UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTÀ DI ECONOMIA

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTÀ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN GOVERNO E DIREZIONE D IMPRESA TESI DI LAUREA IN GESTIONE DEL PERSONALE CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO E PRATICHE DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Daria Sarti Tesi di laurea di: Angela Carovani A.A /2010

2 INTRODUZIONE Il cambiamento organizzativo è un fenomeno pervasivo e continuo nelle organizzazioni moderne, che caratterizza in via permanente il loro funzionamento. In passato era considerato un fenomeno transitorio, vagamente pianificato e implementato, necessario per l adattamento del sistema alle mutate condizioni ambientali; oggi non può più considerarsi un evento eccezionale e perturbativo che si genera soltanto al fine di ristabilire equilibri sistemici perduti, ma un evento che si produce in modo continuativo mettendo alla prova l efficacia e l efficienza delle organizzazioni. Si tratta di un fenomeno evolutivo, risultato della combinazione di forze endogene derivanti dal contesto organizzativo interno e da forze esogene del contesto ambientale esterno. Essendo il contesto caratterizzato da incertezza, imprevedibilità e turbolenza, le organizzazioni devono essere in grado di esprimere un elevata capacità di adattamento e di comportamento proattivo. Tali caratteristiche ambientali derivano dalla globalizzazione, che causa un elevata correlazione ed interdipendenza dei mercati e quindi l intensificarsi della concorrenza, dagli sviluppi della tecnologia, dai trend demografici, dall evoluzione culturale e dei valori sociali e professionali che comportano una modifica nei gusti dei consumatori sempre più rapida. La capacità di cambiamento diventa quindi la prima regola di un organizzazione: le aziende, i gruppi, gli individui, così come qualunque organismo vivente, sono in continuo cambiamento e quando tale caratterista viene meno il soggetto scompare, poiché il concetto di esistenza è strettamente connesso con quello di cambiamento. Le organizzazioni sono costrette a ricercare modelli, processi, meccanismi di coordinamento e forme organizzative più flessibili e dinamici e a gestire efficacemente le risorse umane, poiché dal loro contributo e dalla loro motivazione dipende in buona parte il successo delle imprese. Affrontare e gestire i cambiamenti risulta spesso un processo complesso e stressante che può generare negli individui diverse emozioni, che vanno dal supporto alla resistenza. La resistenza rappresenta il principale motivo di 1

3 fallimento di un processo di cambiamento e spesso, in seguito all apprendimento della notizia di un cambiamento organizzativo, si generano delle resistenze e degli elevati livelli di stress, dovuti soprattutto all incertezza in merito agli obiettivi e agli esiti futuri. Gli individui sono quindi inizialmente riluttanti e resistenti verso il cambiamento; per questa ragione le organizzazioni devono motivarli e stimolarli ad assumere un attitudine positiva e a sconfiggere la paura del cambiamento, caratteristica innata dell essere umano che è per sua natura orientato a conservare quanto ha raggiunto attraverso l esperienza. Sono le persone che costituiscono l organizzazione a influenzarne i risultati e in particolare per avere successo il cambiamento deve essere supportato da coloro che ne sono coinvolti. Nella presente ricerca si indaga l orientamento individuale al cambiamento in relazione alle caratteristiche del lavoro, quali l autonomia, la sicurezza del lavoro, i rapporti con i superiori e i colleghi, il carico emotivo del lavoro e le possibilità di crescita professionale; inoltre si indaga la relazione tra orientamento individuale al cambiamento e supporto organizzativo e dei superiori. Nel primo capitolo si cerca di inquadrare il cambiamento organizzativo descrivendone le dimensioni, le tipologie, le fasi, i modelli ricorrenti in letteratura e gli approcci di gestione; si introduce poi l importanza dell orientamento individuale al cambiamento ai fini del successo dell implementazione di un processo di cambiamento organizzativo descrivendo come l organizzazione può stimolare tale attitudine positiva. Il secondo capitolo tratta delle pratiche gestionali del cambiamento organizzativo: si fa in particolare riferimento alla necessità di adottare una struttura organizzativa a supporto del cambiamento, coerente cioè con la necessità di reagire sempre più rapidamente; all importanza del ruolo della leadership in un simile processo, data la capacità dei leader di generare consenso, motivare, far crescere le risorse umane trascinandole in modo convinto verso un fine. La conduzione di un processo di cambiamento inizia con la definizione di una visione del futuro e delle strategie necessarie a raggiungerla, passa poi attraverso l orientamento delle persone, la comunicazione e la motivazione per fare in modo che le persone si muovano nella giusta direzione superando i vincoli e le resistenze al cambiamento. Si affronta poi il tema della gestione delle risorse umane a supporto dei processi di cambiamento cercando di individuare strumenti, metodi e processi per lo sviluppo della leadership e per stimolo e la valorizzazione le capacità individuali delle risorse umane, quali la 2

4 formazione, la comunicazione, la motivazione e supporti di carattere comportamentale - psicologico e cognitivo - manageriale. Nel terzo capitolo si indaga il tema del cambiamento organizzativo nell ambito delle imprese sociali, in particolare delle cooperative sociali. Nel quarto capitolo si svolge un analisi empirica sui dati raccolti presso due cooperative sociali, in particolare si analizza l orientamento individuale al cambiamento in relazione alle caratteristiche dell organizzazione e della gestione delle risorse umane. 3

5 CAPITOLO I IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO 1. Introduzione al Cambiamento Organizzativo Lo scenario economico internazionale odierno è caratterizzato da un processo di globalizzazione e allo stesso tempo di personalizzazione dei prodotti e dei servizi; la tecnologia evolve continuamente riducendo così il ciclo di vita dei prodotti e aumentando la necessità di innovazioni di prodotto e di processo; la distanza fisica non rappresenta più un limite per l espansione delle imprese e la proprietà è sostituita dal possesso. Cambiano le componenti del valore, le idee e i fattori intangibili sostituiscono i beni materiali, la capacità di instaurare un rapporto a lungo termine con il cliente è più importante del mero scambio di beni. In un contesto così complesso e incerto le organizzazioni devono essere in grado di esprimere un elevata capacità di adattamento e di comportamento proattivo, per questo sono costrette a ricercare modelli, processi, meccanismi di coordinamento e forme organizzative più flessibili e dinamici. Devono inoltre instaurare un rapporto cooperativo con gli altri attori facenti parte dell ambiente di riferimento per lo scambio di risorse e conoscenze. La creazione di una rete di relazioni che si basano su accordi, alleanze strategiche e cooperazioni, permette alle organizzazioni di focalizzarsi sulle conoscenze chiave e accedere a competenze esterne ad esse funzionali. Il valore della conoscenza e la gestione del sapere attraverso l apprendimento diventano un bene sempre più prezioso poiché rappresentano la spinta allo sviluppo e all innovazione, fattori critici per il raggiungimento del vantaggio competitivo e per fornire risposte efficaci alla continua e imprevedibile domanda di cambiamento. Una volta divenute obsolete le conoscenze devono essere abbandonate e le organizzazioni devono apprenderne e crearne di nuove, così come avviene per tutte le altre risorse componenti della produzione (Frassetto, 2003). 4

6 La capacità di cambiamento diventa la prima regola di un organizzazione: i business system, le aziende, i gruppi, gli individui, così come qualunque organismo vivente, sono in continuo cambiamento; quando tale caratterista viene meno il soggetto scompare poiché il concetto di esistenza è strettamente connesso con quello di cambiamento permanente (Consiglio, 2000). Nonostante il cambiamento sia una costante della nostra vita, affrontare e gestire i cambiamenti risulta spesso un processo complesso e stressante. Infatti è sì richiesta capacità di cambiamento ma allo stesso tempo è necessaria anche una certezza delle regole, è necessario che struttura e comportamenti siano flessibili ma anche obbligatorio rispettare standard certificati e riconosciuti, i confini organizzativi devono essere mobili ma ci deve anche essere una definizione chiara delle modalità di coordinamento da utilizzare, alla razionalità si accompagna la necessità di interpretare e costruire il destino della propria realtà in modo creativo, per cui risulta difficile trovare un equilibrio (Tosi, 2002). Il cambiamento organizzativo è un fenomeno pervasivo e continuo nelle organizzazioni moderne, che caratterizza in via permanente il loro funzionamento. In passato era considerato un fenomeno transitorio, vagamente pianificato e implementato, necessario per l adattamento del sistema alle mutate condizioni ambientali; oggi non può più considerarsi un evento eccezionale e perturbativo che si genera soltanto al fine di ristabilire equilibri sistemici perduti, ma un evento che si produce in modo continuativo mettendo alla prova l efficacia e l efficienza delle organizzazioni. Si tratta di un fenomeno evolutivo risultato della combinazione di forze endogene derivanti dal contesto organizzativo interno e da forze esogene del contesto ambientale esterno (Compagno, 1997). Piccardo e Colombo (2007), raccogliendo i contributi di vari autori, individuano tre tipi di spinte al cambiamento: le spinte esterne, le spinte interne e le spinte individuali. Le spinte esterne al cambiamento sono rappresentate dalla globalizzazione, dall introduzione e dalla gestione di nuove tecnologie, dalle caratteristiche della forza lavoro e da forze derivanti da eventi politici e sociali quali le guerre o le decisioni politiche internazionali. Le spinte interne derivano da problemi connessi alla gestione delle risorse umane e dai comportamenti manageriali; rientrano tra i problemi connessi con alla gestione delle risorse umane le percezioni dei dipendenti in merito al lavoro che svolgono, al senso di equità, la soddisfazione al lavoro e quindi anche la motivazione, l assenteismo e il turnover, la produttività, più in 5

7 generale il coinvolgimento nel lavoro. Rientrano invece tra i comportamenti manageriali i conflitti tra management e collaboratori, lo stile di leadership, il sistema retributivo, la struttura organizzativa eccessivamente gerarchica. Infine le spinte individuali al cambiamento riguardano per esempio la transizione di ruolo lavorativo, che implica un periodo di perturbazione e rottura che trasforma le relazioni e le abitudini dell individuo. Rebora e Minelli (2007) interpretando la ricerca in materia raggruppano le diverse spinte in due gruppi capaci di generare tensione strategica e pressione sulle risorse. La tensione strategica deriva dalla variabilità e dall incertezza che caratterizzano l ambiente, che sono fonti di opportunità e minacce per l azienda. I fattori che generano tensione strategica sono la concorrenza, gli sviluppi della tecnologia, i trend demografici, l evoluzione culturale e dei valori sociali e professionali. La pressione sulle risorse (finanziarie, tecnologiche, umane) deriva più direttamente dalle vicende dell organizzazione dalle quali possono derivare dei limiti alla disponibilità delle risorse necessarie al suo sviluppo. La pressione, in pratica, può derivare dagli assetti di governance e dalle decisioni, dalla scarsità di risorse, dalle situazioni di emergenza o di crisi, dall emergere di nuovi vincoli normativi. Le organizzazioni sono sistemi sociali aperti, cioè integrati in un contesto turbolento e imprevedibile, caratterizzato da un elevata complessità e in continuo cambiamento; l elevata correlazione ed interdipendenza dei mercati e il contesto generale di riferimento che cambia sempre più velocemente, porta le organizzazioni ad assumere un comportamento dinamico in continua evoluzione; per cui si trovano ad essere inevitabilmente coinvolte in processi di cambiamento al fine di garantirsi la sopravvivenza e la permanenza nel mercato. Il cambiamento organizzativo dipende dalla complessità e dall incertezza che caratterizzano il contesto di riferimento; esse non alterano le tradizionali problematiche connesse alla progettazione organizzativa né la ricerca del grado di coerenza tra strategia e struttura, ma mutano il grado di prevedibilità dell ambiente di riferimento e quindi limitano le capacità di interpretazione e di previsione delle dinamiche evolutive dell ambiente; pertanto non esiste la possibilità di governare il cambiamento nel senso della predeterminazione dei comportamenti: le organizzazioni devono fronteggiare la dinamica ambientale attraverso strategie che divengono sempre più emergenti, ovvero la strategia deliberata viene impostata in modo generale lasciando che i dettagli si formino spontaneamente, permettendo libertà di 6

8 adattamento alla dinamica dell ambiente (Frassetto, 2003). Nonostante ciò il cambiamento nelle organizzazioni può essere pianificato. Drucker (1981, p. 57) sostiene che gli eventi unici, ovvero quelli che cambiano la configurazione in modo drastico, non possono essere pianificati. Tuttavia essi possono essere previsti, o meglio, ci si può preparare a trarne vantaggio. Si possono avere strategie per il domani che anticipano le aree in cui è probabile che si verifichino i maggiori cambiamenti, strategie che mettono in grado un impresa o una istituzione pubblica di trarre vantaggio dall imprevisto e dall imprevedibile. La pianificazione cerca di ottimizzare domani le tendenze di oggi. La strategia mira a sfruttare le nuove diverse opportunità di domani. Il cambiamento pianificato è il risultato di uno specifico sforzo da parte di agenti di cambiamento nel momento in cui viene percepita una discrepanza in termini di prestazione tra uno stato desiderato e lo stato attuale. L obiettivo è quindi quello di produrre benefici nella direzione dello stato desiderato e ciò richiede pianificazione, razionalità e intenzionalità (Piccardo, Colombo; 2007). Il cambiamento non pianificato invece si verifica spontaneamente e in modo del tutto casuale, senza l attenzione di un particolare agente di cambiamento; generalmente è indotto da fattori esterni, come forze di mercato, crisi economiche o cambiamenti sociali. In questo caso l organizzazione deve agire immediatamente con l obiettivo di minimizzare le conseguenze negative e massimizzare per quanto possibile ogni beneficio eventuale (French et al, 2008). Molti autori sostengono che solo nel primo caso si possa parlare di cambiamento organizzativo, per esempio Quaglino (2007, p. 35) identifica il cambiamento organizzativo con quell insieme di attività pensate e orientate dichiaratamente e deliberatamente verso un obiettivo di mutamento dell organizzazione. Molte delle teorie sul cambiamento pianificato prendono spunto da un modello mutuato dalle teorie biologiche dell adattamento degli organismi, il modello di Lewin (1951) 1, poiché risulta utile per comprendere dei processi di base che un organizzazione può impostare per ottenere un efficace cambiamento. Dal punto di vista biologico gli organismi si adattano alle pressioni del proprio ambiente, quando l organismo si è adattato a tali pressioni per un periodo prolungato di tempo esso diviene resistente a 1 Per approfondimenti si veda Lewin, K. (1951) Field theory in social science; selected theoretical papers, D. Cartwright (ed.), New York: Harper & Row. 7

9 qualsiasi cambiamento che sconvolga l equilibrio raggiunto e affinchè si verifichino cambiamenti in futuro sono necessari forti cambiamenti nell ambiente. Il cambiamento organizzativo può essere visto in questa prospettiva (Tosi, 2002). Usando la terminologia di Lewin, affinchè si realizzi un cambiamento in un organizzazione devono esistere tre fasi: 1. Unfreezing 2. Transformation 3. Refreezing Con la prima fase (Unfreezing o scongelamento) si mira a rendere le persone propense al cambiamento e minimizzarne la resistenza; ciò implica che si provveda a creare, attraverso opportune azioni di comunicazione dirette al personale e al management, una motivazione diffusa e una disponibilità a cambiare lo status quo. Quindi lo scongelamento del sistema rappresenta la significativa pressione che induce l organismo, di per sé resistente al cambiamento, a cambiare. Motivare al cambiamento è una fase necessaria a rendere i soggetti predisposti e capaci ad accogliere le trasformazioni future e quindi a imparare nuovi concetti e prospettive e disimparare le vecchie abitudini; questa è una fase critica poichè comporta incertezza, ansia, instabilità e insicurezza. Molti processi di cambiamento falliscono semplicemente perché a monte non c è stato uno scongelamento adeguato; il concetto è quello di generare energia per la trasformazione inducendo le persone a supportare il cambiamento. La trasformazione è la fase in cui il cambiamento viene effettivamente implementato, quindi si realizza l insieme delle modifiche sulle persone, sulle mansioni, sulla struttura o nella tecnologia, previste dal progetto di cambiamento. È necessario passare alla seconda fase soltanto dopo che si sono create le giuste fondamenta per il processo di cambiamento attraverso la fase dello scongelamento. I manager devono diffondere positività verso il cambiamento in modo che il personale a sua volta risponda in modo positivo; la disponibilità all ascolto, a fornire chiarimenti risultano quindi determinanti. Infine, con la terza fase, il cambiamento viene reso permanente attraverso il processo di ricongelamento. In questa fase è necessario evidenziare i risultati positivi che sono stati raggiunti e fornire supporto per le difficoltà che sono state incontrate durante il processo di transizione. Al termine del processo viene costituito un nuovo punto di equilibrio e i 8

10 fattori ed i cambiamenti introdotti entrano a far parte dell organizzazione in modo organico e permanente. Figura 1 - Evoluzione del processo di cambiamento Fonte: nostra elaborazione. Come precedentemente visto il primo passo nel processo di cambiamento è lo scongelamento del sistema per indurre successivamente la trasformazione. È quindi necessario conoscere le componenti organizzative chiave che possono essere considerate le principali leve per attivare e condurre il cambiamento. Tra i fattori che possono essere considerati tali Tosi (2002) indica il contesto, il management e le capacità manageriali, la cultura organizzativa e il gruppo. Con il termine contesto si fa riferimento agli aspetti che riguardano la storia dell organizzazione, il rapporto con il mercato di riferimento e gli stakeholder esterni. Se talvolta il contesto può rappresentare un ostacolo per l organizzazione, come nel caso di un piano regolatore che limita le possibilità di crescita di un impresa, ci sono situazioni in cui l introduzione di leggi (vedi deregulation) o la storia dell organizzazione come fonte di apprendimento, rappresentano una pulsione verso il cambiamento. Altro fattore che rappresenta una leva 9

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