Strumenti. strumenti cres n.61 supplemento al n. 483 di manitese settembre parole, musiche, immagini. 38 Le sorgenti del male (Z.

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1 Strumenti strumenti cres n.61 supplemento al n. 483 di manitese settembre 2013 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 2. LO/MI in caso di mancato recapito inviare al CMP Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a corrispondere i diritti postali. spunti di riflessione 03 Decrescita, e nel Sud del mondo? di Ilaria Pasotti 05 Scuole: Valutazione e Utenza di Elena La Rocca anni di Media di Elisabetta Assorbi 08 Rapporto tra cultura scientifica e umanistica di Gabriella Buzzi percorsi didattici 10 Panta rei: studiare i Navigli lombardi per rinnovare la didattica nel liceo di Piergiorgio Pardo e Marina Medi parole, musiche, immagini 38 Le sorgenti del male (Z. Bauman) a cura di Elena La Rocca 39 Nella grotta della Madre Idoto di anna di sapio 42 La collina del vento (C. Abate) a cura di Gianluca Bocchinfuso 44 Il cantore dei poveri cristi di massimiliano lepratti 45 Monsieur Lazhard a cura di Laura Morini 47 L'asta della terra 14 dossier 61 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile

2 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile editoriale Guidare la rivoluzione per non venirne travolti Nel dossier di questo numero ci occupiamo di tecnologie multimediali. Ce ne occupiamo da insegnanti che devono fare i conti con la forma mentis dei nativi digitali, abituati più a cliccare e digitare che a decodificare testi scritti e formulare pensieri seguendo la linearità della logica sequenziale. Ce ne occupiamo da cittadini che registrano il trasferimento on line della delega a rappresentanti che consultano i propri elettori attraverso il web, e di elettori che si tengono aggiornati frequentando i social network. Ce ne occupiamo da gutenberghiani che sono gradualmente ma irreversibilmente transitati verso abitudini tipiche della touch generation: ci informiamo visitando blog e ci incontriamo in piazze virtuali; avviamo una ricerca esplorativa navigando in internet; comunichiamo scrivendo ; organizziamo i nostri interventi pubblici assemblando PowerPoint in cui creiamo link fra testo, sequenze cinematografiche e brani musicali reperiti su YouTube. Ce ne occupiamo da educatori che osservano: la progressiva riduzione dei tempi di concentrazione dei nostri alunni; la contrazione dei loro tempi di attesa; il loro incontenibile impulso a fare prima di riflettere; la loro istintiva inclinazione a lasciar prevalere nelle relazioni interpersonali la dimensione tolemaica dell'io (self related) su quella copernicana (social related). Ce ne occupiamo con la consapevolezza di chi affronta un tema complesso e articolato senza l'approfondimento specialistico degli esperti del settore, né il rigore metodologico che caratterizza l'esposizione di un accademico, ma con la convinzione che la questione va affrontata e discussa coinvolgendo i soggetti che, più di qualsiasi altro, stanno rilevando la divaricazione tra lo studio impostato a scuola e l'apprendimento spontaneo della nuova generazione fuori dalle anguste pareti dell'aula. Questi soggetti sono ovviamente gli insegnanti, che, non adeguatamente coadiuvati da tempestivi e coerenti interventi ministeriali, soffrono il disagio di chi, pressato dalla velocità e ineluttabilità dei cambiamenti, si vede costretto a scegliere solitariamente se ignorare le trasformazioni nella speranza di non restarne impigliati, o mettersi faticosamente al passo con i tempi affidandosi all'improvvisazione dell'autodidatta. Gentile lettore, Dal prossimo numero anche strumenti entrerà nell era del cyberspazio e passerà al digitale, abbandonando carta stampata e spedizioni. Se vuoi continuare a leggere i nostri articoli e approfondimenti scrivici a eas@manitese.it segnalando un tuo recapito e indirizzo . Ti terremo informato sul nostro trasloco web e potremo inviarti i prossimi numeri! La redazione Il CRES, nel suo piccolo, dopo aver percepito questo disagio, ha fatto appello alle sue esigue risorse per aprire un dibattito e auspicare un esteso confronto. Gli interventi contenuti nel dossier sono stati infatti elaborati e pubblicati non solo per riportare esperienze e offrire spunti di riflessione, ma anche per sollecitare contributi dai lettori che, in quanto protagonisti delle attività didattiche e punti di riferimento delle relazioni pedagogiche in classe, vivono quotidianamente la tensione generata dalla tentazione a restare indifferenti e lo slancio a intraprendere un percorso di rinnovamento. L'affermazione e la diffusione delle tecnologie multimediali sono un dato di fatto. Il loro impatto sulle modalità di strutturare le conoscenze, a scuola e nella vita, è innegabile. Su questo fenomeno e sulle sue ripercussioni in ambito cognitivo e psicologico abbiamo avuto il tempo di formarci un'opinione. Rendiamola quindi organica e pronunciamoci per dare il nostro contributo di idee. Solo in questo modo i docenti, rivendicando un ruolo attivo e propositivo, potranno garantire all'interno dell'istituzione scolastica quella produzione culturale che è l'unico antidoto contro un'insidiosa polarizzazione tra il mondo della scuola e la società tecnologicamente sofisticata. Michele Crudo

3 Strumenticres n.61 settembre Decrescita, e nel Sud del mondo? di ilaria pasotti, ricercatrice in Economia Politica Un. Cattolica del Sacro Cuore Premessa Le crisi, siano esse di carattere economico, sociale, politico, ambientale, spingono a riflessioni sulla sostituzione del paradigma esistente con uno che sia in grado di porre soluzione ai limiti. La crisi prima finanziaria, poi economica e sociale iniziata nel 2007 ha rafforzato il riconoscimento pubblico delle idee della decrescita. Il termine decrescita, comparso per la prima volta negli anni della prima crisi petrolifera e della stagflazione, ha acquisito rilevanza nelle discussioni della società civile, imponendosi come slogan attivistico in alcuni Paesi soprattutto dell'europa meridionale (Francia, Italia, Spagna) a partire dall'inizio degli anni Da allora, una costellazione di gruppi e di network di cui Strumenti ha dato conto nel numero del 2008 è sorta con l'obiettivo di realizzare il modello di società alternativo all'attuale ispirandosi all'ideale della decrescita. Contemporaneamente, le riflessioni sulla decrescita si sono fatte spazio in ambito accademico. Al filone francese, riconducibile a Serge Latouche e con radici nel pensiero di economisti e sociologi degli anni Settanta, si aggiunge quello sviluppato in ambienti anglofoni della così detta steady-state economy. Riviste scientifiche, come Journal of Cleaner Production, Environmental Values, Futures, Ecological Economics, approfondiscono e dedicano numeri speciali a tematiche connesse alla decrescita (si veda: nella sezione delle pubblicazioni). Il dibattito sulla decrescita non coinvolge solo il Nord Mondo. Nell'ultimo dei convegni internazionali sulla decrescita tenutosi a Venezia lo scorso settembre, uno spazio importante è stato dedicato alla discussione di come la decrescita possa rappresentare un'alternativa di sviluppo per il Sud del Mondo. Di seguito, dopo aver ripreso i fondamentali della proposta della decrescita, si intende vedere come essi vengono considerati per il Sud del Mondo attraverso alcune voci rappresentative originarie sia del Nord che del Sud del Mondo. La critica alla società della crescita Pur nelle multiformi posizioni ed accenti che caratterizzano lo scenario del dibattito sulla decrescita, l'idea di base è che una crescita economica infinita è incompatibile con un mondo finito e che il modello di produzione e di consumo deve tenere conto della capacità di rigenerazione della biosfera. Il modello produttivo e di consumo dominante è dunque errato e destinato a portare la società sull'orlo del baratro in quanto basato su una logica completamente opposta: la crescita della produzione, sintetizzata nell'indicatore statistico del Prodotto Interno Lordo (PIL), è considerata quasi esclusivamente, data l'introduzione negli ultimi decenni di indicatori più complessi la misura più adeguata per valutare lo sviluppo di un Paese; il soddisfacimento e la generazione di bisogni di consumo sono considerati aspetti che determinano la sopravvivenza di una società, come la denominazione stessa di società dei consumi suggerisce. Si tratta dunque di costruire un nuovo modello di società nel quale questi due aspetti vengano superati. Latouche, personalità di riferimento nel dibattito della decrescita, ha sintetizzato in otto parole, le così dette 8 R, data l'iniziale comune in R, le coordinate che dovrebbero essere seguite per realizzare questo modello: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, redistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Tre di queste hanno una importanza cruciale: rivalutare, in quanto presiede qualsiasi cambiamento; ridurre perché sintetizza gli imperativi pratici del programma della decrescita; rilocalizzare, in quanto concerne l'organizzazione della società. Il primo termine, insieme anche a riconcettualizzare è riconducibile a ciò che Latouche definisce la decolonizzazione dell'immaginario, ovvero per cambiare la società bisogna innanzitutto cambiare le mentalità. Rivalutare, nel senso dunque di cambiare i valori, significa abbandonare alcuni aspetti legati alla società del consumo e sostituirli con quelli che dovrebbero caratterizzare la società della decrescita: l'altruismo sostituito all'egoismo, la collaborazione alla competizione, il piacere del tempo libero all'ethos della dipendenza dal lavoro, l'importanza della vita sociale al consumo illimitato, il locale al globale, il relazionale al materiale. Ridurre non deve essere inteso né come crescita economica negativa (al proposito Latouche suggerisce di sostituire il termine de-crescita con a-crescita, per sottolineare che la critica è al modello della crescita) né come proposta di un ritorno ad un economia di tipo primitivo. Piuttosto, il principio del ridurre nel programma della decrescita deve essere basato sul criterio del fare di più e meglio con meno. Così, ad esempio, una revisione del processi di produzione dei beni di consumo alimentare potrebbe ridurre gli sprechi e rendere il nostro approvvigionamento meno vulnerabile ai prezzi crescenti dell'energia e in futuro della penuria di idrocarburi; una distinzione tra bisogni primari e secondari, intendendo con questi ultimi i bisogni di compensazione di perdite passate, bisogni di rimedio o di prevenzione dei danni o creati da sviluppi precedenti potrebbe essere utile a rendere sobrio il consumo. Infine, rilocalizzare significa privilegiare la dimensione locale nelle relazioni economiche, sociali e politiche, dove locale è da intendersi in una connotazione più ampia e non esclusivamente topografica ma di riconoscimento identitario e di capacità di creare un'azione coordinata, fondata sulla solidarietà e la reciprocità. Su tale base, varie proposte vengono sostenute: dalla conservazione e valorizzazione delle attività produttive locali, siano esse agricole di qui il rimando al concetto di autonomia e sovranità alimentare o manifatturiere ed artigianale, all'incoraggiamento di scambi locali sia di prodotti che di servizi, all'introduzione di monete locali.

4 4 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile spunti di riflessione A sinisra: Un bel ritratto di Albert Tévoédjrè E nel Sud del Mondo? Latouche afferma che la decrescita nel Nord del Mondo e la decrescita nel Sud del Mondo sono interconnesse tra di loro 1. Da una parte, la decrescita del Nord è una condizione per la realizzazione di qualsiasi forma di sviluppo nel Sud del Mondo. Esemplificando egli afferma che fino a quando Paesi dell'africa con problemi di povertà e di fame esportano produzioni agricole destinate a soddisfare i bisogni alimentari del Nord, l'attuale modello di consumo del Nord del Mondo continuerà a soffocare qualsiasi chance di una reale autonomia e sovranità alimentare del Sud del Mondo. Dall'altra parte, il Sud del Mondo deve partecipare alla transizione per il superamento del dominante modello di produzione e consumo e l'affermazione di quello della decrescita. Infatti, con specifico riferimento all'africa, Latouche sostiene l'esistenza di una minaccia di colonizzazione dell'immaginario : l'imperialismo, politiche di sviluppo imposte in cambio di aiuti economici e finanziari e il processo di globalizzazione hanno imposto l'idea che il modello produttivo e di consumo del Nord del Mondo, basato sul concetto di crescita economica illimitata, siano la via attraverso la quale innescare e mantenere lo sviluppo. Il risultato è stato quello di rendere le società del Sud più dipendenti dal Nord rispetto al passato. Si tratta dunque per Latouche di rimuovere gli ostacoli che impediscono al Sud del Mondo di svilupparsi in modo differente ed autonomo. Egli propone tre R, alternative e complementari a quelle per il Nord, per la transizione del Sud verso il modello di decrescita. La prima è rompere con la dipendenza econo- 1. Latouche (2000), L'altra Africa. Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, Torino (edizione originale in francese nel 1988). mica e culturale nei confronti del Nord. La seconda è riannodare il filo di una storia interrotta dalla colonizzazione, le politiche di sviluppo e la globalizzazione e quindi ritrovare e riappropriarsi di un'identità culturale; le storie culturali di molte società del Sud del Mondo contemplano valori lontani da quelli alla base della cultura economica del Nord del Mondo, come la ricerca del profitto e la concorrenza, e vicini all'ideale di solidarietà e reciprocità. La terza è reintrodurre e recuperare i prodotti, le tecniche ed i saperi tradizionali delle comunità locali. Le idee di Latouche non si allontanano da quelle avanzate più di trenta anni fa da Albert Tévoédjré, africano nato in Benin, studi all'estero, successivi incarichi governativi sia in istituzioni internazionali come l'ilo che in quelle della sua nazione ed autore di un libro dal titolo provocatorio La povertà ricchezza dei popoli (1978). La povertà nel titolo dell'opera non è da intendersi come sinonimo di miseria ed indigenza ma piuttosto come concetto sia positivo di sobrietà che operativo ovvero di recupero dei valori autentici non subordinati alle logiche del potere politico e della ricchezza economica. Nell'opera, stimolata da Ivan Illich (la stessa personalità che ha avuto un'influenza importante nella formazione di Serge Latouche), Tévoédjré criticava le idee del mimetismo culturale ed industriale, faceva l'elogio dei valori di reciprocità e solidarietà inscritti nella cultura africana, denunciava la dismisura della società della crescita con la creazione di bisogni fittizi, la sua disumanizzazione prodotta dal dominio dei rapporti monetari e la distruzione dell'ambiente. Ogni forma di sviluppo per essere positiva deve guardare all'uomo e all'ambiente in cui vive. Il Terzo Mondo avrebbe dovuto allora rifuggire dai difetti Albert Tévoédjrè La povertà ricchezza dei popoli EMI, 1985 pp del modello produttivo e di consumo del Nord del Mondo e mantenere e sviluppare modi di vivere che meglio fossero adatti ai suoi bisogni fondamentali. Decrescita e Buen Vivir: elementi per un confronto Nel convegno internazionale sulla decrescita e lo sviluppo sostenibile tenutosi a Venezia, la proposta della decrescita è stata confrontata con il concetto di così detto Buen Vivir. Comparso negli ultimi dieci anni in Sud America, il Buen Vivir vuole indicare e descrivere un'alternativa di sviluppo a quella del paradigma dominante. Esso è stato introdotto recentemente nelle Costituzioni di Ecuador e Bolivia (sebbene con differenti significati). L'idea di Buen Vivir condivide con quella della decrescita alcuni aspetti, anche se in queste similarità sono rinvenibili sfumature ed accenti che caratterizzano l'una rispetto all'altra. La prima è la critica alla crescita economica e dei consumi come unici indicatori di benessere di un Paese e dunque all'ossessione del produttivismo

5 Strumenticres n.61 settembre Scuole: Valutazione e Utenza di elena la rocca Serge Latouche L'altra Africa. Tra dono e mercato. Collana «Saggi. Storia, filosofia e scienze sociali», Bolllati Boringhieri, 2000 pp.232. e del consumismo del modello attuale. La seconda similarità è l'attenzione verso l'ambiente. Tuttavia, per coloro che sostengono la decrescita, esso rappresenta l'elemento da cui partire per confutare la tesi di una crescita illimitata; per il Buen Vivir, l'ambiente è soprattutto elemento attivo, riconosciuto soggetto di diritti che devono essere salvaguardati e difesi. Il terzo aspetto di similarità è l'enfasi posta sulla dimensione locale e comunitaria attraverso la quale si può esprimere sia una resistenza sia un'alternativa al modello dominante. Connessa a questa enfasi è la rilevanza riconosciuta all'identità e diversità culturale come base per rigettare l'imposizione di un modello che intenda essere accettato ed applicato perché valido universalmente. Quest'ultimo aspetto è centrale nell'ambito del Buen Vivir: il concetto stesso è infatti costruito tenendo conto della cultura e dei valori delle comunità indigene; si tratta di valori che includono il rispetto per la natura, la reciprocità e la solidarietà, la giustizia sociale. All'inizio di marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva lo schema di Regolamento per la valutazione nazionale delle singole scuole, tra tre anni i risultati saranno resi pubblici e le famiglie potranno scegliere la scuola per i propri figli con maggior cognizione di causa. A contribuire al voto finale delle singole scuole, saranno vari elementi tra cui: i risultati degli alunni nei test Invalsi, l'esistenza di palestre, laboratori ecc., ma anche l'età e le assenze dei docenti. Le fonti giornalistiche non chiariscono affatto i criteri di valutazione, emergono però alcuni aspetti discutibili: nella valutazione entrerebbe (penso in senso negativo) anche l'abbandono scolastico, le immatricolazioni all'università e stage all'estero (questi ultimi in senso positivo). Probabilmente hanno ragione quei sindacati che criticano lo schema di valutazione definendolo confuso e pasticciato e non è impossibile, conoscendo la scuola italiana, che l'intero procedimento si risolva in un inutile e burocratico giro di carte, ma indubbiamente il tutto rischia di innescare un processo di differenziazione tra le varie scuole che non si sa dove può andare a finire, Al di là delle illusioni pseudoscientifiche certamente favorirà gli squilibri tra una scuola e l'altra, tra un'area geografica e l'altra, anche perché insieme alle pagelle che dovrebbero valutare i vari istituti, si torna a parlare di finanziare in modo selettivo le varie scuole premiando quelle migliori. Senza alcun dubbio dare di più alle scuole migliori significa allargare la forbice: come è stato già detto e ripetuto, le buone scuole miglioreranno e le cattive peggioreranno. Il fatto è così evidente che viene naturale domandarsi perché l'idea di un finanziamento selettivo viene continuamente riproposta in questi termini, ponendo al massimo il problema di come si possa valutare in modo oggettivo i risultati raggiunti. Si crede probabilmente che, messi di fronte alla necessità di ottenere maggiori finanziamenti, i professori si daranno da fare in modo particolare, cercando di raggiungere dei buoni risultati per ottenere appunto i relativi finanziamenti, mentre, sapendo che i soldi arrivano in ogni modo i docenti si adagino in una routine quotidiana, senza alcun impegno particolare. Si tratta in definitiva della vecchia idea che la competizione renda sempre migliore l'offerta; scuola, istruzione, cultura dovrebbero migliorare come qualsiasi altro prodotto sotto la spinta di una competizione in questo caso indotta dall'alto. Chi pensa in questi termini di solito si sente moderno ed innovatore, a me sembra ingenuo se non in malafede, essendo il problema educazione/istruzione molto complesso e non riducibile ad una partita di dare ed avere. Non mi interessa qui affrontare il problema nella sua complessità, vorrei solo esaminare un aspetto fondamentale che viene troppo spesso dimenticato se non tabuizzato quando si paragona un istituto ad un altro per capire quale sia il migliore : la scuola è fatta prima di tutto dagli studenti che la frequentano, è l'utenza che dà il tono generale, tanto è vero che se si attua una preselezione scegliendo i giovani migliori il livello di un istituto si alza immediatamente. Tocca poi ai professori (programmi, libri di testo) accompagnare gli studenti in un percorso di crescita ed istruzione, ma dal tipo di utenza che ci si trova davanti si deve partire e di quella si deve tenere conto. Se un'università riesce a farsi una buona fama ed attirare molti candidati tra cui scegliere i migliori vedrà ben presto instaurarsi un ciclo virtuoso: risultati migliori sulla piazza che attireranno studenti più bravi che a loro volta produrranno risultati migliori. Ma quali sono i fattori che determinano una buona utenza e fanno si che un gruppo di studenti sia un buon gruppo? Direi che si potrebbe dividerli in tre filoni, anche se spesso si intrecciano tra loro: 1. fattori individuali, 2. famigliari; 3. territoriali.

6 6 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile spunti di riflessione I fattori individuali sono i più evidenti: un gruppo di ragazzi intelligenti può dare grandi soddisfazioni ad un buon insegnante. Insieme all'intelligenza però è determinante la disponibilità nei confronti della scuola e degli insegnanti stessi: è necessario che lo studente abbia un atteggiamento di apertura, sia per lo meno disposto ad ascoltare, pensi di poter imparare qualche cosa. Motivazione, voglia di studiare sarebbero ancora meglio, ma sono elementi che si possono far crescere se c'è almeno una disponibilità, tolta questa anche l'intelligenza diventa inutile (almeno ai fini scolastici), a volte addirittura dannosa. Ogni insegnante del resto ha incontrato nella vita studenti che usavano la propria intelligenza solo per provocare e destabilizzare il rapporto tra studenti e professori. Altrettanto chiari i fattori famigliari: pesano il patrimonio scolastico ed economico delle famiglie, i figli di laureati si trovano più a loro agio nell'istituzione scolastica e possono essere assistiti in famiglia in modo continuo, quasi invisibile. Anche il patrimonio economico da solo può essere utile procurando in caso di necessità un aiuto, un sostegno a pagamento. Per quanto riguarda la famiglia è necessario almeno ci sia un interesse, una convinzione che la scuola sia utile ai loro figli. Quando il mitico nord est sviluppava la microindustria non era per nulla interessato al percorso scolastico dei propri figli e li mandava a lavorare giovanissimi: immagino senza fatica che questi giovani fossero studenti impazienti, proiettati verso altre mete, per nulla interessati a quanto la scuola poteva insegnare loro. (so che ci sono sempre le eccezioni, ma non servono a capire il quadro generale). Infine non meno importanti sono i fattori territoriali. Prima di tutto vale per il territorio ciò che si è detto per l'individuo e per la famiglia: è necessario che il territorio, l'ambiente socioculturale in cui è inserita la scuola abbia disponibilità ed interesse nei confronti di quest'ultima, creda, almeno genericamente nella sua utilità, che al caso la critichi, ma non la denigri. Questa disponibilità collettiva si riflette positivamente sui singoli studenti, del resto nessuno può desiderare di ascoltare e seguire individui (i professori) di cui sente dire che sono impreparati, scansafatiche e chi più ne ha più ne metta. Più il territorio è dissestato più è difficile lavorare bene in classe: tanti anni fa, quando l'hinterland milanese era in fase di profonda trasformazione i giovani prof in cerca di un incarico alla media si sentivano consigliare dai colleghi più esperti: Fai un viaggio più lungo, vai a lavorare ai confini della provincia, ma evita la fascia dell'hinterland, troppo difficile tenere la disciplina, ed ottenere qualche risultato L'altro fattore territoriale determinante è il mercato del lavoro, la possibilità o l'impossibilità di trovare un lavoro possibilmente nel territorio su cui sorge la scuola stessa. Un ragazzo di 18 anni alle prese con un triennio di industriale o commerciale reagisce in modo diverso se pensa di poter utilizzare in modo proficuo il proprio diploma. Ricordo un ITIS in un paese siciliano: nemmeno l'ombra di un'industria per cui gli studenti parcheggiavano a scuola cercando il modo più divertente di far passare il tempo con grande disperazione dei loro insegnanti. L'amore per la cultura non affranca da questo meccanismo perverso se non pochi individui e solo per alcune discipline. Il problema del mercato del lavoro riguarda in modo particolare le scuole superiori, ma in certi casi arriva fino alle medie inferiori. Un collega di francese mi raccontò una volta di essere fuggito dalle medie inferiori: gli studenti (paesino dell'entroterra ) rifiutavano la sua materia chiedendogli provocatoriamente se dovevano parlare francese con le pecore. (passato ad un istituto di ragioneria in una grande città, il collega si trovava molto meglio). Una classe costituita da ragazzini intelligenti ed interessati in un quartiere abitato da buona borghesia intellettuale (quella che ha più bisogno della scuola per conservare la propria posizione sociale) dovrebbe dare buoni risultati, gli studenti andranno poi a fare stage all'estero o si iscriveranno all'università, contribuendo a far avere alla scuola una pagella migliore. Si innesca così una spirale positiva per la singola scuola, negativa per l'istruzione scolastica nel suo insieme. Da tempo stiamo assistendo ad una polarizzazione della ricchezza, ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, su questa strada assisteremo ad una polarizzazione dell'istruzione con buona pace della democrazia. 50 anni di media di elisabetta assorbi Quest'anno la Scuola Secondaria di primo grado, la Media per intenderci, compie mezzo secolo: la legge 1859 della Repubblica italiana la istituì il 31 dicembre 1962, stabilendo con essa una tappa di evoluzione politico-sociale nel nostro Paese. La democratizzazione dell'articolo 3 della Costituzione sembrava finalmente attuarsi, con l'abolizione del vecchio percorso scolastico che, dopo le Elementari, vedeva i figli delle classi subalterne frequentare il cosiddetto Avviamento, cioè una scuola professionale, primo passo verso professioni pratiche, spesso non specialistiche. La Scuola Media inferiore, ginnasiale era invece riservata ai ragazzi degli ambienti borghesi, destinati ad un altro futuro. La mia biografia, prima di studentessa degli anni Cinquanta, poi di insegnante, coincide con la storia della Media. Le grandi novità richieste dalla media unificata, come si diceva, produssero un certo straniamento negli insegnanti di allora; col ragionamento posteriore devo dire che alcuni di essi sembravano proprio solo docenti trasmissivi, spesso rimpiangenti la gloriosa scuola ginnasiale, mentre altri, invece, erano veri alternativi, come il docente che ci faceva disegnare tavole astratte, ascoltando in sottofondo buona musica classica L'orario settimanale prevedeva, in terza, anche materie facoltative: le Applicazioni Tecniche, con classi rigidamente divise per genere (inconcepibile ancora l'idea di lavori uguali per tutti); l'educazione musicale e il Latino, questo obbligatorio per chi si sarebbe poi iscritto al Liceo classico. Tutto ciò sarebbe poi stato spazzato via, in quanto considerato discriminante, negli anni Settanta: l'obbligatorietà dell'educazione musicale, il superamento della distinzione di genere con la nascita di un'unica disciplina, l'educazione tecnica e il latino come riferimento per tutti nell'educazione linguistica furono le novità della Legge 348 del Nello stesso anno, la Legge 517 mise mano alla valorizzazione collegiale del lavoro dei

7 Strumenticres n.61 settembre docenti, che attraverso l'integrazione e il sostegno degli alunni diversamente abili era volto ad attuare il diritto allo studio per tutti, valutati non più con voti numerici, bensì con giudizi analitici, nonchè sintetici, per descrivere il processo di maturazione globale degli alunni. L'abolizione delle classi differenziali per chi presentando diversità si considerava non integrabile tra il gruppo dei pari d'età, insieme con l'inserimento dei disabili nelle classi, trovò degna conclusione con i Nuovi Programmi del La stagione delle sperimentazioni mise idealmente sullo stesso piano il valore formativo di tutti i linguaggi e di tutti gli insegnamenti e fu davvero un grande sforzo collettivo, che dovette far i conti con l'organizzazione didattica rinnovata delle cattedre e con la formazione dei docenti, che all'università aveva sempre privilegiato le competenze specifiche, le materie, piuttosto che le aperture pedagogiche, anche a fronte dell'istituzione del 1983, del Tempo prolungato. Quest'ultimo è figlio dei nuovi bisogni maturati nella società italiana: fu un servizio per le famiglie; mise in atto la didattica laboratoriale, le compresenze di più docenti, con sperimentazioni illuminate di nuovi modi di relazione fra pari, sia docenti, sia studenti. Ricordo ancora con piacere e nostalgia gli slanci e le programmazioni condivise degli anni Settanta, tra ardite sperimentazioni ed entusiasmi, lotte di vario tipo, anche sindacali, che portarono sui banchi di scuola pure i lavoratori privi di diploma, bisognosi di certificazione per migliorare la loro condizione lavorativa. Furono istituite in quegli anni le 150 ore per i lavoratori: attraverso un accordo sindacale, grazie a permessi dei datori di lavoro, molti uomini e donne adulti riuscirono in un anno scolastico, con programmi particolari, all'avanguardia, a conseguire il diploma di licenza media. Insegnare a questi lavoratori per un intero anno fu per me, giovane supplente,non solo un modo per capire la società e i suoi bisogni, ma anche un'occasione di apertura didattica, che utilizzai poi a partire dal 1983, quando il Tempo prolungato divenne assetto scolastico con ordinamento, accanto al tempo normale : sembrava proprio di realizzare, docendo, una scuola inclusiva, non selettiva a priori, bensì formativa e, anche, critica. La svolta involutiva, già a partire dagli anni Novanta, la conosciamo in molti: il MIUR, Ministero che ha tolto dalla sua dicitura il termine di pubblico, ha inaugurato il tempo dei tagli epocali, associato alle proclamazioni programmatiche sullo star bene a scuola, generiche e quasi irrisorie, dato lo stato di degrado della maggior parte degli ambienti scolastici. La Riforma Moratti, legge n 53 del 2003, ha dato attuazione alla più generale riforma dell'autonomia scolastica - innovazione del che ha trasformato anche i compiti degli organi collegiali delle scuole e i compiti dei dirigenti scolastici, definendo l'obbligo di scegliere tra formazione e istruzione professionale a quattordici anni. Il passo indietro è stato evidente, seppur l'introduzione delle novità di tutoraggio e portfolio delle competenze degli alunni siano poi state disattese per decisione quasi unanime, l'aumentato carico contenutistico di lavoro dei docenti, con la compressione del sapere sulle giovani menti degli utenti, sono gli aspetti più evidenti di questa riforma. Come notava una preside, mia ex collega dell'hinterland sud milanese l'eccessiva prescrittività delle Indicazioni nazionali (ben 634 obiettivi specifici inderogabili) soffoca l'autonomia progettuale (Antonia Cabrini ). Se qualcosa di positivo resta, in quel periodo, è la formazione dei docenti sull'uso di Internet per le classi e la prescrittività dell'inglese per tutti. Che però, con l'introduzione della seconda lingua comunitaria, ha significato paradossalmente un calo di monte-ore. Certo è che le Educazioni della scuola del '79, che fornivano elementi per l'apertura alla diversità, all'intercultura, all'educazione allo sviluppo del pianeta, sono state le più sacrificate, nell'affanno di far acquisire competenze disciplinari e abilità per un uso individualistico e poco condiviso del sapere. Il colpo finale al pensiero divergente, utopistico, ma legato all'idea di una scuola democratica, proprio della mia generazione di insegnanti, è stato dato dalla Riforma Gelmini. Entrata in vigore per la secondaria di primo grado il primo settembre 2009, l'anno dopo per le superiori e dal gennaio 2011 per l'università, questa riorganizzazione globale ha forse toccato meno la Media, rispetto alla scuola primaria, dove il ritorno al maestro unico sembra un paradosso antistorico. Questa deleteria riforma ha significato nuovi tagli (anche dei docenti di sostegno), la cancellazione delle Educazioni, in favore di un insegnamento tecnico di Cittadinanza e Costituzione ; per gli alunni una riduzione del monte-orario e la reintroduzione della valutazione numerica; per tutti, la Prova Invalsi di matematica e italiano negli esami di terza media. Oggi, tra disillusioni e fatiche, in alcune realtà scolastiche si procede seguendo pedissequamente (ahimè) il dettato legislativo; in altre scuole, più aperte e memori di un recente passato più aperto alle sfide didattiche dell'era globale, si insegna in modo più vicino ai principi costituzionali, per la costruzione del cittadino del ventunesimo secolo. Rimane una certa tristezza di fondo del corpo docente, in questa Italia dove la spesa per l'istruzione è sempre più sacrificata, e dove la formazione del cittadino del domani, che si vorrebbe proiettato nel mondo, non è il valore a cui i dettati normativi del ministero si ispirano.

8 8 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile spunti di riflessione Rapporto tra cultura scientifica e umanistica Piccole esperienze nella scuola media inferiore dal punto di vista di una insegnante di scienze di gabriella buzzi Due sono i possibili approcci per una riflessione sul significato dell'intreccio fra cultura umanistica e cultura scientifica. Il primo riguarda la ricerca e la valorizzazione di quelle abilità di base che sono comuni a tutti gli apprendimenti e che si declinano tuttavia in maniera specifica a seconda che si parli della storia o della letteratura piuttosto che delle scienze naturali o della matematica. Intendo parlare delle classiche abilità di classificazione, seriazione, analisi, sintesi, ecc. che conducono alla formazione di competenze trasversali di diagnosi, comunicazione, problem solving e che si traducono in comportamenti che trasformano il sapere in prestazioni efficaci. Il secondo approccio è quello che mi propongo, riferendo di alcune esperienze condotte nella scuola media inferiore e affrontando tematiche trasversali cioè argomenti e contenuti concreti attraversati da più discipline. Il che non esclude, anzi permette più efficacemente, di applicare quelle operazione mentali che sono comuni a tutte le discipline di cui si parlava sopra. Anche nella scuola media si può potenziare il processo di apprendimento che supera la frammentazione delle discipline, che devono tuttavia mantenere un loro spazio specifico (la matematica, la grammatica, la storia, la biologia,..) e avviare gli alunni all'acquisizione della famosa capacità di operare collegamenti che l'insegnante dovrà valutare in sede di esame finale. È la sfida che impegna l'insegnante per la costruzione negli allievi a di quella testa ben fatta di cui parla E. Morin, ma che per essere affrontata richiede a sua volta che siano i docenti stessi a operare un profondo cambiamento nel loro stile di insegnamento. Già nell'ambito della propria disciplina ogni insegnante può mettersi in questa prospettiva. E alcune discipline si prestano maggiormente a questa operazione. Penso prima di tutto alla storia, ma anche all'ecologia, alla matematica stessa. A cominciare dal primo veicolo della trasmissione dei saperi: le parole. Come insegnante di scienze mi è sempre piaciuto giocare con le parole: quanti suggerimenti dalla loro etimologia! La parola cifra, di origine araba, porta lontano, alla diffusione dei simboli di origine indiana nel Mediterraneo attraverso i commerci e quindi alla storia; la parola atomo, non divisibile, a Democrito e alla filosofia greca È estremamente importante inserire in un contesto storico la presentazione dei diversi argomenti di scienze e matematica perché la storia fornisce un maggior numero di strumenti di comprensione per il loro studio, così come lo sviluppo scientifico contribuisce a chiarire il procedere della storia umana nel suo complesso. Si tratta di mettere in luce come sia un'impostazione relativamente recente quella che ha scisso la cultura in settori spesso poco comunicanti tra loro. Come non ricordare, anche a ragazzi giovani come quelli della scuola media, che il Cartesio del piano in cui si individuano punti con le coordinate è lo stesso filosofo del cogito ergo sum? O che il famoso o famigerato, per chi trova Modulo interdisciplinare: lʼalimentazione umana Alimentazione biologia dellʼalimentazione difficoltà in geometria, Pitagora del teorema è lo stesso della Scuola filosofica? Che il Galilei del sistema eliocentrico scriveva prose di valore letterario? Che il Leonardo che progettava macchine, dipingeva capolavori? Inserire in una lezione richiami di questo tipo ha anche la funzione di catturare l'interesse dell'alunno contribuendo alla sua motivazione all'apprendere, valorizzando anche quella che chiamerei l'estetica della scienza perché la scienza come altre discipline ci avvicina alla bellezza presente in natura o creata dall'uomo. Ma l'ambito che più si presta, per la mia esperienza, alla ricomposizione dei saperi è quello delle educazioni, portate avanti all'interno dei progetti. Infatti, con la presenza contemporanea di insegnanti con formazioni e conoscenze diverse si possono arricchire le proposte didattiche. Lo svolgimento di un progetto comporta anche attività laboratoriali che portano non solo a costruire conoscenze, ma anche a imparare a fare, a conoscere sé stessi e gli altri, cioè ad essere. Con l'educazione all'igiene personale, che si può affrontare in una prima o seconda media, si può seguire un filo che ancora una volta valorizza l'approccio storico - umanistico. Ricordare che è Igea, la figlia di Esculapio, dea della prevenzione delle malattie, ad avere dato il nome alla Igiene, così come la lettura del brano dell'odissea in cui Nausicaa invita le ancelle a provvedere alla pulizia di Ulisse naufrago (.a entrar col piè nella corrente lo inanimiro del salubre m'unga d'oliva licor conforto ignoto da lungo tempo alle mie membra ), porta a considerare come l'attenzione dell'uomo verso il proprio benessere abbia origini

9 Strumenticres n.61 settembre Storia dellʼalimentazione fame e abbondanza lontane. Un'attenzione continuata nell'era classica anche dai Romani che addirittura fecero delle terme un centro non solo di cura per il corpo, ma di socializzazione. E via, via attraverso il Medio Evo dove la percezione del corpo cambia, così come le attenzioni ad esso riservate, anche a causa delle grandi epidemie di peste. Insomma, il lungo cammino fino ad arrivare a Pasteur, alla scoperta dei batteri e al loro studio può essere anche affascinante e suscitare maggiormente l'interesse nell'alunno. Anche l'educazione alimentare ben si presta a collegamenti diversi. La mappa seguente può essere esemplificativa della possibilità di costruire un modulo interdisciplinare. Non si tratta infatti soltanto di affrontare l'alimentazione umana dal punto di vista biologico con lo studio dell'apparato digerente o dei principi nutritivi, ma di mettere in evidenza come l'uomo abbia utilizzato cibi diversi in epoche diverse (ancora una volta la storia!) e in ambienti geografici diversi; come la cultura dell'olio, del grano e del vino si sia sviluppata nell'area mediterranea e come si sia dovuta confrontare con quella barbarica del latte, della birra e delle carni non sempre cotte. Così come appare importante sottolineare la grande trasformazione avvenuta con la produzione industriale degli alimenti, la grande distribuzione, piuttosto che l'introduzione degli organismi geneticamente modificati, solo per fare qualche esempio. Si possono così aprire scenari ampi anche suscettibili di discussioni di valenza educativa quando si vada considerare le disparità nella disponibilità delle risorse nei vari Paesi o l'importanza di un controllo a garanzia della salute dei consumatori. Quando poi, in terza media, si svolge il progetto di educazione socio-affettivosessuale si ha un'ulteriore possibilità di affrontare tematiche all'interno di una cultura sia scientifica che umanistica. In questo ambito, infatti, la letteratura, ma anche la musica trovano uno spazio importante, insieme allo studio della fisiologia degli apparati. Abbiamo talora utilizzato, come attivazioni per introdurre il tema dell'innamoramento, la lettura di poesie, di brani di prosa o testi di canzoni proposti dagli insegnanti o dai ragazzi stessi. Quando poi erano presenti alunni provenienti da Paesi diversi, che hanno fatto conoscere ai compagni opere della loro terra di origine, il valore della proposta è ulteriormente aumentato. Far riflettere infatti su come alcune sensazioni abbiano un valore universale e siano patrimonio dell'umanità che si riflette nella produzione poetica di epoche e paesi diversi è particolarmente importante per adolescenti che le sperimentano per la prima volta nella vita e che in questo modo possono essere aiutati a dare le parole giuste alle loro emozioni. Così come è altrettanto importante che venga loro chiarito come i nostri comportamenti siano il risultato di molteplici connessioni tra i neuroni della corteccia cerebrale, ma anche dell'azione della parte più antica del nostro cervello che ci ricorda come l'evoluzione ci colleghi ad animali più primitivi e come, in ogni istante, siamo un intreccio di sentimenti e razionalità. Alimentarsi oggi Ultime considerazioni, di carattere generale, sull'importanza di non perdere mai di vista l'educazione all'unitarietà del sapere. Sia la cultura umanistica che quella scientifica (vogliamo parlare di umanesimo della scienza?) possono contribuire al superamento di atteggiamenti negativi sia per l'apprendimento che per i riflessi che possono avere nei comportamenti. Si deve mettere in evidenza come la storia, fondata sulle fonti, e la scienza, basata sulle prove sperimentali e mai su verità assolute, entrambe suscettibili di continui aggiornamenti in base alla scoperta di nuovi fatti, possono insieme contribuire al superamento sia del cosiddetto senso comune, come del cosiddetto sentito dire. È da individui che si pongono continuamente domande e cercano di darsi risposte, acquisendo sempre nuove conoscenze e confrontandosi con gli altri, che si possono formare cittadini responsabili e capaci di operare scelte importanti che vengono loro richieste, senza delegare completamente agli esperti. Così, per esempio, lo studio dell'acqua o delle forme e fonti di energia non si limita ad essere solo apprendimento di nozioni, ma diventa strumento per formarsi opinioni e poter esercitare più consapevolmente il proprio diritto di voto nei momenti referendari o nella scelta di una formazione politica. Educare intrecciando cultura scientifica ed umanistica perciò può davvero diventare un allenamento all'esercizio della democrazia. Chi produce: industria alimentare alimenti transgenici Chi controlla: organi internazionali FAO, OMS, Parlamento europeo Chi consuma: Paesi industrializzati Paesi invia di sviluppo Peaesi sottosviluppati

10 10 Democrazia al tempo del cyberspazio: una sfida possibile proposte educative Panta rei: studiare i Navigli lombardi per rinnovare la didattica nel liceo di piergiorgio pardo, docente Liceo Marconi, e marina medi Un bando della Fondazione Cariplo Nel 2012 il Liceo scientifico Marconi di Milano ha partecipato al bando della Fondazione Cariplo nell'ambito del Progetto Scuola 21- Educare alla sostenibilità nella scuola del 21 secolo ed è stata tra le scuole vincitrici. Nelle intenzioni della Fondazione Cariplo il bando ha lo scopo di contribuire al miglioramento dell'offerta formativa della scuola secondaria di II grado e della Formazione professionale attraverso la diffusione di una metodologia didattico-formativa di tipo interdisciplinare applicata a tematiche ambientali. Nella presentazione del bando, infatti, si afferma che queste tematiche richiedono la convergenza di saperi diversi verso soluzioni condivise e quindi più facilmente possono invitare la scuola secondaria di II grado, dove queste pratiche sono poco diffuse, a sperimentare percorsi didattici in cui le diverse aree disciplinari convergano nell'analisi rigorosa e nella risoluzione di problemi e servano a rafforzare lo spirito critico, il sapere esperienziale e il senso di appartenenza al proprio territorio. Il bando chiedeva alle scuole che due classi lavorassero nel corso di due anni scolastici consecutivi su uno di questi quattro temi: un mondo biodiverso energicamente consapevoli valorizzare la qualità ambientale dei territori il clima cambia, noi cambiamo Elementi indispensabili, oltre all'approccio interdisciplinare, dovevano essere lo sviluppo negli studenti di competenze di cittadinanza attiva e responsabile, il coinvolgimento di enti extrascolastici che operassero nel territorio e la realizzazione di interventi concreti in ambito locale che contribuissero ad affrontare una tematica ambientale. Il progetto del Liceo Marconi Il Liceo Marconi, come scuola capofila, ha scelto il terzo tema proposto, quello della valorizzazione della qualità ambientale dei territori, e ha elaborato un progetto che portasse alla valorizzazione dei Navigli come risorsa ambientale, sociale e culturale per il territorio della città di Milano. Al progetto è stato dato il nome Panta rei non solo per richiamare lo scorrere dell'acqua, ma specialmente per sottolineare il continuo processo di trasformazione della realtà di cui siamo chiamati ad essere protagonisti responsabili. Per storia ed importanza i canali milanesi si prestano in maniera particolare alla costruzione di un percorso spiccatamente interdisciplinare, capace di coinvolgere l'intero consiglio di classe e a integrare le discipline scientifiche ed umanistiche proprie del curricolo di un liceo scientifico. Inoltre, partendo dall'acqua come risorsa preziosa e motore di sviluppo per le comunità, è possibile comprendere il ruolo che hanno avuto i Navigli nel passato, raccogliere informazioni e dati sulla funzione che svolgono oggi e interrogarsi su come valorizzarli al meglio nell'immediato futuro. Il risultato finale del lavoro, in collaborazione con gli enti e le associazioni che a vario titolo sono coinvolte nel progetto, sarà nel prossimo anno scolastico una mostra e un percorso di visita alla riscoperta dei Navigli rivolti alle altre scuole e agli abitanti della zona, in cui gli studenti faranno da guida utilizzando le conoscenze e le competenze apprese durante il percorso. Per il momento tutti i materiali raccolti e prodotti dai ragazzi trovano spazio su un blog dedicato, che costituisce una sorta di piazza virtuale per tutti gli stakeholder del progetto (progettopantarei.blogspot.it). Sempre tra i risultati previsti c'è anche il gemellaggio con una scuola di una città europea situata su un canale, dove le due classi andranno in viaggio di studio. Al progetto partecipano una II e una III, che diventeranno nell'a.s rispettivamente III e IV. La scelta di coinvolgere nel progetto due consigli di classe in verticale è stata fatta al fine di favorire in tutte le fasi progettuali lo scambio di idee, conoscenze e competenze tra studenti di età diverse. Infatti il percorso è unico ed è stato coprogettato dagli studenti e dai rispettivi insegnanti, ma è diviso tra le due classi che torneranno a lavorare insieme nella realizzazione dell'intervento finale. In base al senso generale del Bando, il progetto mira a raggiungere obiettivi sia in relazione agli studenti che agli insegnanti. Nel caso degli studenti si punta a: 1. acquisire consapevolezza dei legami tra l'uomo e l'ambiente che lo circonda. In particolare: - imparare a prendersi cura del proprio territorio - comprendere l'importanza dell'acqua come bene comune 2. sviluppare competenze di cittadinanza attiva. In particolare: - collaborare e partecipare al raggiungimento di un obiettivo comune - risolvere problemi ricercando soluzioni nuove e originali - individuare collegamenti e relazioni tra gli elementi emersi dal percorso 3. imparare a essere responsabili e solidali nei confronti di se stessi, degli altri e del pianeta. In particolare: - ritrovare i legami perduti tra l'uomo e la natura (e tra l'uomo e gli altri uomini) - percepirsi come agenti di cambiamento della società Nel caso dei docenti il progetto vuole dare una particolare attenzione allo sviluppo della capacità di progettazione curricolare

11 Strumenticres n.61 settembre mappa concettuale di fisica e storia successive trasformazioni, i diversi usi del Naviglio nel passato e in particolare il trasporto dei marmi dalle cave di Candoglia al Duomo di Milano. 5. Il Naviglio oggi: inquinamento e degrado del Naviglio e sue cause; analisi chimica delle acque del Naviglio; gli interventi di riqualificazione; la Darsena tra progetti e polemiche. 6. Il Naviglio domani: il Naviglio che vorremmo; idee per la realizzazione di interventi urbanistici e culturali legati alla Darsena e ai Navigli che siano sostenibili e nell'interesse degli abitanti. verticale e interdisciplinare e alla costruzione di percorsi di apprendimento a carattere di laboratorio, che utilizzino problem solving e metodologie interattive. Il progetto vuole essere fortemente esperienziale e prevede che gli studenti partecipino attivamente alle scelte di progettazione in ogni fase. Lezioni dialogate, lavori di gruppo, uscite in campo e dibattiti in classe devono riuscire ad eliminare la rigidità dell'ambiente classe e instaurare un rapporto educativo di tipo informale. Il progetto si sta realizzando con la collaborazione di enti e associazioni del territorio. Prima tra tutte il Cres, che ha contribuito all'ideazione e alla definizione metodologica dei percorsi, e Mani Tese, che è intervenuta nelle classi su temi legati all'acqua, aiutando gli studenti a mettere in collegamento problemi globali, questioni locali e abitudini personali, stimolando l'adozione di stili di vita più sostenibili. L'associazione di docenti di storia Iris (Insegnamento e Ricerca Interdisciplinare di Storia ha fornito informazioni, materiali e suggerimenti didattici sull'uso dei Navigli nella costruzione del Duomo di Milano, il cui cantiere è visto attraverso lo sguardo di Leonardo da Vinci nel contesto della società milanese della seconda metà del Quattrocento. La Società Navigli Lombardi (www. naviglilombardi.it) ha messo a disposizione il suo Centro di documentazione per la consultazione di testi sugli aspetti storici, tecnici e culturali dei Navigli. Il Laboratorio Hoc del Dipartimento di elettronica e informatica del Politecnico di Milano (hoc.elet.polimi.it) ha suggerito modalità per organizzare in modo digitale e multimediale le informazioni che gli studenti andavano raccogliendo, favorendo la creatività e la facilità della comunicazione. Le fasi del lavoro Dopo una prima fase di motivazione attraverso l'osservazione di alcune foto del Naviglio, che passa nelle vicinanze della scuola e di cui gli studenti sapevano poco o nulla, gli insegnanti hanno presentato il progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo e insieme hanno proceduto alla stesura del piano di lavoro e alla stipulazione di un patto formativo. Il lavoro di ricerca e studio, diviso tra le due classi e appoggiato dai consigli delle due classe, ha toccato questi temi: 1. Acqua dolce, bene prezioso: importanza dell'acqua sul pianeta, sua distribuzione e regimentazione; diritto all'acqua e conflitti che nascono dalla sua scarsità; biologia delle acque fluviali e lacustri, analisi degli ecosistemi umidi e possibili rotture del loro equilibrio; caratteristiche dell'acqua potabile, anche in base alla normativa vigente; cattivo uso dell'acqua potabile. 2. Il trasporto fluviale: i fiumi da sempre centro di vita e di comunicazione; loro ruolo nella storia; tecniche di costruzione e funzionamento dei canali. 3. Fiumi e canali nella letteratura e nell'arte. 4. Il Naviglio ieri: la sua costruzione e le Fin dall'inizio si è cominciato a definire i possibili prodotti che alla fine dovranno essere presentati al territorio per far meglio conoscere e amare il Naviglio, in modo che in ciascuna fase del lavoro si cominciassero già a elaborare e mettere da parte materiali che diventeranno utili nell'ultima parte del progetto. Tra le diverse attività realizzate e in programma ci sono: un'uscita in barca sul Naviglio Grande con la guida dell'associazione Navigli Lombardi; un concorso interno alla scuola per l'ideazione di un logo e slogan da stampare su locandine e adesivi come principale veicolo di comunicazione del progetto nel territorio. In questo modo si vuole rendere partecipe del percorso tutta la scuola e non solo le due classi selezionate; l'utilizzo del motore 1001Storia, ideato dal Laboratorio Hoc del Politecnico di Milano, che consente di organizzare l'informazione in una forma digitale interattiva secondo una struttura ad albero costituita da argomenti e sottoargomenti, di arricchire la struttura concettuale con contenuti multimediali e di erogare la narrazione multimediale attraverso diversi canali; il blog che permette lo scambio di informazioni e il collegamento tra studenti, insegnanti, associazioni e territorio. Il lavoro svolto finora può essere seguito sul blog. Ne riportiamo sopra (Mappa concettuale di Fisica e Storia) e nelle pagine seguenti alcune parti. Continua

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