La fonetica è la scienza che studia i suoni (o foni) sia nella produzione del parlante sia nella ricezione dell ascoltatore.

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1 1 FONETICA DELL ITALIANO La fonetica è la scienza che studia i suoni (o foni) sia nella produzione del parlante sia nella ricezione dell ascoltatore. I suoni sono prodotti tramite l apparato fonatorio, costituito da polmoni, bronchi, trachea, laringe, cavità della bocca e cavità nasale. Pochi foni si combinano in modi molteplici formano un altissimo numero di parole (linguaggio verbale). Nessuna lingua utilizza tutti i foni possibili per formare parole. L aria prodotta dai polmoni passa attraverso la laringe e nel fuoriuscire dalla cavità orale subisce delle modificazioni che producono suoni distinti. Ø Se nel passaggio dalla laringe le corde vocali poste ai suoi bordi vibrano, si avranno suoni sonori;; se invece le corde vocali non si muovono, avremo suoni sordi. Ø Se l aria passa attraverso le cavità nasali, si producono suoni nasali, ma se il velo palatino (la parte posteriore e molle del palato) impedisce il passaggio attraverso il naso, si avranno soltanto suoni orali. In italiano

2 2 i suoni nasali sono pochi e sono soltanto consonantici, mentre tra i foni orali distinguiamo tra vocali e consonanti. Ø Quando produciamo le vocali, l aria che passa attraverso la cavità orale non incontra ostacoli, ma solo, in qualche caso, un restringimento;; le corde vocali vibrano sempre, per cui le vocali sono soltanto sonore. Le vocali sono gli unici foni dell italiano su cui può cadere l accento. Ø Le consonanti possono essere sorde o sonore e l aria incontra degli ostacoli lungo il passaggio. Ø Le semiconsonanti o semivocali sono suoni intermedi, prodotti quasi come le vocali ma con durata più breve per il sopraggiungere di un ostacolo. La fonetica studia dunque l articolazione fisica dei suoni ed è diversa dalla FONOLOGIA che studia il valore astratto dei foni;; si occupa cioè dei fonemi. Il fono è il suono fisicamente prodotto dal parlante, mentre il fonema è la rappresentazione mentale di un fono che ha funzione distintiva in un preciso sistema linguistico, che consente, cioè, di distinguere il significato di una parola dall altra. Il fono si rappresenta con un simbolo dell alfabeto fonetico racchiuso tra parentesi quadre [ʎ];; il fonema con un simbolo fonetico racchiuso tra barre oblique /ʎ/. Il fono è un qualsiasi suono linguistico, mentre il fonema è l unità minima utilizzata da una lingua per distinguere una parola dall altra.

3 3 Si tratta di una distinzione di estrema importanza per tutte le lingue. Ogni lingua ha alcuni foni che corrispondono a fonemi distinti, che corrispondono cioè a rappresentazioni mentali e astratte distinte. I parlanti però possono produrre anche foni diversi e possono produrre anche in modi diversi il fono corrispondente a un fonema;; possono dare cioè realizzazioni diverse dello stesso fonema per variazioni personali, geografiche, sociali. Le realizzazioni diverse dello stesso fonema si dicono allòfoni. Pensiamo a un parlante che tenda a realizzare la s poggiando la punta della lingua contro gli alveoli invece che contro i denti. Si tratterà solo di una variazione, di un allofono cui non corrisponde un fonema specifico, diverso da quello della /s/ italiana. Nell ascoltarlo non terremo conto di questa variazione, ma ricondurremo il suono al fonema dell italiano. Si tratta dunque di una variazione fonetica e non di una distinzione fonologica;; in una lingua, però, esistono, come si vedrà, anche allofoni stabili, ovvero variazioni di suono condizionati dal contesto fonetico. La funzione distintiva dei fonemi è testimoniata dalla presenza di coppie minime, cioè coppie di parole che si distinguono per un unico elemento: rata ~ rada;; patto ~ matto;; pazzo ~ pozzo. Se in una parola, sostituendo un fono con un altro, si ottiene un altra parola di senso compiuto, siamo di fronte a due fonemi (prova di commutazione) e a una distinzione fonologica. Il più diffuso sistema di trascrizione dei foni e dei fonemi è l IPA (International Phonetic Association). I foni sono elementi della comunicazione orale, del parlato. Da secoli gli uomini li fissano sulla carta attraverso segni grafici (grafemi). Lo studio dei grafemi e dei segni paragrafematici che si adoperano solo nella scrittura (apostrofi, accenti, interpunzione, ecc.) è detto grafematica. Non bisogna mai confondere il segno grafico con il suono;; non sempre (e in alcune lingue quasi mai) esiste un rapporto di esatta corrispondenza tra il fono e la sua realizzazione grafica. La fonetica di una lingua muta più velocemente della grafia, che registra spesso fasi più antiche. Per lo studio delle lingue antiche, la grafia riveste una grande importanza, mentre è secondaria nello studio delle lingue contemporanee. In italiano il rapporto tra fonetica e grafia non pone grandi problemi, ma esistono delle discordanze. Alcuni segni grafici, per esempio, non si realizzano nella fonetica (si pensi al valore diacritico della i in parole come giallo o

4 4 ciondolo);; a volte lo stesso fonema è reso in modi diversi (si pensi all occlusiva velare che può essere rappresentata dal digramma <ch>, chilo, o dal solo <c>, cane). Il sistema fonologico dell italiano è costituito da sette vocali, da due semivocali e da 21 consonanti. Un numero complessivo molto superiore ai 21 segni dell alfabeto, senza contare che molte consonanti, quando si trovano tra due vocali (posizione intervocalica), possono essere lunghe e brevi, dette anche doppie e scempie con riferimento alla realizzazione grafica. VOCALISMO Il vocalismo tonico dell italiano è formato da: una vocale centrale di massima apertura, /a/;; tre vocali anteriori, /i/, /e/, /ɛ/, o palatali (la lingua si sposta in avanti, verso il palato duro), aprocheile (realizzate cioè con distensione delle labbra);; tre vocali posteriori /u/, /o/, /ɔ/, o velari (la lingua si sposta indietro, verso il palato molle), procheile (realizzate cioè con arrotondamento delle labbra). In base all altezza della lingua distinguiamo tra vocali alte (/i/, /u/), vocali medio alte (/e/, /o/), vocali medio basse (/ɛ/, /ɔ/), vocale bassa (/a/). Le vocali alte sono di massima chiusura. La grafia dell italiano non segna la differenza di apertura e chiusura delle vocali medio alte e medio basse. Si tratta di una distinzione fonologica come prova l esistenza di alcuna coppie minime come

5 5 /bɔtte/ (plurale di botta) e /botte/ (recipiente per vino) /pɛsca/ ( frutto ) e /pesca/ ( attività del pescare ). Talvolta la distinzione si può segnare graficamente tramite l accento. L accento acuto, è, segnala la vocale chiusa, quello grave, è, la vocale aperta. La distinzione tra apertura e chiusura delle vocali medie si avverte soltanto quando sono accentate (toniche);; se sono atone la distinzione si annulla e i suoni vocalici si riducono a cinque. La distribuzione dei suoni in ogni lingua ha delle restrizioni: non sempre tutti i suoni, cioè, possono ricorrere in tutte le posizioni. Per quanto riguarda le vocali, per esempio, in italiano la u non può ricorrere in fine di parola tranne nel caso in cui non sia tonica (più, tribù, ecc.);; anche la o chiusa non ricorre mai in fine di parola, dove si trova solo la /ɔ/ (però, contò, ecc.). Quando due vocali appartengono a due sillabe diverse e si incontrano, si forma uno iato: pa-é-se, le-ó-ne (diverso il caso dei dittonghi fài-da, buò-no). Quando l incontro tra le vocali di due sillabe distinte si realizza per l incontro tra due parole diverse (la entrata, lo impero), per evitare lo iato, spesso cade la vocale finale della prima parola (l entrata, l impero). È un fenomeno fonosintattico (o di fonetica sintattica) e di riduzione del corpo fonico della parola definito elisione. Si parla invece di iato quando due vocali accostate sono pronunciate in due sillabe separate. Si verifica: quando nessuna delle due vocali contigue è una i o una u (be-ato, le-ale, ero-e);; quando una delle due vocali è una i o una u colpite da accento (mío, búe);; in alcune parole formate con il prefisso ri- (ri-aprire, ri-avere) o, più in generale, in cui la i è preceduta da r o da un gruppo consonantico con r: oriente, ri-one, ecc.;; quando si tratti del derivato di una parola che aveva l accento sulla i: viabilità (da vì-a), spi-are (da spì-a). L italiano possiede anche due semiconsonanti o semivocali: la /j/ (o iod) palatale e la /w/ velare che nella grafia dell italiano sono rese con <i> e <u>. La loro pronuncia è a metà tra le vocali e le consonanti;; si chiamano infatti anche consonanti approssimanti, perché il canale dell aria si restringe molto ma non completamente come per le consonanti. Questi foni possono comparire in italiano solo prima o dopo una vocale appartenente alla stessa sillaba. Se compaiono prima formano un dittongo

6 6 ascendente, piede, buono, accentato cioè sul secondo elemento vocalico. Se compaiono dopo formano un dittongo discendente, accentato cioè sul primo elemento vocalico: càusa, pòi. La /j/ non può mai co-occorrere con la /i/;; la /w/ non può mai co-occorrere con la /u/ e non può formare dittonghi discendenti con /i/, /ɔ/ e /o/. La /u/ non può mai apparire in fine di parola tranne nel caso in cui non sia tonica (più). CONSONANTI Fonemi consonantici dell italiano Luogo di articolazione Modo di Bilabiali Labiodent. Dentali Alveolari Palatali Velari articolaz. s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra s.da s.ra Occlusive p b t d k g Laterali l ʎ Vibranti r Fricative f v s z ʃ Nasali m n ɲ Affricate ts dz ʧ dʒ Occlusive: chiusura completa del canale Costrittive: c è un forte restringimento che tuttavia consente il passaggio dell aria: fricative si producono con una frizione vibranti con vibrazione della lingua laterali con passaggio dell aria ai lati della lingua Affricate: c è un occlusione e poi un restringimento La presenza di quattro affricate tra i fonemi consonantici è considerato un tratto tipico dell italiano;; le altre principali lingue europee ne hanno al massimo due. Bilabiali: chiusura delle labbra Labiodentali: denti e labbro inferiore Dentali: punta della lingua contro i denti Alveolari: punta della lingua contro gli alveoli Palatali: dorso della lingua contro il palato anteriore Velari: dorso della lingua contro il velo Le poche discrepanze tra grafia e fonetica nell italiano riguardano le consonanti.

7 7 L occlusiva velare sorda /k/ha tre grafie differenti: <c> davanti alla a e alle vocali velari o, u;; il digramma <ch> davanti alle vocali palatali e, i;; <q> in alcuni casi davanti a /w/: quando, quale, ecc., ma cuore, cuoco, ecc. L occlusiva velare sonora /g/ ha due grafie differenti: <g> davanti alla a, alle vocali velari o, u, e alla semivocale /w/ (guanto);; il digramma <gh> davanti alle vocali palatali e, i. I suoni [kw] e [gw] sono definiti nessi labiovelari rispettivamente sordo e sonoro e devono essere sempre seguiti da una vocale. Le affricate palatali sorda e sonora, /ʧ/ e /dʒ/, hanno ciascuna due rese grafiche differenti: <c> e <g> davanti alle vocali palatali e, i (giallo, cena, ecc.);; i digrammi <ci> e <gi> davanti alla a, alle vocali velari o, u (ciocco, giallo, guancia, gancio, ecc.). La i ha in questo caso solo valore diacritico. Nella fonetica dell italiano standard contemporaneo, anche in parole come cielo, dove la i aveva valore fonetico (era la semivocale del dittongo /jε/) o in latinismi come superficie, igiene, la <i> ha ormai solo valore diacritico. Abbiamo anche casi contrari in cui due suoni differenti hanno un solo segno grafico. Le affricate alveolari sorda e sonora /ts/ e /dz/ si rendono in italiano con il solo grafema <z>: zaino / dzajno/, zucca / tsukka/. In posizione intervocalica le affricate alveolari sono sempre lunghe (intense), anche se nella grafia talvolta sono scempie e talvolta doppie: mezzo / meddzo/;; pizza / pittsa/ ma azoto /ad dzɔto/;; azione /at tsjone/. Anche le fricative alveolari sorda e sonora /s/ e /z/ si rendono in italiano con il solo grafema <s>. La fricativa alveolare sonora /z/ si può trovare all inizio di parola prima di un altra consonante sonora: sdolcinato, svegliarsi, ecc.;; in posizione intervocalica dove è sempre di grado tenue:rosa / rɔza/.

8 8 In posizione preconsonantica le fricative alveolari sono sorde o sonore in base al contesto fonetico. In posizione intervocalica hanno valore fonologico: fuso / fuso/ (arnese per filare, fuso orario) e fuso / fuzo/ participio passato di fondere;; chiese / kjεse/ (participio passato di chiedere) e chiese / kjεze/ (plurale di chiesa). Le consonanti laterale palatale, fricativa palatale e nasale palatale, /ʎ/, /ʃ/ /ɲ/, in posizione intervocalica sono sempre lunghe, di grado intenso. Nella grafia sono rese con un digramma o un trigramma. /ʎ/ con il digramma <gl> davanti a /i/: gli, gliene, figli, ecc. con il trigramma <gli> davanti alle altre vocali: aglio. /ʃ/ con il digramma <sc> davanti alle vocali palatali: scena con il trigramma <sci> davanti alle altre vocali: uscio (fanno eccezione alcuni latinismi come scienza) /ɲ/ con il solo digramma <gn>: pugno, ignorare Nei digrammi <gli> e <sci> la i ha solo valore diacritico Gli allofoni sono variazioni di suono che non hanno valore fonologico. La variazione di suono è condizionata dal contesto fonetico. Gli allofoni dell italiano sono: le velari che precedono la semivocale /j/, [kj] e [gj]: chiodo, chiesa, ghianda, ghiotto in alfabeto fonetico si indicano con [c] e [ɟ];; la nasale che precede una velare [ŋ]: ancora, e la nasale che precede una fricativa labiodentale [ɱ]: anfora. Un tratto fonologico tipico dell italiano è la lunghezza consonantica. È l unica delle lingue romanze ad aver conservato questo tratto dal latino e ha valore distintivo: pala/palla, cane/canne, fato/fatto LA SILLABA Anche all interno delle parole i suoni non sono mai pronunciati isaolatamente ma si legano l uno all altro in strutture che possono variare da lingua a lingua e che costituiscono le sillabe.

9 9 Elemento essenziale della sillaba è il nucleo che in italiano è sempre costituito da una vocale. Il nucleo è quasi sempre preceduto da un attacco (pa-ne) e può essere seguito da una coda (tut-to). In italiano, e anche questa è una specificità della nostra lingua possiamo avere sillabe costituite dalla sola vocale, mentre non possiamo avere sillabe costituite solo da consonanti, con l eccezione di onomatopee, dette anche ideofoni, come brrr, bzzz. L attacco può avere diverse composizioni: V: o-ro CV: ma-no CCV: tre-no CVC: den-te CCVC: trop-po CCCV: stra-da CCCVC: stret-to La coda è sempre costituita da una sola consonante. La sillaba chiusa da una consonante non si trova in fine di parola, tranne che in alcuni monosillabi come per, del, ecc. Le sillabe sono aperte quando finiscono per vocale e chiuse quando è presente la coda e si chiudono quindi in consonante: sillaba aperta ma-no sillaba chiusa can-to La sillaba aperta tonica è lunga;; la sillaba chiusa è breve, ma questa distinzione in italiano non ha valore fonologico. L ACCENTO È un tratto soprasegmentale, cioè al di sopra della sequenza dei suoni. Consiste nel far sentire con più forza una sillaba sulle altre o, più esattamente, il nucleo della sillaba. L accento italiano è intensivo, il nucleo della sillaba è cioè articolato con più forza (diversi i casi in cui l accentuazione è data dalla durata o dall altezza melodica = tono più acuto della voce). L italiano ha un accento mobile la cui posizione è impredicibile. Ha valore fonologico: rétina/retìna, àncora/ancóra, sùbito/subìto, ecc. Possiamo avere parole

10 10 ossitone o tronche, cantò, parossitone o piane, tàna proparossitone o sdrucciole, tàvolo bisdrucciole, dèlegano La maggioranza delle parole italiane è costituita da parole bisillabe con accento piano e tra queste predominano quelle la cui sillaba tonica è aperta. Il ritmo dunque prevalente in italiano è quello del trocheo: una sillaba lunga seguita da una breve Le parole composte hanno spesso un accento secondario: cassapanca Esistono alcuni monosillabi deboli che sono privi di accento e che si appoggiano all accento delle parole che le precedono o le seguono. Sono preposizioni, articoli e soprattutto i pronomi atoni come mi, ci, lo, ecc., denominati anche clitici. I clitici infatti si legano di solito al verbo che segue o che precede;; nel primo caso si parla di pròclisi e di pronomi proclitici: lo so;; mi sembra;; nel secondo casi si aprla di ènclisi e di pronomi enclitici: sentimi;; cavarsela. Fenomeni di fonosintassi Raddoppiamento Fonosintattico Nella comunicazione orale si produce il cosiddetto continuum fonico. Nel continuum fonico del parlato, talvolta una parola che termina per vocale allunga la consonante della parola che segue. La grafia non registra il fenomeno, tranne che in alcuni casi di parole univerbate, come soprattutto, appena, chicchessia, ecc. Il raddoppiamento fonosintattico si verifica nei seguenti casi: dopo una parola che termini per vocale accentata: comprò tutto;; non posso né voglio;; andò via;; perché tu e non lui;; dopo monosillabi forti come re, gru, tre, dì;; dopo bisillabi piani come dove, sopra, qualche, come;; dopo le forme seguenti: a, da, fra, tra, su, che, chi, se (congiunzione), e, o, ma. Si spiega storicamente come un caso di assimilazione regressiva: TRES CANES > tre ccani AD VENIRE > avvenire TERRA ET MARE > terra e mmare PLUS PANEM > più ppane

11 11 Elisione L elisione (dal lat. elisio «atto di rompere») consiste nella cancellazione di una vocale atona in fine di parola, quando questa sia seguita da una parola iniziante per vocale. Il fenomeno ha luogo quindi solo al confine di parola e fa parte della cosiddetta fonologia di giuntura o fonetica sintattica. La cancellazione della vocale atona finale serve a rendere più fluida l articolazione dei suoni ed evitare il formarsi di iati come accadrebbe in lo emporio, la avarizia, ecc. L eliminazione della vocale per elisione nella grafia è segnalata dall apostrofo: l amica, un altra, senz altro, ecc. Apocope L apocope (o troncamento) consiste nella caduta della vocale atona finale o della sillaba nell incontro con un altra parola che inizi perlopiù con consonante. Nell italiano contemporaneo l apocope sillabica sopravvive solo in gran, san, bel (gran caldo, san Gennaro, bel ragazzo) e nelle preposizioni articolate (del/dello, al/allo, ecc.). L apocope vocalica può essere obbligatoria in casi come: buon giorno, buon viaggio, signor Mario;; e facoltativa in casi quali: cuor mio, bicchier d'acqua, ancor più, ecc. Perché l apocope vocalica si verifichi la vocale finale deve essere preceduta da l, r, n, m;; deve essere vocale diversa da a, tranne che per i composti in -ora (suor Maria, ancor più, ecc.);; le vocali finali -e, -i non devono indicare plurale;; la parola non deve trovarsi in fine di frase. Si tratta, tuttavia, di un fenomeno impredicibile: secondo le regole precedenti, infatti, la sequenza car padre sarebbe ammessa, eppure non si produce. Attenzione: anche qual è è un apocope ed è per questo motivo che non si apostrofa (così come non si apostrofa qual era). La caduta della vocale in quale può infatti avvenire anche davanti a consonante (qual buon vento). Anche altre forme, come tal o buon, si comportano allo stesso modo e nella grafia non richiedono l apostrofo quando si trovino davanti a vocale (è un buon amico). La grafia qual'è si sta diffondendo, soprattutto nella scrittura giornalistica ma la regola grafica è ancora stabile. È diverso, invece, il caso di qual erano, dove si ha un elisione della i di quali che richiede l apostrofo.

12 Aferesi L aferesi consiste nella caduta di uno o più foni all inizio di parola. Oggi è un tratto caratteristico del parlato, soprattutto nei registri trascurati o informali, e nel parlato regionale o popolare. L aferesi riguarda più frequentemente la vocale atona iniziale delle parole, soprattutto negli articoli e quando precedono un nesso nasale + consonante: «come stai?» «nsomma»;; oggi non fatto n tubo;; t ho aspettato tutto l tempo. Si ha anche aferesi della sillaba iniziale;; nel parlato contemporaneo, sempre di registro informale, è frequente l aferesi sillabica del dimostrativo: Tutte ste storie m hanno scocciato. Il dimostrativo, nella forma aferetica, perde l accento e si comporta come un clitico, appoggiandosi all accento della parola che segue (enclitico): sempre sto chiasso tutte le sere! 12

13 13 LE VARIETÀ LINGUISTICHE E LE VARIETÀ DELL ITALIANO Le fondamentali dimensioni della variazione sincronica di TUTTE le lingue sono costituite: dall area geografica in cui la lingua è usata (o più esattamente dall area di provenienza dei parlanti e dalla loro distribuzione geografica) - variazione diatopica;; dallo strato o gruppo sociale cui appartengono i parlanti (o più specificamente dalla posizione che il parlante occupa nella stratificazione sociale) - variazione diastratica;; dalla situazione comunicativa nella quale si usa la lingua - variazione situazionale o diafasica;; dal mezzo fisico-ambientale attraverso cui si svolge la comunicazione, dal canale attraverso cui la lingua è usata (scrittura o oralità) - variazione diamesica. La variazione diamesica riguarda le varietà dello scritto e del parlato, o anche dello scritto trasmesso e del parlato trasmesso. Per quanto riguarda la variazione diatopica, in Italia l influenza dei diversi dialetti sullo standard ha dato vita agli italiani regionali. La varietà diastratica bassa dell italiano, parlata e scritta da persone con un basso grado di istruzione, è l italiano popolare. Sono varietà diastratiche anche quelle condizionate dall età (linguaggi giovanili) o dall appartenenza a gruppi sociali come la malavita, gli emarginati ecc. (gerghi). All interno della variazione diafasica distinguiamo tra registri (formali e informali) e sottocodici o lingue speciali. La variazione diacronica è invece legata al tempo, che provoca mutamenti nelle lingue. I mutamenti linguistici possono avvenire per cause interne alla lingua, come la grammaticalizzazione e la lessicalizzazione. Con la grammaticalizzazione alcune parole cambiano funzione grammaticale oppure acquistano una funzione grammaticale che prima non avevano: il verbo venire in alcuni casi ha perso il suo significato e ha preso le funzioni del verbo ausiliare essere per la costruzione del passivo: forma attiva: gli studenti leggono il libro di testo;; forma passiva con essere: il libro di testo è letto dagli studenti;; forma passiva con venire: il libro viene letto dagli studenti. Con la lessicalizzazione alcune forme grammaticali possono diventare parole nuove:

14 14 il participio presente cantante ( che canta ) è divenuto un sostantivo: il cantante;; la locuzione a fresco è diventato un sostantivo: l affresco;; la III persona del presente del verbo fare ha assunto una funzione temporale: poco fa, un anno fa;; anche sequenze come non so che possono diventare un sostantivo: un non so che. I mutamenti linguistici possono avvenire anche per cause esterne, come l influenza di altre lingue (prestiti come film, computer, ecc.) o cambiamenti della società (per es. oggi si usano diversamente i pronomi di cortesia tu/lei e il voi è scomparso dallo standard, si usa solo nell italiano regionale meridionale). NEOSTANDARD O STANDARD APERTO A USI INNOVATIVI? Se sul piano fonetico l italiano standard è oggi una realtà sfuggente, sul piano grammaticale si va modificando per influenza della lingua parlata, al punto che molti linguisti parlano di un nuovo standard, detto appunto neostandard. La sua prima descrizione si ebbe negli anni Ottanta del Novecento, quando si misero in luce alcuni usi innovativi comuni a tutto il paese. Si diedero definizioni come italiano dell uso medio (Sabatini), italiano tendenziale (Mioni), italiano neostandard (Berruto). Il neostandard non investe il piano fonetico, influenzato dall elemento regionale, ma si caratterizza sul piano grammaticale. È diffuso nel parlato, dove si può sovrapporre, sul piano fonetico, all italiano regionale alto. Nella scrittura è presente solo nella scrittura informale o, per alcuni tratti, in quella mediamente formale. Si preferisce la definizione di neostandard per la diffusa accettazione da parte della comunità linguistica e per la sua continuità dallo standard tradizionale e di più alto prestigio. Altri linguisti, tuttavia, preferiscono parlare di uno standard aperto, in alcune situazioni comunicative, a usi innovativi, senza individuare una varietà diversa. Sottolineano la resistenza dello standard tradizionale rispetto ad alcune innovazioni. Luca Serianni, in particolare, documenta, in alcuni studi, come l italiano comune non marcato sia adoperato non solo nello scritto, ma anche nel parlato di persone colte, in situazioni non molto formali, e come nella scrittura i fenomeni innovativi siano poco presenti.

15 15 Non tutti i fenomeni del cosiddetto neostandard, infatti, sono così estesi e non tutti sono accolti allo stesso modo in tutte le situazioni e in tutti i tipi di comunicazione. In Italia, soprattutto nella seconda metà del XX sec., trasformazioni sociali, politiche ed economiche profonde hanno provocato anche rapidi cambiamenti nella lingua. Alcuni fenomeni un tempo considerati inaccettabili ora sono del tutto usuali e accolti soprattutto nel parlato, come il pronome obliquo di terza persona plurale gli usato al posto di a loro: Ho incontrato gli amici e gli ho detto di venire. l uso del pronome soggetto di terza persona lui, lei, loro, in luogo di egli, ella, essi, essa;; la semplificazione dei dimostrativi (da tre uscite a due): questo, per indicare persona o oggetto vicina a parlante e ascoltatore, quello, distante da entrambi, codesto, distante da chi parla ma vicino a chi ascolta. Quest ultimo rimane soltanto nell uso toscano e nella scrittura burocratica;; la particella ci ha ampiamente sostituito, in funzione locativa, la forma più arcaica vi;; il relativo che prevale nettamente su il quale, la quale, ecc. il che indeclinato con valore temporale (la sera che ci siamo incontrati). Altri tratti coincidono con le caratteristiche del parlato. L ITALIANO REGIONALE La variazione geografica è fondamentale nel repertorio dell italiano e determina differenze sul piano fonetico, lessicale e sintattico, non su quello morfologico. Nell italiano parlato la resa fonetica, l intonazione e il lessico possono arrivare a essere molto influenzati dalla lingua locale;; nella scrittura i regionalismi incidono in misura molto minore, ma come sempre molto dipende dall emittente e dalla situazione. L italiano regionale è, pertanto, una varietà diatopica dell italiano, che presenta differenze fonetiche, tonetiche, sintattiche e lessicali. La Toscana è la prima regione in cui, per la particolare storia linguistica del paese, si forma un italiano regionale. L italiano regionale toscano è unico non tanto per essere stato il primo, ma per il modo in cui si è formato: in continuità con l uso. Anche il romanesco è un esempio di precoce italiano regionale, determinatosi, tuttavia, per storia e motivazioni differenti, dovute alle condizioni demografiche

16 16 e all influenza dei papi fiorentini a partire dal XVI sec. Anche in questo caso, però, la formazione dell italiano regionale romano non è stata analoga a quella degli altri italiani regionali, apparsi con più forza dopo il Ogni parlante della comunità italofona è in grado di riconoscere se il suo interlocutore proviene da un area settentrionale, centrale o meridionale. Più difficile è circoscrivere l esatta zona di provenienza del parlante. In generale, un settentrionale distingue con più esattezza la provenienza di un altro parlante settentrionale o di un toscano e di un romano, ma include in una generica definizione di meridionale i parlanti del Sud. Analogamente un parlante meridionale individua la regione di un altro meridionale e la provenienza di toscani e romani, ma include in un unica area i settentrionali. Alcuni tratti accomunano le grandi aree: sarà per esempio comune a buona parte del Settentrione l uso di tirare giù in luogo di abbassare, o a tutto il Meridione il ricorso a tenere con il significato di avere o a cercare nel senso di chiedere. Analogamente, sul piano fonetico, la tendenza a scempiare le consonanti lunghe accomuna la più ampia area settentrionale, mentre quella ad allungare le b e le g intervocaliche unifica la gran parte del Meridione. Ci sono anche tratti, soprattutto lessicali, che aiutano a circoscrivere meglio le singole aree. Se un parlante settentrionale, per esempio, usa il termine bigiare per marinare la scuola è quasi sicuramente lombardo;; se dice conforme per dipende, a seconda, sarà veneto, e se usa l avverbio solo più per solo verrà dal Piemonte. Analogamente se un parlante meridionale dirà perciò per dire sì la sua provenienza sarà la Sicilia e se parlerà di scatolo invece che di scatola verrà da Napoli o dalla Campania. Non sempre nella conversazione ricorrono tratti specifici e più frequentemente è la fonetica che può indirizzarci con maggiore precisione;; chiara è la tendenza dei piemontesi a pronunciare quasi come dittonghi alcune vocali davanti a nasale (pwonte per ponte ) o quella dei milanesi a rendere con la vocale aperta la e tonica finale ([per kɛ] invece di [per ke]) e così via. Gli esempi sono numerosi, ma va ricordato che caratteristiche fonetiche regionali molto accentuate sono anche segnali diastratici. L influsso del dialetto sulle varietà dell italiano e viceversa può arrivare ad alti gradi di compenetrazione, ma non dà luogo alla formazione di varietà ibride, così fortemente miste da non riuscire più a riconoscere se si tratti di dialetto o italiano. Non esistono creoli nella situazione linguistica italiana.

17 17 Frequenti possono essere invece le enunciazioni mistilingue nella produzione immediata di uno stesso parlante. In questo caso si creano forse formazioni miste ma difficilmente enucleabili e definibili. All interno di una conversazione i parlanti italiani possono passare non solo attraverso le varietà del repertorio dell italiano, ma anche da quest ultimo alle varietà del repertorio del dialetto. La commutazione di codice può essere rapida e continua. La competenza multipla di buona parte degli italiani è rappresentata dal fatto che per la maggioranza degli italofoni le grammatiche dell italiano e del dialetto hanno un alto grado di compatibilità e intercambiabilità. Entrambe le grammatiche cioè possono essere attivate senza problemi nella normale conversazione quotidiana. Il fenomeno ha una larga accettazione sociale e quindi i due codici, almeno in molti settori della comunità, non sono in rapporto conflittuale. L alternanza e la commistione di italiano e dialetto nello stesso evento linguistico sono una delle scelte a disposizione dei parlanti italiani. Il discorso mistilingue può avere una sua posizione all interno del repertorio linguistico, perché può essere una delle risorse comunicative da usare in determinate situazioni.

18 18 VARIETÀ DIAFASICHE Le varietà diafasiche sono determinate dalla situazione comunicativa, costituita da molteplici fattori: il contesto spazio-temporale;; gli interlocutori;; l argomento;; la chiave o tono del messaggio (serio, scherzoso, trascurato, ecc.);; le intenzioni e gli scopi della comunicazione;; le regole di interazione e interpretazione condivise dai membri di una comunità parlante. In base ai fattori situazionali che influiscono sulla variazione linguistica, distinguiamo tra registri e lingue speciali. I registri sono determinati dal grado di formalità della comunicazione, dal ruolo degli interlocutori e dal rapporto che intercorre tra loro, dal grado di sorveglianza che esercita il parlante su di sé. Le lingue speciali sono connesse all argomento di cui si parla, alla professione degli interlocutori e alle finalità del messaggio. Il legame con la professione e le conoscenze degli interlocutori inducono alcuni linguisti a considerarle varietà sociali. I REGISTRI I registri sono sempre molto numerosi e difficili da circoscrivere. Sulla scala del continuum si distinguono abitualmente registri alti e formali, di media formalità e bassi e informali. Per l identificazione di un registro in italiano la resa fonetica è irrilevante (a differenza di ciò che avviene con l inglese o il francese e così via), anche se il parlante nella situazione formale tende alla sorveglianza. Sono, al contrario, fattori rilevanti le scelte lessicali. I registri formali di solito si caratterizzano per Ø pronuncia lenta e accurata;; Ø sintassi elaborata con maggior uso di subordinate;; Ø tendenza all argomentazione;; Ø pochi riferimenti al contesto (parlante, situazione, ecc.);; Ø tendenza alla massima esplicitezza;; Ø lessico ampio e ricercato.

19 19 I registri informali si adoperano in situazioni non ufficiali, nella conversazione quotidiana e sono quindi caratterizzati da spontaneità e immediatezza, perché il parlante pone minore attenzione. Riguardano, in genere, le varietà parlate, ma possono trovarsi anche in scritti informali, come diari, lettere personali, ecc. Sono aperti ai regionalismi. Si usa definire italiano colloquiale il registro informale più comune che presenta perlopiù i tratti del parlato medio. Il lessico che lo contraddistingue è quasi sempre il lessico di uso comune e quotidiano, spesso con connotazioni espressive e con ricorso a regionalismi che in qualche caso hanno avuto diffusione nazionale. Il lessico è ciò che più ci aiuta a distinguere tra registro formale e italiano colloquiale. Per dire, per esempio, che qualcuno è morto possiamo utilizzare termini ed espressioni differenti da un massimo di formalità (registro solenne) a un massimo di informalità (registro basso o anche volgare): è salito al cielo, ha reso l anima a Dio, è scomparso, se n è andato, è deceduto, è morto, è crepato. Esempi di coppie di sinonimi o di duplici espressioni attribuibili a uno standard neutro e formale (a sinistra) o classificabili come colloquialismi (destra): schiaffo sberla annoiarsi scocciarsi averne abbastanza rompersi mangiare molto abbuffarsi ho molta fame ho una fame bestiale azione meschina carognata Come avviene per il parlato di uso comune, l italiano colloquiale è caratterizzato da genericismi (tizio, cosa, fare, fatto, ecc.), dall uso di termini abbreviati (tele, bici, ecc.), dal ricorso al turpiloquio con termini che hanno perso il significato originario.

20 20 LE LINGUE SPECIALI Le lingue speciali sono contraddistinte da un lessico specialistico funzionale alla trattazione di argomenti specifici nella comunicazione di alcuni ambienti professionali. Possiamo dividerle in due gruppi. Le lingue speciali del primo gruppo sono dette anche sottocodici o lingue specialistiche e riguardano settori scientifici di alta specializzazione (matematica, medicina, economia, linguistica, ecc.) che hanno necessità di usare un lessico molto specifico. Si adoperano soprattutto all interno dei gruppi professionali, ma hanno in molti casi una circolazione esterna. Le lingue speciali del secondo gruppo sono dette anche lingue settoriali e riguardano ambiti di comunicazione non specialistica (giornali, politica, pubblicità, ecc.). Non hanno un vero lessico specialistico e attingono al vocabolario della lingua comune e di altre lingue speciali. C è uno scambio reciproco tra lingue speciali e lingua comune. Molti tecnicismi passano alla lingua comune soprattutto attraverso i media. Nel passaggio però perdono spesso la natura di tecnicismi e si genericizzano (si pensi all uso nella lingua comune di termini come nevrosi, paranoico, ecc.). Anche le lingue speciali traggono termini dal lessico comune, facendogli però subire il processo inverso. Si attribuisce, cioè, un significato specialistico a un termine di uso quotidiano (si pensi a candela nella meccanica automobilistica). Il lessico delle lingue specialistiche ha natura internazionale;; circola tra le lingue di cultura. A ciò si aggiunge il fatto che molti termini sono tratti dal latino o dal greco. Spesso si parla anche di linguaggi speciali oltre che di lingue. La lingua è un linguaggio verbale e in molti casi le lingue specialistiche si servono di simboli e grafici oltre che delle parole. Si osservi l esempio riportato da Serianni: Linguaggio non verbale: BaO 2 + H 2 SO 4 = BaSO 4 + H 2 O 2 ;; Linguaggio verbale: Il perossido di bario combinato con l acido solforico dà solfato di bario e acqua ossigenata;; Riformulazione divulgativa: L acqua ossigenata si ottiene comunemente combinando il perossido di bario, un composto adoperato nell industria come mezzo di sbiancamento, con l acido solforico, ossia con il potentissimo acido corrosivo noto popolarmente come vetriolo.

21 21 Il lessico specialistico è caratterizzato da precisione, oggettività, denotatività, monoreferenzialità. I tecnicismi si riferiscono a un unico concetto o oggetto;; hanno quindi un unico significato e sono privi di connotazioni. I suffissi di cui ci si serve per formare i tecnicismi sono tendenzialmente specializzati a designare un determinato senso. Il suffisso -ite in medicina forma parole che designano un infiammazione acuta (artrite);; il suffiso -osi si lega tendenzialmente a termini che indicano una condizione patologica degenerativa (artrosi). In chimica -ato è il suffisso dei termini che designano i sali (bicarbonato), -ico gli acidi (solforico). I tecnicismi si possono ottenere per rideterminazione del lessico comune (assegnando cioè un significato specifico), come nel caso di: lavoro in fisica (dove si parla di lavoro quando il punto di applicazione della forza subisce uno spostamento);; colpa e dolo nel linguaggio giuridico (la colpa è meno grave e presuppone che il soggetto non abbia avuto volontà di commettere il fatto, imputabile a disattenzione o omissione;; il dolo presuppone l intenzione di delinquere). Si hanno anche prestiti da lingue straniere, come nel caso dell informatica (software, chip, ecc.), uso di acronimi (TAC tomografia assiale computerizzata ), grecismi (epatite), latinismi (ictus). Secondo la classificazione di Serianni, possiamo distinguere tra tecnicismi specifici e tecnicismi collaterali. I primi non possono essere sostituiti senza compromettere il significato complessivo;; i secondi caratterizzano lo stile di un determinato linguaggio ma non sono essenziali. Potrebbero essere sostituiti da forme condivise del linguaggio comune. Tecnicismi specifici: noti a un ampio pubblico: stomatite (medico);; indulto (giuridico);; ristretti agli specialisti: crocidismo (medico, movimento involontario delle mani di malati che in delirio o in agonia sembrano afferrare piume sospese nell aria );; evizione (giuridico, perdita totale o parziale dei diritti di proprietà su un bene legittimamente rivendicato da un terzo );; Tecnicismi collaterali: Il paziente sente (avverte, prova) un forte dolore alla bocca dello stomaco > Il paziente accusa (lamenta, riferisce) vivo dolore nella regione epigastrica (accusare, vivo e regione potrebbero essere sostituiti da forme del linguaggio comune). Nella morfologia e nella sintassi le lingue speciali non possiedono fenomeni specifici, ma alcuni tratti vi ricorrono con maggiore frequenza: Ø tendenza a un uso quantitativamente maggiore di nomi che di verbi;;

22 22 Ø i verbi sono spesso usati nelle forme nominali (soprattutto participio presente e passato: accertati gli effetti espettoranti);; Ø uso frequente del passivo (sono qui delineati gli obiettivi della ricerca) e di infiniti retti da verbi modali (possono riscontrarsi) per l impossibilità di ricorrere a costrutti marcati e per cancellare l agente;; Ø uso di forme impersonali (si procederà all analisi dei referti) e di riferimenti in terza persona a chi parla o scrive (chi vi parla ha potuto osservare;; l autore della presente relazione;; chi scrive ha già affermato), ancora una volta per tendenza a cancellare l emittente e conferire rigore e oggettività al contenuto. Esempio di un testo di argomento medico: Effetti collaterali. Dopo somministrazione orale di claritromicina, in studi clinici condotti su pazienti adulti, sono stati riportati alcuni disturbi gastro-intestinali (es.: nausea, dolore addominale, vomito e diarrea), cefalea e alterazioni del gusto. Come con gli altri macrolidi, anche con l uso di claritromicina sono possibili disfunzioni epatiche con aumento delle transaminasi, sofferenza epatocellulare e/o epatite colostatica con o senza ittero. Dette manifestazioni possono essere anche severe ma reversibili con la sospensione del trattamento. Sono stati segnalati rarissimi casi di insufficienza epatica con esito fatale;; quando ciò si è verificato, era associato a gravi patologie preesistenti e/o trattamenti concomitanti [ ].

23 23 VARIETÀ DIASTRATICHE Le varietà sociali sono legate alle posizioni che occupa il parlante nella struttura sociale e sono determinate da diversi fattori sociali: lo strato sociale e il livello di istruzione, alla base delle differenze tra italiano colto (varietà delle classi istruite) e italiano popolare (varietà delle classi con basso livello di istruzione) alcuni fattori demografici come l età e il sesso (linguaggi giovanili, femminili, maschili);; l appartenenza a un gruppo o a una categoria particolare (varietà gergali). ITALIANO POPOLARE La varietà diastratica bassa dell italiano, denominata talvolta italiano popolare, talvolta substandard o lingua dei semicolti, è caratterizzata da tratti considerati devianti, esclusi dall accettazione comune. È giusto ricordare che alcuni tratti considerati inaccettabili, con l andare del tempo, possono essere accolti nella varietà alta (es. gli usato per la terza persona plurale). L italiano popolare è una varietà sociale connessa al basso livello di istruzione dei parlanti, ma indipendente dalla formalità minore o maggiore della situazione. Le prime considerazioni sull italiano popolare furono fatte da Leo Spitzer sulle lettere dei soldati italiani, prigionieri di guerra, che leggeva grazie al suo lavoro nell ufficio di censura dell esercito austriaco. Il primo studio sistematico fu pubblicato da Manlio Cortelazzo nel Spitzer e Cortelazzo sottolineavano il carattere unitario dell italiano popolare, poco influenzato dai dialetti. Ciò dipendeva soprattutto dal fatto che le prime analisi erano state condotte su testi scritti. I primi studi su questa varietà ritenevano che l italiano popolare fosse nato negli anni successivi all Unità d Italia e, in particolare, nella prima metà del Novecento. La sempre più diffusa scolarizzazione, infatti, gli spostamenti più frequenti, l emigrazione, le guerre e così via avevano favorito la diffusione dell italiano tra i dialettofoni. Un alfabetizzazione incompleta e una scarsa competenza nella lingua appresa producevano testi di italiano popolare. Francesco Bruni, però, nel 1984 ha evidenziato, già in testi dell antichità, la presenza di molti tratti linguistici che caratterizzano le scritture di italiano popolare. Esistono delle costanti, legate all interferenza dell oralità, che si

24 24 trasmettono lungo il tempo e che consentono di parlare di «lingua dei semicolti». L italiano popolare, tuttavia, oggi è anche e soprattutto una varietà parlata che presenta tracce regionali più evidenti rispetto ai testi scritti, in particolare nella fonetica e nel lessico, in misura minore nella morfologia e nella sintassi. L influenza della componente geografica è tanto più alta quanto più basso è il livello sociale dei parlanti. Per tale motivo Gaetano Berruto preferisce parlare sempre di italiano regionale, distinguendo tra italiano regionale colto (parlato dalle classi istruite) e italiano regionale basso o italiano popolare (usato dalle classi meno istruite). L italiano popolare si caratterizza per Ø semplificazioni di nessi consonantici difficili (es. tecnico pronunciato tennico, psicologico > pissicologico);; Ø agglutinazioni e deglutinazioni nella scrittura (es. l aradio per la radio, centra c entra ;; in cinta incinta );; Ø problemi nella resa grafica di digrammi e trigrammi e nell uso di h e q (es. anno hanno, quore, aglo aglio );; Ø ipercorrettismi nella scrittura (es. agiornare per aggiornare );; Ø uso scorretto di maiuscole e punteggiatura;; Ø riduzioni di forme di un paradigma (i pronomi di terza persona gli, le, loro sono ridotti tutti a ci);; Ø estensioni, devianze e semplificazioni della morfologia nominale e verbale (es. gli analisi;; la moglia;; venghino;; potiamo possiamo, sta fando per sta facendo );; Ø scambio di ausiliari (es. ho arrivato);; Ø periodo ipotetico con doppio congiuntivo o condizionale (se avessi tempo facessi il lavoro;; se avrei tempo farei il lavoro);; Ø scambio di articoli (es. il zio, un sconto);; Ø comparativi analogici (più migliore);; Ø scambio di reggenze e preposizioni e cumulo di preposizioni (es. la telefono;; smetto a lavorare;; scrivo da sul treno);; Ø uso di un solo elemento con funzioni molteplici (che polivalente parzialmente presente anche nel parlato informale);; Ø accentuazione di tutti i fenomeni di concordanza a senso e di sintassi marcata che ricorrono, sia pure in misura minore, anche nel parlato informale di persone colte;; Ø riduzione nell uso del lessico, con ricorso frequente a termini generici;; Ø frequenti paretimologie (es. celibe per celebre, incollare per accollare, tintura di odio per tintura di iodio );;

25 25 Ø scambio di suffissi (apprensione per apprendimento, adottamento per adozione );; Ø interferenza del dialetto soprattutto nella fonetica e nel lessico (es. imparare per insegnare ;; faticare per lavorare );; Ø testualità della scrittura simile al parlato con allineamento paratattico di frasi uguali, cambiamenti improvvisi di argomento e soggetto, interruzioni, ripetizioni, prevalenze del discorso diretto su quello indiretto, ecc. I GERGHI I gerghi definibili come gerghi storici sono varietà linguistiche adoperate da gruppi sociali (malviventi, drogati, ambulanti, mendicanti, vagabondi) che si caratterizzano per marginalità socioeconomica e vagabondaggio. Diversi sono invece i cosiddetti gerghi transitori, usati da gruppi che temporaneamente fanno vita in comune, in qualche caso anche separata dal resto della società (militari, studenti, carcerati). Il gergo è usato prima di tutto per un bisogno di affermare la propria appartenenza a un gruppo e la contrapposizione al mondo esterno. È un segno di identità e riconoscimento del gruppo che considera la propria cultura alternativa rispetto a quella della gente normale. Non è vero dunque che si tratti di una lingua segreta, usata per non farsi capire dagli esterni al gruppo. Il gergo, infatti, è adoperato, solo all interno del gruppo stesso e non in presenza degli estranei che la troverebbero incomprensibile. La funzione di codice segreto è occasionale e secondaria rispetto a quello di identificazione socioculturale e psicologica. Sul piano linguistico i gerghi si caratterizzano per la presenza di un lessico specifico, coniato appositamente e compreso solo dai partecipanti al gruppo. Alcune parole possono talvolta entrare nella lingua comune;; si pensi a bidone o al più recente pacco truffa, imbroglio, fregatura, o ancora a erba marijuana. Per il resto i gerghi coincidono con la lingua da cui prendono le mosse. I procedimenti di formazione del lessico gergale possono ricorrere: ad abbreviazioni (pula polizia );; a suffissi particolari (fangose scarpe, rufaldo ladro );; a parole inizianti con n o s per esprimere la negazione no o affermazione si (nisba, nit, sibo, siena, ecc.);;

26 26 a metafore (polverosa farina, neve cocaina ;; diverso il caso di leggera malavita che deriva da un espressione dialettale, lingera, diffusa nell Italia settentrionale e che indica giovani spavaldi, al limite della legalità );; prestiti da dialetti e da lingue straniere con uso traslato. IL LINGUAGGIO GIOVANILE Le lingue variano anche in relazione all età dei parlanti. Gli usi linguistici dei giovani sono generalmente più innovativi di quelli degli adulti. Le varietà giovanili si intrecciano ovviamente con quelle connesse alla provenienza sociale e al grado di istruzione. La fascia d età dei parlanti giovani è di solito quella compresa più o meno tra gli undici e i diciannove anni. Il linguaggio giovanile è una varietà sociale (diastratica) perché è legata al fattore demografico della fascia d età, ma è anche una varietà diafasica perché i giovani se ne servono solo in determinate situazioni, parlando tra loro e soprattutto quando trattano di argomenti che riguardano la condizione giovanile (sport, musica, scuola, amore, ecc.). È soprattutto una varietà parlata, ma può essere adoperata in scritti privati (lettere, diari, graffiti ecc.) e in scrittura trasmessa come le chat. I linguaggi giovanili hanno diverse funzioni: una è comune ai gerghi e serve ad affermare l identità del gruppo rispetto al mondo esterno. Hanno anche funzione ludica e scherzosa e servono ad affermare la propria autonomia e creatività rispetto al mondo degli adulti. Gli studi sul linguaggio giovanile in Italia connettono la sua data di nascita al diffondersi della lingua nazionale e al retrocedere dei dialetti. Il linguaggio giovanile, infatti, aiuta a sostituire le funzioni di espressività e affettività dei dialetti. Ciò spiegherebbe perché i linguaggi giovanili siano più diffusi laddove il dialetto è meno utilizzato (al Nord, nei centri urbani e tra gli studenti). Il linguaggio giovanile esalta l informalità (prevale il tu, il saluto è sempre ciao) e l espressività. Si caratterizza soprattutto per un uso particolare del lessico: Ø colloquialismi spesso molto informali: essere nel pallone, megagalattico, casinaro, lessico sessuale;; hanno con la lingua nazionale uno scambio continuo e reciproco, per cui non è semplice capire da dove sia partito un determinato uso;;

27 27 Ø regionalismi e dialettismi: tosa, tomo, racchia;; inserti dialettali più ampi sono usati con funzione espressiva o scherzosa;; Ø tecnicismi deformati o con genericizzazione del significato o uso traslato: spastico, schizzato, arterio;; Ø espressioni gergali: cuccare conquistare una ragazza (dai cosiddetti paninari milanesi degli anni Ottanta);; Ø espressioni tratte da canzoni, pubblicità, programmi televisivi, ecc.;; Ø forestierismi soprattutto con funzione ludica, spesso inventati (arrapescion, vamos). Nella resa fonetica spesso i linguaggi giovanili presentano deformazioni, allungamenti vocalici, velocità nell eloquio. La sintassi coincide con quella del parlato, ma con radicalizzazione dei fenomeni del parlato informale.

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