GASLINI. Rivista di Pediatria e di Specialità Mediche. Volume 40 - Numero 2 - Agosto Edizioni Minerva Medica. Istituto Giannina Gaslini - Genova

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1 Volume 40 - Numero 2 - Agosto 2008 GASLINI Rivista di Pediatria e di Specialità Mediche RICERCA CLINICA APPLICATA Le cellule staminali mesenchimali: nuove protagoniste nell immunoregolazione Due nuovi farmaci per il trattamento dell artrite idiopatica giovanile La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche FORUM: QUALITÀ DELLE CURE Cos è Joint Commission International L accreditamento secondo Joint Commission: una opportunità di crescita per le organizzazioni sanitarie Un esperienza di percorso di miglioramento: fast track in chirurgia La prevenzione degli eventi traumatici accidentali del minore in ospedale Miglioramento continuo delle cure in neonatologia: la gestione del rischio iatrogeno CASO CLINICO Un ragazzo con febbre e pericardite QUIZ RADIOLOGICO QUIZ DERMATOLOGICO Istituto Giannina Gaslini - Genova Edizioni Minerva Medica

2 GASLINI RIVISTA DI PEDIATRIA E SPECIALITÀ PEDIATRICHE Vol. 40 Agosto 2008 N. 2 INDICE 67 EDITORIALE Il Gaslini ha 70 anni 91 Un ragazzo con febbre e pericardite Filocamo G., Parodi A., Sorrentino S., Damasio M. B., Buoncompagni A., Picco P., Martini A. 71 IN MEMORIA In ricordo di Cesare Romano Lorini R. 73 RICERCA CLINICA APPLICATA Le cellule staminali mesenchimali: nuove protagoniste nell immunoregolazione Pistoia V., Uccelli A., Moretta L. 79 Due nuovi farmaci per il trattamento dell artrite idiopatica giovanile Ruperto N., Martini A. 83 La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche Striano P., Bianchi A., Minetti C., Zara F. 97 FORUM: QUALITÀ DELLE CURE 97 Cos è Joint Commission Giuliano C. 101 L accreditamento secondo Joint Commission: una opportunità di crescita per le organizzazioni sanitarie Rosati U., Cavanenghi F., Giuliano C., Lasero A., Scali R. 107 Un esperienza di percorso di miglioramento: fast track in chirurgia Palomba L., Mattioli G., Tamburini S., Callegari M., Kokkattil C., Vaccaro A., Penco E., Viacava R., Sanfilippo F., Fratino G., Mazzola C., Faranda F., Buffa P., Ammi C., Dellarocca M., Mameli L., Montobbio G., Gandullia P., Rosati U., Jasonni V. Vol N. 2 GASLINI V

3 INDICE 115 La prevenzione degli eventi traumatici accidentali del minore in ospedale Sperlinga M. L. 119 Miglioramento continuo delle cure in neonatologia: la gestione del rischio iatrogeno Ligi I., Tardieu S., Jouve E., Sambuc R., Simeoni U. 133 QUIZ RADIOLOGICO Patologia infiammatoria acuta Damasio M. B., Renna S. 135 QUIZ DERMATOLOGICO Un insolita placca al cuoio capelluto Viglizzo G., Nemelka O., Bleidl D., Occella C. 127 FARMACOLOGIA PEDIATRICA Principi di farmacologia applicati alla pediatria: assorbimento, distribuzione, metabolismo, ed escrezione (ADME) dei farmaci nei bambini Della Casa Alberighi O. VI GASLINI Agosto 2008

4 EDITORIALE GASLINI 2008;40:67-9 Il Gaslini ha 70 anni L Istituto Gaslini ha iniziato la sua attività nel 1938: una storia esemplare, forse irripetibile nella sua genesi e nel suo sviluppo, oltre settanta anni di storia, di sacrifici, di dedizione, sempre all avanguardia nel campo dell assistenza e della ricerca e senza mai tradire gli ideali del Fondatore. L Istituto fu fatto progettare, costruire ed arredare interamente a proprie spese dai coniugi Gaslini dotandolo delle più moderne strutture sanitarie, per ricordare la loro figlioletta Giannina morta in giovanissima età, allo scopo di assicurare all infanzia la migliore assistenza, sempre sorretta dall apporto fondamentale della ricerca. Nel 1948 Gerolamo Gaslini si spogliò di tutti i suoi beni (società, stabilimenti, immobili, partecipazioni azionarie, titoli e persino la propria dimora) facendoli confluire nell omonima Fondazione da lui stesso costituita e presieduta, disponendo che le risorse del suo patrimonio dovessero essere devolute al potenziamento della ricerca scientifica e alla promozione di specifiche competenze terapeutiche e assistenziali, a favore dell infanzia. L Istituto venne riconosciuto Ospedale Pediatrico di prima categoria nel 1939, poi Ente Morale, quale istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, nel 1940 e ottenne il riconoscimento di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico nel 1959, riconoscimento sempre riconfermato negli anni successivi. Il Gaslini si sviluppa in 17 edifici ben collegati tra loro, occupando parte di una collina a picco sul mare, per un estensione di 50 mila metri quadrati, due terzi dei quali destinati a parco e giardini. Il Gaslini venne pensato, costruito e sviluppato per introdurre, grazie alla presenza di tutte le singole PEDIATRIA E SPECIALITÀ PEDIATRICHE discipline pediatriche, un concetto nuovo, quello di offrire al bambino ammalato un assistenza pediatrica specializzata, con tutte le competenze ed i servizi specifici, indispensabili per un vivere che deve essere sempre il più vicino possibile al normale. Gerolamo Gaslini intendeva fare acquisire in tal modo, a coloro che vi avrebbero operato, cognizioni sempre più vaste dell universo bambino e predisporre affinché l istituto fosse il punto di riferimento per i piccoli pazienti che necessitano di una elevata specializzazione. Il Fondatore aveva ben presente che l insegnamento, lo studio e la ricerca sono indispensabili per qualunque progresso e fanno parte indissolubile della medicina e dell assistenza. Ricordiamo le sue parole: Io non sono un uomo di scienza ma so perfettamente che solo partendo dalla ricerca scien- CARDIO- VASCOLARE EMERGENZA ACCETTAZIONE Figura 1. I Dipartimenti. Dipartimenti OSTETRICO - NEONATALE EMATO - ONCOLOGIA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI CHIRURGIA E SPECIALITÀ CHIRURGICHE NEUROSCIENZE E RIABILITAZIONE MEDICINA SPERIMENTALE Vol N. 2 GASLINI 67

5 IL GASLINI HA 70 ANNI SERVIZI DI RICERCA SPERIMENTALE E LABORATORI SCIENTIFICI AUTONOMI Laboratorio di Biologia Molecolare Laboratorio di Genetica Molecolare e Laboratorio di Citogenetica* Laboratorio di Oncologia Laboratorio di Medicina Molecolare Laboratorio di Immunologia Clinica e Sperimentale* * a Direzione Universitaria SERVIZI DI RICERCA SPERIMENTALE E LABORATORI SCIENTIFICI AGGREGATI A DIVISIONI O SERVIZI Laboratorio Sperimentale per le Tecniche Prenatali (U.O. Ostetricia) Laboratorio di Fisiopatologia dell Uremia (U.O. Nefrologia) Laboratorio di Diagnosi Pre e Post-natale delle Malattie Metaboliche (Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione) Unità di Ricerca Sperimentale di Neuroscienza dello Sviluppo (U.O. Neuropsichiatria Infantile) Laboratorio di Patologia Muscolare (U.O. Malattie Muscolari e Neurodegenerative) Laboratorio di Ematologia ed Emofilia (Dipartimento Ematologia e Oncologia) Laboratorio per la Standardizzazione e Verifica degli Screening delle Malattie Endocrine e Metaboliche (U.O. Clinica Pediatrica) Servizio per lo Studio Ultrastrutturale (U.O. Anatomia Patologica) Figura Figura 3. Impact factor realizzato dell Istituto Giannina Gaslini negli ultimi 8 anni. tifica i medici possono organizzare con coscienza la loro difficile missione. Sono trascorsi settanta anni di sforzi, fatiche, successi, difficoltà, che hanno accomunato il personale medico, infermieristico, tecnico nel fine comune di combattere le malattie infantili. Generazioni di pazienti sono passate nei viali del nostro istituto, con dolore o con la gioia della salute recuperata, ma sempre consapevoli dell impegno che ha animato questo struttura. Oggi a distanza di tempo potremmo raccontare la storia del Gaslini, ricordare i medici che hanno contribuito a farlo importante sul piano dell assistenza e della ricerca, ma rimandiamo a quanto scritto da Paolo Durand sul numero speciale per il cinquantenario dell Istituto e preferiamo volgere l attenzione al presente e al futuro. Oggi l Istituto Gaslini si pone come missione i seguenti obiettivi, mutuati in parte dalle tavole della fondazione e in parte imposti dall evoluzione della scienza medica: funzionare come istituto di ricovero e cura a carattere scientifico e ospedale di eccellenza con bacino d utenza nazionale ed internazionale; perseguire finalità di assistenza, ricerca, didattica e formazione del personale; operare quale ospedale di riferimento per il trattamento delle malattie complesse neonatali e pediatriche, disponendo di tutte le discipline specialistiche mediche e chirurgiche; 68 GASLINI Agosto 2008

6 IL GASLINI HA 70 ANNI avere la ricerca clinica e traslazionale come obiettivo strategico e strettamente integrate con l assistenza; collaborare con le altre istituzioni di eccellenza in ambito nazionale ed impegnarsi in programmi di assistenza a favore dei paesi in via di sviluppo perseguire il miglioramento continuo della qualità delle cure. Gli strumenti, ossia i reparti di assistenza e i laboratori di ricerca, con cui cerca di raggiungere i fini sopraelencati, si articolano su una struttura di ordine dipartimentale, che vede rappresentate tutte le diverse specialità e sottospecialità pediatriche sia mediche che chirurgiche, sorrette da un network di laboratori scientifici. Di questi alcuni sono indipendenti con una direzione autonoma, altri sono aggregati alle strutture assistenziali. In questi ultimi anni é stato formulato un piano per la qualità delle cure, come meglio presentato e specificato nel forum di questo stesso numero della rivista. Nelle figure 1 e 2 é riassunta l organizzazione dipartimentale e viene presentato l elenco dei laboratori attualmente attivi. Il Gaslini del domani vuole confermarsi quale centro pediatrico di elevato livello, e a questo scopo é stato preparato un piano di sviluppo ( ) i cui elementi caratterizzanti prevedono: potenziare i settori strategici e a maggiore attrazione; differenziare ogni qualvolta possibile i percorsi dei pazienti ricoverati da quelli ambulatoriali; incrementare l attività di day hospital e di day surgery; migliorare l offerta dei servizi ambulatoriali da accentrare in un nuovo edificio in via di realizzazione; centralizzare tutti i servizi del Dipartimento di Neuroscienze in un unica struttura con attivazione di posti letto per la riabilitazione; potenziare il Dipartimento di Emergenza e Accettazione con una nuova struttura per la terapia intensiva neonatale e pediatrica; centralizzare i laboratori di ricerca. Noi siamo convinti che la sfida per il futuro richieda che maggiore spazio sia dato alla ricerca clinica e di base. Nella figura 3 sono riportati i risultati in termini di impact factor della ricerca nel corso degli ultimi anni. Ci sembra particolarmente confortante non solo il progressivo incremento del dato ma anche che vi sia uno sviluppo abbastanza armonico ed omogeneo nei diversi campi di attività. Concludiamo queste brevi considerazioni con un ringraziamento a tutti quanti collaborano sia all interno sia all esterno dell Istituto per mantenere elevato il livello, consci che solo dall azione comune è possibile raggiungere le mete prefissate. La Redazione della Rivista Gaslini Vol N. 2 GASLINI 69

7 IN MEMORIA GASLINI 2008;40:71-2 In ricordo del Prof. Cesare Romano R. LORINI Clinica Pediatrica-Università di Genova, IRCCS G. Gaslini, Genova Con profonda commozione ho accolto l invito a ricordare il Professor Cesare Romano, uno dei più importanti Maestri della Pediatria Italiana, scomparso il 23 aprile scorso. Nei miei dieci anni di responsabilità della Clinica Pediatrica dell Università di Genova, già diretta dal Professor Romano, ho avuto l onore e la fortuna di meglio conoscere ed apprezzare il Professor Romano, clinico attento e scrupoloso, maestro e guida lucida e carismatica di tanti allievi e collaboratori. Il Professor Cesare Romano, nato a Voghera il 5 luglio 1924, compì gli studi in Medicina e Chirurgia presso l Università di Pavia, laureandosi con lode nel 1951; fu, allo stesso tempo, alunno del Collegio Ghislieri di Pavia, ente di alta qualificazione culturale, fondato nel 1567 dal Papa S. Pio V e, sotto l alto Patronato del Presidente della Repubblica, riservato (mediante concorso pubblico per esami) a studenti dell Università di Pavia di particolare ingegno ed impegno. Quindi il Professor Romano si trasferì a Genova, per frequentare la Scuola di Specialità in Pediatria, diretta dal Professor Giovanni de Toni. Si specializzò nel 1954, svolgendo una tesi dal titolo Patologia del pancreas nell età infantile con particolare riguardo alla fibrosi cistica del pancreas. Divenne assistente presso la Clinica Pediatrica diretta dal Professor de Toni nel 1958 e, nel 1961, conseguì la libera docenza in Clinica Pediatrica. A partire dal 1956, come vincitore della prima borsa di studio Guigoz in endocrinologia e diabetologia pediatrica, frequentò per due anni l Hopital des Enfants Malades di Parigi sotto la direzione del Professor Royer. Dal 1958 diresse la sezione di ormonologia e cardiologia della Clinica Pediatrica e, dal 1960, anche la sezione per lo studio del diabete infantile. Nell ambito della sua attività clinico-scientifica in cardiologia pediatrica, descrisse per primo nel 1963 una nuova sindrome di aritmia congenita familiare, con una pubblicazione nella prestigiosa rivista internazionale The Lancet. La sindrome prenderà il Suo nome e sarà universalmente riconosciuta come la Figura 1. Prof. Cesare Romano. Vol N. 2 GASLINI 71

8 LORINI IN MEMORIA Sindrome di Romano-Ward. Nello stesso periodo segnalò per la prima volta nella letteratura medica internazionale (in The Lancet ) un nuovo segno elettrocardiografico presente nell ipotiroidismo congenito. L esperienza acquisita in 12 anni di studio della fibrosi cistica si concretizzò in numerose pubblicazioni a carattere clinico-scientifico e permise la realizzazione del Primo Simposio Italiano sulla fibrosi cistica del pancreas, organizzato a Genova nel febbraio del 1961 sotto la Presidenza del Suo Maestro, il Professor Giovanni de Toni. Nel 1966 contribuì alla costituzione dell Associazione Italiana per la Lotta contro la fibrosi cistica, del cui Comitato di Consulenza Medico-Scientifica divenne il primo Segretario. Nel 1968 realizzò la prima monografia sulla fibrosi cistica, che fu per molti anni un punto di riferimento fondamentale per tutti i pediatri con interesse per questa patologia. Sotto la Sua direzione, il Centro Regionale della Fibrosi Cistica di Genova mantenne sempre un elevato livello assistenziale fino alla realizzazione, nel 1990, del primo trapianto di polmone in una paziente Italiana. Sin dal 1965 diresse anche la Sezione per la Malattia Fenilchetonurica della Clinica Pediatrica, avviando un esperienza assistenziale sul piano clinico, dietetico e biologico che ha permesso di valorizzare quella che, ancora oggi, è la più estesa casistica di malattie metaboliche in Italia. Nell ambito delle malattie metaboliche, il Professor Romano si adoperò tenacemente e con grande determinazione per realizzare uno degli interventi di pediatria preventiva e sociale più importanti della medicina moderna. Nel 1973, su ispirazione responsabile del Professor Romano, la Regione Liguria, prima in Italia, promulgò la Legge sullo screening neonatale di massa della fenilchetonuria. Nel 1986 lo screening neonatale di massa fu esteso per legge anche all ipotiroidismo congenito. In Endocrinologia Pediatrica, fu intenso e affettuoso il Suo rapporto con il Professor Zvi Laron di Tel Aviv, che permise di realizzare, anche in collaborazione con il Professor Silvano Mastragostino, il Primo Convegno Internazionale sull allungamento degli arti ad Herzelia (Israele) nel 1984 e la pubblicazione di un libro. Nel 1976 fu nominato Direttore della Clinica Pediatrica II dell Università di Genova, Istituto Giannina Gaslini, che diresse fino al 1996, formando un intera generazione di pediatri. Negli ultimi anni della Sua attività professionale, diede vita al Suo ultimo sogno, quello di costruire la Pediatria d Urgenza, istituendo il Corso di Perfezionamento post-universitario di Pediatria d Urgenza e pubblicando nel 2005 il testo di Pediatria d urgenza, in collaborazione con di Renata Lorini, Pasquale Di Pietro. Una vita professionale così intensa e produttiva non impedì mai al Professor Romano di restare sempre molto vicino all adorata moglie Maria Grazia e alla famiglia tutta, che fu sempre al suo fianco nelle sue fatiche e punto di riferimento irrinunciabile. Per la Signora Maria Grazia, per i Figli, i Nipoti, i Collaboratori, gli Allievi, i Pazienti e tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarlo ed apprezzarlo, la vita del Professor Cesare Romano rimarrà d esempio e la Sua figura indimenticabile. Il vuoto che lascia a chi con Lui e grazie a Lui è cresciuto, potrà essere colmato solo dal ricordo della Sua gentilezza, della sua Signorilità e dei Suoi insegnamenti. 72 GASLINI Agosto 2008

9 RICERCA CLINICA APPLICATA GASLINI 2008;40:73-8 Le cellule staminali mesenchimali: nuove protagoniste nell immunoregolazione V. PISTOIA 1, A. UCCELLI 2, 3, 4, L. MORETTA 1, 3, 5 1IRCCS G. Gaslini, Genova 2Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica, Università di Genova, Genova 3Centro di Eccellenza per la Ricerca Biomedica, Università di Genova, Genova 4Centro di Biotecnologie Avanzate (CBA), Genova 5Dipartimento di Medicina Sperimentale (DIMES), Università di Genova, Genova Le cellule staminali mesenchimali (MSC), così denominate per la prima volta da Caplan 1, sono una popolazione eterogenea di cellule stromali multipotenti definite in base a 1) capacità di crescere in vitro aderendo alla piastra di coltura, 2) morfologia fibroblastica e 3) potenziale differenziativo in diversi tessuti mesodermici come osso, cartilagine, tessuto adiposo e stroma connettivale 2. Nonostante la definizione delle MSC come cellule staminali, esse sono prive delle caratteristiche di staminalità, cioè autorinnovamento e multipotenzialità in vivo. Tali caratteristiche si ritrovano solo in una piccola popolazione di cellule subendoteliali dello stroma del midollo osseo che esprime il marcatore CD146 e differenziano in osteoblasti 3. Per questi motivi una recente Consensus Conference ha proposto di denominare le MSC mesenchymal stromal cells 2 ; tuttavia la denominazione mesenchymal stem cells continua ad essere utilizzata in maniera prevalente, anche se meno corretta dal punto di vista concettuale. Sebbene isolate inizialmente dal midollo osseo, le MSC sono virtualmente ubiquitarie, rappresentando una componente dello stroma di molti tessuti. La caratterizzazione immunofenotipica delle MSC con anticorpi monoclonali non ha consentito di identificare marcatori specifici, con la relativa eccezione del ganglioside GD2 e dell antigene embrionale SEA-1, la cui espressione in altre linee cellulari è molto ristretta. Le MSC umane non esprimono i marcatori ematopoietici CD45, CD34 e CD14, molecole co-stimolatorie come CD80 e CD86 o il marcatore endoteliale CD31, mentre sono positive per CD105, CD73, CD44, CD90, CD71 e Stro-1 4, 5. Ruolo fisiologico delle MSC nel midollo osseo Lo spazio intra-osseo contiene midollo ematopoietico e vasi sanguigni sinusoidali. Le cellule staminali ematopoietiche (HSC) in via di sviluppo sono trattenute all interno del midollo osseo fino al termine della loro maturazione e poi liberate nel sistema vascolare. Nel midollo osseo le HSC e la loro progenie sono circondate da cellule stromali comprendenti osteoblasti, fibroblasti, cellule reticolari avventiziali e cellule endoteliali, che contribuiscono alla formazione della cosiddetta nicchia ematopoietica 6-8. In modelli murini sono stati descritti due tipi di nicchia, entrambi coinvolti nella regolazione dell ematopoiesi, la nicchia endosteale 7, 8 e quella vascolare 9. La prima è costituita da osteoblasti che rivestono la superficie endosteale dell osso trabecolare, mentre la seconda è composta dalle cellule endoteliali sinusoidali e dalle cellule stromali subendoteliali CD La nicchia endosteale fornisce un microambiente protettivo che supporta il mantenimento e l autorinnovamento delle HSC isolandole da stimoli differenziativi e proapoptotici che ridurrebbero la riserva di cellule staminali 7, 8. D altro canto la nicchia vascolare controlla la differenziazione delle HSC e la liberazione di cellule ematopoietiche mature nel sistema vascolare 9. L equilibrio tra mantenimento della quiescenza Autore di contatto: V. Pistoia, IRCCS G. Gaslini, Genova. Vol N. 2 GASLINI 73

10 PISTOIA LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI (fase G0 del ciclo cellulare) delle HSC nella nicchia endosteale e differenziazione e reclutamento delle HSC nella nicchia vascolare è il risultato finale di complesse interazioni molecolari tra HSCs e cellule stromali associate alle nicchie. L analisi del trascrittoma delle MSC ha dimostrato l espressione di numerose molecole come angiopoietina-1, osteopontina, trombospondina e fibronectina-1, secrete anche dagli osteoblasti e dallo stroma midollare e capaci di mantenere le HSC quiescenti nella fase G0 del ciclo cellulare e di preservarne la vitalità 10. MSC e medicina rigenerativa La capacità delle MSC di differenziare in diversi tipi di cellule mesodermiche mature ne ha stimolato l utilizzo clinico a fini di ricostruzione tessutale. Ad esempio, in considerazione della localizzazione delle MSC nell osso del ricevente in seguito a somministrazione per via sistemica, le MSC sono state infuse a bambini affetti da osteogenesi imperfetta con significativi risultati clinici: accelerazione della velocità di crescita, aumento del contenuto in minerali del corpo e riduzione delle fratture spontanee. Inaspettatamente numerosi studi hanno dimostrato che le MSC possono trans-differenziare, soprattutto in vitro, in cellule appartenenti ad altre linee germinali, ad esempio neuroni, cellule endoteliali ed epatociti. Tuttavia il fenomeno della trans-differenziazione in vivo delle MSC appare scarsamente riproducibile 11 e l ipotesi che le MSC costituiscano una sorta di cellule staminali multipotenti capaci di riparare qualunque tessuto indipendentemente dalla sua linea di origine appare poco probabile. Attività immunosoppressive delle MSC Esiste un consenso generale sul fatto che le MSC esercitino una potente attività immunosoppressiva attraverso una complessa rete di interazioni con cellule dell immunità sia innata, sia adattativa. Effetti sulle cellule dell immunità innata Le cellule dendritiche (DC) mieloidi svolgono un ruolo fondamentale nella presentazione dell antigene ai linfociti T naive in seguito a differenziazione delle DC immature in mature, caratterizzate dall acquisizione delle molecole costimolatorie CD80 e CD86, l up-regolazione sulla superficie cellulare delle molecole HLA di classe I e II e di altri marcatori come CD11c, CCR7 e CD83. La maturazione delle DC è indotta da citochine pro-infiammatorie (TNF, IL-1 e IL- 6) e/o molecole associate a patogeni (es. LPS). Le MSC inibiscono la maturazione in vitro delle DC derivate da monociti riducendo l espressione di superficie di molecole HLA di classe II, CD11c, CD83, CD80, CD86, e la produzione di IL-12 indotta dalla stimolazione via Toll-like receptors (TLR) 12. In seguito all interazione con le MSC, le DC mieloidi down-regolano la loro capacità di produrre TNF, mentre le DC plasmocitoidi up-regolano la produzione di IL Complessivamente, il cross-talk delle MSC con le DC si traduce in un potente effetto anti-infiammatorio ed immunoregolatorio. Le cellule natural killer (NK) sono i principali effettori dell immunità innata e hanno un ruolo importante nelle risposte immuni a virus e tumori grazie alla loro attività citotossica ed alla produzione di citochine pro-infiammatorie. Le funzioni delle cellule NK sono finemente regolate da una serie di recettori che trasducono segnali attivatori od inibitori 14, 15. L espressione di ligandi riconosciuti da recettori attivanti la citotossicità e la bassa o assente espressione di molecole HLA di classe I (riconosciuti dai recettori inibitori specifici per HLA di classe I) su una cellula bersaglio sono i requisiti essenziali perché questa possa essere lisata dalle cellule NK 14, 15. La proliferazione dei linfociti NK appena isolati, indotta da IL-2, è fortemente inibita dalla co-cultura con le MSC, che bloccano anche la generazione della citotossicità NK e la produzione di citochine 16. Tale inibizione dipende dalla capacità delle MSC di down-regolare l espressione dei recettori attivatori della citossicità NKp30 e NKG2D e di inibire l espressione ex novo di NKp44, recettore attivatorio assente su cellule NK resting ed indotto in seguito ad attivazione 16. Le attività inibitorie esercitate dalle MSC sulle cellule NK fresche sono dimostrabili anche su cellule NK attivate, ma in misura molto minore; anzi, queste ultime cellule sono in grado di uccidere efficacemente MSC autologhe ed allogeniche 17. La suscettibilità delle MSC alla lisi dipende dal basso livello di molecole HLA di classe I e dall espressione di diversi ligandi riconosciuti dai recettori attivatori delle cellule NK, come gli ULBP, PVR e nectin La pre-incubazione delle 74 GASLINI Agosto 2008

11 LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI PISTOIA MSC con IFN-γ protegge in parte le MSC dalla citotossicità NK attraverso l up-regolazione di molecole HLA di classe I sulla superficie delle MSC 17. La rilevanza in vivo di questi risultati ottenuti mediante modelli in vitro è difficile da stabilire; si può ipotizzare che, in seguito all incontro di cellule NK attivate con MSC in vivo, l inibizione delle funzioni NK mediata dalle MSC sia relativamente modesta e non tale da compromettere significativamente l attività citotossica delle cellule NK stesse. In un microambiente ricco in IFN-γ le MSC sarebbero protette almeno parzialmente dalla azione citotossica delle cellule NK, mentre in assenza di IFN-γ la lisi delle MSC verrebbe facilitata. Queste speculazioni, tuttavia, devono tener conto del fatto che le MSC sono cellule poco numerose e localizzate in nicchie dove potrebbero essere protette dall attacco dei linfociti NK. I granulociti neutrofili sono rapidamente mobilizzati nel corso di infezioni batteriche ed attivati a fagocitare ed uccidere i patogeni. In seguito ad interazione con particelle o prodotti batterici, i neutrofili aumentano fortemente la loro attività metabolica con incremento del consumo di ossigeno e generazione di anioni superossido e acqua ossigenata. Questo processo, che potenzia la reazione infiammatoria, è noto come burst ossidativo. Le MSC ritardano l apoptosi spontanea dei granulociti neutrofili umani sia resting, sia attivati e down-regolano il burst ossidativo dei neutrofili mediante un meccanismo dipendente dalla produzione costitutiva di IL Altre funzioni dei neutrofili, come fagocitosi, espressione di molecole di adesione e chemiotassi stimolo-specifica non vengono modificate dall incubazione con MSC 18. L attività delle MSC sui neutrofili può essere interpretata come un meccanismo di limitazione del processo infiammatorio; inoltre il mantenimento della vitalità dei neutrofili mediato da MSC può essere fisiologicamente importante in quelle sedi come polmone e midollo osseo dove esiste un pool marginato di neutrofili resting e pienamente funzionali pronti ad essere mobilizzati in caso di infezioni (Figura 1). Effetti sulle cellule dell immunità adattativa _ Proliferation _ Cytotoxicity _ Cytokine production Killing MSCs ImDCS accunulation _ Proliferation _ Antibody production NK mdc T B Figura 1. La figura riassume le principali attività immunosoppressive delle MSC sulle cellule dell immunità innata ed adattativa. Le MSC inibiscono proliferazione, citotossicità e produzione di citochine da parte di cellule NK resting. Inibendo la differenziazione delle cellule dendritiche mieloidi (DC) le MSC favoriscono l accumulo di cellule dendritiche immature e non funzionanti in termini di presentazione antigenica ai linfociti T. Inoltre le MSC esercitano un azione anti-proliferativa diretta sui linfociti T. L inibizione di proliferazione e produzione di anticorpi da parte dei linfociti B è in parte diretta, in parte T-mediata. Le MSC inibiscono la proliferazione dei linfociti T stimolati con mitogeni policlonali, cellule allo geniche o antigeni Questa inibizione non è ristretta per antigeni del locus maggiore di istocompatibilità (MHC) e non dipende dall induzione di apoptosi delle cellule T; il meccanismo responsabile dell effetto anti-proliferativo è il blocco di queste ultime cellule nella fase G1 del ciclo cellulare 22. Nonostante il loro effetto soppressivo sulla proliferazione dei linfociti T, le MSC ne supportano la sopravvivenza in seguito a stimolazione via T cell receptor (TCR), un processo che si associa fisiologicamente a morte cellulare indotta da attivazione e mediata dall interazione FAS/FAS ligando 23. L inibizione della proliferazione T indotta da MSC comporta anche diminuita produzione di IFN-γ e aumentato rilascio di IL-4, suggerendo che l attività immunomodulante delle MSC si traduca nella deviazione di risposte Th1 a Th2 12, 13. I linfociti T citotossici CD8 + lisano cellule allogeniche o cellule autologhe infettate da virus in maniera ristretta per MHC di classe I. Le MSC inibiscono la citotossicità CTL contro cellule allogeniche 24. MSC pulsate con peptidi virali o trasfettate con mrna tumorale sono protette dalla lisi da parte di CTL specifici e ristretti. Il pre-trattamento delle MSC con IFN-γ aumenta l espressione di HLA di classe I ma non rende le MSC suscettibili alla citotossicità CTL. Complessivamente questi studi dimostrano che le MSC bloccano la citotossicità CTL ma non vengono lisate dagli stessi 25, 26. Le cellule T regolatorie (Treg) sono specializzate nel sopprimere l attivazione del sistema immunitario e mantenerne l omeostasi e la tolleranza ad antigeni self. Le MSC aumentano la generazione di Treg attra- Vol N. 2 GASLINI 75

12 PISTOIA LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI TABELLA I. Gruppi di lavoro sulle MSC. Le cellule staminali mesenchimali stanno riscuotendo un crescente interesse da parte di ricercatori e clinici in virtù delle loro numerose attività immunoregolatorie che ne delineano l utilizzo clinico per il trattamento di patologie caratterizzate da iper-attivazione del sistema immunitario. I gruppi di Lorenzo Moretta e Vito Pistoia al Gaslini e quello di Antonio Uccelli presso la Clinica Neurologica dell Università di Genova hanno pubblicato negli ultimi anni una serie di importanti lavori che hanno molto contribuito a chiarire le interazioni delle MSC con cellule dell immunità innata ed adattativa ed il potenziale terapeutico delle MSC in modelli pre-clinici. Per questi motivi i tre autori del presente articolo, che hanno già collaborato in precedenti occasioni, sono stati invitati a scrivere una review sistematica sulle MSC dalla prestigiosa rivista Nature Reviews in Immunology. L articolo è attualmente in corso di stampa. verso un meccanismo indiretto mediato da IL-10 rilasciata da DC plasmocitoidi 13 (vedi sopra) ed uno diretto legato al rilascio di HLA-G5 solubile (shla- G5) da parte delle stesse MSC 27. Gli studi condotti sui rapporti tra linfociti B e MSC hanno prodotto diversi risultati presumibilmente dipendenti da variabili sperimentali come i rapporti numerici reciproci tra i due tipi di cellule, i tipi di stimoli impiegati, tecniche di coltura delle MSC, ecc. La maggior parte degli studi ha dimostrato che le MSC inibiscono la proliferazione di cellule B purificate. È stato inoltre dimostrato che anche la differenziazione plasmacellulare e l espressione di alcuni recettori per chemochine (CXCR4, CXCR5 e CCR7) sui linfociti B vengono diminuite dalle MSC 28. Questi risultati sono stati ottenuti a rapporti cellule B/MSC elevati e non fisiologici, mentre a rapporti inferiori le MSC possono stimolare proliferazione e differenziazione plasmacellulare delle cellule B purificate 29. Va inoltre sottolineato che, in vivo, la maggioranza delle risposte B sono T-dipendenti ed è probabile che la funzione dei linfociti B venga inibita indirettamente dalle MSC attraverso gli effetti sopra descritti sulle cellule T. MECCANISMI DELLA IMMUNOSOPPRESSIONE MSC-MEDIATA Gli effetti immunosoppressivi delle MSC possono essere mediati da contatto diretto con le cellule bersaglio, rilascio di fattori solubili o una combinazione dei due meccanismi. Inoltre i fattori solubili dotati di attività immunoregolatoria possono essere secreti dalle MSC a seguito di interazione con le cellule target (cross-talk) oppure costitutivamente. Non potendo entrare in dettaglio, è sufficiente ricordare che molte molecole solubili sono state implicate nelle funzioni immunosoppressive delle MSC: prostaglandina-e2 (PGE-2) e indoleamine 2,3-diossigenasi (IDO) sono quelle più frequentemente coinvolte in vari modelli sperimentali. Seguono transforming growth factor-β1 (TGF-β1), interleuchina-10 (IL-10), hepatocyte growth factor (HGF), IL-6, ossido nitrico (NO) ed eme-ossigenasi-1. PGE-2 è sintetizzata costitutivamente dalle MSC che esprimono cicloossigenasi-1 e 2, ma la sua produzione viene fortemente incrementata dall interazione con citochine pro-infiammatorie come TNF e IFN-γ 12. IDO costituisce invece l esempio di una molecola non sintetizzata costitutivamente dalle MSC ma espressa in seguito ad esposizione a IFN-γ 30. Nonostante siano stati fatti grandi progressi nell identificazione dei mediatori solubili coinvolti nelle proteiformi attività immunosoppressive delle MSC, molto lavoro rimane da svolgere per comprendere i fini meccanismi che ne regolano sintesi e rilascio. STUDI PRE-CLINICI ED APPLICAZIONI CLINICHE DELLE MSC Le complesse attività immunosoppressive delle MSC costituiscono un ottimo razionale per il loro utilizzo nel trattamento di patologie caratterizzate da abnorme attivazione del sistema immunitario. Un ulteriore argomento a favore di questa ipotesi è la scarsa immunogenicità delle MSC in seguito ad infusione in vivo; questa caratteristica consente di utilizzare in maniera intercambiabile MSC autologhe od allogeniche senza rischi apparenti per il ricevente. In seguito a somministrazione per via venosa le MSC si distribuiscono in molti tessuti e dimostrano un particolare tropismo per le sedi di lesioni infiammatorie o neoplastiche. Le MSC sono state utilizzate con successo in modelli pre-clinici di malattie immunopatologiche come, ad esempio, sclerosi multipla (MS), artrite reumatoide e diabete. Le MSC somministrate endovena dopo l induzione di encefalomielite sperimentale autoimmune (EAE), modello murino di MS, hanno migliorato significativamente il decorso della malattia migrando negli organi linfoidi secondari e riducendo l infiltrazione del sistema nervoso centrale da parte di linfociti T, B e macrofagi 31. In un altro modello murino di EAE è stato dimostrato che le MSC inibiscono in vivo la produzione di anticorpi patogenetici e migrano nel sistema nervoso centrale senza transdifferenziare in 76 GASLINI Agosto 2008

13 LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI PISTOIA cellule neurali. Qui le MSC riducono infiammazione, demielinizzazione e perdita degli assoni 32. L attività terapeutica delle MSC nell EAE sembra pertanto bifasica, con una fase precoce di migrazione negli organi linfoidi secondari associata ad immunosoppressione ed una fase tardiva caratterizzata dal passaggio nel sistema nervoso centrale e da effetti paracrini. Questi studi sono preliminari ad un trial clinico per valutare il ruolo terapeutico delle MSC nella MS. L efficacia delle MSC come cellule immunoregolatorie è stata dimostrata con successo nel trattamento della graft versus host (GVH) acuta a seguito di trapianto allogenico di HSC 33, 34. In uno studio europeo recentemente pubblicato, l infusione di MSC prevalentemente allogeniche in pazienti affetti da GVH acuta ha prodotto una risposta clinica completa in circa la metà dei pazienti con ridotta mortalità da trapianto dopo 1 anno e più elevata overall survival dopo due anni dal trapianto di HSC 34. Infine le MSC sono state somministrate ai riceventi di trapianti di HSC aplo-identici dimostrando che esse modulano l alloreattività dell ospite e favoriscono l attecchimento delle HSC allogeniche 35. Conclusioni In questa breve rassegna abbiamo delineato le principali caratteristiche funzionali delle MSC, soffermandoci sulle attività immunoregolatorie. Gli studi condotti hanno dimostrato che le MSC esercitano funzioni immunosoppressive agendo a diversi livelli della risposta immune e coinvolgendo immunità innata ed adattativa. I primi studi clinici indicano chiaramente che le MSC possono essere somministrate in clinica senza effetti collaterali apprezzabili e con evidente efficacia, ad esempio nel trattamento della GVH acuta. Rimangono tuttavia alcuni rischi potenziali che riguardano 1) la trasformazione neoplastica delle MSC coltivate per lungo tempo in vitro; questo fenomeno è stato descritto per le MSC murine 36, mentre non sembra applicabile a MSC umane 37 ; 2) la possibilità che le MSC infuse possano favorire la crescita di un tumore latente. Si tratta di un ipotesi basata su dati sperimentali che indicano come, nella maggioranza dei modelli sperimentali, le MSC stimolino la crescita e/o la disseminazione di diversi tumori. Bibliografia 1. Caplan AI. Mesenchymal stem cells. J Orthop Res 1191;9: Horwitz EM, Le Blanc K, Dominici M, Mueller I, Slaper-Cortenbach I, Marini FC et al.; the International Society for Cellular Therapy. 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Mesenchymal stem cells inhibit natural killer-cell proliferation, cytotoxicity, and cytokine production: role of indoleamine 2,3-dioxygenase and prostaglandin E2. Blood 2008;111: Vol N. 2 GASLINI 77

14 PISTOIA LE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI 18. Raffaghello L, Bianchi G, Bertolotto M, Montecucco F, Busca A, Dallegri F et al. Human mesenchymal stem cells inhibit neutrophil apoptosis: a model for neutrophil preservation in the bone marrow niche. Stem Cells 2008;26: Di Nicola M, Carlo-Stella C, Magni M, Milanesi M, Longoni PD, Matteucci P et al. Human bone marrow stromal cells suppress T-lymphocyte proliferation induced by cellular or non-specific mitogenic stimuli. Blood 2002;99: Meisel R, Zibert A, Laryea M, Göbel U, Däubener W, Dilloo D. Human bone marrow stromal cells inhibit allogeneic T-cell responses by indoleamine 2,3-dioxygenase mediated tryptophan degradation. Blood 2004;103: Krampera M, Glennie S, Dyson J, Scott D, Laylor R, Simpson E et al. Bone marrow mesenchymal stem cells inhibit the response of naive and memory antigen-specific T cells to their cognate peptide. Blood 2003;101: Glennie S, Soeiro I, Dyson PJ, Lam EW, Dazzi F. Bone marrow mesenchymal stem cells induce division arrest anergy of activated T cells. Blood 2005;105: Benvenuto F, Ferrari S, Gerdoni E, Gualandi F, Frassoni F, Pistoia V et al. Human mesenchymal stem cells promote survival of T cells in a quiescent state. Stem Cells 2007;25: Rasmusson I, Ringden O, Sundberg B, Le Blanc K. Mesenchymal stem cells inhibit the formation of cytotoxic T lymphocytes, but not activated cytotoxic T lymphocytes or natural killer cells. Transplantation 2003;76: Rasmusson I, Uhlin M, Le Blanc K, Levitsky V. Mesenchymal stem cells fail to trigger effector functions of cytotoxic T lymphocytes. J Leukoc Biol 2007;82: Morandi F, Raffaghello L, Bianchi G, Meloni F, Salis A, Millo E et al. Immunogenicity of Human Mesenchymal Stem Cells in HlLA-Class I Restricted T Cell Responses Against Viral or Tumor-Associated Antigens. Stem Cells 2008;26: Selmani Z, Naji A, Zidi I, Favier B, Gaiffe E, Obert L et al. Human leukocyte antigen-g5 secretion by human mesenchymal stem cells is required to suppress T lymphocyte and natural killer function and to induce CD+4cd35highFOXP3+ regulatory T cells. Stem Cells 2008;26: Corcione A, Benvenuto F, Ferretti E, Giunti D, Cappiello V, Cazzanti F et al. Human mesenchymal stem cells modulate B-cell functions. Blood 2006;107: Traggiai E, Volpi S, Schena F, Gattorno M, Ferlito F, Moretta L et al. Bone Marrow-derived Mesenchymal Stem Cells Induce Both Polyclonal Expansion and Differentiation of B Cells Isolated Form Healthy Donors and Systemic Lupus Erythematosus Patients. Stem Cells 2008;26: Krampera M, Cosmi L, Angeli R, Pasini A, Liotta F, Andreini A et al. Role for interferon-gamma in the immunomodulatory activity of human bone marrow mesenchymal stem cells. Stem Cells 2006;24: Zappia E, Casazza S, Pedemonte E, Benvenuto F, Bonanni I, Gerdoni E et al. Mesenchymal stem cells ameliorate experimental autoimmune encephalomyelitis inducing T cell anergy. Blood 2005;106: Gerdoni E, Gallo B, Casazza S, Musio S, Bonanni I, Pedemonte E et al. Mesenchymal stem cells effectively modulate pathogenic immune response in experimental autoimmune encephalomyelitis. Ann Neurol 2007;61: Le Blanc K, Rasmusson I, Sundberg B, Götherström C, Hassan M, Uzunel M et al. Treatment of severe acute graft-versus-host disease with third party haploidentical mesenchymal stem cells. Lancet 2004;363: Le Blanc K, Frassoni F, Ball L, Locatelli F, Roelofs H, Lewis I et al.; Developmental Committee of the European Group for Blood and Marrow Transplantation. Mesenchymal stem cells for treatment of steroid-resistant, severe, acute graft-versus-host disease: a phase II study. Lancet 2008;371: Ball LM, Bernardo ME, Roelofs H, Lankester A, Cometa A, Egeler RM et al. Cotransplantation of ex vivo expanded mesenchymal stem cells accelerates lymphocyte recovery and may reduce the risk of graft failure in haploidentical hematopoietic stem-cell transplantation. Blood 2007;110: Rubio D, Garcia-Castro J, Martín MC, de la Fuente R, Cigudosa JC, Lloyd AC et al. Spontaneous human adult stem cell transformation. Cancer Res 2005;65: Bernardo ME, Zaffaroni N, Novara F, Cometa AM, Avanzini MA, Moretta A et al. Human bone marrow derived mesenchymal stem cells do not undergo transformation after long-term in vitro culture and do not exhibit telomere maintenance mechanisms. Cancer Res 2007;67: GASLINI Agosto 2008

15 GASLINI 2008;40:79-82 Due nuovi farmaci per il trattamento dell artrite idiopatica giovanile N. RUPERTO 1, 2, A. MARTINI 1, 2 1Dipartimento di Pediatria, Università di Genova, Genova 2Pediatria II, Istituto G. Gaslini, Genova L artrite idiopatica giovanile (AIG) 1 non costituisce una malattia ma una diagnosi di esclusione che si applica a tutte le artriti che durano più di 6 settimane, sono di causa sconosciuta e insorgono prima dei 16 anni. Sotto questo termine è perciò compreso un eterogeneo gruppo di artriti croniche che, in assenza di conoscenze eziopatogenetiche, si è cercato di classificare sulla base di criteri clinici con lo scopo di identificare singole entità che potessero rappresentare malattie differenti. La eziologia, sia dell artrite reumatoide (AR) dell adulto che delle varie forme di AIG, è ignota e quindi non è possibile attuare una terapia causale. Si ritiene che il processo infiammatorio inizi con il riconoscimento di autoantigeni (la cui natura è sconosciuta) da parte dei linfociti T. I linfociti T a loro volta attiverebbero altre cellule, come i linfociti B ed i macrofagi, con produzione di citochine proinfiammatorie come tumor necrosis factor (TNF), interleuchina-1 (IL-1) e interleuchina-6 (IL-6). Queste citochine aumentano il reclutamento delle cellule infiammatorie nell articolazione ed inducono i fibroblasti della sinovia, i condrociti e gli osteoclasti a secernere una varietà di molecole infiammatorie, comprese molte proteasi, che causano la distruzione della cartilagine e dell osso. La membrana sinoviale, normalmente formata da un sottile strato di cellule, va così incontro ad una importante ipertrofia fino a trasformarsi in una struttura villosa (villi sinoviali) che protrude nello spazio articolare. Nella terapia dell AR dell adulto sono oggi disponibili numerosi, potenti farmaci che inibiscono selettivamente le principali citochine proinfiammatorie o alcuni dei principali attori della risposta immune (linfociti T e linfociti B). Questi farmaci, definiti farmaci biologici, sono rappresentati da anticorpi monoclonali o da versioni ottenute con la moderna ingegneria biologica di molecole presenti in natura. Grazie all adozione da parte della Food and Drug Administration (FDA) (1998) e della European Medicines Agency (EMEA) (2007) di opportune misure legislative ed alla disponibilità di larghe reti di sperimentazione come PRINTO (Pediatric Rheumatology International Trial Organization) con sede a Genova presso l Istituto Gaslini e PRCSG (Pediatric Rheumatology Collaborative Study Group) con sede a Cincinnati negli USA 2, è stato possibile condurre studi clinici controllati con i farmaci biologici anche nell AIG. Due di questi studi sono stati condotti di recente 3, 4 e porteranno alla registrazione di due nuovi potenti farmaci per la terapia dell AIG, Adalimumab (Box I), un inibitore del TNF, e Abatacept (Box I), un inibitore dell attivazione dei linfociti. BOX I. Lovell DJ*, Ruperto N*, Goodman S, Reiff A, Jung L, Jarosova K et al. (*Equally contributed to this paper). Adalimumab with or without methotrexate in juvenile rheumatoid arthritis. N Engl J Med 2008;359: Pazienti di età compresa tra 4 e 17 anni con AIG attiva (con o senza concomitante terapia con MTX) sono stati trattati in aperto con 24 mg/m2 di Adalimumab (dose massima 40 mg) per 16 settimane. Il 74% (64 su 86) dei pazienti che avevano ricevuto adalimumab da solo e 94% di quelli che avevano ricevuto adalimumab in combinazione con il MTX avevano risposto al trattamento secondo i criteri pediatrici (ACR30) alla fine della XVI settimana. Questi pazienti sono stati poi randomizzati a ricevere adalimumab o placebo. L efficacia del trattamento è stata valutata sulla base delle ricadute della malattia osservate nei due bracci dello studio. Nei pazienti non trattati con MTX una ricaduta è stata osservata nel 43% dei pazienti trattati con adalimumab e nel 71% di quelli trattati con placebo; nei pazienti trattati con MTX una ricaduta è stata osservata nel 37% di quelli che ricevevano adalimumab e nel 65% di quelli trattati con placebo. Alla XLVIII settimana di terapia il 63% dei pazienti trattati con adalimumab e MTX aveva raggiunto, secondo i criteri ACR, un miglioramento del 70% ed il 42% un miglioramento del 90%. Autore di contatto: A. Martini, Dipartimento di Pediatria, Università di Genova, Genova. Vol N. 2 GASLINI 79

16 RUPERTO ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE: NUOVI FARMACI Recettore solubile Neutralizzazione del TNF TNF Anticorpo monoclonale Recettore di membrana Figura 1. Rappresentazione schematica di come i farmaci anti-tnf bloccano l azione della citochina. I recettori del TNF, una volta che hanno interagito con la citochina, trasmettono un segnale proinfiammatorio. Questi stessi recettori tuttavia possono avere un ruolo antinfiammatorio. Si possono infatti staccare dalla membrana e legare in soluzione il TNF impedendogli così di interagire con il recettore di membrana. è questo principio che viene sfruttato nella terapia con etanercept. L altra modalità di neutralizzare il TNF è usare un anticorpo monoclonale che lo leghi con alta affinità. BOX II. Ruperto N*, Lovell DJ*, Quartier P, Paz E, Rubio-Pérez N, Silva CA et al. (*Equally contributed to this paper). Efficacy and safety of abatacept in patients with polyarticular juvenile idiopathic arthritis: a randomized, double-blind, placebo-controlled withdrawal trial. Lancet 2008;372: Pazienti con AIG attiva di età compresa tra 6 e 17 anni sono stati trattati in aperto per via endovenosa con 10 mg/kg di abatacept per 4 mesi e la risposta al trattamento è stata valutata secondo i criteri pediatrici ACR30. Alla fine dei 4 mesi 123/190 (64,7%) pazienti avevano risposto. La risposta è stata del 75,9% per i pazienti che in precedenza non avevano ricevuto farmaci anti-tnf e del 38,6% per quelli che in precedenza avevano già fallito una terapia con farmaci anti-tnf. I pazienti sono stati poi randomizzati a ricevere abatacept o placebo. L efficacia del trattamento è stata valutata sulla base delle ricadute della malattia osservate nei due bracci dello studio. Una ricaduta è stata osservata nel 53.2% dei pazienti randomizzati a placebo e nel 20% di quelli randomizzati ad abatacept. Dopo 10 mesi di trattamento con abatacept il 40% dei pazienti aveva avuto un miglioramento del 90% secondo i criteri ACR. Ricordiamo che i pazienti con AIG che non rispondono in maniera soddisfacente alla terapia con farmaci anti-infiammatori non steroidei e con iniezioni intraarticolari di triamcinolone esacetonide (e che presentano in genere un artrite a esordio o ad evoluzione poliarticolare) vengono trattati con methotrexate (MTX) la cui efficacia 5 e le cui dosi ottimali 6 sono state stabilite in studi controllati non for profit. I pazienti che non mostrano una soddisfacente risposta o che risultano intolleranti al MTX sono candidati ad una terapia con agenti biologici. Adalimumab: un inibitore del TNF Negli anni Novanta studi nell animale avevano mostrato come il TNF svolgesse un ruolo centrale nell infiammazione a livello articolare e come la sua inibizione avesse un rilevante valore terapeutico. Queste osservazioni, poi confermate nell uomo, hanno portato, a partire dal 1998, alla registrazione degli inibitori del TNF nella terapia dell AR dell adulto. Attualmente esistono in commercio tre inibitori del TNF (Figura 1). Il primo, etanercept, è una molecola ricombinante in cui la porzione costante di una immunoglobulina è associata a due molecole di un recettore del TNF. Gli altri due sono anticorpi monoclonali: infliximab, che è un anticorpo chimerico (cioè con la componente variabile, che lega il TNF, di origine murina), e adalimumab, che è invece interamente umano. Nell adulto si è ormai accumulata una vasta esperienza con parecchie centinaia di migliaia di pazienti trattati. L inibizione del TNF si è rivelata efficace in una percentuale elevata di pazienti ed è anche capace di ridurre la progressione radiologica del danno articolare. Non sono state rilevate differenze significative di efficacia tra i tre differenti inibitori. Tutti e tre i farmaci anti-tnf hanno dato risultati migliori se abbinati al MTX. Poiché il TNF è una molecola molto importante nelle difese dell organismo si temeva che la terapia con anti-tnf potesse avere come effetto collaterale un aumento rilevante di infezioni severe e di tumori. Invece, almeno fino ad oggi, questi farmaci sono risultati molto ben tollerati. L incidenza di infezioni severe è bassa ma esiste un significativo rischio di riattivazione di una infezione tubercolare. Per questo motivo i pazienti, prima della terapia devono essere esaminati per la presenza di una tubercolosi latente. Anche se vi sono state alcune segnalazioni la possibilità che la terapia aumenti la frequenza di tumori e di malattie diemielinizzanti è ancora discussa. L esperienza nell AIG con farmaci anti-tnf è molto più limitata. Fino ad oggi solo etanercept è stato registrato per uso nell AIG. Lo studio controllato che, 80 GASLINI Agosto 2008

17 ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE: NUOVI FARMACI RUPERTO grazie alla regola pediatrica, portò alla sua registrazione fu pubblicato dal PRCSG nel Questo studio impiegò un disegno innovativo, volto a ridurre il più possibile l esposizione al placebo e che è stato in seguito utilizzato in altri studi nell AIG. Secondo questo disegno tutti i pazienti vengono trattati in aperto con il farmaco da testare. Solo quelli che rispondono, secondo criteri standardizzati sviluppati dal PRCSG e da PRINTO 8, vengono poi randomizzati a ricevere in doppio cieco il farmaco o il placebo; l efficacia del farmaco rispetto al placebo è valutata sulla percentuale di pazienti che ricadono. Ai pazienti che ricadono sotto placebo viene immediatamente risomministrato il farmaco attivo, riducendo così al minimo il tempo di esposizione al placebo. CTLA4 Ad oggi alcune migliaia di bambini sono stati trattati con etanercept ed i risultati CD80/CD86 ottenuti in termini di efficacia e di sicurezza CD28 si sono dimostrati simili a quelli osservati nell adulto. Dopo avere studiato l efficacia e la APC sicurezza di infliximab Tnell AIG cell 9, PRINTO e PRCSG hanno di recente condotto anche lo studio controllato che ha portato alla registrazione TCRdi adalimumab MHC nell AIG negli USA e, si spera, presto anche in Europa 3 (Box 1). Anche A in questo caso è stato adottato un disegno simile a quello impiegato nel caso di etanercept. Lo studio ha mostrato una efficacia di adalimumab paragonabile a quella osservata con etanercept e infliximab. Per la prima volta in questo trial sono stati inclusi non solo pazienti trattati con MTX ma anche pazienti che non lo avevano mai ricevuto. Nonostante lo studio non fosse stato concepito con un potere sufficiente per mostrare differenze significative tra i due bracci, i risultati suggeriscono che anche nel bambino, come nell adulto adalimumab sia più efficace se somministrato in associazione con il MTX. L efficacia, oltre che significativa, è stata molto buona perché dopo 48 settimane di terapia il 63% dei pazienti trattati con adalimumab e MTX aveva raggiunto, secondo i criteri pediatrici dell American College of Rheumatology (ACR) 8, un miglioramento del 70% e il 42% un miglioramento del 90%. Grazie a questo studio adalimumab sarà il secondo agente anti-tnf disponibile nel trattamento dell AIG. Ciò rappresenta un progresso poiché si sa, dalla letteratura dell adulto, che pazienti che si sono rivelati resistenti ad uno degli inibitori del TNF possono rispondere positivamente se trattati con un altro inibitore. Inoltre adalimumab, essendo un anticorpo interamente umano, è meglio tollerato perché scarsamente immunogenico. A B T cell CTLA4 T cell CD28 CD28 TCR CTLA4 TCR CD80/CD86 MHC Abatacept CD80/CD86 MHC APC APC Figura 2. A) Il linfocita T per essere attivato deve ricevere dalla cellula che presenta l antigene due segnali. Uno viene dal riconoscimento dell antigene nel contesto del sistema maggiore di istocompatibilità (MHC). Il secondo (segnale co-stimolatorio) è fornito dall interazione tra il recettore CD28 ed i suoi ligandi CD80 e CD86. B) Abatacept lega CD80 e CD86 con avidità maggiore rispetto a CD28 ed inibisce quindi la trasmissione del segnale costimolatorio impedendo così al linfocita T di attivarsi (vedi testo per maggiori spiegazioni). Abatacept: un inibitore della costimolazione linfocitaria I linfociti T hanno bisogno di due segnali per essere attivati. Il primo è quello antigene specifico ed è generato dall interazione del recettore dei T linfociti con il complesso formato dal peptide antigenico e dalle molecole del sistema maggiore di istocompatibilità sulla superficie della cellula che presenta l antigene (APC). Questo segnale da solo non è in grado di attivare la cellula ma anzi induce energia. Perché la cellula T venga attivata è necessario un secondo segnale da parte dell APC che è detto costimolatorio e che può essere veicolato attraverso diversi meccanismi. Uno dei più rilevanti è rappresentato dall interazione tra due molecole presenti sulla superficie dell APC (CD80/86) ed una molecola presente sulla superficie del B T Vol N. 2 GASLINI 81

18 RUPERTO ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE: NUOVI FARMACI linfocita T (CD28) (Figura 2). La cellula T, una volta attivata da questi due segnali, esprime sulla superficie cellulare un altra molecola, il CTLA4, che è strutturalmente simile al CD28 ma che, rispetto a quest ultimo, ha una maggiore avidità per CD80 e CD86; inoltre, a differenza del CD28, una volta che ha interagito con CD80/86 dà alla cellula T un segnale inibitorio e non attivatorio. Rappresenta quindi un meccanismo coinvolto nello spegnimento dell attivazione linfocitaria. Abatacept è una proteina di fusione in cui la porzione costante (Fc) di una immunoglobulina (IgG1) è stata legata alla porzione extracellulare di CTLA4. Il farmaco blocca il secondo segnale sfruttando la maggiore avidità di CTLA4 (rispetto a CD28) per CD80/86 (Figura 2). CD80/86, bloccato da abatacept, non è più così in grado di interagire con CD28. Abatacept rappresenta quindi il primo di una nuova categoria di farmaci allo studio che sono volti ad inibire l attivazione dei T linfociti (che, come accennato più sopra, si presume stia alla base della patogenesi dell artrite cronica) ed ha un meccanismo di azione completamente diverso da quello degli inibitori del TNF. Studi pubblicati a partire dal 2005 hanno portato all approvazione di Abatacept per il trattamento dell AR dell adulto. La percentuale di risposta si è dimostrata simile a quella osservata con gli inibitori di TNF. Inoltre una discreta proporzione di pazienti che non avevano risposto agli anti-tnf hanno risposto ad abatacept, evento comprensibile vista la diversità dei meccanismi di azione. Come per gli anti-tnf gli effetti collaterali del trattamento si sono rilevati fino ad ora modesti con un leggero incremento delle infezioni. Nella pratica corrente abatacept viene preferenzialmente impiegato nei pazienti che si sono dimostrati resistenti agli anti-tnf. PRINTO e PRCSG hanno condotto lo studio clinico controllato che porterà alla registrazione di abatacept per l uso anche nell AIG 4 (Box 2). Come nel caso dell adalimumab e dell etanercept tutti i pazienti sono stati trattati inizialmente con il farmaco in aperto. Un aspetto interessante dello studio è che per la prima volta sono stati inclusi pazienti che avevano fallito una precedente terapia non solo con MTX ma anche con anti-tnf. La percentuale di risposta è stata del 75,9% per i pazienti che erano stati in precedenza trattati con MTX (simile a quella osservata negli altri studi con i farmaci anti-tnf). Tuttavia una buona percentuale di risposta (38,6%) si è anche osservata nei pazienti che in precedenza avevano fallito una terapia con farmaci anti-tnf. La successiva randomizzazione a abatacept e placebo ha poi confermato la significativa efficacia della terapia. Anche in questo caso è interessante notare come, dopo 10 mesi di trattamento con abatacept, il 40% dei pazienti presentasse un miglioramento del 90% secondo i criteri ACR. Conclusioni Grazie a questi studi controllati effettuati da PRIN- TO, due nuovi tipi di farmaci, che agiscono con meccanismi diversi, saranno presto disponibili in commercio per il trattamento dell AIG e contribuiranno ad un ulteriore miglioramento della prognosi di questa malattia. Bibliografia 1. ) Ravelli A, Martini A. Juvenile idiopathic arthritis. Lancet 2007;369: ) Ruperto N, Martini A. International research networks in pediatric rheumatology: the PRINTO perspective. Curr Opin Rheumatol 2004;16: ) Lovell DJ, Ruperto N, Goodman S, Reiff A, Jung L, Jarosova K et al. Adalimumab with or without methotrexate in juvenile rheumatoid arthritis. N Engl J Med 2008;359: ) Ruperto N, Lovell DJ, Quartier P, Paz E, Rubio-Pérez N, Silva CA, Abud-Mendoza C et al. Efficacy and safety of abatacept in patients with polyarticular juvenile idiopathic arthritis: a randomized, double-blind, placebo-controlled withdrawal trial. Lancet 2008;372: ) Giannini EH, Brewer EJ, Kuzmina N, Shaikov A, Maximov A, Vorontsov I et al. Methotrexate in resistant juvenile rheumatoid arthritis. Results of the U.S.A.-U.S.S.R. double-blind, placebo-controlled trial. N Engl J Med 1992;326: ) Ruperto N, Murray KJ, Gerloni V, Wulffraat N, Knupp Feitosa de Oliveira S, Falcini F et al. A randomized trial of parenteral methotrexate in intermediate versus higher doses in children with juvenile idiopathic arthritis who failed standard dose. Arthritis Rheum 2004;50: ) Lovell DJ, Giannini EH, Reiff A, Cawkwell GD, Silverman ED, Nocton JJ et al. Etanercept in children with polyarticular juvenile rheumatoid arthritis. N Engl J Med 2000;342: ) Giannini EH, Ruperto N, Ravelli A, Lovell DJ, Felson DT, Martini A. Preliminary definition of improvement in juvenile arthritis. Arthritis Rheum 1997;40: ) Ruperto N, Lovell DJ, Cuttica R, Wilkinson N, Woo P, Espada G et al. A randomized, placebo-controlled trial of infliximab plus methotrexate for the treatment of polyarticular course juvenile rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 2007;56: GASLINI Agosto 2008

19 GASLINI 2008;40:83-90 La genetica delle epilessie e le epilessie genetiche P. STRIANO 1, 2, A. BIANCHI 3, C. MINETTI 1, F. ZARA 1 1Unità Operativa Malattie Muscolari e Neurodegenerative, Università di Genova e Istituto G. Gaslini, Genova 2Centro Epilessia, Università Federico II, Napoli 3Commissione Genetica Lega Italiana contro l Epilessia Centro Epilessia Unità Operativa di Neurologia, Ospedale Civile, Arezzo L importanza di una predisposizione familiare nel determinare l insorgenza del cosiddetto morbo sacro è nota fin dai tempi di Ippocrate (400 a.c.): Essa (cfr. l epilessia) ha origine, come anche altre malattie, dall ereditarietà [...] Se fosse infatti una malattia più divina delle altre dovrebbe colpire tutti allo stesso modo, senza distinguere i flegmatici dai biliosi. In realtà, le epilessie costituiscono un eterogeneo gruppo di patologie multifattoriali, in gran parte determinate dall interazione di fattori genetici ed ambientali. Tra le epilessie sono dunque comprese numerose sindromi, diverse per caratteristiche cliniche e prognostiche. Tra queste vi sono forme in cui l insorgenza delle crisi è riconducibile ad un danno cerebrale strutturale o metabolico acquisito o geneticamente determinato (epilessie sintomatiche) e forme in cui l epilessia si manifesta in un quadro neurologico apparentemente normale, probabilmente in seguito a difetti funzionali dell attività cerebrale geneticamente determinati (epilessie idiopatiche). Una quota di epilessie, infine, pur sospette di essere secondarie ad una patologia organica/strutturale del sistema nervoso centrale, ha un eziologia non definibile con gli strumenti diagnostici attualmente a disposizione; tale gruppo, pur numericamente consistente, è quello delle epilessie criptogenetiche. La ricerca genetica nell epilessia rappresenta al momento una frontiera di studio altamente suggestiva e promettente di risultati. Nelle ultime due decadi, la cosiddetta rivoluzione molecolare in medicina ha avuto un importante impatto anche nella diagnosi e nel trattamento delle epilessie, in particolare quelle idiopatiche. Le epilessie idiopatiche riguardano circa lo 0,4% della popolazione generale e costituiscono il 30% di tutte le epilessie 1. Clinicamente tale gruppo include un insieme eterogeneo di sindromi epilettiche e di pattern elettroencefalografici (EEG) correlati che possono avere origine focale o generalizzata. Dal momento che l eziologia delle epilessie idiopatiche è verosimilmente geneticamente determinata, studi di genetica molecolare su queste forme rappresentano un approccio promettente anche per l approfondimento delle conoscenze sulla patogenesi dell epilettogenesi in generale. Infatti dati genetici ottenuti da rare forme monogeniche di epilessie idiopatiche hanno permesso di chiarire il ruolo patogenetico di canali ionici voltaggio- o ligando-dipendente in numerose forme di epilessia. Studi di linkage, inoltre, hanno permesso l individuazione di decine di loci genici per diverse forme di epilessie idiopatiche. Bisogna tuttavia sottolineare che tali dati spesso non sono stati replicati né sono state identificate mutazioni in tali loci suggerendo che la genetica delle epilessie idiopatiche è in realtà molto più complessa ed eterogenea di quanto ci possa in un primo momento attendere. Studi di sequenziamento di geni candidati possono teoricamente essere molto utili a tale riguardo, anche se il genoma umano, contenendo centinaia di geni che codificano per subunità di canali ionici, rende lo screening di tali geni altamente impegnativo sia per la quantità di lavoro che per il costo economico. Attualmente una nuova tecnologia come la microarray comparative genomic hybridization (array-cgh) permette l identificazione di alterazioni numeriche Autore di contatto: P. Striano, Unità Operativa Malattie Muscolari e Neurodegenerative, Università di Genova e Istituto G. Gaslini, Genova, Italia. Vol N. 2 GASLINI 83

20 STRIANO LA GENETICA DELLE EPILESSIE della copia genomica presenti a livello submicroscopico basandosi sull ibridazione di DNA del paziente con quello di controllo su specifiche sonde. Tale metodica ha il vantaggio di poter testare centinaia di geni in un unico esperimento. Dati recenti indicano che riarrangiamenti submicroscopici (da 1 kb a 10 Mb) costituiscono fino al 15% di tutte le mutazioni alla base di malattie genetiche umane. Inoltre, anomalie cromosomiche sono frequentemente associate ad epilessia e specifici fenotipi epilettici sono stati descritti in associazione a riarrangiamenti cromosomici come nella 6 q terminal deletion e la inv dup (15). La recente identificazione di delezioni coinvolgenti in parte o del tutto il gene SCN1A che codifica per la subunità α1 del canale del sodio vdp in una quota di pazienti con Epilessia mioclonica severa dell infanzia (o sindrome di Dravet) suggerisce che riarrangiamenti sunbmicroscopici coinvolgenti canali ionici possono avere un ruolo importante nell eziologia di specifiche sindromi epilettiche. Studi di genetica clinica Negli ultimi anni numerosi studi clinici su coppie di gemelli, su famiglie con epilessia e su specifici trait EEG hanno cercato di definire la modalità di trasmissione genetica delle epilessie e la valutazione del rischio individuale di crisi epilettiche 1, 2. Studi su gemelli È da tempo noto che il tasso di concordanza per epilessia é nettamente più alto nei gemelli monozigoti rispetto ai gemelli di zigoti 3. Se combiniamo i maggiori studi sui gemelli troviamo un tasso medio di concordanza del 60% per i monozigoti e del 13% nei dizigoti. Nella sua casistica di gemelli monozigoti, Lennox segnala una più alta incidenza nelle epilessie con crisi di grande male (82%) e piccolo male (75%) rispetto alle forme con crisi psicomotorie (39%) 4. Gli studi successivi, e tra questi si segnala il contributo della casistica della Lega Italiana contro l epilessia (LICE) 5, hanno confermato la prevalente importanza del fattore genetico nelle epilessie idiopatiche, con evidenza nei gemelli monozigoti di una concordanza anche per l età di inizio e per il tipo di sindrome. Nelle convulsioni febbrili si conferma un alto tasso di concordanza nei gemelli monozigoti (68%) rispetto ai dizigoti (13%). Se prendiamo inoltre in esame anche il tratto EEG, osserviamo nei gemelli monozigoti una concordanza superiore al 90% (vedi oltre). I gemelli monozigoti rappresentano, inoltre, un utile modello per definire l autonomia sindromica di nuove sottoforme cliniche come ad esempio l epilessia con mioclonie palpebrali con assenze e l epilessia familiare del lobo temporale. Studi di popolazione e familiari Gli studi familiari si caratterizzano per una notevole disomogeneità nel disegno dello studio e nelle casistiche considerate. La stessa definizione di epilessia non appare univoca e possiamo trovare studi dove vengono considerati solo parenti con forme sindromiche definite ed altri ove vengono considerati affetti anche casi con qualsiasi tipo di crisi epilettiche o con sole anomalie EEG. Inoltre, per l analisi di rischio, la valutazione degli altri casi affetti familiari emerge talora solo dalle interviste dei probandi, con tutte le difficoltà interpretative che questo dato comporta, soprattutto di sottostima del fenomeno. Tuttavia alcuni dati emersi negli ultimi anni forniscono utili strumenti per l applicazione nella consulenza genetica clinica. In particolare, gli studi familiari e di popolazione della scuola di Rochester 6 che si caratterizzano per un maggior rigore nell analisi epidemiologica e nel disegno metodologico, hanno permesso di evidenziare la presenza di un maggiore rischio nei parenti di un paziente affetto da epilessia rispetto alla popolazione generale dove si assume un rischio dell 1%. Così, nei fratelli di un caso affetto da epilessia si osserva un maggior rischio del 3-5%; nei figli di un genitore con epilessia il rischio è nell ordine del 4-6%. Il rischio nei fratelli aumenta al 5-6% se il probando con epilessia ha un pattern EEG di punta-onda generalizzato ed all 8% se è presente anche una risposta fotoparossistica, diminuisce al 2-3% se il probando ha crisi focali o ha un inizio delle crisi dopo i 25 anni di età. Il rischio è dell 8% se è affetto da epilessia oltre il probando anche un genitore ed è del 12 % se è presente nel genitore un tratto EEG generalizzato. Nei figli di un genitore affetto da epilessia il rischio di crisi epilettiche é nettamente diverso se a presentare l epilessia è la madre (8,7%) rispetto al padre (2,4%). Il rischio nei figli è differente se uno dei genitori ha crisi di assenza (9%) rispetto alla presenza di crisi focali (2,7%). 84 GASLINI Agosto 2008

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