L approccio strategico al cambiamento. Come risolvere problemi difficili attraverso soluzioni semplici (a cura di Andrea Farioli)
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- Giada Falco
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1 L approccio strategico al cambiamento Come risolvere problemi difficili attraverso soluzioni semplici (a cura di Andrea Farioli)
2 Presupposto per il cambiamento
3 MODI DI ESSERE E CAMBIAMENTO CAMPANA PIENA IO - COSA (NELLA SCATOLA) Gli altri sono oggel CAMPANA VUOTA IO - TU (FUORI DALLA SCATOLA) Gli altri sono persone OSTACOLI STRUMENTI NULLITA CUORE IN GUERRA Speranze, necessità e preoccupazioni degli altri sono REALI quanto le mie (la mappa non è il territorio) CUORE IN PACE
4 Aiutare gli altri a cambiare
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6 LE LEZIONI CHE POSSIAMO IMPARARE DA QUESTA PIRAMIDE
7 LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO La resistenza al cambiamento è uno dei fenomeni più diffusi tra gli esseri umani (e che più caratterizza lo svolgimento di un progetto ed in particolare i progetti di cambiamento e miglioramento organizzativo). Cambiare il modo di lavorare delle persone è un impresa ardua perché si va a modificare abitudini consolidate e rafforzate col passare del tempo su cui, oltretutto, si è costruita una parte significativa della cultura e delle competenze di ciascuna organizzazione. Del resto, le abitudini consentono di risparmiare energie mentali e riducono lo stress quotidiano. In tal senso è umano cercare di mantenerle. Diventano invece un fattore penalizzante quando mantengono in vita schemi non più validi, superati dal tempo oppure che non consentono più di rispondere alle esigenze per cui erano stati costruiti.
8 MODALITA DI RESISTENZA Rifiuto ( abbiamo sempre fatto così..non c è nulla che non si possa sistemare con qualche piccola modifica ) Rinvio ( ora abbiamo altri impegni/urgenze, lo faremo in futuro ) Indecisione ( dobbiamo rifletterci ancora un po ) Mancate applicazioni (ci si ferma ad analizzare eccessivamente ogni nuovo aspetto, sino alla paralisi da analisi) Sabotaggio nascosto ( occhio non vede, cuore non duole ) Regressione ( scordiamoci queste idee balorde e rimettiamoci al lavoro ) Leadership negativa ( qualcuno in azienda raccoglie i mugugni e se ne fa pubblicamente portatore contro il management).
9 MODELLI CLASSICI DI PROBLEM SOLVING Domandarsi perché. Conduce a ricercare le cause e le soluzioni in un passato che comunque non può essere cambiato Ovvero ad una causalità lineare dal passato al presente A B C D
10 IL MODELLO DI PROBLEM SOLVING STRATEGICO Domandarsi come funziona. Orienta l indagine in direzione della ricerca al cambiamento nel presente.. Ovvero ad una causalità circolare dal presente al futuro A D B C
11 DIFFICOLTA MIGLIORI INTENZIONI BUON SENSO TENTATE SOLUZIONI (IN BASE AL PROPRIO MODO DI INTERPRETARE LA REALTA ) A) La difficoltà viene affrontata in modo non adeguato PROBLEMA se una cosa non funziona.. Fanne un altra! (Cfr bandler e Grinder) B) Ripetizione della soluzione (Di più della stessa soluzione inefficace)
12 Dalla realtà subita alla realtà gestita (adattare la soluzione al problema) Se il nostro solo strumento è un martello, ogni problema assomiglierà ad un chiodo da battere
13 GIOCO DEI NOVE PUNTI (Tratto da sblocca il cervello di J. Adams) Esercizio: Provate a unire tutti i 9 punti, senza interruzioni, con solo 4 tratti continui Svolgimento: Spesso i vincoli che limitano il nostro pensiero non sono imposti ma li creiamo noi esco dallo schema! Quando un problema sembra essere senza soluzione, spesso la soluzione è il problema (Giorgio Nardone)
14 Fase 1 definire il problema Prima di intervenire ci si deve chiedere: Come si presenta il problema? Chi coinvolge? In quali momenti si manifesta? Rispetto a quali aree/compiti? Da quanto tempo? Con quale frequenza? Quali eccezioni positive ci sono state?
15 Fase 2 rilevare le TSD Per conoscere le TSD ci si deve chiedere: Chi ha fatto qualcosa per risolvere il problema? (Ha fatto da solo o ha coinvolto altre persone?) Quali risultati ha ottenuto? Ha funzionato parzialmente o in un contesto simile? ha prodotto un peggioramento della situazione o un miglioramento?
16 LE TDS PIU FREQUENTI 1. EVITARE (non affrontare le difficoltà e i cambiamenti necessari) 2. DELEGARE (i compiti o attività che ci generano ansia) 3. CONTROLLARE (voler avere il controllo su tutto il processo)
17 Fase 3 - definire l obiettivo Specifico (concreto e chiaro) (S.M.A.R.T.) Misurabile (definito in termini di risultati osservabili) Accordato (condiviso da tutti) Realizzabile (in base a vincoli e risorse) Tempificato (raggiungibile in un tempo determinato)
18 Tecniche strategiche (per facilitare il cambiamento)
19 Per Individuare le TSD TECNICA DEL COME PEGGIORARE <<Se, invece di migliorare, volesse volontariamente peggiorare la situazione cosa dovrebbe fare o non fare, pensare o non pensare?>>
20 Per definire l obiettivo TECNICA DELLO SCENARIO OLTRE IL PROBLEMA Una domanda quasi magica: << Supponi che domani ti alzi e il tuo problema non c è più ha raggiunto l obiettivo sperato!! Quale sarebbe lo scenario una volta raggiunto l obiettivo o risolto il problema? Quali sarebbero gli indicatori concreti del cambiamento positivo? Cosa faresti di diverso? Da cosa ti accorgeresti che l obiettivo è stato raggiunto o il problema risolto? >>
21 Per dare gambe a un progetto di cambiamento TECNICA DELLO SCALATORE Immaginiamo il percorso a ritroso e cerchiamo di individuare almeno 10 stadi (obiettivi parziali). Più stadi costruiamo, più risulterà facile costruire i passi necessari a raggiungere l obiettivo prefissato. L intervento iniziale sarà minimale e partirà dall individuazione di quale sarà il primo passo da compiere.
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24 BUTTA LA SPAZZATURA
25 Cosa direbbe Snoopy (a proposito di questo incontro) Se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci, non siamo alberi.
26 RESTIAMO IN CONTATTO... (blog e materiali) a.farioli@semplicemente.eu (richiesta coaching, consulenza e formazione) (feedback) e...buon ALLENAMENTO!!!! 26
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