29 aprile Quindicinale - Anno 14. Marco Venturi Presidente Confesercenti. Sono oltre dieci anni che SoS Impresa presenta il suo Rapporto

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1 29 aprile 2008 n 03 Quindicinale - Anno 14 Euro 0,52 Speciale SOS Impresa Sos Impresa una storia lunga 15 anni di Lino Busà Presidente di Sos Impresa Era il 1991 quando, a Palermo, un gruppo di commercianti decise di unirsi per difendere il diritto di essere imprenditori liberi. L iniziativa prese il nome di SoS Commercio e, nel 1992, il nome cambiò in Sos Impresa. Le nostre idee sono state chiare fin dall inizio: non bastava chiedere solo più Stato, era necessario un atto di responsabilità da parte degli imprenditori, che assumessero il coraggio civile della denuncia del racket, come momento di liberazione dal ricatto mafioso. Per altro verso la morte di Libero Grassi ci aveva insegnato che la denuncia in solitudine era stata pagata a caro prezzo. Da queste premesse è nata l idea dell Associazione: essere vicini a chi trova il coraggio di denunciare. Assicurare assistenza legale costituirsi parte civile nei procedimenti penali. SEGUE A PAGINA 8 Marco Venturi Presidente Confesercenti Sono oltre dieci anni che SoS Impresa presenta il suo Rapporto annuale teso ad analizzare gli intrecci fra economia e criminalità organizzata. Il rapporto è l evoluzione del famoso Libro Bianco Estorti & Riciclati che Confesercenti presentò nel lontano aprile 1991 alla presenza del giudice Giovanni Falcone. Da quella data abbiamo continuato a monitorare le varie forme di criminalità che aggrediscono le imprese del terziario, descriverne la loro evoluzione ed incidenza nel tessuto economico non solo meridionale. Un paziente lavoro di documentazione, di dati, di numeri che fotografano le trasformazioni delle mafie, il loro carattere sempre più imprenditoriale, le capacità di condizionamento del mercato e con esso la libertà di fare impresa. Un lavoro che acquista un particolare significato, perché non è costruito a freddo: Sos Impresa infatti non è un istituto accademico bensì una associazione antiracket ed antiusura che, in stretto contatto con Confesercenti, unisce rigore statistico ad esperienze di vita, atti giudiziari e vissuto di tanti imprenditori che danno informazioni essenziali per capire le dinamiche criminali sui territori. SEGUE A PAGINA 8 Intervista al vice ministro Marco Minniti Nuove misure per combattere la mafia a cura di Bianca La Rocca La prima azienda italiana è la Mafia SpA ed ha un fatturato annuo di 90 miliardi di euro, pari al 7% del Pil. È quanto emerge dal Rapporto di Sos Impresa. Qual è la parte che più l ha colpita? L analisi contenuta nel Rapporto è per alcuni sui aspetti innovativa. Dimostra come l estorsione si sia sostituita alla tangente dei periodi precedenti, coinvolgendo anche le grandi imprese italiane. Uno degli elementi che colpisce di più è l estendersi di quell area che potremmo chiamare della collusione partecipata, che investe il gotha della grande impresa italiana, soprattutto quella impegnata nei grandi lavori pubblici, che preferisce venire a patti con la mafia piuttosto che denunciarne i ricatti. È in discussione il pacchetto sicurezza. Quali saranno i provvedimenti più incisivi per contrastare la criminalità? Una parte importante delle questioni poste dal Rapporto troveranno una risposta nel pacchetto sicurezza. SEGUE A PAGINA 8

2 Sos Impresa, 15 anni di attività Il pagamento del pizzo non è un destino ineludibile. Ci sono zone ad alta intensità criminale nella quale l azione delle forze dell ordine, avvalendosi della collaborazione delle associazioni antiracket, hanno consentito la disarticolazione d intere bande. Emblematica l esperienza di Napoli, dove si è realizzato un concorso di forze, con un ruolo peculiare, innovativo ed essenziale del Comune, che ha consentito di raggiungere risultati importanti e largamente riconosciuti. Le associazioni antiracket hanno consentito agli imprenditori di uscire dall isolamento e di reagire, indicando una strada possibile per vincere la rassegnazione. Sos Impresa, da quindici anni, è in prima linea in questa battaglia. Nel 2006 è entrata in contatto con 1232 utenti. La stragrande maggioranza dei contatti è avvenuta attraverso il telefono, ma importanti sono stati anche quelli personali e da ultimo per via e- mail. Le tabelle danno un quadro della tipologia delle persone, della loro provenienza e della loro attività. Alcuni utenti sono stati ascoltati anche più volte. Contatti (di cui 812 uomini e 420 donne) Ascolti 488 Utenti ascoltati 426 Presa in carico % commercianti 10% artigiani e piccoli imprenditori 5% professionisti 5% agenti e rappresentanti- assicuratori 5% lavorat. dipendenti - altro COSTITUZIONE PARTE CIVILE Provenienza Regionale Lazio 232 Lombardia 1 Veneto 3 Puglia 11 Marche 1 Umbria 25 Sardegna 12 Campania 32 Basilicata 1 Calabria 21 Sicilia 69 Emialia Romagna 12 Toscana 4 Piemonte 1 Liguria 2 Data Città Tribunale Processo Parte civile Stato 2000 Palermo Palermo ABBATE + 64 (Ghiaccio) SOS IMPRESA 4 luglio luglio 2004 Catania Catania AMORUSO+59 ASAEC I grado Assise 4 ottobre 2002 Catania Catania GIUFFRIDA NATALE, ORAZI +7 Sos IMPRESA 2003 Termini Imerese Termini Imerese MARINO + 3 (Golden beach) SOS IMPRESA 21 gennaio 2004 Ragusa Ragusa OCCHIPINTI AMBULATORIO ANTIUSURA DI CATANIA 29 gennaio 2004 Messina Messina SPARTA+16 FAI 17 febbraio 2004 Siracusa- Gioia Tauro Palmi APARO+altri FAI 30 marzo 2004 Napoli Napoli ACANFORA+altri FAI 26 maggio 2004 Napoli Napoli MELE+ altri FAI 25 ottobre 2004 Catania Catania GIUFFRIDA SALVATORE+4 AMBULATORIO Operazione Ridare Speranza ANTIUSURA DI CATANIA 2004 Palermo Palermo PROC. PROVENZANO + 74 SOS IMPRESA (GRANDE MANDAMENTIO) 2005 Palermo Palermo SPADARO + 3 SOS IMPRESA FOCACCERIA SAN FRANCESCO 2006 Palermo Palermo PAPAROPOLI + 15 SOS IMPRESA (PROC. VILLABTE) 2007 Palermo Palermo ADAMO + 72 (GOTHA) SOS IMPRESA 2007 Palermo Palermo BIONDINO GIROLAMO + 6 SOS IMPRESA (Ghota stralcio) 2

3 Le mani della criminalità sulle imprese La tassa della mafia Una ricognizione sull'attività predatoria non può non partire dall'estorsione. Il pizzo si conferma, infatti, come il reato tipico della criminalità organizzata, garantisce la quotidianità dell'organizzazione, conferisce un sempre maggiore prestigio e misura il tasso di omertà di una zona. Per tale motivo il pizzo è la tassa della mafia per eccellenza. Le classiche forme estorsive sono il pagamento concordato, il contributo all'organizzazione, le dazioni in natura. Con il primo si pattuiscono rate mensili o settimanali, secondo il giro d'affari dell'impresa, ovvero dei metri quadrati del negozio o il numero delle vetrine. Nell'edilizia si paga per vano costruito, negli appalti pubblici, secondo l'importo complessivo dell'aggiudicazione. Il contributo all'organizzazione avviene in concomitanza di varie ricorrenze: dalla festa del Santo Patrono al sostegno alla squadra di calcio locale. In alcuni casi, in modo esplicito, si impongono dazioni per il sostentamento dei familiari dei carcerati, o per il pagamento delle spese legali. Le dazioni in natura non devono essere assolutamente sottovalutate. Non è solo questione di soldi, ma anche di prestigio. Una recente operazione a Palermo ha messo in luce che il titolare di un bar-ristorante doveva organizzare gratuitamente cerimonie nuziali e battesimi per i familiari dei mafiosi. Una pratica estorsiva a se è il cosiddetto cavallo di ritorno, ormai diffusa in tutto il Mezzogiorno. Accanto ad una dimensione sociale, come il furto di automobili o motocicli, ha caratteristiche estorsive nelle campagne con il furto di mezzi agricoli. Il racket, come si è detto, è un fenomeno vecchio, ma i componenti delle organizzazioni criminali sono sempre più impegnati direttamente nella gestione delle attività economiche. Per queste ragioni, a volte, limitano l'imposizione del pizzo, essendo maggiormente interessati ad imporre merci, servizi, manodopera o ad estirpare ogni forma di concorrenza ai loro traffici ai loro Quanto si paga a Napoli e Palermo PALERMO NAPOLI Banco al mercato 5-10 euro Negozio euro euro Negozio elegante o al centro euro euro Supermercato 5000 euro 3000 euro Cantiere aperto euro interessi. In tal modo il racket vive e cresce nella dimensione della quotidianità, si impone come fatto abitudinario, entra nella cultura della gente. Si diffonde all'intera vita sociale, toccando banche, condomini, case popolari, e persino scuole e chiese. I soldi versati nelle bacinelle, espressione con cui gli uomini del clan Santapaola di Catania chiamavano la cassa comune nella quale confluivano tutti gli introiti del pizzo, hanno superato abbondantemente i 6 miliardi di euro. Un dato relativamente stabile nel tempo riguarda invece i commercianti taglieggiati che oscillano intorno ai Dal quartiere Brancaccio di Palermo ai quartieri bene del Vomero e dell'arenella a Napoli, da Gela alla Locride, dall'agro aversano al triangolo Andria-Barletta-Trani, chiunque voglia fare impresa in queste aree deve fare i conti con la criminalità organizzata. Un fenomeno diffuso innanzitutto nelle grandi città metropolitane del Sud: sono colpiti l'80% dei negozi di Catania e Palermo, il 70% delle imprese di Reggio Calabria, il 50% di quelle di Napoli, del nord Barese e del Foggiano, con punte, nelle periferie e nell'hinterland, della quasi totalità delle attività commerciali, della ristorazione, dell'edilizia. In queste zone a non pagare il pizzo sono le imprese già di proprietà dei mafiosi o con cui essi hanno stabilito rapporti collusivi e affaristici. Anche l'imposizione di macchinette per il gioco d'azzardo, partita dalla Campania ed estesasi in tutto il territorio nazionale, rappresenta una delle modalità di ingresso della mafia delle estorsioni nel cuore delle imprese. PERIODICO D INFORMAZIONE DELLA PICCOLA E MEDIA IMPRESA CONFESERCENTI Coop. Editor. EDIZIONI COMMERCIO Srl Via Nazionale, ROMA Tel. 06/4725 fax 06/ Direttore Responsabile Patricia Mariangela Vasconi Pelloni Direttore Editoriale Gaetano Pergamo Segreteria Redazione Giovanna Nanna Grafica e Impaginazione Francesco Melone Stampa Tipografia Tomassetti - Roma Iscrizione registro della stampa della Cancelleria del Tribunale di Roma n. 141/95 del 14/3/95 NOTA INFORMATIVA PER LE AZIENDE Carta e cartone, ridotto di 8 Euro a tonnellata il Contributo Ambientale CONAI a carico delle imprese Dal 1 luglio 2008 passa da 30 a 22 Euro a tonnellata. Il Consiglio di amministrazione CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, su proposta di Comieco, Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, ha deliberato di ridurre di 8 Euro a tonnellata, a partire dal 1 luglio 2008, il Contributo Ambientale CONAI per gli imballaggi in carta e cartone, che passa pertanto da 30 a 22 Euro a tonnellata. La riduzione del Contributo non influirà sulle attività di riciclo e recupero di carta e cartone e sulle risorse messe a disposizione dei Comuni impegnati nella raccolta differenziata nelle varie Regioni italiane. La diminuzione del Contributo Ambientale sarà infatti compensata dalla crescita del valore di cessione del macero. L'operazione decisa dal sistema consortile vuole anche rappresentare una risposta concreta del sistema delle imprese presenti in CONAI alla lotta all'inflazione e all'aumento dei prezzi. I risultati di recupero e riciclo continuano a mostrare un andamento positivo: nel 2007 la quantità di recupero e riciclo di imballaggi a base cellulosica proveniente dalla raccolta comunale è stata pari a 1,4 milioni di tonnellate circa. Complessivamente il sistema Comieco garantisce il riciclo e il recupero degli imballaggi in carta e cartone ad un livello pari al 70% dell'immesso al consumo. PER INFORMAZIONI CONTATTARE IL NUMERO VERDE CONAI

4 Il mercato dell usura Denunce e denunciati per usura Italia Denunce Persone denunciate Rapporto Denunce/Denunciati Fonte: rielaborazione Sos Impresa su dati ministero dell Interno 1) I dati 2005 si riferiscono ai delitti scoperti Il perdurare della crisi economica, il calo dei consumi, l impoverimento della classe media, ma anche comportamenti e politiche del sistema bancario e finanziario, fra rating e spinta all indebitamento, stanno ricreando uno scenario simile a quello che nel biennio 1990/1992, fece emergere l usura come dramma sociale diffuso. L ultimo Bollettino economico della Banca d Italia ha rilevato che l indebitamento delle famiglie ha raggiunto i 350,2 miliardi di euro, pari al 49% del Pil. Solo fino a sei anni fa, nel 2001, questa percentuale superava di poco il 30%. Mentre prima il ricorso al credito al consumo era finalizzato all acquisto di beni durevoli, oggi si ha la percezione che questo sia dovuto alla riduzione del potere d acquisto dei salari e per far fronte alla mancanza di liquidità. Una recente ricerca stima nel 38% le famiglie in difficoltà, circa 4 su 10. Non diversa la situazione per quanto riguarda le piccole imprese. Tentare una stima dei danni sociali prodotti dall usura è quanto mai complesso. L usura è per definizione un reato sommerso, di cui si ha difficoltà persino a parlarne, ma incrociando i dati sulla cessazione delle attività commerciali, la ramificazione e la consistenza delle reti usuraie, nonché alcune stime sui sequestri si può tentare di ipotizzare delle grandezze. Per i sequestri di capitali legati al giro dell usura è boom: nel periodo compreso tra gennaio e novembre dello scorso anno, la Guardia di Finanza ha sequestrato beni e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 29,9 milioni di euro: le persone denunciate sono state 446, di cui 116 in stato di arresto. Il Rapporto di Sos Impresa stima in le attività commerciali e in gli alberghi e pubblici esercizi che sono stati condannati alla chiusura nel triennio Di queste un robusto 40% deve la sua cessazione ad un forte indebitamento ed all usura. Il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è oggi stimato in oltre e poiché ciascuno, come si è detto, s indebita con più strozzini le posizioni debitorie possono essere ragionevolmente stimate in oltre , ma ciò che è più preoccupante è che i almeno sono con associazioni per delinquere di tipo mafioso finalizzate all usura. Gli interessi sono ormai stabilizzati oltre il 10% mensile. Nel complesso il tributo pagato dai commercianti ogni anno a causa della lievitazione del capitale e degli interessi si aggira in non meno di 12 miliardi di euro. Alle aziende coinvolte vanno aggiunti gli altri piccoli imprenditori, artigiani in primo luogo, ma anche dipendenti pubblici, operai, pensionati, facendo giungere ad oltre le persone invischiate in patti usurari, a cui vanno aggiunte non meno di persone immigrate impantanate tra attività parabancarie ed usura vera e propria. A partire da questo approccio metodologico che identifica l attività usuraia come parte del più vasto fenomeno del prestito clandestino ovvero del mercato nero del denaro, abbiamo definito un modello interpretativo volto ad analizzare le diverse tipologie di prestatori e debitori. Abbiamo quindi distinto due grandi settori: - il prestito alle famiglie e alle micro imprese in stato di difficoltà (strozzinaggio di vicinato, fra fornitori e clienti, di ambiente di lavoro ) che ha per fine il ricavo di una rendita parassitaria e rappresenta una quota via via decrescente del mercato, pur tuttavia presente e ancora solida; - l usura strutturata, ovvero l erogazione di denaro finalizzata a depredare gli imprenditori nei loro patrimoni produttivi, come in quelli privati (imprese, beni immobiliari, eredità). In questo secondo gruppo possiamo annoverare anche i giocatori d azzardo. Di fronte a queste stime, certamente per difetto, il numero delle denunce appare veramente risibile. Dal 1996, anno di emanazione della Legge, ad oggi, e tranne qualche segnale in controtendenza, assistiamo ad un calo sistematico ed apparentemente inarrestabile del numero delle denunce. I dati del 2005 e 2006 impressionano per la caduta verticale (-11%), anche se è doveroso segnalare che, dal 2004, il metodo di rilevazione statistica del ministero dell Interno è cambiato e, quindi, diventa più difficoltosa un automatica comparazione con gli anni precedenti. Ma anche seguendo l evoluzione storica del numero delle denunce, ci rendiamo conto che il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale. L incidenza nelle quattro regioni cosiddette a rischio si è progressivamente abbassata dal 50% negli anni Novanta al 43% nel 2005 ed addirittura al 38% nel Fa riflettere il calo vorticoso delle denunce nel Lazio e a Roma con appena 19 reati scoperti nel Dentro un quadro sicuramente scoraggiante, assume importanza l aumento delle persone denunciate. Ciò testimonia due dati: l usura diventa sempre più reato associativo e l aumento degli usurai in servizio permanente effettivo riprova di un fenomeno che malgrado la scarsa evidenza penale sta conoscendo una recrudescenza. Il suo numero è aumentato, negli ultimi due anni, di un punto e mezzo rispetto i delitti scoperti. In Calabria c è il rapporto più alto fra denunce e persone denunciate 4.8, a testimonianza del ruolo assunto dalle organizzazioni criminali nella pratica usuraia. Tale rapporto è di 3.1 in Campania, 3.0 in Sicilia, 2.6 in Abruzzo, 2.4 nel Lazio ed in Puglia e Basilicata 2.2. La contraffazione costa all Italia 7 miliardi di euro l anno. Oltre il 50% del fatturato dell industria del falso si riferisce a prodotti, seguito da quello derivante dalla pirateria musicale, audiovisiva e software, da giocattoli, componentistica, medicinali e cosmetici. Il 69% della produzione di merci contraffatte si concentra nelle Regioni del Sud, in particolare in Campania, seguita dalla Lombardia, dal Veneto, dalle Marche e dalla Toscana con Prato e dalla Puglia. La distribuzione dei prodotti contraffatti e/o piratati avviene attraverso tre canali: l abusivismo commerciale con l impiego di ambulanti I mercati illegali concorrenti extracomunitari; il commercio via internet; l imposizione dell acquisto di merce contraffatta ai negozianti da parte di organizzazioni camorristiche e mafiose. Oltre a favorire la commercializzazione dei prodotti contraffatti, la diffusione di Internet e dell informatica ha permesso una costante crescita delle frodi telematiche. L Italia detiene anche il record mondiale dei sequestri di masterizzatori per la duplicazione illegittima di cd e dvd. Secondo la lista annuale del Dipartimento del Commercio Usa, nota come Special 301, l Italia presenta livelli di pirateria e contraffazione di software, musica e film molto più alti dei livelli medi dei Paesi dell Europa Occidentale per la mancata o inadeguata efficacia deterrente delle sanzioni previste dalla legislazione vigente. Oltre a favorire la commercializzazione dei prodotti contraffatti, la diffusione di Internet ha permesso una costante crescita delle frodi telematiche. Si tratta in particolare della clonazione delle carte di credito e del phishing. Presente in Italia anche il fenomeno delle truffe alimentari, con prodotti scaduti e rimessi truffaldinamente in vendita, merci contraffatte (come falsi vini Doc) o provenienti da Paesi extracomunitari e vendute come nostrane. 4

5 La mappa del pizzo Una mappa del pizzo in Italia non può non partire da Palermo, dove il racket è presente a tappeto e sono centinaia le estorsioni, o i tentativi, ricostruiti dagli investigatori nell ambito di varie inchieste, che hanno portato ad arresti eccellenti L influenza delle famigli palermitane si estende alle province di Trapani e Agrigento. Nella Sicilia orientale, a cominciare da Catania, rimane fortissima l egemonia della famiglia Santapaola. A Siracusa l attività estorsiva, pur presente, appare attenuata grazie anche alle ripetute operazioni delle forze dell ordine. A Gela Stidda e Cosa nostra si contendono il controllo del territorio. In Calabria il fenomeno del pizzo ha connotati diffusi che vanno oltre la tradizionale presenza nella città di Reggio, nella Locride e nella piana di Gioia Tauro e si allarga al Lamentino e alla provincia di Cosenza. In Puglia, nel Salento rimane sempre forte la pressione estorsiva della Sacra Corona Unita, ma in questi ultimi anni è il clan barese dei Parisi ad emergere ed estendere la sua influenza in tutta le regione e nella costa jonica della Basilicata. In Campania, il clan dei Casalesi controlla tutta l economia del casertano sia quella illegale che legale. A Napoli la spiccata propensione imprenditoriale ha consentito ad alcuni sodalizi (Di Lauro, Mazzarella, Misso, Licciardi, Zagaria, Panella-D Agostino) di raggiungere posizioni di egemonia nel capoluogo che, in alcuni casi, hanno travalicato i confini regionali e nazionali. Nell Italia centrale è il Lazio a destare maggiori preoccupazioni. Contro l attività delle cosche calabresi sono scaturiti arresti e sequestri di beni ad Anzio e Nettuno. A Civitavecchia l operazione Nerone ha consentito di smascherare un sodalizio criminale che operava nel territorio per conto di un clan camorristico di Torre Annunziata. A Latina, l operazione Matrioska ha portato alla luce 30 società fittizie, utilizzate per riciclare denaro o per sovvenzionare clan malavitosi appartenenti a cosche calabresi, campane e abruzzesi. Nell ambito dell operazione Anni 90 è stata smantellata un organizzazione campana legata al clan dei Casalesi e denominata gruppo Mendico, che controllava le attività economiche di tutto il basso Lazio, compresi i cantieri dell alta velocità. Nell aprile 2007, anche in Abruzzo, viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizza- ta all estorsione (operazione Histonium). Anche nel Nord Italia alcuni casi di estorsione destano un certo allarme, ma la presenza criminale è maggiormente finalizzata al traffico di stupefacenti ed al riciclaggio. In Piemonte, la malavita calabrese si concentra a Torino e quella che potremmo definire la ndrangheta piemontese è attiva prevalentemente nel traffico di droga. È calabrese anche il clan Trovato attivo in Lombardia, i cui affari andavano dalle attività edili ai locali alla moda, al traffico di stupefacenti e di armi. Colpiti anche i clan di ndrangheta e camorra radicati sulla sponda bresciana del Lago di Garda. Le indagini dell operazione Mafia sul lago hanno interessato, oltre alla provincia di Brescia, anche quelle di Mantova e Cremona. A Venezia il cosiddetto racket dei motoscafi per anni ha lucrato sul dirottamento illecito dei turisti verso i motoscafi dell organizzazione. Una banda di calabresi è finita in manette, a La Spezia, con l accusa di aver estorto denaro ad un noto imprenditore del settore trasporti. Sempre in Liguria, sono stati sequestrati beni per circa 900mila euro riconducibili al boss della camorra Giovanni Tagliamento. L Emilia Romagna resta una piazza fondamentale per attività illecite mafiose. Nei piccoli centri del Modenese e del Reggiano, oltre che nel circondario bolognese, il racket colpisce immigrati, recenti o storici, del meridione. Ad Arezzo, in Toscana, nel marzo scorso, sono stati arrestati tre elementi del clan camorristico Mazzarella. Erano, invece, di Casal di Principe le persone arrestate a Firenze, nel giugno 2007, appartenenti alla famiglia Iaiunese. Scoperto anche un riciclaggio di denaro sporco riconducibile al clan camorristico napoletano dei Formicola. Al clan sono stati contestati anche i reati di trasferimento fraudolento di valori, abusiva attività finanziaria e una serie di cosiddetti reati base, commessi in Campania, i cui proventi erano destinati al riciclaggio. Sulle coste dell Isola d Elba, un inchiesta su una presunta associazione mafiosa ha portato al sequestro preventivo di beni per circa 8 milioni di euro. 5

6 L autostrada dei boss L A3, Salerno- Reggio Calabria, misura 443 chilometri ed è stata definita il corpo di reato più lungo d Italia. La storia dei lavori di ammodernamento, infatti, è l emblema dell intreccio collusivo tra impresa e mafia. Non a caso sono sotto inchiesta dal primo all ultimo tratto autostradale. Indaga la Finanza a Battipaglia e a Eboli; la Dia a Cosenza; i Carabinieri a Catanzaro; la Polizia a Palmi e a Villa San Giovanni. L ultima indagine si è conclusa nel luglio 2007 ed ha permesso di scoprire i meccanismi di penetrazione nella gestione degli appalti pubblici per le opere di ammodernamento nei tratti compresi tra gli svincoli di Rosarno e Gioia Tauro. Sono stati arrestati 15 esponenti di vertice delle cosche reggine: i Piromalli di Gioia Tauro; i Pesce di Rosarno; i Condello di Reggio Calabria, e i Longo di Polistena, collegate con il clan Mancuso di Vibo Valentia. In manette anche un sindacalista legato, secondo l accusa, alla cosca Bellocco di Rosarno. Dall inchiesta emerge, inoltre, che le grandi imprese del Nord inviavano i loro emissari per mediare con la ndrangheta. A pagare erano l Impregilo, la Condotte spa, la Coop costruttori, la Gepco salc, la Baldassini-Tognozzi, l associazione temporanea d impresa composta da Sicilsonde, Italgeo, Caramazza, Rindone. Il giro delle mazzette ammontava a diverse decine di milioni di euro. Oltre al pizzo gli accordi prevedevano l ingresso nei subappalti e nelle forniture delle imprese collegate alle cosche. Nel passato altre due importanti operazioni avevano fatto luce su analoghi meccanismi di controllo dei lavori sulla A3. Nel novembre 2002, con l inchiesta denominata Tamburo, che permise di notificare più di ottanta avvisi di garanzia, e nel luglio del 2006, con la conclusione delle indagini legate alla parte campana dell autostrada e agli interessi dei clan della camorra sulla realizzazione delle opere. L inchiesta ha evidenziato una vera e propria cupola malavitosa, talmente radicata e forte che, chi s aggiudicava una gara, sapeva già di dover pagare, affidando subappalti a ditte di fiducia dei clan. Agli arresti domiciliari (con accuse di falso, truffa e frode in pubbliche forniture) finirono anche due manager della Todini spa, e il legale rappresentante della Italsud srl, una delle più importanti società estrattive della Campania. Se il racket è la quotidianità, l attività di impresa rappresenta l investimento ed il futuro di ogni clan mafioso-camorristico. Nella piana lamettina, ad esempio, la ndrangheta ha acquistato numerosi ettari di terreno con il duplice scopo di riciclare denaro sporco ed ottenere i finanziamenti previsti per il settore agricolo. Nel mercato ortofrutticolo di Gela, alcune famiglie mafiose di Cosa Nostra e della stidda avrebbero monopolizzato il trasporto della merce, così come sono state scoperte una serie di società all interno dell ortomercato milanese usate per riciclare il denaro della cosca calabrese Morabito-Bruzzaniti- Palamara. Nel corso dell operazione Ramo spezzato tra le attività della cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, vi era anche quella della macellazione di animali ammalati di brucellosi. Tra le attività criminali legate agli animali bisogna aggiungere lo storico abigeato, che interessa circa 100mila animali l anno, e le sofisticazioni alimentari. Il sapore di grandi affari e l odore di significativi guadagni che ruotano attorno al mercato ittico rendono il pesce preda delle mire e dei lucri illegali di numerose organizzazioni mafiose. Significativo è il controllo del clan Mazzei sul mercato ittico di Catania, Tutti gli affari delle mafie mentre, il clan palermitano dei Torretta, invece, esigeva dai pescatori il pagamento perfino dell acqua marina. Anche in Campania il mercato ittico vede la presenza corrosiva della camorra: i Rezzo, legati al clan Longobardi, imponevano di lasciare libere le zone di maggiore pescosità ed i posti migliori posti sulla banchina per la vendita, fino a costringere i commercianti all acquisto di cassette di polistirolo e buste di plastica fornite dallo stesso clan. Un blitz dell ottobre 2007 ha accertato l imposizione di tangenti e il controllo del mercatino ittico di Salerno da parte del clan Stellato- Iavarone. A Barra, veniva imposta una nota marca di gelati, così come a molti ristoratori di Chiaia, Mergellina, Santa Lucia la mozzarella di una ditta controllata dalla malavita. Il clan Cantiello aveva monopolizzato il settore del caffè, imponendo una miscela a tutti gli esercenti della zona di Casal di Principe (Caserta). Vi è anche chi punta sul turismo. Secondo gli investigatori, alcuni affiliati alla cosca Maesano di Isola Capo Rizzuto avrebbero costituito un sodalizio criminale per acquisire il controllo del villaggio turistico Praialonga. A Giovanni Guidi, esponente della famiglia Carelli, è stata sequestrata una struttura turistica sul lungomare di Schiavonea ed a Bernardo Provenzano, un residence, una società turistica e tre immobili a San Vito Lo Capo. Forme di infiltrazioni criminali sono presenti anche nel Lazio e sulla costiera adriatica, mentre è stato scoperto un riciclaggio di denaro sporco riconducibile al clan camorristico dei Formicola, che avrebbe usato le società di tre alberghi di Montecatini. Le scommesse e il gioco sono diventati ormai un attività economica a tutti gli effetti, strettamente legata con il mondo dei pubblici esercizi, dove sono collocati il 60% dei videopoker e slot machine. Secondo i dati resi noti dalla Guardia di finanza sono state ben le slot machines sequestrate nel corso del 2006, per un giro miliardario di scommesse clandestine, che una stima assolutamente prudenziale ci fa quantificare in oltre 2,5 miliardi di euro. secondo la Guardia di finanza sono circa 80mila le slot machine irregolari, dislocate in 49mila bar, pub, locali notturni ed altri esercizi pubblici in italia. Anche le corse abusive di cavalli costituiscono un sicuro e redditizio investimento dei propri illeciti introiti economici: una sola corsa può fruttare, infatti, fino a euro. Un affare da milioni di euro che non si ferma alla sola Sicilia. 6

7 Le mani della criminalità sulle imprese Sovraindebitamento ed usura La recessione economica, il calo dei consumi, l'impoverimento della classe media, gravi dissesti finanziari ripropongono, oggi, uno scenario simile a quello del biennio 1990/1992, quando l'usura emerse come dramma sociale diffuso. I periodici bollettini economici della Banca d'italia rilevano come, nell'ultimo anno, l'indebitamento delle famiglie abbia raggiunto i 350,2 miliardi di euro, pari al 49% del Pil, mentre l'attività degli Ambulatori, Sportelli, Associazioni e Fondazioni antiusura confermano i numeri economico-statistici, segnalando una situazione di forte disagio economico anche in fasce sociali una volta immuni da simili rischi. L'usura si conferma, quindi, un fenomeno diffuso, diretta conseguenza di una congiuntura economica negativa. Una situazione che si è aggravata ulteriormente a causa della crisi del commercio che ha condannato, nel triennio , attività commerciali e alberghi e pubblici esercizi alla chiusura. Di queste un robusto 40% deve la sua cessazione ad un forte indebitamento ed all'usura. Come abbiamo evidenziato anche nei precedenti Rapporti, le vittime dell'usura sono, in larga parte, persone mature, intorno ai cinquant'anni, solitamente commercianti che operano nel dettaglio tradizionale, (alimentaristi, fruttivendoli, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai, mobilieri) con oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro. Sono circa i commercianti coinvolti in rapporti usurari. mentre le posizioni debitorie possono essere ragionevolmente stimate in oltre Di queste almeno sono con associazioni a delinquere di tipo mafioso finalizzate all'usura. Gli interessi sono ormai stabilizzati tra il 10%-20% mensili e, complessivamente il tributo pagato dai commercianti si aggira in non meno di 12 miliardi di euro annui. In Campania, Lazio e Sicilia si concentra un terzo dei commercianti coinvolti. Preoccupante anche il dato della Calabria con il più alto rapporto attivi/coinvolti. La Campania detiene il record degli importi protestati ( euro), seguita dalla Lombardia e dal Lazio, prima anche nella classifica per numero dei protesti levati. Lazio (5,34%), Campania (4,46%) e Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto numero di protesti in rapporto alla popolazione residente. Napoli è la città nella quale lo scorso anno si sono registrati più fallimenti (7,2%), il 15% del totale nazionale. Tutti sintomi di una fragilità e debolezza che colpisce innanzitutto i negozi, grandi o piccoli che siano, cui dobbiamo aggiungere altri piccoli imprenditori, artigiani in primo luogo, dipendenti pubblici, operai, pensionati, facendo giungere ad oltre le persone invischiate in patti usurari, compresi i circa cittadini immigrati bloccati tra attività parabancarie Commercianti coinvolti REGIONI Commercianti coinvolti % sul totale attivi Giro d affari in ml. Campania % 1,8 Lazio ,7% 2,0 Sicilia ,2% 1,4 Puglia % 1,25 Calabria % 0,72 Lombardia ,6% 0,9 Piemonte ,4% 0,68 Emilia Romagna ,2% 0,53 Abruzzo % 0,37 Toscana ,6% 0,46 Basilicata ,7% 0,14 Molise % 0,12 Altre ,7 TOTALE % 12 Fonte: rielaborazione Confesercenti su dati ministero dell Interno ed usura vera e propria. Di fronte a queste stime il numero delle denunce appare veramente risibile. Dal 1996, anno di emanazione della Legge 108, ad oggi, assistiamo ad un calo sistematico ed apparentemente inarrestabile del numero delle denunce. I dati del 2005 e 2006 impressionano per la caduta verticale (- 11%), anche se è doveroso segnalare che, dal 2004, il metodo di rilevazione statistica del Ministero dell'interno è cambiato, rendendo più difficoltosa un'automatica comparazione con gli anni precedenti. Dentro un quadro sicuramente scoraggiante, assume importanza l'aumento delle persone denunciate. Ciò testimonia due dati: l'usura è sempre più un reato associativo e l'aumento del numero degli usurai è la conferma di come il fenomeno stia conoscendo una recrudescenza. Un quadro non roseo confermato anche dai Presidenti delle Corte d'appello all'apertura dell'anno Giudiziario. Denunce per usura dato generale Italia Denunce Persone denunciate Fonte: rielaborazione Sos Impresa su dati mistero dell Interno 7

8 (Segue dalla prima pagina) Intervista al vice ministro Marco Minniti Nuove misure per combattere la mafia Tra le varie misure legislative in cantiere, quelle sicuramente più innovative sono quelle volte a colpire in maniera più forte i patrimoni in mano alle organizzazioni criminali. A questo proposito l obiettivo di uno dei disegni di legge, che sarà portato all esame dell esecutivo, sarà quello di rivisitare il punto chiave delle misure di prevenzione patrimoniali e personali. Inoltre, deve essere vietato il patteggiamento in Appello per i reati di mafia. Questo è un punto chiave. Non sarebbe un paese serio quello che dice che la mafia è il primo nemico e poi dà la possibilità di patteggiare il reato e la pena. Sono previste altre norme? Sì, sulla contraffazione, ad esempio. In questo campo il problema non sono i sequestri, ma la distruzione della merce falsificata. L anticontraffazione non vuol dire la persecuzione di molti cittadini extra-comunitari, i cosiddetti Vu cumprà. Si tratta di un fenomeno che ha un giro di affari di 7 miliardi di euro ed è una grande questione internazionale che investe le varie forme di criminalità organizzata, anche straniere. (Segue dalla prima pagina) Marco Venturi Presidente Confesercenti La maggiore novità evidenziata da questa edizione è la drammatica crescente pressione mafiosa sulle imprese che non si limita a depredare attraverso il racket delle estorsione e in parte l usura, ma agisce direttamente con proprie imprese nel mercato. L impresa mafiosa è entrata nel mercato. Con l intimidazione e la violenza, scaccia l impresa pulita impone le sue merci in condizioni di monopolio, controlla il mercato del lavoro, si aggiudica appalti e forniture pubbliche. Se il pizzo è diventata la quotidianità dell organizzazione mafiosa che serve a soddisfare le esigenze materiali di vita di affiliati liberi o in galera, l attività imprenditoriale delle mafie rappresenta il futuro e gli investimenti. E non è un caso che a svolgere questa funzione sia una nuova leva di capi e prestanomi che abbiamo chiamato la mafia dalla faccia pulita. I danni per l economia e le imprese, soprattutto del nostro Mezzogiorno, sono immensi, ma anche i cittadini ed i consumatori pagano un costo altissimo: in termini di condizionamento dei prezzi e della qualità dei prodotti, ma certamente anche per quanto attiene la sicurezza e la convivenza civile. Basta guardare alcuni grandi numeri per avere idea di come vengano depredate risorse ed energie di cui parliamo. Il giro d affari dell Azienda Mafia si appresta a toccare i 90 miliardi di euro, una cifra intorno al 6% del Pil nazionale, risorse sotratte allo sviluppo, alla crescita, al benessere non solo del Sud, ma dell intero Paese. Il rapporto 2007 si concentra in particolare sull intreccio perverso fra grande impresa e criminalità, un legame silenzioso in cui è difficile a volte distinguere l intimidazione dall acquiescenza, l essere vittima dall essere colluso. È il dibattito che ha coinvolto imprenditori, uomini politici, società civile in questi ultimi mesi. La domanda è, nella sua complessità semplice, si può esprimere solidarietà alle tante vittime di mafia, indignarsi per gli omicidi di uomini dello Stato e poi consentire che uomini delle associazioni mantengano rapporti inconfessabili con le cosche mafiose? La risposta di Confesercenti, e non da oggi, è chiara. Dal 1990 incitiamo, accompagniamo, sosteniamo i nostri associati a ribellarsi al racket, offriamo loro strumenti concreti di aiuto e di assistenza, ci adoperiamo perché possano denunciare in condizioni di sicurezza, agiamo in raccordo stretto con il movimento antiracket, le forze dell ordine, l autorità giudiziaria. Per noi l affermazione del principio di legalità non è una vuota formula retorica, ma uno dei tratti distintivi della nostra identità di Confederazione libera, un valore a cui siamo fortemente legati. (Segue dalla prima pagina) Sos Impresa una storia lunga 15 anni di Lino Busà Presidente di Sos Impresa In una parola stare accanto agli imprenditori colpiti. E solo la lettura dell elenco delle persone che abbiamo assistito, dei processi in cui Sos Impresa si è costituita parte civile basta per avere un idea dell intreccio forte fra la nostra storia e quella degli italiani. Sos Impresa è stata tra le prime associazioni ad essere iscritta negli Albi delle Prefetture e SoS Impresa di Palermo è stata tra le associazioni fondatrici di quella esperienza straordinaria che è la Fai. È bene ribadire queste cose, perché il nostro è un Paese senza memoria, che dimentica in fretta storie, lotte, sacrifici, sopraffatta da un nuovismo tanto forte sul piano mediatico quanto inconcludente su quello concreto. Negli anni, l attività di Sos Impresa è diventata sempre più incisiva, trasformando l organizzazione in un punto di riferimento certo per tante piccole e medie imprese strette nella morsa della criminalità, organizzando l apertura di nuove sedi e Sportelli di aiuto in molte città. Più di dieci anni sono passati da quel 20 giugno 1995 quando venne presentato il I Rapporto annuale che intitolammo Le mani della criminalità nelle imprese, diventato, nel tempo, un appuntamento fisso, giunto oggi alla decima edizione ed affermatosi sempre più come una ricerca autorevole ed approfondita. Senza falsa modestia possiamo dire che il nostro lavoro ha contribuito a determinare quell aria nuova che oggi si respira nella lotta alle mafie, che tocca Napoli e Palermo, Gela e Lamezia, che ha convolto tanti imprenditori. Oggi si possono ottenere risultati fino a qualche tempo fa insperati. Ma bisogna agire con determinazione e prontezza. I sodalizi criminali, benché fortemente ridimensionati, mantengono pressoché inalterata la loro forza e, per ora, la loro strategia. Mentre si disvela quell area, che potremmo chiamare della collusione partecipata e che investe il gotha della grande impresa italiana, che preferisce venire a patti con la mafia piuttosto che denunciarne i ricatti. Sta in questo intreccio, che lambisce politica ed istituzioni, la forza delle organizzazioni criminali, ed è questo il livello che bisogna contrastare. Se la mafia è forte, però, per fortuna c è una società civile che resiste e reagisce. Ci sono imprenditori e commercianti che non si rassegnano e si oppongono alla mafia senza considerarsi eroi. Tanti che vengono allo scoperto. Su questo coraggio bisogna investire. Alle domande che essi pongono la politica tutta deve dare risposte convincenti. Se saranno all altezza della sfida si potrà ben sperare nel futuro. 8

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