I RAPPORTI TRA DIRITTO INTERNO E COMUNITARIO NELLA PIU RECENTE GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ED EUROPEA

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1 I RAPPORTI TRA DIRITTO INTERNO E COMUNITARIO NELLA PIU RECENTE GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ED EUROPEA L ambizioso tema del convegno Oltre confine Pianificazione fiscale ed opportunità per professionisti ed imprese, manifesta la necessità che i dottori commercialisti, ed i professionisti in genere, hanno di guardare oltre confine, nel tentativo di individuare nuove opportunità fiscali sia per i professionisti che per le imprese. Lo sguardo oltre confine impone, in via preliminare, di accennare ai rapporti tra diritto interno e comunitario, rapporti che stanno sullo sfondo della tematica de qua. Il rapporto tra il diritto comunitario e quello degli altri Stati membri non mi sembra riconducibile al consueto rapporto tra diritto internazionale e diritto interno, che è di coordinamento. Il legame che unisce i due ordinamenti (interno e comunitario) è, piuttosto, di integrazione, nel senso che l integrazione economica positiva rende possibile il ravvicinamento delle posizioni fiscali nazionali ed il coordinamento delle politiche fiscali dei singoli Stati membri. Orbene, mi rendo perfettamente conto di quanto sia ambizioso questo processo di integrazione e, tuttavia, la direzione è quella della globalizzazione e della pianificazione. La Corte Costituzionale ha ritenuto di dover intervenire più volte in subiecta materia, ma in maniera decisiva con la sentenza dell'8 giugno 1984, n. 170, ha compiuto un importante e decisivo passo per il regolamento di tali rapporti. Tenterò, in estrema sintesi, di delineare l evoluzione dei rapporti fra diritto interno e comunitario alla luce delle più significative decisioni della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea. La prima significativa pronuncia della Corte Costituzionale in tema di conflitto fra la norma comunitaria e la norma interna risale al 1964, e segnatamente si tratta della sentenza n.14 del 24 febbraio La questione era inerente alla incostituzionalità 1 V. Giurisprudenza Costituzionale n.1, 1964, p.129 ss. Il contenuto della sentenza è sostanzialmente ribadito in Corte Cost. n.98/1965.

2 della legge istitutiva dell ENEL ed al suo contrasto con l articolo 11 della Costituzione, nel quale si enuncia, com è noto, che l Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. La facoltà di stipulare trattati con cui si assumono limitazioni di sovranità, e di darvi esecuzione con legge ordinaria, non importa alcuna deviazione dalle regole vigenti in ordine alla efficacia nel diritto interno degli obblighi assunti dallo Stato nei rapporti con gli altri Stati, non avendo l art.11 conferito alla legge ordinaria, che rende esecutivo il trattato, un efficacia superiore a quella propria di tale fonte di diritto. La facoltà di stipulare trattati 2, in realtà, era una mera facoltà e, quindi, non interferiva sulla gerarchia delle fonti ordinamentali che erano improntate al criterio cronologico 3. La asserita valenza del criterio cronologico sembra oggi definitivamente superata anche alla luce della sua inidoneità a riconoscere la sovranazionalità della Comunità europea rispetto ai singoli Stati. Negli anni Settanta, con la sentenza del 27 dicembre 1973, n.183 4, viene affermato che le norme comunitarie devono avere diretta applicazione in tutti gli Stati membri al fine di consentire una loro eguale applicazione nei confronti di tutti i cittadini della Comunità. Ed infatti alla Comunità economica europea, aperta a tutti gli altri Stati europei (art.237 del Trattato), e concepita come strumento di integrazione tra gli Stati partecipanti, per fini comuni di sviluppo economico e sociale, e quindi anche per fini di difesa della pace e della libertà, l Italia e gli altri Stati promotori hanno conferito e riconosciuto determinati poteri sovrani in particolare con l articolo 189 del Trattato istitutivo, è stato attribuito al Consiglio e alla Commissione della Comunità il potere di emanare regolamenti con portata generale, ossia atti aventi contenuto normativo generale al pari delle leggi 2 Sulla natura di norma permissiva dell articolo 11 Cost., che cioè permette l assunzione di limitazioni di sovranità cfr. BALLADORE PALLIERI, Competenza della Corte Costituzionale riguardo al diritto delle Comunità europee, in Diritto Internazionale, 1966, p A tal proposito la Corte Costituzionale nella sentenza n.14/1964 afferma che deve rimanere saldo l impero delle leggi posteriori a quest ultima (legge di esecuzione), secondo i principi della successione delle leggi nel tempo, ne consegue che ogni ipotesi di conflitto fra l una e le altre non può dar luogo a questioni di costituzionalità. 4 Cfr. Giustizia Costituzionale 1973, I, p.2401

3 statuali, forniti di efficacia obbligatoria in tutti i loro elementi, e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, cioè immediatamente vincolanti per gli Stati e per i loro cittadini, senza la necessità di norme interne di adattamento o recezione. Si è realizzata, dunque, nella giurisprudenza costituzionale degli anni Settanta una decisa inversione di tendenza nella direzione della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno. Sarà poi la successiva sentenza del 30 ottobre 1975, n.232 che chiarirà i rapporti nell ipotesi di norme interne successive incompatibili rispetto a quelle comunitarie (per le quali si rende necessario il giudizio di incostituzionalità da parte della Consulta) o dal contenuto meramente riproduttivo di una norma comunitaria 5. La concezione dualista 6 o di separazione dei due ordinamenti, viene affrontata nuovamente nella storica sentenza n.170 cui accennavo prima - dell 8 giugno ( Granital v. Ministero delle finanze), in cui la Corte Costituzionale, adeguandosi alla sentenza Simmenthal della Corte di Giustizia, riconosce la piena competenza del giudice di merito a dare applicazione immediata alla norma comunitaria. In essa viene, altresì, precisato che l assetto dei rapporti fra diritto comunitario e diritto interno è venuto evolvendosi, ed è ormai ordinato sul principio secondo cui il regolamento della CEE prevale rispetto alle configgenti statuizioni del legislatore interno. Questo risultato viene, peraltro, in considerazione sotto vario riguardo. In primo luogo, sul piano ermeneutico, vige la presunzione di conformità della legge interna al regolamento comunitario Quando, poi, vi sia irriducibile incompatibilità fra la norma interna e quella comunitaria, è quest ultima, in ogni caso, a prevalere. Tale criterio opera, tuttavia, diversamente, secondo che il regolamento segua o preceda nel tempo la disposizione della legge statale. Nel primo caso, la norma interna deve ritenersi 5 In tale direzione cfr. anche Corte Cost. 28 luglio 1976, n.205 e 29 dicembre 1977, n Per un inquadramento sistematico della teoria dualista e di quella monista nel contesto dell articolo 23 Cost. cfr. SERRANO, Profili della riserva di legge tributaria tra norma interna e norma tributaria, Messina, 2005, p.95 ss. 7 In banca dati Fiscovideo e in Giurisprudenza Costituzionale, I, 1984, p.1098, poi confermata con le sentenze n.48/1985; n.141/1986; n.168/1991.

4 caducata per effetto della successiva e contraria statuizione del regolamento comunitario, la quale andrà necessariamente applicata dal giudice nazionale. Tale effetto caducatorio è altresì retroattivo, quando la norma comunitaria confermi la disciplina già dettata dagli organi della CEE. In quest evenienza, le norme interne si ritengono, dunque, caducate sin dal momento al quale risale la loro incompatibilità con le precedenti statuizioni della Comunità, che il nuovo regolamento ha richiamato. Diversa è la sistemazione data fin qui in giurisprudenza all ipotesi in cui la disposizione della legge interna configga con la previgente normativa comunitaria. E stato, invero, ritenuto che la norma interna risulti aver offeso l articolo 11 Cost. e possa in conseguenza esser rimossa solo mediante dichiarazione di illegittimità costituzionale. I due ordinamenti, comunitario ed interno, dunque, sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato, le disposizioni interne contrarie al regolamento comunitario sono da considerarsi costituzionalmente illegittime per violazione dell articolo 11 Cost. Si conferma, pertanto, la posizione dualista (a differenza di quella monista fatta propria come vedremo in seguito dalla Corte di Giustizia CE) della Corte Costituzionale nella direzione di un sempre maggiore riconoscimento della sopranazionalità della norma comunitaria, nonché delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia europea e delle sentenze di condanna, che ha permeato anche la giurisprudenza costituzionale successiva 8. Un ulteriore riconoscimento della immediata applicabilità di taluni atti comunitari si è registrato nella sentenza della Corte Costituzionale del 18 aprile 1991, n.168 9, ove si ammette la prevalenza delle direttive dettagliate, cioè delle direttive cui malgrado il mancato recepimento negli ordinamenti nazionali, viene comunque 8 Cfr. sentenze n.113 del 23 aprile 1984, in Giurisprudenza costituzionale 1985, I, p.694 e n.389 dell 11 luglio 1989 in Giurisprudenza costituzionale I, p Il testo della sentenza della Corte Costituzionale n.168 del 18 aprile 1991, è pubblicato in Riv. dir. fin. sc. n.4, 1992, p. 85 ss. con commento di FREGNI, Sulla diretta applicabilità delle direttive comunitarie nell ordinamento tributario italiano, p.89 ss

5 riconosciuta in forza delle elaborazioni della giurisprudenza comunitaria immediata applicabilità negli stessi 10. La sentenza del 10 novembre 1994, n. 384, nel dichiarare l illegittimità costituzionale di una legge della Regione Umbria, ritenuta contrastante con le norme di un regolamento comunitario, ha individuato anche la dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte nell ipotesi di norma interna non ancora in vigore; ed, infatti, di fronte alla Comunità europea è lo Stato a essere responsabile delle violazioni del diritto comunitario, anche quando derivino dall esercizio della potestà legislativa della Regione; e che il mantenimento, nell ordinamento interno, di un provvedimento incompatibile con le disposizioni del Trattato è considerato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee quale trasgressione degli obblighi posti dal Trattato stesso. Per quanto, poi, attiene specificatamente alle competenze regionali, questa Corte ha chiarito che esse sono suscettibili di operare solo ove i loro contenuti non risultino contrastanti con le discipline e i limiti introdotti dalla normativa comunitaria e dai conseguenti provvedimenti attuativi 11 Con la sentenza del 30 marzo 1995, n.94 è stata ribadita la posizione di cui alla precedente sentenza n.384/1994, che ricordo prevedeva la disapplicazione per le norme interne in vigore e l illegittimità costituzionale per quelle non ancora in vigore, nell ipotesi di conflitto fra una norma comunitaria ed una norma interna, non chiarendo definitivamente in quale ipotesi decorra l annullamento ed in quale altra la disapplicazione. Anche le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute in varie occasioni: per tutte ricordiamo la pronuncia n.3458 del 12 aprile1996 in cui si chiarisce che la direttiva ha carattere vincolante per il giudice nazionale italiano e comporta non l abrogazione, ma la mera disapplicazione diretta ed immediata della norma difforme di diritto interno.in ordine ai rapporti tra diritto comunitario e legge nazionale, va richiamata la giurisprudenza dei giudici della legge (sentenze 10 Cfr. CELOTTO, L efficacia delle fonti comunitarie nell ordinamento tributario italiano, Torino, 2003, p Cfr. Corte Cost. nella sentenza n.384 del 1994

6 n.168/1991 e n.170/1984 della Corte Costituzionale) secondo la quale la normativa comunitaria tutte le volte che essa soddisfa il requisito della immediata applicabilità, entra e permane in vigore, nel nostro territorio, senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge ordinaria dello Stato. Anche la Cassazione, dunque, interpretando l articolo 11 ha ribadito la relatività della riserva di legge. Traendo alcune prime riflessioni, preliminari al tema del Convegno, mi sia consentito affermare che, sebbene la concezione dualista sia profondamente radicata nell evoluzione giurisprudenziale della Corte Costituzionale, la teoria monista, quella cioè della prevalenza di un unico ordinamento sembra, soprattutto alla luce della bozza di Costituzione europea, avere una maggiore prospettiva 12. Quanto all evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia, questa ha tenuto conto di molte aperture della Corte Costituzionale. Il principio della efficacia diretta della normativa comunitaria, fatto proprio dalla Corte Costituzionale, ha avuto la sua prima affermazione nella sentenza del 5 febbraio 1963, causa Van Gend en Loos in cui la Corte affermava che le direttive sono direttamente efficaci negli Stati membri 13. Tale evoluzione della giurisprudenza in subiecta materia ha il suo punto di partenza maggiormente significativo nella sentenza della Corte di Giustizia del 15 luglio 1964, causa 6/1964 (Costa c. Enel), emanata a pochi mesi di distanza dalla sentenza n.14/1964 Corte Cost. 14. In essa si afferma la preminenza della norma comunitaria per un migliore funzionamento della CE e segnatamente che la preminenza del diritto comunitario trova conferma nell art. 189, a norma del quale i regolamenti sono obbligatori e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri. Questa disposizione, che non è accompagnata da alcuna riserva, sarebbe priva di significato se uno Stato potesse unilateralmente annullarne gli effetti con 12 Così si esprime SERRANO, op. loco ult.cit. 13 Tale precetto ( della diretta applicabilità) è stato più volte ribadito dalla Corte di Giustizia. Più di recente si veda la sentenza del 22 maggio 1989, causa 103/1988 in cui si sottolineava che tutte le autorità nazionali, e perciò non solo i giudici in sede contenziosa, ma anche le autorità amministrative centrali e locali, sono tenute a dare immediata applicazione alle norma comunitarie dotate di effetto diretto. 14 Anche se nella sentenza Van Gend en Loos del 1963 si formula il principio del primato e dell efficacia diretta.

7 un provvedimento legislativo che prevalesse sui testi comunitari. Dal complesso dei menzionati elementi discende che, scaturito da una fonte autonoma, il diritto nato dal Trattato non potrebbe, in ragione appunto della specifica natura, trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa comunità. Il trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema della comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia. L art. 177 va quindi applicato, nonostante qualsiasi legge nazionale, tutte le volte che sorga una questione d interpretazione del Trattato. E, pertanto, si individua nella integrazione un mezzo indispensabile per la nascita di un ordinamento giuridico comunitario che ha la sua fonte nel Trattato Cee. Ed, invero, istituendo una comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalità, di capacità giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale, ed in specie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati alla comunità, questi hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi 15. La successiva evoluzione della giurisprudenza comunitaria, che trova il suo corrispondente nella giurisprudenza della Corte Costituzionale degli anni Settanta, trova la sua espressione maggiormente significativa nella sentenza nota come Simmenthal del 6 marzo 1979, causa 92/78, in cui si ammette il primato del diritto comunitario con l obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare la norma interna contrastante senza dover chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. Tuttavia, ci si è posti un ulteriore interrogativo in merito al seguente 15 Cfr. Corte di Giustizia CEE causa 6/64 Costa contro Enel

8 ragionamento: se infatti una volta reso manifesto il principio di prevalenza, si fosse lasciata ai giudici nazionali la piena facoltà di decidere i termini entro cui agire, o al legislatore nazionale quella di modificare la legge secondo criteri di diritto interno, si sarebbero potute creare delle discrasie tra volontà interpretativa del giudice comunitario e la sua concreta realizzazione 16. Intervenendo più in dettaglio, la Corte di Giustizia ha, quindi, affermato che la prevalenza del diritto comunitario deve essere assoluta, cioè tale da impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali nella misura in cui fossero incompatibili con le norme comunitarie 17. Come appare evidente, il tema dei rapporti tra il diritto interno e quello comunitario è abbastanza complesso e ricco di implicazioni. E, tuttavia, questa breve rassegna della giurisprudenza maggiormente significativa è il sintomo di come la materia sia in continua evoluzione. In ogni caso, nonostante che il nostro Paese sia marcatamente europeista, ancora numerose sono le infrazioni e le denunce relativamente alla mancata attuazione, nei tempi prescritti, delle direttive in materia fiscale. A tale evoluzione nei rapporti tra gli ordinamenti ha indubbiamente contribuito, oltre al Trattato della Costituzione europea in via di approvazione da parte dei singoli Paesi membri, la riforma del Titolo V della Costituzione 18. In realtà l articolo 117, comma primo, dispone che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Concordo in effetti con chi 19 ha affermato che la formula di cui all articolo 117 Cost. è una formula di apertura espressa nella nostra Costituzione ai principi ed ai valori dell ordinamento comunitario. Essa, tuttavia, è estremamente generica e di per sé insufficiente a determinare la definitiva adesione alla teoria monista e pertanto, 16 Cfr. CASERTANO, Riflessioni in merito alla gerarchia delle norme tributarie alla luce della recente evoluzione del diritto interno, comunitario e convenzionale, in Rass. Trib., n.3, 1995, p Cfr. Corte di Giustizia 1978 cit. in CASERTANO, op. loco ult. cit. 18 Si tratta della legge costituzionale n.3 del 18 ottobre Cfr. TORCHIA, Indagine conoscitiva sugli effetti nell ordinamento delle revisioni del Titolo V parte II della Costituzione, Atti del Senato della Repubblica XIV Legislatura I Commissione Affari costituzionali.

9 sebbene indichi una apertura, di fatto contribuisce poco a risolvere in via definitiva il problema del rapporto fra gli ordinamenti 20. Ancora significativo è il divario tra il velleitarismo di un Unione che pretenderebbe di creare l economia più dinamica del mondo 21 e le schizofrenie ed i bizantinismi di una normativa estremamente dettagliata, preoccupata più della produzione di adempimenti tributari che della produzione di beni in senso stretto. A parte tutto ciò, e cioè la sostanziale convergenza tra la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia europea, nonché l apertura alla teoria monista avanzata dalla riforma di cui alla legge n.3/2001, restano alcune perplessità avanzate dalla dottrina circa l eventuale conflitto della normativa comunitaria rispetto ai principi fondamentali delle Carte Costituzionali interne. Non ci resta, in definitiva, che auspicare l approvazione della Costituzione europea (ma, i tempi sembrano, purtroppo, allungarsi), nella quale si riesca a coagulare uno zoccolo duro che renda conto dei principi fondamentali di tutte le Costituzioni interne. L opera non dovrebbe risultare oltremodo difficile, dal momento che tutte le Costituzioni europee si ispirano, in ultima istanza, alla tutela dei diritti fondamentali dell uomo. Prof. Luigi Ferlazzo Natoli Ordinario di diritto tributario Università di Messina 20 Di recente, in tal senso cfr. GALLO, Ordinamento comunitario e principi costituzionali tributari, in Rass. Trib., n.2, 2006, p.408 ss. 21 Esprime tali preoccupazioni, ovviamente condivise, LUPI, Concorrenza tra ordinamenti, Comunità europee e prelievo tributario, in Rass. Trib., 2004, n.3, p. 990 ss.

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