1. Cosa intende dire la Chiesa quando afferma che ogni pagina della Bibbia è Parola di Dio divinamente ispirata? 1
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- Martino Perini
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1 Diocesi di Padova CORSO PER IDONEITÀ IDR SCUOLE PARITARIE ( ) Area biblica Roberta Ronchiato 1. Cosa intende dire la Chiesa quando afferma che ogni pagina della Bibbia è Parola di Dio divinamente ispirata? 1 La Bibbia è Parola di Dio in quanto contiene la Parola pronunciata da Dio agli uomini, nel modo precisato da DV 11 dove i Padri conciliari spiegano chi sono gli «autori» della Scrittura: a. Dio è AUTORE non nel senso di «autore letterario», cioè di scrittore, ma nel senso di loro ISPIRATORE: «Tutti interi i libri sia dell Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo (cf. Gv 20,31; 2Tm 3,16; 2Pt 1,19-21; 3,15-16) hanno Dio per autore» b. Il documento afferma poi il contributo umano nella composizione della Bibbia. «Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse degli uomini di cui si servì nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinchè, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che egli voleva». DV 11 si scosta così dalla manualistica tradizionale che interpretava l ispirazione secondo le categorie di «autore principale» (Dio) e «autore secondario» (gli uomini). Sostiene infatti che Dio è autore nel senso di Ispiratore e, per la prima volta in un testo magisteriale, chiama gli agiografi «VERI AUTORI» e non «autori secondari» 2. DV 11 introduce, conseguentemente, altre importanti novità sul tema. 1. Supera una lettura psicologica dell ispirazione (concepita nel senso che lo Spirito Santo esercita il suo influsso sulla psicologia dell agiografo). 2. Scioglie il contrasto con le conclusioni fornite dallo studio della Bibbia secondo il metodo storico-critico, secondo le quali il processo di produzione di molti testi biblici non è comprensibile in riferimento a un unico autore. I libri della Bibbia sono nati dal lavoro di diversi uomini o di gruppi di uomini (il processo di produzione di un libro è più ampio del lavoro del singolo autore). 3. Valorizza il rapporto che intercorre tra l agiografo e la sua comunità, sul piano della cultura e della fede: come vedremo meglio commentando DV 12, l autore usa la lingua, le forme letterarie, i modi di sentire, di parlare della sua comunità, ed esprime la fede del suo popolo. 1 Le presenti pagine sintetizzano in modo particolare i contributi presenti nel volume La «Dei Verbum»: cammino di recezione della Rivista CredereOggi 82(1994). 2 La precisazione «come veri autori» è il frutto maturo di un lungo dibattito avvenuto nell aula conciliare, giacché fu aggiunta solo nella penultima stesura del Documento. 1
2 2. Perché i testi della Sacra Scrittura hanno bisogno di essere interpretati? Per tre motivi. 1. Il carattere «storico» della Rivelazione. DV 2 afferma il carattere storico rivelazione, attraverso eventi salvifici e parole intimamente connessi: «Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi tra loro, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto» La DV istituisce un nuovo rapporto tra Rivelazione e storia: la storia non è più intesa come luogo di «verifica» della Rivelazione (se ci sono i miracoli, allora Dio esiste; se la guerra dilaga, allora Dio non esiste), piuttosto, è il «luogo» e la «mediazione fondamentale» del rivelarsi di Dio. Il Signore non si manifesta in concetti astratti, ma nella storia concreta e ricca di un senso di un popolo, intellegibile attraverso la fede. Lo sviluppo storico della rivelazione (cf. DV 3-4) ha il suo compimento in Cristo. Gesù infatti, in quanto Dio incarnato, è il modello e il compimento della rivelazione Gli agiografi scrivono sotto l influsso della storia. Se gli agiografi sono «veri autori» (DV 11) e se la rivelazione ha un carattere storico, ne consegue che Dio per pronunciare la sua Parola (custodita oggi nella Scrittura) ha assunto un modo di parlare perfettamente umano 4, ovvero si è servito del linguaggio e della cultura di uomini vissuti in un preciso periodo storico. È in particolare DV 12 a richiamare l attenzione sulla storicità dell agiografo e dei testi. «Poiché Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l interprete della Sacra Scrittura, per vedere bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi in realtà hanno inteso significare e che cosa a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole». Per comprendere il messaggio di Dio contenuto nella Scrittura è indispensabile che l interprete capisca che cosa l autore umano (l agiografo), con la sua libertà, doti e intelligenza ha inteso significare. Su questa premessa, DV 12 specifica alcuni elementi da considerare per una corretta comprensione del testo. L interprete deve «tener conto fra l altro»: a. dei GENERI LETTERARI. «La verità viene infatti diversamente proposta ed espressa nei testi in varia maniera storici, o profetici, o poetici, o con altri generi di espressione» 5. b. delle CIRCOSTANZE STORICHE in cui l agiografo ha scritto: il contesto storico («la condizione del suo tempo»), la cultura («la condizione della sua cultura») e le forme espressive (i «modi abituali e originali di sentire, esprimersi e di raccontare, vigenti ai tempi dell agiografo, e in uso nei vari luogo a quel tempo nei rapporti umani») 6 Lo sfondo storico-culturale del testo biblico può essere raggiunto attraverso il metodo storico-critico (definito «indispensabile» dal documento della Pontificia Commissione Biblica, L interpretazione della Bibbia nella Chiesa, del 1993) allo scopo di evitare letture 3 Gesù «compie e completa la rivelazione» (DV 4). Per questo si può dire che Cristo «è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione» (DV 2). 4 Gesù è il «Verbo fatto carne, mandato come uomo agli uomini, parla le parole di Dio» (DV 4). 5 Sulla questione dei «generi letterari» la DV raccoglie il cammino culminato nella Divino afflante Spiritu. 6 Quadro confermato nei paragrafi sulla storicità dei vangeli (DV 18-19). 2
3 fondamentaliste della Scrittura. Tale metodo andrà poi opportunamente integrato con altri metodi sincronici (metodi semiotici, narrativo, retorico) e approcci. c. DV 12 raccomanda inoltre di coniugare la lettura storico-critica della Bibbia con la vera lettura spirituale: la Scrittura deve «essere letta e intepretata con l aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei testi sacri». L interprete condivide con l agiografo il «carisma dell ispirazione» La Tradizione progredisce. La categoria «Parola di Dio» ha permesso ai Padri conciliari di superare il secolare diverbio tra protestanti e cattolici sulle fonti della Rivelazione 8 (DV 7-10). a. La Tradizione apostolica rappresenta la «Tradizione costitutiva» (DV 7) in quanto custodisce ciò che gli apostoli hanno ricevuto da Gesù e hanno appreso per suggerimento dello Spirito Santo. Tale deposito fu da principio tramandato oralmente e successivamente messo per scritto sotto l ispirazione dello Spirito Santo. b. DV 8 riconosce alla Tradizione due caratteri: la Tradizione PROGREDISCE, ovvero «comprende» in modo sempre nuovo e più profondo i fatti e le parole trasmesse dagli Apostoli. È una progressione «assistita» dallo Spirito Santo e si realizza concretamente attraverso tre fattori: 1. la contemplazione e lo studio dei credenti, che meditano in cuor loro la Scrittura 2. l intelligenza che essi hanno dell esperienza delle cose spirituali 3. la predicazione di vescovi «Questa Tradizione, che trae origine dagli apostoli, progredisce nella chiesa sotto l assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cf. Lc 2,19.51), sia con la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di Verità. La chiesa, cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio». La progressione della tradizione, dunque, assistita dallo Spirito Santo, è attuata dai credenti. Come si nota, la DV mette in primo piano la comunità, il popolo di Dio nel quale agisce lo Spirito. la Tradizione progredisce in quanto è VIVENTE, a motivo del carattere vivo della Parola di Dio e del fatto che l azione di Dio e dello Spirito è presente nella chiesa. L azione dello Spirito rende gli eventi della fede sempre attuali; viceversa, senza lo Spirito, ci sarebbe un semplice ricordo di verità passate. «Le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega. È questa Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l'intero canone dei libri sacri 7 Per «lettura nello Spirito» si intende una lettura «teologica». In ordine a tal fine, DV 12 precisa alcuni criteri: «per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede». 8 I nn della DV (intitolati: la «Trasmissione della divina rivelazione») sono stati i più dibattuti del Documento per le implicazioni ecumeniche sulle fonti della Rivelazione: una sola (la Bibbia), secondo i protestanti, oppure due (La Bibbia e la Tradizione), per i cattolici. La DV si limita a dire che la rivelazione è trasmessa attraverso la Scrittura e la Tradizione (insiste sulla loro unione), senza approfondire la loro diversità. 3
4 e nella Chiesa fa più profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse sacre Scritture. Così Dio, il quale ha parlato in passato non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Col 3,16)». 3. Come possiamo definire i generi letterari e perché sono importanti? Il concetto di «genere letterario» ha assunto rilievo nel mondo biblico con H. Gunkel ( ). Secondo questo esegeta per definire un genere letterario sono indispensabili tre elementi 9, da individuare, naturalmente, nei singoli brani o sezioni della Scrittura: una struttura e una serie di formule un atmosfera (Stimmung) e un modo di pensare un Sitz im Leben o contesto vitale (l epoca, il momento, il luogo sociale in cui il testo è nato, ha le sue radici) Come abbiamo visto, nella DV l importanza dei generi letterari è affermata al n. 12: «La verità viene infatti diversamente proposta ed espressa nei testi in varia maniera storici o profetici o poetici o con altri generi di espressione». Riconoscere un genere letterario è importante almeno per due motivi: 1. Non tutti i testi sono uguali: la «FORMA» (rintracciare la struttura di un testo o i suoi passaggi fondamentali; affinare la sensibilità verso il vocabolario scelto dall autore; rintracciare eventuali ritornelli, parallelismi, ecc.) è fondamentale per mediare un contenuto. 2. L agiografo, in quanto vero autore, ha scritto all interno di precise circostanze storiche e come esponente della cultura del suo tempo (DV 12). I testi sono nati in un «CONTESTO VITALE», a partire da problemi di ordine teologico (es. perché Dio mette alla prova?) ma anche sociale (es. per difendere l identità di Israele) o cultuale (es. stabilire ciò che è puro e ciò che è impuro), ecc, propri di un epoca. L esegeta sarà aiutato a interpretare correttamente un testo biblico e a riconoscere esattamente il suo senso se lo riconoscerà (tra l altro) come appartenente, ad esempio, al genere letterario della eziologia metastorica (es. i racconti della creazione di Gen 1 3), al genere parenetico (es. Dt 8) o penitenziale (es. Sal 51), ecc. 4. In che senso la Bibbia dice la verità? È ancora DV 11 a precisare il concetto di «verità» e dunque di inerranza della Scrittura. Due i principi. - La verità riguarda soltanto ciò che veramente l autore umano si impegna ad «asserire» (e non a dire). In altre parole, è necessario non interpretare alla lettera i testi sacri (cedendo a letture fondamentaliste) ma risalire, attraverso la lettera del testo, all intenzione dell autore. 9 J.L. SKA, Introduzione alla lettura del Pentateuco. Chiavi per l interpretazione dei primi cinque libri della Bibbia, Dehoniane, Bologna , p
5 - I libri della Scrittura insegnano «fermamente, fedelmente e senza errore» la VERITÀ SALVIFICA, ovvero tutto ciò che è necessario conoscere in ordine alla salvezza. Non troveremo perciò nella Bibbia nessuna verità di ordine astronomico, matematico, ecc., né alcuna stretta adesione all esattezza dei dati scientifici, o anche storici e geografici, ma solo la verità «utile» alla salvezza: «Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati, cioè agiografi, asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, si deve professare, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio in vista della nostra salvezza volle messa per iscritto nelle sacre lettere» L intenzione salvifica di Dio è espressa già nel Proemio della Costituzione: «Perciò seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami» (DV 1). La verità della Bibbia è stata colta al livello della salvezza a partire dalla Providentissimus Deus (1893): «Gli scrittori sacri, o più giustamente lo Spirito di Dio che parlava per mezzo di essi, non intendeva ammaestrare gli uomini su queste cose (cioè sull intima costituzione degli oggetti visibili), che non hanno importanza alcuna per la salvezza eterna» (EB 121). 5
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