Indice. Modulo 1. Modulo 2 DALLA PERCEZIONE ALLA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO 1 PROSPETTIVA: REGOLE E METODI 55. Le camere ottiche settecentesche 32

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1 IV INDICE Indice Modulo 1 DALLA PERCEZIONE ALLA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO 1 La percezione della tridimensionalità 2 Esaminiamo le costanze percettive 5 Gli inganni dell occhio 8 La rappresentazione prospettica nel mondo antico 11 Le correzioni ottiche nell architettura greca 14 La rappresentazione prospettica nel Medioevo 16 La prospettiva rinascimentale tra arte e scienza 20 Le tavolette brunelleschiane 20 Il «metodo abbreviato» di Leon Battista Alberti 24 Strumenti per disegnare in prospettiva 26 Gli illusionismi prospettici dell età barocca 27 L architettura prospettica 29 Le camere ottiche settecentesche 32 La spazialità nell arte moderna 34 La prospettiva nella comunicazione visiva 36 La prospettiva e il disegno d architettura 38 Laboratorio 1 - Le valenze connotative della prospettiva 40 Laboratorio 2 - Leggere l ambiente: Piazza San Pietro a Roma 42 Laboratorio 3 - Creare effetti tridimensionali 48 Laboratorio 4 - Package design: dal bidimensionale al tridimensionale 50 Laboratorio 5 - Il nastro di Moebius 52 MATERIALI DISPONIBILI SUL WEB Approfondire e sperimentare Laboratorio digitale Sphere packing: aggregazione di sfere Verificare Mappa concettuale Conoscenze e competenze Modulo 2 PROSPETTIVA: REGOLE E METODI 55 L immagine prospettica 56 Definizioni e concetti introduttivi 56 Angolo di apertura del cono ottico 57 Elementi di riferimento della prospettiva 57 La costruzione del disegno prospettico 59 Le regole prospettiche fondamentali 61 Prospettiva di punti, segmenti e piani 65 Prospettiva di rette oblique rispetto al geometrale 67 Prospettiva del metro 68 Triangolo delle altezze 69 Le variabili prospettiche 70 Distanza del punto di vista dal quadro 70 Direzione dell asse visivo 71 Accorgimenti per l impostazione della prospettiva 76 Scheda riassuntiva delle variabili la cui scelta influisce sulla qualità della rappresentazione prospettica 78 UNITÀ OPERATIVA 1 Costruzione e applicazioni della prospettiva 80 I metodi della prospettiva 80 Medoto dei punti di distanza 81 Prospettiva del cerchio e della sfera 84 Prospettiva di archi 85 Prospettiva frontale dello schema di un ambiente interno 86 Prospettiva frontale di un interno col sistema del ribaltamento 87 Metodo dei punti di fuga e delle perpendicolari al quadro 88 Esempi di prospettiva accidentale 90 Metodo del taglio dei raggi visuali 96 Metodo dei punti misuratori 108 La prospettiva razionale o a quadro obliquo 112 Prospettiva di corpi riflessi 115 La restituzione prospettica 117 Laboratorio 1 - Utilizzare la prospettiva a quadro orizzontale 120

2 INDICE V Laboratorio 2 - Rappresentazione in prospettiva di elaborati progettuali 122 Laboratorio 3 - Sperimentare la prospettiva con i modelli analogici 124 Laboratorio 4 - Modello generativo per lo studio della rappresentazione tridimensionale 128 Laboratorio 5 - Suddividere in parti uguali spazi e piani in prospettiva 130 Laboratorio 6 - Progettare spazi e volumi con i mobili componibili 132 Laboratorio 7 - Sperimentare le trasformazioni 136 Laboratorio 8 - Sperimentare l anamorfosi 142 Laboratorio 9 - L architettura picta 148 Laboratorio 10 - Rilevamento di oggetti da opere pittoriche 152 MATERIALI DISPONIBILI SUL WEB Osservare e riprodurre Prospettiva accidentale di un parallelepipedo appoggiato sullo spigolo di un prisma (metodo dei punti di fuga) Prospettiva accidentale di una figura composta (metodo dei punti misuratori) Approfondire e sperimentare Per approfondire Prospettive frontali di una scalinata Laboratorio digitale La restituzione prospettica applicata alla pittura Studio di elementi decorativi basati sul cerchio e sulle spirali Esplorare le opere d arte in modo operativo Disegno di elementi architettonici Verificare Mappa concettuale Conoscenze e competenze Modulo 3 DINAMICHE DEL COLORE 153 I colori della luce 154 Sintesi dei colori 155 La sintesi additiva 155 La sintesi sottrattiva 156 Il cerchio cromatico 158 Le coordinate del colore 159 La sfera di Runge 160 L albero di Munsell 161 I contrasti di colore 163 L armonizzazione dei colori 165 Laboratorio 1 - Sperimentiamo gli effetti delle miscele ottiche 166 Laboratorio 2 - I colori della scena urbana 168 Laboratorio 3 - L effetto post-immagine 172 MATERIALI DISPONIBILI SUL WEB Approfondire e sperimentare Laboratorio digitale Verifichiamo la colorazione delle ombre Elaborazioni cromatiche Verificare Mappa concettuale Conoscenze e competenze Modulo 4 TEORIA DELLE OMBRE 173 Le ombre tra scienza e arte 174 L interazione luce-ombra 176 La sorgente luminosa come centro di proiezione 177 Linea separatrice, ombra propria, portata e autoportata 178 Ombre portate e geometria delle trasformazioni 179 UNITÀ OPERATIVA 1 Le ombre nelle proiezioni parallele 180 Ombre nelle proiezioni ortogonali 180 Ombre del punto 181

3 VI INDICE Le ombre virtuali 182 Ombre di punti su piani e superfici varie 183 Ombre di segmenti 184 Ombre di segmenti su piani e solidi vari 186 Ombre di figure piane 187 Ombre proprie e portate di solidi 190 Ombre di solidi su solidi 192 Applicazione delle ombre a elementi architettonici 193 Ombre nelle proiezioni assonometriche 194 UNITÀ OPERATIVA 2 Le ombre nelle proiezioni prospettiche 197 Le coordinate della luce solare 197 Posizioni della sorgente luminosa naturale 198 Ombre di segmenti e di figure piane 201 Ombre di solidi variamente composti 202 Ombre autoportate 204 Ombre prodotte da una sorgente luminosa artificiale 205 Le ombre nel disegno architettonico 206 Laboratorio 1 - Un modello per lo studio delle ombre 210 Laboratorio 3 - Fotografare al ritmo delle ore e delle stagioni 214 Laboratorio 4 - Fotografare le ombre portate 216 MATERIALI DISPONIBILI SUL WEB Osservare e riprodurre Ombra propria e portata di un prisma retto a base esagonale Ombra di un cubo in prospettiva Approfondire e sperimentare Laboratorio digitale Saper costruire le isofote dei solidi di rotazione Verificare Mappa concettuale Conoscenze e competenze Laboratorio 2 - Sperimentare l espressività delle ombre 212 Modulo 5 RAPPRESENTARE L ARCHITETTURA 217 Capire il linguaggio dello spazio architettonico 218 La geometria: strumento per progettare 224 Il Modulor di Le Corbusier 227 Processi generatori compositivi 229 L analisi delle tipologie abitative 232 Le abitazioni unifamiliari: spazi interni e aggregazioni 234 Laboratorio 1 - La percezione degli elementi strutturali in architettura 260 Laboratorio 2 - Verificare il rapporto tra forma e resistenza 264 Laboratorio 3 - Geometria e strutture: le volte a doppia curvatura inversa 266 Laboratorio 4 - Le geometrie delle coperture 270 Laboratorio 5 - La percezione dell ambiente abitato: una ricerca con schizzi prospettici 274 I disegni del progetto edilizio 236 Rilievo a vista di un opera architettonica 248 UNITÀ OPERATIVA 1 L assonometria nella rappresentazione architettonica 250 Le murature in mattoni 250 Gli angoli in architettura 252 Le scale 253 Le coperture a volta 254 Le coperture inclinate o a falde 258 MATERIALI DISPONIBILI SUL WEB Approfondire e sperimentare Per approfondire Aggregazioni di cellule poliedriche Dal disegno a fil di ferro ai plastici Geometria e strutture: le cupole reticolari Ricerca fotografica sugli elementi decorativa a malta modellata Verificare Conoscenze e competenze Fonti delle illustrazioni 280

4 INDICE VII Sul web, all indirizzo si possono trovare ulteriori materiali che consentiranno di approfondire, svolgere attività di laboratorio, risolvere problemi grafi ci e prepararsi alle verifi che orali e scritte. Per accedere ai contenuti digitali sul sito web, va digitato nell apposito campo il codice inserito in ciascuno dei due volumi. I materiali disponibili sul web possono essere scaricati e salvati sul proprio computer. L indice dei due volumi del corso riporta l indicazione dei materiali disponibili sul web insieme ai contenuti presenti sul testo cartaceo. I materiali integrativi relativi a ciascun modulo disponibili sul sito web sono suddivisi in 3 sezioni: Osservare e riprodurre Esercitazioni che consentono di risolvere alcuni problemi grafi ci proposti nei due volumi (e lì segnalati con la stessa icona): le indicazioni operative presentate vengono dettagliate e animate passo passo. Approfondire e sperimentare Schede di approfondimento (Per approfondire) e attività (Laboratorio digitale) consentono di fare ulteriori esperienze sui contenuti di ogni modulo. Verificare Mappe concettuali ed esercitazioni per una verifi ca immediata delle conoscenze e delle competenze acquisite nello studio dei moduli. MATERIALI DISPONIBILI SUL WEB Modulo 6 TECNOLOGIE DIGITALI DI RAPPRESENTAZIONE Approfondire e sperimentare Per approfondire I nuovi strumenti della rappresentazione La produzione dell immagine digitale L immagine in rete Laboratorio digitale Sperimentare l impaginazione digitale Creare animazioni digitali Disegnare pp. web Effetti grafici sui font Elaborazione grafica del testo Trasformazione per scomposizione, traslazione e ribaltamento Trasformazioni dinamiche di immagini La pixel art Progettare un pieghevole Progettare e disegnare una Label per un CD Generazione grafica digitale di paesaggi e ambienti naturali Verificare Conoscenze e competenze

5 Modulo Dinamiche del colore CONOSCENZE E COMPETENZE Dopo aver affrontato lo studio operativo di scoperta-verifi ca-ricerca proposto da questo modulo sarete in grado di raggiungere le conoscenze e le competenze qui indicate: SAPERE Comprendere la diversità intercorrente fra il proiettare delle luci colorate e il fare uso di materiali (pigmenti, inchiostri, ecc.) coloranti. Saper cogliere i rapporti intercorrenti fra la sintesi additiva e la sintesi sottrattiva. SAPER FARE Transfert (collegamenti concettuali) Riconoscere l applicazione della sintesi additiva nel campo del vissuto quotidiano. Saper riconoscere i contrasti di colore idonei a conferire massima visibilità ai messaggi visivi di utilità pubblica. Saper attribuire le armonie del colore a determinati accostamenti cromatici. Saper vedere nel colore un effi cace mezzo per determinare l illusione dello spazio. Saper descrivere le coordinate che vengono usate per classifi care ordinatamente i colori. Saper descrivere il modello tridimensionale ideato da A.H. Munsell per la classifi cazione delle tinte. Espressione (produzioni personali) Dimostrare visualmente gli effetti del contrasto dei colori complementari.. Dimostrare operativamente gli assunti della pittura divisionista. Realizzare una scheda-campione dei colori dominanti in un dato contesto urbano. Realizzare delle elaborazioni cromatiche con l ausilio del computer e di specifi ci programmi di trattamento delle immagini.

6 154 I COLORI DELLA LUCE I colori della luce Lo spettro visibile, cioè l arco delle radiazioni elettromagnetiche cui l occhio umano è sensibile, è formato da luci monocromatiche comprese tra le lunghezze d onda di 380 e 760 nanometri (un nanometro corrisponde a un milionesimo di millimetro) che, sovrapposte, danno la luce bianca o incolore (fig. 1). Il primo a dimostrare che un raggio di luce bianca, qual è quella del Sole, risulta composto da tante radiazioni di colore diverso, è stato, nel 1666, Isaac Newton. Infatti egli scoprì che quando un ristretto fascio di luce, proveniente dalla fessura di una fi nestra chiusa, viene fatto incidere su un prisma triangolare di vetro, da questo fuoriescono, con inclinazioni diverse, tanti fascetti di vari colori, nell ordine: rosso, arancio, giallo, verde, blu e violetto, ossia i colori dell iride (fig. 2). Facendo ripassare tutti i fascetti colorati attraverso un secondo prisma uguale al primo, ma capovolto, Newton riuscì anche a ripristinare il fascio di luce bianca, offrendo così la controprova che la luce bianca può essere considerata come una mescolanza di tante radiazioni monocromatiche (fig. 3). Successivamente alcuni ricercatori, sviluppando le osservazioni di Newton, giunsero a stabilire che sono suffi cienti tre radiazioni monocromatiche per ottenere sia la luce bianca, sia tutte le altre luci colorate. Fu il fi sico e fi siologo tedesco Hermann Helmholtz che nel XIX secolo perfezionò tale teoria, già formulata in modo embrionale dal medico-scienziato inglese Thomas Young intorno al Questa teoria, detta tricromatica, prende per l appunto avvio dal fatto che, volendo riottenere la luce bianca dopo la scomposizione con un prisma, non è necessario rimiscelare tutte le radiazioni ottenute, ma è suffi ciente impiegare tre radiazioni tratte da zone dello spettro abbastanza distanti fra loro. Inoltre, dosando opportunamente le intensità delle tre radiazioni, si possono ricavare le sensazioni visive di tutti gli altri colori dello spettro. Le terne di radiazioni con cui è possibile avere questi risultati sono varie, pertanto non è facile stabilire quali siano le lunghezze d onda genuinamente fondamentali o primarie. Tuttavia i migliori risultati si hanno con tre bande di frequenza che, quando agiscono separatamente, danno luogo alla visione di un certo tipo di rosso vivo, di un certo tipo di verde e di un certo tipo di blu, tendente al violetto, e che sono tratte, rispettivamente, dalle regioni di onde lunghe, medie e corte dello spettro visibile (per es. intorno a 650, 530, 460 nanometri). Pertanto oggi i fi sici considerano convenzionalmente come colori luce primari il rosso, il verde e il blu. Fig.1 L universo è attraversato da una quantità di radiazioni aventi lunghezze d onda variabili da quelle minime dei raggi gamma a quelle delle onde radio, che, nel loro insieme, costituiscono lo spettro elettromagnetico. La ridottissima parte visibile di tale spettro, qui ingrandita per mostrare la disposizione delle radiazioni luminose corrispondenti ai vari colori, è quella compresa fra i 380 e i 760 nanometri. Fig.2 La dispersione della luce, come si osserva facendo passare un fascio di luce bianca attraverso un prisma di vetro. Newton volle distinguere nello spettro visibile sette colori e tra questi incluse l indaco, probabilmente più per raggiungere il numero sette, considerato il numero perfetto e pertanto carico di valenze simboliche, che non perché questo colore corrispondesse a una regione ben defi nita dello spettro. In realtà, e sebbene il numero dei colori dispersi sia incalcolabile, in quanto possiamo suddividere l intervallo di lunghezza d onda fra 380 e 760 nanometri in ulteriori intervalli comunque piccoli, la sensazione visiva per l occhio è riducibile a sei colori principali: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro e violetto. Fig.3 Dispersione e ricomposizione della radiazione luminosa. Dopo aver dimostrato il fenomeno della dispersione della luce, Newton riuscì anche a ricomporre i colori dell iride in un fascio di luce bianca ponendo un secondo prisma di vetro di fronte al primo, ma capovolto.

7 MODULO 3 DINAMICHE DEL COLORE 155 Sintesi dei colori Un pittore poco al corrente della teoria tricromatica, darà certamente del bugiardo a chi gli dirà che miscelando il rosso con il verde si ottiene il giallo, in quanto, nella sua esperienza, il giallo non può essere ricavato in nessun modo dalla mescolanza di pigmenti diversi. Per chiarire il problema è necessario precisare che esistono due tipi di mescolanze cromatiche: il primo riguarda l addizione di luci colorate (sintesi additiva); il secondo la combinazione di materie coloranti (sintesi sottrattiva). La sintesi additiva Supponiamo di disporre di tre fasci luminosi: uno rosso, uno verde e uno blu, di giusta lunghezza d onda e d intensità appropriata. Proiettando in un ambiente buio, sopra uno schermo bianco, il fascio di luce rossa, otterremo ovviamente un cerchio dello stesso colore. Proiettando sul medesimo schermo il fascio di luce verde, nel punto in cui rosso e verde si sovrappongono appare un nuovo colore: il giallo. Proiettando il rimanente fascio di luce blu avremo che dove blu e verde si sovrappongono appare un colore azzurro turchese che è chiamato ciano (o cyan). Dove invece a sovrapporsi sono il blu e il rosso appare un caratteristico colore rosso purpureo che è chiamato magenta. Facendo infi ne convergere in uno stesso punto tutte e tre le luci colorate, lo schermo diffonde una luce che all occhio appare bianca alla pari di quella del Sole (fig. 1). L operazione fi n qui descritta viene detta sintesi additiva proprio perché, a partire dall assenza di luce (l ambiente oscurato), giunge per progressiva somma di luci a produrre la sensazione del bianco. Le tre luci-colore in questione (rossa, verde, blu) si chiamano primarie, mentre le altre, conseguite per mezzo di miscelamenti, si chiamano secondarie o derivate. Variando opportunamente l intensità dell una o dell altra delle tre luci, si avranno ulteriori apparizioni di colori più o meno saturi. Resta da osservare che non solo la terna di luci monocromatiche dà luce bianca, ma anche la somma di una luce primaria con quella risultante dalla mistura delle altre due luci primarie, quindi luce verde e luce magenta, oppure luce rossa e luce ciano, o ancora luce blu e luce gialla. Infatti, se ad ogni radiazione secondaria viene aggiunta la radiazione primaria che non è entrata a far parte della sua composizione, si ottiene luce bianca. Tutte le coppie di radiazioni luminose che, miscelate assieme, producono luce bianca, sono chiamate coppie di colori complementari: così il giallo è complementare del blu (e viceversa), il ciano è complementare del rosso, il magenta è complementare del verde (fig. 2). Fig.1 Nella sintesi additiva, tre sorgenti luminose dei colori primari rosso, verde e blu proiettano i loro fasci di luce sopra uno schermo bianco all interno di una camera oscura. Nelle zone in cui due di questi fasci vanno a sovrapporsi, compaiono i colori secondari giallo, magenta e ciano. Nella zona dove si sovrappongono tutti e tre i fasci di luce si ha il bianco. Per ottenere questi risultati è però necessario che le tre luci primarie siano di una data lunghezza d onda e di giusta intensità. Fig.2 Si parla di coppie di colori complementari, in sintesi additiva, ogni volta che due luci colorate, mescolandosi, producono lo stesso risultato della somma delle tre luci primarie, ossia il bianco. Tali coppie risultano ovviamente costituite da un colore primario e da uno risultante dalla mistura degli altri due primari, per cui sono comunque compresenti il rosso, il verde e il blu. Conseguentemente sono complementari fra loro le coppie formate da rosso e ciano, verde e magenta, blu e giallo. RCS Libri S.p.A. - Divisione Education, Milano

8 156 SINTESI DEI COLORI La sintesi sottrattiva È il genere di procedimento che viene messo in atto nella comune esperienza di mescolare assieme sostanze coloranti di vario tipo (vernici, oppure inchiostri, acquarelli ecc.), o anche di sovrapporre fra loro vetri o fogli di cellophan colorati. In tutti questi casi si verifi ca una situazione che è all opposto di quella precedente: non vi è infatti somma di due o più radiazioni luminose, ma vi è invece sottrazione. A voler essere precisi, la parola sintesi non è esatta per defi nire i procedimenti sottrattivi, poiché quella che i pigmenti o i fi ltri colorati operano sulla luce incidente è piuttosto un analisi, cioè una separazione delle diverse radiazioni con assorbimento di alcune. Tuttavia in queste pagine si continuerà a parlare di sintesi sottrattiva, secondo la consuetudine. Per una migliore comprensione del fenomeno in esame, dobbiamo anzitutto ricordare che, per quanto noi ci muoviamo in un variegato mondo di colori, ciò non signifi ca che le cose siano dotate di un colore proprio: signifi ca solo che gli oggetti rifl ettono una parte della luce da cui sono colpiti e le radiazioni rifl esse producono in noi la percezione di determinati colori. Consideriamo ad esempio un foglio di carta come un mezzo che rifl ette la luce. Se il foglio ci appare bianco, vuol dire che rifl ette tutte le radiazioni contenute nella luce (fig. 3a). Appoggiamo ora su questo foglio un trasparente giallo (cellophan, gelatina o altro). Cosa succede? Delle tre radiazioni principali presenti nello spettro, quella blu viene assorbita e le altre due (la rossa e la verde) vengono invece rifl esse, cosicché il foglio giusto quanto abbiamo detto riguardo la sintesi additiva ci appare, per l appunto, giallo (fig. 3b). Proseguendo nell esperimento proviamo ad appoggiare sul foglio, sovrapponendoli, il trasparente giallo e uno ciano. Il giallo sottrae la radiazione blu e il ciano la radiazione rossa. L unica radiazione rifl essa è quella verde, per cui il foglio ci apparirà di tale colore. Aggiungendo ai due trasparenti anche un altro color magenta, tutte le radiazioni vengono assorbite e come risultato avremo un colore brunastro, tanto più tendente al nero quanto più i trasparenti impiegati saranno al massimo della loro saturazione cromatica. Se, dunque, nella sintesi additiva si parte dall assenza di luce, ossia dal nero, per giungere alla somma di tutte le radiazioni cromatiche nel bianco, viceversa nella sintesi sottrattiva si parte dalla luce, ossia dal bianco, e per sottrazioni successive si giunge all assenza di radiazioni visibili, cioè al nero. In pratica la sintesi sottrattiva si verifi ca in caso di: pigmento mescolato con pigmento; pigmento visto attraverso un fi ltro colorato; -pigmento che rifl ette luce proveniente da una sorgente cromaticamente fi ltrata; sovrapposizioni di fi ltri colorati. a) b) c) d) e) Fig.3 Schematizzazione dei fenomeni di rifl essione e di assorbimento delle tre principali radiazioni che compongono la luce bianca. a) Rifl essione totale delle radiazioni rosse, verdi e blu = bianco. b) Assorbimento delle radiazioni blu. Vengono rifl esse solo le radiazioni rosse e verdi = giallo. c) Assorbimento delle radiazioni verdi. Vengono rifl esse solo le radiazioni rosse e blu = magenta. d) Assorbimento delle radiazioni rosse. Vengono rifl esse solo le radiazioni verdi e blu = ciano. e) Assorbimento totale delle radiazioni rosse, verdi e blu = nero. La defi nizione di sottrattiva data alla procedura illustrata in fi gura, è determinata dal fatto che ogni colore agisce da fi ltro capace di sottrarre alla luce parte delle sue componenti: quando tutti i colori primari vengono sovrapposti, tutta la luce è sottratta e non resta che la percezione del nero.

9 MODULO 3 DINAMICHE DEL COLORE 157 Osserviamo adesso la fig. 4. La sovrapposizione sfalsata di tre superfi ci trattate con sostanze coloranti trasparenti la cui tinta è giallo, magenta e ciano (nel nostro caso si tratta degli inchiostri da stampa) dà luogo, nelle zone di sovrapposizione, a un colore rosso vivo (giallo + magenta), a un colore verde (giallo + ciano), a un colore blu violaceo (magenta + ciano) e infi ne a una specie di nero (giallo + magenta + ciano). Ebbene, giallo, magenta e ciano sono, in questo caso, colori primari. Rosso, verde e blu sono invece colori secondari. Confrontando lo schema di fig. 4 con quello di fig. 1 a p. 155, potete allora facilmente notare che i primari della sintesi sottrattiva sono uguali ai secondari della sintesi additiva e, inversamente, i primari additivi sono uguali ai secondari sottrattivi. È invalso l uso di defi nire sbrigativamente giallo, azzurro (o blu) e rosso i colori primari sottrattivi, perdendo così di vista questa fondamentale rispondenza fra le due sintesi. Ma provate a miscelare un pigmento rosso qualsiasi con uno azzurro e il risultato, invece di essere un blu violaceo, sarà una tinta sporca, quasi un marrone, perché nei rossi diversi dal magenta è presente, in misura maggiore o minore, anche il giallo. Resta da dire che le coppie dei colori complementari sono le stesse in entrambe le sintesi. Attenzione, però. Il risultato di miscelare una coppia di luci complementari è ben diverso da quello di miscelare una coppia complementare di sostanze colorate: nel primo caso si ha il bianco, nel secondo un grigio-nero. Fig. 4 Le materie coloranti rifl ettono una parte della luce e ne assorbono le parti rimanenti. Quando si sovrappone una velatura di ciano a una velatura di giallo (o s impastano fra loro i corrispondenti pigmenti) ognuno dei due colori sottrae all altro qualcosa della sua capacità di rifl ettere la luce; perciò il colore di sintesi che si ottiene, nel caso specifi co il verde, sarà necessariamente meno luminoso dei colori di partenza. Infatti, esemplifi cando, si consideri di fare uguale a 100 la luce bianca rifl essa dal foglio sul quale stendiamo le velature. Il giallo elimina tutte le radiazioni blu e il ciano tutte le radiazioni rosse. Restano dunque le radiazioni verdi e, con esse, soltanto un terzo della luce rifl essa inizialmente dal foglio. Se poi tutti e tre i colori primari della sintesi sottrattiva vengono sovrapposti, tutta la luce è assorbita e si ha un colore tendente al nero. Fig. 5 Colori della sintesi sottrattiva ottenuti da colori della sintesi additiva. Nella zona di sovrapposizione dei due cerchi determinati rispettivamente, procedendo dall alto verso il basso, da fasci di luce verde e rossa, blu e verde, rossa e blu, si ottengono i colori giallo, ciano e magenta che sono i colori primari della sintesi sottrattiva. Fig. 6 Colori della sintesi additiva ottenuti da colori della sintesi sottrattiva. Sovrapponendo o miscelando, a seconda che siano trasparenti o coprenti, i colori giallo e ciano, ciano e magenta, magenta e giallo, si ottengono i colori verde, blu e rosso che sono i colori primari della sintesi additiva. In defi nitiva, da due colori primari della sintesi additiva si ottiene un colore secondario che corrisponde a un primario della sintesi sottrattiva e viceversa.

10 158 IL CERCHIO CROMATICO Il cerchio cromatico Si consideri di appoggiare sopra un foglio bianco tre semicerchi di cellophan rispettivamente di colore giallo, magenta e ciano (fig. 1a), che sappiamo essere i colori primari della sintesi sottrattiva. Facendo scorrere questi semicerchi fi no a disporli come in fi g. 1d, vedremo apparire, nelle zone di sovrapposizione di due primari, i colori secondari rosso, verde e blu. Il cerchio così ottenuto è denominato cerchio cromatico e in esso risultano alternativamente disposti i tre colori primari e i loro derivati, per cui si determina una circolarità continua formata dalla successione di giallo, rosso, magenta, blu, ciano e verde, dal quale si passa nuovamente al giallo e via di seguito. In tal modo ogni primario è fiancheggiato dai due secondari che il medesimo ha contribuito a generare (es. il giallo si trova fra il rosso e il verde, colori nei quali è per l appunto presente il giallo). Inoltre ogni colore è diametralmente contrapposto al proprio complementare: infatti il giallo è diametrale al blu, il magenta al verde e il ciano al rosso. Supponiamo ora di mescolare in proporzioni uguali un primario e un secondario che siano adiacenti nel disco. Il risultato è un colore terziario e poiché di queste mescolanze ne possiamo realizzare sei, ecco che avremo sei colori terziari. Da qui la visualizzazione di fig. 2, consistente in una corona circolare divisa in dodici settori: ogni settore compreso fra un colore primario e uno secondario è occupato dal colore derivante dalla loro mescolanza. Così fra il giallo (primario) e il rosso (secondario) vi è il colore terziario arancione; fra il rosso e il magenta vi è il rosso violaceo e via dicendo. Con l aggiunta di questi nuovi colori siamo dunque passati dal cerchio cromatico a sei colori a quello a dodici colori, dove anche i terziari complementari fra loro sono diametralmente opposti. Ovviamente, all occorrenza, si possono costruire cerchi cromatici aventi un numero assai maggiore di tinte, in quanto, oltre ai terziari, esistono i colori quaternari (mescolanza in parti uguali di un primario con un terziario) e quelli quinari (mescolanza in parti uguali di un secondario con un terziario). Infi ne, variando i rapporti di proporzione nelle mescolanze, si ottengono moltissime altre tonalità di colore: la padronanza tecnica di questi rapporti quantitativi consente di riprodurre l infi nita gamma di sfumature cromatiche esistente in natura. a b c d Fig.2 Si dicono complementari fra loro tutte le coppie di colori che sul disco cromatico occupano posizioni diametralmente opposte. Se mescolati in proporzioni uguali, i colori di queste coppie si neutralizzano a vicenda dando luogo a un grigio nerastro come avviene mescolando assieme i tre primari, in quanto in ogni coppia di complementari sono contenuti, in misura maggiore o minore, tutti i primari. Pertanto ogni colore può essere smorzato, senza ricorrere al nero, aggiungendovi quantità variabili del suo complementare. Invece l intensità cromatica di ogni colore risulta esaltata se questi viene accostato al suo complementare (si tratta del contrasto simultaneo spiegato a p. 164).

11 Le coordinate del colore MODULO 3 Se vi chiedessero di disporre in ordine qualche centinaio di quadrati diversamente colorati, sulla base di quali criteri risolvereste il problema? Il punto di partenza da tenere presente in situazioni del genere è che ogni colore può essere classifi cato con esattezza e, conseguentemente, rapportato ad altri, mediante un sistema di coordinate composto da tinta, chiarezza e saturazione. Vediamo di cosa si tratta. La tinta, detta anche tonalità, è la qualità percettiva per cui ciascuna sensazione cromatica viene espressa mediante i termini di rosso, arancio, giallo, verde, blu, violetto, tanto per elencare i nomi delle tinte corrispondenti ai colori puri dello spettro. Ma poiché si passa da una all altra di queste tinte attraverso sfumature intermedie, determinate da minimi cambiamenti di lunghezza d onda, ne risulta che sull insieme dello spettro l occhio riesce a distinguere in effetti circa duecento tinte diverse. Per rappresentare l ordine di successione delle tinte si utilizza, come abbiamo già visto, il cerchio cromatico suddiviso in un numero più o meno grande di settori. DINAMICHE DEL COLORE 159 La chiarezza, che prende anche il nome di luminosità o brillanza, va intesa come quantità di luce rifl essa da ciascun colore. La chiarezza viene valutata ricorrendo al confronto con i valori chiaroscurali presenti in una scala di grigi che comprenda una serie di passaggi intermedi fra i due estremi rappresentati rispettivamente dal bianco, al quale è assegnato il valore di chiarezza massima uguale a 10, e dal nero, con valore uguale a zero: a metà si trova il grigio medio. Questa scala, denominata scala chiaroscurale acromatica, viene usata appunto per classifi care comparativamente tanto il valore di luminosità dei colori puri, quanto il grado di chiarezza delle loro gradazioni. Così, ad esempio, aggiungendo via via del bianco a un rosso vivo, si ottengono tutte le gradazioni chiare di questo colore fi no a renderlo pallidissimo; viceversa, aggiungendo crescenti quantità di nero si passa per tutte le gradazioni scure fi no ad offuscare completamente la vivacità di quel rosso. Quando un colore volge al chiaro, la sua luminosità suggerisce leggerezza e movimento di ascesa tanto più marcato quanto più il colore si approssima al bianco. Se invece il colore volge allo scuro, esso acquisisce una pesantezza percettiva per cui appare spinto verso il basso in un movimento di discesa che aumenta con l avvicinarsi al nero. Anche i vari gradi di luminosità dei grigi partecipano a queste qualità in ragione della loro prossimità con il bianco o con il nero. Solo il grigio medio, in quanto punto di equilibrio tra i due estremi, mostra una totale immobilità. La saturazione, o purezza, è la misura dell intensità cromatica di una tinta. Tale intensità è massima quando i colori esprimono tutta la loro forza e vivacità; è minima quando appaiono tanto smorzati da Fig.1 Corrispondenza fra la luminosità dei colori puri e una scala di grigi dove il nero è uguale a zero e il bianco a dieci. Il giallo, che è il colore puro più luminoso, è pari al nono grigio, l arancio all ottavo, il rosso e il verde al sesto, il blu al quarto e il viola al terzo. Volendo dare a tutti i colori lo stesso valore chiaroscurale del giallo, occorre allora schiarire di sei toni il viola, di cinque toni il blu, di tre toni il rosso e il verde, di un tono l arancio. Fig.2 Allontanandosi dalla scala dei grigi (colori acromatici), un colore aumenta di saturazione ma non di chiarezza. Perciò in una fotografi a in bianco e nero le sei caselle orizzontali apparirebbero tutte del medesimo tono di grigio.

12 160 LE COORDINATE DEL COLORE Fig.3 Prospetti, sezione orizzontale e sezione verticale della sfera cromatica di Runge. a b c d riuscire a malapena a diversifi carsi da un grigio di pari chiarezza. In ragione di ciò, il grado di saturazione di un colore viene defi nito in termini di maggiore o minore distanza del colore stesso dalla scala dei grigi. A livello percettivo, sembra che il nostro occhio non possa distingure più di dieci passaggi nella successione fra un colore puro e un grigio della medesima chiarezza. Prendendo a riferimento le tre coordinate fi n qui descritte, sono stati elaborati nel tempo numerosi modelli cromatici dei quali offriamo due esempi. La sfera di Runge Allo scopo di visualizzare con una sola fi gura solida tutte e tre le coordinate del colore, il pittore tedesco Philipp Otto Runge progettò nel 1810 un modello cromatico a forma di globo suddiviso in meridiani e paralleli (fig. 3). Nella fascia mediana, corrispondente all equatore, sono distribuiti i colori del cerchio a dodici tinte. Nelle zone polari sono disposti a nord il bianco e a sud il nero. I gradi di longitudine, ossia le fasce comprese fra l equatore e i poli, raffi gurano i passaggi dei vari colori verso il bianco e verso il nero. Conseguentemente sulla superfi cie della calotta sferica settentrionale appaiono le gradazioni cromatiche chiare, derivanti dalla mescolanza di ciascuna tinta col bianco; sulla superfi cie dell altra calotta appaiono invece le gradazioni scure, dovute alla mescolanza delle tinte col nero. Vediamo ora cosa c è dentro la sfera. Qui la prima cosa da rilevare è la presenza, tra i due poli, dell asse acromatico dei grigi. Al centro di tale asse vi è un grigio medio che può essere ottenuto sia mischiando il nero col bianco, sia mischiando due colori che nella sfera risultino diametralmente opposti. Osservando la fig. 3c, dove è raffi gurata la sfera sezionata orizzontalmente all altezza dell equatore, ci si rende conto di come ogni colore subisca una progressiva perdita del proprio grado di saturazione man mano che procede in direzione del grigio centrale. Queste modifi cazioni cromatiche sono il risultato della mescolanza, in proporzioni diverse, di ciascuna tinta con il tono grigio di chiarezza pari a quella della tinta stessa. Sezionando infi ne la sfera con un piano passante per i poli (fig. 3d), si ha la rappresentazione dei rapporti intercorrenti fra i valori chiaroscurali e i diversi gradi di saturazione delle tinte, che nel caso specifi co sono il rosso e il blu.

13 MODULO 3 DINAMICHE DEL COLORE 161 Fig. 4 Nel sistema di classifi cazione sviluppato da Munsell, i colori sono ordinati secondo gli attributi di tinta, chiarezza e saturazione. La successione delle tinte, passando dal rosso al giallo al verde e via dicendo, determina il cerchio dei colori. La chiarezza aumenta verso l alto e diminuisce verso il basso lungo l asse acromatico dei grigi: il valore 0 corrisponde al nero assoluto, il valore 10 al bianco assoluto e il valore 5 al grigio medio. La saturazione indica la distanza di un colore dal grigio di uguale chiarezza: a partire da lì (saturazione nulla) si arriva alla massima saturazione, ossia al massimo grado di purezza, di quel dato colore. Fig. 5 Nelle dinamica del modello di Munsell, la tinta è il movimento rotatorio; la chiarezza il movimento traslatorio lungo l asse verticale; la saturazione il movimento radiale. Fig. 6 Plastico raffi gurante il sistema Munsell nelle sue tre componenti spaziali. L albero di Munsell Tra il 1905 e il 1915 il pittore statunitense Albert H. Munsell elaborò un sistema di classifi cazione dei colori che, per il suo particolare aspetto, è stato denominato albero del colore. Tale sistema ha trovato largo impiego nelle industrie produttrici di materiali coloranti, quali pigmenti, vernici, inchiostri ecc. È stato assunto dall UNI (Ente Nazionale di Unifi cazione) come base per la specifi cazione dei colori nelle diverse attività connesse all edilizia, giusto quanto indicato nella norma UNI Il sistema Munsell è fondato sulla considerazione che essendo tre gli attributi del colore, vale a dire tinta, chiarezza e saturazione, le loro possibili combinazioni possono essere ordinate in un modello tridimensionale utilizzando tre coordinate. Per comprendere in via approssimativa com è strutturato questo modello si osservi la fig. 4. Sul cerchio sono disposte le dieci tinte maggiori e precisamente le cinque principali (rosso, giallo, verde, blu, porpora), più le cinque intermedie (giallo-rosso, verde-giallo, blu-verde, porpora-blu, rosso-porpora). L asse verticale rappresenta l asse dei valori di chiarezza ed è suddiviso in undici sezioni, a cominciare da zero (corrispondente al nero) per fi nire con 10 in alto (corrispondente al bianco). Le sezioni intermedie da 1 a 9 corrispondono ad altrettanti toni di grigio, da quello più scuro a quello più chiaro.

14 162 LE COORDINATE DEL COLORE Fig.7 Il sistema Munsell prevede dieci tinte maggiori, ciascuna suddivisa in dieci gradi, per cui abbiamo: R rosso (red) in 10 gradi YR giallo-rosso (yellow-red) in 10 gradi Y giallo (yellow) in 10 gradi GY verde-giallo (green-yellow) in 10 gradi G verde (green) in 10 gradi BG blu-verde (blue-green) in 10 gradi B blu (blue) in 10 gradi PB porpora-blu (purple-blue) in 10 gradi P porpora (purple) in 10 gradi RP rosso-porpora (red-purple) in 10 gradi Pertanto le tinte variano da 1 a 100 e sono indicate da un numero e una o due lettere. Es.: 4YR indica la tinta giallo-rossa di grado 4; 8G indica la tinta verde di grado 8 e così via. Per specifi care la chiarezza di un colore si riporta la cifra (da 1 a 9) del grigio equivalente. Anche la saturazione viene denotata in modo analogo, con cifre però che solitamente aumentano di due unità per volta, passando da 0 a 2, a 4, a 6... a seconda dei casi. Quindi la notazione completa di un colore è basata sulla successione Tinta, Chiarezza, Saturazione. Es.: 7B 5/8 signifi ca blu di grado 7 con chiarezza 5 e saturazione 8. Nel cerchio delle tinte riportato in fi gura, e assunto come avente chiarezza 5, è stata messa in evidenza con un cerchietto la posizione di questo blu. Fig.8 The Munsell Book of Color, stralcio della pagina della tinta 10 P, ossia il porpora del decimo tipo. Lungo la direzione dei raggi uscenti dall asse si ha la saturazione delle tinte, a partire dal grigio (assenza di cromaticità, quindi saturazione zero) per arrivare, attraverso un maggiore o minor numero di passaggi intermedi, al massimo grado di purezza proprio di ciascun colore. La descrizione fi n qui fatta è però incompleta. In realtà ad ogni tono di grigio corrisponde un cerchio formato da tanti anelli concentrici quanti sono i valori di saturazione. Si tratta cioè di una sezione orizzontale del modello, alla quale viene dato il nome di piano di chiarezza costante, dove tutti i colori sono ordinati secondo i loro valori di tinta e saturazione. Inoltre ciascuna delle dieci tinte maggiori è il numero 5 di una serie di numeri che indicano altrettante sfumature della tinta medesima. Pertanto un cerchio completo consiste di 100 tinte (fig. 7). Considerando di far passare per le più signifi cative fra queste tinte un piano uscente dall asse delle chiarezze, si ottengono delle tavole cromatiche comprendenti una certa quantità di campioni di colore disposti in modo che la loro chiarezza cresca dal basso verso l alto negli incolonnamenti verticali, mentre la loro saturazione aumenta progressivamente sulle fi le orizzontali. Raccolte in un atlante intitolato The Munsell Book of Color, le suddette tavole compongono un campionario standard dove l ordinata disposizione dei colori rende possibile l univoca identifi cazione di ognuno di essi mediante una combinazione di lettere e numeri. Un certo blu, ad esempio, può venir identifi cato con la sigla 7B 5/8 che signifi ca trattarsi del blu di tipo 7 (fra i dieci tipi previsti per ogni tinta), avente chiarezza 5 e saturazione 8. I colori non presenti nell atlante possono comunque essere indicati con numeri intermedi. Così la notazione 4,5R 6/4 rimanda a un rosso di tinta intermedia fra il tipo 4 e il tipo 5, di chiarezza 6 e saturazione 4.

15 I contrasti di colore MODULO 3 Gli effetti cromatici sono determinati dall accostamento dei colori fra loro. Salvo casi estremi, un colore preso a sé non può essere defi nito squillante, o freddo, o chiaro in assoluto, ma solo se e quando viene accostato, rispettivamente, a una tinta piu spenta, o più calda, o più scura. È dal contrasto fra due o più colori che la qualità della loro apparenza può risultare intensifi cata oppure indebolita (fig. 1). I contrasti cromatici più caratteristici sono quelli qui di seguito illustrati. DINAMICHE DEL COLORE 163 Il medesimo rosso sembra acquistare una diversa tonalità a seconda che entri in contrasto con una tinta gialla oppure con una tinta blu. Contrasto di colori puri. Si tratta del contrasto più semplice, quello determinato dall accostamento di almeno tre colori che siano altamente saturi e distanti fra loro nel cerchio cromatico. L esempio più tipico è offerto dai tre colori primari sottrattivi giallo, magenta e ciano, i quali, collocati fi anco a fi anco, danno luogo a un contrasto chiassoso, energico e deciso (fig. 2). Tale effetto appare meno pronunciato quando si passa dall impiego dei colori primari a quello dei secondari, per ridursi ulteriormente quando vengono utilizzati i terziari, i quaternari ecc. (fig. 3). In defi nitiva si consideri dunque che quanto più i colori sono saturi e diversi fra loro, come è anche il caso dei tre primari della sintesi additiva, tanto più forte è il contrasto. Contrasto di chiaro e scuro. Date due superfi ci giustapposte, delle quali una sia chiara e l altra scura, la prima sembra avanzare e la seconda retrocedere. In tal modo gradazioni chiaroscurali diverse suggeriscono la profondità e la distanza fra le cose, dando origine a affetti volumetrici e spaziali. I più comuni esempi sono dati tanto dalla diretta contrapposizione fra il bianco e il nero, quanto dall accostamento di grigi chiari e grigi scuri. Ma lo stesso risultato si ottiene anche utilizzando colori aventi un diverso grado di luminosità. Nella fig. 1 di p. 159 si è visto che il giallo è, fra tutte, la tinta pura più luminosa, mentre il viola e il blu tendono allo scuro. Quindi le coppie giallo-viola e giallo-blu determinano contrapposizioni chiaroscurali. Solo fra il rosso e il verde non vi è contrasto di chiaro e scuro, perché entrambe queste tinte hanno la stessa intensità luminosa. Ponendo però in relazione i colori con fondi diversi abbiamo che il bianco fa avanzare le tinte meno luminose, mentre il grigio e ancor più il nero fanno avanzare quelle maggiormente luminose, quali il giallo e l arancio. Contrasto di freddo e caldo. È uso denominare «fredde» le tinte verdi, azzurre, blu e viola; «calde» le tinte rosse, arancioni e gialle. Ciò in quanto siamo portati ad associare i colori che ricordano l acqua e la vegetazione a sensazioni di refrigerio, mentre consideriamo riscaldanti le gamme cromatiche evocanti il calore del sole e delle fi amme. Anche questo contrasto, che trova la sua massima espressione nell accostamento dell azzurro turchese con il rosso vermiglio, ha la capacità di suscitare l idea di spazio. Infatti, nella maggior parte delle situazioni, i colori freddi sembrano retrocedere e contrarsi e i colori caldi emergere ed espandersi (figg. 7, 8).

16 164 I CONTRASTI DI COLORE Contrasto dei complementari. Abbiamo già detto che i colori diametralmente opposti nel cerchio cromatico sono complementari fra loro. Pertanto tutti i colori che si trovano tra giallo e rosso vivo hanno i loro complementari situati fra il blu e il ciano; quelli tra rosso vivo e magenta li hanno invece tra il ciano e il verde, ecc. (fig. 9). Accostando due complementari si ottiene un contrasto di grande intensità, in quanto ciascuno di essi rende più vivido l altro incrementandone la luminosità. A questo effetto di mutuo rinforzo è da aggiungere il fenomeno dell immagine postuma di cui si parla a p. 159 e sempre dovuto al rapporto intercorrente fra i colori complementari. Contrasto di simultaneità. È una immediata derivazione del fenomeno per cui un colore evoca il suo complementare. Di conseguenza, osservando un grigio neutro posto sopra un fondo colorato, succede che il grigio assuma il rifl esso della tinta complementare a quella del fondo circostante. Così, se il fondo è giallo, il grigio acquisterà una velatura azzurognola; se il fondo è verde, il grigio apparirà rosato e via dicendo (figg. 10, 11). È questo il genere di contrasto che agisce anche nell apparire delle ombre colorate. Ombre che per l appunto virano verso il colore complementare a quello della superfi cie su cui esse sono proiettate. Contrasto di qualità. Per qualità cromatica s intende il grado di purezza ovvero di saturazione di un colore. Il contrasto di qualità verte sulla contrapposizione tra colori saturi e altri che invece, pur essendo ugualmente luminosi, risultino desaturati per mezzo di mescolanze ottenute miscelando le tinte pure con il bianco, con il nero, con il grigio o con i complementari delle tinte stesse. La fig. 12 mostra come un colore, in questo caso il rosso magenta, possa apparire cromaticamente più intenso quando abbia per sfondo il medesimo rosso mischiato al grigio di pari luminosità, in modo da evitare che venga a determinarsi un contrasto di chiaro e scuro. Contrasto di quantità. Mentre i valori di luminosità dei colori (vedi p. 159) sono: giallo : arancio : rosso : viola : blu : verde = 9 : 8 : 6 : 3 : 4 : 6 per i rapporti di quantità questi valori vanno invertiti, cosicché abbiamo: giallo : arancio : rosso : viola : blu : verde = 3 : 4 : 6 : 9 : 8 : 6 Il totale è di 36 parti di colore che, trasferite sul cerchio cromatico (pari a 360 ), danno superfi ci di 30 per il giallo, 40 per l arancio, 60 per il rosso, 90 per il viola, 80 per il blu, 60 per il verde. Dimensionati su queste estensioni, i colori rifl ettono la stessa quantità di luce, in quanto le loro differenze in termini di luminosità sono annullate dai rapporti di superfi cie.

17 MODULO 3 L armonizzazione dei colori I toni, i gradi di saturazione, la complementarietà, il maggiore o minore contrasto, sono alcuni dei parametri che occorre conoscere se si vuole controllare e fare uso in modo appropriato della sintassi dei colori. Una persona educata a ciò è in grado di capire quando certi colori armonizzano fra loro o sono adatti a un certo ambiente. Esistono comunque dei criteri per la ricerca di combinazioni armoniche. Vediamo in che modo. Consideriamo l impianto strutturale dei colori disposti nel cerchio suddiviso in dodici parti comprendenti i tre colori primari, i tre secondari e i sei colori terziari (vedi fig. 2 a p. 158). Proponiamoci di voler individuare una serie di accordi armonici a iniziare da due tinte per giungere fi no a sei. Accordi a due (fig. 1). Immaginiamo di collocare un asticella imperniata al centro del cerchio cromatico, come fosse l ago di una bussola. Poiché i colori complementari sono diametralmente opposti, ecco che facendo ruotare l asticella avremo ogni volta un accoppiamento armonico di due complementari. DINAMICHE DEL COLORE 165 Accordi a tre (fig. 2). Consideriamo un triangolo equilatero imperniato al centro del cerchio. I colori ai vertici danno luogo a un accordo cromatico e ciò vale per tutte le rotazioni del triangolo. Anche adoperando un triangolo isoscele si ottengono combinazioni armoniche (fig. 3). Accordi a quattro (fig. 4). La fi gura imperniata è un quadrato. I vertici indicano i colori da accostare e la rotazione della fi gura fornisce tutte le possibili alternative con tinte che risultano essere sempre complementari negli angoli opposti. Altri quadruplici accordi sono ricavabili inscrivendo nel cerchio un rettangolo (fig. 5). Impiegando quadrilateri non regolari, ad esempio il trapezio, si hanno accordi meno equilibrati. Accordi a sei (fig. 6). Nel cerchio cromatico è collocato un esagono regolare ruotante. Ad ogni singola rotazione corrispondono sei colori armonici fra loro. Si consideri tuttavia che una classifi cazione rigidamente prescrittiva delle relazioni armoniche tra i colori non è possibile, in quanto occorre tener conto dei gusti soggettivi e, più in generale, dei mutamenti della moda e degli stili espressivi. Si pensi, ad esempio, a come nel campo musicale la dodecafonia elaborata dal compositore Arnold Schönberg per l infl usso esercitato da quei movimenti artistici che vanno sotto il nome di Espressionismo, abbia modifi cato la tradizionale nozione di armonia dei suoni.

18 166 LABORATORIO Laboratorio 1 Sperimentiamo gli effetti delle miscele ottiche = Nel caso della sintesi additiva, sommando luce a luce, i colori derivati sono più luminosi di quelli di partenza. Viceversa, nella sintesi sottrattiva mescolando pigmenti o sovrapponendo fi ltri colorati, il prodotto è sempre meno luminoso delle tinte di partenza. Ciò è facilmente verifi cabile miscelando in parti uguali due colori a tempera, quali, ad esempio, il rosso vermiglione e il verde smeraldo. Il risultato sarà un colore brunastro dovuto, nel caso specifi co, alla mescolanza di due complementari: il che comporta l assorbimento di quasi tutte le radiazioni luminose costituenti lo spettro. = = Esiste però un altro modo per mescolare dei coloranti. Vediamo come si procede. Come procedere Prendete del robusto cartone bianco e ritagliate un disco del diametro di circa 5 cm, quindi dipingete metà disco con il rosso e metà con il verde. Ciò fatto, è necessario imprimere un rapido movimento rotatorio al disco. A tale scopo potete infi lare a forza una matita in un foro praticato al centro del disco e poi far piroettare il tutto a mo di trottola. Osservando il disco mentre ruota, noterete che, a causa della persistenza delle immagini nella retina, i due colori si sommano nell occhio determinando la sensazione di vedere un colore uniforme, la cui luminosità è nettamente superiore a quella della tinta che si otterrebbe impastando direttamente il rosso al verde. Tale risultato è il prodotto di una mescolanza ottica, o sintesi retinica, per effetto della quale la tinta percepita presenta un grado di luminosità che è pari alla media di quella dei colori distribuiti sul disco. Dunque, la mescolanza ottica costituisce una via di mezzo tra la somma e la sottrazione di luci che sono proprie della sintesi additiva e della sintesi sottrattiva (fig. 1). Fig.2 I dischi colorati di Maxwell. Un disco colorato e tagliato radialmente va combinato con un secondo disco ugualmente tagliato ma di colore diverso. Grazie ai tagli si riesce a variare la proporzione fra i due colori, in quanto i dischi possono essere incastrati fra loro in modo che uno copra un settore più o meno grande dell altro, a seconda dell effetto che si desidera ottenere. Facendo ruotare molto rapidamente il disco così composto, la tinta percepita sarà la risultante della fusione ottica dei due colori prescelti. Provate ad approfondire questa esperienza realizzando altri dischi diversamente colorati e modifi cando anche i rapporti quantitativi fra le superfi ci tinteggiate. Un modo spedito di procedere è quello indicato nel secolo scorso

19 MODULO 3 DINAMICHE DEL COLORE 167 dal fi sico scozzese James Clerk Maxwell. Una volta preparati dei dischi, ciascuno di un colore diverso, si tratta di praticare in essi un apertura radiale: incastrando un disco nell altro per mezzo di questi tagli, diventa facile lasciare scoperto di volta in volta un terzo, oppure un quarto ecc. di una delle due tinte. Per effetto della rotazione, la superfi cie del disco apparirà uniformemente colorata (fig. 2). Con il sistema dei dischi rotanti è dunque possibile effettuare interessanti verifi che circa la fusione cinetica dei colori (fig. 3). Senza dover ricorrere al movimento è ugualmente possibile ottenere delle miscele ottiche? Per avere una risposta diretta al quesito, prendete dei pennarelli a punta fi ne e tracciate su un foglio da disegno una serie di linee parallele, strettamente accostate fra loro, alternando due colori, per esempio il rosso e l azzurro. Guardando da conveniente distanza il foglio, la luce rifl essa dai segni colorati determina, anche in questo caso, una miscela ottica, suscitando così la sensazione di scorgere una tinta unita più luminosa di quella che si avrebbe mischiando direttamente le due tinte (fig. 4). Fig.3 Per sperimentare la fusione cinetica del colore esistono appositi dischi come quello qui riprodotto, prima da fermo (a sinistra) e poi in movimento (a destra). Effetti del tipo che abbiamo descritto sono riscontrabili nell accostamento di tessere variopinte nei mosaici, di fi li colorati nei tessuti tweed, e nei quadri realizzati secondo la tecnica del divisionismo o per dirla più propriamente, del Puntinismo (in francese pointillisme) di cui fu caposcuola Georges Seurat ( ). Prendendo avvio dalle esperienze dei pittori impressionisti, Seurat intese andare oltre nella ricerca di riprodurre sulla superfi cie della tela lo splendore della luce diurna. Considerato che impastando fra loro le materie coloranti se ne riduce l iniziale brillantezza, egli decise di ottenere le sue miscele cromatiche mettendo in pratica i risultati degli studi condotti da scienziati suoi contemporanei, quali O.N. Rood e M.E. Chevreul. Pervenne così alla decisione di porre sulla tela piccoli tocchi o punti di colori complementari che, una volta osservati alla giusta distanza, avrebbero dato luogo a una mescolanza ottica creando in tal modo un effetto di maggiore luminosità rispetto a quanto è dato ottenere mescolando direttamente un colore all altro. Fig.5 Paul Signac, Le Château de Comblat (1887), Musée d Art moderne et d Art contemporain, Liegi. Seguace della tecnica puntinista di Seurat, come ben si può vedere in quest opera, Paul Signac espose la teoria del Puntinismo scrivendo fra l altro, nel 1899: «La pittura consiste nel dividere. Dividere è assicurarsi tutti i benefi ci della luminosità, della colorazione e dell armonia attraverso: 1) la mescolanza ottica dei pigmenti puri (tutti i colori del prisma e tutti i loro toni); 2) la scelta di una pennellata proporzionata alle dimensioni del quadro».

20 168 LABORATORIO Laboratorio 2 I colori della scena urbana Gli argomenti che abbiamo svolto nelle precedenti pagine del presente Modulo, costituiscono altrettanti punti di partenza per potersi addentrare con maggiori cognizioni nel mondo dei colori. Fra i diversi itinerari didattici percorribili, ognuno dei quali capace di condurre ad apprezzabili acquisizioni teoriche e pratiche, ci soffermeremo qui a considerare i rapporti intercorrenti fra colore e architettura. È un tema, questo, sul quale torneremo trattando della lettura di un percorso urbano (vedi p. 274 e ss.). Proviamo adesso a svilupparlo ponendo a confronto esempi del tempo passato con esempi del tempo presente. Fino ai primi decenni del XX secolo, come è dato ancor oggi vedere in misura maggiore o minore nelle città e nei centri storici (figg. 1-3), i tessuti urbani erano cromaticamente caratterizzati dal colore dei materiali lapidei provenienti, salvo casi particolari, dalle cave locali, dal colore dei laterizi prodotti sul posto e dalle tinteggiature applicate sugli intonaci. Tutti colori naturali, perché anche queste tinteggiature erano eseguite utilizzando pigmenti ricavati da argille (le terre ), così denominate in quanto si trattava appunto di argille naturali di cava: ad esempio la terra di Siena, la terra d ombra o d Umbria, il rosso di Pozzuoli, ecc.), i quali venivano stemperati in acqua e poi miscelati al latte di calce. In fig. 4 potete vedere alcuni dei pigmenti inorganici che servivano per produrre le colorazioni in uso nel passato. Le tinte ottenute con le terre presentavano il vantaggio di armonizzare bene fra loro e con l ambiente circostante, abolendo in pratica ogni soluzione di continuità fra l opera dell uomo e quella della natura; possedevano inoltre la capacità di resistere a lungo nel tempo con risultati estetici ragguardevoli. Le tinte a calce, infatti,hanno la proprietà di cristallizzare lentamente sulla superfi cie degli intonaci, facendo emergere, a seguito dei dilavamenti conseguenti alle intemperie, i microcristalli delle terre colorate e ciò dà origine a effetti cromatici di notevole effi cacia. Figg. 1, 2 e 3 I centri storici mantengono ancora i segni del rapporto cromatico con i materiali locali e le tradizioni culturali del luogo. Le immagini sono riferite al centro di Roma (F. e M. Valeri, 2006). Fig.4 Pigmenti inorganici in uso nel passato che servivano per produrre le colorazioni da applicare sugli intonaci dei caseggiati.

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