PARAGRAFO RIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI

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1 PARAGRAFO RIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI

2 Paragrafo Rivista di Letteratura & Immaginari pubblicazione semestrale Redazione FABIO CLETO, DANIELE GIGLIOLI, MERCEDES GONZÁLEZ DE SANDE, FRANCESCO LO MONACO, FRANCESCA PASQUALI, VALENTINA PISANTY, LUCA CARLO ROSSI, STEFANO ROSSO, AMELIA VALTOLINA Segreteria di Redazione STEFANIA CONSONNI Ufficio 211 Università degli Studi di Bergamo P.za Rosate 2, Bergamo - tel: / paragrafo@unibg.it - web: webmaster: VICENTE GONZÁLEZ DE SANDE La veste grafica è a cura della Redazione La responsabilità di opinioni e giudizi espressi negli articoli è dei singoli collaboratori e non impegna la Redazione Questo numero è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Lettere, Arti e Multimedialità e del Dottorato di Ricerca in Teoria e Analisi del Testo Università degli Studi di Bergamo ISBN Sestante Edizioni / Bergamo University Press Via dell Agro 10, Bergamo tel fax info@sestanteedizioni.it - web: Stampato da Stamperia Stefanoni - Bergamo

3 Paragrafo III (2007) Sommario QUESTIONI 1. FRANCESCO GHELLI, Il potere del consumo fra storia e immaginario. Note in margine a L impero irresistibile di Victoria de Grazia 2. NUNZIA PALMIERI, L epistolario di Umberto Saba. Storia di un edizione mancata 3. MARCO TOMASSINI, Il viaggio dell eroe. Luther Blissett e le epifanie del molteplice FORME 4. FRANCESCA CAMURATI, Quando la tradizione è più forte della realtà. Il modello ariostesco nella Araucana di Alonso de Ercilla 5. GIULIANA ZEPPEGNO, Sergio Toppi illustra Friedrich Dürrenmatt LETTURE 6. ANTONELLA AMATO, Rilke, Nietzsche, e il Compimento dell amore di Musil 7. SUYENNE FORLANI, Per un analisi del messaggio pubblicitario russo 8. SARA PANAZZA, Zoomorfismi dell anima. Epifanie di decentramento in Argo e il suo padrone di Svevo I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO NUMERI ARRETRATI

4 8 Sara Panazza Zoomorfismi dell anima Epifanie di decentramento in Argo e il suo padrone di Svevo Il punto di vista cinico Naturalmente lui non capiva. Gli umani non intendono il discorso degli animali. Solo nei romanzi, nei racconti, cani e uomini trovano un comune terreno d intesa. O. Henry, Memoirs of a Yellow Dog Leggendo Svevo si ha spesso la chiara percezione che l ironia e lo straniamento costituiscano il grimaldello con cui schiudere un pensiero che, mentre sembra colorarsi delle fosche e asfittiche tinte borghesi, le distrugge dall interno in nome di una verità nuda e disillusa sulla realtà retta solo dal caos. Vorrei qui analizzare una delle forme più estreme tra le molte create da Svevo per mettere in scena il proprio disincanto verso ogni possibile ermeneutica della realtà: mi riferisco alla scelta di dedicare sin dal titolo un racconto a un cane che, assumendo quasi le vesti di un antico filosofo cinico, si trasforma in veicolo del pensiero autorale. In Argo e il suo padrone il decentramento rappresenta sia il contenuto della narrazione sia il punto di vista canino attraverso cui il racconto prende forma. In Argo il linguaggio e, con esso, il sogno si rivelano strumenti insostituibili per esperire l entropia caotica cui anche l esistenza di un tranquillo esemplare di segugio pare essere soggetta. Se è lecito concedere per un istante al significante di farsi beffe dell etimologia, la dantesca canoscenza è qui la prima e più profonda necessità non di un uomo, ma di un cane. Loquor ergo sum Le ipotesi del pensiero evoluzionistico lasciano, com è noto, cospicue PARAGRAFO III (2007), pp

5 158 / SARA PANAZZA tracce nella produzione saggistica di Svevo, impregnando di sé anche la scrittura letteraria, quasi fossero un humus, un paradigma epistemologico gravido di applicazioni, in grado di orientare con i suoi presupposti le vicende e la natura stessa dei personaggi sveviani. 1 Salvo poi, per quella strana coincidenza di paradossi che distingue il pensiero di Svevo, essere a loro volta negate e superate attraverso l esperimento dello zoomorfismo declinato in modo assolutamente eterodosso nel racconto Argo e il suo padrone. A innescare la bomba sarà un animale che, declassato e ammutolito dalla tradizione filosofica cartesiana, assurge quasi a sfinge inintelligibile e, insieme, a oracolo rivelatore del pensiero sveviano. Che il punto di vista canino abbia il compito di veicolare le idee sveviane e che ciò sia possibile solo dopo aver confutato qualsiasi paradigma ispirato a una visione ordinatamente gerarchizzata e consolatoria della realtà è ciò che resta da dimostrare. Argo e il suo padrone fu composto da Svevo presumibilmente intorno al Si tratta di un opera tarda in cui confluiscono motivi appartenenti alla precedente riflessione sveviana. Il darwinismo trova qui il suo superamento nel momento in cui Svevo conferisce al protagonista canino facoltà cognitive generalmente ascrivibili al genere umano quali la riflessione, la memoria, la capacità di risolvere problemi. Non solo: Argo parla e le sue parole paiono essere frutto di un pensiero logico, di un attività cogitante. L evoluzionismo eterodosso si affianca qui a una dichiarata opposizione al pensiero cartesiano secondo cui il linguaggio è la manifestazione del pensiero cogitante in cui consiste l essenza dell anima umana. In particolare la parola è l unico segno certo del pensiero nascosto nel cor- 1 Spesso Svevo giustifica l inettitudine con il determinismo estrinseco alla volontà umana. Cfr: l interessante studio di Giacomo Debenedetti, Svevo e Schmitz, in Id., Saggi critici. Seconda serie, Venezia: Marsilio, Il racconto compare per la prima volta come frammento dal titolo Dalle memorie di un cane nella Piccola antologia di scrittori italiani del 1926 pubblicata in appendice all Almanacco letterario Mondadori del Nel 1934 compare sulla rivista Dante un testo ibrido intitolato Argo e il suo padrone in cui la parte già edita è preceduto da quattro paragrafi della versione integrale ancora inedita alla morte dell autore. Questa versione è infine pubblicata da Umbro Apollonio nel volume Corto viaggio sentimentale e altri racconti inediti, Milano: Mondadori, 1949, e ripresa senza variazioni nel vol. III dell Opera omnia curata da Bruno Maier per Dall Oglio nel La lezione di Argo e il suo padrone da cui si cita in questo saggio è Italo Svevo, Tutte le opere, vol. II: Racconti e scritti autobiografici, edizione diretta da Mario Lavagetto, edizione critica con apparato genetico e commenti di Clotilde Bertoni, Milano: Mondadori, 2004 (d ora in poi Ad).

6 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 159 po e di essa si servono tutti gli uomini [ ] ma non le bestie: essa dunque può essere assunta come la vera differenza tra gli uomini e i bruti. 3 Circa due secoli dopo, Leopardi, autore assai caro a Svevo, darà forma a una sua particolare declinazione critica e ambivalente dell evoluzionismo che, con molta probabilità, appartiene alla fucina teorica dello scrittore triestino, contraddizioni comprese. Nel 1811 all interno della Dissertazione sopra l anima delle bestie Leopardi afferma perentorio: sembrami di poter concludere con sicurezza che la sentenza la quale afferma essere l anima dei bruti uno spirito dotato di senso, di libertà e di un qualche barlume di ragione è certamente probabile più di ogni altra. 4 Dieci anni più tardi, nel 1821, lo stesso Leopardi confermerà, diversamente da quanto appena citato, l asserzione cartesiana osservando che Dal pensiero precedente e dagli altri segni sull influenza somma del linguaggio nella ragione e nelle cognizioni, deducete che una delle cause principalissime [ ] della inferiorità delle bestie rispetto all uomo, e della immutabilità del loro stato, è la mancanza di organi necessari ad un linguaggio perfetto, o ad un perfetto sistema di segni di qualunque genere. 5 Leopardi riconosce un anima ai bruti in quanto senso, libertà e barlume di ragione. Ciò che viene decisamente negato, non è l esistenza di un anima tout court ma la capacità degli animali di creare sistemi di segni, ovvero di creare e padroneggiare un linguaggio. Qui risiede la differenza tra l uomo e l animale. Nel racconto sveviano la gerarchia tra umano e animale è distrutta: l animale parla, pensa e, addirittura, sogna. La prospettiva canina Scritto ibrido e sfuggente, Argo e il suo padrone è il frutto di sperimentali innesti di generi diversi: tra questi è centrale la forma dell apologo ironico-satirico, di quelle brevi composizioni filosofiche di marca settecentesca nelle quali peraltro, basti pensare alle leopardiane Operette morali, lo zoomorfismo e il ruolo degli animali quali portatori del pensiero autoriale costituiscono una costante. Apologo dunque, ma dall atmosfera sinistra e 3 René Descartes, Descartes a Morus, in Opere filosofiche, vol. II, Torino: Utet, 1994, p Giacomo Leopardi, Dissertazione sopra l anima delle bestie, in Id., Poesie e prose, Milano: Mondadori, 1998, p Giacomo Leopardi, Zibaldone, Milano: Mondadori, 1997, p. 796.

7 160 / SARA PANAZZA sconcertante: alla certezza incontrovertibile della verità filosofica si contrappone un inquietante e misterioso omicidio che scorre sotterraneo e irrisolto fino alla fine del racconto. Testimone inabile alla confessione, Argo scopre un cadavere la cui vicenda di morte, anche se mai esplicitata, sembra misteriosamente legata al padrone del cane. La fiducia e l ottimismo nella ratio settecentesca di cui spesso gli apologhi sono portatori lascia qui coerentemente il passo all incertezza, allo scacco della ragione, alla mancanza di spiegazioni certe e definitive per quel che concerne un omicidio che sembra voler scomparire dalle righe del racconto sveviano senza spiegare le ragioni della propria presenza nel testo. Il padrone di Argo di cui, per inciso, non conosciamo neppure il nome si trova costretto per un anno intero a un otium forzato, disperso tra i monti con il fido compagno canino. La noia e l interminabilità delle giornate traspaiono sin dalle prime righe. Ma una notizia inaspettata rompe la routine. Il padrone legge sul giornale che in Germania un cane sapeva parlare. Parlare come un uomo e con qualche poco di intelligenza in più perché gli si domandavano persino dei consigli (Ad, p. 97). Chiuso il giornale, il padrone è convinto di avere davanti a sé un essere perfettamente in grado di comprenderlo tanto da convincersi che Argo sapeva parlare e taceva solo per ostinazione (p. 98). Inizia così un lungo ciclo di lezioni di lingua umana in cui l innocente, dapprima, quasi per uno strano pudore guardava altrove quando vedeva un uomo nella posizione di un cane; poi vi si abituò (p. 98). Nello stesso tempo il padrone si educa al compito di raccogliere e studiare ogni suono emesso dal cane. Il risultato è un trionfo: Cioè volevo dire un fiasco se non dimentico che il mio primo intendimento era stato di insegnare ad Argo l italiano. Come prevedibile [ ] apprese di più l essere evoluto. L inverno era ancora al suo apice e io intendevo la lingua di Argo (p. 99). Il padrone raccoglie un infinità di soliloqui canini non senza pagare per essi il prezzo più grande: La povera bestia non giunse che all estate: crepò di nevrastenia acuta (p. 100). Attraverso un lungo flashback il padrone riporta le riflessioni di Argo al lettore: Argo diventa un narratore di secondo grado, mentre quello di primo, il padrone, si limita a riportare le parole canine aggiungendo qualche osservazione in parentesi di cui forse non c era neppure bisogno (p. 100). Soffermiamoci su un punto cruciale: le osservazioni di Argo sono comunicabili attraverso una traduzione dal linguaggio canino a

8 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 161 quello umano, indoeuropeo, neolatino, italiano (se non triestino) in particolare. È interessante notare come per un filosofo del linguaggio quale Lacan, tra i due sistemi linguistici (umano e animale) sussista una diversità legata non tanto al grado di sviluppo, quanto a una divergenza sostanziale. Parlando del linguaggio delle api Lacan afferma che in esso un linguista non può vedere altro che una semplice segnalazione della posizione dell oggetto, in altre parole una funzione immaginaria più differenziata delle altre. Sottolineiamo che una simile forma di comunicazione non è assente nell uomo, per quanto evanescente sia per lui l oggetto quanto al suo dato naturale, in ragione della disintegrazione che subisce per via del simbolo. [ ] Una tale comunicazione [quella delle api] non è trasmissibile in forma simbolica. Essa si regge solo nella comunicazione con questo oggetto. 6 Nel Seminario sulla Lettera rubata, Lacan individua tre regimi di senso: Reale, Simbolico, Immaginario. Il Simbolico è il regime della Legge, del patto, delle istituzioni linguistiche e culturali. Ad esso appartiene la lingua come istituzione, la langue saussuriana grazie alla quale, accettando il carattere arbitrario del segno, ovvero il rapporto arbitrario e socialmente condiviso tra significante e significato, è possibile la comunicazione tra i parlanti. Essi faranno dunque riferimento alla realtà, e ai suoi oggetti, in modo indiretto, simbolico appunto. La capacità di astrazione necessaria alla simbolizzazione dei referenti linguistici è prerogativa umana. Gli animali paiono invece dotati di un linguaggio per così dire cosale, oggettuale, legato alla pura percezione sensoriale dell oggetto che rimane ancorato al livello di immediata visione e spazializzazione dell oggetto stesso. Il linguaggio animale può, in altre parole, servire solo a rappresentare concretamente attraverso un analogon un oggetto circoscritto e presente nell ambiente in cui l oggetto stesso è percepito (il fiore per le api). Non è contemplata astrazione simbolica e, di conseguenza, l attività cognitiva nell animale si ridurrebbe alle dinamiche concrete e sensoriali che esso istituisce con gli oggetti circostanti con cui interagisce per soddisfare i suoi bisogni primari. All interno della cornice dell apologo sveviano, le affermazioni lacaniane sembrano trovare una precisa e ironica confutazione. Anche se la lingua del cane è meno completa della lingua umana e nonostante la di- 6 Jacques Lacan, Seminario sulla Lettera rubata, in Id., Scritti, Torino: Einaudi, 1974, pp

9 162 / SARA PANAZZA chiarazione di assoluta fedeltà della traduzione del padrone, si osserva come Argo articoli al contrario il proprio pensiero in modo complesso. Partendo da dati sensoriali, olfattivi in particolare, Argo raggiunge un livello di riflessione sulla realtà che presuppone il passaggio da una mimesi diretta dell oggetto alla sua designazione all interno di un ermeneutica e, diciamo, di una sintassi della realtà. E l ermeneutica può avvenire solo approdando al regime del Simbolico. Attraverso i suoi soliloqui seguiamo Argo lungo il suo tentativo di spiegare, di dare una logica agli eventi della realtà che paiono sfuggire a qualsiasi causalità o finalismo per affermare l unica legge possibile: la mancanza della legge stessa. La realtà pare agli occhi canini retta dal caos, dall entropia fenomenica in cui la consequenzialità lascia spazio al caso. Spinto dal padrone a filosofeggiare Argo sentenzia: Odori tre uguale vita (Ad, p. 100). In questa frase futurista Argo condensa il risultato delle sue osservazioni sulla realtà. Subito di seguito il cane inizia a esporre la tassonomia olfattiva con la quale imbrigliare la realtà, e qui iniziano le incrinature di quella che solo a prima vista potrebbe essere scambiata come la confessione, innocente nel contenuto e balbettante nella forma, quale si attribuirebbe facilmente a un bruto. Infatti, iniziando l elenco degli odori, Argo supera i tre, ne nomina cinque e, in seguito ne elenca innumerevoli altri. Il padrone, d altro canto, controlla il proprio disorientamento, celando il potenziale nonsenso delle parole canine dietro l elogio del carattere sibillino che appartiene a ogni massima filosofica e alla ricostruzione un po stentata della sintassi trina con cui Argo organizzerebbe il proprio pensiero e, di conseguenza, il proprio enunciato: 7 Per giorni interi insistetti per averne il commento e non ne ebbi mai che la ripetizione. La bestia è perfetta e non perfettibile. Chi la studia deve saper progredire. Notai la frase come stava e procedetti oltre. Avute poscia 7 La possibilità di padroneggiare il livello sintattico di una lingua, oltre a essere una prova chiara di un attività intellettiva, presuppone la capacità di concettualizzazione e, quindi di astrazione che è propria, come s è detto, del registro Simbolico lacaniano. Inoltre è importante ricordare che, all interno del percorso di apprendimento di una lingua, la comprensione e l organizzazione logica dei costituenti grammaticali (in altre parole la sintassi) rappresenta una capacità complessa e non elementare nell uomo stesso. Ciò detto, occorre mantener distinti l ambito psicanalitico in cui le riflessioni lacaniane si inseriscono dalla scrittura di finzione cui appartiene Argo. Quello che davvero interessa nell eloquente cane messo in scena da Svevo è la scelta di un filtro attraverso cui osservare in modo distorto, straniato e ironico la verità cui il soggetto umano appartiene.

10 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 163 altre sue comunicazioni me ne derivò qualche luce e pensai di aver capito. Divide la natura in tre classi solo perché per lui il massimo matematico è tre; poi ne cita cinque e dalle sue esemplificazioni risulterebbe che ve ne sono molte di più. Io credo che questa è la vera, la grande sincerità filosofica (Ad, p. 100). Qualche pagina più avanti, parlando del comportamento del suo padrone durante le battute di caccia, Argo osserva che il padrone, quando c è [la preda], incita, ma io so meglio di lui che traballa su due gambe sole mentre io ne ho tre (p. 102). Il lettore, come prima il padrone, non può non rimanere sorpreso davanti a quel tre che, se spiegabile con la sintassi trina ideata dal padrone, pure non perde del tutto l alone perturbante che è in grado di emanare intorno a sé. D altro canto, se è lecito prendere gli errori numerici come manifestazione di una traduzione fedele, non antropomorfizzata, non corretta secondo i criteri della grammatica umana, pare più interessante considerare gli errori nomenclatori come epifania di decentramento, mancanza di ordine logico, impossibilità di gerarchizzazione dei fenomeni reali, attraverso la dichiarazione del carattere assolutamente arbitrario della numerazione intesa, ancora saussurianamente, come rapporto arbitrario tra il nome dato al numero (significante) e il numero effettivo degli oggetti cui ci si riferisce (significato). Veri e propri lapsus con cui la verità letteralmente cade dalla bocca di Argo. In questa prospettiva paiono efficaci alcune considerazioni presenti nel lavoro di Arrigo Stara, La civilizzazione dei bruti. 8 Riprendendo il concetto di letteratura minore usato da Deleuze e Guattari, 9 Stara ricorda che la prima caratteristica della letteratura minore 10 è la deterritorializzazione, il sentirsi straniero e apolide nella propria terra e, prima di tutto, nella propria lingua. Il veicolo principale per attuare questa deterritorializzazione sono gli animali: Gli animali sono spesso [ ] il veicolo principale per questa deterritorializzazione, per l evasione dallo stabilito, dal noto, dal pieno. Farsi piccolo 8 Arrigo Stara, La civilizzazione dei bruti. Qualche congettura sugli animali nei racconti, in Fausto Curi et al. (a cura di), Studi sulla modernità 2, Bologna: Printer, Gilles Deleuze e Félix Guattari, Kafka. Per una letteratura minore, Macerata: Quodlibet, La letteratura minore non è la letteratura di una lingua minore ma quella che una minoranza fa in una lingua maggiore. Ivi, p. 29.

11 164 / SARA PANAZZA come un animale, abbassarsi all animalità, corrisponde a un volersi altro, a un ridiventare straniero [ ]. Il divenire animale rappresenta [ ] la via di fuga più falsa e insieme l unica potenzialmente autentica: solo l animale testimonia di quell al di fuori del linguaggio umano, di quell irriducibilità estrema, con la quale non è possibile venire a patti. 11 Non solo. Assumere il punto di vista animale è uno dei modi con cui è possibile la sottrazione dell oggetto all automatismo della percezione 12 teorizzata da Šklovskij come compito essenziale dell espressione artistica per scoprire una diversa via ermeneutica con cui indagare la realtà. La metamorfosi dello sguardo attraverso una prospettiva animalizzata permette lo spalancarsi, sotto ai nostri occhi, di un osservatorio inedito sul mondo. 13 Riesaminando gli errori nomenclatori di Argo secondo questa nuova prospettiva, è lecito ipotizzare che l anarchia numerica denunci l assurdità di ogni tavola classificatoria, l impossibilità di istituire un rapporto stabile fra una categoria e suoi oggetti, lo svanire di ogni identità, che si dissolve di continuo in sottounità sempre più piccole. L errore linguistico non è più un anomala deviazione dalla norma ma la lacerazione, il punto molle in cui la superficie costituita dalla Norma e dalla Legge ordinatrice e tassonomica si lacera per lasciar intravedere la nuda verità in cui qualsiasi regola o causa ordinatrice cede il posto al caos. Per Svevo la lacerazione è così irreparabile da lasciare un unica possibilità di difesa: insinuarsi in essa come in una fessura, cercare lì riparo e da lì osservare con impietosa lucidità il mondo. In una realtà frammentata il luogo infranto è anzitutto il linguaggio, l ordine del Logos e della sintassi che impongono una classificazione ai fenomeni della realtà. Loquor ergo sum. Il linguaggio rappresenta nel racconto sveviano il veicolo attraverso cui si comunica, sia attraverso gli errori grammaticali che attraverso il contenuto vero e proprio delle enunciazioni, l esperienza, se non la coscienza, del decentramento del soggetto novecentesco e della mancanza assoluta di rigorose leggi tassonomiche. Argo passa il suo tem- 11 Arrigo Stara, op. cit., p Viktor Šklovskij, L arte come procedimento, in Tzvetan Todorov (a cura di), I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico, Torino: Einaudi,1968, p. 83. Si noti come lo straniamento sia spiegato attraverso l assunzione del punto di vista animale, riferendosi in particolare al racconto Cholstomer di Tolstoj in cui il punto di vista narrativo coincide con quello del cavallo che dà il nome al racconto. 13 Arrigo Stara, op. cit., p. 432.

12 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 165 po a cercare di spiegarsi per via di conoscenza quello che gli sta intorno e fa esperienza di come sia difficile fare dei calcoli che possano servire ad orientarsi nell enigma rappresentato dalla realtà. La lingua di Argo è povera di parole, e soprattutto di connessioni sintattiche, come sembra essere anche la realtà. È certamente un sistema di conoscenza del mondo, ma Argo non pretende che il suo sistema linguistico possa comprendere tutto il mondo. Abbiamo visto che la prima frase proferita da Argo, mentre filosofeggia con l uomo, è Odori tre uguale vita (Ad, p. 100). Il padrone spiega a suo modo questa massima esistenziale canina, affermando, come s è detto, che il cane [d]ivide la natura in tre classi solo perché per lui il massimo matematico è tre; poi ne cita cinque e dalle sue esemplificazioni risulta che ve ne sono molte di più. Io credo che questa sia la vera, la grande sincerità filosofica (p. 100). Argo stesso espone la tassonomia con cui declina e cataloga gli elementi della realtà. Esistono tre odori a questo mondo: L odore del padrone, l odore degli altri uomini, l odore di Titì, l odore di diverse razza di bestie (lepri che sono talvolta ma raramente cornute e grandi, e uccelli e gatti) e infine l odore delle cose (p. 101). Il sistema ermeneutico non funziona per tutte le cose, non esaurisce le spiegazioni degli avvenimenti e quando Argo riceve dei calci dal padrone raramente capisce perché e se anche prova a fare dei calcoli per riceverne meno, non ottiene il risultato sperato. Ma abbiamo notato come il sistema di catalogazione del reale olfattivo ha nella sua limitatezza e relatività, e nella coscienza che Argo ha di questa insufficienza il suo vero valore. Argo, lo ripetiamo, ha bisogno di sapere, per questo crea una griglia interpretativo-olfattiva per poi scoprire, e soffrirne, che qualsiasi classificazione della realtà crolla davanti a un muro in cui tutti gli odori si scontrano e si mischiano anarchicamente: quando mi mettono alla catena io muoio di noia. Il vento si frange sul muro di cinta e io sento gli odori indistinti che gridano tutti insieme danno un frastuono che mi fa impazzire. Oh! potessi almeno arrivare al luogo là sul muro dove gli olezzi sono ancora divisi (p. 106). Gli odori che gridano tutti insieme in un vortice di anarchiche traiettorie ricordano non poco le molecole d acqua che litigano tra loro all interno dell acqua stessa 14 scelte da Svevo per metaforizzare in un caustico aforisma la condizione d incertezza e di mancanza di controllo assoluto sulla propria esistenza e, soprattutto, sulla propria interio- 14 Italo Svevo, Nietzsche, in Racconti, saggi e pagine sparse, Milano: Dall Oglio, 1968, p. 842.

13 166 / SARA PANAZZA rità, in cui l uomo sembra essere inesorabilmente condannato a vivere. La stessa idea di entropia e disordine interiore come cifra ontologica dell uomo accomuna infine l anarchia olfattiva e il caos molecolare all uomo in abbozzo in cui ogni parte del corpo è in perenne lotta con l altra. 15 Bloccato da una catena, Argo non può ispezionare lo spazio circostante, delimitarlo e suddividerlo qualitativamente. Privato della griglia con cui ordina la realtà, Argo scopre la verità insita nella realtà, impermeabile a qualsiasi paradigma e categoria, in cui si è incapaci di trovare fissità di rotta, omologazioni di cause, itinerari nominabili, nelle oscillazioni speculari dei propri desideri e dei propri progetti. 16 Il muro rappresenta l appiattimento democratico a cui sottostanno tutti i possibili odori, cioè caninamante, i possibili fatti e eventi della realtà. Entrambi non sono distinti né distinguibili tra loro, e gridano, quasi volendo schernire il sistema in cui il cane li aveva illusoriamente ordinati. Ancora una volta è l esperienza del caos, dell informe, del mutevole e del disordine a coincidere con la verità. Per chiudere il cerchio aperto con Cartesio, è opportuno considerare la concezione dell inconscio cui Lacan arriva attraverso la mediazione della linguistica strutturalista di De Saussurre. Rileggendo Freud, appare chiaro a Lacan che l inconscio riveli una logica di funzionamento estremamente articolata e che le sue formazioni (lapsus, atto mancato, sintomo, sogno) sono funzioni semanticamente significative di carattere retorico-linguistico: il linguaggio è la condizione dell inconscio [ ]. L inconscio è l implicazione logica del linguaggio, nessun inconscio, in effetti, senza linguaggio. 17 Se l inconscio è l implicazione logica del linguaggio, data la sua loquela possiamo ipotizzare in Argo (cartesianamente), la presenza di un anima o (freudianamente) di un inconscio. Ipotesi sostenuta da un altro interessante elemento: Argo sogna. Epifanie oniriche La scoperta dell inconscio e delle sue dinamiche apporta il colpo mortale all io umanistico uno e univoco per lasciare il posto a un gioco dinamico 15 Italo Svevo, L Uomo e la teoria darwiniana, in Racconti, saggi e pagine sparse, cit., p Giancarlo Mazzacurati, Lo strabismo di Svevo, in Id., Stagioni dell apocalisse. Verga, Pirandello, Svevo, Torino: Einaudi, 1998, p Jacques Lacan, Prefazione, in A. Rifflet-Lemaire, Introduzione a Jacques Lacan, Roma: Astrolabio, 1972, p. 14.

14 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 167 di istanze in conflitto. L uomo può essere concepito solo come scisso e decentrato. In questa atmosfera il sogno diventa veicolo e epifania dell ordine mancante, dell ermeneutica entropica con cui decifrare la realtà. Un mezzo con cui si manifesta al soggetto il caos, l indistinta folla puntiforme dei desideri, dai più nobili ai più turpi, l anarchia dei ricordi rispetto al loro valore psico-affettivo: Il sogno sarebbe la nostra memoria anarchica liberata dalla sua ganga. 18 Freud chiude il capitolo della Traumdeutung intitolato Il sogno è l appagamento di un desiderio confessando di non sapere veramente cosa sognino gli animali. Prima di tutto: chiedersi che cosa sognino gli animali presuppone la loro capacità di sognare. In secondo luogo, come spesso capita, Freud chiama in suo aiuto la tradizione popolare: un proverbio, riferitomi da uno dei miei ascoltatori, afferma di saperlo perché alla domanda: che cosa sogna l oca? dà la risposta: il granturco! 19 Ecco trovata la conferma ad hoc per la teoria sul sogno, tanto congeniale agli scopi di Freud da fargli affermare che tutta la teoria del sogno come appagamento del desiderio è contenuta in queste parole. 20 In effetti, l appagamento di un desiderio sembra essere la funzione dei sogni di un altro animale, un anonimo gatto, protagonista di un frammento sveviano di difficile datazione intitolato La morte del gatto. Nel testo il gatto chiuse gli occhi e sognò che avessero chiusi anche i vetri e che tutt intorno avessero scaldato con quel buon tepore tepido così che egli invece che stare sempre sulle quattro zattine nel minimo spazio possibile per fruire del proprio calore e concentrarlo avrebbe potuto stendersi comodamente su quei soffici guanciali [ ]. Non capisco perché non lo facciano pensò il gatto. Si starebbe tutti meglio. Con quel tutti egli pensava esclusivamente a se stesso. 21 Il sogno appaga un desiderio del tutto egoistico: il gatto pensa, desidera e sogna pensando esclusivamente a se stesso. Per Argo le cose vanno diversamente: Argo ha bisogno di sapere. Non è un gatto cui basta celarsi (Ad, p. 106). Il sogno, rappresenta il mezzo attraverso cui Argo ha la possibilità di esperire ancora una volta il disorientamento rispetto a qualsiasi direzione volitiva, nonché il caos contraddittorio degli eventi della realtà: 18 Jean-Bertrand Pontalis, È stato sognato, Rivista di psicoanalisi, 47:3, 2001, p Sigmund Freud, L interpretazione dei sogni, Torino: Bollati Boringhieri, 1973, p Ibidem. 21 Italo Svevo, La morte del gatto, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 720.

15 168 / SARA PANAZZA Sognai che avevo non più un padrone ma due e si separavano andando in due direzioni opposte così che non potevo corrispondere al mio dovere di seguirli ambedue. Più tardi avvenne la stessa cosa con la preda. Ce n era tanta che l aria gridava. Era davanti a me e dietro e alle due parti che l aria ne portava l olezzo e io non potevo correre e soffrivo orribilmente. (Ad, p. 104). Che cosa sogna Argo? Certo non carne gustosa come dovrebbe fare se il lavoro onirico si limitasse ad allucinare oggetti del desiderio come accade all oca del proverbio citato da Freud. Notiamo innanzi tutto che Argo vuole muoversi e fuggire dall inferno degli odori, eppure appare bloccato. Parlando dei sogni tipici, Freud cita quelli di imbarazzo per la propria nudità in cui, similmente ad Argo, il protagonista del sogno, come pietrificato sul terreno, oltre a provare un forte imbarazzo, è immobilizzato, soggiace alla caratteristica inibizione di non potersi muovere, sentendosi incapace di mutare la propria situazione. 22 Tuttavia, ricordando come vi fu in tutti noi un periodo, l infanzia, in cui la nudità era vissuta con disinvoltura, addirittura con esaltazione, Freud spiega il contenuto manifesto di vergogna col suo corrispettivo e opposto significato latente di esibizione. Come tutti i cani che si rispettino Argo è nudo; non senza cognizione di causa possiamo forse ipotizzare che il suo desiderio di fuggire corrisponda al latente impulso e desiderio di esibirsi, o meglio, di esibire una nuda verità: la verità del caos. Andando più a fondo nell analisi del sogno, osserviamo che l immobilità di Argo è causata anche dall impossibilità di riconoscere e scegliere una direzione, ovvero un padrone. Sdoppiandosi, il padrone, reggitore dell ordine e parametro basilare dell ermeneutica della realtà, induce Argo in una situazione psichica simile a quella teorizzata da Bateson nel suo Verso una teoria della schizofrenia. 23 Studiano pazienti schizofrenici, Bateson definisce con la formula doppio vincolo la situazione che si instaura tra il paziente e la propria madre. Secondo l Autore ogni volta che un individuo si trova in una situazione di doppio vincolo, la sua capacità di discriminazione fra livelli logici subisce un collasso. Le caratteristiche generali di questa situazione sembrano affini a quelle del sogno di Argo: 1. L individuo è coinvolto in un rapporto intenso, cioè un rapporto in cui egli sente che è di importanza vitale saper distinguere con precisione il 22 Sigmund Freud, op. cit., p Cfr. Gregory Bateson, Verso un ecologia della mente, Milano: Adelphi, 1976.

16 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 169 genere di messaggio che gli viene comunicato, in modo da poter rispondere in maniera appropriata. 2. E, inoltre, l individuo si trova prigioniero in una situazione in cui l altra persona che partecipa al rapporto emette allo stesso tempo messaggi di due ordini, uno dei quali nega l altro. 3. E, infine, l individuo è incapace di analizzare i messaggi che vengono emessi, allo scopo di migliorare la sua capacità di discriminare a quale ordine di messaggio debba rispondere. 24 Il sogno di Argo inscena un rapporto intenso dato che il cane si trova a diretto contatto con l istanza ordinatrice e rassicurante del padrone. Argo si trova prigioniero in una situazione in cui, a differenza della teoria di Bateson, non sono gli ordini emessi dal padrone ad essere opposti, ma è il padrone stesso che, sdoppiandosi crea due simulacri di sé e della sua autorità. Ubbidire ad uno significherebbe trasgredire nello stesso tempo l altro. In quanto autorità e istanza ordinatrice, il padrone produce con il proprio sdoppiamento un ordine e un contro-ordine, un richiamo e un contro-richiamo che non possono che annullarsi a vicenda. L impasse, il doppio vincolo creato da questo stato è rappresentato oniricamente a livello del contenuto manifesto dove Argo appare, incapace di rispondere al messaggio dei padroni e di scegliere tra i due, rimanendo immobile e sofferente perché incapace di rispondere al dovere di seguirli ambedue. Nello scritto sul perturbante, 25 Freud definisce il concetto di Unheimliche come ciò che si sperimenta direttamente si verifica quando complessi infantili rimossi sono chiamati in vita da un impressione, o quando convinzioni primitive sorpassate sembrano trovare una nuova conferma. 26 È forse possibile servirsi del perturbante come elemento per chiarire la natura della conoscenza a cui arriva Argo attraverso il proprio sogno. In esso egli vede il padrone sdoppiarsi e percorrere strade opposte: Argo soffre per la paura di perdere il padrone e il suo odore. Un odore fondamentale, necessario per la vita, e per l organizzazione gerarchica della realtà: l odore del padrone [ ]. Guai se non ci fosse quell odore a questo mondo. Argo potrebbe fare quello che vuole ciò che sarebbe male. Quell odore rassicura, dirige e protegge (Ad, p. 101). All interno dell ermeneutica olfattiva, l odore del padrone è l elemento 24 Ivi, p Sigmund Freud, Il perturbante (1919), in Id., Saggi sull arte la letteratura e il linguaggio, Torino: Bollati Boringhieri, 1999, pp Ivi, p. 303.

17 170 / SARA PANAZZA culmine della gerarchia degli elementi, il parametro con cui tutti gli odori vengono ordinati: Esistono tre odori a questo mondo. L odore del padrone (Ad, p. 101). Ma Argo stesso prova, e ne soffre, la mancanza d ordine degli odori e il conseguente caos della realtà nei momenti di sospensione epifanica in cui è legato alla catena e viene investito dal turbine sconnesso e reale degli olezzi. Argo è consapevole della relatività del proprio sistema, eppure, per sopravvivere semplicemente sereno come, ricordiamo, spetterebbe a qualsiasi animale dedito alla vita bassa nasconde questa consapevolezza. Il padrone, figura superegoica, 27 svolge la funzione di istanza rimovente: con il suo odore che dirige e rassicura, egli è il freno al dilagare del caos, dell incoerente e del contraddittorio, in altri termini, dell Es. Nel sogno, il padrone perde il suo valore e la sua significazione come unità, identità e coerenza nel momento in cui si sdoppia, e, all infinito, si moltiplica. 28 L istanza rimovente perde la propria efficacia e autorità, permettendo così al rimosso di accedere alla rappresentazione onirica generando angoscia nel sognatore. Il sogno porta a galla la coscienza rimossa del caos e dell illogicità sottostante l ordinamento degli odori. Questa consapevolezza è familiare a Argo, ma altrettanto celata, e il sogno non fa altro che ricordare a Argo la verità che, conosciuta, sorpassata e rievocata provoca sofferenza e dolore. È l effetto del perturbante quello provato da Argo nel sogno, nel momento in cui egli è messo di fronte a una verità inconfutabile, di cui ha volutamente celato a se stesso il carattere necessario e ineliminabile. Argo incontra nel sogno lo statuto ontologico delle cose il caos che perfettamente intende e che, lo abbiamo visto, anche il suo linguaggio rivela ma, avendolo allontanato e rimosso, altrettanto perfettamente spaventa e, appunto, perturba. Seguendo Masud Khan potremmo dire che, insieme al sogno si attiva in Argo l esperienza onirica Argo nel sogno prova emozioni, soffre, esperisce l evento onirico il quale è un tutto che misteriosamente permette 27 Si veda in proposito il dovere con cui Argo esprime l assoluta necessità di seguire l odore del padrone: Sognai che non avevo più un padrone ma due e si separavano andando in due direzioni opposte così che non potevo corrispondere al mio dovere di seguirli ambedue (Ad, p. 104). 28 Il sognatore [ ] introduce un processo di frammentazione e moltiplicazione che mina la sovranità del soggetto. Il soggetto come centro diventa un mosaico di lampi. Roger Dadoun, Gli ombelichi del sogno, in Ferdinando Amigoni e Vanessa Pietrantonio (a cura di), Crocevia dei sogni. Dalla Nouvelle Revue de Psychanalyse, Firenze: Le Monnier, 2004, p. 130.

18 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 171 la realizzazione del Sé ; 29 e, aggiungiamo, la discesa in profondità nella comprensione del mondo. Un mondo contraddittorio, duplice come lo sdoppiamento disorientante dei due padroni, multiplo e antitetico come le posizioni discordanti assunte dagli odori nell aria. Il sogno, nel suo contenuto latente, è per Argo l equivalente notturno e onirico del muro di cinta su cui gli odori gridano: la confessione del caos che si cela dietro qualsivoglia ordinamento teleologico. A questo punto, abbiamo elementi sufficienti per poter affermare che il sogno riveste la stessa funzione deterritorializzante che abbiamo notato a proposito del linguaggio canino nel quale gli errori terminologici e le lacune grammaticali rappresentano delle litoti altamente significanti. Attraverso l errore e, quindi, la negazione della norma, si afferma e si schiude la verità sottostante la vuota Norma stessa. Sogno e linguaggio paiono indissolubilmente legati nei loro contenuti nella misura in cui condividono la funzione di denuncia e distruzione della Legge ordinatrice e fittizia. Come osserva Lacan, l analisi freudiana del lavoro onirico nell Interpretazione dei sogni mostra efficacemente la modalità di funzionamento dell inconscio: spostamento, condensazione, raffigurazione ed elaborazione secondaria sono le operazioni essenziali attraverso cui l inconscio produce le sue formazioni. Si tratta di operazioni squisitamente linguistiche che Lacan ricondurrà a figure retoriche precise. Non solo. Seguendo Freud e Lacan, il sogno appartiene al linguaggio, è linguaggio nella misura in cui il linguaggio coincide con l inconscio di cui il sogno è un indubbia formazione. Sogno e linguaggio sono legati, dunque, anche sul piano strutturale. Accostando la Traumdeutung e il Corso di linguistica generale di Saussurre Lacan nota che, in entrambi i sistemi di funzionamento, è prevista un opposizione: tra contenuto latente e contenuto manifesto e tra significante e significato. La relazione che intercorre tra il significante e il significato è tanto complementare quanto arbitraria. In modo analogo, attraverso il lavoro onirico, il contenuto latente del sogno può assumere infinite forme nel contenuto manifesto. L arbitrarietà combinatoria sembra in qualche misura accomunare l attività onirica al linguaggio ricordando che, per entrambi i sistemi, l aleatorietà trova una regola nella comunità sociale dei parlanti e, per quanto concerne il sogno, nelle istanze della censura. 29 Mohammed Masud Khan, Al di là dell esperienza onirica, in Ferdinando Amigoni e Vanessa Pietrantonio (a cura di), op. cit., p. 123.

19 172 / SARA PANAZZA Non è un caso che sia proprio il sogno a possedere questo potere epifanico, questa capacità di mostrare l orrido vero. Più volte nella Traumdeutung, Freud afferma che il sogno il lavoro onirico in particolare è un tentativo di creare, ogni notte, forme di espressione dotate di molteplici significati. Nel caso di Argo, e dei protagonisti umani delle opere narrative di Svevo, la rappresentazione onirica è portatrice di molteplici significati, è manifestazione della pluralità dei significati. L elaborazione secondaria che cerca di dare una parvenza intelligibile e coerente al sogno instaura con la verità latente e spesso incoerente del sogno lo stesso rapporto che intercorre tra i paradigmi interpretanti il mondo di Argo e la realtà stessa: una succedanea quanto necessaria aggiunta (per la sopravvivenza e per la censura), null altro che una falsa prospettiva assunta per cercare di far tornare, in qualche modo, i conti. Argo: bestia imperfetta e perfettibile Parlando dell incapacità di Argo di imparare il linguaggio umano, il padrone commenta: La bestia è perfetta e non perfettibile (Ad, p. 100). Nell Apologo del Mammut Svevo osserva che così è fatto l animale privo di anima. Non è lui che s evolve perché già perfetto rinunciò alla vera vita. Ma il mutamento non gli è precluso. [ ] S evolve [ ] ma passando subito da uno stato perfetto all altro, contento di poter moversi, cibarsi e dormire. 30 Questa bestia perfetta e non perfettibile ha dunque rinunciato alla vera vita nel momento in cui si è accontentata di sopravvivere espletando i suoi bisogni primari, la nutrizione, il riposo e il movimento. In essa non è prevista nessuna coscienza o riflessione sulla vita, una meta-vita analitica e euristica: tutta l esistenza della bestia esclude qualsiasi astrazione, è limitata al livello del mero fattuale. Essa non passa attraverso la crisi e la consapevolezza del proprio sviluppo, ritrovandosi al contrario ogni volta evoluta in nuove forme senza aver riflettuto e constatato criticamente le precedenti. Argo appartiene forse a questa categoria di bestie nella misura in cui appare incapace di evolversi volontariamente verso l acquisizione di nuove facoltà cognitive quali l apprendimento del linguaggio umano. Ma, attraverso lo svelamento del linguaggio canino, scopriamo che anche Argo esperisce la propria condizione riflettendo e congetturando continuamente su essa: se anche è perfetto, lo è nella misura in cui, da un pun- 30 Italo Svevo, L Apologo del Mammut, in Racconti, saggi e pagine sparse, cit., p. 889.

20 ZOOMORFISMI DELL ANIMA / 173 to di vista strettamente anatomico-fisiologico, Argo appartiene geneticamente alla specie canina. Dal un punto di vista ontologico Argo appartiene viceversa alla schiera degli umani. In questo senso egli è perfettibile: dal momento in cui inizia una meta-riflessione sull esistenza e le cause degli accidenti. Argo, a questo punto dovrebbe parere chiaro, non è affatto privo d anima. Il tutto è realizzato da Svevo senza passare per il filtro della facile antropomorfizzazione dell animale che rimane tale e, proprio grazie a questo, può essere considerato soggetto portatore di quel malcontento umano, troppo umano, secondo Svevo, soggetto dunque deterritorializzato, la cui analisi del mondo presuppone un necessario straniamento carico di efficacia euristica. Per suffragare la tesi di una vera e propria attività cogitante, di una volontaria inclinazione alla riflessione è interessante notare che molto spesso Argo parla di sé in terza persona, come fosse esso stesso l oggetto della sua indagine e, insieme, il soggetto indagatore: Argo ha bisogno di sapere (Ad, p. 107). Argo è fatto per soffrire (Ad, p. 108). La conoscenza porta alla consapevolezza della mancanza di riferimenti, del disorientamento e del caos che si celano dietro alle vicende umane: nessuna consolazione. Ma, d altro canto, è proprio con il passaggio attraverso le vertigini del vuoto e dell incoerente che Argo arriva a essere il solo che sappia veramente godere e ridere (Ad, p. 108). Solo passando per l horror vacui dell insensatezza e dell anarchia fenomenica Argo ritorna nietzscheanamente alla luce del riso. Questa via interpretativa trova supporto nella teoria sul sogno esposta da R. Dadoun in Gli ombelichi del sogno: Nel corso dell attività onirica, il sognatore è isolato dal mondo esterno: ritiro degli investimenti oggettuali e ritorno all interno del corpo della libido. [ ] Il corpo è l ambiente nuovo e esclusivo che la libido investe e percorre, traendone quelle immagini oniriche che potremmo definire incidenze di percorso, frammenti fugaci sospinti dal movimento libidico. 31 Al momento dell attivazione onirica, il corpo del dormiente è completamente erogenizzato. In esso si attiva un funzionamento più libero, più erogeno, nel senso strettamente etimologico di produttore di libido; infine sul corpo orizzontale, ugualitario, ogni parte-cittadino ritrova, come vuole l emblema fallico, la propria so- 31 Roger Dadoun, op. cit., p. 140.

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