L EUROPA COME MOTORE DEI DIRITTI? Introduzione alla sessione di lavoro (venerdì 27 marzo 2015 ore 11, )
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1 L EUROPA COME MOTORE DEI DIRITTI? a cura di : Giuseppe Bronzini, Maria Rosaria Guglielmi, Gualtiero Michelini, Valeria Piccone Introduzione alla sessione di lavoro (venerdì 27 marzo 2015 ore 11, ) Nel documento del Gruppo Europa per il XIX Congresso di Md del 2013, avevamo sottolineato la complessità del percorso di costruzione istituzionale in Europa, in tensione tra progettualità ambiziosa in continuità con gli elementi evolutivi del processo di integrazione europea e spinte improvvise dettate dall emergenza. Ricordavamo le potenzialità garantistiche della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, il suo carattere di parametro di legittimità costituzionale della legislazione europea ed, a catena, di quelle interne connesse al diritto dell UE; l archiviazione del sistema a pilastri nel settore della cooperazione giudiziaria anche penale, la prospettiva dell adesione in proprio dell UE alla CEDU. La crisi economico-finanziaria particolarmente acuta nell ultimo biennio ha però messo in profonda difficoltà il percorso verso la coesione e solidarietà, verso politiche economiche, fiscali, sociali, convergenti ed unitarie, ed ha fatto emergere un diritto dell emergenza economica non accompagnato da un incremento del potere di partecipazione e controllo dei cittadini europei (v. Habermas). Nel corso della lunga crisi dell euro si sono approfondite le linee di divisione tra le varie Europe : tra paesi del Nord e del Sud del continente - solidi e bene organizzati i primi ed in gravi difficoltà a livello competitivo e sociale i secondi: tra Paesi aderenti alla moneta comuni e paesi che non condividono questo orizzonte neppure in prospettiva (Gran Bretagna e Danimarca): tra l Europa dei Trattati comunitari e quella dei Trattati internazionali come il Fiscal compact approvati nel 2012 per sorreggere l euro. Sono gravi linee di divisione che si aggiungono ad una architettura a geometria variabile che connota il diritto dell Unione negli ultimi decenni con i vari opting out anche da politiche e scelte fondamentali come quelle di
2 Schengen o della Carta dei diritti. Si tratta in generale di una situazione che crea una grande instabilità ed incertezza di direzione politico - istituzionale che finisce con l indebolire gli organi- come la Commissione europea - che dovrebbero rappresentare l interesse comune europea ed avvantaggia i meccanismi di decisione intergovernativi nei quali prevalgono gli Stati più forti come la Germania che possono imporre un pluspotere non previsto nei Trattati. La crisi economica ha spesso mostrato un Europa disposta ad intervenire con una certa decisione (oltre 550 miliardi di euro) in favore della banche e che impone con gli accordi per il risanamento dei bilanci dei paesi che hanno chiesto aiuto finanziario o con le raccomandazioni a quelli in deficit eccessivo misure socialmente inique, prescritte da teorie neo-monetariste molto discusse, che gli stessi USA non hanno applicato alle gestione della loro crisi economica. Sebbene nel 2012 siano stati create nuove istituzioni per gestire l emergenza economica come l ESM, le relative regole non sono trasparenti e non sono sottoposte ad alcun controllo di tipo parlamentare, restano così ostaggio di logiche intergovernative e, quindi, di uno scontro tra interessi nazionali che rischia di frenare il processo di integrazione come motore dei diritti per il quale ci siano impegnati e del quale restiamo convinti assertori. Purché davvero l integrazione politica accompagni la moneta ed il mercato comuni ed offra ai cittadini europei la prospettiva di una casa comune, non solo di una disciplina rigida di bilancio che recepisce ortodossie oggi contestate anche da premi nobel come Amartya Sen, Joseph Stiglitz, Paul Krugman. Insomma le istituzioni sovranazionali non sono riuscite ancora a definire meccanismi per realizzare una qualche forma di solidarietà pan-europea senza i quali una costellazione istituzionale - anche di tipo sovranazionale - non può, nel lungo periodo, sopravvivere. È ben vero che in questi ultimissimi anni la Banca centrale europea ha giocato sino in fondo (sul filo di rasoio del suo mandato statutario) i suoi poteri per salvaguardare nel suo insieme la costruzione monetaria, ma è mancato un disegno più generale per dare una prospettiva di progresso e di uguaglianza alle politiche dell Unione. Correttamente Mario Draghi (che qualcuno ha paragonato a Madison) ha sempre sottolineato che non sono le sole politiche monetarie che possono costituire la leva per il passaggio ad una vera e democratica Europa politica, così come in passato la Corte di giustizia ha potuto edificare solo un contesto metodologico idoneo per scelte politiche federali, che poi gli Stati non hanno saputo adottare. Sarebbe errato però non vedere anche l emergere di tendenze antitetiche al dominio di una tecnocrazia favorita dal progressivo indebolimento del metodo comunitario. Il 2014 è stato, infatti, un anno importante, pur nella dilemmaticità ed ambivalenza dei processi ancora in corso. Sulla base di un generico richiamo ad una norma del trattato di Lisbona le elezioni per il Parlamento europeo si sono tenute all insegna della scelta della figura del Presidente della nuova Commissione; le grandi famiglie politiche europee hanno selezionato i loro candidati che si sono scontrati sulla base di piattaforme politiche ed ideali. Si è così rotto l unanimismo che ha sempre connotato la retorica sugli affari dell Unione in favore di una politicizzazione aperta della sfera pubblica europea. Sebbene le elezioni abbiano premiato anche forze euroscettiche, nazionaliste e talvolta anche xenofobe e razziste oggi la grande maggioranza del PE è ancora democratica e favorevole all intensificazione del processo di integrazione. Sono emerse forze politiche nuove (soprattutto in Grecia ed in Spagna) che, pur partendo da una critica radicale delle politiche dell Unione sull austerity, non rinnegano il progetto europeo. Certamente il confronto in Europa è divenuta più ruvido ed antagonistico ma questa è anche la premessa per riprendere il cammino per completare il processo federale, 2
3 eventualmente con chi è davvero disposto a compiere questo salto istituzionale. L agone politico europeo si è così rivelato decisivo e cruciale, nel male come nel bene, ridimensionando obiettivamente le troppe nostalgie nazionalistiche. Nella campagna per le elezioni del PE finalmente è emersa nuovamente (dopo gli anni della Lisbon agenda) la questione della costruzione di un Europa sociale che dia concretezza alle innovative formulazioni della Carta dei diritti. Coloro che oggi occupano il ruolo di Presidente della nuova commissione o di Ministro UE per gli affari economici (Juncker e Moscovici) hanno parlato di sistema unico di tutela della disoccupazione, di un salario minimo europeo, di un reddito minimo continentale etc. Nell ultimo anno qualche passo in avanti (pur con grandi compromessi) è stato compiuto sul tema della sorveglianza delle banche; ha guadagnato terreno il tema dell intervento diretto dell UE sul fronte della crescita e dello sviluppo con il varo di un piano di investimenti (la cui credibilità comunque è ancora molto discussa). Si parla apertamente della creazione, finalmente, di risorse economiche dell Unione non provenienti dagli Stati senza le quali appare arduo anche solo concepire un suo ruolo attivo e significativo di sostegno ai processi economici e di tutela dei cittadini svantaggiati. Qualche concessione è stata fatta anche dai paesi del Nord alleati della Germania sulla flessibilità delle regole del Fiscal compact. Nella drammatica contrapposizione con il nuovo Governo greco proprio il Presidente della Commissione ha decretato la fine della Troika e la sua futura sostituzione con Comitati sottoposti a controlli parlamentari. Torna insomma in agenda il tema della riscrittura dei Trattati (e del Piano a suo tempo elaborato dai 4 Presidenti) sulla base di una maggiore accountability delle procedure di governance economica, che così verrebbero ad essere sottoposte anche alla scrutinio da parte della Corte di giustizia del rispetto della Carta dei diritti. Si tratta ovviamente di dinamiche ancora aperte che però dimostrano che l impegno costruttivo per un Europa che sia davvero coerente con il messianico messaggio di Ventotene è ancora possibile. Tra i segnali di persistente vitalità di quel messaggio vogliamo ricordare proprio il corteo di Parigi dopo la strage a Charlie Hedbo. Come ha sottolineato Alain Touraine in quel corteo viveva, contro ogni vile aggressione, l orgoglio dello spirito repubblicano europeo che, della tolleranza, del rispetto dei diritti fondamentali e della laicità delle istituzioni, ha fatto il substrato valoriale della convivenza tra cittadini nel vecchio continente. Con Touraine osiamo sperare che gli europei non siano disposti a rinunciare a tale patrimonio che integralisti e fanatici oggi minacciano così da vicino. La funzione di magistrato europeo, che applica il diritto italiano integrato con il diritto dell Unione, nel quadro del dialogo tra le Corti e della tutela multi-livello dei diritti fondamentali, continua ad essere l obiettivo della nostra visione e del nostro impegno professionale. Il Giudice come organo di base dello spazio giudiziario europeo mantiene in questo quadro un ruolo di grande responsabilità. Nell ultimo biennio il rispetto dei diritti della Carta è diventato il momento qualificante la giurisprudenza della Corte di giustizia (sono oltre 300 le decisioni della Corte che fanno applicazione o richiamano i diritti della Carta). Sentenze di importanza storica a livello globale come quella sui data retention o sul diritto all oblio su internet sono state emesse nel 2014 in base al Bill or rights europeo che costituisce ormai un condiviso parametro di legittimità delle norme dell Unione e di quelle interne ad esso connesse. Di recente anche il tema dei diritti minimi previsti dalla direttiva sul distacco è stato rilanciato, in una logica ugualitaria e solidaristica, in base alle norme della Carta, dopo le tanto discusse sentenze Viking e Laval. Nel settore penale, dei diritti civili, ed anche nella materia dell immigrazione le disposizioni della Carta vengono in genere saturate di contenuti alla luce della 3
4 giurisprudenza di Strasburgo con effetti spesso incisivi sul piano garantistico. Rimane però la sensazione che la Carta, pensata come uno strumento effettivamente di tipo federale in quanto applicabile al solo diritto UE, stenti ad imporsi nei settori nei quali la competenza dell Unione è più vaga o non è stata ancora adottata come nell ambito sociale, nel quale si deve registrare una particolare cautela della Corte (cui si aggiunge la dichiarata incompetenza della stessa nel valutare- alla luce della Carta- la politiche di austerity decise dalla Troika in quanto adottate nel quadro di un Trattato internazionale come il Fiscal compact). La decisione Association de mediation social, che porta a negare diretta applicabilità dell art. 27 della Carta sul diritto di informazione e consultazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro nei rapporti interprivati perché la norma non sarebbe self-executing, nonostante ben 4 direttive adottate sul tema, è un esempio di questa eccezionale prudenza. Il rilancio di politiche sociali dell Unione potrebbe, però, cambiare l attuale scenario offrendo nuovo materiale legislativo sovranazionale al lavoro della Corte, costretta, nel settore sociale, ad operare troppo spesso con il solo diritto antidiscriminatorio. D altro canto, non può non richiamarsi il dialogo tra le Corti come centrale in tale processo e come l evocazione del dialogo fa scaturire nuove domande: questa metafora, è ancora valida? E, soprattutto, è ancora attuale? Si può ancora parlare di dialogo quando l integrazione ha raggiunto un livello, così elevato, di intreccio e di forte compenetrazione di diritti e di pronunce, tanto da far pensare non più tanto al rapporto fra ordinamenti quanto, piuttosto, a un sistema giuridico integrato che consta della cooperazione in vista di un risultato comune? La questione, come è evidente, non è solo terminologica, ma concettuale e di sostanza. Il dialogo appare ormai categoria inadeguata a cogliere e rappresentare la rilevanza di quanto si sta realizzando. Si tratta non tanto di un capitolo chiuso, bensì superato, giacché la dimensione delle Corti dialoganti più sufficiente a descrivere quella complessa rete giurisprudenziale che, partendo da tanti piccoli giudici, si è estesa fino alla massima espressione giurisdizionale nazionale, quella espressa dalle Corti nazionali di legittimità, cui spetta il delicato compito di conciliare l inconciliabile (per usare l icastica espressione dell avvocato generale Poiares Maduro nelle conclusioni della causa Arcelor Atlantique et Lorraine). Non v è dubbio che senza i tanti piccoli giudici non avremmo avuto la grande giurisprudenza della Corte di giustizia, ma non si può negare che i casi di maggior rilievo di intervento dei giudici di Lussemburgo sono quelli che ruotano intorno al rinvio pregiudiziale e che provengono dalle Corti Supreme nazionali. Non più, dunque, soltanto perdurante sopravvivenza del dialogo, ma intrinseca e strutturale trasformazione. Il riferimento al dialogo, in combinato disposto con il corrispondente e altrettanto noto canone della tutela multilivello, pareva porre il giudice al riparo da operazioni rischiose o azzardate. Ma cerchiamo di penetrare l essenza del processo europeo, in corso di svolgimento, a livello giudiziario. Il dialogo (prima a distanza, poi ravvicinato) voleva sottolineare, soprattutto, la meritoria opera delle Corti che, per mezzo del rinvio pregiudiziale, hanno contribuito in maniera rilevante a costruire e fortificare l ordinamento dell Unione. Va tuttavia sottolineato che, già a partire dalla lontanissima Van Gend En Loos del 1963 (una vicenda apparentemente insignificante di dazi in tema di ureoformaldeide), con la inedita e rivoluzionaria prospettazione di un ordinamento sui generis, a favore del quale gli Stati membri rinunziavano, sia pure in settori limitati, alla propria sovranità, emerse la tendenziale centralità della persona e della necessità di sua tutela giurisdizionale, tendenza che diverrà compiuta in Costa c. Enel e Stauder: due piccole vicende, su rinvio pregiudiziale di piccoli giudici (tra cui 4
5 il giudice conciliatore di Milano), hanno fatto la storia della primazia del diritto dell Unione. È stato notato che, in materia di diritti fondamentali, ad un certo punto ci si è trovati con troppi sistemi (nazionale, convenzionale e dell Unione) e con troppe Carte (Carte fondamentali, CEDU, Carta di Nizza) e con troppe Corti (nazionali costituzionali e di legittimità, sovranazionali e convenzionali). Ma proprio per questo rischio di affollamento è utile il riferimento ad un minimo comun denominatore. Assunta la persona come centro dell ordinamento non solo degli Stati nazionali, ma della stessa Unione; chiarito (con Stauder e poi Internationale) che i diritti fondamentali sono in grado di traghettare l Europa dalla propria originaria finalità mercantile alla tutela di individui concreti, diventa quasi inevitabile il superamento del dialogo e l individuazione delle conseguenze che derivano dalla ricerca della massima espansione delle tutele. È questo il decisivo e alto contributo che storicamente contro lo scetticismo iconoclasta e populista che oggi rischia di minare le istituzioni dell Unione - va riconosciuto nella tutela dei diritti fondamentali della persona alla Corte di Giustizia, pur sempre in strettissimo contatto con i piccoli e grandi giudici nazionali. È su questo terreno che il dialogo si trasforma in integrazione, segnando il passaggio decisivo dalla tutela multilivello alla tutela integrata dei diritti. Si pensi per fare un solo esempio - alla sentenza Dhabi, dell 8 aprile scorso, con cui la Corte di Strasburgo ha condannato l Italia per mancato esercizio del rinvio pregiudiziale, sentenza divenuta definitiva per il decorso dei tre mesi senza che Governo abbia chiesto la sottoposizione della questione alla Grande chambre. Il rinvio pregiudiziale non crea più soltanto un rapporto unidirezionale fra giudice nazionale e Corte di giustizia. L affermazione della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell Unione non più solo da parte della Corte di giustizia (Francovich e Kobler), ma anche per statuizione della Corte europea dei diritti umani, sembra segnare in modo esplicito il passaggio dal dialogo tra le Corti all integrazione fra i sistemi nella ricerca della massima espansione possibile della tutela dei diritti e, segnatamente, della dignità della persona. L integrazione attraverso i diritti, per richiamare la nota espressione di Cappelletti, passa attraverso la centralità della persona, che muove da Stauder e Costa Enel per arrivare ai nostri giorni, trovando una delle sue più compiute espressioni nella recentissima sentenza n. 238/2014 della Corte costituzionale sui crimini di guerra. Il fulcro, il centro di tutte le tutele, è la dignità della persona: ponendo al centro dell ordinamento la persona e la sua tutela, ogni contrasto esistente o potenziale viene potenzialmente ricondotto a unità. Né, in questo processo, può preoccupare il paventato rischio di smarrimento dell identità costituzionale degli Stati membri. Deve tranquillizzarci proprio il canone della tutela più intensa : nella convergenza di Carte e Corti il punto più alto è quello rappresentato dalla tendenza (ormai ricorrente nella giurisprudenza della Corte di cassazione) di ognuna di esse ad avanzare o a recedere in applicazione del criterio della massima espansione delle tutele. In questo contesto, i progressi della cooperazione giudiziaria continuano a seguire un andamento altalenante, tra nuovi importanti strumenti a disposizione di giudici e pubblici ministeri europei sempre più abituati a relazionarsi direttamente come autorità di uno spazio di giustizia comune e costruzioni normative non sempre fluide nel loro funzionamento. Il maggior successo della legislazione europea nel settore della cooperazione giudiziaria penale - il mandato d'arresto europeo - è stato sottoposto ad un opportuno scrutinio in relazione alle sue conseguenze sul rispetto dei diritti fondamentali. E gli 5
6 operatori del diritto attendono le indicazioni della giurisprudenza della Corte di giustizia ormai competente anche in materia di cooperazione giudiziaria penale, e di verificare l efficacia della nuova direttiva sull'ordine di indagine penale europeo approvata nella primavera scorsa. La cultura giudiziaria comune dei magistrati europei e la necessità anche di standards ordinamentali comuni non è però sviluppata con la dovuta attenzione a livello europeo. Magistratura democratica, tramite Medel, di cui fa parte anche il Movimento per la giustizia, ha proseguito nelle sedi europee (come le Assises della giustizia organizzate dalla Commissione o i Consigli consultativi dei giudici e dei pubblici ministeri nel Consiglio d'europa) la sua azione di sensibilizzazione per una giustizia indipendente a garanzia dei diritti democratici e sociali dello Stato di diritto europeo, e per un modello di autogoverno effettivo e responsabile. Una prima attenzione della Commissione europea a questi temi si è realizzata con la pubblicazione dei Justice scoreboards 2013 e Nonostante il forzato e per certi versi bizzarro collegamento della misurazione dell'efficienza dei sistemi di giustizia in funzione della crescita economica, i temi della qualità, dell'indipendenza e dell efficienza dei sistemi di giustizia europea in permanente dialogo ed interazione tra loro sono ora oggetto di misurazione, comparazione, monitoraggio da parte delle istituzioni UE, in aggiunta alla costante raccolta di dati svolta dal CEPEJ, e la disseminazione dei dati consente confronti costruttivi e propositivi. Le situazioni di grave minaccia ai diritti fondamentali e allo Stato di diritto all interno dell Unione, che come nel caso dell Ungheria - hanno suscitato allarme per le gravi ricadute sull indipendenza dei sistemi giudiziari, hanno dato impulso al dibattito nelle istituzioni europee sull efficacia dei meccanismi di tutela dello Stato di diritto all interno dell Unione e sulla necessità di affrontare il cd dilemma di Copenaghen, mettendo in opera strumenti più efficaci di valutazione degli Stati membri in merito alla conformità ai valori fondamentali dell Unione e ai requisiti della democrazia e dello Stato di diritto, evitando di applicare due pesi e due misure nonché tenendo presente che tale valutazione deve essere fondata su una visione europea dei principi costituzionali e giuridici comunemente accettati ( risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 3 luglio 2013). Con il nuovo meccanismo di tutela dello Stato di diritto, adottato dalla Commissione nel marzo 2014, sono stati compiuti alcuni significativi passi in questa direzione: si è definita una procedura complementare di preallarme, finalizzata a rilevare nella fase iniziale le situazioni di rischio, e a favorirne il superamento attraverso il dialogo con lo Stato membro interessato, rafforzando il ruolo della Commissione nel prevenire casi di minacce sistemiche ai valori fondamentali dell Unione; è stata elaborata una nozione condivisa,a livello europeo, di Stato di diritto, con esplicito richiamo ai principi della separazione dei poteri, della indipendenza dell ordine giudiziario, del controllo giurisdizionale effettivo, e dell eguaglianza dinanzi alla legge. L indipendenza dei sistemi giudiziari e l effettività della giurisdizione sono dunque componenti essenziali della visione europea dello Stato di diritto, che l Unione deve assumere a parametro di valutazione della continuità dell azione degli Stati membri con i criteri di Copenaghen. Riforme ed interventi con ricadute sui requisiti di indipendenza e di imparzialità di un sistema giudiziario non appartengono al dominio riservato del singolo Stato membro, ma riguardano l Unione nel suo complesso e ciascuno degli Stati che ne fa parte. 6
7 Come rappresentato da MEDEL durante le Assises de la Justice, senza la definizione di standards comuni e verificabili in ordine ai requisiti di indipendenza della giustizia, non può esistere reciproca fiducia tra i differenti sistemi giudiziari. L'associazionismo giudiziario ha quindi una dimensione europea credibile ed incisiva nella misura in cui riesce a riflettere le istanze di miglioramento del servizio giustizia che provengono dai cittadini. Si tratta di temi che non possono essere elusi, ad esempio, nel dibattito sull istituzione del Pm europeo, finalizzato allo stato alle investigazioni su basi unitarie dei delitti contro gli interessi finanziari dell'unione, e potenzialmente in grado, secondo i Trattati, di estendere il suo ambito di competenza alle aree del terrorismo e della criminalità organizzata. Le difficoltà di e le resistenze contro la realizzazione di un simile organismo europeo, che si sta orientando verso una anomala struttura collegiale ed una doppia rappresentanza (degli interessi europei e degli interessi nazionali) dei suoi componenti non devono comunque porre in secondo piano la delicatezza dei profili di autonomia dei magistrati che vi opereranno. Si tratta, tra l'altro, di individuare regole comuni in parte valide per tutti i sistemi giudiziari europei. L'associazionismo giudiziario deve rivendicare e mantenere il proprio ruolo anche nel processo di allargamento dell'unione europea. Un processo che, dopo la formidabile inclusione di 13 nuovi Stati membri nell'ultimo decennio, che ha radicalmente mutato la geografia e la configurazione istituzionale dell'unione, rimane per certi versi spurio ed incompiuto, per molti motivi, tra cui le difficoltà di completare il processo nell'area balcanica e l'atteggiamento di chiusura e rinvio sine die dell'apertura alla Turchia. Le difficoltà del processo di allargamento sono senza dubbio molto complesse, ma la costruzione della fortezza europea o di una grande muraglia ai confini attuali contrasta con lo spirito di integrazione ed inclusione che ha consentito il mantenimento della pace tra i paesi europei nel dopoguerra e lo sviluppo di un sistema di relazioni e di interconnessioni che ha davvero abbattuto le frontiere da Lisbona a Varsavia, dalla Sicilia alla Scandinavia. Le terribili sfide di politica estera che provengono dai confini orientale e mediterraneo dell'unione ed il dramma dell'immigrazione politica ed economica che si consuma quotidianamente nel Mar Mediterraneo rendono improcrastinabili politiche di ampio respiro, che solo un'europa federata e politicamente integrata è in grado di affrontare. La clamorosa bocciatura della Corte di giustizia di Lussemburgo al progetto di adesione dell'ue alla CEDU in esito a complessi negoziati potrà incidere nell'attuazione della chiara disposizione in proposito dei Trattati e dovremo vedere in che modo si reagirà a tale battuta d arresto. Tuttavia, la ricerca dell'equilibrio tra le relazioni tra le Corti di Lussemburgo e di Strasburgo ed una certa difficile intelligibilità di alcune decisioni adottate dalle Corti internazionali e sovranazionali non devono tradire lo spirito della piena attuazione dei principi dello Stato di diritto/rule of Law in Europa e della piena protezione dei diritti fondamentali garantita da tutti gli organi di giustizia, centrali e territoriali. 7
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