STUDIO DI FATTIBILITA PER L INTRODUZIONE DI UN LOGO NAZIONALE DA UTILIZZARE NELL ETICHETTATURA, PRESENTAZIONE E PUBBLICITA DI PRODOTTI BIOLOGICI

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1 STUDIO DI FATTIBILITA PER L INTRODUZIONE DI UN LOGO NAZIONALE DA UTILIZZARE NELL ETICHETTATURA, PRESENTAZIONE E PUBBLICITA DI PRODOTTI BIOLOGICI REV Via della Maglianella, 65/T Roma info@delfia.it tel. 06/ fax: 06/

2 SOMMARIO 1 Finalità ed articolazione dello studio Stato del mercato del settore biologico La normativa comunitaria e la sua evoluzione Il logo biologico della Comunità Europea L'import-export di prodotti biologici in Italia Le Biomense Il Programma di azione nazionale per l agricoltura e i prodotti biologici Analisi critica delle politiche di valorizzazione e differenziazione dei prodotti biologici in alcuni Paesi dell Unione Europea Breve panoramica dei marchi europei I marchi biologici nazionali esteri IL BIO SIEGEL TEDESCO IL MARCHIO AB FRANCESE L AMA BIOZEICHEN AUSTRIACO I COSIDDETTI MARCHI REGIONALI DELLA SPAGNA IL MARCHIO DANESE Ø LABEL: STATS KONTROLLERET ØKOLOGISK Analisi di Comparazione Breve analisi di marchi privati italiani Demeter Aiab Amab Altri marchi Analisi di comparazione Analisi del quadro normativo del logo/marchio collettivo nazionale...62

3 4.1 I marchi, funzioni e generalità La registrazione di un marchio collettivo L ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari Il marchio collettivo e le legislazioni estere Competenza I marchi collettivi e l unione europea Pronunciamenti della commissione in materia Gli orientamenti comunitari per gli aiuti di stato Il trattato europeo Altri documenti europei Conseguenze pratiche dell incompatibilità col trattato Il logo biologico europeo Indicazioni obbligatorie dell origine Altri strumenti di tutela e valorizzazione Indagine conoscitiva Obiettivi e metodologia Il questionario rivolto ai consumatori: analisi delle risposte Il questionario rivolto agli operatori:analisi delle risposte Riflessioni conclusive Scenari per la costituzione di un marchio biologico nazionale Problematiche di mercato Disciplinari più rigorosi Altre considerazioni Vantaggi e svantaggi nella creazione di un marchio biologico nazionale...119

4 7 CONCLUSIONI: la fattibilità del Marchio biologico Nazionale Appendice L agricoltura biologica nel mondo L agricoltura biologica in Europa L agricoltura biologica in Italia...136

5 1 Finalità ed articolazione dello studio Negli ultimi anni si registrano in ambito europeo diverse esperienze di valorizzazione delle produzioni biologiche, esperienze volte a garantire la qualità delle produzioni attraverso l impiego di marchi nazionali. L apertura al marchio nazionale potrebbe rappresentare una nuova frontiera nell evoluzione della concorrenza delle produzioni biologiche: la gestione di un tale strumento fornirebbe una nuova identità al prodotto, garantirebbe un adeguato livello qualitativo e offrirebbe nuove opportunità di comunicazione con il consumatore ma anche con gli operatori commerciali lungo la filiera di produzione. Il presente studio ha l obiettivo di fornire un valido strumento conoscitivo ed esplorativo che evidenzi chiaramente le difficoltà, le potenzialità, i vantaggi e gli svantaggi che possono derivare dalla costituzione di un marchio biologico nazionale. L analisi è volta, quindi, a valutare la reale fattibilità per l introduzione di un marchio biologico italiano, in considerazione di diversi fattori e variabili di seguito meglio specificate. Le finalità intrinseche dello studio sono orientate ad analizzare: - I marchi già realizzati in diversi Paesi dell Unione Europea, effettuandone una rilettura che ne evidenzi similitudini e specificità al fine di ricostruire le motivazioni che hanno portato a tali scelte; - Le fasi procedurali che occorrerebbe seguire nel caso si volesse intraprendere anche in Italia un percorso che porti all adozione di un logo biologico nazionale; - Gli eventuali vantaggi e svantaggi che potrebbero derivare dall impiego e dalla gestione di tale strumento di valorizzazione. - Conoscere l orientamento riguardo al marchio biologico nazionale dei consumatori e degli operatori di settore. Per perseguire gli obiettivi della ricerca lo studio è stato articolato in diversi step e strutturato come segue: viene dapprima esposto un quadro conoscitivo che consente di analizzare sinteticamente la normativa di settore (comunitaria e nazionale) e di ricostruire la situazione del mercato del settore biologico nazionale al fine di delineare il contesto dello studio. 5 di 142

6 All analisi conoscitiva segue un analisi critica dei marchi biologici nazionali adottati in alcuni Paesi UE. In questa sezione dello studio sono stati comparati i diversi marchi biologici nazionali adottati da alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Austria, Danimarca e Spagna), analizzando per ciascuno di essi i vantaggi e/o svantaggi derivanti dall adozione. Tale analisi conoscitiva e comparativa ha permesso di trarre suggerimenti per l attuazione di uno strumento di valorizzazione da utilizzare anche in Italia. Segue l inquadramento normativo l inquadramento normativo del marchio collettivo, in questa sezione sono stati presi in esame i rilevanti strumenti normativi e regolamentari (Trattato, Regolamenti, Pareri circostanziati), giurisprudenziali e dottrinali a livello comunitario e nazionale. L inquadramento normativo ha permesso di valutare la fattibilità normativa per l introduzione del marchio nazionale. La ricerca non si è limitata ad uno studio propriamente normativo e comparativo, una parte significativa del lavoro è stata rivolta alla realizzazione di un indagine conoscitiva, la quale, mediante la somministrazione di questionari, ha permesso di conoscere il prezioso punto di vista dei consumatori e degli operatori di settore che rappresentano i principali destinatari del potenziale marchio biologico nazionale. Chiude il rapporto un analisi SWOT nella quale confluiscono i risultati dello studio. L analisi dei punti di forza, debolezza, opportunità e minacce valuta la reale fattibilità per la costituzione di un marchio biologico nazionale e conduce alle Conclusioni dello studio. Per maggiore completezza della trattazione si riporta, in Appendice, lo stato dell arte del settore biologico, attraverso cui è possibile verificare l evoluzione, tutt ora in atto, relativa alle superfici e alle colture a livello globale, europeo e nazionale. 6 di 142

7 2 Stato del mercato del settore biologico 2.1 La normativa comunitaria e la sua evoluzione Nel 1991 il Consiglio Europeo dei ministri dell agricoltura ha adottato il Regolamento (CEE) n. 2092/91 sull agricoltura biologica e sulla relativa etichettatura dei prodotti agricoli ed alimentari. L'introduzione di questo Regolamento faceva parte della riforma della Politica Agricola Comunitaria ed ha rappresentato la conclusione di un processo attraverso il quale l'agricoltura biologica ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dei 15 stati che erano membri dell'ue in quel momento. All inizio il regolamento sul settore biologico regolamentava solo i prodotti vegetali. Ulteriori disposizioni per la produzione di prodotti di origine animale sono state introdotte successivamente. Tali norme includevano l'alimentazione degli animali, la prevenzione delle malattie, le cure veterinarie, la protezione degli animali, l'allevamento del bestiame in generale e l'uso di deiezioni animali. L'uso di organismi geneticamente modificati e di prodotti da essi derivanti era stato espressamente escluso dalla produzione biologica. Allo stesso tempo è stata approvata l'importazione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi i cui criteri di produzione e sistemi di controllo sono stati riconosciuti come equivalenti a quelli dell'unione Europea. Come risultato di questo processo in corso di integrazione e modifica, le disposizioni contenute nel Regolamento (CEE) n. 2092/91 sono diventate molto complesse e vaste. L enorme importanza del Regolamento biologico UE originario è dovuta al fatto che esso ha creato standard minimi comuni per l'intera UE. In questo processo è aumentata la fiducia dei consumatori che hanno potuto acquistare prodotti biologici provenienti da altri Stati Membri con la certezza che questi prodotti soddisfacessero gli stessi requisiti minimi. E stata data facoltà agli Stati Membri e alle organizzazioni private di adottare ulteriori norme più severe. Dal 1 gennaio 2009 sono entrate in vigore le nuove direttive UE relative alla produzione, al controllo e all etichettatura dei prodotti biologici. Tuttavia, alcune delle nuove disposizioni riguardanti l etichettatura entreranno in vigore a decorrere dal 1 luglio Nel mese di giugno 2007 il Consiglio europeo dei ministri dell agricoltura ha approvato un nuovo Regolamento del 7 di 142

8 Consiglio (n. 834/2007) inteso a disciplinare le questioni relative all agricoltura biologica e all etichettatura dei prodotti biologici. Questo nuovo regolamento del Consiglio include gli obiettivi chiaramente definiti, i principi di base e le norme generali per la produzione biologica ed abroga il Regolamento (CEE) 2092/91. Il nuovo quadro normativo si prefigge di avviare un nuovo piano di orientamento per lo sviluppo continuo dell agricoltura biologica al fine di ottenere sistemi colturali sostenibili ed un ampia varietà di prodotti di alta qualità. Nell ambito di questo processo, in futuro sarà data sempre più importanza alla protezione dell ambiente, alla biodiversità e a standard elevati in materia di protezione degli animali. La produzione biologica deve rispettare i sistemi e i cicli naturali. E necessario mirare ad ottenere una produzione sostenibile, per quanto possibile, utilizzando processi produttivi biologici e meccanici, attraverso una produzione legata alla terra ed evitando l impiego di organismi geneticamente modificati (OGM). Nell ambito dell agricoltura biologica i cicli chiusi che si basano su un ricircolo delle risorse interne sono da preferirsi ai cicli aperti che utilizzano input esterni. E auspicabile che l uso delle risorse biologiche esterne si limiti all uso di risorse biologiche provenienti da altre aziende agricole, di materiali naturali o ottenuti con metodi naturali e di fertilizzanti minerali a scarsa solubilità. Solo in circostanze eccezionali e in mancanza di alternative valide è consentito l uso di risorse ottenute per sintesi chimica. Queste sostanze vengono autorizzate ed inserite nelle liste positive dell Allegato al Regolamento della Commissione solo dopo un indagine approfondita da parte della Commissione e degli Stati Membri. Dal momento che l Unione Europea si estende dall estremo nord all Europa meridionale ed orientale, le differenze climatiche locali, culturali o strutturali si potranno compensare con le norme di flessibilità previste. Può essere utilizzata la dicitura biologico per gli alimenti solo se almeno il 95% degli ingredienti agricoli proviene da produzione biologica. Gli ingredienti biologici presenti nei prodotti alimentari non biologici possono essere riportati come biologici nell elenco degli ingredienti, purché tali alimenti siano stati prodotti in conformità alla normativa relativa alla produzione biologica. Sarà inoltre obbligatorio indicare il numero di codice dell Organismo di Controllo al fine di garantire una maggiore trasparenza. Nell ambito della produzione biologica è ancora vietato l uso di organismi geneticamente modificati (OGM) e di prodotti ottenuti con OGM. I prodotti che contengono OGM possono essere etichettati come biologici solo se gli ingredienti contenenti OGM sono stati inclusi nei prodotti involontariamente e se la percentuale di OGM negli ingredienti è inferiore allo 0,9%. 8 di 142

9 Secondo la nuova normativa, i produttori di alimenti biologici confezionati devono utilizzare il logo biologico UE a decorrere dal 1 luglio L utilizzo del logo su eventuali alimenti provenienti da paesi terzi è, tuttavia, facoltativo. A partire dal 1 luglio 2010, qualora si utilizzi il logo biologico UE, sarà obbligatorio indicare il luogo di produzione degli ingredienti agricoli. La distribuzione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi è consentita nel mercato comune solo se sono prodotti e controllati nelle stesse condizioni o in condizioni equivalenti. Il regime di importazione è stato ampliato con la nuova legislazione. In precedenza potevano essere importati solo prodotti biologici provenienti da paesi terzi riconosciuti dall UE o merci la cui produzione era controllata dagli Stati Membri e che avevano ricevuto una licenza d importazione. La procedura per le licenze d importazione sarà in futuro sostituita da un nuovo regime d importazione. Gli organismi di controllo che operano in paesi terzi saranno quindi direttamente autorizzati e monitorati dalla Commissione Europea e dagli Stati Membri. Questa nuova procedura consente alla Commissione europea di controllare e monitorare meglio l'importazione di prodotti biologici e di garantire l integrità del biologico. Inoltre, nella nuova legislazione sono state poste le basi per l accettazione delle norme comunitarie in materia di acquacoltura ed alghe biologiche. Regolamento del Consiglio (CE) n. 834/2007 del 28 giugno 2007 relativo alla produzione biologica e alle modalità di etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il Regolamento (CEE) n. 2092/91. Questo regolamento costituisce il quadro giuridico di riferimento per tutti i livelli di produzione, distribuzione, controllo ed etichettatura dei prodotti biologici che possono essere offerti e commercializzati nell'ue. Esso determina il continuo sviluppo della produzione biologica fornendo obiettivi e principi chiaramente definiti. Le linee guida generali in materia di produzione, controllo ed etichettatura sono state stabilite dal Regolamento del Consiglio e pertanto possono essere modificate soltanto dal Consiglio Europeo dei ministri dell agricoltura. Il precedente Regolamento (CEE) n. 2092/91 è contemporaneamente abrogato. L applicazione della nuova normativa in materia di etichettatura e l uso obbligatorio del logo biologico UE sono stati rinviati al 1 luglio 2010 secondo un emendamento al Regolamento del Consiglio. 9 di 142

10 Nel 2008 sono stati adottati due nuovi regolamenti della Commissione che disciplinano la produzione biologica, l importazione e la distribuzione di prodotti biologici, nonché la loro etichettatura. Regolamento della Commissione (CE) n. 889/2008 del 5 settembre 2008 che riporta le norme dettagliate di produzione, etichettatura e controllo incluso il suo primo emendamento alle norme di produzione per il lievito biologico. Il Reg. CE 889/2008 però non si applica ai seguenti prodotti: a) prodotti dell'acquacoltura; b) alghe marine; c) animali di allevamento di specie diverse da bovini, bufalini, ovini, caprini, suini e avicoli; d) lieviti utilizzati come alimenti o come mangimi. Per questi prodotti occorrerà quindi attendere specifiche norme attuative che sono in corso di preparazione da parte della commissione europea. Tuttavia sempre per questi prodotti, il titolo II, il titolo III e il titolo IV del Reg. CE 889/2008 si applicano mutatis mutandis fino a quando per tali prodotti non vengano adottate norme di produzione specifiche ai sensi del regolamento (CE) n. 834/2007. Questo è coerente con l articolo 42 del Reg. CE 834/2007 stesso che prevede che qualora non siano fissate le norme dettagliate di produzione per talune specie animali, piante acquatiche e microalghe, si applicano le norme in materia di etichettatura e di controllo previste, rispettivamente, all articolo 23 Reg. CE 834/2007 e al titolo V Reg. CE 834/2007. In attesa dell inserimento di norme dettagliate di produzione si applicano norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private, accettate o riconosciute dagli Stati membri. Regolamento della Commissione (CE) n. 1235/2008 dell 8 dicembre 2008 che riporta norme dettagliate in materia di importazione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi. Nel Regolamento della Commissione (CE) n. 889/2008 sono regolamentati tutti i livelli di produzione vegetale ed animale, dalla coltivazione del terreno e dall allevamento di animali alla trasformazione, alla distribuzione e al controllo degli alimenti biologici. Tale Regolamento riporta numerosi dettagli tecnici e rappresenta, per la maggior parte, un ampliamento del Regolamento originale sul settore biologico, tranne che nelle parti in cui questo è stato regolamentato in maniera differente nel Regolamento del Consiglio. 10 di 142

11 Molteplici Allegati sono acclusi al Regolamento della Commissione. Tra questi si possono trovare: Prodotti consentiti in agricoltura biologica, come fertilizzanti, ammendanti del suolo e pesticidi Requisiti minimi delle dimensioni degli alloggi e degli spazi, compresi i pascoli per gli allevamenti biologici, a seconda delle specie animali e delle fasi di sviluppo. Alimenti per animali non-biologici, additivi per mangimi e coadiuvanti tecnologici per la produzione di mangimi composti e premiscele consentiti in agricoltura biologica. Ingredienti non biologici, additivi e coadiuvanti tecnologici consentiti nella produzione di alimenti biologici (compresa la produzione di lievito). Requisiti per il logo comunitario. 11 di 142

12 Campo di applicazione del regolamento Il Regolamento del Consiglio si applica ai seguenti prodotti agricoli, compresa l'acquacoltura e il lievito: Prodotti vivi o non trasformati Alimenti trasformati Alimenti per animali Sementi e materiali di moltiplicazione vegetativa Nel campo di applicazione del presente Regolamento è inclusa anche la raccolta di piante selvatiche e di alghe marine Non sono inclusi nel campo di applicazione: Prodotti provenienti dalla caccia e dalla pesca di animali selvatici. Tra i considerando del Reg. 834/07 è evidenziata, inoltre, la necessità di stabilire un quadro normativo anche per il vino che, fino ad oggi, è stato penalizzato da un importante carenza normativa. In assenza di requisiti specifici per la trasformazione, finora si è potuto riportare in etichetta esclusivamente la dicitura vino ottenuto con uve da agricoltura biologica ; con la nuova normativa, invece, una volta che la Commissione avrà definito i requisiti per il processo di vinificazione, si potrà indicare la dicitura vino biologico. Dal campo di applicazione continua ad essere esclusa la ristorazione collettiva, ma è prevista la possibilità per gli Stati membri di adottare norme nazionali specifiche o, in mancanza di queste, norme private, in tema di etichettatura e controlli in materia. La normativa per le produzioni vegetali Rispetto a quanto stabilito dal Reg. CEE 2092/91, applicato fino al 01/01/09, il Reg. CE 834/2007 ed il successivo Reg. CE 889/2008, in materia di produzioni vegetali, non hanno apportato radicali modifiche. 12 di 142

13 I principi fondamentali dell agricoltura biologica, in materia di produzioni vegetali, erano e restano quelli già enunciati nel Reg. CEE 2092/91. L aggiornamento della legislazione in materia di agricoltura biologica, resosi necessario per le trasformazioni subite nel tempo dal vecchio quadro normativo e per le evoluzioni del mercato e dalla sensibilità dei consumatori, avvenute dal 1991 ad oggi, non comporta certamente, lo sconvolgimento dei criteri di base, sui quali si fonda la produzione vegetale biologica. I concetti di base dell agronomia, la rotazione delle colture, la scelta di specie e varietà adattate e resistenti alle malattie ed ai parassiti, l impiego di sostanza organica di origine aziendale, le operazioni colturali effettuate con tecniche rispettose della struttura del suolo a difesa della fertilità e salvaguardando il terreno dall erosione, l impiego di mezzi tecnici limitato a quelli consentiti dalla normativa stessa, erano alla base del vecchio Reg. CEE 2092/91 e restano come tali, alla base dei nuovi Reg. CE 834/2007 e 889/2008. Le principali differenze che emergono, infatti, dalla lettura dei regolamenti citati, in materia di produzione vegetale, sono riferite ad aspetti di tipo organizzativo e procedurale, introdotte per garantire una maggiore trasparenza fra le operazioni attuate in fase produttiva, le operazioni di controllo e la garanzia verso il consumatore. Di seguito si analizzeranno brevemente gli scostamenti che emergono, in materia di produzione vegetale, fra il vecchio Reg. CEE 2092/91 ed i nuovi Reg. CE 834/2007 e 889/2008. Il primo, e ad una prima lettura, più importante cambiamento apportato dal Reg. CE 834/2007, è citato all articolo 11, dove il primo comma recita L intera azienda agricola è gestita in conformità dei requisiti applicabili alla produzione biologica. Proseguendo però nelle lettura dell articolo, emerge immediatamente che, con modalità che richiamano quanto già enunciato dal Reg. CEE 2092/91, si introducono i criteri secondo i quali un azienda può condurre anche siti di produzione convenzionale. Un importante novità è invece introdotta con il Reg. CE 889/2008 all articolo 45 dove viene concessa la possibilità di utilizzare sementi provenienti da terreni in conversione all agricoltura biologica. Relativamente poi agli aspetti legati alle procedure previste dai regolamenti per permettere agli operatori di ottenere, a fronte di adeguate prove documentali, l abbreviazione del periodo di conversione, il Reg. CE 889/2008 prevede all articolo 36, che sia esclusivamente l autorità 13 di 142

14 competente a rilasciare questa possibilità, così come il piano di conversione nel caso delle produzioni parallele, citate all articolo 40 del Reg. CE 889/2008, deve essere approvato anch esso dall autorità competente. È stata rivista la parte che prevedeva che l organismo di controllo, in molti casi, dovesse riconoscere la necessità dell impiego dei prodotti per la difesa delle piante e la concimazione del terreno, sostituendola con l obbligo da parte dell operatore di produrre e conservare la documentazione comprovante la reale necessità d impiego. La normativa per le produzioni zootecniche Con l entrata in vigore dei Reg. CE 834/2007 e 889/2008, le produzioni zootecniche possono, infatti continuare il loro percorso verso la ricerca di una maggiore conquista del mercato, senza subire stravolgimenti e ostacoli portati dalle nuove prescrizioni comunitarie. Questi regolamenti, pur nel loro articolato intreccio normativo, aggiungono chiarezza a molti aspetti di dubbia interpretazione che caratterizzavano invece il vecchio regolamento 1804/99 che inserì le produzioni zootecniche in biologico a partire dall anno Si tratta di regole più definite e più chiare, frutto dell esperienza nell applicazione di un rigido sistema biologico europeo in una varietà di mondi produttivi così diversa per specie, razza, indirizzo produttivo, tecniche di allevamento, regioni climatiche di tutta Europa. Un vero caleidoscopio zootecnico difficilmente governabile con un regolamento omnicomprensivo. Si è quindi rivisto un sistema che per le sue finalità ha confermato di espletare la duplice funzione sociale di rispondere alle crescenti esigenze di sanità alimentare del consumatore e di tutela dell ambiente nel progresso rurale; sono stati gettati i presupposti affinché i singoli governi possano legiferare e dare sviluppo alla proprie produzioni zootecniche. Da un lato il concetto di flessibilità consente l applicazione di metodiche produttive più consone alle tradizioni ed alle realtà climatiche territoriali che caratterizzano ogni singolo Paese, dall altro il criterio di omogeneità commerciale del mercato europeo, pone le basi per normative nazionali che tendono a favorire la libera circolazione dei prodotti biologici all interno del mercato comune. Sono questi gli elementi di novità su cui ogni singolo Stato può conferire maggiore pregio e visibilità alle proprie produzioni. Le regole base di tali regolamenti toccano i seguenti ambiti. 14 di 142

15 Origine degli animali Sono da preferire le razze rustiche, autoctoni, caratterizzate da adattabilità ambientale, resistenza alle malattie, longevità e produttività; gli animali devono provenire da allevamenti che operino in conformità alle disposizioni in materia di zootecnia biologica, oppure se già presenti in azienda possono essere convertiti. In casi particolari, come la costituzione o il rinnovo del parco animali, in cui non è possibile recuperare un numero sufficiente di capi ottenuti con metodi biologici è possibile utilizzare quelli ottenuti da metodi non biologici previa autorizzazione dell organizzazione di controllo. Nell azienda zootecnica biologica tutti gli animali appartenenti alla stessa specie devono essere allevati secondo il metodo biologico, mentre animali di specie diversa possono essere allevati secondo il metodo convenzionale purché ciò avvenga in un unità nettamente distinta da quella adibita al biologico. Metodi di gestione zootecnica Riproduzione: la riproduzione di animali allevati biologicamente deve basarsi su metodi naturali, è ammessa l inseminazione artificiale ma sono vietate altre forme di riproduzione artificiale o assistita e che prevedono tecniche di ingegneria genetica. Interventi sull anatomia e fisiologia animale: è vietata la pratica sistematica di operazioni mutilanti o costrittive che non abbiano fini terapeutici, solo in alcuni casi l organismo di controllo può autorizzare queste pratiche allo scopo di migliorare la salute o il benessere animale. E consentita la castrazione praticata prima del raggiungimento della maturità sessuale, è vietato, invece, mettere gli occhiali al pollame. Stabulazioni e pascoli: è vietata la stabulazione fissa, ma sono comunque previste deroghe in casi particolari descritti nel regolamento; le condizioni di stabulazione e densità degli animali devono rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche. Trasporto: il trasporto non deve costituire motivo di eccessivo stress per gli animali; è vietato l uso di calmanti allopatici prima o nel corso di questa fase, le operazioni di carico e scarico devono essere fatte con cautela senza l utilizzo di pungoli elettrici. L identificazione degli animali deve essere garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione. Alimentazione L alimentazione è finalizzata ad una produzione di qualità nel rispetto delle esigenze nutritive degli animali nei vari stadi fisiologici. E vietata 15 di 142

16 l alimentazione forzata. Gli animali devono essere nutriti con alimenti biologici, preferibilmente prodotti nell unità produttiva o in altre unità aderenti alle disposizioni in materia di produzioni biologiche. Nella razione possono essere incorporati alimenti in fase di conversione fino ad un limite massimo del 60% se provenienti dalla propria azienda e del 30% se provenienti da altre unità. Nel caso in cui si debba utilizzare alimento non biologico si dovranno produrre all organismo di controllo le garanzie in merito all assenza di organismi geneticamente modificati. E proibito l uso di antibiotici, coccidiostatici, medicinali, stimolanti della crescita o altre sostanze atte a stimolare la crescita o la produzione. Profilassi e cure veterinarie La profilassi si basa soprattutto su misure preventive, nel caso in cui si presentino problemi di salute l animale o gli animali colpiti devono essere curati utilizzando i seguenti gruppi di medicinali: prodotti fitoterapici: (estratti vegetali, esclusi gli antibiotici, essenze.); prodotti omeopatici: (sostanze vegetali, animali, o minerali) o di altro genere purché riconducibili all ambito della medicina dolce; oligoelementi riportati nel regolamento. Se questi dovessero risultare insufficienti è possibile ricorrere ai medicinali allopatici previa comunicazione all organismo di controllo. Possono essere effettuati fino a due trattamenti antiparassitari nell arco dell anno. Deiezioni zootecniche Il limite massimo è di 170 Kg di azoto per ettaro all anno. Lo spandimento delle deiezioni dovrà avvenire preferibilmente su terreni della medesima azienda, ma può essere praticato anche presso altre aziende che applicano il metodo biologico. Lo stoccaggio deve essere effettuato in impianti di capacità tale da garantire la corretta gestione della fertilizzazione e impedire l inquinamento delle acque per scarico diretto, ruscellamento o infiltrazione. Nessuno stravolgimento, quindi, per gli operatori che già applicano il metodo di produzione zootecnico in conformità al Reg. CE 2092/91, ma rimane l auspicio di un cambiamento che consenta maggiore snellezza produttiva e trasparenza delle qualità intrinseche dei prodotti dell allevamento, nel rispetto dei principi che regolano il settore del biologico. 16 di 142

17 La normativa per la produzione per animali d acquacoltura Sono trascorsi 10 anni dalla promulgazione del regolamento CEE 1804/99 con il quale per la prima volta si citava la possibilità di ottenere prodotti dell'acquacoltura biologici. In effetti venivano citati e si dava ad ogni singolo Stato membro la facoltà di approvare specifici disciplinari nazionali e sulla base di questi certificarne le produzioni conformemente al superato regolamento CEE 2092/91. Questo perché la Comunità Europea aveva previsto la possibilità di estenderne il campo d'applicazione ai prodotti dell'acquacoltura ed incoraggiava gli Stati membri a sperimentare le modalità di allevamento e di ottenimento di tali prodotti. Oggi, con il regolamento CE n.710 del 5 agosto 2009 parte ufficialmente il settore dell'acquacoltura biologica. Sarà possibile allevare con tecniche biologiche e certificare l'allevamento di pesci d'acqua dolce, di pesci d'acqua salata, gamberi e altri molluschi, cozze, ostriche e anche alghe. Un settore destinato a crescere: i consumi di pesce aumentano mentre la pesca diminuisce a causa dello sfruttamento non controllato che ha impoverito le risorse naturali dei mari. Il regolamento 710 modifica il regolamento (CE) n. 889/2008 che contiene il quadro di applicazione generale del regolamento sull'agricoltura biologica, il n.834/2007 che ha sostituito il vecchio regolamento n.2092/91. Il regolamento 710 è composto di due articoli e di un allegato, che a sua volta modifica ed integra alcuni allegati del regolamento n.889/2008. Il regolamento 710 sarà applicato a partire dal 1 luglio L'impatto della nuova normativa per l'acquacoltura biologica sul piano produttivo e commerciale, anche se difficile da stimare, sarà sicuramente rilevante, sopratutto nel giro di qualche anno. L'Unione Europea punta decisamente su un'acquacoltura il più possibile sostenibile per rispondere alle esigenze contrastanti della domanda crescente di prodotti ittici da parte dei consumatori e della diminuzione delle risorse naturali della pesca, impoverite da decenni di sfruttamento fuori controllo. Per l'italia, quindi, quello dell'acquacoltura biologica sarà un settore da sostenere e valorizzare, anche per creare nuove imprese e dare nuove fonti di reddito ad allevamenti già esistenti, che potrebbero vedere valorizzata la propria produzione proprio grazie alla certificazione biologica. 17 di 142

18 Il regolamento n.710/2009 affronta tutti gli aspetti dell'allevamento degli animali d'acquacoltura: dall'origine degli animali alle norme di allevamento, dalla riproduzione all'alimentazione, dalle norme specifiche per alcun animali, come i molluschi, agli aspetti della profilassi e dei trattamenti veterinari, un aspetto particolarmente delicato in acquacoltura. L'elenco delle specie che possono essere allevate secondo le regole dell'acquacoltura biologica si trova nel nuovo allegato XIII bis, in cui sono specificati anche i diversi sistemi di produzione ed il coefficiente di densità massimo per ogni tipo di allevamento biologico (espresso in kg/m3). Il coefficiente è ovviamente diverso per le diverse forme di allevamento e per le diverse specie: si va così da 4 kg/m3 per spigole e orate nelle lagune (sezione 4, vedi avanti) ai 25 kg/m3 per la salmotrota e la trota iridea in acque dolci (sezione 1). In altri casi, come per la piscicoltura biologica in acque interne (sezione 6), è indicata la resa di produzione massima, espressa in kg per ettaro all'anno (nello specifico, kg/ettaro all'anno). L'ambiente d'allevamento è concepito in modo che, tenendo conto delle esigenze caratteristiche di ciascuna specie, gli animali d'acquacoltura possano: disporre di spazio sufficiente per il loro benessere; vivere in acque di buona qualità e sufficientemente ossigenate; avere condizioni di temperatura e di luce adatte alle esigenze della specie e all'ubicazione geografica. Nel caso di pesci di acqua dolce, il fondo deve essere il più possibile simile a quello naturale; per la carpa, il fondo deve essere costituito da terra. Per quanto riguarda la gestione degli allevamenti, il regolamento prevede che i pesci siano manipolati il meno possibile, con la massima cura e con l'ausilio di attrezzi e protocolli adatti, per evitare stress e lesioni fisiche che possono verificarsi in occasione delle manipolazioni. Sono fissate norme per regolare l'uso dell'illuminazione artificiale, della ventilazione e dell'ossigeno; la macellazione prevede lo stordimento dell'animale, per renderlo insensibile al dolore. È vietato l'uso di ormoni per favorire la riproduzione. Per l'alimentazione, il regolamento ricorda che i regimi alimentari devono perseguire tre priorità: salute degli animali; buona qualità del prodotto, anche dal punto di vista della composizione nutrizionale che deve conferire un'ottima qualità al prodotto finale commestibile; scarso impatto ambientale. Norme precise vengono fissate anche per la profilassi e per i trattamenti veterinari. Nel regolamento 710/2009 sono previste norme specifiche per l'allevamento dei molluschi e per 18 di 142

19 l'ostricoltura (sezione 6) e per la produzione, la raccolta sostenibile e la coltivazione delle alghe marine Il sistema dei controlli E confermato ed ulteriormente esteso l obbligo di controllo e certificazione per tutti gli attori della filiera; tra i soggetti che devono obbligatoriamente assoggettare la loro attività al sistema di controllo è stata introdotta la figura dei grossisti che svolgono attività di immagazzinaggio o che distribuiscono ed immettono in commercio prodotti bio. Rimane l esenzione dal controllo per gli operatori al dettaglio che vendono prodotti confezionati ed etichettati direttamente al consumatore. Agli Organismi di Controllo è richiesto obbligatoriamente l accreditamento secondo la norma EN 45011, riferimento per la valutazione di competenza e terzietà degli enti di certificazione di prodotto/processo/servizio. L approccio del controllo si deve basare in particolare sull analisi dei rischi, in conformità al sistema ufficiale di controllo vigente nell UE per la generalità delle produzioni agroalimentari. Le ispezioni ed i controlli analitici sono svolti sia per verificare le conformità del processo produttivo che per prevenire o dimostrare eventuali contaminazioni accidentali; le ispezioni devono essere quindi programmate sulla base di una analisi dei rischi, garantendo comunque una verifica completa annuale presso ogni operatore biologico, più eventuali verifiche straordinarie, prevalentemente non annunciate. Il sistema di controllo dovrà tenere in dovuto conto specifici obblighi per la tracciabilità del prodotto biologico lungo tutte le fasi della filiera di produzione e commercializzazione che ogni Stato membro dovrà definire in conformità all art. 18 del Reg. CE 178/02; basta ricordare la necessità (correlata all uso del logo UE) di tracciare l origine UE o non UE di tutte le materie prime lungo la filiera. Con il novo Reg. 834/2007 si introduce il concetto di TASSA: gli operatori che pagano una ragionevole tassa a titolo di contributo alle spese di controllo sono coperti dal sistema di controllo. Inoltre, ai fini dell emissione dei documenti di certificazione potranno essere sfruttati i vantaggi offerti dalla certificazione elettronica (vedi ad esempio firma elettronica dei documenti). Nelle 19 di 142

20 misure d attuazione è proposto un format con le indicazioni minime obbligatorie da riportare in tutti i Certificati di conformità rilasciato dagli Organismi di Controllo autorizzati. Gli Organismi di Controllo che operano in ambito nazionale sono quelli riportati nella tabella sottostante. 1 Ecocert Italia IT-ECO Corso Delle Province, Catania Tel. 095/ Fax 095/ info.ecocert@ecocertitalia.it sito Internet 2 Q.C. & I. International Services IT-QCI Villa Parigini - Località Basciano Monteriggioni (Si) Tel. 0577/ Fax. 0577/ lettera@qci.it sito Internet 3 Consorzio Controllo Prodotti Biologici - CCPB IT-CPB 4 CODEX S.r.l. IT-CDX 5 Istituto Mediterraneo di Certificazione - IMC IT-IMC Via Jacopo Barozzi Bologna Tel Fax ccpb@ccpb.it sito internet Via Duca degli Abruzzi, Scordia (Ct) Tel /716 Fax codex@codexsrl.it sito internet Via C. Pisacane Senigallia (An) Tel / Fax imcert@imcert.it sito Internet 6 Associazione Suolo e Salute IT-ASS Via Abbazia Fano (Ps) Tel. e Fax: 0721/ info@suoloesalute.it sito Internet 7 BIOS IT-BSI Via M. Grappa Marostica (Vi) Tel. 0424/ Fax:0424/ info@certbios.it sito Internet 8 Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale - ICEA IT-ICA Strada Maggiore, Bologna Tel. 051/ Fax 051/ icea@icea.info sito Internet: 9 Bioagricert IT-BAC Via dei Macabraccia, Casalecchio Di Reno (Bo) Tel di 142

21 Fax sito Internet 10 BIOZOO - S.r.l. IT-BZO Via Chironi, Sassari Tel. e Fax : info@biozoo.org 11 ANCCP - S.r.l. IT-ANC 12 SIDEL - S.p.A. IT-SDL BIOZERT - zertifizierung okoligisch erzeutger produkte INAC - International Nutrition and Agricolture Certification (.) IT-BZT IT-INC Via Rombon, Milano Tel Fax anccp@anccp.it Sito Internet: Via Larga, 34/ Bologna Tel Fax sidel@sidelitalia.it Sito Internet: Auf dem Kreuz 58 D UGSBURG Tel. +49(0) Fax +49(0) bayern@biozert.de sito Internet Rudolf-Herzog-Weg 32 D WITZENHAUSEN Tel. +49(0) Fax +49(0) inac@inac-certification.com Internet: 15 IMO - Institut für Marktökologie (.) IT-IMO Paradiesstrasse 13 D KONSTANZ Tel. +49(0) Fax +49(0) office@imo.ch sito Internet 16 QC&I Gesellschaft für kontrolle und zertifizierung von Qualitätssicherungssystemen GMBH IT-QCI Gleuelerstrasse 286 D KÖLN Tel. +49(0) Fax +49(0) sito Internet (.) 17 BKT Bikotirol (.) IT-BKT Whilelm-Greil-Strasse,9 A-6020 Innsbruck Tel. +43(0)5/ Fax +43(0)5/ office@biko.at Sito Internet (.) OdC autorizzati ad operare esclusivamente nella Provincia Autonoma di Bolzano 21 di 142

22 La normativa sulle importazioni Il regolamento di riferimento è il n. 1235/08, applicativo degli artt. 32 e 33 del Reg. CE 834/07. La nuova normativa prevede diverse novità: è introdotta una procedura per il riconoscimento degli Organismi o Autorità di Controllo operanti nei Paesi Terzi, a conclusione della quale la singola organizzazione è in grado di operare in condizioni di parità con gli altri enti europei. Anche questi ultimi, infatti, per poter operare al di fuori dei confini UE dovranno seguire un identico percorso di riconoscimento ed entrare nelle apposite liste, previste dal regolamento, di enti autorizzati ad operare nei diversi Paesi. La valutazione degli organismi di Controllo potrà avvenire sulla base del solito giudizio di equivalenza oppure sulla base della piena conformità alla norma europea. A tutti gli enti è richiesto l accreditamento ai sensi della norma ISO 65, mentre l equivalenza dei disciplinari tecnici è valutata assumendo come livello minimo le Linee guida dell agricoltura biologica del Codex Alimentarius. E presumibile ipotizzare una maggiore facilità negli scambi commerciali con i Paesi extra UE, effetto controbilanciato dall obbligo di indicazione della provenienza delle materie prime in etichetta. In conclusione, la nuova normativa prevede che gli Stati membri possano applicare nel loro territorio norme più rigorose alla produzione biologica vegetale ed animale, purché tali norme siano applicabili anche alla produzione non biologica, siano conformi alla normativa comunitaria e non vietino o limitino la commercializzazione di prodotti biologici prodotti al di fuori del territorio dello Stato membro interessato. 2.2 Il logo biologico della Comunità Europea Il logo biologico europeo e quelli degli altri Stati Membri sono usati per integrare l'etichettatura ed aumentare la visibilità dei cibi e bevande biologiche per i consumatori. Così, i consumatori che comprano i prodotti che portano il logo europeo possono essere certi che: almeno il 95% degli ingredienti sono stati prodotti con metodo biologico; il prodotto è conforme alle regole del piano ufficiale di ispezione; 22 di 142

23 il prodotto proviene direttamente dal produttore o è preparato in una confezione sigillata; il prodotto porta il nome del produttore, l'addetto alla lavorazione o il venditore e il nome del codice dell'organismo di ispezione. L'utilizzo del logo europeo è attualmente facoltativo, ma diventerà obbligatorio dal 1 Gennaio Continuerà ad essere facoltativo per i prodotti importati. Dove è usato il logo comunitario, una volta che la nuova regolamentazione sarà applicata, dovrebbe apparire l'indicazione del luogo dove le materie prime grezze dei prodotti sono state coltivate. Questa indicazione può riportare la dicitura di 'EU', 'non - EU', o il nome di un Paese specifico, in Europa o fuori, dove sono stati coltivati il prodotto o le sue materie prime. Oggi se gli operatori vogliono vendere i loro prodotti in un altro Stato Membro, potrebbero aver bisogno di apporre un altro logo per essere riconoscibili nel nuovo mercato. L'uso del logo biologico europeo può evitare questa ridondanza, offrendo una riconoscibilità in tutta Europa. Per ulteriori e più specifiche considerazioni sul logo comunitario si rimanda al capitolo Analisi del quadro normativo del logo/marchio collettivo nazionale. 23 di 142

24 2.3 L'import-export di prodotti biologici in Italia I dati dell Ismea testimoniano che non solo la produzione, ma anche il consumo di prodotti biologici in Italia è cresciuto rapidamente negli ultimi anni, consentendo un affermazione definitiva delle filiere del biologico nel panorama agroalimentare nazionale, così com è già accaduto nei principali Paesi europei. Le motivazioni di questa espansione sono da ricercare sia in una più incisiva organizzazione dell offerta, sia nella crescita dell interesse dei consumatori, sempre più attenti ai temi della tutela ambientale, della sicurezza alimentare e del benessere animale. Neppure la distribuzione moderna ha sottovalutato la tendenza, tant è che tutte le maggiori catene di supermercati propongono prodotti biologici e hanno lanciato linee specifiche a proprio marchio (fonte: brochure MIPAAF). Tabella 1 - Andamento dei consumi domestici di prodotti biologici confezionati, in Italia nel 2007/2008 (% calcolate sui dati in valore) Variazione. Variazione 2007/2006 I sem 2008/2007 Lattiero caseari +9,2% +5.7% Ortofrutta fresca e trasformata +25,2% +18.4% Biscotti, dolciumi e snack -3,4% -22.2% Bevande analcoliche +19,1% +10.7% Uova +1,6% +5.1% Zucchero, caffè e tè -4,8% -7.0% Prodotti per l infanzia +36,4% +17.6% Oli +4,4% -2.7% Pasta e riso +13,0% +32.0% Miele +4,8% +5.3% Pane e sostituti -3,1% +32.4% Gelati e surgelati +13,7% +4.9% Condimenti +30,2% +15.4% 24 di 142

25 Variazione. 2007/2006 Variazione I sem 2008/2007 Salumi e elaborati carne +21,7% -17.3% Bevande alcoliche +25,6% - Prodotti dietetici -12,3% +31.1% Altri +5,7% +24.9% Totale prodotti biologici +10,2% +6.0% Fonte: Ismea/Nielsen Riguardo alla distribuzione territoriale, i dati del 2008 confermano la forte concentrazione degli acquisti di prodotti biologici nelle regioni settentrionali, con percentuali del 44,1% nel Nord-Ovest e del 27,2% nel Nord-Est. Un altro 19,7% fa riferimento alle regioni centrali, inclusa la Sardegna, mentre il Mezzogiorno copre il restante 9% di quota. In termini assoluti la crescita più sostenuta, rispetto al 2007, si è registrata al Centro-Sud, in particolare nel Mezzogiorno (+12,3%) e in misura minore nel Centro e Sardegna (+8,5%). In aumento i consumi bio anche nelle regioni del Nord- Ovest (+6,8%), a fronte di una flessione dello 0,8% registrata nel Nord Est. La ripartizione dei dati per canale distributivo (la rilevazione Ismea non include i negozi specializzati) rivela una crescita della spesa di oltre il 5% presso gli iper ed i supermercati. Più rilevante l'aumento registrato nei negozi tradizionali (+17,3%) e negli hard discount (+45,9%), canali che rivestono un ruolo comunque limitato nel biologico, mentre si riduce del 25% la spesa nelle superette. Nella lista dei prodotti bio più acquistati dalle famiglie italiane figurano in testa le uova, seguite da latte fresco e yogurt. L'elenco prosegue con bevande alla soia, omogeneizzati, succhi di frutta, oli di oliva e pasta di semola. Dall indagine emerge,inoltre, che il gruppo dei primi dieci, che include anche miele e cereali preparati, copre nel complesso quasi la metà della spesa bio di prodotti confezionati, con i primi cinque che insieme raggiungono un'incidenza pari al 32%. 25 di 142

26 Inoltre non va trascurata la componente extradomestica dei consumi di prodotti biologici: si stima, infatti, che ogni giorno circa un milione di bambini nelle scuole italiane mangino biologico (cfr. par. biomense ). Anche la ristorazione commerciale biologica è in crescita: prodotti biologici si trovano nei ristoranti più qualificati e attenti alla qualità. 2.4 Le Biomense Verso la metà degli anni 80, con l aumento delle produzioni biologiche e la crescita della sensibilità ambientale e salutistica, le esperienze dell utilizzo dei prodotti biologici nelle mense scolastiche si sono moltiplicate. La ristorazione scolastica è diventata così un'importante protagonista, sul piano nutrizionale, della salute e del benessere dei più piccoli : l'alimentazione nella prima infanzia è infatti particolarmente importante perché sono proprio i bambini in età prescolare e scolare i soggetti più vulnerabili dal punto di vista della salute ed i più esposti ai potenziali rischi derivanti da una scorretta alimentazione (obesità, arteriosclerosi, ipertensione, diabete, allergie, residui di prodotti chimici, ecc.). Agli inizi degli anni '90 si sono mossi i primi passi verso l'introduzione, nelle mense scolastiche, dei prodotti biologici inseriti in un progetto di educazione alimentare che aveva, ed ha tuttora, un modello alimentare biomediterraneo. Oggi i pasti biologici sono sempre più apprezzati nelle mense scolastiche italiane e negli ospedali tanto da essere cresciuti del 700% negli ultimi dieci anni. Attualmente nel nostro Paese ci sono 791 mense scolastiche che usano prodotti di qualità, locali e biologici. Le prime cinque Regioni per ristorazione bio (Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto e Friuli) rappresentano, da sole, il 65% del totale. Al Sud, dunque, meno del 10% delle mense bio. Casi virtuosi ci sono anche tra gli ospedali: al Cardinal Massaia di Asti, da quando vengono servite pietanze bio, si sono ridotti i tempi di degenza dei pazienti, che costano all ospedale 500 euro al giorno cadauno. Tra le Regioni con più mense bio il primato spetta all Emilia Romagna con 133 biomense, seguita da Lombardia (105), Toscana (77), Veneto (71) e Friuli-Venezia Giulia (67). In queste Regioni si concentra il 70% delle biomense. 26 di 142

27 Dal rapporto tra pasti serviti e popolazione risulta vincitrice la provincia di Firenze con pasti biologici ogni abitanti. Seguono Roma, Milano, Torino, Livorno, Bologna, Modena, La Spezia, Trieste e Ravenna (3.100 pasti). Quanto alle mense scolastiche biologiche, si è passati dalle 69 del 1996 alle 683 rilevate al 31 dicembre 2007 e dagli 896 mila pasti biologici giornalieri del 2006 ai 924 mila nel 2007 per un totale di pasti biologici che su base annua sfiora i 185 milioni. L Emilia Romagna continua a guidare questa classifica, seguono la Lombardia e la Toscana. In Italia aumentano dunque le mense scolastiche che servono pasti biologici agli studenti, occorre però collegare la fornitura di prodotti biologici al territorio, dando la preferenza ai prodotti (e quindi ai produttori) biologici locali, affinché il cerchio che si apre con l introduzione del biologico nelle mense ed in quelle scolastiche in particolare diventi il più possibile virtuoso (filiera corta). In tal modo non si perde il patrimonio storico-culturale e di sapori della tradizione gastronomica locale e si favorisce l economia del posto. Elaborazioni di dati su base provinciale in relazione al numero di abitanti hanno affermato la provincia di Gorizia, quella con la maggior concentrazione di mense biologiche, con 8 mense bio ogni 100 mila abitanti, seguita da Udine, Pordenone, Forlì-Cesena, Trento, Siena, Modena, Bologna, La Spezia ed Ascoli Piceno. L importanza di una corretta alimentazione per la salute ed il benessere psico-fisico è stata avvertita dall opinione pubblica con anticipo sulla comunità scientifica e sulle istituzioni. In questi ultimi anni genitori, insegnanti e pubbliche amministrazioni sensibili a questo cambiamento si sono mobilitati nel proporre e realizzare nelle scuole progetti di educazione alimentare per stimolare la riscoperta di gusti ormai dimenticati e una dieta sana ed equilibrata. Il coinvolgimento degli enti locali e la consapevolezza degli utenti ha favorito l introduzione di prodotti biologici nei menù delle refezioni scolastiche e degli ospedali, molto meno in quelli delle mense aziendali forse per i costi più elevati del biologico. Inoltre, quando si parla di infanzia, di sana alimentazione è qualcosa di più che una raccomandazione o uno stile di vita. È un obbligo : una legge del 2000 prevede come già visto che le Istituzioni Pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere devono usare non solo prodotti biologici, ma anche Ogm free e prodotti DOC. Esiste anche un preciso obbligo di legge 27 di 142

28 per cui fino a 36 mesi di età i prodotti alimentari destinati all infanzia devono essere a residuo chimico zero. È stato così proposto il menù mediterraneo, caratterizzato in ogni regione dall utilizzo di prodotti tipici locali provenienti da agricoltura biologica. Lo scopo è quello di coniugare tradizione con innovazione. Molto diversificato l approccio e l impegno nelle varie realtà scolastiche: Alcune scuole propongono l intero menù bio Altre scuole propongono solo alcuni prodotti bio : frutta, verdura Altre scuole propongono una sola portata bio : formaggi Alcune scuole optano per il menù interamente bio un solo giorno/settimana (Comune di Bologna) Altre scuole privilegiano il quotidiano con un solo alimento: la frutta La scelta del biologico è importante perché educa i bambini a scoprire ed imprimere nella memoria il sapore genuino degli alimenti. In tal modo danno esempio ai grandi ed alla comunità. Educare al biologico ha una portata più ampia del puro risvolto commerciale, che resta comunque molto significativo per lo sviluppo del settore. Inoltre educa i bambini a cercare da adulti alimenti in cui la tecnologia alimentare non abbia modificato (o lo abbia fatto in modesta quantità) i principali aspetti nutritivi di un alimento. 2.5 Il Programma di azione nazionale per l agricoltura e i prodotti biologici Con l obiettivo generale di rafforzare e qualificare il settore agroalimentare biologico, durante il semestre di presidenza italiana il Consiglio dell Unione europea ha presentato il Piano di azione europeo per l agricoltura e gli alimenti biologici, che fissa le linee guida per l elaborazione dei diversi piani nazionali. L Italia ha realizzato un Programma di azione nazionale per l agricoltura e i prodotti biologici per l anno 2005/2007 che è stato finanziato con fondi previsti nelle leggi finanziarie dei rispettivi anni. Anche per i prossimi anni sono previsti specifici interventi, con relativa disponibilità 28 di 142

29 finanziaria, per favorire lo sviluppo dell agricoltura biologica nel nostro Paese. Gli assi strategici che sono stati individuati intervengono sui seguenti temi: Asse 1) Penetrazione sui mercati mondiali. L asse intende supportare la partecipazione attiva di istituzioni e rappresentanze di settore negli ambiti internazionali ove si compiono le scelte strategiche del settore. Sono previste anche iniziative di promozione commerciale nei mercati internazionali, che favoriscano la partecipazione italiana alle manifestazioni internazionali. Asse 2) Organizzazione di filiera e commerciale. L asse prevede interventi specifici per una migliore strutturazione della filiera commerciale ed un supporto alle imprese in termini di programmi di ricerca applicata su temi di specifico interesse (piano sementiero ed altro). Asse 3) Aumento della domanda interna e comunicazione istituzionale. Nell ambito delle attività è stata finanziata la realizzazione degli Stati generali del bio nel corso dei quali, con il coinvolgimento diretto di tutti gli stakeholder del settore, vengono analizzate le prospettive di mercato e l evoluzione delle politiche pubbliche per il comparto. Altro evento che si è avvalso del contributo del programma è stato il Congresso mondiale Ifoam svoltosi a Modena nel giugno 08. Asse 4) Rafforzamento del sistema istituzionale e dei servizi. L asse prevede interventi mirati al rafforzamento del sistema di servizi forniti dalla pubblica amministrazione. Sono previste azioni per il miglioramento della gestione delle informazioni e dei dati del settore. 29 di 142

30 3 Analisi critica delle politiche di valorizzazione e differenziazione dei prodotti biologici in alcuni Paesi dell Unione Europea L obiettivo della presente sezione è quello di offrire uno strumento conoscitivo delle iniziative di valorizzazione delle produzioni biologiche realizzate ante Reg.CE n.834/2007 in ambito europeo, attuate al fine di accrescere la visibilità del settore stesso. L indagine ha permesso di comparare i diversi strumenti adottati dai Paesi europei, analizzando i vantaggi e/o svantaggi derivanti dall adozione degli stessi e trarre spunti, indicazioni ed idee per l attuazione di uno strumento di valorizzazione da utilizzare anche in un contesto nazionale. 3.1 Breve panoramica dei marchi europei In quest ultimi anni si sono fatte più consistenti le richieste di una politica di valorizzazione dei prodotti biologici da parte dell intera rosa di portatori di interesse (organismi professionali e associazioni di produttori, trasformatori e distributori, consumatori, etc) che chiedono una maggiore attenzione nei confronti del mondo del biologico. L idea di base è stata quella di frenare la tendenza di standardizzare l immagine del biologico e puntare sulla qualità del prodotto con il fine di offrire al consumatore dei prodotti le cui materie prime siano rintracciabili e di cui venissero valorizzate le aree geografiche di provenienza. Tale orientamento trova conferma in quanto già realizzato, ormai da anni, in altri paesi dell Unione Europea e precisamente in: Francia, Germania, Austria, Svezia, Olanda, Spagna, Svezia, Finlandia, Danimarca e Belgio (tabella seguente). In questi paesi sono stati istituiti marchi biologici, pubblici o privati, nazionali o regionali, con l obiettivo di fornire maggiore visibilità ai prodotti biologici sul mercato e con l intento di garantire una maggiore qualità. 30 di 142

31 Tabella 2 - Paesi e nome dei marchi presenti nell Unione Europea Paese dell Unione Europea Nome del marchio. Francia Germania Austria Svezia Olanda Spagna Finlandia Danimarca Belgio AB Biosiegel Bio-Zeichen KRAV Eko Marchi regionali LUOMU Ø Label: Stats Kontrolleret Økologisk Biogarantie Per ciò che riguarda la tipologia, 5 di questi marchi sono pubblici,mentre gli altri 4 sono privati. I marchi pubblici sono: il marchio francese AB, il marchio tedesco Biosiegel, il marchio austriaco Bio- Zeichen, il marchio danese Ø Stats Kontrolleret Økologisk ed i marchi spagnoli. L obiettivo di questa specifica sezione è proprio quello di analizzare i marchi istituiti negli altri Paesi UE e capire se l istituzione di questi marchi nazionali abbia veramente garantito una migliore visibilità del prodotto ma soprattutto se abbia realmente assicurato una maggiore qualità al consumatore. Considerato l oggetto dello studio, saranno presi in esame solo i Marchi Biologici Nazionali (o Regionali), ovvero pubblici, tralasciando nella trattazione l analisi dei marchi biologici privati. 31 di 142

32 3.2 I marchi biologici nazionali esteri IL BIO SIEGEL TEDESCO In Germania il logo volontario Bio-Siegel (vedere a sinistra) è stato istituito dalla legge nazionale sull etichettatura dei prodotti biologici (ÖkoKennzG) del 10 dicembre 2001, che prevede sanzioni penali e amministrative in caso di utilizzo illecito. I requisiti tecnici per poter utilizzare il Bio-Siegel fissati nella successiva ordinanza d attuazione (ÖkoKennzV) del 6 febbraio 2002, sono semplicemente la conformità alla normativa europea in materia di agricoltura biologica (all epoca il Regolamento CEE n.2092/91, successive modifiche e integrazioni, attualmente il Regolamento CE n.834/2007) e la previa notifica al ministero. (Bundesministerium für Ernährung, Landwirtschaft und Verbraucherschutz); non è richiesta nè la sede nè una stabile organizzazione in Germania. Un azienda biologica italiana inserita nel sistema di controllo di un qualsiasi organismo nazionale di controllo può utilizzare il Bio-Siegel, che non è un marchio di origine, ma un logo di conformità; può essere liberamente utilizzato anche da un operatore di un Paese terzo in regime di equivalenza o anche non in regime di equivalenza, purché sottoposto ai controlli in conformità alla normativa europea. Al 31 luglio 2009 utilizzavano il Bio-Siegel aziende su prodotti. La base giuridica del logo biologico tedesco (Bio-Siegel) è il decreto sull etichettatura degli alimenti biologici (ÖkoKennzG) del 10 dicembre 2001 che prevede, tra l altro, il quadro sanzionatorio (amministrativo e penale) in caso di usurpazione. 32 di 142

33 I criteri di qualità per l'utilizzo del Bio-Siegel sono la conformità al Reg. (CEE) n.2092/91 prima e al Reg. CE n.834/2007 ora. Possono utilizzare il Bio Siegel tutti i prodotti agricoli allo stato naturale o trasformati a uso alimentare ottenuti in conformità alle norme tecniche e al regime di controllo previsti dal regolamento comunitario e che possono recare il logo europeo. Sono quindi esclusi dal Bio Siegel il vino (mancando il relativo quadro comunitario), i cosmetici e i farmaci, i prodotti alimentari arricchiti con vitamine e sali minerali, i mangimi e i prodotti in conversione, mentre sono compresi tutti i prodotti agricoli a uso alimentare conformi, siano essi di origine tedesca, comunitaria o extra-comunitaria. Le caratteristiche grafiche del marchio e il manuale grafico sono precisati nel decreto sull etichettatura dei prodotti biologici (ÖkoKennzV) del 6 febbraio 2002, modificato con decreto del 30 novembre 2005 e, da ultimo, con decreto del 20 gennaio Il fascicolo How to Use the Bio- Siegel: Ten Questions and Answers realizzato dal Bio-Siegel Information Centre ( precisa 4. I prodotti importati possono essere etichettati con il Bio-Siegel? Sì, si possono etichettare con il Bio-Siegel tutti i prodotti importati che siano stati prodotti e controllati in conformità al regolamento UE sull'agricoltura biologica se almeno il 95% degli ingredienti proviene da produzione biologica. Ciò comprende i prodotti da agricoltura biologica all'interno dell'unione europea, nonché quelli provenienti da paesi non UE (Paesi terzi) per le quali esistono disposizioni particolari. L'Agenzia federale per l'agricoltura e l'alimentazione (BLE) è l'autorità competente per il rilascio dell autorizzazione necessaria per la commercializzazione di prodotti importati da paesi terzi ai sensi dell'articolo 11 del regolamento UE sull'agricoltura biologica. 5. L'utilizzo del Bio-Siegel comporta costi? Non vi è nessun obbligo né alcun costo per l'utilizzo del Bio-Siegel. È anche facile e non-burocratico, un ulteriore vantaggio per chi vuole usarlo. 33 di 142

34 6. Dobbiamo informare le autorità prima dell'uso del logo? Secondo il decreto sul logo biologico, gli utenti del Bio-Siegel devono effettuare la notifica al Bio-Siegel Information Centre prima dell'utilizzazione dell'etichetta. Gli operatori di mercato che desiderano utilizzare il Bio-Siegel devono comunicare la loro intenzione al e presentare una sola etichetta per ogni prodotto come campione. Il modulo di notifica compilato può essere inviato al Bio-Siegel Information Centre via fax, per posta di superficie o . È possibile anche la registrazione ondine a pagina Una volta che si sia registrato, l operatore riceverà i dati di accesso via e potrà aggiornare le voci o aggiungere prodotti che intenda etichettare con il Bio-Siegel. I punti vendita che commercializzino al dettaglio prodotti recanti il Bio-Siegel non sono tenuti ad alcuna registrazione, purché non etichettino né preparino i prodotti (o salvo che non siano operatori controllati). 34 di 142

35 IL TESTO DEL DECRETO SUL BIO-SIEGEL TEDESCO Gesetz zur Einführung und Verwendung eines Kennzeichens für Erzeugnisse des ökologischen Landbaus Öko-Kennzeichengesetz nella versione pubblicata il 20 gennaio 2009 (BGBl. I S. 78) 1 Etichettatura biologica (1) Con il logo di cui all articolo 2 paragrafo 2 dell ordinanza Öko-Kennzeichen possono essere immessi sul mercato: 1. un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 2, comma 1 o 3 del regolamento (CE) n. 834/2007 del 28 Giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio (Gazzetta ufficiale n. L 189, p. 1), se sono soddisfatte le condizioni per l'uso di termini che riguardano la produzione biologica ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 2, comma 1 o al paragrafo 4, comma 1, lettera a, in ogni caso in relazione al paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 834/2007; 2. un prodotto di imprese commerciali e strutture di ristorazione della Comunità ai sensi dell'articolo 2, lettera a bis del regolamento (CE) n. 834/2007, se se sono soddisfatte le condizioni per l'uso di termini che si riferiscono alla produzione biologica ai sensi del comma 6, paragrafo 3, in combinato disposto con il paragrafo 4, della legge biologica Öko-Landbaugesetzes. (2) Sono vietati 1. ogni uso del logo biologico diverso da quelli di cui al paragrafo 1, 2. l uso del logo biologico su un prodotto o un altro oggetto in modo improprio o tale da indurre in errore circa la natura del prodotto, la sua composizione o altre caratteristiche del prodotto contrassegnato. (3) Rimangono impregiudicate altre disposizioni relative all etichettatura e all apposizione di marchi su sementi, mangimi o alimenti. 35 di 142

36 2 Competenze (1) Il Ministero federale dell'alimentazione, dell'agricoltura e della tutela dei consumatori è autorizzato a determinare con proprio decreto, con il consenso del Bundesrat (ndr: il Bundesrat è un organo legislativo della Repubblica federale di Germania composto da rappresentanti dei Länder, una sorta di Camera delle Regioni) le caratteristiche del disciplinare del logo biologico nella misura necessaria a garantire un identificazione univoca e un chiaro riconoscimento dei prodotti. (2) Il Ministero federale dell'alimentazione, dell'agricoltura e tutela dei consumatori è autorizzato a emanare decreti, senza il consenso del Bundesrat, in relazione a: 1. la progettazione del logotipo del logo di qualità, 2. disciplinare l uso del logo tramite l'agenzia federale per l'agricoltura e l'alimentazione In un decreto ai sensi dei paragrafi 1 e 2, l'agenzia federale per l'agricoltura e l'alimentazione può affidare incarichi a una persona di diritto privato competente, indipendente e affidabile. (3) Il Ministero federale dell'alimentazione, dell'agricoltura e tutela dei consumatori è autorizzato, a emanare decreti senza il consenso del Bundesrat 1. per adeguare la normativa vigente con i pertinenti riferimenti alle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007, nella misura in cui è necessario adattarla ai cambiamenti intervenuti, 2. per abrogare le disposizioni della presente legge o per adeguare la loro formulazione nel rispetto delle normative comunitarie divenute inapplicabili. 3 Sanzioni A tutti coloro che 1. immettono un prodotto sul mercato in violazione a quanto previsto al 1, paragrafo 1 o 2, n. 1, in combinato disposto con la legge ai sensi del 2, paragrafo 2 frase 1, n. 1, o 2. immettono un prodotto sul mercato in violazione a quanto previsto al 1 comma 2 n. 2, sarà applicata una sanzione amministrativa o la reclusione fino a un anno. 4 Disposizioni sanzionatorie (1) Gli atti in contrasto con quanto previsto al 3 sono puniti con la sanzione amministrativa (2) Costituisce reato la contravvenzione intenzionale o per negligenza a quanto previsto al 2, paragrafo 1 o 2, comma 1 n. 2 o a un titolo esecutivo sulla base di un'ordinanza riferita a un evento specifico. 36 di 142

37 (3) Il reato può essere punito con una sanzione fino a trentamila euro. 5 Confisca In caso di reato ai sensi del 3 o di infrazione ai sensi del 4, può essere disposta la confisca 1. Dei beni per i quali si configura il reato o l infrazione, e 2. Dei beni che sono stati utilizzati per la loro preparazione o per la Commissione del reato o dell infrazione. Si applicare in questo caso il 74a del Codice penale e il 23 della legge criminale. 37 di 142

38 3.2.2 IL MARCHIO AB FRANCESE Il logo volontario francese AB (vedere a sinistra), di proprietà del ministero dell Agricoltura, dell Alimentazione, della Pesca (Ministère de l'alimentation, de l'agriculture et de la Pêche) è stato regolamentato il 21 dicembre 2004 ed è affidato dal 1 gennaio 2008 alla gestione di Agence Bio, Agence française pour le développement et la promotion de l Agriculture Biologique. Il suo meccanismo è analogo a quello del Bio-Siegel tedesco: «La marque "AB" à des fins de certification (...) a pour objet d'identifier par son utilisation qu un produit agricole ou une denrée alimentaire biologique, conformément à la réglementation communautaire (règlement (CE) n 834/2007 modifié du Conseil et ses règlements d application) et française en vigueur, est certifié par un organisme ou une autorité publique chargé du contrôle conformément à ses mêmes réglementations». Può richiederne la concessione qualsiasi operatore francese, comunitario, extra-comunitario in regime di equivalenza o meno, a condizione che la produzione sia conforme alla normativa europea di settore: «L'utilisation de la marque "AB" à des fins de certification sur l'étiquetage des produits d'origine agricole ou des denrées alimentaires est soumise à une procédure de demande d utilisation. Elle est réservée aux opérateurs qui ont notifié leur activité dans le pays où celle-ci est exercée auprès de l'organisme habilité à recevoir les notifications et ont soumis leur entreprise au contrôle d'un organisme ou d'une autorité publique chargé du contrôle dans l Union européenne conformément aux articles 27, 28 et 35 du règlement CE 834/2007 ou à celui d'un organisme ou d'une autorité publique chargé du contrôle dans les Pays tiers conformément aux articles 32 et 33 du règlement CE 834/2007 et règlements associés». 38 di 142

39 IL TESTO DEL REGOLAMENTO DEL MARCHIO AB REGLES D USAGE DE LA MARQUE "AB" Articolo 1 - OGGETTO Il marchio "AB" può essere utilizzato per la certificazione di prodotto e/o la comunicazione. Il marchio "AB" per la certificazione, il cui logo è descritto e riprodotto nell allegato 1, è destinato a identificare col suo utilizzo un prodotto agricolo o un genere alimentare biologico, secondo la normativa comunitaria (regolamento (CE) n. 834/2007, come modificato dal Consiglio e dei suoi regolamenti attuativi) e francese in vigore, è certificato da un organismo o un'autorità pubblica competente per il controllo secondo lo stesso regolamento. Il marchio "AB" per scopi di comunicazione, il cui logo è descritto e riprodotto all'allegato 2, è destinato alla comunicazione e a contribuire all informazione dei consumatori in materia di agricoltura biologica Articolo 2 - STATUS GIURIDICO Il marchio "AB" per la certificazione di prodotto è una marchio collettivo di certificazione è disciplinato dall articolo L715 del Codice della Proprietà Intellettuale. Il marchio "AB" ai fini della comunicazione è soggetto alla stessa protezione. Articolo 3 - PROPRIETA DEL MARCHIO Il marchio "AB" è di esclusiva proprietà del Ministero dell'agricoltura e della Pesca in virtù del deposito come marchio collettivo di certificazione effettuato a suo nome presso l'inpi per la Francia, di un deposito comunitario, di un deposito internazionale presso l'ompi e dei depositi ove la sua protezione sia necessaria. Il marchio "AB" corrisponde al marchio previsto ai sensi dell'articolo L , titolo IV del libro VI del codice rurale. Il marchio "AB" è incedibile e insequestrabile ai sensi dell'articolo L del Codice della proprietà intellettuale. Articolo 4 - GESTIONE DEL MARCHIO Il marchio "AB" per la certificazione. L'organismo o l'autorità di controllo che ha certificato il prodotto assicura il rispetto delle presenti regole d'uso 39 di 142

40 La gestione del marchio "AB" ai fini della comunicazione è assicurata da parte dell'agenzia francese per lo sviluppo e la promozione dell'agricoltura biologica (Agence BIO) alle condizioni prescritti da una convenzione tra il Ministero dell'agricoltura e della Pesca Agenzia e Agence BIO. Articolo 5 - CONDIZIONI DI UTILIZZO L'uso del marchio "AB" per la certificazione dei prodotti è consentito alle condizioni stabilite dalle presenti regole di condotta alle persone fisiche o giuridiche, titolari di un diritto d'uso; esse s impegnano formalmente a rispettare tali condizioni. Possono applicare il marchio "AB" per la certificazione sull'etichetta dei prodotti agricoli o dei prodotti alimentari conformi ai requisiti di cui all'articolo 6, le persone che hanno fatto una richiesta d uso in conformità della procedura di cui al seguente articolo 7 e ottenuto la corrispondente autorizzazione. Qualsiasi uso del marchio "AB" ai fini della comunicazione su mezzi di comunicazione e d informazione è soggetto a una procedura di autorizzazione di cui all'articolo 8. Articolo 6 - CAMPO DI APPLICAZIONE 6.1. Il marchio "AB" per la certificazione dei seguenti prodotti: - Prodotti agricoli, - Alimenti che contengono almeno il 95% di ingredienti agricoli biologici - Mangimi per animali da reddito, - Cibo per animali da compagnia può essere utilizzato nell etichettatura dei prodotti certificati come biologici se sono conformi alle disposizioni in vigore previste dai Regolamenti comunitari e/o dalle specifiche previste dalla legge francese, in particolare in relazione alle operazioni di produzione, preparazione, etichettatura e controllo delle importazioni. Una circolare del Ministero dell'agricoltura e della Pesca specifica i prodotti autorizzati ai sensi del comma 1, in funzione delle normative comunitarie o nazionali Il marchio "AB" per fini di comunicazione può essere usato in relazione con una attività o con i prodotti di cui al punto 6.1. del presente articolo. 40 di 142

41 Articolo 7 - PROCEDURA PER LA DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE ALL'USO DEL MARCHIO "AB" AI FINI DELLA CERTIFICAZIONE L'uso del marchio "AB" per la certificazione sulla etichettatura dei prodotti agricoli o alimentari è soggetto ad una domanda di utilizzo. Esso è riservato agli operatori che hanno notificato la loro attività nel Paese in cui si è svolta all'agenzia autorizzata a ricevere la notifica e che hanno assoggettato la loro attività al controllo di un organismo o un'autorità pubblica competente per il controllo nell'unione europea ai sensi degli articoli 27, 28 e 35 del Regolamento CE 834/2007 o a quella di un organismo o un autorità pubblica responsabile dei controlli in un Paese terzo in conformità agli articoli 32 e 33 del regolamento CE 834/2007 e dei regolamenti associati. Questa richiesta è presentata utilizzando il documento di cui all'allegato 4 del presente regolamento o un documento predisposto dall organismo di controllo dell operatore. L'operatore deve presentare detta richiesta sottoscritta all'organismo che ha controllato il prodotto agricolo o alimentare sul quale potrà essere applicato il marchio "AB" per la certificazione. L'operatore non può utilizzare il marchi, senza autorizzazione scritta da parte dell'autorità o dell'organismo di controllo. L'autorità o l'organismo di controllo è tenuta a verificare in qualsiasi momento che l'uso del marchio "AB" per i prodotti indicati nella domanda sia conforme alle presenti regole di utilizzo. Qualsiasi cambiamento delle condizioni di utilizzo del marchio (nuova etichetta, nuovi imballaggi, modifica della dimensione del logo, ecc.) può essere effettuato solo dopo richiesta di autorizzazione all'autorità o all organismo di controllo e dopo l'accettazione della richiesta da parte di quest'ultimo. Articolo 8 - USO DEL MARCHIO "AB" AI FINI DELLA COMUNICAZIONE SU MEZZI DI COMUNICAZIONE E D INFORMAZIONE L'uso del marchio "AB" per scopi di comunicazione è soggetta alla previa approvazione di Agence BIO. Sono oggetto tale approvazione preventiva le persone, fisiche o giuridiche, che desiderano utilizzare il marchio "AB" per fini di comunicazione per tutti gli usi diversi da quelli di cui all'articolo 7. Essi devono inviare la loro richiesta di autorizzazione all uso ad Agence BIO. 41 di 142

42 La domanda è presentata utilizzando il documento contenuto nell'allegato 5 del presente regolamento per l'uso o un documento equivalente predisposto da Agence BIO e deve essere accompagnata da un esecutivo completo dell'uso del marchio "AB" ai fini della comunicazione. Articolo 9 - SANZIONI L'uso del marchio "AB" per la certificazione e/o la comunicazione senza la preventiva autorizzazione dell organismo o dell autorità di controllo o del gestore del marchio è severamente proibito. Ogni inadempienza da parte dei titolari di un diritto di utilizzare il marchio "AB" alle presenti regole d uso e qualsiasi utilizzo del marchio "AB" non conforme alle presenti regole d'uso e alle disposizioni previste nella normativa vigente regolamenti è soggetta alle seguenti sanzioni, senza pregiudizio di azioni penali e civili: - Richiesta di azioni correttive entro un determinato periodo; - Sospensione del diritto di utilizzare fino alla messa in conformità; - Sospensione del diritto di uso; - Divieto di utilizzo per un periodo determinato dall'organismo di controllo, dall'autorità di controllo o da Agence BIO. Prima del ritiro, il soggetto viene invitato a fornire le proprie argomentazioni, secondo il caso, all organismo di controllo, all'autorità o ad Agence BIO nel termine da questi determinato.. I dettagli di tali sanzioni sono indicati agli allegati 3-1 e 3-2. Articolo 10 - MODIFICA E APPROVAZIONE DA PARTE DEL MINISTERO DELL AGRICOLTURA E DELLA PESCA Queste regole d'uso sono approvati dal Ministro dell'agricoltura e della Pesca, previa consultazione con il Comitato Nazionale per l'agricoltura Biologica dell'istituto Nazionale di origine e qualità (INAO) Le procedure per le modifiche a queste regole di utilizzo s effettueranno con la stessa procedura. Articolo 11 ENTRATA IN VIGORE Queste regole di utilizzo del marchio "AB" entreranno in vigore il 1 gennaio Fatto a Parigi, 24 dicembre 2008 Per il ministro dell'agricoltura e della Pesca Il direttore generale delle politiche agricole, agroalimentari e rurali Jean-Marie AURAND 42 di 142

43 3.2.3 L AMA BIOZEICHEN AUSTRIACO Istituito nel 1995 (prima dell accesso dell Austria alla Ue, che risale al 1996) dal ministero dell Agricoltura è un logo facoltativo concesso solo ai prodotti alimentari biologici, che può essere affiancato ad altri marchi (dell organismo di controllo o di conformità a standard privati, come quello Demeter) E gestito dall Agrarmarkt Austria Marketing GmbH, società operativa controllata al 100% dalla persona giuridica di diritto pubblico «Agrarmarkt Austria» costituita nel 1992 con la Bundesgesetz über die Errichtung der Marktordnungsstelle «Agrarmarkt Austria» (legge federale sulla creazione dell organismo regolatore del mercato «Agrarmarkt Austria», BGBl. 376/1992). Agrarmarkt Austria tra gli altri incarichi- riscuote dagli agricoltori i contributi per il marketing agro-alimentare e li destina alla realizzazione di misure di promozione all estero; ha competenza su diversi programmi di garanzia della qualità, per i quali gestisce specifici marchi, tra cui il Bio Zeichen. Il logo esiste in due versioni, una senza indicazione dell origine, in bianco e nero (utilizzato per prodotti composti da materie prime prodotte in più Paesi o con almeno il 30% di ingredienti di origine estera) e uno con tale dettaglio (in bianco, rosso e nero) che attesta l origine austriaca di almeno il 70% degli ingredienti di origine agricola; ambedue e versioni dello stesso logo garantiscono la produzione biologica della materia prima in conformità al regolamento comunitario. A differenza dei loghi francese e tedesco, il logo AMA prevede specifici controlli, che il richiedente accetta espressamente; l ispezione può essere senza preavviso. Il logo è usato in combinazione con un numero di controllo attribuito da AMA. Il logo è ben posizionato sul mercato (è l unico di carattere pubblico a livello nazionale). Secondo documenti dell AMA, i licenziatari sono attualmente 170 e il logo contrassegna circa di 142

44 prodotti; sempre AMA informa che in un recente sondaggio il 28% di un campione di 405 persone ricorda spontaneamente il logo, e il 65.6% lo riconosce una volta che glielo si è presentato. Tra i fattori di successo del logo (peraltro da dimensionare correttamente: in Austria le aziende biologiche al erano e lavoravano il 13.4% della Sau nazionale, ma solo 170 risultano licenziatarie) sta in più campagne pubblicitarie realizzate da AMA con un budget di 2 milioni di EUR ciascuna, destinato a spot nel corso dei programmi gastronomici televisivi e inserzioni a pagina intera su quotidiani e periodici. Il budget è da ritenersi di significativa entità in considerazione della limitatezza del mercato: gli austriaci sono (in proporzione al numero degli abitanti, in Italia equivarrebbe a un budget di oltre 14 milioni). L art. 21 a dell AMA-Gesetz 1992 escludeva il rilascio di loghi «AMA» a favore dei prodotti non austriaci, che neppure potevano usufruire di campagne di marketing per la loro promozione, e lo stesso statuto dell AMA Marketing indicava che quest ultima doveva mirare ai prodotti agricoli e silvicoli nazionali. Ciò configurava incompatibilità con l articolo 28 del Trattato; l Austria quindi,con legge federale del 2007 (BGBl. 55/2007) entrata in vigore il 1º luglio 2007 modificava l AMA-Gesetz 1992 eliminando ogni riferimento a origini «nazionali». Tale «clausola di apertura» per i prodotti stranieri fa sì che i marchi AMA, con o senza indicazione di origine, non siano riservati alle imprese austriache o ai prodotti austriaci, ma siano concessi ai prodotti conformi alla specifica normativa comunitaria, di tutte le imprese richiedenti, indipendentemente dalla loro origine. L uso del logo di qualità è quindi disponibile per tutti i prodotti coltivati o prodotti nella Comunità (e al suo esterno) che soddisfano i requisiti di qualità stabiliti nel Regolamento CE n.834/2007, che. riguardano la qualità del prodotto e che possono essere soddisfatti indipendentemente dalla provenienza geografica del prodotto, in conformità alla giurisprudenza europea. 44 di 142

45 3.2.4 I COSIDDETTI MARCHI REGIONALI DELLA SPAGNA L indicazione obbligatoria Agricoltura biologica (in precedenza, Agricoltura ecológica : una legge del 2001 consentiva l uso di termini come biologico e bio anche a prodotti non biologici, definendo invece questi ultimi come ecológicos ; dopo una vertenza con l UE, da gennaio 2006 i termini sono tornati protetti e riservati alle produzioni conformi al Reg. CEE n.2092/91 e successive modifiche) deve essere accompagnata dalla ragione sociale dell organismo di controllo e dal normale codice alfanumerico. Una contro-etichetta numerata (per le verifiche delle quantità vendute) viene normalmente apposta separatamente. Il Decreto Reale n. 1852/1993 attribuisce al Consejo Regulador de la Agricultura Ecológica (Consiglio di regolamentazione dell agricoltura biologica, CRAE), peraltro già istituito nel 1989, la funzione di autorità responsabile per l agricoltura e i prodotti biologici ai sensi del Regolamento CEE n.2092/91. I compiti del CRAE sono stati nel tempo trasferiti (partendo nello stesso 1993 e concludendo il decentramento nel 1997) alle 17 regioni (in Spagna la Regione è definita comunidad autónoma); ogni regione/comunità autonoma ha una propria autorità competente e un organizzazione basata sul modello organizzativo originale del CRAE. Le Comunità autonome esercitano il controllo attraverso enti pubblici (esempio: Comité Aragones de Agricultura Ecológica, Consejo de la Produccion Agraria Ecologica de Navarra) e organismi privati di controllo (Organismos privados autorizados, esempio: Entitad certificadora de alimentos de España SA), designati o autorizzati, a seconda del caso, dalle rispettive autorità competenti. Non esiste differenza sostanziale tra i Consejos e i Comités de Agricultura Ecológica regionali:si tratta di due tipologie amministrative analoghe che dipendono dalle rispettive Consejerías (giunte regionali) o Departamentos de Agricoltura (assessorati regionali), o direttamente dalle Direcciones Generales degli stessi. 45 di 142

46 Gli operatori contano la maggioranza negli organi direttivi dei CRA in 14 comunità autonome, nei quali sono eletti ogni quattro anni dalle aziende facenti parte del sistema di controllo. Non sono coinvolti nelle attività ispettive, svolte da tecnici dipendenti della struttura o da professionisti esterni in conformità alla norma EN Ai consigli direttivi e alle loro diverse articolazioni compete l organizzazione e la supervisione del sistema di controllo e delle attività promozionali (gestiti separatamente), oltre che del confronto con il governo regionale in materia di politiche di settore. Dal 60 al 90% del budget dei CRA proviene da contributi pubblici. Dal 1993 il logo CRAE non esiste più nella sua forma iniziale, ed è stato sostituito dai singoli loghi delle diverse Regioni, peraltro assai simili dal punto di vista grafico; il loro uso non è obbligatorio, e la loro funzione è quella di indicare l autorità responsabile del controllo. Alla fine del 2006 l allora Mapa (Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentación), ora Ministerio de Medio Ambiente y Medio Rural y Marin ha avviato una campagna di promozione dell agricoltura e dei prodotti biologici (vedere il sito all interno del Plan Integral de Actuaciones para el Fomento de la Agricultura Ecológica ( ), con lo slogan Cultura-Lógica, Agricultura Ecológica, es cultura, es de lógica e un budget di 2,3 milioni di EUR, cofinanziato dall Unione Europea. Chiaramente (non fosse altro per il cofinanziamento di Bruxelles), la campagna ha avuto come obiettivi, oltre al generale stimolo al consumo biologico e alla diffusione tra i consumatori di informazioni sull agricoltura biologica e i suoi prodotti, quelli di stimolare interesse e consapevolezza all uso del logo europeo tra i produttori e di informare il pubblico sugli standard dell UE che disciplinano il metodo di produzione biologico e il sistema di controllo, astenendosi da riferimenti all origine nazionale o regionale dei prodotti. Nei fatti, quindi, il cosiddetto marchio regionale spagnolo attesta che il controllo è avvenuto a cura di un organizzazione pubblica (Consejos o Comités de Agricultura Ecológica) a cura delle sue strutture o di un organismo privato autorizzato, e nulla più. 46 di 142

47 Facendo capo la competenza in materia agricola a ciascuna comunidad autónoma anzichè al Ministerio de Medio Ambiente y Medio Rural y Marin, un prodotto ottenuto in Catalogna controllato dalla Consejería de Agricultura de Cataluña potrà esibire il logo di questa, ma gli standard di riferimento sono quelli europei, e il logo non costituisce un attestazione di qualità né di origine, ma solo di responsabilità del controllo. Il logo viene concesso a prodotti trasformati da un azienda operante nel territorio di competenza dei diversi Consejos o Comités de Agricultura Ecológica indipendentemente dall origine della materia prima (che potrebbe anche essere interamente d importazione). Il logo non ha neppure rilievo in chiave di mercato; non a caso le due aziende biologiche italiane con una propria filiale in Spagna (La Finestra sul Cielo ed Ecor NaturaSì) non lo utilizzano sui prodotti colà commercializzati IL MARCHIO DANESE Ø LABEL: STATS KONTROLLERET ØKOLOGISK La prima legge danese in materia è stata adottata nel 1987 (le ultime sono la Økologilov n. 463 del 17 Giugno 2008 e il decreto 1258 del 12 dicembre 2008, con norme di l attuazione dei Regg. CE n.834/2007 e 889/2008. Il controllo statale sull agroalimentare biologico danese (il regno di Danimarca ha optato per il sistema B, non ritenendo di autorizzare organismi nazionali di controllo privati, ma mantenendo a carico di autorità competenti afferenti al ministero dell alimentazione, dell agricoltura e della pesca tale responsabilità) copre l'intera filiera di produzione, dall azienda di produzione primaria al punto vendita. A tali autorità (10, di impianto regionale, che provvedono all attività utilizzando personale pubblico e operano esclusivamente sul territorio del regno, non intervenendo in Paesi terzi, neppure su materie prime da trasformare da parte delle industrie nazionali) competono l autorizzazione delle aziende del settore agricolo e di trasformazione alimentare e il controllo di tutte le aziende autorizzate, con l effettuazione di un minimo di una visita annuale di controllo. Le autorità centrali coordinano i controlli per garantire un controllo uniforme in tutto il Paese. 47 di 142

48 I prodotti conformi sono contrassegnati dall apposito logo istituito nel 1990 (detto røde mærke, cioè marchio rosso, graficamente una Ø rossa con iscritto il simbolo della corona reale), corredato dal testo Stats kontrolleret Økologisk (cioè Biologico/controllo statale), ma ne è ammesso l utilizzo anche sotto forma solo grafica, in particolare sulle uova, sulla buccia dei formaggi e come timbro sulle parti anatomiche degli animali macellati, purché in prossimità dei bolli sanitari obbligatori. Il logo può anche venir riprodotto in colore nero. Il simbolo Ø rappresenta la produzione biologica (in danese Økologisk ), la corona rappresenta il ministero reale dell alimentazione, dell agricoltura e della pesca, il rosso (colore della bandiera danese) ribadisce che il controllo è competenza dello Stato. La normativa danese non si differenzia da quella europea, e anche il controllo avviene in conformità con le norme UE; il logo attesta che il prodotto è conforme alla normativa comunitaria sotto il controllo effettuato dallo Stato (questo è il significato della corona reale), ma non comporta alcuna indicazione sull origine della materia prima (che potrebbe essere anche interamente extracomunitaria, come appare evidente dalle etichette di prodotti biologici riprodotti più avanti: l etichetta (con il logo statale danese) si riferisce ad imprese danesi, ma con ingredienti manifestamente di produzione non nazionale. 48 di 142

49 Esempi di confezioni di prodotti biologici commercializzati sul mercato danese con il logo Statskontrolleret økologisk Zucchero di canna biologico (il logo è in centro, in basso) Thè biologico (il logo è in alto a sinistra) 49 di 142

50 3.3 Analisi di Comparazione L analisi sopra riportata ha permesso di avanzare le considerazioni riportate di seguito. Il regolamento del Bio-Siegel. del Marque AB e dei loghi regionali spagnoli non fanno riferimento all origine nazionale del prodotto o dei suoi ingredienti; mancano anche riferimenti grafici (colori nazionali o altro) che la identifichino: sono marchi di conformità istituiti per una più immediata riconoscibilità del prodotto al consumatore e per poter avviare le campagne di promozione pubbliche nel quadro dei rispettivi Piani d azione nazionale per l agricoltura e i prodotti biologici. La ragion d essere di tali marchi sta nel fatto che, nel periodo di adozione, il ricorso al logo europeo (introdotto come facoltativo dal regolamento CE n.331/2000) era poco diffuso tra gli operatori anche a causa di un iniziale resistenza da parte delle associazioni dei produttori e degli organismi nazionali di controllo, che tendevano a tutelare il ruolo esercitato sino ad allora di unici titolari dei segni di identificazione dei prodotti biologici; a indurre l adozione dei loghi fu proprio la necessità di disporre di un simbolo univoco, che appariva di più immediata diffusione rispetto alla pluralità di marchi di organismi di controllo e associazioni di produttori allora in uso. Allo scopo di non incorrere in procedure d infrazione (i marchi sono stati sin qui promossi con risorse dei rispettivi Piani d azione nazionale per l agricoltura e i prodotti biologici) sin dall adozione la scelta fu di attribuire al marchio la caratteristica di attestazione di conformità e di concederne l uso a imprese conformi di qualsiasi origine, nazionale, comunitaria ed extracomunitaria in regime di equivalenza o meno. Diverso è il caso dell Austria, che differenzia graficamente il logo in funzione dell origine della materia prima (con un minimo del 70% per considerare il prodotto nazionale ). Il ruolo di detti loghi nazionali, che ora viene a coincidere in toto con il logo europeo obbligatorio dal 1 luglio 2010 (diversamente non potrebbe essere), appare destinato con tutta evidenza a ridursi gradualmente sino all estinzione. Nella tabella seguente viene riportata un analisi comparativa dei marchi europei analizzati al fine di mettere in risalto le differenze e le similitudini dei diversi aspetti considerati. 50 di 142

51 Paese Francia Danimarca Spagna Austria Germania Logo Marque AB Stats kontrolleret Loghi Bio-Zeichen Bio-siegel Økologisk regionali Anno istituzione Titolare Ministère de Ministeriet for Bundesministerium l'alimentation, Comunidades Fødevarer, für Ernährung, de autónomas Agrarmarkt Landbrug og Landwirtschaft und l'agriculture (regioni) Fiskeri Verbraucherschutz et de la Pêche Standard di Standard Standard UE Standard UE Standard UE riferimento UE Standard UE Utilizzo Facoltativo Facoltativo Facoltativo Facoltativo Facoltativo Controllo per la concessione Organismi di controllo nazionali ed esteri autorizzati ai sensi dei regolamenti europei. Plantedirektoratet (autorità di controllo pubblica danese) Consejos Reguladores de la Agricultura Ecológica (autorità di controllo delle Comunidades autónomas (regioni) Organismi di controllo nazionali ed esteri autorizzati ai sensi dei regolamenti europei Organismi di controllo nazionali ed esteri autorizzati ai sensi dei regolamenti europei Disponibile per operatori di altri Paesi UE? Disponibile per operatori Sì No 1 No 1 Sì Sì Sì No 1 No 1 Sì Sì 1 Il logo danese e spagnolo indicano che l ultima preparazione di un prodotto biologico è stata effettuata da un azienda rispettivamente danese o spagnola sotto il controllo della autorità pubblica locale. Il logo, quindi può essere utilizzato sia su prodotti di origine nazionale sia su prodotti di origine estera (comunitaria ed extra-comunitaria) che siano trasformati o semplicemente confezionati ed etichettati nel Paese. 51 di 142

52 Paese Francia Danimarca Spagna Austria Germania Logo Marque AB Stats kontrolleret Loghi Bio-Zeichen Bio-siegel Økologisk regionali di Paesi terzi? Disponibile per materia prima di altri Sì Sì Sì Sì Sì Paesi UE? Disponibile per materia prima di Paesi terzi? Sì Sì Sì Sì Sì Come si evince dal quadro sinottico, per non penalizzare economicamente le imprese licenzatarie, nessun logo nazionale prevede standard più restrittivi di quelli stabiliti nei vigenti regolamenti europei né (per evitare la contestazione di aiuti di stato) alcun legame con l origine territoriale della materia prima: il logo assume un ruolo esclusivo di attestazione di conformità del prodotto alla normativa europea, senza badare all origine del prodotto né alla provenienza delle materie prime che ne costituiscono gli ingredienti. In considerazione di tale ruolo, a esclusione di Spagna e Danimarca, il logo è disponibile anche per le aziende estere ed extra-comunitarie che ne facciano semplice richiesta. Tale conformità è ritenuta provata in ambito UE e nei Paesi terzi in regime di equivalenza con la certificazione di un qualsiasi organismo nazionale di controllo autorizzato; nel caso di prodotti provenienti da Paesi terzi non in regime di equivalenza è ritenuta provata dalla certificazione rilasciata da un organismo o un autorità di controllo riconosciuti ai sensi dell art.32 del Reg. CE n.834/2007. Neppure nel caso di Spagna e Danimarca, tuttavia, il logo identifica un prodotto di origine nazionale (al contrario: come si evince anche dalle etichette sopra riprodotte, esso è concesso anche a prodotti la cui fase produttiva si è interamente svolta all estero): attesta, piuttosto, che l impresa che ha realizzato l ultima operazione (anche solo il semplice confezionamento ed etichettatura) è sottoposta ai controlli, rispettivamente, dei Consejos Reguladores de la Agricultura Ecológica e del Plantedirektoratet. 52 di 142

53 Non procedendo tali autorità pubbliche a operazioni di controllo all esterno dei confini nazionali, ne consegue che il loro logo è concesso in via esclusiva a prodotti confezionati da imprese nazionali, pur se con materia prima conforme di qualsiasi origine. Si tratta, peraltro, di un effetto derivato: quello primario è di attestare il controllo diretto da parte dell autorità pubblica che, almeno per la luterana Danimarca, ha un rilievo significativo. Tomas Fibiger Norfelt, del Landscentret del Dansk Landbrugsrådgivning (il Servizio pubblico di assistenza tecnica in agricoltura), infatti, nel suo Organic Farming in Denmark 2003 reperibile sul sito scrive In generale i danesi, al contrario degli abitanti dei Paesi limitrofi, hanno una grande fiducia nello Stato come organismo di controllo serio e neutrale. Pur consapevole di questo apprezzamento, nella pubblicazione presentata a Biofach 2009 (manifestazione in cui la Danimarca è stata nazione dell anno ), il ministero danese ha scritto con chiarezza: È una speranza fondata che la fiducia dei consumatori nel sistema di controllo pubblico danese possa trasferirsi senza alcun problema sul comune logo europeo. 53 di 142

54 3.4 Breve analisi di marchi privati italiani In Italia una quota leggermente inferiore all 1% delle aziende biologiche applica un disciplinare privato (naturalmente nel pieno rispetto dei requisiti base della normativa comunitaria) che meglio precisa alcuni aspetti dei regolamenti vigenti o stabilisce limitati vincoli aggiuntivi. Salvo sospensioni temporali, per la concessione della licenza d uso dei marchi utilizzati è previsto a carico del concessionario l obbligo di corrispondere una royalty calcolata sul fatturato derivante dalla commercializzazione dei prodotti e dei servizi contrassegnati con il marchio, aggiuntiva all equo compenso corrisposto all organismo di controllo Demeter Il primo di tali marchi per numero di aziende utilizzatrici (circa 300) è il marchio Demeter. L organizzazione preposta a tutelare in Italia il marchio (apposto su prodotti agricoli freschi e trasformati provenienti da aziende che applicano il metodo biodinamico) è Demeter Associazione Italia, con sede a Parma. Il marchio DEMETER è registrato dal presso I Organisation Mondiale de la Proprièté Intelectuelle di Ginevra al n e in 53 Paesi; in Italia presso il Ministero dell industria al n (marchio parola Demeter) e al n (marchio fiore con dicitura racchiusa in cornice rettangolare ). Il marchio viene concesso dalla Demeter Associazione Italia alle imprese (aziende agricole, ditte di trasformazione e commercializzazione) conformi ai disposti contenuti nelle Linee Guida internazionali per la produzione e la trasformazione Demeter. L impresa deve aver preso parte ad almeno un corso base completo e riconosciuto dall'associazione per l agricoltura biodinamica e, a giudizio di questa, deve aver raggiunto una routine completa e stabile della pratica secondo la tradizione biodinamica. L edizione italiana delle Norme direttive (standard) per il conseguimento dell autorizzazione all uso del marchio Demeter precisa che: 54 di 142

55 A base della qualità dei prodotti Demeter sta la scienza dello spirito di Rudolf Steiner ( ) e che Le norme direttive Demeter non dovrebbero soltanto limitare o vietare. Esse dovrebbero cercare coscienziosamente di garantire il modo di lavorare secondo qualità durante i processi di trasformazione. Alla fine è importante che ciascun trasformatore sia in grado di lavorare in modo responsabile sulla base delle direttive seguenti. Ogni individuo deve una parte della sua esistenza e del proprio successo al più ampio Movimento Biodinamico, ed ogni azione a livello locale, anche se svolta all insaputa, contribuisce alla più ampia comunità. Perciò tutti dovrebbero cercare di agire sempre in modo che la fiducia dei consumatori nei riguardi del metodo Biodinamico e dei prodotti a marchio Demeter sia confermata e giustificata. Alla lunga la miglior pubblicità recepita dal consumatore è la certezza dell ottima qualità dei prodotti Demeter Il disciplinare per la trasformazione riduce (limitatamente) i coadiuvanti tecnologici e gli ausiliari di fabbricazione di cui all allegato VIII del reg. CE n. 889/2008, e detta indicazioni anche per i materiali d imballaggio (non sono permessi, salvo esenzioni temporanee, il polivinilcloruro né altri clorurati di sintesi, bidoni e lattine in alluminio, carte stagnole e fogli laminati in alluminio; le scatolette possono anche essere del tipo da saldare, ma non si possono usare leghe). Non è neppure permesso aggiustare il gusto con l aggiunta di aromi (mentre si possono usare gli estratti puri, le erbe aromatiche e le spezie). Per quanto riguarda la materia prima, essa deve provenire da aziende agricole biodinamiche che abbiano stipulato un contratto con l organizzazione Demeter nel loro Paese; nel caso in cui un ingrediente non sia reperibile in qualità Demeter, è ammesso l utilizzo di prodotti biologici certificati da un organismo di controllo autorizzato, così come quello dei prodotti non biologici elencati nell allegato IX del reg. CE n.889/2008 (Ingredienti non biologici di origine agricola di cui all'articolo 28). Oltre alla parte generale, il disciplinare prende in esame capitoli specifici per prodotti orto-frutticoli (comprese le patate) Demeter (mon è ammessa la produzione di succhi vegetali mediante la redidratazione di succhi concentrati) prodotti dell alveare Demeter 55 di 142

56 mandorlati prodotti da noci e semi Demeter (escluse creme da spalmare) pane e prodotti da forno a marchio Demeter (privilegiando la pasta madre acida prodotta presso il panificio con l obiettivo di sviluppare un processo a più fasi senza ricorrere ai lieviti. L alcool è proibito in ogni sua forma). cereali, sfarinati e paste alimentari Demeter erbe e spezie Demeter carni e insaccati Demeter latte e prodotti lattiero caseari Demeter olii e grassi alimentari Demeter dolcificanti Demeter cosmetici Demeter (Gli ingredienti che danno il nome sono di qualità Demeter e almeno il 50%; almeno il 90% degli ingredienti totali sono certificati biologici). vino Demeter (ammettendo il 50% dell anidride solforosa ammessa nei prodotti convenzionali). Non esiste alcun vincolo sull origine territoriale della materia prima né sulla territorialità dell azienda: il marchio è internazionale ed è concesso ad aziende con sede in qualsiasi Paese su prodotti di qualsiasi origine geografica: l aspetto su cui si concentra il disciplinare è la conformità tecnica Aiab Il secondo disciplinare privato per numero di aderenti (65 aziende) è quello emanato da Aiab, con sede a Bologna. Le aziende conformi all apposito disciplinare che ne facciano richiesta, possono utilizzare il marchio collettivo garanziaaiab. Nel caso di tale disciplinare, l origine territoriale della materia prima dev essere prevalentemente nazionale (minimo 65%) e sono previste limitate differenze dal quadro normativo europeo, che riguardano: 56 di 142

57 l azienda garanziaaiab deve essere interamente condotta con metodo biologico (non è ammessa l azienda mista) l azienda garanziaaiab deve aver terminato il periodo di conversione l azienda zootecnica garanziaaiab deve alimentare il bestiame solo con alimenti biologici (non sono ammesse le deroghe del Reg. (CE) 834/07) l azienda garanziaaiab deve lavorare solo materie prime ottenute in Italia (salvo quelle non producibili in Italia) Gli ingredienti di origine estera sono ammessi in percentuale massima del 35% sul totale degli ingredienti di origine agricola e devono necessariamente provenire da commercio equo e solidale certificato. AIiab si riserva la possibilità di attivare deroghe al disciplinare Amab Il disciplinare di produzione Garanzia Biologico Amab di proprietà di Aiab Marche, con sede in Senigallia (domanda di brevetto depositata all Ufficio Italiano Brevetti e Marchi di Roma-Uff. Prov. di Ancona in data con il n AN97C000184, inerente la produzione ed il commercio dei prodotti di natura biologica indicati nelle classi , nonché i servizi della classe 41), è entrato in vigore il 1 febbraio 2004 ed è accreditato da IOAS (International Organic Accreditation Service) Ifoam in data L Amab ha demandato la concessione in uso del marchio collettivo all Istituto Mediterraneo di Certificazione srl - IMC, demandando anche le attività di controllo e certificazione relative all uso. Sulla base di tale disciplinare, è vietato passare dal metodo biologico a quello convenzionale e di nuovo a quello biologico; è vietato coltivare la stessa varietà colturale o la stessa specie animale simultaneamente con metodo biologico e convenzionale nella stessa azienda, anche se ciò si verifica in distinte unità produttive aziendali. 57 di 142

58 Il 100% degli ingredienti contenuti nel prodotto trasformato dovrebbe essere ottenuta in accordo alle norme del Disciplinare. Qualora ciò non fosse possibile, almeno due terzi degli ingredienti devono provenire da colture o allevamenti ottenuti in aziende che applicano il Disciplinare AMAB; il restante terzo deve derivare da colture o allevamenti ottenuti in aziende che applicano gli Standards IFOAM o equivalenti. Nel caso che uno o più ingredienti non possa essere certificato come conforme agli Standard IFOAM, l Organismo di controllo verifica la loro equivalenza con i suddetti Standards e, se possibile, autorizza l uso dell ingrediente (o degli ingredienti). Quando importati da Paesi extra-comunitari, possono utilizzare il Marchio Garanzia Biologico Amab soltanto quei prodotti che osservano il Disciplinare. Il rispetto di questo deve essere controllato dall Istituto Mediterraneo di Certificazione in maniera diretta, oppure da organismi di controllo convenzionati con lo stesso. Nei casi in cui la produzione è basata sulla violazione dei diritti umani di base e su un evidente ingiustizia sociale, il prodotto non può essere certificato. Prodotti che contengono ingredienti provenienti da agricoltura biologica in conversione, per oltre il 5% del totale non possono utilizzare il marchio, così come non possono utilizzarlo i prodotti che contengono meno del 95% in ingredienti di origine biologica Altri marchi Un altro marchio trasversale è Qualità Lavoro, che si basa su un disciplinare elaborato congiuntamente da Aiab e Uila. Detto marchio, che è concesso solo ad imprese già licenzatarie del marchio GaranziaAiab, palesa peraltro alcuni aspetti di ridondanza, in quanto impegna le aziende al rispetto di norme comunque cogenti e inderogabili (pieno rispetto dei vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro e dei relativi contratti provinciali per gli operai agricoli e florovivaisti, gli impiegati e i quadri agricoli, rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, possesso del documento unico di regolarità contributiva). Se ne dà menzione solo per completezza d informazione, segnalando comunque l irrilevanza del numero di licenzatari (attualmente sei aziende in tutta Italia, di cui due in Lazio, due in Basilicata, una ciascuna in Umbria e Sicilia). 58 di 142

59 Esistono poi marchi che fanno riferimento a servizi e produzioni specifiche (anche non alimentari), in particolare sulla cosmesi e i prodotti di detergenza, sul tessile e sull agriturismo, che tuttavia esulano dalla materia della presente analisi e non vengono presi in considerazione Analisi di comparazione Marchio Demeter Garanzia Aiab Garanzia biologico Amab Quadro tecnico di Disciplinare Demeter Reg. CE n.834/2007 Discipilnare Amab riferimento Vincolo territoriale no sì per la produzione no sulla materia prima agricola. Per la trasformazione, almeno il 65% degli ingredienti di origine agricola dev essere di produzione nazionale; il 35% residuo dev essere compreso in una lista positiva Conformità della A standard Demeter A norma europea; Al disciplinare o agli materia prima (in caso di materie prime standard Ifaom indisponibilità, agricole di conformità al quadro produzione italiana normativo europeo) Conformità della A standard Demeter A normativa europea. Al disciplinare o agli eventuale materia (se indisponibile, Certificazione equa standard Ifaom. prima estera conformità al quadro solidale Equo (non normativo europeo) formalizzato) Vincolo territoriale No Sì, nel caso di No 59 di 142

60 sulla sede dell azienda produzione agricola. No nel caso di trasformazione: è sufficiente che sia di origine italiana il 65% della materia prima, non sono previsti vincoli sulla localizzazione dell impresa (attualmente usano il marchio solo imprese italiane) Conversione No No No (max 5% degli ingredienti) Vincoli tecnici Sì Sì (più limitati) Sì (più limitati) Il vincolo dell origine nazionale della materia prima sussiste solo per il marchio GaranziaAiab, che per la norma tecnica fa riferimento al quadro comunitario; per i marchi Demeter e Garanzia biologico Amab si privilegia, al contrario, il contenuto della conformità ai rispettivi standard tecnici e non l origine. L eventuale materia prima di origine estera, quantitativamente vincolata solo per GaranziaAiab, dev essere semplicemente conforme agli standard tecnici per gli altri marchi. 60 di 142

61 Per nessuno dei marchi presi in esame sussistono vincoli territoriali alla sede dell azienda di trasformazione; per quanto riguarda l azienda di produzione agricola il vincolo della sede sul territorio nazionale sussiste solo per GaranziaAiab. 61 di 142

62 4 Analisi del quadro normativo del logo/marchio collettivo nazionale Obiettivo di questa sezione è analizzare la normativa vigente per l utilizzo di marchi collettivi e la loro armonizzazione con la normativa comunitaria in materia di produzione biologica. 4.1 I marchi, funzioni e generalità La funzione essenziale dei marchi è il miglioramento della circolazione dell informazione in mercati caratterizzati da informazione insufficiente e distribuita asimmetricamente (Carbone, 1997). Questa condizione è propria anche dei mercati dei beni alimentari: al momento dell acquisto alcuni attributi qualitativi rilevanti dei beni sono sconosciuti al consumatore, che solo successivamente, attraverso il consumo, sarà in grado di valutarli (Kinsey e Houck, 1990, Sheldon e von Witzke, 1990). Ai marchi registrati il nostro ordinamento accorda una protezione molto ampia in campo civile (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 Codice della Proprietà Industriale, artt. 2598, 2599 e 2600 c.c.) e penale (artt. 473, 474 e 517 c.p.). Oltre al marchio d impresa (tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre, con l esclusione i segni costituiti da denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che vi si riferiscono, tra i quali la provenienza geografica), l ordinamento prevede il marchio collettivo (art. 11 del Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 recante Codice della proprietà industriale, a norma dell' articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), per il quale è prevista la deroga dal divieto di far riferimento alla provenienza geografica dei prodotti o servizi (art.11 D. Lgs n.30/2008, comma 4) generalmente previsto dallo stesso Codice. La facoltà di derogare al divieto di marchi collettivi che servano a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi è concessa dalla direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa e, relativamente ai marchi collettivi comunitari, dal Regolamento (CE) n. 40/94 del 62 di 142

63 Consiglio, del 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario; la registrazione di un marchio collettivo, tuttavia, non autorizza il titolare a opporre il marchio a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica. Di per sé, un marchio collettivo che garantisca l origine geografica di un prodotto, se privo di disciplinari altrimenti caratterizzati si limita appunto a garantire l origine geografica, nulla potendo garantire sulla qualità organolettica né sulle altre performance attese dal consumatore. In altre parole, il prodotto marchiato proverrà sicuramente da un azienda operante nel territorio identificato dai regolamenti, ma questa potrebbe essere l unica sua caratteristica significativa, con potenziali riverberi negativi sull intera produzione a marchio. Il consumatore si attende, infatti, caratteristiche omogenee dei prodotti contrassegnati dal medesimo marchio, tra i quali si genera un forte legame sinergico di reputazione; se arriva sul mercato un prodotto insoddisfacente, tutti quelli con lo stesso marchio ne trarranno un danno d immagine, così come, simmetricamente, la buona fama di un prodotto si trasmette anche ai meno meritevoli (Dini et al, 1990). Il marchio collettivo rappresenta una forma di tutela a carattere privatistico della denominazione di prodotti, svolgendo essenzialmente una funzione di garanzia che il prodotto o il servizio contrassegnato possiede determinate caratteristiche in relazione all origine (quando sia rilevante per la qualità del prodotto o servizio) e/o alla qualità (come espressa nel regolamento e nei disciplinari). Se i prodotti portanti lo stesso marchio risultano significativamente differenziati, i consumatori ricevono informazioni contraddittorie (unico marchio, ma qualità variabile o non costante) e la funzione di informazione e garanzia del marchio viene meno; il consumatore può essere indotto ad allontanarsi da un marchio che si palesa scarsamente affidabile, o a ridurre la sua willingness to pay in seguito a esperienze di livello qualitativo percepito come di scarsa soddisfazione. La percezione di omogeneità dei prodotti quindi è condizione necessaria a un efficace funzionamento di un marchio (Carbone, 1997); di conseguenza appare di fondamentale importanza l adozione di strumenti regolamentari e tecnici in grado di assicurarla. 63 di 142

64 Il già citato Codice della proprietà industriale prevede che alla domanda di registrazione all'ufficio italiano brevetti e marchi debbano essere allegati il segno grafico distintivo ideato, i disciplinari tecnici concernenti l'uso dei marchi collettivi, il regolamento d uso concernente i controlli e le relative sanzioni; allo stesso Ufficio italiano brevetti e marchi andrà notificata ogni modificazione regolamentare. L applicazione (e il relativo controllo) di un marchio collettivo deve quindi fornire garanzie simili a quelle di un sistema di certificazione (standardizzazione, garanzia, controllo sistematico, ecc.). Appare tuttavia chiaro che solo la verifica della conformità a standard e disciplinari di processo e/o di prodotto tramite un processo di controllo e certificazione operato da soggetti terzi e indipendenti che operino in conformità alla norma internazionale ISO 65/UNI EN ("Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione di prodotti") è in grado di esplicitare l effettiva tutela dei consumatori, dell'ente titolare del marchio e degli stessi produttori licenzatari, non potendosi ritenere sufficiente a garantire idoneamente l integrità del sistema quella che di fatto, altrimenti, costituirebbe l autocertificazione dell impresa interessata all utilizzo del marchio. Il marchio collettivo si differenzia dal marchio d impresa in quanto non svolge funzione distintiva dell origine del prodotto da una determinata impresa, ma funzione di garanzia delle caratteristiche e qualità del prodotto; inoltre il titolare del marchio collettivo abitualmente non lo usa, ma si obbliga a verificare con appositi controlli le merci dei produttori e commercianti ai quali è stato concesso l uso del marchio stesso (Trib. Roma in Giur. dir. ind., 1994, 699). La registrazione di marchi collettivi (e la facoltà di concederne l'uso a produttori o commercianti) prescinde dalla qualifica di imprenditore: possono ottenerla i soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi (art.11 D. Lgs n.30/2008, comma 1); anche l art c.c. prevede espressamente che soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti (nel testo precedente alla novella del 1992 limitava tale facoltà a 64 di 142

65 enti e associazioni legalmente riconosciuti che potevano ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso a imprese dipendenti o associate). Il marchio collettivo può essere quindi promosso da consorzi o associazioni fra imprese che si impegnano all osservanza di determinati standard di qualità e ai relativi controlli stabiliti da un disciplinare che contraddistingue una gamma di prodotti o servizi con in comune uno o più elementi distintivi (come, per esempio la metodica di produzione o la provenienza), ma possono ottenere registrazioni di marchio anche le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, le Camere di commercio ecc. In considerazione della genericità dell indicazione della provenienza geografica che fosse prevista nel marchio collettivo e del fatto che l attribuzione della sua gestione in via esclusiva al titolare del marchio collettivo può distorcere la concorrenza, la deroga al divieto di marchi collettivi che servano a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi non è assoluta: l Ufficio Brevetti e Marchi è infatti legittimato a negare la registrazione del marchio collettivo, quando esso possa creare situazioni di ingiustificato privilegio, o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative. Tra le situazioni di ingiustificato privilegio e il pregiudizio che possono comportare il diniego alla registrazione di un marchio collettivo possono senz altro annoverarsi l insufficiente garanzia di accesso al marchio a condizioni paritetiche da parte di tutti gli imprenditori insediati nella zona geografica di riferimento, il cui prodotto se escluso dall uso del marchio - non solo non sarebbe riconoscibile sul mercato come di provenienza determinata, ma, laddove si attribuisca al marchio una funzione di certificazione di qualità, potrebbe ingiustamente apparire di standard qualitativo inferiore al prodotto che del marchio si fregia (Albisinni, Carretta, 2003). La cautela del legislatore è ribadita dalla limitazione del diritto di esclusiva: il titolare di un marchio collettivo geografico non è autorizzato a vietare a terzi l'uso nel commercio del nome stesso, purché quest'uso sia conforme ai principi della correttezza professionale e quindi limitato alla funzione di indicazione di provenienza (art.11 D. Lgs n.30/2008, comma 1): a tutti gli imprenditori, ancorché non licenziatari del marchio collettivo, è riconosciuto il diritto di usare nella propria 65 di 142

66 attività economica indicazioni relative alla provenienza geografica del prodotto o servizio. Se tale indicazione, oltre che veritiera, è meramente descrittiva e non distintiva del prodotto, devono ritenersi esclusi intenti insidiosi e confusori, e quindi la conseguente configurazione di concorrenza sleale ai danni dei licenzatari del marchio collettivo. La giurisprudenza assume che tale diritto spetti non solo nel caso dei marchi collettivi, ma anche in quello delle produzioni a denominazione protetta.. Il Tribunale di Saluzzo (ord. 5 gennaio 2001 in Giur. it., I, 2001, 318) in merito alla fattispecie in cui un Consorzio di tutela di una Dop assumeva di essere titolare di un diritto di privativa sulla Dop, ha ritenuto: il Dop ha una funzione diversa (pubblicistica) rispetto ai marchi collettivi in quanto mira a valorizzare prodotti agricoli ed alimentari con caratteristiche particolari legate alla zona per l influsso di fattori ambientali naturali e/o socio economici; mira a garantire il consumatore circa l origine e qualità del prodotto acquistato e a garantire condizioni di concorrenza uguali tra i produttori dei prodotti che beneficiano di siffatte denominazioni. Appare pertanto corretto affermare che il riconoscimento della tutela comunitaria alla Dop si ricollega al rispetto, da parte dei produttori che vogliono avvalersi della stessa, di regole oggettive, pubbliche e omogenee (il disciplinare allegato alla domanda di registrazione); risulta, invece e quindi, arduo sostenere come deve fare il Consorzio che l associazione che procede alla registrazione della Dop sia titolare del diritto di privativa, potendo quindi concedere o negare a proprio piacimento l uso del marchio Dop a produttori che rispettino il disciplinare comunitario depositato, solo perché gli stessi non sono consorziati oppure non rispettano il regolamento consortile dettato a complemento del disciplinare stesso. Dop e Igp sono segni distintivi concessi dagli uffici dell Unione europea, e costituiscono un patrimonio collettivo indisponibile: il loro uso è autorizzato dalla Pubblica amministrazione e riservato solo a coloro che rientrano nella zona d'origine o di provenienza e operano in conformità ai disciplinari vigenti (ancorché non aderenti al Consorzio di tutela). Analogamente, per il marchio collettivo privatistico, la cui funzione è quella di garantire talune caratteristiche del prodotto o del servizio (tra cui, se del caso, la provenienza), l'uso del 66 di 142

67 riferimento geografico non può essere riservato, essendo consentito a terzi di farvi riferimento (chiaramente non utilizzando senza licenza il segno distintivo). Per evitare interferenze tra le denominazioni protette a livello comunitario (Dop o Igp) e marchi collettivi di provenienza geografica, l ufficio Brevetti e marchi è tenuto a rigettare le istanze di registrazione di questi ultimi qualora riguardino prodotti per i quali sia già stata presentata domanda di registrazione di Dop o Igp presso la Commissione, così come è tenuto ad annullare la registrazione di marchi in violazione. Ne consegue che un marchio collettivo di provenienza di futura registrazione non può contrassegnare prodotti per i quali sia già riconosciuta (o in corso di riconoscimento) la tutela comunitaria. 67 di 142

68 4.2 La registrazione di un marchio collettivo Il Codice della proprietà industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30) prevede che alla domanda di registrazione all'ufficio italiano brevetti e marchi debbano essere allegati il segno grafico distintivo ideato, i disciplinari e tecnici concernenti l'uso dei marchi collettivi, il regolamento d uso concernente i controlli, le relative sanzioni; allo stesso Ufficio italiano brevetti e marchi andrà notificata ogni modificazione regolamentare. L applicazione (e il relativo controllo) di un marchio collettivo fornisce quindi garanzie analoghe a quelle di un sistema di certificazione (standardizzazione, garanzia ed affidabilità, controllo sistematico, ecc.). Per la registrazione presso l'organizzazione mondiale della proprietà intellettuale di Ginevra (OMPI), valgono le disposizioni vigenti ai sensi delle convenzioni internazionali. Lo stesso Codice della proprietà industriale, all articolo 13 (Capacità distintiva) prevede, però, che non possono costituire oggetto di registrazione segni privi di carattere distintivo e in particolare quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che a essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica (fatta salva la deroga per i marchi collettivi) ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio. 68 di 142

69 4.3 L ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari Numerosi pronunciamenti dell Ispettorato escludono la conformità alla normativa europea di marchi d origine che non facciano esclusivo riferimento alla disciplina di Dop e Igp. Tra questi: L'apposizione del logo "Riserva Naturale Orientata - Vallone Piano della Corte" sull'olio extra vergine di oliva e, più in generale, sui prodotti agroalimentari si ritiene incompatibile con l'attuale normativa, in quanto potrebbe rappresentare un marchio di "qualità" legato ad un particolare territorio che si pone al di fuori del quadro previsto dal Regolamento (CE) n. 510/06 in materia di Dop e Igp. (ICRF- Uff. II/T, 26 ottobre 2006); 1 Il marchio 'Le valli di Sicilia nonché la relativa raffigurazione della Sicilia, utilizzati per l'etichettatura dell'olio extravergine di oliva, sembrano collidere con la normativa attuale. Infatti, la designazione dell'origine dell'olio extravergine di oliva, intesa come l'indicazione di un nome geografico sull'imballaggio o sull'etichetta, è possibile solo se questa rispetta quanto riportato dall'articolo 4 del Regolamento Ce 1019/2002 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva di 142

70 4.4 Il marchio collettivo e le legislazioni estere L art. 49 del Trademark Act 1994 britannico prevede: A collective mark is a mark distinguishing the goods or services of members of the association which is the proprietor of the mark from those of other undertakings, Il successivo art. 50 recita: A certification mark is a mark indicating that the goods or services in connection whit which it is used are certified by the proprietor of the mark in respect of origin, material, mode of manufacture of goods or performance of services, quality, accuracy or other characteristics. L art del codice della proprietà intellettuale francese recita: La marque est dite collective lorsqu elle peut être exploiteé par toute personne respectant un règlement d usage établi par le titulaire de l enregistrement. La marque collective de certification est appliqée ou produit ou au service qui présente notamment, quant à sa nature, ses propriétés ou ses qualités, des caractères précisés dans son règlement". La legge spagnola n. 17/2001 del 7 dicembre 2001 dispone, all art.62: Se entiende por marca colectiva todo signo susceptible de rapresentation grafica, que se sirva para distinguir en el mercato los productos o servicios de los membres de una association tiutular de la marca de los productois o servicios de otras empresas,mentre i Marcas de garantia sono separatamente disciplinati dall art.68 stessa legge, che sottolinea il ruolo di controllo e garanzia di qualità assegnato al titolare del marchio. La legge italiana non differenzia in modo netto le caratteristiche dei marchi collettivi e dei marchi di garanzia, facendo convergere, anche sotto il profilo funzionale, le distinte tipologie di segni menzionate nella direttiva comunitaria, nell unica categoria del marchio collettivo (Albisinni, Carretta, 2003) 70 di 142

71 4.5 Competenza Si segnala la particolare delicatezza del raccordo fra il dicastero agricolo e le regioni, alla luce della riforma del titolo V della Costituzione, che assegna a queste ultime una competenza primaria nella in materia agricola. 4.6 I marchi collettivi e l unione europea Per quanto l asserzione che un prodotto biologico tragga la sua qualità o le sue caratteristiche essenzialmente, esclusivamente o anche solo parzialmente dall ambiente geografico (ancorché comprensivo dei fattori naturali e umani) trovi in qualche maniera ragione nel Regolamento CE n. 834/07, che ammette l integrazione (o la sostituzione) della dicitura «Agricoltura UE», nello stesso campo visivo del logo comunitario per i prodotti in cui almeno il 98% degli ingredienti di origine agricola provenga da un determinato Paese, e per quanto la direttiva 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 (sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa) e il Regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993 (sul marchio comunitario) consentano, in via derogatoria, la registrazione di marchi collettivi anche comunitari che designino la provenienza geografica dei prodotti, la posizione più volte espressa dalla Commissione europea è che i requisiti per la concessione di marchi nazionali di qualità debbano riguardare esclusivamente caratteristiche intrinseche dei prodotti agricoli e alimentari. D altro canto la stessa previsione della facoltatività dell eventuale dicitura sull origine da un determinato Paese debba avvenire con colore, dimensioni e tipo di carattere che non le diano maggior risalto rispetto alla denominazione di vendita del prodotto (che, usualmente, è collocata immediatamente prima dell elenco degli ingredienti utilizzando caratteri di dimensioni contenute, a tutto beneficio della denominazione commerciale di fantasia, alla quale viene data enfasi maggiore) sembra confermare che il legislatore comunitario non ritiene l origine un elemento di significatività preminente, ma solo accessorio. 71 di 142

72 Il sostegno pubblico a un eventuale marchio collettivo nazionale i cui requisiti avessero tra gli effetti la limitazione della concessione in funzione dell'origine della materia prima o della provenienza delle aziende di produzione, trasformazione e commercializzazione configurerebbe una violazione della normativa in materia di concorrenza, in quanto il marchio sarebbe suscettibile di favorire indebitamente i prodotti nazionali a scapito dei prodotti provenienti da altri Stati membri: giurisprudenza costante dichiara l'illegittimità di qualsiasi norma nazionale che introduca segni identificativi della sola origine territoriale, indipendentemente da una riscontrata diversità in ordine alle qualità materiali del prodotto, in quanto in contrasto con le regole del libero commercio tra Stati membri. Elementi di approccio innovativo sono presenti nella legge 15 aprile 1999, n.25, della Regione Toscana, approvata dopo una lunga concertazione con Bruxelles. La legge prevede l attribuzione del marchio Prodotto da agricoltura integrata certificato dalla regione Toscana per tutti i prodotti agricoli che risultino conformi al disciplinare di qualità approvato dalla Toscana indipendentemente dal luogo di origine. Ne deriva però che un produttore belga potrebbe chiedere di far certificare dalla Regione Toscana un salume prodotto in Belgio, con conseguente diritto a utilizzare il relativo marchio, e va da sé che tale fattispecie, del tutto in linea con il Trattato, non è comunque in linea con l obiettivo di promuovere la produzione nazionale. Una via analoga ha percorso la Regione Puglia, che sin dal 2004 (con DGR n. 552 del 20 aprile 2004) aveva approvato il marchio collettivo Prodotti di Puglia. Verificato che il marchio come originariamente concepito presentava criticità che avrebbero comportato una possibile contestazione di infrazione al marchio Prodotti di Puglia, così come articolato, da parte dei servizi della Commissione UE (DGR 9 giugno 2009, n. 960), la Regione con delibera di Giunta regionale n del 12 luglio 2006, approvava il nuovo progetto Marchio Prodotti di Puglia: strumento per la promozione e lo sviluppo del territorio finalizzato a ridisegnare completamente l impostazione e la struttura del marchio precedentemente approvato, realizzando un nuovo marchio collettivo di qualità con l indicazione d origine come consentito in via derogatoria dall art. 64 del Regolamento (CE) 40/94 e successive modifiche, per 72 di 142

73 poi registrare tale marchio presso l Ufficio europeo per l armonizzazione del mercato interno - UAMI che ha richiesto a) la realizzazione di un nuovo regolamento d uso all interno del quale sono stati definiti: - i beneficiari del marchio con garanzia di libero accesso a tutti i produttori della comunità, sostituendo gli elementi d origine nel marchio di qualità a seconda della regione d origine;- il territorio di riferimento;- le regole di appartenenza, il sistema dei controlli e delle sanzioni;- l adesione obbligatoria al sistema informativo di supporto del marchio che garantisce trasparenza e tracciabilità completa dei prodotti e delle imprese aderenti; b) la realizzazione del nuovo logo e delle specifiche d uso; c) la redazione di una struttura semplificata di regole per la qualità che possa dare maggiore flessibilità alle imprese di definire i propri percorsi/sistemi di qualità basati su una specificità del prodotto ottenuto secondo metodi di produzione che garantiscano caratteristiche specifiche, oppure una qualità del prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali correnti, in termini di sanità pubblica, salute delle piante, benessere degli animali o tutela ambientale; d) una semplificazione delle procedure di accesso e uso del marchio con abbattimento dei relativi costi gestionali sia da parte delle imprese che da parte dell amministrazione pubblica; e) la redazione di linee guida per l organizzazione del controllo di specificità qualitative e le relative azioni o sanzioni in caso di riscontro di non conformità; f) la realizzazione di linee guida di autocontrollo estese alla tracciabilità completamente informatizzate e disponibili per le imprese; g) la realizzazione delle specifiche informatiche necessarie a gestire le informazioni relative alla tracciabilità dei prodotti sia nelle imprese agricole, sia in quelle agroalimentari; l integrazione di tali informazioni con quelle di banche dati pubbliche quali Sian (Sistema informativo agricolo nazionale) e Bdn (Banca dati nazionale) attraverso una cooperazione applicativa dei sistemi informatici (DGR 9 giugno 2009, n. 960) La nuova impostazione fa assumere al marchio Prodotti di Puglia la connotazione di un sistema qualità così come definito nei Regolamenti comunitari n. 1783/03 e 1698/05, anch esso tuttavia accessibile a tutti i produttori della comunità. Come dimostrano il caso della Toscana e della Puglia, il tema si palesa risolvibile solo attraverso strumenti che consentano il rispetto dei principi di concorrenza propri del diritto comunitario. 73 di 142

74 L ammissibilità di marchi collettivi di natura pubblica è stata contestata in questi anni dalla Commissione europea e dalla stessa Corte di giustizia, laddove la loro utilizzazione risulti riservata alle sole imprese operanti in un territorio determinato, con conseguente ostacolo alla libera concorrenza tra imprese. L'opinione più volte espressa dagli uffici della DG VI sottolinea l'illegittimità, per contrasto con le regole del commercio tra gli Stati membri, di qualsiasi norma nazionale che, al di fuori delle tassative ipotesi previste dal Regolamento CE 510/06 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d origine dei prodotti agricoli e alimentari (che ha abrogato il precedente regolamento CEE n. 2081/92), introduca segni identificativi della sola origine territoriale, prescindenti da una documentata rilevabilità di precipue qualità o caratteristiche del prodotto, inteso nella sua materialità. La Commissione ha a chiare lettere negato all'origine territoriale dei prodotti in quanto tale una connotazione spendibile nel senso della "qualità. Secondo il regolamento CE n. 510/06 per denominazione d origine si intende il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un Paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale Paese e la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente all ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali ed umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell area geografica delimitata. Per "indicazione geografica", intende invece il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata. Per beneficiare di una denominazione d'origine protetta (Dop) o di un'indicazione geografica protetta (Igp), un prodotto agricolo o alimentare deve essere conforme a un disciplinare e deve, tra l altro, elencare gli elementi che giustificano legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto agricolo o alimentare e l ambiente geografico (Dop) o il legame fra una determinata 74 di 142

75 qualità, la reputazione o un altra caratteristica del prodotto agricolo o alimentare e l origine geografica (Igp). Le imprese e anche le Amministrazioni- che attribuiscono all ambiente geografico così come descritto le caratteristiche qualitative essenziali dei prodotti colà ottenuti sostiene, nei fatti, la Commissione europea-, possono chiedere la tutela dell origine tramite gli strumenti della DOP e dell IGP. Il marchio collettivo comunitario, ancorché con indicazione territoriale, non può venire infatti opposto a terzi nella Comunità. 75 di 142

76 4.7 Pronunciamenti della commissione in materia Il 10 febbraio 2009 la Commissaria Fischer Boel ha risposto per conto della Commissione Europea a un interrogazione scritta 3 in materia di marchi nazionali. L interrogazione, con oggetto Diritto alla denominazione dell'origine dei prodotti alimentari era stata presentata il 9 febbraio dal parlamentare finlandese Hannu Takkula, e recitava: Le nuove indicazioni della Commissione sugli aiuti alla commercializzazione dei prodotti alimentari hanno suscitato molto interesse in Finlandia. Sulla base dell interpretazione di tali indicazioni, secondo la Commissione non si dovrebbero utilizzare la bandiera finlandese e altri simboli nazionali nella commercializzazione di prodotti alimentari nazionali se lo Stato finanzia la campagna. Com è noto, il compito della Commissione è di evitare che la concorrenza del mercato interno sia falsata e tutelare il mercato stesso dal protezionismo. Uno dei principi fondamentali dell UE è stato quello di cercare di eliminare le barriere commerciali interne. Considerato che in fin dei conti non si può esercitare una completa ortodossia nella gestione dei vantaggi del mercato interno, bisogna agire con moderazione e la necessaria larghezza di vedute. I regolamenti relativi al paese d origine dei prodotti alimentari appaiono miopi e non fanno altro che accelerare la situazione sempre più critica dell UE. Non sono nemmeno in linea con l autorizzazione concessa qualche mese fa dall UE ai cetrioli ricurvi, mentre ora non sarebbe più possibile comunicarne il paese di produzione originario. Dalle discussioni è emerso che molti consumatori vogliono sapere che i prodotti da loro consumati sono locali e non sono trasportati via aerea a beneficio così della riduzione dei cambiamenti climatici. Inoltre, molti non vogliono che le verdure siano raccolte da immigrati clandestini sfruttati economicamente. I consumatori finlandesi devono poter conservare il diritto di conoscere il paese d'origine e il modo di produzione dei prodotti alimentari. Alla luce delle considerazioni sopraesposte, può la Commissione far sapere se in Finlandia sono state interpretate correttamente le nuove indicazioni relative agli aiuti alla commercializzazione? E in tal caso, quali iniziative intende la Commissione adottare per modificare le indicazioni affinché si di 142

77 conservi in futuro il diritto all'informazione sul paese d'origine e il modo di produzione del prodotto? La tempestiva risposta 4 del giorno successivo era la seguente: L'aiuto di stato alla pubblicità ai prodotti agricoli può essere autorizzato dalla Commissione se è conforme alle disposizioni della sezione VI.D delle Linee guida della Comunità per l'aiuto di stato nei settori agricolo e forestali Le campagne pubblicitarie con contributo dello Stato e tese a rafforzare le preferenze dei consumatori interni per i prodotti degli stessi Stati membri sono incompatibili con l'articolo 28 del Trattato delle Comunità europee perché suscettibili di ostacolare ai prodotti di altri Stati membri l accesso al proprio mercato. Ciò significa che, in generale, la Commissione non autorizzerà l'aiuto di stato a campagne pubblicitarie il cui messaggio primario è l'origine del prodotto. Il sostegno tramite lo sviluppo e l uso di un etichetta che menzioni l origine come messaggio primario è considerato sostegno alla pubblicità, essendo lo scopo dell'etichetta indurre gli operatori economici o i consumatori ad acquistare tale prodotto. Tuttavia, il punto 154 delle Linee guida di cui sopra prevede che allorquando la campagna pubblicitaria sia caratterizzata da denominazioni d origine riconosciute dalla Comunità, è ammesso il riferimento all'origine dei prodotti, a condizione che esso corrisponda esattamente ai riferimenti che sono stati registrati dalla Comunità; la registrazione dell origine; ciò significa che la Comunità ha riconosciuto l'esistenza di relazioni molto strette fra le specifiche qualità del prodotto interessato e la sua origine geografica. Inoltre, nel caso di marchi di qualità nazionali o regionali all'origine può essere accennato come messaggio secondario. Ciò significa che il messaggio generale principale dell'etichetta e di ogni altra forma di pubblicità correlata dev essere la qualità specifica e dimostrabile del prodotto, così come riconosciuta attraverso il diritto comunitario, quale, per esempio l'uso dei metodi di produzione biologica. Ne consegue che è possibile co-finanziare tali marchi di qualità anche senza menzione dell'origine di 142

78 L'aiuto di stato alla pubblicità di cui sopra può essere assegnato soltanto dopo che è stato comunicato e autorizzato dalla Commissione. La disciplina degli aiuti di Stato non si applica alla pubblicità, comprese le etichette, interamente pagate dagli operatori senza alcun contributo economico pubblico. Per quanto attiene la disciplina degli aiuti di Stato, gli operatori sono liberi di indicare l'origine dei loro prodotti e i metodi di produzione nelle etichette o in altro materiale pubblicitario finché sopportano essi stessi i costi della pubblicità. La posizione è espressa con assoluta chiarezza: nulla osta che l Amministrazione pubblica promuova l istituzione di un marchio collettivo caratterizzato (anche) dall origine dei prodotti, ma a condizione che la stessa Amministrazione non contribuisca economicamente (direttamente o indirettamente) al finanziariamente a campagne pubblicitarie per promuovere tale marchio. Destinare risorse pubbliche al rafforzamento della preferenza dei consumatori domestici per i prodotti domestici è incompatibile con l'articolo 28 del Trattato delle Comunità europee perché azione suscettibile di ostacolare ai prodotti di altri Stati membri l accesso al mercato. 78 di 142

79 4.8 Gli orientamenti comunitari per gli aiuti di stato ORIENTAMENTI COMUNITARI PER GLI AIUTI DI STATO NEL SETTORE AGRICOLO E FORESTALE (Gazzetta ufficiale dell Unione europea C319 del ) VI.D. Aiuti alla pubblicità dei prodotti agricoli f) Per quanto riguarda l'origine dei prodotti, per molti anni la Commissione ha autorizzato determinati tipi di aiuti per la pubblicità dei prodotti agricoli. DDall'esperienza è emerso tuttavia che le campagne pubblicitarie sono spesso destinate a rafforzare le preferenze dei consumatori nazionali per prodotti provenienti dallo stesso Stato membro, il che rende questo tipo di aiuti incompatibili col trattato; g) in ogni caso, se un prodotto agricolo o alimentare o un altro tipo di prodotto possiede particolari caratteristiche dovute all'origine geografica, i produttori di tali prodotti o alimenti hanno la possibilità di chiedere, tramite le competenti autorità dello Stato membro, la registrazione a livello comunitario di una denominazione di origine protetta (DOP) o di una indicazione geografica protetta (IGP) a norma del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari: la concessione della registrazione sta a significare che la Comunità riconosce l'esistenza di uno strettissimo legame tra le qualità specifiche del prodotto e la sua origine geografica. In questi casi l'interesse comune non si oppone alla concessione di aiuti per la pubblicità che comprendono riferimenti all'origine del prodotto, purché tali riferimenti all'origine corrispondano esattamente a quelli registrati dalla Comunità; lo stesso vale per altre denominazioni di origine protette dalla normativa comunitaria, quali i vini prodotti in determinate regioni, conformemente alle disposizioni degli articoli del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo; 79 di 142

80 h) in passato la Commissione ha ammesso l'erogazione di aiuti pubblici a favore della creazione di nuovi marchi di qualità: tali aiuti erano giustificati nella fase iniziale del lancio del nuovo marchio; dall'esperienza è emerso che gli aiuti connessi alla pubblicità a favore di prodotti che recano un marchio di qualità e un riferimento all'origine possono essere mantenuti, sia sul mercato nazionale che sul mercato degli altri Stati membri, purché il riferimento all'origine sia secondario nel messaggio pubblicitario: la valenza secondaria del riferimento all'origine permetterebbe infatti di evitare violazioni dell'articolo 28 del trattato; i) gli aiuti di Stato per la pubblicità direttamente connessa ai prodotti di una o più imprese determinate rappresentano un rischio immediato di distorsione della concorrenza e non offrono alcun vantaggio duraturo per lo sviluppo dell'intero settore. Essi devono pertanto essere vietati; La Commissione europea conferma così la sostanza di quanto previsto negli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato a favore della pubblicità dei prodotti di cui all'allegato I del trattato nonché di determinati prodotti non compresi in detto allegato (in Gazzetta ufficiale n. C 252 del 12/09/2001), e cioè: 20. Violano manifestamente l'articolo 28 del trattato le seguenti forme di pubblicità: a) pubblicità che invitano i consumatori ad acquistare prodotti nazionali per il solo motivo che sono di origine nazionale; b) campagne intese a scoraggiare l'acquisto di prodotti provenienti da altri Stati membri o a screditare tali prodotti agli occhi del consumatore (pubblicità negativa); le dichiarazioni positive sui prodotti nazionali di uno Stato membro non devono essere formulate in modo da suggerire che i prodotti degli altri Stati membri siano necessariamente inferiori. 22. Le pubblicità che richiamano l'attenzione sulle varietà o sulle qualità dei prodotti ottenuti in un determinato Stato membro sottolineano spesso l'origine nazionale dei medesimi, anche se tali prodotti e le loro qualità sono simili a quelle dei prodotti ottenuti altrove. Se in queste pubblicità viene posta un'enfasi eccessiva sull'origine nazionale del prodotto, vi è un rischio di infrazione 80 di 142

81 dell'articolo 28 del trattato. La Commissione invita pertanto gli Stati membri a vigilare con particolare attenzione a che le presenti linee direttrici siano rigorosamente rispettate. 23. Il paese produttore può essere identificato con parole o con simboli a condizione che venga mantenuto un ragionevole equilibrio tra il riferimento alle qualità e varietà del prodotto e quello alla sua origine nazionale. Il riferimento all'origine nazionale dovrebbe essere secondario rispetto al messaggio principale trasmesso ai consumatori e non dovrebbe costituire il motivo primario per il quale i consumatori sono invitati ad acquistare il prodotto. 24. Alcune pubblicità che menzionano l'origine nazionale dei prodotti agricoli e di altri prodotti, pur rispettando i principi di cui al punto 26, possono tuttavia violare l'articolo 28 del trattato se riflettono la consapevole intenzione di uno Stato membro di sostituire con prodotti nazionali i prodotti importati da altri Stati membri. 44. Tuttavia, affermare che i prodotti aventi una determinata origine sono speciali a causa dell'esistenza di un sistema di rintracciabilità, mentre tali prodotti si limitano in realtà a rispettare i requisiti normativi applicabili alla commercializzazione di tutti i prodotti analoghi, può trarre in inganno il consumatore, suggerendogli che il prodotto possieda caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti analoghi possiedono caratteristiche identiche [cfr. l'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto iii), della direttiva 2000/13/CE]. In questo caso non si può ritenere che il pagamento dell'aiuto risponda al comune interesse. Tuttavia le informazioni provenienti da un sistema di rintracciabilità possono essere inserite in una campagna, in conformità dei principi relativi alla pubblicità in cui l'origine costituisce il messaggio secondario di cui al punto I sistemi nazionali di controllo della qualità dovrebbero basarsi esclusivamente sulle caratteristiche oggettive intrinseche che conferiscono ai prodotti la qualità richiesta o che riguardano il procedimento di produzione necessario, e non sull origine dei prodotti stessi o sul luogo di produzione. L accesso ai sistemi di controllo della qualità, obbligatori o facoltativi che siano, deve quindi essere garantito a tutti i prodotti ottenuti nella Comunità, indipendentemente dall origine dei medesimi, a condizione che essi soddisfino condizioni 81 di 142

82 stabilite. Nell'applicazione di tali sistemi, gli Stati membri sono inoltre tenuti a riconoscere i risultati di controlli analoghi effettuati in altri Stati membri. 50. Ove i sistemi di controllo siano riservati a prodotti di un origine particolare (...), essi sono contrari al Trattato e la Commissione non può ovviamente ritenere compatibili con il mercato aiuti a favore della pubblicità di tali sistemi. Per garantire ai consumatori l'accesso alle necessarie informazioni, è accettabile e addirittura auspicabile che le etichette e i logotipi indichino il nome e l'ubicazione dell'organismo di controllo competente per la certificazione e/o il controllo dei prodotti nell'ambito del sistema considerato. 82 di 142

83 4.9 Il trattato europeo Il trattato del 1957 che istituisce la Comunità economica europea 5 affronta la fattispecie, prevedendo nella Parte prima (Principi) all articolo 3 (ex articolo 3), che l'azione della Comunità comporta: c) un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; d) l instaurazione di una politica comune nel settore dell agricoltura; ( ) f) un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno. Il successivo articolo 10 (ex articolo 5) prevede che gli Stati membri adottino tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurar l esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato, e si astengano da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione dei suoi scopi. L articolo 12 (ex articolo 6) vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità. L articolo 28 (ex articolo 30) vieta fra gli Stati membri restrizioni quantitative all importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente; dette restrizioni sono ammesse dall articolo 30 (ex articolo 36) solo per motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio storico o archeologico nazionale, di tutela della proprietà industriale e commerciale. Nemmeno in tal caso, tuttavia, le restrizioni devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri. L articolo 31 (ex articolo 37) prevede che i monopoli nazionali deviano essere riordinati, escludendo qualsiasi discriminazione fra cittadini degli Stati membri per quanto riguarda le condizioni relative all approvvigionamento e agli sbocchi. Tali disposizioni si applicano a qualsiasi organismo per mezzo del quale uno Stato membro controlli, diriga o influenzi sensibilmente, direttamente o indirettamente, le importazioni e le esportazioni fra Stati membri. L articolo 34 (ex articolo 40) prevede un'organizzazione comune dei mercati agricoli, che deve escludere qualsiasi discriminazione fra produttori o consumatori della Comunità di 142

84 L articolo 38 (ex articolo 46) prevede che, quando in uno Stato membro un prodotto sia disciplinato da una qualsiasi regolamentazione interna pregiudizievole alla concorrenza di una produzione similare in un altro Stato membro, gli Stati membri applichino al prodotto in questione in provenienza dallo Stato membro ove sussista la regolamentazione suddetta una tassa di compensazione all'entrata, salvo che tale Stato non applichi una tassa di compensazione all'esportazione. La Commissione fissa l'ammontare di tali tasse nella misura necessaria a ristabilire l'equilibrio; essa può ugualmente autorizzare il ricorso ad altre misure di cui determina le condizioni e modalità. Al titolo VI (ex titolo V), che reca Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni, l articolo 87 (ex articolo 92) prevede che siano incompatibili con il mercato comune, gli aiuti concessi dagli Stati, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri; lo stesso articolo prevede la compatibilità con il mercato comune degli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti. L articolo 88 (ex articolo 93) prevede che la Commissione proceda all'esame permanente dei regimi di aiuti; qualora constati che un aiuto concesso da uno Stato non è compatibile con il mercato comune, oppure è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Qualora lo Stato non si conformi a tale decisione, la Commissione (o qualsiasi altro Stato interessato) può adire direttamente la Corte di giustizia. Lo Stato deve comunicare alla Commissione il progetto diretto a istituire aiuti, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni. Se la Commissione ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune, inizia senza indugio la procedura di sua competenza. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che la procedura abbia condotto a una decisione finale. 84 di 142

85 4.10 Altri documenti europei A quanto previsto nella risposta all interrogazione e nel Trattato si aggiunga il parere circostanziato della Commissione europea emesso il 24 ottobre 2005 ai sensi della direttiva 98/34/CE sulla procedura d informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche, nel quale si rileva che un marchio nazionale che attesti la localizzazione sul territorio nazionale di tutti i processi di fabbricazione di un prodotto non è compatibile con il principio di libera circolazione delle merci nel mercato interno di cui all articolo 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea, né con gli articoli del Codice doganale comunitario (regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992). La giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee stabilisce che, quando la Comunità ha istituito un organizzazione comune di mercato in un dato comparto dell agricoltura, gli Stati membri sono tenuti ad astenersi dal prendere qualsiasi misura che deroghi o rechi pregiudizio a siffatta organizzazione (Causa C-113/2000 Spagna/ Commissione, Racc pag. I- 7601, punto 73). Secondo giurisprudenza costante, la condizione relativa all'effetto sugli scambi ricorre quando l'impresa beneficiaria svolge un'attività economica oggetto di scambi tra Stati membri. Il semplice fatto che l'aiuto rafforzi la posizione di questa impresa nei confronti di altre imprese concorrenti nell'ambito degli scambi intracomunitari consente di ritenere che l'aiuto abbia inciso sugli scambi. Per quanto riguarda gli aiuti di Stato nel settore agricolo, secondo giurisprudenza consolidata, l'entità relativamente esigua dell'importo complessivo degli aiuti e la ripartizione degli stessi tra numerosi agricoltori non escludono a priori l'eventualità che vengano influenzati gli scambi tra Stati membri. Per aiuto di stato la giurisprudenza della Corte di Giustizia adotta una nozione estensiva ricomprendendovi ogni vantaggio economicamente apprezzabile attribuito a una o più imprese tramite un intervento pubblico, vantaggio che altrimenti non si sarebbe realizzato. Vedasi le sentenze sul caso Banco Exterior de Espana Causa C-387/92 del 15 marzo 1994, caso Italia e SIM 2 Multimedia Causa C-328/99 dell 8 maggio 2003, caso Spagna c. Commissione Causa 85 di 142

86 C-276/02 del 14 settembre 2004, caso Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità della CECA Causa 30/59 del 23 febbraio 1961: L art. 87, n. 1, CE definisce gli aiuti di Stato disciplinati dal Trattato quali aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri. La nozione di aiuto di Stato ai sensi di tale disposizione è più ampia di quella di sovvenzione, dato che essa vale a designare non soltanto prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un impresa. Vi è sempre la presunzione che l aiuto produca effetti distorsivi della concorrenza, ed è sufficiente che si configuri un pregiudizio potenziale (non è necessario che l incidenza dell aiuto sugli scambi intracomunitari sia effettiva, è sufficiente che sia semplicemente potenziale, vedasi caso Belgio c. Commissione causa -142/87 del 21 marzo 1990, caso AITEC c. Commisione cause T-447/-449/93 del 6 luglio 1995, caso Spagna c. Commissione causa C-114/00 del 19 settembre 2002). Non è applicabile il Regolamento CE n. 1860/2004 che considera gli aiuti de minimis non corrispondenti a tutti i criteri dell articolo 87 del trattato e pertanto non soggetti all'obbligo di notifica, in quanto lo stesso regolamento esclude espressamente gli aiuti connessi all'impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d'importazione e sin dai considerata ricorda che Alla luce dell'accordo dell'organizzazione mondiale del commercio (OMC) sull agricoltura (GU L 336 del ,), il presente regolamento non deve esentare gli aiuti ( ) che favoriscono la produzione interna rispetto ai prodotti importati. Gli Stati membri hanno l obbligo di astenersi dall erogare qualsiasi aiuto che sia contrario agli impegni sanciti da tale accordo. 86 di 142

87 4.11 Conseguenze pratiche dell incompatibilità col trattato In caso di incompatibilità col Trattato, la Corte di Giustizia europea con propria sentenza ordina allo Stato membro il recupero degli aiuti di Stato illegittimi e incompatibili, disponendo che.lo Stato membro notifichi alla Commissione il completamento del processo di recupero. Qualora ciò non avvenga e non ravvisi segnali di miglioramento, la Commissione presenta la richiesta formale di esecuzione della sentenza sotto forma di parere motivato (la seconda fase della procedura di infrazione, articolo 228 del trattato CE); se lo Stato membro continua a non conformarsi alle decisioni della Corte di Giustizia europea, la Commissione può nuovamente adire la Corte chiedendo l'imposizione di ammende fino al completo recupero degli aiuti, sotto forma di penalità di mora, somme forfettarie o entrambe. Il recupero degli aiuti illegittimi e incompatibili mira a ripristinare eque condizioni di concorrenza nel mercato unico e «La Commissione adotterà tutte le misure necessarie per garantire che gli Stati membri adempiano ai loro obblighi di recupero e i tribunali nazionali hanno il dovere di non ostacolare tale processo».(commissario alla Concorrenza Neelie Kroes). Ogni risorsa pubblica investita nella promozione di un marchio incompatibile con il Trattato dovrebbe pertanto essere recuperata presso i beneficiari dell investimento inammissibile. 87 di 142

88 4.12 Il logo biologico europeo Il segno distintivo dei prodotti biologici di fonte europea di cui all articolo 25, paragrafo 1 del regolamento CE n.834/2007 non costituisce un marchio (non a caso mai con questo termine vi si fa riferimento nella normativa, che utilizza il termine logo, ancorché in sostituzione del più appropriato logotipo : in sostanza un simbolo grafico), ma la semplice attestazione della conformità del prodotto alle disposizioni vigenti in materia di produzione biologica. A tale segno distintivo, nell etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti che soddisfano i requisiti del regolamento, possono affiancarsi logotipi nazionali e privati Dal 1 luglio 2010 (termine prorogato dal regolamento CE n.967/2008), il logo comunitario potrà essere utilizzato nei prodotti sfusi o preincartati di produzione comunitaria e nei prodotti comunque importati da Paesi terzi, mentre dovrà esserlo per i prodotti di produzione comunitaria preconfezionati all origine. Tali prodotti, prevalentemente di produzione artigianale o industriale, costituiscono chiaramente di gran lunga la maggior parte dell assortimento biologico sia nei punti vendita specializzati che nella grande distribuzione. In caso di utilizzo, il logo dovrà essere accompagnato da un indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto, da esprimere con le diciture «Agricoltura UE» (quando la materia prima agricola è stata coltivata nell UE), «Agricoltura non UE» (quando la materia prima agricola è stata coltivata in paesi terzi), «Agricoltura UE/non UE» quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nella Comunità e una parte di essa è stata coltivata in un paese terzo). L indicazione «UE» o «non UE» potrà essere sostituita o integrata dall indicazione di un Paese nel caso in cui almeno il 98% delle materie prime agricole di cui il prodotto è composto siano state coltivate in quel Paese (Regolamento Ce n.834/2007, art. 24). Tale percentuale obbligherà automaticamente a etichettare come «Agricoltura UE/non UE» parte rilevante della produzione nazionale. Contengono ingredienti extracomunitari in misura superiore 88 di 142

89 al 2%, infatti: biscotti, pasticceria artigianale e industriale (per la presenza di zucchero e/o malto e/o grassi vegetali, ecc.), confetture e confetture extra, marmellate e marmellate extra, gelatine e gelatine extra (per la presenza di zucchero o altri dolcificanti), succhi e nettari di frutta (per la presenza di zucchero o altri dolcificanti), yogurt ai gusti (per la presenza di zucchero o altri dolcificanti), caramelle e pastigliaggi (per la presenza di zucchero e/o malto e/o sciroppo di glucosio o altri dolcificanti), tutti i prodotti a base di cacao, tutte le paste alimentari fresche o secche e i prodotti da forno a base di kamut, grano saraceno, segale, amaranto e quinoa, tutti i gelati (per la presenza di zucchero o altri dolcificanti) L elenco è parziale e assolutamente non esaustivo. Per talune produzioni, l obbligo dell indicazione dell origine «non UE» degli ingredienti viene addirittura a insinuare elementi d ingannevolezza per l acquirente, che peraltro la normativa europea è tesa generalmente a scongiurare (vedasi il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, novellato dal decreto Legislativo n. 181 del 23 giugno 2003). Tali norme, infatti, precisano che l etichettatura non deve indurre in errore per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento. In forza del regolamento CE n.834/2007, una confezione di pasta biologica al kamut (materia prima non disponibile di produzione né nazionale né comunitaria) realizzata in Italia dovrà essere etichettata come «non UE», mentre una confezione di pasta convenzionale (non tenuta a dettagliare l origine della materia prima) realizzata con grano duro d origine australiana sarà percepita come prodotto al 100% italiano, con palesi induzione in errore del consumatore e introduzione di squilibrio commerciale. Analoga percezione distorta il consumatore avrà per parte rilevante dei prodotti a Indicazione geografica protetta: una Bresaola della Valtellina IGP convenzionale, notoriamente realizzata con carne di zebù brasiliano, è tenuta alla sola esposizione del logo europeo IGP, venendo erroneamente percepita come prodotto della tradizione alimentare italiana, mentre una Bresaola della Valtellina Igp biologica che fosse realizzata con carni della stessa origine, a causa 89 di 142

90 dell indicazione obbligatoria «non UE» verrebbe percepita come frutto del mercato globale, con indebita penalizzazione a vantaggio della produzione convenzionale che pur presenta ingredienti d origine extra-comunitaria. Discriminazione ingiustificata subirebbero anche le versioni biologiche di Speck dell Alto Adige Igp, Prosciutto di Norcia Igp, Cotechino di Modena Igp, Zampone Modena Igp, Salame Sant Angelo Igp, ecc. i cui disciplinari non pongono vincoli di sorta sull origine della materia prima: il mercato verrà distorto dall obbligo di indicarne l origine esclusivamente a carico delle imprese di trasformazione biologica, mentre le imprese convenzionali potranno continuare a trarre giovamento dall allure di prodotto tradizionale italiano tacendo l origine comunitaria o extra-comunitaria della materia prima utilizzata. In assenza di obblighi comuni all intero comparto alimentare in materia d indicazione dell origine della materia prima, l immagine del prodotto biologico verrà ingiustificatamente depressa agli occhi del consumatore a favore di produzioni convenzionali (analogamente realizzate con ingredienti non nazionali, ma esentate dall obbligo di indicarlo in etichetta). Si tratta di problematiche sensibilmente avvertite dal comparto biologico, la cui soluzione avrebbe impatto più positivo sul sistema di altre estemporanee iniziative. Non si tratta degli unici punti critici del regolamento CE n. 834/2007: nei fatti, esso pone una seria ipoteca su un eventuale marchio collettivo inteso a garantire l origine nazionale. Il regolamento CE n.834/2007 consente già l indicazione (integrativa o sostitutiva) del nome del Paese in cui sia stato ottenuto almeno il 98% degli ingredienti di origine agricola del prodotto; in siffatta eventualità, un eventuale marchio collettivo (necessariamente facoltativo) costituirebbe una ridondanza, il Paese d origine potendo già essere in via facoltativa espresso in etichetta. Una fattispecie diversa, come potrebbe essere la previsione di concedere il marchio anche a prodotti la cui percentuale di ingredienti agricoli di origine nazionale fosse inferiore al 98%, sembra in collisione con lo stesso regolamento CE n.834/2007, che riserva la facoltà di 90 di 142

91 sottolineare con un espressa dicitura un origine geografica ai soli prodotti in cui almeno il 98% degli ingredienti vi sia stato effettivamente coltivato o allevato. Un prodotto costituito dal 97% di ingredienti di origine agricola nazionale e dal 3% di ingredienti di origine agricola extracomunitaria, infatti, in forza della normativa europea obbligatoria e inderogabile dovrà esibire il claim «Agricoltura UE/non UE», senza far altri riferimenti geografici testuali. Secondariamente, la compresenza di un attestazione (obbligatoria) di un origine degli ingredienti da «Agricoltura UE/non UE» e di un marchio che, al contrario, ne attesti l origine nazionale, appare concettualmente inconciliabile: in mercati caratterizzati da informazione insufficiente, la presenza sulla medesima confezione di marchi contraddittori costituisce un ulteriore motivo di disorientamento e confusione, che è invece espresso ruolo dei marchi ridurre o evitare Indicazioni obbligatorie dell origine In base alla normativa vigente, al dettaglio dell origine sono già tenute le imprese che producono o commercializzano una serie di prodotti, quali: a) olio vergine d oliva (regolamento CE n.182 del 6 marzo 2009) b) ortofrutticoli freschi (Decr. MiPAAF 1/8/2005) c) latte fresco (Decr. Mi.A.P. 27/5/2004) d) uova fresche (Decr. MiPAAF) 4/3/2005) e) carni bovine (Regolamento 1760/2000/CE) f) carni avicole (Circ. Min. Salute 26/8/2005 e Circ. Min. Salute 10/10/2005 e successive modifiche) g) miele (Direttiva 2001/110/CE del 20 dicembre 2001, D.Lgs. n. 179 del 21/5/2004, modificato dalla legge n. 81 dell'11/3/2006 art. 2/bis) h) passata di pomodoro (Decreto interministeriale del 17 febbraio 2006) sia di origine biologica che non biologica. Il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha notificato nel settembre scorso all Unione europea uno schema di decreto ministeriale che prevede l obbligo di indicare in etichetta l origine per latte sterilizzato a lunga conservazione, latte Uht, latte pastorizzato microfiltrato e pastorizzato a elevata temperatura e per tutti gli altri prodotti lattiero-caseari 91 di 142

92 Come già rilevato, dal 1 luglio 2010 l obbligo (limitatamente alla produzione biologica) si estenderà a tutte le produzioni di alimentari preconfezionate. Sembra quindi arduo sostenere come motivazione di un marchio collettivo nazionale l assicurazione di un elevato livello di protezione e informazione al cittadino consumatore ai sensi dell articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità europea, dato che in relazione all origine degli ingredienti al consumatore biologico è già fornita un informazione trasparente per tutti i prodotti elencati da a) ad h) e, dal 1 luglio 2010 lo sarà necessariamente per tutti gli altri prodotti preconfezionati, con un livello d informazione quindi di gran lunga superiore a quella offerta dalla generalità dei prodotti alimentari: manifestamente, le motivazioni di un eventuale marchio ricadono piuttosto nell ambito di valorizzazione e promozione, a scapito delle aziende non marchiate, e quindi sembrano in collisione con il Trattato. 92 di 142

93 4.14 Altri strumenti di tutela e valorizzazione Come già rilevato, allo scopo di proteggere la tipicità di alcuni prodotti alimentari caratterizzati da grandi qualità e tradizioni, l'unione Europea ha varato una precisa normativa, stabilendo il riconoscimento e la protezione secondo opportune procedure delle denominazioni Dop e Igp. Limitatamente all Italia, esiste l ulteriore qualifica di Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat)(che pure incontra resistenze a livello comunitario, al punto che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha preferito assumere sull argomento un profilo particolarmente basso, senza alcun intervento di promozione che non sia la pubblicazione periodica dell Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali che somma gli elenchi istituiti e mantenuti dalle regioni e dalle province autonome), ottenuti con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni (art. 8 del decreto legislativo n. 173 del 30 aprile 1998 e al successivo decreto n. 350 dell 8 settembre 1999). Se manca qualcosa, quindi, non sono certamente gli strumenti per valorizzare l origine territoriale di prodotti per i quali si ritenga che il terroir influenzi particolarmente la qualità. 93 di 142

94 5 Indagine conoscitiva 5.1 Obiettivi e metodologia La presente attività, promossa dall INEA e realizzata nei mesi di ottobre e novembre dell anno 2009, ha l obiettivo di acquisire informazioni, suggerimenti e opinioni dei diversi Stakeholders (consumatori, operatori, esperti di settore) per studiare quelle variabili ritenute capaci di favorire, ovvero ostacolare o ritardare, la creazione di un marchio nell ambito del biologico nazionale e a definire i possibili scenari di valorizzazione auspicabili nel contesto territoriale italiano. L indagine è stata basata su due fonti di dati: un questionario a risposta multipla rivolto ad un panel significativo di consumatori (circa clienti), quali principali destinatari del logo biologico nazionale. Tale attività è stata svolta in collaborazione con Naturasì, importante catena di supermercati biologici italiani; un questionario a risposta multipla rivolto agli operatori dei gruppi tematici nati nell ambito degli stati generali del biologico. L indirizzario completo è stato messo a disposizione da INEA. 94 di 142

95 5.2 Il questionario rivolto ai consumatori: analisi delle risposte Il numero complessivo dei questionari elaborati, rivolti ai consumatori, è pari a 317. Di seguito si analizzeranno brevemente i risultati delle sette domande in si articola ciascun questionario. Dal grafico che segue si evince che più della metà dei consumatori intervistati acquista regolarmente prodotti biologici (80%) e basse percentuali, rispettivamente del 17% e del 3%, dimostrano che i consumatori acquistano qualche volta e raramente prodotti biologici. Lei o la sua famiglia acquista prodotti biologici? 17% 3% 80% Sempre Qualche volta Raramente Alla seconda domanda, il 32% dei consumatori ha affermato di riconoscere un prodotto biologico proprio dalla dicitura prodotto biologico, il 27% lo riconosce dal fatto che acquista direttamente in un negozio specializzato nella vendita di alimenti biologici, il 24% lo identifica dall etichetta; il 15% dal marchio del produttore. 95 di 142

96 Quando acquista un prodotto biologico da cosa lo riconosce? 24% 15% 2% 27% 32% Dall'etichetta Dal negozio specializzato Altro Dal marchio del produttore Dalla dicitura prodotto biologico Il grafico sotto riportato mostra che l 84% dei consumatori intervistati legge sempre l etichetta del prodotto che intende acquistare. Questo dimostra da parte del consumatore una particolare attenzione per ciò che porta a tavola. Il 13% legge l etichetta soltanto qualche volta. Il 3% degli intervistati dichiara di non leggere mai l etichetta del prodotto che acquista. Legge l'etichetta del prodotto che acquista? 13% 3% 84% Sempre Qualche volta Mai Nel grafico che segue si riportano i risultati della quarta domanda, secondo i quali, i consumatori, tra tutti gli elementi presenti sull etichetta di un prodotto biologico, danno maggiore importanza 96 di 142

97 all elenco degli ingredienti (31%), all indicazione sulla provenienza (27%), alla presenza del marchio biologico europeo (24%), al nome dell organismo di controllo (14%). Considerano poco rilevante la presenza sull etichetta della tabella nutrizionale (3%). Quali elementi riportati sull'etichetta di un prodotto biologico ritiene più importante? 14% 27% 24% 1% 31% 3% Marchio biologico europeo Indicazioni sulla provenienza Elenco degli ingredienti Nome dell'organismo di controllo Tabella nutrizionale Altro 97 di 142

98 Alla quinta domanda, che chiedeva al consumatore cosa lo farebbe sentire più tranquillo nell acquisto e nel consumo di un prodotto biologico, il 40% ha risposto che avrebbe maggiori sicurezze da un aumento dei controlli volti alla propria tutela. Il 15% si sentirebbe più sicuro ad acquistare prodotti biologici se ci fosse maggiore informazione/educazione a riguardo. Il 13% avrebbe maggiore fiducia dal marchio di garanzia dell organismo di controllo. L 11%, sarebbe rassicurato dalla presenza del marchio europeo ed un altro 11% dall adozione di un marchio biologico nazionale. Le risposte della restante parte dei consumatori risultano suddivide in piccole percentuali, come si nota dal grafico sottostante. Soltanto il 5% e il 3% farebbero affidamento rispettivamente alla dicitura Garantito dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e ad un marchio regionale. Cosa la farebbe sentire ancora più sicuro nell'acquisto/consumo dei prodotti biologici? 11% 5% 11% 3% 13% 2% 15% 40% Più informazione/educazione Adozione di un marchio biologico nazionale Marchio europeo Marchio organismo di controllo Più controlli per garantire il consumatore Dicitura -Garantito dal MIPAAF- Marchio regionale Altro Il grafico che segue è di facile interpretazione e dimostra chiaramente che ben l 88% dei consumatori ai quali è stato sottoposto il questionario sarebbe favorevole all introduzione e quindi all utilizzo in etichetta di un eventuale marchio biologico nazionale. Solo il 12% ha espresso un parere negativo. 98 di 142

99 Sarebbe favorevole all'inserimento in etichetta di un eventuale marchio biologico? 12% 88% Si No Inoltre tutti coloro che hanno risposto positivamente alla precedente domanda, hanno anche manifestato gli aspetti che preferirebbero fossero garantiti proprio dall introduzione di un eventuale marchio. Gli aspetti più rilevanti sono i seguenti: - standard produttivi più rigorosi di quelli previsti dal regolamento europeo, (esempio: limitazioni o divieto dell uso di additivi, coadiuvanti, ingredienti non biologici, adozione dei principi dell agroecologia, ulteriori specifiche relative al benessere animale); - maggiori controlli sul prodotto; - azienda produttrice con sede in Italia; - maggiore frequenza di visite ispettive; - utilizzo esclusivo di materia prima italiana; - bassa impronta ecologica dell intero ciclo di vita del prodotto (utilizzo energie rinnovabili, logistica e confezionamento a basso impatto ambientale, riduzione dei percorsi trasporto/km 0, vuoti a rendere); - assenza di imballaggi non biodegradabili; - Riduzione dei tempi di raccolta, distribuzione, vendita del prodotto (es. prodotto stagionale, indicazione della data di raccolta del prodotto); - Uso di materia prima derivante solo da varietà vegetali e razze animali italiane e/o non italiane, ma introdotte da almeno mezzo secolo e ormai integrate tradizionalmente nell agricoltura e nell allevamento del territorio; 99 di 142

100 - Prodotto che sia anche DOP, IGP, STG (sistemi di qualità specifici dell Unione Europea che consentono ai consumatori di identificare i prodotti caratterizzati da particolari qualità legate all origine e/o al metodo di produzione); - Azienda distributrice con sede in Italia. Gli aspetti, ai quali i consumatori darebbero minore importanza, sono i seguenti: certificazione etica SA 8000 (Social Account) attestante il comportamento socialmente responsabile dell azienda (integrazione su base volontaria dei problemi sociali e ambientali delle imprese nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le altre parti) e/o adozione di strumenti di Responsabilità sociale (Codice etico, Bilancio di sostenibilità, Bilancio sociale, Carta dei valori); certificazione del sistema di gestione ambientale ISO:14001 e/o EMAS dell azienda; almeno il 75%di ingredienti italiani; certificazione del sistema per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro (OHSAS 18001); metodi di produzione e/o trasformazione associati in modo costante o periodico ad attività culturali e/o didattiche e/o sociali (es. fattorie didattiche e/o sensibilizzazione delle comunità locali; inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati quali persone con disagi psicologici, ex tossicodipendenti, ex detenuti, disoccupati di lungo periodo; integrazione di lavoratori immigrati, erogazione di sevizi terapeutici per portatori di handicap e anziani, ec ). 100 di 142

101 Se si, quali aspetti vorrebbe fossero garantiti dal marchio biologico nazionale? Azienda produttrice con sede in Italia Azienda distributrice con sede in Italia Solo materia prima italiana Almeno 75% di ingredienti italiani Standard produttivi più rigorosi Materia prima derivante da varietà autoctone Prodotto che sia anche DOP, IGP, STG Bassa impronta ecologica del ciclo di vita del prodotto Riduzione dei tempi di raccolta, distribuzione e vendita prodotto Produzione e trasformazione associate ad attività culturali e didattiche Maggiore frequenza di visite ispettive Maggiori controlli sul prodotto Certificazioni ISO:14001, EMAS Certificazione OHSAS Certificazione etica SA 8000 Imballaggi biodegradabili Altro 101 di 142

102 5.3 Il questionario rivolto agli operatori:analisi delle risposte Il numero complessivo dei questionari elaborati, rivolti agli operatori, è pari a 28. In questa sezione si analizzeranno brevemente i risultati elaborati delle otto domande in cui si articola ciascun questionario. Nella prima domanda, agli operatori, viene chiesto se considerano utile l adozione di un marchio nazionale da apporre sui prodotti biologici. Solo il 29% degli operatori intervistati risulta favorevole, il 71% si manifesta, invece, contrario, come mostra chiaramente il grafico che segue. Considera utile l'adozione di un marchio biologico nazionale? 29% 71% si no Le motivazioni alla risposta di cui sopra sono di seguito esposte. Coloro che hanno risposto positivamente alla precedente domanda credono che l adozione di un eventuale marchio biologico possa identificare più facilmente il prodotto nazionale, migliorare la valorizzazione dei prodotti italiani, essere utile per creare campagne istituzionali che promuovano il consumo e dare maggiore sicurezza al consumatore; come risulta dal grafico qui sotto esposto. 102 di 142

103 Considera utile l'adozione di un marchio biologico nazionale? SI Facile identificazione del prodotto nazionale Maggiore sicurezza per il consumatore Diversificazione della produzione Migliore valorizzazione dei prodotti italiani Creazione di campagne istituzionali per promuovere il consumo Vantaggio competitivo Altro Tra coloro che, invece, si sono mostrati contrari all introduzione di un probabile marchio biologico nazionale, alcuni lo ritengono superfluo perché a breve entrerà in vigore obbligatoriamente il logo europeo, altri ritengono che il nuovo marchio si andrebbe ad aggiungere ad un etichetta già ricca di contrassegni ed aumenterebbe gli aggravi economici ed amministrativi. Altri ancora vorrebbero che gli investimenti nella comunicazione riguardassero tutto il settore e non solo una parte di esso; ed infine secondo altri il mercato del biologico ha dimensioni così limitate da non trarre giovamento da un ulteriore segmentazione; inoltre un eventuale marchio biologico nazionale potrebbe creare una turbativa del mercato, convincendo i consumatori che la qualità dei prodotti esteri sia inferiore a quella dei prodotti italiani. I risultati appena esposti sono visibili nel grafico sotto riportato. 103 di 142

104 Considera utile l'adozione di un marchio biologico nazionale? NO 18% 3% 25% 14% 11% 11% 18% Logo europeo sarà obbligatorio Troppa segmentazione Investire in tutto il settore Altri motivi Troppi marchi in etichetta Prodotti esteri inferiori ai naz. Aggravi economici e organizzativi Nella seconda domanda a risposta multipla, gli operatori hanno indicato quali dovrebbero essere i criteri distintivi del proprio disciplinare. Primo fra tutti, l utilizzo esclusivo di materia prima italiana. A seguire, tra i più rilevanti: l adozione di standard produttivi più rigorosi di quelli previsti dal regolamento europeo, una bassa impronta ecologica dell intero ciclo di vita del prodotto (logistica a basso impatto, vuoti a rendere, ecc ), l azienda produttrice con sede in Italia, la materia prima deve provenire da varietà autoctone, una maggiore frequenza di visite ispettive, l utilizzo di processi di trasformazioni artigianali e di imballaggi biodegradabili. La figura che segue mostra anche quei criteri distintivi del disciplinare che per gli operatori risulterebbero meno significanti: l azienda distributrice con sede in Italia, l utilizzo esclusivo di ricette tradizionali, una percentuale minima (50%) di ingredienti italiani, un prodotto biologico che sia anche a marchio D.O.P., D.O.C, I.G.P., ecc, la presenza di certificazioni ISO:9000, ISO:14001; EMAS dell azienda ed infine un analisi sensoriale ed un panel di degustatori addestrati. 104 di 142

105 Nel caso dell'adozione di un marchio nazionale per i prodotti biologici, quali dovrebbero essere i criteri distintivi del suo disciplinare? Azienda produttrice in Italia Azienda distributrice in Italia Solo materia prima italiana Almeno il 50% di ingredienti italiani Standard produttivi più rigorosi Materia prime derivante da varietà autoctone Processi di trasformazione artigianali Ricette tradizionali Prodotto che sia anche DOP, IGP, DOCG, DOC, IGT, PAT Imballaggi biodegradabili Bassa impronta del ciclo di vita del prodotto Analisi sensoriale, panel di degustatori addestrati Maggiore frequenza di visite ispettive Certificazioni ISO:9000, ISO:14001, EMAS Altro La terza domanda è rivolta solo a coloro che operano sul mercato del biologico in qualità di distributore all ingrosso o al dettaglio. Come si evince dal grafico seguente, il 31% degli intervistati è sicuro che tra i prodotti da inserire nella propria gamma non darebbe la preferenza a quelli forniti del probabile marchio nazionale. Il 61% è incerto ed così suddiviso: il 46% è probabile che non preferisca i prodotti con il marchio nazionale ed il 15% è invece probabile che inserisca tali prodotti all interno del proprio assortimento. Solo una piccola percentuale (8%) certamente prediligerebbe tali prodotti 105 di 142

106 -Per i distributori- Ritiene che privileggerebbe prodotti corredati dall'eventuale marchio biologico nazionale per l'inserimento nel Suo assortimento? 31% 8% 15% 46% Certamente si Probabilmente no Probabilmente si Certamente no Analizzando i risultati della quarta domanda, esposti nel grafico sottostante, si deduce che secondo gli operatori intervistati, l attività di controllo di un possibile marchio biologico nazionale dovrebbe essere commissionata principalmente agli attuali organismi di controllo ed alle strutture del Ministero. Secondo piccole percentuali le Regioni e le aziende (attraverso l autocertificazione) dovrebbero svolgere tale attività di controllo. A chi dovrebbe essere affidata l'attività di controllo dell'eventuale marchio nazionale per i prodotti biologici? Autocertificazione dell' azienda Alle Regioni Agli attuali organismi di controllo biologici Alle strutture del Ministero (NAS, ICQ, CFS, ecc..) Ad altri In base all elaborazione delle risposte fornite alla quinta domanda, secondo la maggior parte degli operatori, gli oneri riguardanti gli accertamenti del sistema di controllo, conseguenti alla possibile 106 di 142

107 adozione di un marchio biologico dovrebbero essere sostenuti dalle Regioni e/o dal Ministero, mentre per la restante parte degli operatori tali responsabilità dovrebbero essere sostenute dalle aziende in base alla percentuale sul fatturato del marchio. Gli oneri relativi alle verifiche dello specifico sistema di controllo dell'eventuale marchio biologico dovrebbero essere a carico: Dell'azienda in quota fissa Delle aziende in % sul fatturato a marchio Dei prodotti senza marchio Delle Regioni e/o del Ministero È stato inoltre chiesto agli operatori di indicare, orientativamente, quale quota dei prodotti attualmente commercializzati contiene ingredienti di produzione nazionale. Dal grafico che segue è evidente che la maggior parte degli operatori commercializza prodotti con il 100% di ingredienti italiani Percentuale di prodotti commercializzati con il 100% di ingredienti italiani Inferiore al 50% Dal 50% al 95% 100% 107 di 142

108 Gli operatori, che commercializzano prodotti contenenti ingredienti italiani in percentuali comprese tra il 50% e il 100%, sono pari alla metà degli intervistati, come si nota dal grafico seguente. Percentuale di prodotti commercializzati con ingredienti italiani dal 50% al 100% 2 1,5 1 0,5 0 Inferiore al 50% Dal 50% al 95% 100% L elaborazione delle risposte della penultima domanda ha permesso di capire quale posizione della filiera occupano gli operatori cui è stato sottoposto il questionario. I risultati ben visibili dal grafico sotto riportato, sono i seguenti: il 34% è produttore agricolo e/o raccoglitore, il 27% è preparatore e/o trasformatore, il 20% è distributore all ingrosso; il 14% è dettagliante ed infine il 5% è importatore. 20% Posizione nella filiera. L'azienda svolge le attività di: 5% 34% 14% 27% Produttore agricolo, raccoglitore Dettagliante Importatore Preparatore, trasformatore Distributore all'ingrosso 108 di 142

109 L ultimo grafico è di facile interpretazione. È stato chiesto agli operatori di indicare la fascia di fatturato annuo derivante da prodotti biologici. I risultati più significativi sono i seguenti: il17% ha un fatturato annuo superiore a 20 milioni di euro, il 21% ha un fatturato annuo compreso tra 10 e 20 milioni di euro e il 29% fattura tra i ed i euro. Dimensioni dell'azienda. Fascia di fatturato annuo derivante da prodotti biologici 17% 4% 4% 29% 21% 4% 13% 4% 4% Meno di euro Da a Da a Da a 1 milione Da 1 milione a 3 milioni Da 3 milioni a 5 milioni Da 5 milioni a 10 milioni Da 10 milioni a 20 milioni Oltre 20 milioni 5.4 Riflessioni conclusive Al termine dell indagine condotta su un campione di consumatori di prodotti biologici ed un campione di operatori del settore biologico, risulta ben definita, ed anche contrapposta, la posizione di entrambe le categorie relativamente all introduzione di un eventuale marchio biologico nazionale. Mentre i consumatori sarebbero ben favorevoli alla diffusione di un eventuale marchio da ritrovare sulle confezioni dei prodotti che acquistano, (è probabile che il nuovo marchio dia loro un ulteriore garanzia riguardo alla qualità del prodotto stesso), di contro, con forza corale, gli operatori del settore hanno manifestato seri dubbi e perplessità per il possibile inserimento, sul mercato, di prodotti biologici con il marchio nazionale, mostrandosi, in definitiva, contrari e consapevoli che il sovrapporsi di marchi diversi (in una medesima confezione si possono trovare quello del produttore, quello dell'impresa di commercializzazione, quello dell'organismo di coordinamento regionale, quello dell'organismo di coordinamento nazionale e quello dell'organismo di coordinamento internazionale), nonché la presenza di marchi specifici per le coltivazioni in conversione (periodo che deve intercorrere durante il passaggio 109 di 142

110 dall'agricoltura convenzionale a quella biologica), non fanno altro che creare confusione nel consumatore, il quale può essere spinto ad evitare di acquistare quel prodotto che non gli fornisce reali garanzie di qualità (asimmetria informativa). 110 di 142

111 6 Scenari per la costituzione di un marchio biologico nazionale 6.1 Problematiche di mercato Se il criterio della concessione del marchio fosse l incompatibile origine nazionale di ciascun ingrediente di un prodotto preconfezionato, gli organismi nazionali di controllo dovrebbero accertarla in sede d ispezione, con aggravi di tempo e di costo (non sembra infatti opportuno che un marchio di proprietà pubblica sia concesso dietro la semplice autocertificazione del richiedente, soprattutto quando s intenda sostenere che il marchio è istituito per assicurare un elevato livello di protezione e trasparenza d informazione). Andrebbero stabiliti piani-tipo d ispezione, frequenza delle ispezioni, equo compenso (a meno di non attribuire l incarico agli Uffici periferici dell ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari o ad altri Uffici pubblici, così però- gravati di altre incombenze non istituzionali). Va da sé che se i nuovi costi dovuti allo specifico sistema di verifica non fossero bilanciati da un apprezzamento del mercato tale da compensarli, l operazione non costituirebbe uno strumento per la promozione del prodotto, ma per l ingiustificato aggravio dei conti economici delle imprese. Si tratta, tuttavia, di una pura esercitazione teorica, stante l incompatibilità di marchi pubblici che facciano riferimento all origine nazionale degli ingredienti. Tra le problematiche tecniche con cui le imprese (e ancor più quelle esportatrici) si devono confrontare è non irrilevante la difficoltà di collocare in etichetta una pluralità di marchi. Un impresa che intendesse introdurre i propri prodotti su più mercati nazionali, infatti, oltre che gestire rapporti con tutte le autorità e gli organismi titolari dei marchi, dovrebbe etichettare i prodotti con il logo europeo (dal 1 luglio 2010), con il Bio-Siegel e con il Marque AB (fino alla loro dismissione), per ciascuno dei cui pittogrammi le norme tecniche prevedono dimensioni minime che rendono complessa la composizione delle confezioni. Va inoltre ricordato che norme cogenti, obblighi tecnici e usi consolidati impongono l inserimento in etichetta, oltre di una serie di diciture testuali, di numerosi altri pittogrammi e simboli grafici. 111 di 142

112 Solo a titolo esemplificativo: il pittogramma ecologico che invita a non disperdere nell ambiente, il bollo sanitario, il pittogramma che assicura l utilizzo di materiale per imballi idoneo all uso alimentare, l esagono che dettaglia il materiale d imballaggio, il codice a barre, il logo dell eventuale Denominazione di origine protetta o della Indicazione geografica protetta, il logo di taluni Consorzi di tutela (Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma ecc.). Appare evidente che se di qualcosa le etichette sono prive, non è di simboli grafici, che è estremamente complesso armonizzare graficamente e collocare, e solo a scapito di spazio che potrebbe proficuamente essere destinato a una migliore e più coerente informazione al consumatore. Al di là della considerazione sull inesistente conoscenza del Bio-Siegel da parte del pubblico italiano e francese o del Marque AB da parte di quello italiano e tedesco, appare evidente che una pluralità di marchi con medesima funzione e contenuti costituisce una ridondanza di nessuna utilità. Se l Italia scegliesse di introdurre un proprio marchio (che non potrà che essere di conformità, in quanto ogni marchio connesso all origine darebbe luogo a procedure d infrazione) e lo decidessero anche Austria, Belgio e Gran Bretagna, unico risultato sarebbe la necessità da parte delle imprese di inserire la pluralità di marchi nazionali d identico significato nelle etichette, nel materiale di presentazione al pubblico e di pubblicità, oppure di gestire più linee distinte di etichette e materiali commerciali, con chiaro aggravio di costi. Un etichetta che recasse il logo europeo e una mezza dozzina di marchi nazionali assolutamente equivalenti, oltre a costituire un ingiustificato onere per le imprese e materiale per un caso di studio di semplificazione negata, nulla aggiungerebbe in trasparenza e informazione al consumatore; al contrario, potrebbe costituire un elemento di destabilizzante confusione o di errore, inducendo taluno a ritenere che un prodotto che esponesse in etichetta più marchi fosse in qualche misura più biologico di un altro della medesima qualità che si limitasse a esporre il logo europeo (l unico obbligatorio e l unico per il quale vige uno specifico sistema di controllo). Le difficoltà sopra descritte non riguarderebbero solo le imprese estere che commercializzano prodotti tramite operatori italiani della distribuzione, ma chiaramente anche le imprese italiane, tenute a rinnovare il parco etichette con oneri di estrema rilevanza; l onere sarebbe distribuito sia su quelle di maggiori dimensioni (per le quali sarebbe più rilevante in termini assoluti, stante la 112 di 142

113 maggior numerosità di referenze per le quali si renderebbe necessaria un rinnovo delle etichette, con i relativi costi di grafici e di tipografia) che su quelle minori (per le quali sarebbe in termini assoluti inferiore, ma proporzionalmente più sensibile, stante il maggior costo unitario delle etichette dovuto alle minori tirature di stampa e alla frequente realizzazione di imballaggi con la previsione di un lungo periodo di utilizzo). Va infine segnalato che un marchio attribuito sulla base del criterio fondamentale dell origine geografica del prodotto pur se non attesta, neppure garantisce qualità organolettiche superiori né chiaramente definite: in assenza di panel di degustazione (come nel caso degli oli extravergini o dei vini a denominazione) un prodotto a marchio potrebbe anche non risultare soddisfacente al consumatore, con effetti controproducenti sulle caratteristiche qualitative di altri prodotti marchiati. 113 di 142

114 6.2 Disciplinari più rigorosi L articolo 34 (Libera circolazione dei prodotti biologici) del regolamento CE n. 834/2007 al comma 2 prevede che possano essere legittimamente istituiti disciplinari più rigorosi di quelli europei, 2. Gli Stati membri possono applicare nel loro territorio norme più rigorose alla produzione biologica vegetale e a quella animale, purché tali norme siano applicabili anche alla produzione non biologica, siano conformi alla normativa comunitaria e non vietino o limitino la commercializzazione di prodotti biologici prodotti al di fuori del territorio dello Stato membro interessato, Di norma, norme più rigorose comportano maggiori costi (o quantomeno minori rese), con ciò provocando uno svantaggio competitivo alle imprese che le adottano; perché un impresa scelga di sopportare tali maggiori costi (o minori ricavi) è necessario che il vantaggio competitivo portato dall adesione a dette norme sia almeno equivalente a tali costi. L uso nell articolato del regolamento CE n.834/2007 dell aggettivo applicabili sembrerebbe consentire uno scenario in cui siano ammissibili norme più rigorose teoricamente anche solo applicabili e non necessariamente applicate nella pratica alla produzione non biologica, norme che potrebbero essere sostenute da un marchio. Ma, oltre al fatto che, per superare la presunzione di incompatibilità col Trattato, tale marchio dovrebbe essere concesso a qualsiasi impresa comunitaria o non comunitaria operasse in conformità, il considerata 29 del regolamento CE n.834/2007 da cui discende il secondo comma dell articolo 34 chiarisce che non di applicabile si tratta, ma di applicato : A fini di coerenza con la normativa comunitaria vigente in altri settori, nel caso della produzione animale e vegetale si dovrebbe consentire agli Stati membri di applicare, nei rispettivi territori, norme di produzione nazionali più rigorose delle norme comunitarie relative alla produzione biologica, purché le norme nazionali in questione si applichino anche alla produzione non biologica e siano altrimenti conformi al diritto comunitario. 114 di 142

115 Le uniche possibilità che si presentano per un marchio nazionale sembrano quindi: - marchio di pura conformità tecnica (concesso a qualsiasi impresa comunitaria ex extracomunitaria che operi in conformità al Regolamento CE n.834/2007), nella sostanza ridondante in quanto concettualmente identico al logo europeo oppure - istituzione di una norma tecnica più rigorosa, applicata anche all agricoltura nazionale non biologica, e relativo marchio (anch esso concesso a qualsiasi impresa comunitaria ex extracomunitaria che operi in conformità al disciplinare del marchio), che comporta un elemento distintivo rispetto al regolamento europeo, ma comporta ripercussioni tecniche sull intera agricoltura nazionale. 6.3 Altre considerazioni Alle Camere sono depositati diversi progetti di legge in materia di origine dei prodotti alimentari in genere e/o di loro marchi nazionali, come, a solo titolo esemplificativo: - Istituzione delle denominazioni comunali di origine per la tutela e la valorizzazione delle attività agro - alimentari tradizionali locali 6 - Disciplina delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini 7 - Disciplina della tutela e della valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini 8 - Istituzione delle denominazioni comunali di origine per la tutela e la valorizzazione delle attività agro - alimentari tradizionali locali 9 - Disposizioni per la tutela delle produzioni agroalimentari tipiche, biologiche e a denominazione protetta 10 - Disposizioni in materia di rintracciabilità dell'origine della materia prima agricola, dei prodotti alimentari, dei mangimi e tutela della salute umana di 142

116 - Disposizioni per la riorganizzazione e la promozione dell'agricoltura biologica 12 - Interventi per la valorizzazione del patrimonio agroalimentare tradizionale 13 - Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti alimentari 14 - Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani (con istituzione del marchio «100 per cento made in Italy») 15 Se ciò testimonia l encomiabile sensibilità del legislatore alla promozione dei prodotti nazionali, da quanto sopra sommariamente illustrato, rischia però di tradursi in una semplice dichiarazione politica d intenti, non essendo nella pratica ammissibili norme contrarie al Trattato. L impraticabilità di un marchio nazionale è testimoniata dal fatto che la stessa Legge n. 204 del 3 Agosto 2004, che pur ne disponeva l adozione per tutti i prodotti alimentari non trasformati o trasformati: 62. Il Ministero delle politiche agricole e forestali provvede alla vigilanza del marchio destinato alle produzioni agroalimentari italiane di qualità "Naturalmenteitaliano". 63. Le modalità di regolamentazione delle indicazioni di origine e di istituzione ed uso del marchio di cui al comma 61 sono definite con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, delle politiche agricole e forestali e per le politiche comunitarie dopo cinque anni è ancora in attesa dei decreti che pure dovevano individuare le modalità per l indicazione dell origine entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto art=doc_dc&parse=no&mobile=si&index=si&toc=no 116 di 142

117 Il regolamento CE n.834/2007 prevede l obbligo dello specifico logo europeo, integrato dalla dicitura «Agricoltura UE» che può essere sostituita o integrata dall indicazione del paese in cui sia stato prodotto non meno del 98% delle materie prime agricole di cui il prodotto è composto; è facile prevedere che le imprese conformi al requisito indicheranno «Agricoltura italiana», «Agricoltura UE - materia prima italiana» o altra dicitura analoga che rende del tutto ridondante un ulteriore specificazione sotto forma di marchio nazionale; la chiara informazione al consumatore può ritenersi così più che garantita. Dal breve esame qui riassunto si desume: - l incompatibilità comunitaria di qualsiasi misura che agevoli alcuni soggetti e ne escluda altri senza che ciò sia giustificato dal perseguimento di obbiettivi di interesse comunitario generale che non possano essere altrimenti soddisfatti; - la complessità pratica (aggravio degli oneri per il controllo; difficoltà a inserire un ulteriore marchio in etichetta); - la relativa scarsità di prodotti marchiabili (stante la non disponibilità di numerosi ingredienti da produzione nazionale e la conseguente obbligatorietà dell indicazione agricoltura UE/non UE per parte rilevantissima dei prodotti trasformati, che si palesa incompatibile con un marchio che intendesse rivendicare, al contrario, l origine nazionale del prodotto finito) Ne consegue che non appare praticabile la via di un intervento pubblico per un marchio nazionale il cui scopo sia la promozione e l attribuzione di un vantaggio competitivo alle imprese nazionali; un marchio basato esclusivamente sull origine nazionale delle imprese è ammissibile (e dopo accurata calibrazione della sua regolamentazione) dalla normativa comunitaria esclusivamente se alla sua gestione e promozione provvedono direttamente le imprese, con l esclusione di ogni contributo economico pubblico. È invece ritenuto ammissibile un marchio di conformità, ancorché di proprietà pubblica, a condizione che sia concesso a tutte le imprese comunitarie ed extra-comunitarie operanti in conformità a norme tecniche di riferimento (vedansi i citati casi dei marchi collettivi comunitari adottati dalle Regioni Toscana e Puglia). 117 di 142

118 Un marchio siffatto, tuttavia, si verrebbe integralmente a sovrapporre al logo europeo (a breve obbligatorio); un marchio nazionale che avesse carattere di volontarietà, in quanto facoltativo nulla innova nella prassi esistente, ma solo aggiunge un ennesima prescrizione di legge e oneri per le imprese. Va segnalato anche che se la tutela comunitaria e multilaterale del sistema vigente di etichettatura è universalmente riconosciuta nelle sedi arbitrali, l ipotesi di un marchio nazionale rischia non trovare la stessa tutela. 118 di 142

119 6.4 Vantaggi e svantaggi nella creazione di un marchio biologico nazionale strenght - Rafforzare l immagine del prodotto biologico made in Italy - Fornire un valore aggiunto al prodotto biologico tramite l adozione di disciplinari più rigorosi - Immediata identificazione del prodotto biologico nazionale da parte del consumatore - Garantire al consumatore che tutte le fasi del processo di produzione e trasformazione sono interamente realizzare sul territorio nazionale, nel rispetto delle norme comunitarie e nazionali - Accrescere la percezione del valore e della qualità del prodotto biologico nazionale ne consumatore, in termini di sicurezza, garanzia e controlli - Predisposizione di un panel significativo di consumatori verso il marchio biologico nazionale weakness - Parere negativo degli operatori e degli esperti del settore - introduzione di un biologico di serie A e di serie B, a fronte di un segmento di dimensioni limitate - rischio che le risorse pubbliche, anziché alla promozione del settore biologico, vadano alla promozione di una sua parte minoritaria, quindi a danno della maggioranza degli operatori, stante la ridotta applicabilità del marchio (per barriere tecniche oggettive) e la sua ridotta applicazione (per contrarietà delle aziende) - coesistenza con il logo europeo e con l indicazione concorrente agricoltura italiana - coesistenza con il logo europeo e l indicazione contrastante agricoltura UE/non UE per confetture, marmellate, nettari di frutta, caffè, cioccolato, prodotti da forno ecc. (in quanto contenenti ingredienti extra UE oltre il 2%). - difficile compatibilità con la norma comunitaria generale - elementi distintivi necessariamente poco significativi - marchio che non richiede standard qualitativi ed organolettici uniformi, ma si concentra sostanzialmente sulla sola origine - obbligo di concedere il marchio anche ad aziende estere conformi, annullando quindi il vantaggio competitivo - presenza di altri strumenti per valorizzare l origine territoriale e la qualità dei prodotti (Dop,Igp, prodotti agroalimentari tradizionali) - Rapporto marchio/qualità non necessariamente connesso - Difficoltà per le imprese di collocare in etichetta una pluralità di marchi - Obbligo di adozione dei disciplinari più rigorosi anche per le aziende convenzionali 119 di 142

120 opportunities - identificazione dell italianità del prodotto con un simbolo grafico e non solo con l indicazione testuale già obbligatoria - identificare la produzione biologica puntando sulla garanzia istituzionale della qualità del prodotto (controlli, sicurezza) - Valorizzare la provenienza (rintracciabilità ed elevati standard qualitativi) - Fornire maggiore visibilità ai prodotti biologici - Migliorare la capacità di penetrazione del mercato nazionale - Aumentare il peso del settore biologico sui consumi domestici - Fornire una maggiore trasparenza informativa e di mercato tramite l intervento delle istituzioni pubbliche/organismi in grado di comunicare/assicurare la qualità dei beni - Tutelare i produttori che si avvalgono del marchio bio (uso non corretto del marchio, concorrenza leale tra i produttori bio) - Contrastare l uso ingannevole o scorretto dei marchi - Possibilità di revisionare le procedure di controllo - Possibilità di migliorare il coordinamento degli enti preposti ai controlli - Possibilità di adottare nuove iniziative e campagne di comunicazione ed educazione - Effetto trainante sull intero settore bio treats - ulteriore segmentazione del settore bio - maggiore confusione per il consumatore per l eccesso di marchi e diciture contraddittorie - appesantimento degli oneri burocratici a carico delle imprese - complicazione del sistema di controllo - attività ulteriori richieste a ICQ, NAS, CPA ecc. - nuovi costi che graverebbero sulle aziende e quindi sul prezzo al pubblico dei prodotti - svantaggio competitivo per le imprese dovuto all eventuale applicazione di norme più rigorose (più costi e meno resa) - necessità per gli operatori di rinnovare le confezioni - incompatibilità con la norma comunitaria generale - obbligo di concedere il marchio anche ad aziende estere conformi, annullando quindi il vantaggio competitivo - dispersione delle risorse pubbliche per barriere tecniche oggettive (procedeure e costi aggiuntivi) e soggettive (scarsa convinzione delle aziende) all applicabilità del marchio - obbligo dicitura agricoltura UE/non UE per prodotti contenenti ingredienti extra UE oltre il 2%, come confetture, marmellate, cioccolata, caffè, ecc 7 CONCLUSIONI: la fattibilità del Marchio biologico Nazionale - Un marchio di proprietà pubblica non può trovare nell origine nazionale del prodotto o dei suoi ingredienti il suo elemento distintivo, né l amministrazione pubblica può intervenire a sostegno di tale marchio o di un marchio analogo di proprietà di terzi, in quanto ciò configurerebbe aiuto di stato in grado di falsare la libera concorrenza su prodotti del tutto equivalenti. Ogni intervento pubblico che faccia riferimento all origine nazionale degli ingredienti non potrà essere autorizzato dalla Commissione e ogni elaborazione a questo riguardo si tradurrà in spreco di tempo. 120 di 142

121 - Un marchio nazionale può essere legittimamente istituito e promosso dall amministrazione pubblica qualora non falsi la concorrenza internazionale, e sia quindi accessibile alle stesse condizioni a qualsiasi impresa comunitaria o extra-comunitaria in regime di equivalenza e non; va da sé che un siffatto marchio costituirebbe l esatta duplicazione del logo europeo di imminente obbligatorietà, venendo quindi a mancare di una pur minima utilità e costituendo, nei fatti, solo un nuovo gravame per le imprese del settore; - Un marchio nazionale può essere legittimamente istituito e promosso dall amministrazione pubblica qualora si riferisca a un disciplinare con norme tecniche più rigorose (che rafforzino il legame con il territorio, con le caratteristiche delle cultivar e delle razze animali autoctone, con le pratiche agrarie ed elevati standard di qualità) di quelle previste dall Unione europea, che devono tuttavia valere per l intera produzione nazionale anche non biologica; come per gli altri casi, tale marchio non deve falsare la concorrenza internazionale e deve essere quindi accessibile alle stesse condizioni a qualsiasi impresa comunitaria o extra-comunitaria in regime di equivalenza e non; un siffatto marchio, comportando nuovi obblighi tecnici per tutta l agricoltura nazionale, si palesa evidentemente come possibilità solo teorica e di scuola, priva di reali prospettive. - Le dimensioni del settore, per quanto in crescita, sono tuttora limitate, con la massima probabilità tali da non giustificare né sopportare un ulteriore segmentazione. - La dicitura obbligatoria «Agricoltura UE/non UE» o «Agricoltura italiana/non Ue» per tutti i prodotti in cui sia di origine extra-comunitaria una percentuale uguale o superiore al 2% (zucchero, grassi vegetali, cacao, ecc.) mal si coniuga con un marchio che intendesse attestare l origine italiana del prodotto, essendo questo dichiarato altrove nella stessa etichetta come blend di ingredienti nazionali ed extra-comunitari. - Stante la normativa vigente, al di là del fatto che ciò sia prevalentemente ritenuto a livello comunitario come limitazione al libero scambio tra i paesi della Ue, al dettaglio dell origine 121 di 142

122 sono già tenute le imprese che producono o commercializzano numerosi prodotti sia di origine biologica che non biologica. - Come già esposto, dal 1 luglio 2010 l obbligo di indicare l origine, limitatamente alla produzione biologica (continuano, infatti, a essere esonerati da tale adempimento le produzioni non biologiche, salvo che per i prodotti sopra richiamati), si estenderà a tutte le produzioni di alimentari preconfezionate, informando il consumatore del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto. - L inammissibilità comunitaria di marchi nazionali legati all origine nazionale del prodotto e/o dei suoi ingredienti limita l intervento pubblico nel solo campo dei marchi nazionali, ma non lo impedisce in tutti gli altri ambiti di estremo rilievo per il settore: promozione generale del consumo di prodotti biologici e del marchio europeo (che sul mercato interno è comprensibilmente presente in assoluta prevalenza su prodotti nazionali), green public procurement, sostegno all internazionalizzazione, sostegno all interprofessione e agli accordi di filiera, rapida emanazione delle norme di settore, ecc. 122 di 142

123 Appendice L agricoltura biologica nel mondo Secondo l ultimo sondaggio in materia di agricoltura biologica (pubblicato in The World of Organic Agriculture) effettuato dall istituto di ricerca di Agricoltura Biologica, FiBL e dall IFOAM, l agricoltura biologica si sta sviluppando rapidamente e le informazioni statistiche sono adesso disponibili in ben 141 Paesi nel mondo. I principali risultati del più recente sondaggio a livello globale sulle produzioni biologiche mostrano che 32,2 milioni di ettari di terreni agricoli sono gestiti in biologico da oltre 1,2 milioni di produttori, inclusi i piccoli proprietari terrieri. In aggiunta ai terreni agricoli, ci sono 0,4 milioni di ettari destinati all acquacoltura biologica. Figura 1 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 Distribuzione delle aree biologiche Tra le macroaree con le più ampie superfici di terreni destinati al biologico si segnalano l Oceania, l Europa e l America Latina. Dell Europa e dell America Latina si dirà in seguito. 123 di 142

124 Figura 2 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 L'Oceania, con circa 12 milioni di ettari, ha più di un terzo delle terre coltivate con metodi biologici, la maggior parte delle quali è in Australia. Una gran parte di questi è dedicata ai pascoli e sostiene significativamente la produzione di carni bovine in Australia e di prodotti lattiero-caseari, lana in Nuova Zelanda. Figura 3 Fonte: FiBL &IFOAM di 142

125 Quote di terreno biologico Liechtenstein, Austria e Svizzera sono gli unici Paesi al mondo che hanno destinato più del 10% della loro superficie all agricoltura biologica. È un dato di eccezionale rilevanza se si pensa che il 68% dei Paesi esercita attività di agricoltura biologica su una superficie inferiore all 1%. Figura 4 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 Figura 5 Fonte: FiBL &IFOAM di 142

126 Paesi in via di sviluppo Circa un terzo di tutte le terre gestite in biologico nel mondo quasi 11 milioni di ettari è localizzato nei paesi in via di sviluppo. Tra questi troviamo al primo posto l America Latina,(Argentina, Brasile e Uruguay) seguita dall Asia (Cina e India) e dall Africa al secondo e terzo posto. L'America Latina ha circa 6 milioni di ettari di terreno biologico, con l'argentina, Brasile, Uruguay come leader. La maggior parte di questi terreni sono utilizzati per la coltivazione di colture destinate all'unione Europea, agli Stati Uniti e al Giappone; almeno l' 85% di prodotti alimentari biologici viene esportato in Messico. Due dei più importanti prodotti biologici della regione sono il cacao e il caffè, che forniscono un importante fonte di reddito per i piccoli agricoltori. L Europa verrà trattata più in dettaglio successivamente. In Asia, la Cina ha più della metà dei 2,8 milioni di ettari di terreni agricoli, gestiti biologicamente. L'India segue a stretto contatto con più di 1 milione di ettari ma ha un numero maggiore di produttori: quasi in confronto con la Cina con L'Africa ha più di 800 mila ettari di terreni agricoli gestiti biologicamente, con l'uganda al primo posto con quasi 300 mila ettari (2,33 per cento del totale delle superfici agricole). Anche se il continente è la patria di quasi la metà dei terreni biologici di tutto il mondo, le aziende tendono ad essere di numero molto inferiore a quello di altre regioni. I maggiori prodotti biologici raccolti in Africa sono il caffè e le olive. Uso del suolo Quasi i due terzi dei terreni mondiali gestiti in biologico sono destinati al pascolo (20 milioni di ettari). La superficie coltivata (seminativi e colture permanenti) invece ricopre 7,8 milioni di ettari. Rispetto alla precedente indagine condotta da FiBL &IFOAM, vi è una chiara tendenza ad aumentare la superficie coltivata destinata al biologico. Per alcune colture già si sono registrati degli aumenti; zone biologiche destinate alle coltivazioni del caffè e delle olive, ad esempio, rappresentano più del 5% del totale delle superfici di raccolta. E in alcuni Paesi le percentuali sono ancora più elevate: il 30% del caffè proveniente dal Messico è biologico. 126 di 142

127 Figura 6 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 Figura 7 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 La crescita dei terreni biologici A livello mondiale, si è registrato un aumento delle superfici dei terreni biologici di quasi 1,5 milioni di ettari rispetto ai dati del Figura di 142

128 Fonte: FiBL, IFOAM & SOEL Un aumento del 28% (o 1,4 milioni di ettari) dei terreni investiti a biologico è stato registrato in America Latina (compresi 0,9 milioni di ettari in conversione in Brasile, per i quali fino ad ora non erano disponibili dati). Figura 9 Fonte: FiBL &IFOAM di 142

129 In Europa la superficie destinata al biologico è aumentata di 0,33 milioni di ettari e di 0,18 milioni di ettari in Africa. Dal 1999 la superficie destinata all agricoltura biologica è quasi triplicata. Ma spesso i dati relativi allo sviluppo del territorio relativamente alla gestione biologica sono in fase di costante revisione. Produttori Fino al 2007 sono stati registrati 1,2 milioni di produttori che operano nel campo del biologico. Secondo i dati ottenuti, quasi la metà dei produttori è localizzata in ordine crescente nelle seguenti aree geografiche: Africa, America Latina ed Europa. Figura 10 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 Il paese con il maggior numero di produttori è l Uganda, seguito da India, Etiopia e Messico. Trovare dati precisi sul numero di aziende agricole biologiche rimane difficile, in quanto alcuni paesi riportano il numero dei piccoli produttori ed altri paesi riportano solo il numero di aziende o di gruppi di agricoltori. Inoltre ci sono Paesi che forniscono il numero di produttori per singola coltura; risulta chiaro che si possono verificare delle sovrapposizioni per quegli agricoltori la cui attività è incentrata su più colture. Figura di 142

130 Fonte: FiBL &IFOAM 2009 Il numero globale di produttori biologici, pari a 1,2 milioni, dovrebbe pertanto essere considerato con cautela. Mercato globale La domanda globale di prodotti biologici rimane robusta, con vendite in aumento di oltre 5 milioni di dollari l anno. È stato stimato che le vendite internazionali hanno raggiunto 46,1 miliardi di dollari nel Figura 12 Fonte: Organic Monitor 2009, Sahota di 142

131 La domanda dei consumatori di prodotti biologici è concentrata in Nord America e in Europa; queste macroaree costituiscono il 97% del fatturato globale. Asia America Latina e Oceania sono importanti produttori ed esportatori di alimenti biologici. Gli elevati ritmi di crescita hanno rafforzato quasi ogni settore dell industria dei prodotti alimentari biologici: frutta, verdura, bevande, cereali, semi, sementi, erbe e spezie. In piena crisi finanziaria si prevedono tassi di crescita positivi del mercato, ma inferiori rispetto agli anni precedenti. 131 di 142

132 L agricoltura biologica in Europa L Europa, con la sua costante crescita di terreni coltivati a biologico, detiene circa un quarto dell intera superficie mondiale. Alla fine del 2007, 7,8 milioni di ettari in Europa sono stati gestiti in biologico da oltre aziende. Nell Unione Europea, invece, sono risultati 7,2 milioni gli ettari condotti in biologico da più di aziende biologiche. Figura 13 Fonte: FiBL and ZMP L 1,9% dell agricoltura europea e il 4% dell agricoltura dell Unione Europea è biologica. Il 24% della superficie biologica del mondo è localizzata in Europa. I Paesi con la più vasta superficie dedicata al biologico sono: Italia (1'150'253 ettari), Spagna (988'323 ettari) e Germania (865'336 ettari). 132 di 142

133 Rispetto al 2007 la superficie europea coltivata a biologico è aumentata di 0,3 milioni di ettari (+4,5%) con sostanziali incrementi in Paesi come la Spagna ( ettari), la Polonia ( ) e la Gran Bretagna ( ). Figura 14 Fonte: FiBL, Institute of Rural Sciences and ZMP Figura 15 Fonte: FiBL, Institute of Rural Sciences and ZMP Purtroppo dati ancor più recenti hanno confermato che la Spagna ha scavalcato l'italia come maggior produttore biologico europeo. La Spagna è arrivata a un totale di 1,25 milioni di ettari, rispetto a 1,15 milioni dell'italia. 133 di 142

134 Il sorpasso spagnolo è avvenuto soprattutto grazie alla Andalusia che sta diventando uno dei centri del biologico europeo. Con 784mila ettari coltivati e operatori biologici, l'andalusia è di gran lunga la prima comunità regionale spagnola per il biologico. I dati sono stati diffusi al BioFach 2009 da Francisco Casero, presidente del Ccae, Comité de Agricultura Ecológica de Andalucía. Il mercato europeo dei prodotti biologici Le vendite dei prodotti biologici sono state circa di 16 miliardi di euro nel sempre nel 2007 il più grande mercato dei prodotti biologici è stata la Germania con un fatturato di 5,3 miliardi di euro (5,8 miliardi di euro nel 2008), seguita dal Regno Unito (2,6 miliardi di euro), Francia e Italia (1,9 miliardi di euro entrambe). Figura 16 Fonte: Institute of Rural Science of Aberystwyth University, FiBL, ZMP. 134 di 142

135 Figura 17 Fonte: Institute of Rural Science of Aberystwyth University, FiBL, ZMP. La più alta spesa pro capite per i prodotti biologici si registra nei seguenti paesi: Austria, Danimarca e Svizzera. Figura 18 Fonte: Institute of Rural Science of Aberystwyth University, FiBL, ZMP. Al primo posto, tra i Paesi con la più elevata quota di prodotti biologici si colloca la Danimarca, seguita dall Austria, dalla Svizzera e dalla Svezia. L Italia non è presente in questa classifica. 135 di 142

136 Figura 19 Fonte: Institute of Rural Science of Aberystwyth University, FiBL, ZMP. Le più alte vendite per I prodotti biologici si registrano nei seguenti Paesi : Germania, Regno Unito, Francia e al quarto posto si colloca l Italia. L agricoltura biologica in Italia Dall analisi completa dei dati forniti al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali dagli Organismi di Controllo (OdC) operanti in Italia al 31 dicembre 2008, sulla base delle elaborazioni del SINAB Sistema d Informazione Nazionale sull Agricoltura Biologica, risulta che gli operatori del settore sono di cui: produttori; preparatori (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio); che effettuano sia attività di produzione che di trasformazione; 51 importatori esclusivi; 195 importatori che effettuano anche attività di produzione o trasformazione. Tabella 3 - Numero operatori per tipologia e regione 136 di 142

137 Fonte: Sinab Rispetto ai dati riferiti al 2007 si rileva una riduzione complessiva del numero di operatori dell 1,2%. La distribuzione degli operatori sul territorio nazionale vede, come per gli anni passati, la Sicilia seguita dalla Calabria tra le regioni con maggiore presenza di aziende agricole biologiche. 137 di 142

138 Figura 20 - Variazione percentuale del numero di operatori per regione: confronto Fonte: Sinab Figura 21 - Numero di PRODUTTORI per regione Fonte: Sinab Per il numero di aziende di trasformazione impegnate nel settore la leadership spetta all Emilia Romagna seguita dal Veneto, come dimostrano i due grafici che seguono. (figg. 22 e 23) 138 di 142

139 Figura 22 - Numero di PREPARATORI per regione Fonte: Sinab Figura 23 - Numero degli IMPORTATORI per regione Fonte: Sinab La superficie interessata, in conversione o interamente convertita ad agricoltura biologica, risulta pari a ettari, con una riduzione rispetto all anno precedente circa del 12,8%. Il principale orientamento produttivo è rappresentato dai cereali che, insieme a foraggi, prati e pascoli, 139 di 142

140 coprono più del 50% della superficie totale ad agricoltura biologica. Segue, in ordine di importanza, la superficie investita ad olivicoltura e quella a viticoltura. Tabella 4 - Superfici e colture in agricoltura biologica Fonte: Sinab Nei grafici successivi (figg. 24 e 25) si riportano rispettivamente le superfici e le colture in agricoltura biologica e la distribuzione regionale della superficie 140 di 142

141 Figura 24 - Superfici e colture in agricoltura biologica (in ettari) Fonte: Sinab Figura 25 Distribuzione regionale della superficie (dati in corso di elaborazione) Fonte: Sinab 141 di 142

142 Per le produzioni animali, distinte sulla base delle principali specie allevate, i dati evidenziano un incremento del numero di capi in particolare per quanto riguarda il pollame, le pecore ed i maiali. Tabella 5 - ZOOTECNIA Fonte: Sinab L attività esercitata dagli Organismi di controllo riconosciuti si è concretizzata in un totale di visite ispettive, con prelievo ed analisi di campioni. 142 di 142

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