RINUNZIE E TRANSAZIONI IN MATERIA DI LAVORO: ASPETTI SOSTANZIALI e PROCESSUALI
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1 RINUNZIE E TRANSAZIONI IN MATERIA DI LAVORO: ASPETTI SOSTANZIALI e PROCESSUALI
2 1. LA DISCIPLINA SOSTANZIALE Art comma 1 c.c. Comma 1: «Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide» Rinunzia (art c.c.) Negozio giuridico abdicativo diretto a dismettere un diritto senza trasferirlo ad altri. Non è subordinata all'accettazione altrui (atto unilaterale recettizio). Transazione (art c.c.) Contratto con il quale le parti prevengono l'insorgere di una lite o pongono fine ad una lite facendosi reciproche concessioni. Presupposti: - titolarità del diritto e capacità di disporne; - sussistenza di una «res litigiosa»; - volontà delle parti (atto bilaterale); - forma scritta «ad probationem».
3 Norme inderogabili L inderogabilità delle norme che attribuiscono diritti al lavoratore, si traduce nella impossibilità, da parte dei singoli soggetti del rapporto e/o delle organizzazioni sindacali, di inserire nel contratto di lavoro (rispettivamente, individuale e/o collettivo) clausole che deroghino in senso peggiorativo a norme di legge che riconoscono diritti al lavoratore. Esempio Cass. civ. n /2014: «I lavoratori hanno diritto alla retribuzione dell'attività lavorativa prestata ed al rimborso delle spese sostenute, per la pulizia degli indumenti di protezione, forniti dal datore di lavoro, risultando affetta da nullità parziale, per contrasto con norme imperative (artt. 377 e 379 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, fino alla data di entrata in vigore del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, a sua volta abrogato dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) la clausola, in senso contrario, del contratto collettivo che, sostituita di diritto dalle stesse norme inderogabili, concorre a conformare i contratti individuali di lavoro, sui quali si fondano i diritti alla retribuzione ed al rimborso spese dei lavoratori» (Rigetta App. Milano ). In senso conforme: Cass.: n /2006; 18537/2007; 11729/2009; 23314/2010; 11139/1998.
4 Diritti indisponibili L indisponibilità dei diritti del lavoratore postula una forma di protezione nei riguardi dell inderogabilità delle norme, che sarebbe «svilita» se il lavoratore, una volta acquisito il diritto, ne possa disporre senza limiti attraverso un atto di rinunzia o di transazione. Secondo l ordinamento e la prevalente dottrina, il principio della indisponibilità dei diritti deve essere individuato nella natura stessa degli interessi tutelati dal diritto, considerati rilevanti per la collettività non meno per il titolare. Esempi di diritti indisponibili: - diritto alla sicurezza sul lavoro; - diritto alle ferie; - diritto di sciopero; - diritti previdenziali (art c.c., comma 3: «È nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza»).
5 Differenza tra inderogabilità ed indisponibilità Secondo la dottrina prevalente (Galantino, Smuraglia, Mazziotti), inderogabilità ed indisponibilità, pur perseguendo il medesimo fine, ovvero ristabilire l equilibrio, tra le parti, del rapporto di lavoro, si riferiscono a momenti diversi. L inderogabilità delle norme atterrebbe alla fase costitutiva del rapporto di lavoro: al lavoratore deve essere attribuito il trattamento economico-normativo prescritto dalle norme inderogabili, per cui ogni disposizione ad esse contraria è nulla ai sensi dell art c.c., comma 1, fatte salve le ipotesi di nullità parziale ex art c.c., comma 2 (sostituzione di diritto dalle norme imperative violate). L indisponibilità delle norme atterrebbe invece alla fase successiva del rapporto di lavoro, in cui i diritti sorti per effetto delle norme inderogabili sono ormai entrati nella sfera giuridica del lavoratore e quindi egli ne potrebbe accettare la loro limitazione o soppressione tramite atto di rinunzia o transazione.
6 I diritti disponibili Sono atti validi, quindi non soggetti alla disciplina di cui all art c.c.: - la rinunzia all impugnativa del licenziamento e/o alla reintegrazione nel posto di lavoro (Cass. Civ. n /2009 e in senso conforme Cass. civ. n. 6265/2014); - i trattamenti economici derivanti da pattuizioni individuali (es. superminimo ) e non dalla contrattazione collettiva (Cass. Civ. n. 794/1982); - gli accordi inerenti il periodo di preavviso; - la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro; - la somma corrisposta a titolo di accettazione del provvedimento di risoluzione del rapporto, atteso che la continuazione dello stesso rientra nella sfera della disponibilità, o anche l accettazione del provvedimento di sospensione, quale alternativa al licenziamento (Cass. Civ. n. 7883/03).
7 2. INVALIDITA DELLA TRANSAZIONE E REGIME DI IMPUGNAZIONE Art commi 2 e 3 c.c. Comma 2: «L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima» Comma 3: «Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà» Principi generali: - le rinunzie e le transazioni sono invalide in quanto aventi ad oggetto diritti del lavoratore derivanti da norme inderogabili; - le rinunzie e le transazioni sono destinate ad acquisire validità se non impugnate entro il termine di decadenza (secondo Cass. n /2004 l eccezione di decadenza è in senso stretto); - la legittimazione all impugnazione spetta solo al lavoratore; - l impugnazione può essere formulata con qualsiasi atto (anche stragiudiziale) idoneo a renderne nota la volontà; - l impugnazione ex art c.c. si aggiunge alle altre cause di nullità o di annullabilità previste per tutti gli atti negoziali (es: errore, violenza o dolo).
8 Il dies a quo del termine di decadenza ex art comma 2 c.c. Il termine di sei mesi ai fini dell impugnativa dell atto di rinunzia o transazione decorre: - dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, se la rinunzia o transazione è intervenuta durante la vigenza del rapporto di lavoro; - dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione del rapporto di lavoro. La ratio legis Il legislatore, da un lato, ha tutelato il lavoratore differendo la decorrenza del termine di decadenza alla cessazione del rapporto di lavoro nel caso in cui l atto invalido sia intervenuto durante lo svolgimento dello stesso rapporto e, contestualmente, ha garantito l interesse del datore di lavoro disponendo, come conseguenza del decorso del termine, l accertamento definitivo delle reciproche posizioni.
9 La specificità dell atto di impugnazione Cass. civ. n /2007: «La generica impugnazione scritta di ogni rinuncia o transazione, espressa dal lavoratore in via stragiudiziale ai sensi dell'art. 2113, comma 3, c.c., costituisce negozio giuridico unilaterale, nullo ai sensi degli art. 1324, 1418, comma 2, e 1346 c.c. per indeterminazione dell'oggetto» Nella fattispecie, il lavoratore aveva impugnato il documento che conteneva tanto le dimissioni del dipendente, quanto l accettazione di una somma di denaro determinata forfettariamente e transattivamente con una rinuncia a qualunque pretesa per qualsiasi titolo o ragione, in termini del tutto generici senza alcun riferimento alla transazione in oggetto e, dunque, in assenza di qualsiasi indicazione dei motivi di impugnazione.
10 Nullità vs. annullabilità I diritti assolutamente indisponibili Le rinunzie e le transazioni aventi ad oggetto i diritti assolutamente indisponibili del lavoratore, non sono meramente annullabili ex art c.c., bensì radicalmente nulle ed assoggettate al regime di cui all art c.c. Rientrano tra i diritti assolutamente indisponibili quelli aventi ad oggetto i diritti garantiti a livello costituzionale, nonché quelli derivanti al lavoratore dalla lesione di fondamentali diritti alla persona (libertà di pensiero, di orientamento religioso e/o sessuale, il diritto all integrità psico-fisica nei luoghi di lavoro ecc.). Conseguenza Le rinunzie e le transazioni invalide perché nulle possono essere impugnate anche dopo la scadenza del termine semestrale di cui all art c.c.
11 Cass. civ. n /2006: Segue: Nullità vs. annullabilità Le rinunzie e le transazioni aventi ad oggetto diritti futuri «Riguardo a diritti già maturati, il negozio dispositivo integra una mera rinuncia o transazione, rispetto alla quale la dipendenza del diritto da norme inderogabili comporta, in forza dell'art c.c., l'annullabilità dell'atto di disposizione, ma non la sua nullità. Nei confronti di diritti ancora non sorti o maturati la preventiva disposizione può comportare, invece, la nullità dell'atto, poiché esso è diretto a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera diversa da quella fissata dalle norme di legge o di contratto collettivo». Es.: è nulla la rinunzia del lavoratore a far valere il proprio diritto di passaggio verso il datore di lavoro cessionario, in ipotesi di futura eventuale cessione ex art c.c.
12 3. LE RINUNZIE E TRANSAZIONI VALIDE Art comma 4 c.c. Comma 4: «Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile.» Sono quindi valide e non impugnabili da parte del lavoratore, le transazioni sottoscritte: - in sede giudiziale (artt. 185 e 420 c.p.c.); - innanzi alle commissioni di conciliazione istituite presso le DTL (artt. 410 e 411 c.p.c.); - in sede sindacale (art. 412 ter c.p.c.); - innanzi al collegio di conciliazione ed arbitrato irrituale (art. 412 quater c.p.c.); - innanzi alle commissioni di certificazione di cui all art. 76 del d.lgs. 276/2003 (art. 82 d.lgs. 276/2003).
13 Il ruolo del rappresentante sindacale Cass. civ. n /2013: «Per il combinato disposto degli artt c.c. e 410, 411 c.p.c.., le rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione sindacale, non sono impugnabili ex art. 2113, commi 2 e 3, c.c., solo a condizione che l'assistenza prestata dai rappresentati sindacali sia stata effettiva, consentendo al lavoratore di sapere a quale diritto rinunzia ed in che misura, e, nel caso di transazione, a condizione che dall'atto si evinca la "res dubia" oggetto della lite (in atto o potenziale) e le "reciproche concessioni" in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell'art c.c.». Ai fini dell accertamento circa l effettività dell assistenza prestata in favore del lavoratore: «occorre valutare se, in base alle concrete modalità di espletamento della conciliazione, sia stata correttamente attuata quella funzione di supporto che la legge assegna al sindacato nella fattispecie conciliativa» (Cass. civ. n /2008)
14 Segue: Il ruolo del rappresentante sindacale e la natura dell atto di transazione Cass. civ. n. 9255/2016: «La conciliazione in sede sindacale non ha natura di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, in quanto il rappresentante sindacale non è un pubblico ufficiale, né ha il potere di autenticare le sottoscrizioni delle parti, ma si limita a garantire con la sua presenza l'assenza di uno stato di soggezione tra datore di lavoro e lavoratore, sicché quest'ultimo può limitarsi a disconoscere la propria sottoscrizione facendo ricadere sulla controparte l'onere di chiederne la verificazione, la cui mancanza determina l'inutilizzabilità dell'atto» (rigetta App. Napoli ).
15 Grazie per l attenzione Avv. Filippo Valcanover
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