quanto unico punto di accesso, ha evitato la parcellizzazione delle risposte al bisogno che vedeva i familiari impegnati nel rivolgersi a diversi enti per l accesso ai servizi; il secondo ha permesso ai caregiver di riappropriarsi di alcuni spazi per sé e per le proprie famiglie e tale risultato, spesso faticosamente raggiunto, ha spinto i familiari dei frequentanti il Centro diurno a chiedere formalmente garanzie all Amministrazione per il proseguimento del servizio anche a conclusione dei finanziamenti al progetto. Va altresì rilevato anche il gradimento per gli interventi di consulenza psicologica mirati alla ricomposizione degli equilibri raggiunti con fatica nelle convivenze e sopportabili prima dell insorgere della malattia nonché alla rielaborazione personale del caregiver della malattia del proprio familiare. Grazie quindi alle risorse messe a disposizione della Fondazione Ca-

5 ESPERIENZE riverona, il Progetto Alzheimer ha permesso alla realtà dorica di affrontare le problematiche della cura e dell assistenza delle persone con demenza con risultati estremamente significativi. Confidiamo quindi che tale patrimonio non vada disperso nella speranza che i dati, l esperienza, il modello operativo, possano trovare riscontro in una volontà istituzionale di adeguamento delle risposte alle istanze delle famiglie di malati di Alzheimer anche alla luce di una valutazione del rapporto costi-efficacia. Incidenza nelle persone sopra i 65 anni Età Nuovi casi per migliaia di persone all anno BIBLIOGRAFIA AA.VV. in FEDERAZIONE ALZHEI- MER ITALIA (a cura di), Manuale per prendersi cura del malato di Alzheimer, AA.VV. in monografia, Anziani fragili: valutazione dei bisogni e degli esiti, in Studi Zancan, Politiche e servizi alle persone, gennaio/febbraio n. 1, AA.VV. in N.N.A. (a cura di), L assistenza agli anziani non autosufficienti, Rapporto 2009, Maggioli. ROCA P., Rughe, ed. Tunuè, 2009.

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