I rapporti tra diritto interno e diritto dell Unione europea. Indice

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1 I RAPPORTI TRA DIRITTO INTERNO E DIRITTO DELL UNIONE EUROPEA PROF.SSA BARBARA GUASTAFERRO

2 Indice 1 I RAPPORTI TRA DIRITTO INTERNO E DIRITTO DELL UNIONE EUROPEA IL CAMMINO COMUNITARIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE IL CASO COSTA C. ENEL LA SENTENZA FRONTINI I RAPPORTI TRA CORTE COSTITUZIONALE E CORTE DI GIUSTIZIA BIBLIOGRAFIA di 14

3 1 I rapporti tra diritto interno e diritto dell Unione europea Il nostro ordinamento giuridico presenta alcune clausole di apertura agli altri ordinamenti. Sulla base dell art. 11 della Costituzione, che consente alla Repubblica, in condizioni di parità con altri Stati, di limitare la propria sovranità partecipando ad organizzazioni internazionali che abbiano come scopo la tutela della pace, l Italia è diventata membro dell Unione europea (e prima ancora della Comunità europea). A differenza di altri stati membri, la nostra Carta costituzionale non è mai stata modificata per consentire l accesso dell Italia all Unione europea. L art. 11, infatti, concepito per consentire la partecipazione ad altre organizzazioni internazionali, è stato ritenuto una congrua base giuridica in grado di dare copertura costituzionale alla partecipazione dell Italia all Unione. Tuttavia, con la riforma costituzionale del 2001, che ha novellato il titolo V della Costituzione, è stato introdotto un esplicito riferimento all ordinamento dell Unione europea. in particolare introducendo una novità di assoluto rilievo nell art. 117, primo comma: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto [...] dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario. Uno dei principi fondamentali che regola il rapporto tra ordinamento interno e ordinamento dell Unione è il principio del primato del diritto dell Unione sul diritto interno. Il primato del diritto comunitario si sostanzia nella prevalenza di quest ultimo sulle norme interne con esso contrastanti, sia precedenti che successive e quale ne sia il rango, anche costituzionale. In pratica, la norma interna contrastante con una norma comunitaria provvista di efficacia diretta non può essere applicata ovvero deve essere disapplicata, con la conseguenza che il rapporto resta disciplinato, per quanto di ragione, dalla sola norma comunitaria. La giurisprudenza comunitaria ha costantemente affermato che il giudice nazionale ha l obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di dare al singolo la tutela che quel diritto gli attribuisce, disapplicando di conseguenza la norma interna confliggente, sia anteriore che successiva a quella comunitaria. Il principio della preminenza del diritto comunitario impone non solo al giudice ma allo Stato membro nel suo insieme, dunque a tutte le sue articolazioni, ivi comprese le amministrazioni, 3 di 14

4 di dare piena efficacia alla norma comunitaria e, in caso di conflitto di una norma nazionale con una norma comunitaria provvista di effetto diretto, di disapplicarla. Questa impostazione, tuttavia, ha creato delle crepe nel principio di legalità. Notoriamente, infatti, i giudici sono soggetti alla legge, come dispone la nostra Costituzione, e gli atti amministrativi, in base al principio di legalità devono sempre conformarsi alla legge. La sentenza Simmenthal e la sentenza Fratelli Costanzo, hanno imposto invece, rispettivamente, al giudice e alla pubblica amministrazione di non applicare la disposizione interna conforme alla legge laddove questa non sia conforme al diritto dell Unione. Per questo, non è stato facile per la nostra Corte costituzionale adeguarsi alle direttive impartite dalla Corte di giustizia. Il cosiddetto cammino comunitario della Corte costituzionale è stato infatti abbastanza tormentato, anche se dopo una serie di pronunce la Corte costituzionale ha accettato il principio del primato, pur provando a basarlo su premesse teoriche che non alterassero la concezione dualista del rapport tra diritto interno e diritto dell Unione. 4 di 14

5 2 Il cammino comunitario della Corte costituzionale La Corte di giustizia è pervenuta fin da subito all affermazione della prevalenza delle norme comunitarie sulle norme nazionali, come riconoscimento complementare a quello relativo all effetto diretto. Invece, in origine l orientamento della Corte Costituzionale era nettamente contrastante con quello della Corte di giustizia, ma nel corso degli anni la posizione del nostro supremo giudice nazionale si è progressivamente avvicinata a quella del giudice comunitario, facendo leva sull interpretazione dell art. 11 Cost. Rimangono tutt ora diverse le premesse teoriche, in quanto la Corte Costituzionale ha mantenuto fermo il proprio orientamento dualista in relazione ai rapporti tra i due ordinamenti. Nel nostro ordinamento il nocciolo del problema derivava essenzialmente dalla circostanza che l autorizzazione alla ratifica e l ordine di esecuzione dei trattati istitutivi era stato dato con legge ordinaria, assumendo quindi le norme comunitarie rango di legge ordinaria. Occorre ricordare i passaggi più significativi della vivace dialettica tra Corte di giustizia e Corte Costituzionale. Le principali sentenze della Corte Costituzionale sul rapporto tra diritto comunitario e diritto interno sono: sentenza Costa c. Enel; sentenza Frontini; sentenza Industrie Chimiche; sentenza Granital; ordinanza n. 103/08. ordinanza n. 207/ di 14

6 3 Il caso Costa c. Enel In origine nel nostro ordinamento trovava applicazione il principio della successione delle leggi nel tempo, che risolveva il problema nell ipotesi in cui la norma comunitaria fosse stata posteriore a quella nazionale. Al contrario, il problema sorgeva per le norme nazionali confliggenti successive alla norma comunitaria, in quanto il principio lex posterior derogat priori valeva in tal caso a favore della norma nazionale. Il problema fu sollevato nei primi anni sessanta, quando la legge italiana di nazionalizzazione dell energia elettrica fu contestata dinanzi al giudice conciliatore di Milano, sotto il duplice profilo della incompatibilità con la Costituzione e con il diritto comunitario. La Corte Costituzionale, nella sentenza Costa c. ENEL, affermò che le disposizioni comunitarie non avevano un efficacia superiore a quella della legge ordinaria, considerato che i Trattati erano stati resi esecutivi con legge ordinaria. Pertanto, il contrasto tra norme di pari rango andava risolto sulla base del principio della successione delle leggi nel tempo, con la conseguenza che la compatibilità della legge interna sulla nazionalizzazione dell energia elettrica con il Trattato non andava neppure verificata, dovendosi applicare la norma nazionale in quanto successiva alla norma comunitaria. Bisogna sottolineare che sullo stesso caso la Corte di Giustizia, nella sentenza Costa c. Enel, ha espresso una posizione antitetica rispetto alla Corte Costituzionale. La Corte ha affermato che il Trattato ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato con quelli nazionali ed ha quindi affermato che gli Stati membri non possono opporre al Trattato leggi interne successive, senza con questo far venire meno la necessaria uniformità ed efficacia del diritto comunitario in tutta la Comunità, nonché il senso della portata e degli effetti attribuiti dall art. 249 al regolamento. Pertanto, la Corte ha chiarito che una normativa nazionale incompatibile col diritto comunitario è del tutto priva di efficacia, anche se successiva. 6 di 14

7 4 La sentenza Frontini Il contrasto tra Corte Costituzionale e Corte di Giustizia era in origine netto.in seguito, la Corte Costituzionale italiana si è progressivamente avvicinata al risultato affermato e costantemente sostenuto dalla Corte di Giustizia, riconoscendo i principi dell effetto diretto e del primato, in quanto necessari a garantire l esigenza di uniformità di applicazione e di efficacia all interno della Comunità. Nella sentenza Frontini, la Corte ha posto l accento sul fatto che ordinamento nazionale e ordinamento comunitario sono autonomi e distinti, pur se coordinati a mezzo di una precisa articolazione di competenze. Eventuali conflitti vanno risolti in base al criterio della competenza, in quanto si tratta di norme di ordinamenti diversi.ne consegue che dove c è competenza comunitaria in base al Trattato, lo Stato deve astenersi dal pregiudicare l immediata applicazione dei regolamenti, ad esempio con l adozione di misure interne anche solo riproduttive o di recezione. La Corte individua nell art. 11 della Costituzione la copertura adeguata e necessaria per assicurare la preminenza del diritto comunitario, riconoscendo la peculiarità del fenomeno comunitario e che i regolamenti sono immediatamente vincolanti per gli Stati e per i loro cittadini, senza la necessità di norme interne di adattamento o di recezione. Accolta la tesi del Monaco sull applicabilità dell art. 11 della Costituzione al fenomeno comunitario, anche se tale disposizione costituzionale era nata con l obiettivo diverso di favorire la partecipazione dell Italia all Organizzazione delle Nazioni Unite. La sentenza Industrie Chimiche Nella sentenza Industrie Chimiche, il giudice costituzionale ha affrontato specificamente il problema del conflitto tra un regolamento comunitario ed una legge interna ad esso posteriore. Considerandolo come un problema di articolazione ed esercizio delle competenze e, dunque, di pertinenza del legislatore rispetto a materie occupate anche da norme comunitarie, la Corte Costituzionale ne ha tratto la conseguenza che il conflitto non potesse essere altrimenti risolto se non attraverso un giudizio di legittimità costituzionale. Dunque, il giudice nazionale, di fronte ad un conflitto tra norma comunitaria e norma nazionale posteriore, che si configurava come conflitto di costituzionalità tra la legge di 7 di 14

8 adattamento dei trattati e la norma costituzionale di copertura, cioè l art. 11, doveva sottoporlo al giudizio di legittimità della Corte Costituzionale; non avrebbe potuto, viceversa, egli stesso disapplicare la norma interna posteriore sul presupposto della prevalenza del diritto comunitario. La posizione della Corte costituzionale era tuttavia in distonia con quella della Corte di giustizia. Nella sentenza Simmenthal, infatti, la Corte di Giustizia aveva precisato che: l effetto diretto e il primato delle norme comunitarie impongono che sia data loro applicazione immediata; le norme interne successive incompatibili non si formano validamente; l efficacia del sistema di controllo giurisdizionale sul rispetto del diritto comunitario, fondato sulla cooperazione tra giudice comunitario e giudice nazionale, verrebbe ridotta se quest ultimo non avesse il diritto di fare immediata applicazione delle norme comunitarie; è incompatibile una norma o una prassi nazionale che non consentisse al giudice di non applicare subito la norma contrastante con il diritto comunitario e lo costringesse ad attenderne la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. E per questo che la Corte costituzionale ha dovuto rivisitare la sua giurisprudenza e conformarsi, con la sentenza Granital, ai dettami della Corte di giustizia. La sentenza Granital La Corte Costituzionale, dopo la sentenza Simmenthal, è stata chiamata a rivedere la posizione espressa nella sua giurisprudenza precedente. Lo ha fatto utilmente nella sentenza Granital del La Corte muove sempre dalla premessa che i due ordinamenti sono distinti e tra loro autonomi anche se coordinati, in quanto in forza dell art. 11 della Costituzione sono state trasferite alle istituzioni comunitarie le competenze relative a determinate materie. L autonomia implica che la norma comunitaria provvista del requisito della immediata applicabilità impedisce alla norma nazionale (non importa se anteriore o successiva) eventualmente contrastante di venire in rilievo per la disciplina del rapporto da parte del giudice. Ciò significa che la norma nazionale contrastante con il diritto comunitario non è né nulla né invalida, ma solo inapplicabile al rapporto controverso. 8 di 14

9 Ne consegue che la norma comunitaria provvista di effetto diretto va applicata immediatamente dal giudice in luogo della norma nazionale confliggente, senza bisogno di ricorrere al giudizio di costituzionalità. In pratica, l effetto diretto della norma comunitaria rende inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma nazionale confliggente. Bisogna tuttavia precisare che non si sottraggano alla verifica della Corte Costituzionale due ipotesi: quella di un eventuale conflitto della norma comunitaria in ipotesi applicabile in luogo della norma interna con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e con i diritti inalienabili della persona umana; quella di norme interne che si assumano dirette ad impedire o pregiudicare la perdurante osservanza del Trattato o il nucleo essenziale dei suoi principi. È altresì da sottoporre alla verifica della Corte Costituzionale l ipotesi di contrasto della norma interna con una norma comunitaria non provvista di effetto diretto. In successive pronunce la Corte Costituzionale ha sviluppato ulteriormente la sua posizione sull efficacia del diritto comunitario all interno del nostro ordinamento. Si è riconosciuto il ruolo della Corte di Giustizia nell interpretazione e nell applicazione del diritto comunitario, che ne definisce autoritativamente il significato, l ampiezza e la possibilità applicative, con la conseguenza che una pronuncia che precisa o integra il significato di una norma ha essenzialmente la stessa immediata efficacia di quest ultima. In altri termini, si è rilevata l immediata applicabilità, in luogo delle norme nazionali confliggenti, delle norme comunitarie così come interpretate nelle sentenze della Corte di Giustizia pronunciate a seguito di rinvio pregiudiziale (Corte Cost., sent. 23 aprile 1985, n. 113, BECA), nonché all esito di una procedura d infrazione (Corte Cost., sent. 11 luglio 1989, n. 389, Provincia Bolzano). La Corte costituzionale ha affermato che pure le norme contenute nelle direttive comunitarie provviste di efficacia diretta, vale a dire sufficientemente chiare, precise e suscettibili di efficacia immediata, possono essere fatte valere dai singoli direttamente dinanzi ai giudici nazionali nel confronti dello Stato membro inadempiente (Corte Costituzionale, sentenza 1 aprile 1991, n. 168, Giampaoli). 9 di 14

10 La Corte ha previsto la possibilità che norme comunitarie determino deroghe al riparto di competenze tra Stato e Regioni, se esplicite e se imposte da esigenze organizzative dell Unione (Corte Cost., sent. 17 aprile 1996, n. 126, Province Trento e Bolzano). La Corte Costituzionale ha altresì precisato che, diversamente dall ipotesi di giudizio incidentale, nel giudizio di costituzionalità in via principale il conflitto tra norme interne e norme comunitarie può e deve essere risolto dalla stessa Corte con la dichiarazione di incostituzionalità. In tale ipotesi, in particolare, la non applicazione può costituire una soluzione inadeguata rispetto al valore costituzionale della certezza normativa e all obbligo di corretto adempimento sancito dall art. 10 del Trattato (Corte Cost., sent. 10 novembre 1994, n. 384, Regione Umbria). Vero è che nel giudizio principale di costituzionalità la Corte è giudice della controversia, nel senso che la definisce, con la conseguenza che è tenuta a non applicare la norma confliggente con il diritto comunitario e, dunque, a dichiararla incostituzionale per garantire la certezza del diritto La Corte Costituzionale ha limitato l ammissibilità del referendum abrogativo delle norme che si collegano ad impegni comunitari, escludendola prima in relazione alla legge di adattamento e poi anche in relazione a tutte quelle leggi che direttamente o indirettamente segnano l adempimento del Paese ad obblighi comunitari o semplicemente entrano nella sfera di applicazione del diritto comunitario (Corte Cost., sentenze 7 febbraio 2000, nn. 31, 41 e 45). La sentenza Factortame della Corte di Giustizia La posizione della Corte di giustizia è stata riaffermata in numerose sentenze, tra le quali ricordiamo, in particolare, la sentenza Factortame, che ha riproposto la questione se, in assenza di un potere del giudice nazionale di dare applicazione immediata del diritto comunitario, tale potere possa essere esercitato in forza dello stesso diritto comunitario. La Corte ha riconosciuto espressamente tale potere, evidenziando che una norma interna che sia di ostacolo alla protezione giurisdizionale effettiva (e dunque immediata) di un diritto che il singolo vanta in forza del diritto comunitario deve essere disapplicata dal giudice nazionale, non rilevando, al riguardo, che la norma interna incompatibile sia anteriore o posteriore a quella comunitaria (Corte di Giustizia, sent. 19 giugno 1990, Causa C-213/89, Factortame). 10 di 14

11 Il giudice nazionale può quindi emanare provvedimenti provvisori che comportino la sospensione dell applicazione di una norma interna, in attesa che sia definitivamente accertata l incompatibilità di tale norma con il diritto comunitario. 11 di 14

12 5 I rapporti tra Corte costituzionale e Corte di giustizia A differenza di altre Corti costituzionali, la Corte costituzionale italiana si è a lungo rifiutata di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia sulla base dell art. 267 del Trattato sul funzionamento dell Unione, che consente ai giudici comuni ed invece obbliga i giudici di ultima istanza ad interpellare la Corte di giustizia nel caso in cui si avessero dubbi sulla corretta interpretazione o sulla validità di una norma dell Unione. Con l ordinanza , n. 103, invece, vi è stata una svolta. E stato infatti stabilito che la Corte costituzionale, nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale, è legittimata a proporre questione pregiudiziale ai sensi dell art. art. 267 del Trattato sul funzionamento dell Unione davanti alla Corte di giustizia, poiché in tali giudizi essa, pur nella sua peculiare posizione di supremo organo di garanzia costituzionale nell ordinamento interno, costituisce una giurisdizione nazionale (in quanto contro le sue decisioni per il disposto dell art. 137, terzo comma, Cost. non è ammessa alcuna impugnazione). Di conseguenza, ove nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale non fosse possibile effettuare il rinvio pregiudiziale di cui all art. 267 del Trattato sul funzionamento dell Unione, risulterebbe leso il generale interesse alla uniforme applicazione del diritto comunitario, quale interpretato dalla Corte di giustizia CE. Con la recente ordinanza n. 207/2013, la Corte ha nuovamente rivisitato il proprio orientamento ed ha posto una questione pregiudiziale di interpretazione alla Corte di giustizia nel corso di un giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale. Per un approfondimento sull ordinanza si rinvia alle considerazioni svolte in B. Guastaferro, La Corte costituzionale ed il primo rinvio pregiudiziale in un giudizio di legittimità in via incidentale, in Rassegna di forum quaderni, 21 ottobre 2013 (disponibile sul sito 28_nota_207_2013_guastaferro.pdf 12 di 14

13 13 di 14

14 Bibliografia Adam, R. e A. Tizzano, Lineamenti di diritto dell Unione europea, Giappichelli 2008 Bin, R. e G. Pitruzzella, Diritto Pubblico, Torino Modugno, F. (a cura di), Lineamenti di diritto pubblico, Torino 2009 Tesauro, G., Diritto comunitario, CEDAM, ultima versione Villani, U., Istituzioni di diritto dell Unione europea, Bari, Cacucci, 2008; Strozzi, G., Diritto dell Unione europea. Dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona, Torino, Giappichelli, di 14

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