Società I taliana di Artroscopia. www siaonline net. Report delle Faculty S.I.A. per il biennio

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1 Libro faculty-09.qxp 15/10/15 16:04 Pagina 1 Società I taliana di Artroscopia www siaonline net Report delle Faculty S.I.A. per il biennio

2 Società Italiana di Artroscopia COMITATO DIRETTIVO S.I.A. BIENNIO Presidente Vice Presidente Segretario Past President Consiglieri Paribelli Gianezio Volpi Piero Arnaldi Enrico Coari Giancarlo Bigoni Marco Boschi Stefano Di Giacomo Giovanni Franceschi Francesco Salini Vincenzo Salvi Massimiliano Righi Paolo Vinanti Giovanni Battista

3 Società Italiana di Artroscopia Le faculty Report delle Faculty S.I.A. per il biennio Tutti i diritti sono riservati. Gli articoli e i loro contenuti sono di proprietà dei rispettivi autori. S.I.A. è a disposizione per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione.

4 REPORT DELLE FACULTY S.I.A. PER IL BIENNIO COORDINATORE FACULTY Angelo C.C. Di Giunta L obiettivo principale della Società Italiana di Artroscopia è sempre stato quello di favorire lo sviluppo e la diffusione della educazione fra tutti i suoi iscritti, cercando di favorire l inserimento di tutti i giovani colleghi in una realtà professionale sempre più complessa, migliorandone le capacità tecniche e professionali. Giusto per fare un po di storia, fu durante il biennio di presidenza del Prof. Ferdinando Priano che si crearono le Faculty per ogni segmento scheletrico ed il progetto prese ancora più corpo con i bienni a seguire come quelli di Gigi Perderzini e di Riccardo Minola. Ulteriore incremento dell importanza delle Faculty all interno della SIA viene dato negli anni di Presidenza di Raul Zini e Giancarlo Coari allorchè viene istituzionalizzato il ruolo del Coordinatore che vede il nome di Stefano Boschi per 4 aa., che ha dato modo, sempre più di rafforzare il gruppo ed ampliare i progetti di educational della Società. Delle Faculty fanno parte alcuni membri della Società, scelti dai vari responsabili e dal Consiglio Direttivo, che hanno dimostrato particolare interesse e competenza della chirurgia di quel dato segmento scheletrico e che sono ben predisposti all insegnamento ed alla voglia di trasmettere la propria esperienza a tutti coloro che lo desiderano. Sono stati così organizzati corsi di artroscopia con esercitazioni su modellini e cadavere. Ogni membro delle faculty ha il compito partecipare ai corsi indetti dalla Società e deve, inoltre, essere parte attiva del sito ufficiale della società. Sotto l attuale Presidenza di Gianezio Paribelli, le Faculty sono state così distinte: Faculty Spalla con Responsabile il Dr. Roberto Castricini, Faculty Polso con Responsabile il Dr. Ferdinando Battistella Faculty Anca con Responsabile il Dr. Nicola Santori Faculty Ginocchio con Responsabile il Dr. Alessandro Tripodo Faculty Caviglia con Responsabile il Dr. Alberto Ventura L obbiettivo che ci eravamo prefissati per questo biennio era quello di essere sempre più attivi con i corsi su cadavere, rinnovare e rendere più interessante il sito introducendo pubblicazioni, video ed inoltre essere partecipi nell organizzazione di eventi regionali. Come Coordinatore delle Faculty, sono molto soddisfatto del lavoro fatto durante questi due anni e devo fare un particolare ringraziamento ai Responsabili dei vari settori per la dedizione e per la grande professionalità mostrata nell ambito del ruolo che gli è stato affidato. Lo spirito di far parte di una storica e grande Società scientifica come la SIA deve essere quello di avere la voglia di stare al passo con i tempi rinnovando ed ampliando la visione della chirurgia artroscopica e anche delle nuove frontiere della chirurgia open che l accompagna. Concludendo devo dire che è stato motivo di orgoglio, delle Faculty di questo biennio, poter realizzare questo volume perché raccoglie il lavoro fatto da ognuno e lascia una traccia per poter continuare a diffondere conoscenza nell ambito della chirurgia artroscopica con l augurio di poter continuare a collaborare in modo da poter essere il punto di riferimento di tuti i soci SIA e non e magari realizzare delle vere e proprie linee guida della Società. 4 Angelo C.C. Di Giunta

5 INDICE Introduzione FACULTY DI SPALLA Studio osservazionale instabilità di spalla R. Castricini FACULTY DI POLSO Assistenza artroscopica nella riduzione delle fratture articolari di polso F. Battistella FACULTY DI ANCA Trattamento artroscopico dell anca N. Santori FACULTY DI GINOCCHIO Le lesioni delle radici dei menischi A. Tripodo FACULTY DI CAVIGLIA Algoritmo terapeutico per l instabilità laterale di caviglia A. Ventura 5

6 Società Italiana di Artroscopia FACULTY DI SPALLA LEADER FACULTY Castricini Roberto FACULTY Barbieri Eugenio De Benedetto Massimo Pannone Antonello Petriccioli Dario Pirani Piergiorgio Raffelini Francesco Scordino Francesco Spoliti Marco Vitullo Andrea 6

7 STUDIO OSSERVAZIONALE INSTABILITÀ DI SPALLA Una lussazione anteriore della spalla comporta spesso undeficit osseo dellasuperficie anteriore glenoidea e della superficie postero-superiore della testa omerale (lesione di Hill-Sachs). La perdita ossea riduce l area di contatto glenoomerale durante l arco di movimento (il glenoid track) ed aumenta gli stress compressivi sulla superficie ossea residua, con il conseguente aumentodella probabilità di un nuovo episodio di lussazione. Approssimativamente il 70% dei pazienti con un primo episodio di lussazioni potràincorrere inuna recidiva entro 2 anni, anche se questo aspetto è legato in particolar modo all età: un incidenza dell 80% nei pazienti di età inferiore ai 20 anni, del 60% in quelli di età compresa tra anni, e meno del 15% in quelli di età superiore a 40 anni. Il rapporto tra il danno anatomico dopo lussazione gleno-omerale, le caratteristiche del paziente ed il rischio di recidiva è argomento di grande interesse al fine di identificare il corretto approccio terapeutico. L integrità ossea è attualmente considerata come il fattore più importante che influisce sul successo del trattamento. Malgrado la patologia sia nota fin dagli albori della medicina poco ancora si conosce sul meccanismo traumatico responsabile del danno osseo omerale e glenoideo. In particolare non si conosce ancora in modo preciso come i 2 meccanismi traumatici più comuni:un trauma con arto in abduzione-rotazione esterna o in adduzione-rotazione interna provochino il deficit osseo. La perdita ossea può essere studiata mediante radiografia ma il gold standard è rappresentato dall esame TC. In particolare la TC con ricostruzione 3D dell omero consente di valutare sede, dimensioni edorientamento della lesione di Hill- Sachs, mentre una TC con ricostruzione dell immagine en face della superficie articolare glenoidea, secondola metodica Pico, consente di quantificare il danno glenoideo come deficit di superficie o in percentuale rispetto all arto controlaterale. 7

8 STUDIO OSSERVAZIONEALE INSTABILITÀ DI SPALLA La quantificazione del deficit osseo è fondamentale per un corretto approccio terapeutico, così come la conoscenza del meccanismo traumatico può fornire un fattore predittivo sul tipo di danno osseo atteso. Scopo di questo studio è determinare se vi sia una correlazione trail tipo di deficit osseo glenoideo ed omerale, dopo un primo episodio di lussazione traumatica anteriore, in relazione ai due più frequenti meccanismi di lesione: rispettivamente un trauma in abduzione-rotazione esterna o in adduzione-rotazione interna. I pattern così identificati potranno essere valutati considerando i paziente con maggior o minor rischio di recidiva secondo il tipo di danno subito. Abbiamo selezionato n. X centri ed ognuno valuterà Y pz che abbiano avuto un singolo episodio di lussazione anteriore di spalla analizzandone criteri clinici e radiografici. I pazienti sono inseriti in 2 gruppi a seconda del meccanismo di lesione iniziale (trauma in abduzione-rotazione esterna, gruppo 1, e adduzionerotazione interna, gruppo 2). Criteri di inclusione sono un unico episodio di lussazione anteriore documentato radiograficamente, la possibilità di avere uno studio TC completo, la possibilità del paziente di descrivere il meccanismo traumatico responsabile della lussazione. Criteri di esclusione la presenza di pregresse patologie, traumatiche e no, locali o sostemiche, coinvolgenti l'articolazione. Tutti i pazienti reclutati saranno valutati riportando i principali dati clinici (età, sesso, lato coinvolto e tipologia traumatica) econ uno studio TC 3D. La valutazione della glena eseguita con metodica Pico, per valutare sede, area e percentuale di perdita ossea glenoidea, la valutazione dell'omero con ricostruzione 3D per definire la sede e le caratteristiche della lesione Hill-Sachs (dimensioni, profondità, angolazione), il glenoid track e la posizione della Hill-Sachs rispetto al glenoid track (lesioni on ed off track). Dal confronto dei dati ottenuti si ricercherà se vi sia una correlazione tra il meccanismo traumatico ed il deficit osseo corrispondente. BIBLIOGRAFIA Di Giacomo G, Itoi E, Burkhart SS.Evolving concept of bipolar bone loss and the Hill-Sachs lesion: from "engaging/non-engaging" lesion to "on-track/off track" lesion.arthroscopy Jan;30(1):90-8. Sofu H, Gürsu S, Koçkara N, Oner A, Issın A, Camurcu Y. Recurrent anterior shoulder instability: Review of the literature and current concepts. World J Clin Cases Nov 16;2(11): Review. Bishop JY, Jones GLL, Rerko MA, Donaldson CC; MOON Shoulder Group. 3-D CT is the most reliable imaging modality when quantifying glenoid bone loss. CORR 2013 Apr; 471 (4) : Baudi P, Righi P, Bolognesi D, et al. How to identify and calculate glenoid bone deficit. Chir Organi Mov 2005;90: Itoi E, Yamamoto N, Kurokawa D, Sano H.Bone loss in anterior instabilitycurr Rev Musculoskelet Med Mar;6(1):

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10 STUDIO OSSERVAZIONEALE INSTABILITÀ DI SPALLA 10

11 NOTE 11

12 Società Italiana di Artroscopia FACULTY DI POLSO LEADER FACULTY Battistella Ferdinando FACULTY Da Rin Ferdinando Pezzella Giulio Rebuzzi Enrico 12

13 ASSISTENZA ARTROSCOPICA NELLA RIDUZIONE DELLE FRATTURE ARTICOLARI DI POLSO INTRODUZIONE Lo scopo del trattamento delle fratture del radio distale è innanzi tutto quello di ripristinare i corretti parametri anatomici del radio distale quali la lunghezza del radio, la corretta inclinazione sul piano frontale e sagittale, l asse dell avambraccio ma anche di ripristinare la superficie articolare e di identificare e trattare le lesioni associate. Mentre il ripristino dei primi tre parametri può venir effettuato con un intervento a cielo aperto, l identificazione delle lesioni associate e il ripristino della superficie articolare hanno beneficiato dell uso dell artroscopia di polso quale assistenza all intervento a cielo chiuso o aperto. È stato infatti rilevato da diversi autori nell ultimo ventennio come sia molto frequente la presenza di lesioni intracarpiche in caso di frattura intrarticolare del radio distale (Cooney 1993, Fontes 1992, Geissler 1995, 1996, Leibovitz 1994, Whiplle 1995, Wolfe 1995, Lindau 1997, Forward 2008). Pur ipotizzando che non tutte queste lesioni associate siano necessariamente da trattare in quanto alcune di esse di grado lieve e passibile quindi di guarigione con una semplice immobilizzazione post-operatoria, tuttavia le dimensioni del fenomeno sono rilevanti. Infatti è noto che nonostante il corretto trattamento della frattura del radio distale può persistere un dolore al polso che potrebbe essere giustificato dalla mancata identificazione di lesioni intracarpiche associate di differente natura. Uno studio randomizzato di Varitimidis (2008) su 40 pazienti suddivisi in due gruppi, uno trattato con assistenza artroscopica e fluoroscopica e l altro con assistenza solo fluoroscopica ha messo in evidenza come nel primo gruppo i risultati fossero migliori in termini di supinazione, estensione e flessione rispetto al gruppo trattato senza assistenza artroscopica. Lo stesso autore rilevava il 60% di lesioni della TFCC, 45% di lesioni del legamento scafo-lunato, il 20% di lesioni del lunopiramidale. E pertanto questo studio dimostrava come l assistenza artroscopica era in grado di migliorare il risultato clinico nelle fratture del radio 13

14 ASSISTENZA ARTROSCOPICA NELLA RIDUZIONE DELLE FRATTURE ARTICOLARI DI POLSO distale. I potenziali vantaggi della assistenza artroscopia nelle fratture articolari di polso sono: 1) una valutazione accurata della frattura articolare e di tutti i relativi frammenti; 2) il trattamento delle lesioni condrali e legamentose intra carpali spesso associate; 3) l evacuazione dell ematoma di frattura e debridement dei frammenti determinando così un miglioramento del ROM; 4) la riduzione e stabilizzazione della frattura in trazione ottenendo il controllo accurato della lunghezza del radio; 5) è una tecnica mininvasiva che evita la devitalizzazione dei frammenti osteocartilaginei. I potenziali svantaggi sono: 1) è una tecnica complessa; 2) un più lungo tempo chirurgico. Le nostre indicazioni all utilizzo della assistenza artroscopiaca sono: 1) gap intrarticolare uguale o superiore di 2 mm dopo tentativo di riduzione; 2) evidenti segni radiografici di lesione legamentosa intra carpale o del TFCC 3) soggetti attivi di età compresa tra i 16 ed i 60 anni. Criteri di esclusione sono: 1) fratture esposte; 2) associate fratture complesse pluriframmentate metaepifisarie di radio; 3) iniziale sindrome compartimentale o sindrome tunnel carpale. TECNICA CHIRURGICA Sebbene l assistenza artroscopia è una tecnica introdotta nella pratica clinica da circa 10 anni non vi è ancora una sua standardizzazione od un approccio metodologico differenziato in base al tipo di frattura. Il nostro tentativo di standardizzazione si basa sul differenziare la tecnica in base al tipo di frattura (Battistella 2010) secondo la classificazione di Doi. La classificazione prevede la suddivisione in base al numero dei frammenti articolari più grandi in fratture a 2 frammenti, a 3 frammenti ed a 4 e più frammenti. Le fratture a 2 frammenti hanno una suddivisione in tre sottotipi in base alla direzione della linea di frattura (Figura 1). Il planning pre operatorio è quindi basato su Tac 3D in grado di evidenziare e numerare i frammenti articolari della frattura. Questo è un sistema semplice che descrive lo stato della superficie articolare che permette una pratica ed intuitiva linea guida per il trattamento artroscopico delle fratture articolari (Figura 2). L arto è posizionato su sistema di trazione verticale o torre di trazione e si controlla con scopia il grado di trazione per evitare il dorsal tilt dei frammenti osteocartilaginei e trovare la miglior posizione di riduzione (Figura 3). Attraverso accessi artrosocpici standard 3-4 e 4-5 e si effettua artroscopia diagnostica ed iniziale evacuazione dell ematoma e debridement dei frammenti articolari presenti. Valutazione del danno articolare ed eventuale riduzione intra articolare dei frammenti articolari avallati e valutazione delle lesioni legamentose carpali (Figura 4). Valutazione del danno articolare ed eventuale ri- 14

15 FIG. 1 - Classificazione di Doi FIG. 2 - TAC 3D 15

16 ASSISTENZA ARTROSCOPICA NELLA RIDUZIONE DELLE FRATTURE ARTICOLARI DI POLSO FIG. 3 - Sistema di trazione duzione intra articolare dei frammenti articolari avallati e valutazione delle lesioni legamentose carpali (Figura 5). Le fratture semplici a 2 frammenti possono essere facilmente ridotte mediante manipolazione esterna e legamentotassi progressiva effettuata dal sistema di trazione (Figura 6), alcune volte è però necessario aggiungere la manipolazione del frammento mediante tecnica Joystick con un filo di K. La frattura è poi stabilizzata con fili di K o vite cannulata (Figura 7). Le fratture a 2 frammenti con rima orizzontale sul piano coronale necessitano di compasso dedicato per il corretto posizionamento del filo di K e soprattutto per la compressione del frammento prima di stabilizzarlo. Gli accessi chirurgici utilizzati sono il 3-4 ed in particolare il 6R che per- FIG. 4 - Portali mette una buona visualizzazione di tutta la superficie radiale senza interferire con i frammenti articolari, possono inoltre essere utilizzati portali accessori. Vengono inoltre effettuati gli accessi MCR e MCU per valutare l articolazione mediocarpica e testare il legamento scafo-lunato, luno-piramidale e i legamenti estriseci. Possono inoltre venir utilizzati portali volari. Nel caso di frammento dorsale è difficoltoso visualizzare il frammento anche dal portale 6r, così è necessario alcune volte creare anche il portale volare dove è posizionato l artroscopio e la riduzione ottenuta mediante lieve flessione del polso e mobilizzazione e manipolazione percutanea del frammento con filo di K (Figura 8). Le manovre di riduzione dei frammenti nelle fratture intrarticolari sotto controllo artroscopico può 16

17 FIG. 5 - Riduzione dei frammenti From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella Springer FIG. 6 - Tecnica due frammenti FIG. 7-17

18 ASSISTENZA ARTROSCOPICA NELLA RIDUZIONE DELLE FRATTURE ARTICOLARI DI POLSO From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella Springer FIG. 8 - Tecnica due frammenti avvenire inoltre con l uso del palpatore o con l uso di apposito compasso. L osteosintesi può essere effettuata con l uso di fili di K o viti percutanee nelle fratture semplici (per esempio fratture scomposte dello stiloide radiale) oppure con placca e viti nelle fratture più complesse come vedremo successivamente. Nelle fratture a 3 frammenti la riduzione è iniziata con la riduzione intra articolare dei frammenti ed il controllo della loro mobilità. Quindi si riduce inizialmente lo stiloide radiale con la stessa tecnica della riduzione delle fratture a due frammenti e lo si stabilizza temporaneamente con fili di K attraversando la frattura solo di 5-6 mm. Così lo stiloide è usato come piano guida per sollevare i frammenti della fossetta semilunare con il palapatore artroscopico o altro strumento dedicato. Quindi usando il compasso dedicato si posiziona filo di k al di sotto della superficie articolare del frammento della fossetta lunare volare fissandolo definitivamente, successivamente si stabilizza il frammento dorsale con altro filo di K. L utilizzo del compasso facilita non solo il corretto posizionamento dei fili di k, ma riduce ogni gap 18

19 From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella Springer FIG. 9 - Tecnica tre frammenti sagittale tra lo stiloide radiale ed i frammenti della fossetta volare del semilunare (Figura 9). Nelle fratture a 3 frammenti se il frammento articolare dello stiloide non è grande a sufficienza per ottenere una buona e stabile riduzione così da non poter essere utilizzato come piano di riferimento intra articolare la tecnica cambia. Quindi è necessario un approccio combinato: a cielo aperto per il posizionamento volare della placca ed approccio dorsale per l assistenza artroscopica. Si inizia con l approccio volare standard e si posiziona la placca a stabilità angolare fissandola temporaneamente con una sola vite nel foro ellittico così da permettere successivi fini adattamenti. Si effettua riallineamento e riduzione della frattura mediante trazione progressiva sino a 5-7 kg in leggera flessione dl polso (circa 10 ). I frammenti articolari sono inizialmente fissati con 2 fili di K alla placca mediante gli appositi fori e si effettua il controllo scopico. Quindi si passa al tempo artroscopico creando i portali dorsali e dopo il debridment ed il lavaggio dell articolazione si riducono al meglio i frammenti, partendo dal la- 19

20 ASSISTENZA ARTROSCOPICA NELLA RIDUZIONE DELLE FRATTURE ARTICOLARI DI POLSO From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella Springer FIG Tecnica tre frammenti to ulnare e quando si ottiene la riduzione ottimale si stabilizzano con le viti o peg nella placca volare (Figura 10). Le fratture a 4 frammenti sono trattate con approccio combinato: a cielo aperto volare per il posizionamento della placca ed approccio dorsale per l assistenza artroscopia. La tecnica è complessa poiché i frammenti sono avallati o sollevati ed il preciso posizionamento della placca è difficile. Le lesioni associate più frequenti da trattare sono le lesioni del legamento scafo lunato (31%) poiché l energia che ha provocato la frattura articolare non si esaurisce e continua in compressione verso lo scafoide o verso il semilunare provocando i due tipici meccanismi di lesione legamentosa intracarpica (Figura 12). La tecnica di riparazione prevede prima il trattamento della lesione del legamento scafo lunato mediante la riduzione ed il pinning con fili di K con compasso dedicato e successivamente il trattamento della frattura articolare (Figura 13). 20

21 From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella Springer FIG Tecnica quattro frammenti RISULTATI Diversi studi hanno evidenziato l efficacia e la sicurezza dell assistenza artroscopica nelle fratture articolari di polso. Nel 2008 Vartimidis in uno studio prospettico randomizzato ha ben evidenziato i vantaggi di questa tecnica rispetto alla tecnica tradizionale. Anche nella nostra esperienza personale basa su oltre 150 a partire dal 2002 in uno studio prospettico comparativo abbiamo evidenziato che la tecnica produce risultati superiori rispetto al tecnica tradizionale. CONCLUSIONI I tradizionali metodi di trazione e legamentotassi non possono controllare e sollevare i frammenti die- punched e correggere i gap intra articolari. Le tecniche tradizionali a cielo aperto con artrotomia e fissazione interna conducono a risultati scarsi. Il trattamento assistito artroscopico raggiunge un accurato grado di riduzione dei frammenti articolari e tratta le lesini associate con minimo traumatismo dei tessuti molli e riducendo le contratture e fibrosi capsulari post operatorie. La tecnica di assistenza artroscopia è una 21

22 ASSISTENZA ARTROSCOPICA NELLA RIDUZIONE DELLE FRATTURE ARTICOLARI DI POLSO From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella- Springer FIG Lesioni associate S-L From Arthroscopic Management of distal radius fractures Chapter 3 Battistella- Springer FIG Trattamento lesioni associate S-L procedura fattibile ma richiede una tecnica meticolosa che abbiamo provato a standardizzare con il nostro metodo. L artroscopia di polso è una tecnica in continua espansione che ha modificato e modificherà il trattamento di numerose patologie. Da alcuni anni grazie all introduzione di nuovi strumentari, nuovi portali e con il crescere delle capacità chirurgiche, il trattamento delle fratture articolari di polso è divenuta quindi una realtà. 22

23 NOTE 23

24 Società Italiana di Artroscopia FACULTY DI ANCA LEADER FACULTY Santori Nicola FACULTY Carulli Christian Della Rocca Federico Di Benedetto Paolo Fiorentino Gennaro Munegato Daniele Panascì Manlio Pierannunzii Luca Potestio Domenico Randelli Filippo Russo Arcangelo 24

25 TRATTAMENTO ARTROSCOPICO DELL ANCA INTRODUZIONE La Società Italiana di Artroscopia continua la sua intensa attività educazionale anche nei settori emergenti della chirurgia artroscopica. Come noto, negli ultimi anni, vi è un crescente interesse per la artroscopia dell anca che è esplosa, come numeri, con l introduzione del trattamento artroscopico del conflitto femoroacetabolare. Purtroppo, questa articolazione presenta delle difficoltà tecniche peculiari che preoccupano ed intimoriscono molti giovani colleghi che si affacciano a questa chirurgia. È proprio per questa ragione che come Faculty dell Anca SIA abbiamo deciso di produrre una serie di video educazionali dedicati a chi si avvicina a questa articolazione. I temi vanno dall anatomia ai dettagli di tecnica chirurgica sia di base sia di chirurgia più avanzata ed hanno lo scopo di accompagnare il chirurgo nella sua curva di apprendimento. I video sono on line sul sito web della società nella spazio dedicato alle Faculty ( Abbiamo predisposto un indirizzo mail dedicato di posta elettronica ( facultysia@gmail.com) per ricevere suggerimenti, commenti, domande o richieste di specifiche di produzione di nuovi video educazionali. Come Faculty Anca inoltre abbiamo eseguito uno studio multicentrico atto alla realizzazione di un score predittivo post operatorio dal titolo: Femoro-Acetabular Impingement Post-arthroscopy Outcome Predictive Score. I risultati preliminari del lavoro vengono presentati nel corso del XXII Congresso Nazionale. 25

26 TRATTAMENTO ARTROSCOPICO DELL ANCA 26

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28 TRATTAMENTO ARTROSCOPICO DELL ANCA 28

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30 TRATTAMENTO ARTROSCOPICO DELL ANCA 30

31 NOTE 31

32 Società Italiana di Artroscopia FACULTY DI GINOCCHIO LEADER FACULTY Tripodo Alessandro FACULTY Bonaspetti Giovanni Bruno Andrea Familiari Filippo Sacchetti Gianluigi Simonetta Roberto Siracusa Massimo Todesca Alessandro Trinchese Giovanni Felice Troiani Filippo Si ringrazia il Prof. Pier Paolo Mariani per la supervisione e le immagini presenti nell articolo. 32

33 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI INTRODUZIONE I menischi sono strutture di estrema importanza nella biomeccanica articolare del ginocchio umano. La loro forma anatomica riduce l incongruenza tra femore e tibia, distribuisce uniformemente il peso corporeo su una vasta area cartilaginea ed infine rappresenta un importante fattore di stabilità articolare. 1-4 Ciascun menisco è composto da una rete intrecciata di fibre collagene, proteoglicani e glicoproteine specificamente orientate al fine di consentire la conversione dei carichi assiali tibio-femorali in forze circonferenziali, sia in estensione che in flessione del ginocchio. 1,3,5 Circa il 50-70% del peso totale trasmesso attraverso i compartimenti mediale e laterale del ginocchio vengono assorbiti da ciascun menisco 6 e ciò è indispensabile per la funzione della cartilagine articolare. 2,3,7 Traumi che producano l avulsione delle radici meniscali incidono profondamente sulla biomeccanica e sulla cinematica del ginocchio. 2,3,5,7-9 È fondamentale identificare accuratamente tali lesioni al fine di ottimizzare il processo decisionale circa il miglior approccio terapeutico. La rottura della radice del menisco, acuta o cronico/degenerativa in fase iniziale, può portare all estrusione del menisco e può ridurre drasticamente la capacità di trasmissione delle forze circonferenziali, portando ad una più rapida progressione del danno degenerativo articolare. 10,11 Allo stato attuale è difficile stabilire se la patologia meniscale sia la causa o la conseguenza dell artrosi. Il riscontro di estrusioni meniscali con modesta o nessuna manifestazione degenerativa artrosica ha indotto ha ritenere che la patologia meniscale sia primitiva e possa precedere le manifestazioni artrosiche. Allaire et al. 12, in uno studio biomeccanico, hanno misurato le pressioni sulla cartilagine tibiale in quattro differenti condizioni: 1) a menisco intatto, 2) dopo avulsione della radice posteriore del menisco interno, 3) dopo riparazione dell avulsione 4) dopo meni scectomia totale mediale. 33

34 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI Gli Autori hanno evidenziato che non esiste nessuna differenza nei picchi di carico in una lesione della radice posteriore ed in una meniscectomia totale. Questo perché un avulsione completa della radice posteriore risulta funzionalmente simile ad una meniscectomia totale. 4,12,13 L avulsione del menisco mediale con la formazione di un piccolo frammento osseo era stata descritta già nel 1935 da Weaver 14 con il termine di ossicolo meniscale ed aveva ricevuto diverse ipotesi patogenetiche. 4,13 La diagnosi clinica delle lesioni delle radici meniscali rimane molto impegnativa, ma con l avvento della risonanza magnetica nucleare (RMN) e dell artroscopia si è accresciuta la capacità diagnostica di tali lesioni. 4 Il trattamento delle lesioni delle radici meniscali, storicamente incentrato sulla meniscectomia parziale, si è recentemente evoluto in una varietà di strategie di riparazione per ripristinare la funzione del menisco sia dal punto di vista biomeccanico che da quello clinico. ANATOMIA I menischi, mediale e laterale, sono strutture fibrocartilaginee di forma semilunare costituite da tre segmenti: corno anteriore/radice, corpo e corno posteriore/radice Con le radici che agiscono come un'ancora all osso, i menischi funzionano come ammortizzatori dei carichi dal femore alla tibia La principale caratteristica meccanica del menisco è la tensione circonferenziale o anulare (hoop strain) che, riportata per la prima volta da Krause et al. 20 nel 1976, si oppone alla forza compressiva tra femore e tibia che tenderebbe ad estrudere il menisco nella fase di carico. 4 La distribuzione degli stress circolari ad opera delle fibre circonferenziali aiuta inoltre a distribuire uniformemente le forze su tutta la superficie articolare, così da impedire il conseguente danno cartilagineo ,19 Le superfici superiori di entrambi i menischi sono concave, il che consente loro di contrarre rapporti con i condili femorali che sono invece convessi. 17,21 Le superfici inferiori sono relativamente piatte, il che permette ai menischi di contrarre rapporti con i piatti tibiali che sono relativamente piatti a loro volta. 17,21 Le radici anteriori (mediale e laterale) hanno entrambe inserzioni relativamente semplici sui piatti tibiali, mentre le radici posteriori (mediale e laterale) sono caratterizzate da complesse inserzioni tridimensionali. 17,22 La conoscenza della specifica anatomia di ciascuna radice meniscale è fondamentale ai fini della diagnosi e del trattamento delle loro lesioni. Radice anteriore del menisco mediale L inserzione della radice anteriore del menisco mediale è stata descritta come in linea con l'eminenza tibiale mediale, ad una distanza media compresa tra 7 e 11,5 mm rispetto all inserzione tibiale del legamento crociato anteriore (LCA). 17,23. La radice anteriore del menisco mediale è stata descritta come quella con la più ampia area di inserzione (media, 100,2 mm 2 ). 17,24 Berlet e Fowler 25 hanno descritto quattro tipi di inserzione per la radice anteriore del menisco mediale, che risulta essere unita al LCA nel 59% dei casi: tipo I, inserita sulla parte piatta della regione intercondilica del piatto tibiale (nel 59% dei casi); tipo II, inserita sulla pendenza discendente del piatto ar- 34

35 ticolare mediale rispetto alla zona intercondilica anteriore (nel 24% dei casi); tipo III, inserita sul versante anteriore del piatto tibiale mediale (nel 15% dei casi); tipo IV, ancorata solamente dal legamento coronario senza inserzione sul piatto tibiale (nel 3% dei casi). Alcune varianti, simili al tipo IV di Berlet e Fowler, sono state descritte da altri Autori. 26,27 Altri ricercatori hanno definito il corno anteriore in connessione con il legamento intermeniscale anteriore, noto anche come legamento trasverso, in circa il 70% dei casi ,28 Il ruolo del legamento intermeniscale anteriore è tuttora oggetto di dibattito: in alcuni studi 28,29 esso è stato sezionato e ciò non ha tuttavia comportato un significativo cambiamento nei meccanismi di contatto femoro-tibiali di entrambi i compartimenti del ginocchio. Dal punto di vista anatomico, Nelson e LaPrade 26 hanno riportato che il legamento intermeniscale anteriore si dirige dal corno anteriore del menisco mediale al corno anteriore del menisco laterale nel 46% dei casi e dal corno anteriore del menisco mediale alla faccia laterale della capsula articolare, anteriormente al menisco laterale, nel 26% dei casi. Radice posteriore del menisco mediale Da un punto di vista strettamente anatomico, la radice posteriore del menisco mediale presenta una scarsa mobilità per la presenza di una tenace inserzione all eminenza intercondilica con una valida vascolarizzazione. 4,16,30,31 L inserzione della radice posteriore del menisco mediale è stata descritta come posteriore rispetto all apice del piatto tibiale mediale, laterale rispetto al punto di inflessione della cartilagine articolare del piatto tibiale mediale ed anteriore rispetto al punto di inserzione tibiale del legamento crociato posteriore (LCP). 17,18,22,24 Un foglietto supplementare di fibre situtato posteriormente rispetto al corno posteriore del menisco mediale, le cosiddette fibre bianche lucide, è stato descritto recentemente 32 ed il loro nome deriva dall aspetto bianco brillante evidenziato al momento dell artroscopia. 22 Johannsen et al. 22 hanno riportato la loro area di inserzione come uguale a 47,3 mm 2. Radice anteriore del menisco laterale La radice anteriore del menisco laterale risulta essere anteriore rispetto all eminenza tibiale laterale ed adiacente rispetto al punto di inserzione del LCA 17. Il fascio antero-mediale del LCA si trova ad una distanza media di 5,2 mm medialmente e 2,7 mm posteriormente rispetto ad essa, mentre il fascio posteriore si trova ad una distanza media di 11,2 mm posteriormente e 4,1 mm medialmente. Ziegler et al. 33 hanno inoltre riportato che il centro del LCA si trova ad una distanza media di 7,5 mm medialmente alla radice anteriore del menisco laterale, 8,5 mm antero-medialmente alla porzione posteriore del corno anteriore del menisco laterale e 10.2 mm postero-medialmente rispetto alla porzione antero-mediale del corno anteriore. Radice posteriore del menisco laterale Il corno posteriore del menisco laterale pur avendo due inserzioni, una anteriore (in corrispondenza dell eminenza intercondilica) ed una una posteriore (in corrispondenza del condilo mediale tramite il legamento meniscofemorale), è più 35

36 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI mobile rispetto al mediale. Nel menisco laterale, la presenza della seconda inserzione sul femore impedisce o riduce il fenomeno dell estrusione meniscale a questo livello. 4 La radice posteriore del menisco laterale è stata descritta come postero-mediale rispetto all apice dell eminenza tibiale laterale, mediale rispetto al bordo laterale della cartilagine articolare, anteriore rispetto all inserzione tibiale del LCP ed antero-laterale rispetto alla radice posteriore del menisco mediale. 22 Altri studi 17,24 hanno inoltre riportato una distanza di circa 5,3 mm tra l apice dell eminenza tibiale laterale ed il centro della radice posteriore del menisco laterale. Inoltre, la radice risulta essere 4,2 mm mediale e 1,5 mm posteriore rispetto all eminenza tibiale laterale, 4,3 mm mediale rispetto al margine articolare del piatto tibiale laterale, 12,7 mm anteriore rispetto al margine superiore dell inserzione tibiale del LCP e 10,1 mm posteriore rispetto all angolo postero-mediale della radice anteriore del menisco laterale. 22,33 Ziegler et al. 33 hanno riportato che il fascio postero-mediale del LCA era situato 10,8 mm anteriormente rispetto alla radice posteriore. BIOMECCANICA Pochi studi hanno valutato le conseguenze biomeccaniche che si determinano a seguito di lesioni delle radici meniscali. Studi recenti hanno dimostrato che le lesioni delle radici meniscali, specialmente le avulsioni della radice posteriore del menisco mediale, conducono a gravi alterazioni nei picchi di carico femoro-tibiali. 12,52-55 È stato dimostrato che una lesione della radice posteriore del menisco mediale determina un aumento del 25% della pressione di contatto nel compartimento mediale rispetto alla condizione normale (un carico simile a quello di un ginocchio sottoposto a meniscectomia totale). 12 Questo perché un avulsione completa della radice posteriore risulta essere biomeccanicamente simile ad una meniscectomia totale. 4 Allaire et al. 12 hanno analizzato le aree e le pressioni di contatto in nove ginocchia di cadavere, applicando una forza assiale di 1000-N a 0, 30, 60 e 90 di flessione, in quattro differenti condizioni: 1) a ginocchio intatto; 2) in presenza di una lesione della radice posteriore del menisco mediale; 3) dopo riparazione della lesione; 4) dopo meniscectomia totale. Il picco della pressione di contatto nel compartimento laterale dopo meniscectomia totale era maggiore del 13% rispetto alle altre condizioni oggetto dell analisi (p = 0.026). In presenza di lesione della radice posteriore del menisco laterale si sono riscontrati incrementi statisticamente significativi sia in termini di extrarotazione che di traslazione laterale della tibia (rispettivamente 2.98 e 0.84 mm) ed analogamente ciò avveniva a seguito di meniscectomia totale (rispettivamente 4.45 e 0.80 mm). È stato inoltre dimostrato come la riparazione della radice meniscale possa ripristinare i normali profili cinematici del ginocchio. 5,12 Effetti simili sono stati riportati dopo avulsione della radice posteriore del menisco laterale. 56,57 Un recente studio di biomeccanica non ha evidenziato differenze statisticamente significative 36

37 in relazione alle pressioni di contatto per ginocchia con menischi intatti e ginocchia con lesioni isolate della radice posteriore del menisco laterale; invece, l area di contatto si riduceva significativamente nel caso in cui alla lesione della radice posteriore del menisco laterale fosse associata una lesione legamento meniscofemorale. 58 Nel compartimento mediale le forze di compressione aumentavano significativamente in presenza di una lesione della radice posteriore del menisco mediale (p < 0.05). È interessante notare che, nonostante la riparazione della radice meniscale sia fondamentale al fine di ripristinare i profili di contatto femoro-tibiali, il margine di errore possibile è estremamente ridotto quando tali riparazioni vengono eseguite. Una riparazione della radice del menisco mediale eseguita in maniera nonanatomica di appena 3 mm medialmente o lateralmente ostacola in maniera significativa la capacità del menisco stesso di convertire i carichi assiali in sollecitazioni circonferenziali. 55 Un recente studio biomeccanico ha analizzato, per quanto concerne le lesioni della radice posteriore del menisco mediale, la meccanica di contatto femoro-tibiale in 6 ginocchia di cadavere per mezzo di sensori di pressione in 5 condizioni: 1) a ginocchio intatto; 2) in presenza di lesione della radice; 3) dopo riparazione anatomica mediante tecnica pull-out transtibiale; 4) dopo riparazione non-anatomica mediante tecnica pull-out transtibiale (5 mm posteromedialmente rispetto al bordo della cartilagine articolare); 5) con associata lesione del LCA59. Le ginocchia sono state soggette ad una forza compressiva assiale di 1000-N a 0, 30, 60 e 90 di flessione e sono state misurate: l area di contatto, la pressione di contatto media ed il picco della pressione di contatto. Nella maggior parte delle condizioni analizzate la riparazione non-anatomica non è stata in grado di ripristinare l area di contatto o la pressione media di contatto rispetto a quanto osservato nel ginocchio intatto o dopo riparazione anatomica. EPIDEMIOLOGIA Le differenze nella stabilità del menisco mediale rispetto al laterale giustificano le differenze nell eziologia, sintomatologia e prognosi delle rispettive lesioni. L eziologia può essere distinta in traumatica o degenerativa 5, con la forma degenerativa che è a carico quasi esclusivamente del menisco mediale. In quest ultima evenienza, sono stati identificati specifici fattori predisponesti quali l obesità, il sesso femminile, l età avanzata o lo stile di vita (sedersi sulle ginocchia, come nello stile orientale) 4. L eziologia traumatica è a carico sia del menisco mediale, in associazione alla lesione del LCP, sia del menisco laterale, in associazione alla lesione del LCA. L eziologia traumatica occorre tuttavia più frequentemente a carico del menisco laterale ed è stata riportata anche in giovani atleti, in età di accrescimento. 5, Le lesioni a carico di entrambe le radici meniscali è un eventualità estremamente rara. Un caso di avulsione acuta di entrambe le radici meniscali, con lesione associata del LCA, è stato recentemente riportato in letteratura 37, laddove un solo caso di lesione ra- 37

38 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI diale di entrambe le radici meniscali, due anni dopo una lesione del LCA, era stato riportato in precedenza. 38 Radice posteriore del menisco mediale L incidenza di lesioni a carico della radice posteriore del menisco mediale è più elevata di quanto si ritenesse in passato, con queste lesioni che si manifestano in circa il 10-21% delle riparazioni meniscali o meniscectomie eseguite per via artroscopica. 30,39,40 La loro reale prevalenza potrebbe essere addirittura maggiore a causa della crescente conoscenza delle loro caratteristiche e della consapevolezza che circa un terzo di tali lesioni possano passare misconosciute alla RMN. 30,39 Le lesioni della radice posteriore del menisco mediale sono state riportate con un incidenza di circa il 3% in associazione alle lesioni plurilegamentose. 34,35,41,42 I fattori di rischio che più frequentemente si associano a questo tipo di lesioni sono l età avanzata, il sesso femminile, l aumento dell'indice di massa corporea e la diminuzione dei livelli di attività sportiva. 30,39,40 Radice posteriore del menisco laterale La radice posteriore del menisco laterale è circa due volte più mobile rispetto alla radice posteriore del menisco mediale, il che ha portato ad ipotizzare che il menisco laterale avesse un ruolo minore nella stabilizzazione del ginocchio e che, di conseguenza, fosse sottoposto a stress minori rispetto al menisco mediale. 31,43,44 Due studi hanno riportato un incidenza delle lesioni a carico della radice posteriore del menisco laterale rispettivamente dell 8% e del 9,8% in pazienti con lesione del LCA evidenti alla RMN 41,45, laddove senza una concomitante lesione del LCA l incidenza è inferiore all 1%. 45 I fattori di rischio per le lesioni della radice posteriore del menisco laterale non sono ben conosciuti. I ricercatori hanno riportato che l attività sportiva è coinvolta in circa l 87% dei casi e Beldame et al. 43 hanno riportato che il 70% delle lesioni si è realizzato negli sport che prevedono pivot-contact. 46 Radici meniscali anteriori Poco è noto circa l'incidenza e le cause delle lesioni delle radici anteriori dei menischi. Thompson et al. 31 hanno riportato che i corni anteriori dimostrano una mobilità molto maggiore ripetto ai loro corrispettivi posteriori e questa potrebbe essere la ragione per la quale essi subiscono lesioni con un'incidenza molto inferiore rispetto ai corni posteriori. 19,31,43,47,48 Ad oggi, i case reports sono l'unica fonte di letteratura disponibile che specificamente descriva le lesioni delle radici meniscali anteriori La patologia della radice anteriore è sempre riscontrata in associazione o in esito ad una lesione meniscale che abbia interessato il muro meniscale sino alla radice, ad esempio un ampio manico di secchia o una lesione a lembo libero (Fig. 1). DIAGNOSI Presentazione clinica La corretta diagnosi di una lesione della radice del menisco è fondamentale al fine di un adeguata scelta terapeutica. La sintomatologia può avere un insorgenza acuta o cronica. Nel primo caso, il dolore, abbastanza intenso, compare con una sen- 38

39 FIG. 1 - Assenza della radice anteriore del menisco mediale successive a meniscectomia subtotale per pregressa rottura a manico di secchia. Evidente instabilità del muro meniscale ed iniziale osteofitosi reattiva del bordo tibiale. sazione di shiocco o di scatto posteriore a seguito di un trauma modesto. È caratteristica la sproporzione tra l intensità della sintomatologia e l entità dell evento traumatico che l ha determinata. 4 In pazienti con lesione ad eziologia degenerativa il dolore è dapprima modesto ma diviene sempre più acuto ed invalidante con il passare del tempo. La maggior parte dei pazienti presenta dolore ai massimi gradi di flessione del ginocchio poiché, a causa dell interruzione della tensione circonferenziale, viene meno lo spostamento posteriore del menisco durante la flessione, rimanendo questo intrappolato tra condilo e piatto tibiale. Una manovra di flessione passiva forzata del ginocchio suscita un vivo dolore riferito posteriormente o in corrispondenza dell interlinea articolare. Tutte le attività che comportino il carico diretto, una deambulazione prolungata, o una flessione oltre i 90, acuiscono il dolore. La diagnosi di lesione della radice posteriore meniscale laterale è non agevole non essendovi un sintomo patognomico. Talora il paziente descrive uno scatto più o meno doloroso localizzato al cavo popliteo. 4 La massima flessione passiva del ginocchio non sempre suscita dolore che, peraltro, è sempre modesto. Il test di McMurray è positivo nel 57,1% dei pazienti ed il versamento endoarticolare viene osservato solo nel 14,3% di essi. 62 Seil et al. 63 hanno descritto un nuvo test di stress in varo utile per la diagnosi clinica di avulsione della radice posteriore del menisco mediale. Con il ginocchio in completa estensione, viene palpata la rima articolare antero-mediale, così da riprodurre l estrusione meniscale. Quest ultima, se presente, si risolve quando il ginocchio viene riportato in posizione ortomorfica. 63 Non sono tuttavia ad oggi note la sensibilità e la specificità del test stesso. Diagnostica per immagini Lo studio radiografico, eventualmente integrato con radiografie sotto carico, non mostra nelle fasi iniziali alcuna alterazione, ad eccezione di un varismo spesso presente nelle lesioni mediali. Pertanto, ai fini diagnostici la RMN è l esame considerato di elezione. 4 Tuttavia, la possibilità di effettuare una diagnosi accurata per mezzo della RMN dipende dalla qualità delle immagini e dall abilità del radiologo. In uno studio che ha valutato 67 pazienti con lesione della radice posteriore del menisco mediale, confermata mediante l artroscopia, è stato possibile evidenziare una lesione alla RMN preoperatoria in solo il 72,9% dei pazienti, mentre nel resto dei pazienti era possibile evidenziare solo segni di degenerazione e/o l'ac- 39

40 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI cumulo di fluido a livello del corno posteriore, senza un lesione meniscale visibile. 30 Altri Autori 45,64,65 hanno riportato una capacità diagnostica della RMN molto superiore (sensibilità 93,3% e specificità 100%), utilizzando una varietà di sequenze. La radice meniscale posteriore, sia mediale sia laterale, è facilmente visualizzata nelle proiezioni coronali in T1 ed in T2 con cui si possono osservare alterazioni che vanno da una parziale rottura sino ad una completa avulsione con degenerazione mucoide del corno posteriore del menisco. 4 Nelle proiezioni sagittali la lesione della radice posteriore del menisco mediale è caratterizzata dall assenza di segnale meniscale al di sotto dell inserzione del LCP (ghost sign) (Fig. 2a e 2b). Altro segno caratteristico della patologia della radice posteriore mediale è l estrusione meniscale (Fig. 3) valutata nella proiezione mediocoronale, cioè nella proiezione ideale per la visualizzazione del legamento collaterale mediale. 66 L estrusione è misurata dal margine più periferico del menisco al bordo della tibia, escludendo gli osteofiti se presenti, ed è considerata patologica se supera i 3 mm di spostamento oltre il bordo tibiale. 67 La presenza di gravi degenerazioni cartilaginee femoro-tibiali e la presenza di una marcata riduzione dell interlinea articolare consente di differenziare l estrusione meniscale per la rottura radiale paracentrale dalla patologia meniscale in corso di artrosi di ginocchio. Più difficile è la valutazione della radice del corno posteriore del menisco laterale in quanto sul piano sagittale e coronale è in gran parte mascherata dai due legamenti crociati e dalla presenza del legamento meniscofemorale. Più utile ai fini diagnostici è la proiezione coronale obliqua con la quale è possibile visualizzare la presenza o la patologia della radice meniscale, (Fig. 4). A B FIG. 2 - Ghost sign della radice posteriore del menisco mediale. In (a) sul piano coronale ed in (b) sul piano sagittale. 40

41 FIG. 3 - Estrusione del menisco mediale sul piano medio-coronale. Evidente l edema osseo reattivo al sovraccarico funzionale sia al femore sia alla tibia. Anche le lesioni della radice del menisco laterale sono generalmente visualizzate mediante RMN; su sequenze coronali e sagittali è possibile visualizzare l inclinazione posteriore e l apice dell eminenza tibiale laterale. 45 La sensibilità e la specificità della RMN per il rilevamento delle lesioni della radice del menisco laterale non sono tuttavia ancora note. Uno studio radiologico effettuato su 293 pazienti con lesione del LCA, sottoposti a RMN, ha evidenziato una prevalenza del 9.8% per le lesioni della radice posteriore del menisco laterale e del 3% per le lesioni della radice posteriore del menisco mediale in associazione alla lesione legamentosa. 41 Nella patologia della radice laterale, l estrusione meniscale è un fenomeno limitato per la presenza del tendine popliteo e del legamento meniscofemorale. L estrusione del menisco esterno per lesione della radice è possibile solo in assenza del legamento meniscofemorale. 41 FIG. 4 - Coronale obliqua per la visualizzazione della radice posteriore del menisco laterale. CLASSIFICAZIONE Esistono ad oggi solo due sistemi classificativi per le lesioni delle radici dei menischi, entrambi artroscopici ed entrambi basati sulle caratteristiche morfologiche delle lesioni. Il corretto inquadramento diagnostico e classificativo di questo tipo di lesioni è fondamentale ai fini della più corretta scelta terapeutica. Ahn et al. 60 hanno proposto una classificazione delle sole lesioni della radice posteriore del menisco laterale: tipo I, lesione radiale tipo II, lesione a forma di T; tipo III, lesione longitudinale; tipo IV, inner loss. LaPrade et al. 61 hanno invece distinto le lesioni delle radici dei menischi, sia mediale che laterale, in cinque tipi: tipo I, lesione parziale stabile (senza lesione del corpo del menisco) compresa entro 9 mm dal centro dell inserzione della radice; 41

42 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI tipo II, lesione radiale completa compresa entro 9 mm dal centro dell inserzione della radice; ulteriormente suddivise in: - tipo IIA, lesione radiale completa compresa tra 0 e <3 mm dal centro dell inserzione della radice; - tipo IIB, lesione radiale completa compresa tra 3 e <6 mm dal centro dell inserzione della radice; - tipo IIC, lesione radiale completa compresa tra 6 e 9 mm dal centro dell inserzione della radice tipo III, lesione a manico di secchio con distacco completo della radice entro 9 mm dal centro dell inserzione della radice stessa; tipo IV, lesione obliqua o longitudinale con distacco completo della radice entro 9 mm dal centro dell inserzione della radice stessa; tipo V, avulsione della radice dal piatto tibiale. Gli Autori hanno infine identificato una variante per quanto concerne le lesioni della radice posteriore del menisco laterale in cui il legamento meniscofemorale appariva intatto, definita come lesione della radice meniscofemoral ligament variant. TRATTAMENTO Il trattamento delle lesioni delle radici dei menischi può essere suddiviso in 3 gruppi principali: trattamento incruento, meniscectomia parziale e riparazione della radice meniscale. Trattamento incruento Alcuni gruppi di pazienti possono beneficiare del trattamento incruento nonostante questo non sia in grado di ripristinare l anatomia e la funzione del menisco originale e possa inoltre determinare un restringimento dello spazio articolare ed una precoce progressione artrosica. 8 Nei pazienti che non risultano essere candidabili all intervento chirurgico a causa di comorbidità preesistenti, età avanzata o per la presenza di malattia degenerativa articolare si dovrebbe tentare innanzitutto un approccio conservativo. L impiego di farmaci antiinfiammatori (per via orale o topica), la modificazione nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana e/o l utilizzo di tutori sono tutte opzioni volte ad alleviare il dolore articolare conseguente alla lesione di una radice del menisco. Le iniezioni intra-articolari rappresentano invece un comune approccio terapeutico nel caso di pazienti con artrosi avanzata, al fine di procrastinare l intervento di sostituzione protesica del ginocchio. Trattamento chirurgico - Meniscectomia Storicamente, la meniscectomia parziale o totale veniva eseguita per lesioni della radice del menisco o avulsioni meniscali, spesso garantendo buoni risultati in termini di riduzione della sintomatologia dolorosa. Tuttavia, un recente studio retrospettivo su 58 pazienti affetti da lesione della radice del menisco mediale sottoposti alternativamente a meniscectomia o a riparazione ha mostrato che i pazienti sottoposti a riparazione registravano un miglioramento significativamente maggiore ed una minore progressione artrosica ad un follow-up medio di 4 anni. 68 Pertanto si è osservata in tempi recenti una tendenza alla riparazione delle lesioni della radice del menisco mediale rispetto alla meniscectomia. 12,22 Ciononostante, per pazienti con lesioni croniche ed associate lesioni cartilaginee sintomatiche nei 42

43 quali sia fallito il trattamento conservativo o in pazienti con lesioni parziali, la meniscectomia parziale rimane l opzione di trattamento preferita. Riparazione/Reinserzione della radice meniscale Le indicazioni per la riparazione delle lesioni delle radici meniscali sono in continua evoluzione ed attualmente esse includono: 1) lesioni acute, traumatiche in pazienti che non hanno ancora sviluppato artrosi 2) lesioni croniche, sintomatiche in pazienti giovani o di mezza età con grado di artrosi moderato. 2,5 Le lesioni della radice meniscale esterna posteriore sono spesso associate a lesioni del LCA e richiede un trattamento contemporaneo delle due lesioni poiché una reinserzione della radice fallirebbe in breve tempo senza la contemporanea ricostruzione legamentosa. Viceversa, anche la ricostruzione isolata del LCA senza riparazione della radice meniscale sarebbe responsabile di una successiva rottura meniscale esterna con persistenza di una sintomatologia dolorosa alla massima flessione. 4 L avulsione della radice deve essere distinta dalla lesione longitudinale del corno posteriore del menisco laterale che è frequentemente riscontrata nelle rotture acute del crociato anteriore. Questa lesione non interrompe le fibre circonferenziali del menisco e spesso tende a guarire spontaneamente. 4 Per quanto riguarda invece la radice posteriore del menisco mediale può essere traumatica o degenerativa. La prima è spesso associata a un trauma plurilegamentoso del ginocchio ed in particolare ad una rottura completa del legamento collaterale mediale (LCM) o del LCP. 35 Le tecniche di riparazione si dividono attualmente in due grandi categorie: la reinserzione transossea o la reinserzione con ancora. 4 Entrambe le tecniche vengono eseguite per via artroscopica al fine di evitare l approccio posteriore a cielo aperto ed entrambe prevedono l eventuale impiego di un portale accessorio posteriore o di una tecnica transeptal. 2,69 L uso dell ancora presenta il vantaggio di evitare l interfenza con il tunnel della ricostruzione legamentosa ed una riduzione di un ipotetico rischio di eccessiva tensione ed abrasione della sutura transossea. 4 Il tunnel transosseo può essere effettuato con l ausilio di una normale guida da ricostruzione del crociato e può essere duplice o singolo con diametro che varia da 2,9 mm 69 a 4,5 mm 70, 5 mm 71 o 7 mm 70. Anche la tipologia del materiale da usare nella reinserzione, riassorbibile o non riassorbibile, varia secondo i diversi Autori. Personalmente, preferiamo l impiego di fili di sutura non riassorbile e la reinserzione transossea con l impiego di un bottone metallico extracorticale. Dato il recente interesse per la patologia delle radici meniscali, i risultati riportati in letteratura sono solo a breve termine. Solo pochi lavori hanno riportato valutazioni artroscopiche o di RMN a distanza: Ahn et al. 72 hanno confermato la guarigione a 20 mesi della lesione in 8 casi in cui era stato effettuato un secondlook artroscopico, mentre Griffith et al. 73 hanno eseguito in una giovane paziente una valutazione con RMN a distanza di tre anni confermando la guarigione della lesione dopo trattamento con sutura transossea. 43

44 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI NOTE TECNICHE RADICE MENISCALE POSTERIORE Menisco Mediale Nella tecnica intercondilica, le diverse fasi di armatura e fissazione alla tibia della radice vengono eseguite da un accesso standard anterolaterale (Fig. 5). Poiché spesso concomita un varismo più o meno marcato del ginocchio la visione e le diverse fasi possono risultare di difficile esecuzione. In tale evenienza, deve essere eseguito un release del LCM con la tecnica del pie crusting o con la sezione del legamento meniscotibiale che riteniamo più efficace e meno causa di dolore postoperatorio. Nella tecnica transeptal non è necessario alcun release e le diverse fasi operatorie risultano più agevoli. Per l armatura della radice sono utilizzati diverse tecniche. Le migliori alle prove biomeccaniche sono risultate la sutura con due o un filo, preferibilmente non riassorbibile, tipo Mason-Allen o FIG. 5 - Rottura della radice posteriore del menisco mediale visualizzata da accesso anterolaterale. con uno o due loop stitch (Fig. 6 a e b). La scelta del tipo di sutura dipende dalla preferenza del chirurgo e dalla qualità del tessuto meniscale. Prima di eseguire la fissazione, sia con ancora sia A B FIG. 6 - Armatura della radice meniscale in (a) con sutura di Mason-Allen e in (b) con due loop stitch. Visualizzazione da accesso posterolaterale, (tecnica transeptal). 44

45 FIG. 7 - Cruentazione del letto ove verrà reinserita la radice meniscale al fine di fornire un sufficiente vascolarizzazione. per via transtibiale, è necessario creare nel punto prescelto un letto sufficientemente vascolarizzato e rimuovere completamente lo strato cartilagineo con curette o con strumentario motorizzato, (Fig. 7). Nella tecnica transtibiale utile è l impiego di un retrodrill (Fig. 8) FIG. 8 - Retro-drill utilizzato nella tecnica transtibiale. con una direzione leggermente diversa sul piano coronale. Anche per il menisco laterale è necessario che venga cruentato il letto ove verrà reinserita la radice. Menisco Laterale L armatura della radice meniscale laterale non offre particolari problemi e può essere eseguita da un accesso anteromediale o anterolaterale. Per la radice laterale due loop stitch sono sufficienti ad eseguire la fissazione (Fig. 9). Normalmente per la radice laterale si preferisce utilizzare una tecnica transtibiale evitando la confluenza con il tunnel tibiale per la ricostruzione del LCA. A tal scopo eseguire per primo il tunnel tibiale pro- LCA e successivamente il minitunnel per la radice FIG. 9 - Armatura con due loop stitch della radice posteriore del menisco laterale. 45

46 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI Protocollo postoperatorio Non vi sono ad oggi linee guida validate inerenti la riabilitazione postoperatoria a seguito di riparazione meniscale. Ahn et al. 72 consigliano il recupero della flessione a 90 entro le 6 settimane ed un carico graduale (50%) per i primi 3 mesi. La flessione completa non è autorizzata prima delle 8 settimane. Jung et al. 74, che hanno descritto la reinserzione della radice meniscale mediale con tecnica pull-out in associazione ad un osteotomia tibiale antivaro, consigliano la mobilizzazione del ginocchio dopo un mese ed il carico diretto dopo 6 settimane. Il ritorno all attività normale era consentito dopo 3 mesi. Altri Autori suggeriscono di mantenere l arto inferiore in completa estensione per 2 settimane dopo l intervento chirurgico. 5,62,68 A seguire movimenti passivi di da 0 a 30 per ulteriori 2 settimane ed un progressivo aumento di circa 20 a settimana fino al raggiungimento della flessione completa. 5 La flessione attiva (da 0 a 90 ) è generalmente consentita a partire dalla quarta settimana dopo l'intervento. Esercizi isometrici di potenziamento del quadricipite vengono iniziati in prima giornata postoperatoria, con carico parziale consentito per le prime 6 settimane, seguito dal raggiungimento del carico completo a due mesi dall'intervento chirurgico. Nonostante l assenza di dati certi in letteratura, è consigliabile un recupero della flessione molto graduale e l abolizione del carico prolungata specie per le lesioni mediali. CONCLUSIONI La gestione dei pazienti con lesione delle radici meniscali è un concetto relativamente nuovo in chirurgia ortopedica e la strategia ottimale di trattamento è ancora in via di definizione. In caso di pazienti non più giovani, cinquantenni o più, con alterazioni degenerative avanzate e con un più basso potenziale riparativo, probabilmente il trattamento più adatto dovrebbe essere quello di cercare di alleviare i sintomi più che preservare il menisco per mantenere le sue capacità di distribuzione dei carichi e per evitare una progressione verso l artrosi. La riparazione, attraverso la reinserzione della radice meniscale, è un trattamento idoneo in alcuni casi per ristabilire le normali funzioni biomeccaniche del menisco. La diagnosi è spesso artroscopica date le difficoltà diagnostiche cliniche e strumentali ma è verosimile che aumentando l attenzione verso questa specifica lesione, questa possa essere più facilmente riconosciuta o quantomeno sospettata. Sebbene la maggior parte dei lavori presenti in letteratura abbiano aiutato a migliorare le tecniche chirurgiche ed i risultati a breve termine, c'è un evidente necessità di studi a lungo termine che indaghino le conseguenze biomeccaniche delle lesioni delle radici meniscali, le tecniche chirurgiche ed i risultati della loro riparazione. 46

47 ALGORITMO TERAPEUTICO PER IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI DELLE RADICI MENISCALI 47

48 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI BIBLIOGRAFIA 1. Fithian DC, Kelly MA, Mow VC. Material properties and structure function relationships in the menisci. Clin Orthop Relat Res. 1990;252: Koenig JH, Ranawat AS, Umans HR, Difelice GS. Meniscal root tears:diagnosis and treatment. Arthroscopy. 2009;25(9): Kopf S, Colvin AC, Muriuki M, Zhang X, Harner CD. Meniscal root suturing techniques: implications for root fixation. Am J Sports Med. 2011;39(10): Mariani PP. La patologia della radice meniscale posteriore. Eziologia, diagnosi e trattamento. Minerva Ortopedica e Traumatologica 2010 Ottobre;61(5): Papalia R, Vasta S, Franceschi F, D Adamio S, Maffulli N, Denaro V. Meniscal root tears: from basic science to ultimate surgery. Br Med Bull. 2013;106: Kidron A, Thein R. Radial tears associated with cleavage tears of the medial meniscus in athletes. Arthroscopy. 2002;18(3): Kim JG, Lee YS, Bae TS, et al. Tibiofemoral contact mechanics following posterior root of medial meniscus tear, repair, meniscectomy, and allograft transplantation. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2013;21(9): Shelbourne KD, Roberson TA, Gray T. Long-term evaluation of posterior lateral meniscus root tears left in situ at the time of anterior cruciate ligament reconstruction. Am J Sports Med. 2011;39(7): Sung JH, Ha JK, Lee DW, Seo WY, Kim JG. Meniscal extrusion and spontaneous osteonecrosis with root tear of medial meniscus: comparison with horizontal tear. Arthroscopy. 2013;29(4): Hein CN, Deperio JG, Ehrensberger MT, Marzo JM. Effects of medial meniscal posterior horn avulsion and repair on meniscal displacement. Knee. 2011;18(3): Lerer DB, Umans HR, Hu MX, Jones MH. The role of meniscal root pathology and radial meniscal tear in medial meniscal extrusion. Skeletal Radiol. 2004;33(10): Allaire R, Muriuki M, Gilbertson L, Harner CD. Biomechanical consequences of a tear of the posterior root of the medial meniscus: similar to total meniscectomy. J Bone Joint Surg Am. 2008;90(9): Mariani PP, Puddu G. Meniscal ossicle. A case report. Am J Sports Med Nov-Dec;9(6): Weaver JB. Ossification of the internal semilunar cartilage. J Bone Joint Surg 1935; 17: Fox MG. MR imaging of the meniscus: review, current trends, and clinical implications. Radiol Clin North Am. 2007;45(6): , vii. 16. Jones AO, Houang MT, Low RS, Wood DG. Medial meniscus posterior root attachment injury and degeneration: MRI findings. Australas Radiol. 2006;50(4): Johnson DL, Swenson TM, Livesay GA, Aizawa H, Fu FH, Harner CD. Insertion-site anatomy of the human menisci: gross, arthroscopic, and topographical anatomy as a basis for meniscal transplantation. Arthroscopy. 1995;11(4): Nicholas SJ, Golant A, Schachter AK, Lee SJ. A new surgical technique for arthroscopic repair of the meniscus root tear. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2009;17(12): Shepard MF, Hunter DM, Davies MR, Shapiro MS, Seeger LL. The clinical significance of anterior horn meniscal tears diagnosed on magnetic resonance images. Am J Sports Med. 2002;30(2): Krause WR, Pope MH, Johnson RJ, Wilder DG. Mechanical changes in the knee after meniscectomy. J Bone Joint Surg 1976;58A: Fox AJ, Bedi A, Rodeo SA. The basic science of human knee menisci: structure, composition, and function. Sports Health. 2012;4(4): Johannsen AM, Civitarese DM, Padalecki JR, Goldsmith MT, Wijdicks CA, LaPrade RF. Qualitative and quantitative anatomic analysis of the posterior root attachments of the medial and lateral menisci. Am J Sports Med. 2012;40(10): Bhatia S, LaPrade CM, Ellman MB, LaPrade RF. Meniscal root tears: significance, diagnosis, and treatment. Am J Sports Med Dec;42(12): Kohn D, Moreno B. Meniscus insertion anatomy as a basis for meniscus replacement: a morphological cadaveric study. Arthroscopy. 1995;11(1): Berlet GC, Fowler PJ. The anterior horn of the medical meniscus: an anatomic study of its insertion. Am J Sports Med. 1998;26(4): Nelson EW, LaPrade RF. The anterior intermeniscal ligament of the knee: an anatomic study. Am J Sports Med. 2000;28(1): Ohkoshi Y, Takeuchi T, Inoue C, Hashimoto T, Shigenobu K, Yamane S. Arthroscopic studies of variants of the anterior horn of the medical meniscus. Arthroscopy. 1997;13(6):

49 28. Poh SY, Yew KS, Wong PL, et al. Role of the anterior intermeniscal ligament in tibiofemoral contact mechanics during axial joint loading. Knee. 2012;19(2): Paci JM, Scuderi MG, Werner FW, Sutton LG, Rosenbaum PF, Cannizzaro JP. Knee medial compartment contact pressure increases with release of the type I anterior intermeniscal ligament. Am J Sports Med. 2009;37(7): Ozkoc G, Circi E, Gonc U, Irgit K, Pourbagher A, Tandogan RN. Radial tears in the root of the posterior horn of the medial meniscus. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2008;16(9): Thompson WO, Thaete FL, Fu FH, Dye SF. Tibial meniscal dynamics using three-dimensional reconstruction of magnetic resonance images. Am J Sports Med. 1991;19 (3): ; discussion Anderson CJ, Ziegler CG, Wijdicks CA, Engebretsen L, La- Prade RF. Arthroscopically pertinent anatomy of the anterolateral and posteromedial bundles of the posterior cruciate ligament. J Bone Joint Surg Am. 2012;94(21): Ziegler CG, Pietrini SD, Westerhaus BD, et al. Arthroscopically pertinent landmarks for tunnel positioning in single-bundle and double bundle anterior cruciate ligament reconstructions. Am J Sports Med. 2011;39(4): Marzo JM, Gurske-DePerio J. Effects of medial meniscus posterior horn avulsion and repair on tibiofemoral contact area and peak contact pressure with clinical implications. Am J Sports Med. 2009;37(1): Padalecki JR, Jansson KS, Smith SD, et al. Biomechanical consequences of a complete radial tear adjacent to the medial meniscus posterior root attachment site: in-situ pullout repair restores derangement of joint mechanics. Am J Sports Med. 2014;42(3): Seo JH, Li G, Shetty GM, et al. Effect of repair of radial tears at the root of the posterior horn of the medial meniscus with the pullout suture technique: a biomechanical study using porcine knees. Arthroscopy. 2009;25(11): Starke C, Kopf S, Grobel KH, Becker R. The effect of a nonanatomic repair of the meniscal horn attachment on meniscal tension: a biomechanical study. Arthroscopy. 2010;26(3): LaPrade CM, Jansson KS, Dorman G, Smith SD, Wijdicks CA, LaPrade RF. Altered tibiofemoral contact mechanics due to lateral meniscus posterior horn root avulsions and radial tears can be restored with in situ pull out repairs. J Bone Joint Surg. 2014;96(6): Schillhammer CK, Werner FW, Scuderi MG, Cannizzaro JP. Repair of lateral meniscus posterior horn detachment lesions: a biomechanical evaluation. Am J Sports Med. 2012;40(11): Forkel P, Herbort M, Schulze M, Rosenbaum D, Kirstein L, Raschke M, Petersen W. Biomechanical consequences of a posterior root tear of the lateral meniscus: stabilizing effect of the meniscofemoral ligament. Arch Orthop Trauma Surg May;133(5): LaPrade CM, Foad A, Smith SD, Turnbull TL, Dornan GJ, Engebretsen L, Wijdicks CA, LaPrade RF. Biomechanical consequences of a nonanatomic posterior medial meniscal root repair. Am J Sports Med Apr;43(4): Koenig JH, Ranawat AS, Umans HR, Difelice GS. Meniscal root tears: diagnosis and treatment. Arthroscopy. 2009;25(9): Pagnani MJ, Cooper DE, Warren RF. Extrusion of the medial meniscus. Arthroscopy. 1991;7(3): Matava MJ, Kim YM. Tibial avulsion fracture of the posterior root of the medial meniscus in a skeletally-immature child - a case report. Knee Jan;18(1): Mariani PP, Iannella G, Cerullo G, Giacobbe M. Avulsion of both posterior meniscal roots associated with acute rupture of the anterior cruciate ligament. J Orthop Traumatol Sep;16(3): Lee JH, Hwang BY, Lim YJ, Kim KH, Song JH. Radial tears in the roots of the posterior horns of both the medial and lateral menisci combined with anterior cruciate ligament tear: a case report. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc Nov;17(11): Bin SI, Kim JM, Shin SJ. Radial tears of the posterior horn of the medial meniscus. Arthroscopy. 2004;20(4): Hwang BY, Kim SJ, Lee SW, et al. Risk factors for medial meniscus posterior root tear. Am J Sports Med. 2012;40(7): Brody JM, Lin HM, Hulstyn MJ, Tung GA. Lateral meniscus root tear and meniscus extrusion with anterior cruciate ligament tear. Radiology. 2006;239(3): Kim YJ, Kim JG, Chang SH, Shim JC, Kim SB, Lee MY. Posterior root tear of the medial meniscus in multiple knee ligament injuries. Knee. 2010;17(5): Beldame J, Wajfisz A, Lespagnol F, Hulet C, Seil R. Lateral meniscus lesions on unstable knee. Orthop Traumatol Surg Res. 2009;95(8) (suppl 1):S65-S69. 49

50 LE LESIONI DELLE RADICI DEI MENISCHI 52. Levy IM, Torzilli PA, Warren RF. The effect of medial meniscectomy on anterior-posterior motion of the knee. J Bone Joint Surg Am. 1982;64(6): De Smet AA, Blankenbaker DG, Kijowski R, Graf BK, Shinki K. MR diagnosis of posterior root tears of the lateral meniscus using arthroscopy as the reference standard. AJR Am J Roentgenol. 2009;192(2): Tandogan RN, Taser O, Kayaalp A, et al. Analysis of meniscal and chondral lesions accompanying anterior cruciate ligament tears: relationship with age, time from injury, and level of sport. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2004;12(4): Slauterbeck JR, Kousa P, Clifton BC, et al. Geographic mapping of meniscus and cartilage lesions associated with anterior cruciate ligament injuries. J Bone Joint Surg Am. 2009;91(9): Smith JP III, Barrett GR. Medial and lateral meniscal tear patterns in anterior cruciate ligament-deficient knees: a prospective analysis of 575 tears. Am J Sports Med. 2001;29(4): Feucht MJ, Minzlaff P, Saier T, Lenich A, Imhoff AB, Hinterwimmer S. Avulsion of the anterior medial meniscus root: case report and surgical technique. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc Jan;23(1): Navarro-Holgado P, Cuevas-Perez A, Aguayo-Galeote MA, Carpintero-Benitez P. Anteriormedialmeniscus detachment and anterior cruciate ligament tear. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2007;15(5): Toy JO, Feeley BT, Gulotta LV, Warren RF. Arthroscopic avulsion repair of a pediatric ACL with an anomalous primary insertion into the lateral meniscus. HSS J. 2011;7(2): Lee JH, Lim YJ, Kim KB, Kim KH, Song JH. Arthroscopic pullout suture repair of posterior root tear of the medial meniscus: radiographic and clinical results with a 2-year follow-up. Arthroscopy. 2009;25(9): Seil R, Duck K, Pape D. A clinical sign to detect root avulsions of the posterior horn of the medial meniscus. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2011;19(12): Choi SH, Bae S, Ji SK, Chang MJ. The MRI findings of meniscal root tear of the medial meniscus: emphasis on coronal, sagittal and axial images. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2012;20(10): Harper KW, Helms CA, Lambert HS III, Higgins LD. Radial meniscal tears: significance, incidence, and MR appearance. AJR Am J Roentgenol. 2005;185(6): Takahashi K, Hashimoto S, Nakamura H, Mori A, Sato A, Majima T, Takai S. Medial meniscal posterior root/horn radial tears correlate with cartilage degeneration detected by T1ρ relaxation mapping. Eur J Radiol Jun;84(6): Gale DR, Chiasson CE, Tottermann SMS, Schartz RK, Gale ME, Felson D. Meniscal subluxation: association with osteoarthritis and joint space. Osteoarthritis Cart 1999;7: Ahn JH, Lee YS, Yoo JC, Chang MJ, Park SJ, Pae YR. Results of arthroscopic all-inside repair for lateral meniscus root tear in patients undergoing concomitant anterior cruciate ligament reconstruction. Arthroscopy. 2010; 26(1): LaPrade CM, James EW, Cram TR, Feagin JA, Engebretsen L, LaPrade RF. Meniscal Root Tears: A Classification System Based on Tear Morphology. Am J Sports Med Feb;43(2): Kim JH, Chung JH, Lee DH, Lee YS, Kim JR, Ryu KJ. Arthroscopic suture anchor repair versus pullout suture repair in posterior root tear of the medial meniscus: a prospective comparison study. Arthroscopy. 2011;27(12): Ahn JH, Wang JH, Yoo JC, Noh HK, Park JH. A pull out suture for transection of the posterior horn of the medial meniscus: using a posterior trans-septal portal. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2007;15(12): Petersen W, Zantop T. Avulsion injury to the posterior horn of the lateral meniscus. Technique for arthroscopic fixation Unfallchirug 2006; 109: Kim YM, Rhee KJ, Lee JK, Yang JY. Arthroscopic pull-out repair of a complete radial tear of the tibial attachment site of the medial meniscus posterior horn. Arthroscopy 2006;22:785.e1-e Ahn JH, Lee YS, Yoo JC, Chang MJ, Park SE, Pae YR. Results of arthroscopic all inside repair for lateral meniscus root tear in patients undergoing concomitant ACL reconstruction. Arthroscopy 2010;26: Griffith CJ, La Prade RF, Fritts HM, Morgan PM. Posterior root avulsion fracture of the medial meniscus in an adolescent female patient with surgical treatment. Am J Sports Med 2008;36: Jung KA, Kim SJ, Lee SC, Jeong JH, Song MB, Lee CK. Arthroscopic repair of the posterior horn of the medial meniscus with opening wedge high tibial osteotomy. Knee Surg 2009;22:

51 NOTE 51

52 Società Italiana di Artroscopia FACULTY DI CAVIGLIA LEADER FACULTY Ventura Alberto FACULTY Allegra Francesco Branca Alberto Buda Roberto Cavallo Marco Cortese Fabrizio Guelfi Marco Lijoi Francesco Pasquali Cecilia Zanini Antonio 52

53 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA (Faculty di Caviglia, S.I.A ) INTRODUZIONE L instabilità di caviglia è una patologia ben conosciuta e molto frequente ma nonostante questo i metodi diagnostici ed il trattamento non si sono sviluppati con un ritmo incalzante come quelli delle altre articolazioni come spalla e ginocchio. Inoltre la classificazione che attualmente viene seguita dalla maggior parte dei chirurghi è quella di Hertel che purtroppo non è di nessun aiuto per il trattamento. Le motivazioni che ci hanno spinto ad intraprendere questo lavoro sono state essenzialmente quelle di fornire un supporto obiettivo ed aggiornato per aiutare il chirurgo ortopedico a prendere delle decisioni pratiche su una base razionale. Ci siamo concentrati all'inizio sui metodi diagnostici più efficaci e moderni per arrivare a formulare una diagnosi sulla base di una classificazione che siamo stati costretti a riformulare completamente. In seguito dopo aver individuato i trattamenti più attuali ed efficaci abbiamo composto un algoritmo terapeutico che riteniamo possa rappresentare una guida per chiunque si approcci al trattamento dell'instabilità di caviglia. ESAME CLINICO Roberto Buda, Marco Cavallo L instabilità cronica della caviglia (Cronic Ankle Instability = CAI) è descritta come una sensazione di cedevolezza e scarso equilibrio a carico della tibiotarsica determinata da uno o più traumi. Dal punto di vista epidemiologico negli Stati Uniti si stima che circa persone l anno vada incontro a tale tipo di problematica con un peso nei confronti del sistema sanitario nazionale quantificato in circa 1,2 milioni di visite all anno per un costo di circa 4 milioni di dollari. Il National Collegiate Athletic Association ha stimato che, in un in un lasso di tempo pari a sedici anni, le distorsioni di caviglia rappresentano circa il 17% degli infortuni negli atleti con drammatici picchi di recidiva stimati attorno al 70%; a causa di tali tassi di recidiva i pazienti sviluppano una 53

54 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA condizione definita come instabilità cronica di caviglia. Per definizione la CAI prende in considerazione l instabilità generata da distorsioni laterali di caviglia che sono sicuramente le più frequenti (85%) e quelle imputate a generare un instabilità; le distorsioni mediali hanno una frequenza introno al 15% e raramente causano instabilità. L esatta causa dell instaurarsi di una lassità cronica rimane sconosciuta. Tuttavia si ritiene che un alterazione dei sistemi senso motori e meccanici della caviglia sia alla base del problema. Ai fini di una corretta diagnosi è importante risalire alle modalità dell infortunio di partenza dove il paziente, in seguito alla distorsione, spesso descrive di avere avvertito un rumore sordo tipo popping, inoltre è altresì determinante conoscere il numero di pregresse distorsioni sia della caviglia coinvolta che della caviglia controlaterale e le eventuali terapie intraprese. Anche le caratteristiche del dolore sono dirimenti in quanto la presenza di dolore tra un episodio distorsivo e l altro può essere la spia di una lesione cartilaginea sottostante oppure di un problema tendineo; inoltre è necessario valutare la conformazione del piede in quanto un retropiede varo o la presenza di un piede cavo possono favorire la cronicizzazione della instabilità. Clinicamente dal punto di vista soggettivo il paziente descrive la propria caviglia affetta da debolezza come se cedesse ( giving away sensation ). Oggettivamente l esame della caviglia inizia dall ispezione volta ad evidenziare la presenza di tumefazioni o zone di ecchimosi. Successivamente si passa alla palpazione delle salienze ossee (malleoli, astragalo e filiera mediotarsica) e delle inserzione legamentose del comparto laterale del legamento peroneo astragalico anteriore (PAA), del ligamento peroneo calcaneare (PC), del legamento perone astragalico posteriore (PAP) ed infine del legamento cervicale e dell astragalo calcaneare laterale. Poi si conclude l esame attraverso test specifici alla ricerca della lassità legamentosa: Test del cassetto anteriore: con il paziente in posizione supina, a ginocchio flesso di circa 90 così da detendere le strutture muscolo tendinee della loggia posteriore, l operatore stabilizza la caviglia con una mano mentre con l altra mano spinge posteriormente la tibia. La sua positività indica una rottura del P.A.A. spesso nell esecuzione di questo test è possibile avvertire un suono suction sign che conferma la rottura del P.A.A. Test del cassetto posteriore: con il paziente in posizione supina, a ginocchio flesso di circa 90 così da detendere le strutture muscolo tendinee della loggia posteriore, l operatore stabilizza la caviglia con una mano mentre con l altra mano ed effettua una trazione anteriore sulla tibia. La positività di questo test sta ad indicare una rottura del P.A.P. Test dell inversione (inversion talar tilt test): cerca di valutare l angolo descritto dal plafond tibiale e la cupola dell'astragalo quando la caviglia è in inversione valutando il P.A.A. e il P.C.; con il paziente seduto con caviglia e piede sospesi fuori dal lettino l operatore con una mano stabilizza la gamba, l altra esercita uno stress in inversione su astragalo e calcagno. 54

55 Test della stabilità mediale (eversion talar tilt test): in questo test, con il paziente seduto con caviglia e piede sospesi fuori dal lettino l operatore con una mano stabilizza la gamba, l altra esercita uno stress in eversione su astragalo e calcagno; la presenza di un lassità deve far sospettare una rottura del legamento deltoideo Tutti questi test clinici vanno eseguiti anche sulla caviglia sana controlaterale così da avere un confronto con il grado di lassità insita nel paziente. ECOGRAFIA Cecilia Pasquali Più di un ventennio fa Schricker affermò che la caviglia era un distretto facilmente studiabile attraverso l ecografia anche per quanto riguarda la diagnosi di instabilità. Successivamente lo studio dell instabilità da un punto di vista ecografico ha avuto un discreto sviluppo. Nonostante l introduzione nella pratica clinica di metodiche più sofisticate quali la RMN e l Artro RMN, ha mantenuto un ruolo importante per la sua affidabilità sia per quanto riguarda lo studio qualitativo del danno legamentoso sia per quanto riguarda lo studio quantitativo del tilt talare senza però sostituire lo studio radiografico convenzionale. Davanti ad una sintomatologia cronica a livello della caviglia occorre indagare: le lesioni legamentose che portano all instabilità, l impingement osseo o fibroso, le sinoviti, le lesioni osteocondrali ed eventualmente tendinee. L esame ecografico, in mani esperte, permette di approfondire la diagnosi clinica e radiologica con un costo contenuto. L esame ecografico standard si esegue con sonde lineari ad alta frequenza con paziente supino, la caviglia in plantarflessione, leggermente intraruotata per lo studio della capsula e dei legamenti esterni, leggermente extraruotata per lo studio della capsula e dei legamenti interni. I legamenti sono iperecogeni se le fibre sono parallele alla sonda, il loro spessore normale è di circa 2 mm. Nelle lesioni croniche i legamenti possono non essere visibili o apparire retratti; può essere presente una fibrosi cicatriziale. L esame ecografico dinamico si esegue con il paziente supino ed una gamba appoggiata al ginocchio dell esaminatore. I reperi ecografici per la misurazione della lunghezza del legamento Peroneo Astragalico Anteriore sono: il punto più esterno del malleolo laterale ed in punto più alto del domo astragalico, vengono prodotte immagini a riposo ed immagini durante il Cassetto Anteriore. La differenza della lunghezza del legamento PAA è risultata essere statisticamente significativa in 3 gruppi di pazienti valutati clinicamente con il Cassetto Anteriore (I gruppo con articolazione stabile, II gruppo parzialmente instabile e III gruppo completamente instabile); non è risultata altrettanto significativa la misurazione nei 3 gruppi del tilt talare con la radiografia sotto stress. Croy et al. hanno paragonato la lunghezza del legamento peroneo astragalico anteriore in pazienti affetti da instabilità, da distorsione acuta di caviglia e nella popolazione normale. Nei primi due gruppi l ecografia sotto stress (mediante cassetto anteriore e test di inversione) evidenzia un allungamento del legamento. 55

56 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA Questo metodo può esser considerato un evoluzione rispetto alla radiografia convenzionale ed all ecografia sotto stress con apparecchio Telos in quanto più agevole; l apparecchio Telos inoltre può causare una contrazione muscolare che, irrigidendo la caviglia, può produrre falsi negativi. Nella radiografia sotto stress non sono ancora definitivamente standardizzati i criteri diagnostici dell instabilità (talar tilt >20,cassetto anteriore > 9 mm o < di 5 mm rispetto al controlaterale); l esame ecografico dinamico comparativo può senza dubbio confermare il sospetto clinico di instabilità, la metodica è agevole ed affidabile. RX DINAMICHE: SISTEMA TELOS Fabrizio Cortese Vari test clinici e strumentali sono stati proposti per poter valutare l instabilità. Per il chirurgo ortopedico rappresenta una necessità poter appurare in maniera quanto più accurata possibile l origine meccanica o funzionale dell instabilità e poter determinare l integrità delle strutture legamentose. Da queste valutazioni nascerà la scelta terapeutica. Se la terapia conservativa (tutori, riabilitazione funzionale) fallisce, nel caso di instabilità meccanica, la ricostruzione chirurgica del complesso legamentoso rappresenta una ottima possibilità terapeutica. Per poter eseguire un corretto planning preoperatorio ed una corretta scelta di procedura è necessario conoscere in maniera quanto più oggettiva possibile l entità dell instabilità e le strutture antomiche legamentose coinvolte. Test clinici (cassetto anteriore, talar tilt test) sono utilizzati ma hanno il grosso limite della variabilità operatore-dipendente, soprattutto nel caso si voglia acquisire dati a scopo scientifico (dove la precisione dei dati e la riduzione della variabilità rappresentano una necessità). Le radiografie sotto stress con sistema TELOS rappresentano un sistema validato di valutazione dell integrità legamentosa, nelle distorsioni di caviglia e nell instabilità cronica. Sistema TELOS La stabilità biomeccanica dell articolazione deriva da 3 fattori: La congruenza articolare. L attività muscolare. L integrità di capsula e legamenti. Per poter ottenere informazioni riguardo all integrità delle strutture legamentose il sistema TELOS è strutturato in maniera di: Mantenere le superfici articolari nella corretta posizione per evidenziare l azione di un determinato legamento. Mantenere una posizione ed un confort del paziente che annulli o riduca la contrattura anatalgica. Il sistema TELOS permette lo studio separato delle due componenti legamentose più frequentemente interessate nell instabilità di caviglia: il LPAA ed il LPC. La forza di pressione applicata non deve superare i 15 dan (circa 15kg). Questo valore empirico è stato internazionalmente accettato. La letteratura ci dimostra come una forza di 6-56

57 7daN riesce ad aprire un articolazione con legamento lesionato. Forze superiore ai 15daN innescherebbero una contrattura antalgica che il paziente difficilmente potrebbe controllare. L acquisizione dell immagine deva avvenire circa 1 minuto dopo aver posizionato il paziente sotto stress; questo lasso di tempo consente il completo rilassamento muscolare. Vanno sempre eseguite radiografie comparative sull arto sano nella medesima posizione e con lo stesso carico. Il primo legamento che viene analizzato è il LPAA. Viene eseguita una proiezione laterale con un vettore di forza che dislochi anteriormente l astragalo rispetto al mortaio tibio-fibulare. Valori di riferimento: Positivo se distanza tra margine articolare posteriore della cartilagine tibiale e punto più vicino dell astragalo maggiore di 10mm Positivo se maggiore rispetto al controlaterale di 5mm (nei casi in cui il lato affetto abbia un valore assoluto tra 5-10 mm Risonanza magnetica e proiezioni sotto stress La risonanza è l esame di elezione per lo studio strutturale dei tessuti molli e quasi sempre fa parte dell inter diagnostico dell instabilità di caviglia. Permette una diretta visualizzazione delle lesioni legamentose, di lesioni cartilaginee/osteocartilaginee e fratture misconosciute con le tecniche radiologiche trazionali. Recentemente è stata prodotta e testata una nuova steumentazione che permette di acquisare immagini RM sotto stress nelle medesime posizioni del sistema TELOS. Si tratta di una stumentazione in materiale plastico compatibile con la RM che permette di acquisire simultaneamente informazioni anatomiche (immagini RM) ed anatomo funzionali (immagini sotto stress) senza esporre il paziente ad alcuna radiazione. Le immagini sotto stress con RM permettono di ottenere contemporaneamente informazioni sulla stabilità della tibio-peroneo-astragalica e della sottoastragalica. Con le tecniche radiologiche convezionali lo studio della sottoastragalica deve essere effettuato attraverso proiezioni particolari (Brodén view) mentre in RM la stabilità delle due articolazioni può essere indagata contemporaneamente (vedi immagine sottostante). Conclusioni L esecuzione di radiografie sotto stress rappresenta una fase fondamentale nella diagnostica dell instabilità di cavilgia soprattutto nel planning preoperatorio. L indicazione all esecuzione dell esame sotto stress è indicata sia nella lesione acuta (in particolare negli sportivi professionisti) che cronica. In acuto l esame deve essere eseguito in anestesia per contrastare la contrattura antalgica. L esame radiografico sotto stress associato alla valutazione clinica permette una precisa diagnostica delle lesioni del comparto esterno. Lesione del LPAA (ATFL) Positività al test del cassetto anteriore Valore della dislocazione anteriore dell astragalo rispetto alla tibia (Rx con TELOS ): assoluto >10 mm, rispetto al controlaterale > 5 mm. 57

58 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA TC Roberto Buda, Marco Cavallo L'utilizzo della TC nella valutazione della instabilità cronica di caviglia assume elevata importanza nella valutazione dei patterns clinico-radiologici caratteristici di questo tipo di affezione. Frost ed Amendola hanno evidenziato come gli stress test radiografici (cassetto anteriore e talar tilt test) se presi singolarmente abbiano un basso valore predittivo per le lesioni legamentose del comparto laterale di caviglia. Il protocollo di acquisizione TC prevede una scansione della caviglia effettuata in posizione neutra ed otto successive acquisizioni in stress (dorsiflessione, eversione-dorsiflessione combinate, eversione, eversione-flessione plantare combinate, flessione plantare, inversione-flessione plantare combinate, inversione, inversione-dorsiflessione combinate). Il campo di vista dell acquisizione TC, a partenza da 2 cm cranialmente alla rima articolare della tibia, comprende interamente l astragalo, il calcagno, il cuboide e lo scafoide tarsale. L acquisizione preliminare in posizione neutra viene effettuata con dose standard (150 mas/slice) e le 8 acquisizioni successive in stress vengono acquisite a bassa dose (26 mas/slice). Tutte le acquisizioni sono effettuate a strato sottile (spessore 0.6 mm incremento 0.3 mm). Per rendere agevoli le acquisizioni sotto stress la pianta del piede del paziente poggia su di un piano mobile fissato al piede, su cui vengono esercitate delle forze. Successivamente, con l ausilio di ricostruzioni tridimensionali, vengono misurati i gradi di movimento delle varie strutture ossee nelle posizioni in stress, raffrontandole alla posizione neutra; in particolare i gradi di movimento del calcagno rispetto all astragalo e i gradi di movimento di tibia e calcagno rispetto all astragalo I risultati degli studi sembrano estremamente promettenti per future applicazioni nella pratica clinica. Nella valutazione dei soggetti sani (giovani adulti senza precedenti traumatici della caviglia) sono stati ottenuti range di valori costanti nei i diversi soggetti. Sono stati ottenuti differenti valori su TC effettuata su paziente con pregressi traumi in inversione ed esiti di ricostruzione legamentosa; in particolare sono stati ottenuti range di movimento maggiori dell articolazione talo-crurale, con particolare incremento dei valori di movimento talo-crurali in massima inversione. Sauser et al. hanno evidenziato come le radiografie sotto stress di caviglia siano predittive di una lesione legamentosa laterale solo quando il talar tilt test è maggiore di 10 ma questi valori tuttavia si riscontrano solo nel 40% dei pazienti sintomatici. Nel 10-25% dei casi in una caviglia affetta da instabilità cronica l'articolazione sottoastragalica è spesso coinvolta e gli stress test radiografici non riescono a discriminare quanto sia il suo grado di coinvolgimento; infatti Pearce e Buclkey hanno valutato il ROM articolare della sottoastragalica tramite immagini TC dinamiche; da tali misurazioni si è evidenziato come normalmente nella pratica clinica la stabilità della sola sottoastragalica è sovrastimata probabilmente questo è dovuto alla influenza dei tessuti molli, alla effettiva lassità della tibiotarsica ed infine degli errori legati all esaminatore. 58

59 Per tutti questi motivi l utilizzo della TC nella valutazione dei range articolari diviene un esame con caratteristiche qualitative insostituibili nell evidenziare e discriminare il tipo di lassità che coinvolge la caviglia: l accuratezza delle immagini, l elevata definizione dei limiti delle componenti ossee, la rapida esecuzione dell esame anche con caviglia sotto stress, permettono di quantificare in maniera precisa eventuali alterazioni dei normali range articolari. Inoltre la TC è in grado di valutare in maniera molto precisa la componente ossea e spesso in una caviglia affetta da instabilità cronica sono presenti quadri artrosici più o meno importanti con presenza di osteofitosi e rostri ossei che spesso fungono da stimolo flogistico per la componente ligamentosa e tendinea circostante. La TC risulta utile, se non fondamentale, anche per visualizzare la presenza di eventuali frammenti osteocondrali distaccati e che possono dare fenomeni di blocco articolare. Può anche essere molto nel sospetto di una frattura misconosciuta alla radiografia soprattutto quelle del comparto subtalare. In ultima analisi l uso della TC è riservato come esame di secondo livello nel sospetto soprattutto di corpi liberi endoarticolari e nella valutazione di eventuali impigement di natura ossea ma sta assumendo sempre più importanza nella valutazione qualitative e quantitativa dei range articolari vista l elevata precisione delle immagini e la rapidità di esecuzione dell esame che permette di mantenere posizioni sotto stress della caviglia per brevi periodi; come esame di primo livello và sempre eseguita una RX standard sotto carico della caviglia in proiezione anteroposteriore e laterolaterale per valutare il corretto allineamento osseo ed eventuali lesioni associate. L RX può anche essere utilizzata sotto stress mobilizzando ai gradi estremi l'articolazione per quantificare la lassità. La RM nella lassità cronica di caviglia diviene utile per valutare quale legamento sia lesionato ed evidenziare eventuali difetti della superficie cartilaginea oltre che valutare lo stato di salute dei tendini peronei. LA DIAGNOSI ATTRAVERSO RMN Francesco Allegra, Giuseppe Monetti, Antonio Zanini I traumi acuti di caviglia e di retropiede sono comuni e sono di norma trattati con terapia conservativa. Il dolore persistente, che possa non rispondere in modo appropriato a questo trattamento ed impedisce al paziente di tornare alle attività precedenti ed allo sport, rappresenta un problema per il medico. La risonanza magnetica si accompagna come un valido aiuto per il clinico nel fare una diagnosi di certezza in questi pazienti che a volte rappresentano una sfida per il curante. Per tal motivo questa procedura si è affermata come la modalità di diagnostica preferita per valutare il dolore cronico di caviglia e di retropiede legato a problemi sia ossei che di tessuti molli. La RM viene anche utilizzata più frequentemente per la valutazione strumentale delle caviglie croniche traumatizzate durante l attività sportiva. La caviglia è una delle articolazioni che più facilmente e più frequentemente va incontro a traumi tra tutte le articolazioni del corpo, specie durante le attività sportive, ed una distorsione articolare può an- 59

60 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA dare incontro ad una recidiva nel 40% dei casi. Nella caviglia dolorosa cronica numerose possono essere le cause della sintomatologia che includono rotture dei legamenti, degenerazione e rotture tendinee, scrosci articolari ossei, fratture, difetti osteocondrali e talalgie, fascite plantare. La risonanza magnetica si afferma come una delle più affidabili metodiche di indagine diagnostica, data la possibilità di evidenziare ogni tipo di lesione intra- ed extra-articolare anche con sequenze dedicate. Essa permette di poter illustrare gli aspetti di un gran numero di patologie legate ai traumi singoli o ripetuti, dipendenti da attività sportive o di relazione, correlando il meccanismo di lesione con la sintomatologia e consente di effettuare una valutazione clinica in funzione del miglior trattamento sia conservativo che chirurgico. La conoscenza delle manifestazioni che compaiono nella caviglia dopo una serie di traumi in inversione che causano una instabilità cronica articolare è essenziale per il clinico ma anche per il radiologo che esegue l esame. Ulteriore ruolo è stato riconosciuto alla RM in quanto essa è la migliore modalità di valutazione strumentale delle varie lesioni associate satelliti, grazie all ottimo contrasto tra i tessuti, l alta sensibilità per il tessuto osseo nell edema della midollare, e per chiarezza nella definizione visiva della cartilagine articolare. Questa accurata valutazione possiede la potenzialità di aumentare le conoscenze dell articolazione per il chirurgo, durante la sua valutazione clinica e terapeutica sulle decisioni da prendere. I cambiamenti patologici che vengono diagnosticati con la RM spesso guariscono senza ulteriori complicazioni od evoluzioni, a seguito di un adeguato trattamento. Tanto più nei giovani in età adolescenziale l esame RM della caviglia traumatizzata non è quasi mai di aiuto nell episodio acuto, mentre è fondamentale in quello cronico. Tuttavia In questi pazienti, l esame clinico convenzionale associato alla radiologia ed all ecografia, rappresenta un mezzo sufficiente per una accuratezza diagnostica di lesione cronica. La risonanza permette di poter definire meglio una classificazione delle patologie traumatiche articolari che si accompagnano nell evoluzione cronica di una caviglia dolorosa postraumatica instabile. In particolare la RM sotto carico, effettuata su entrambe le caviglie, può permettere di valutare a confronto la distanza della articolazione talo fibulare per evidenziare problematiche legamentose distali e la distanza tibio-fibulare per escludere la presenza di instabilità legate alla lesione dei legamenti della sindesmosi. La RM si afferma come una delle più avanzate modalità diagnostiche strumentali, potendo essere effettuata anche con mezzo di contrasto. L uso del gadolinio endovenoso od intrarticolare può aumentare la specificità e la sensibilità dell esame in casi di patologie selezionate, non solo per evidenziare lesioni legamentose associate o meno a cedimenti capsulari esterni: alcuni quadri di tenosinovite, di conflitto fibroso ed alcune lesioni condrali possono beneficiarne per accuratezza. La metodica è di fondamentale aiuto sia nella valutazione dell aspetto dell apparato legamentoso, la cui lesione ripetuta determina la instabilità cronica, ma è anche essenziale per individuare, valutare, seguire la evoluzione delle lesioni associate intra ed extra-articolari. 60

61 Anzitutto essa è utile per la valutazione dello spessore e della tensione dei legamenti interessati, sia il peroneo astragalico anteriore che il peroneo calcaneare. Essi possono essere evidenziati sia nelle sequenze T1 che T2, mettendo in mostra caratteristiche diverse del loro aspetto morfologico, l una delineandone maggiormente i contorni, l altra il suo contenuto idrico. In tal modo l immagine diretta dei legamenti evidenzia la loro integrità anatomica o meno, aiutando a colpo d occhio il chirurgo nelle sue valutazioni. La presenza di liquido sinoviale intra-articolare è di valido aiuto per l effetto contrasto che si ottiene, visualizzando la presenza di rotture legamentose totali o parziali per la sua interposizione tra gli strati anatomici ed evidenziando patologie che altrimenti resterebbero sconosciute ad altre metodiche di indagine. Inoltre, la conoscenza della stretta correlazione dei legamenti con la capsula articolare cui sono adesi permette di effettuare una valutazione dell aumento del volume capsulare nelle sedi ove essa non è più mantenuta in tensione dall apparato legamentoso. E questo rappresenta un segnale indiretto importante della insufficienza legamentosa dovuta a lesione cronica. Ma, com è noto, la instabilità cronica di caviglia è una patologia che si associa nel tempo a lesioni satelliti in altre sedi articolari ed a carico di tessuti non coinvolti nei primi episodi distorsivi. La RM aiuta nella valutazione della qualità dell osso e della sua integrità. Infatti, la metodica può evidenziare piccole infrazioni o fratture senza spostamento con perfetto affrontamento degli estremi ossei, spesso occulti alla radiologia tradizionale e causa di sintomi importanti per il paziente. Sono le sequenze in T2 e in STIR che aiutano nella conoscenza della midollare ossea, spesso coinvolta in edemi di lenta risoluzione che possono aiutare il chirurgo nella definizione dell origine della sintomatologia e della tempistica di qualsiasi intervento riparatorio. Com è noto sono spesso coinvolti l astragalo ed il plafond tibiale, senza talvolta escludere lo scafoide o la regione della articolazione sotto-astragalica, ma soprattutto sono le lesioni cartilaginee isolate o quelle osteocartilaginee che beneficiano dell esame RM. Infatti la metodica individua con precisione la sede del difetto, la profondità, l estensione nonché la presenza o meno di collegamenti con lo spazio articolare o legami presenti con l osso in profondità, altrimenti non evidenti alla radiologia tradizionale. La definizione morfologica del difetto è alla base di classificazioni che determinano un inquadramento evolutivo della patologia. Ma è la scelta del trattamento chirurgico che ne trae i migliori vantaggi: infatti a seconda dell aspetto e della classificazione della patologia si può passare da una terapia astensionistica e conservativa ad una più aggressiva indirizzata anche verso l osso subcondrale. La presenza di ossificazioni apicali di malleolo, associate alla instabilità cronica ed espressione di molteplici episodi distorsivi, viene più correttamente individuata nella loro forma e nella loro composizione con la RM, permettendo di evidenziarvi una copertura cartilaginea, spesso presente, che ne aumenta le dimensioni anche considerevolmente, aiutando il chirurgo nel suo gesto terapeutico. Invece i corpi mobili all interno dei com- 61

62 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA partimenti articolari risultano di composizione quasi esclusivamente cartilaginea, che sfugge alla radiologia tradizionale e che è causa di dolori e di scrosci articolari. Essi difficilmente sfuggono alla RM che ne precisa sede, grandezza e rapporti con le strutture viciniori, aiutando nel comprendere se risultino essere liberi del tutto di scorrere da un compartimento all altro o se appaiano legati alla sinoviale che ne limita la motilità. La RM è di grande aiuto anche nell evidenziare la presenza di altri tessuti molli periarticolari non apprezzabili con radiologia tradizionale. Essi si sviluppano a seguito della instabilità cronica, interponendosi tra superfici osteocartilaginee articolari nel vari compartimenti della caviglia, creando il quadro patologico del conflitto fibroso. Il tessuto prevalentemente sinoviale viene pinzato tra le superfici ossee, specie quelle esuberanti degli osteofiti anteriori di tibia, antero-inferiori di malleolo, anteriori sul collo dell astragalo, posteriori di tibia e posteriori di astragalo al passaggio della doccia di torsione dei tendini nella loggia posteriore di caviglia. Individuarli con precisione permette al chirurgo di programmare una chirurgia più idonea alle condizioni patologiche complessive da trattare ed alle lesioni da riparare. Un valore aggiunto per il medico specialista è offerto dalla RM, in particolare nei tagli assiali e sagittali, per la valutazione della patologia tendinea posteriore di caviglia che talvolta si associa alla instabilità cronica articolare, come conseguenza della insufficienza legamentosa e dei traumi ripetuti. In particolare lo studio dei tendini peronieri, effettuato sia in T1 che in T2, permette al clinico di controllarne l eventuale coinvolgimento infiammatorio cronico: una ingrossamento fusiforme, un area colliquata centrale, un apparente rottura parziale degenerativa possono spostare la pianificazione operatoria da una procedura ad un altra. Infatti spesso alcune tecniche di riparazione prevedono l utilizzo di questi tendini come rinforzo e devono poter essere integri e sani per garantire quella tenuta che il chirurgo ricerca. Parimenti, i tendini del compartimento posteriore sono evidenziati nei medesimi tagli e con le medesime pesature: essi più raramente sono coinvolti come patologia satellite secondaria alla instabilità cronica. Tuttavia la RM offre un accurata valutazione del loro stato, permettendo gesti chirurgici accessori finalizzati alla soluzione della sintomatologia. L avvento dell ultima generazione di questa apparecchiatura ha permesso alla nostra equipe, sulla base dell esperienza da noi maturata in oltre dieci anni sulla precedente RM ed in virtù della collaborazione con ortopedici, fisiologi ed ingegneri di biomeccanica, di ideare e sviluppare un metodo che consente di effettuare gli esami non solo in clino- ed ortostatismo, ma soprattutto in dinamica. Detto tipo di apparecchiatura consente di evidenziare la diversità che spesso è presente nelle patologie di caviglia dalla posizione clinostatica all ortostatismo. Il primo settore in cui tale metodica offre notevoli vantaggi è quello riguardante le instabilità acute e croniche, in seguito a traumi distrattivi di basso od alto grado. Effettuando l esame in ortostatismo, siamo in grado di ap- 62

63 prezzare modificazioni di assetto in virtù del carico offerto. Questa peculiarità viene accentuata dalla possibilità di eseguire gli esami con prove funzionali dinamiche in inversione ed eversione, in flesso-estensione ecc. Tale situazione consente una eccellente valutazione del grado di lesione e di instabilità, che può essere valutata sia visivamente che mediante opportune misurazioni ampiamente standardizzabili. Altro settore in cui si ottengono eccellenti risultati è quello riguardante le eventuali fratture osteocondrali, nelle quali l esame dinamico può dirimere il dubbio del possibile dislocamento del frammento. Idonea risulta la valutazione sia funzionale che eventualmente patologica delle strutture legamentose del seno del tarso, quali il legamento cervicale e l interosseo. Risulta ottimale pure la valutazione delle lesioni miotendinee, soprattutto in associazione all impiego dell elastosonografia dinamica. Detta metodica consiste nell applicazione di un software all apparecchio di ecografia, in cui viene visualizzata una mappa cromatica con valori che virano dal soft all hard, rispettivamente riferiti alla maggiore o minore elasticità dei tessuti attraversati. La combinazione di queste nuove tecnologie ha completamente rivoluzionato l approccio diagnostico, in quanto in grado di fornire eccezionali indicazioni sul reale stato delle strutture indagate. Questo aspetto consente una più idonea valutazione sia ai fini terapeutici (siano essi fisioterapici o chirurgici) sia ai fini di una più corretta valutazione medico-legale. Possiamo pertanto affermare che tale metodica possa tranquillamente sostituire l impiego ormai obsoleto del Telos, indagine discretamente invasiva sia in termini clinici che radioprotezionistici. Potrebbe apparire superfluo sottolineare che la RM dinamica risulta ovviamente eccellente non solo nello studio dell articolazione della caviglia bensì in tutte le articolazioni del corpo (compresa la ATM) e dell intero rachide. In conclusione, queste conoscenze aumentano la consapevolezza dei radiologi che l essere più competenti nella valutazione delle conseguenze potenziali del trauma, che conduce a dolore persistente a distanza dall evento traumatico, aiuta nella migliore individuazione strumentale delle numerose tipiche associazioni patologiche alla instabilità articolare. Tuttavia ogni esame effettuato anche con apparecchiature più sofisticate deve essere sempre correlato ad un accurato esame clinico del paziente effettuato da uno specialista, dato che alcune immagini possono risultare del tutto prive di correlazione sintomatica. La dimostrazione di questi concetti deriva dal fatto che i primi studi di ogni singola articolazione sono stati effettuati da noi radiologi e dal tecnico, insieme all ortopedico specialista del settore, che personalmente ha posizionato il Pz. nelle condizioni di anatomia biomeccanica utili a evidenziare l eventuale danno. CRITERI CLASSIFICATIVI La classificazione riguarda le instabilità post-traumatiche croniche laterali di caviglia (senza lesione del compartimento mediale) ed in assenza di lesioni della sindesmosi. 63

64 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA Instabilità lieve Instabilità moderata tutti i parametri precedenti più uno dei seguenti Instabilità grave oltre ai parametri precedenti almeno uno dei seguenti fattori predisponenti o patologie associate ALGORITMO TRATTAMENTO DELL INSTABILITÀ a) sensazione clinica di instabilità (soggettiva) esterna della caviglia da almeno sei mesi b) lassità laterale con test clinico del cassetto anteriore astragalico positivo c) radiogrammi sotto stess (Telos ) con differenza rispetto al lato sano controlaterale di: i) >5 mm. di traslazione anteriore dell astragalo rispetto alla tibia nei radiogrammi in laterale ii) <10 di angolo ad apertura esterna nei radiogrammi in AP d) esame RMN o ECO positiva per lesione del legamento peroneo-astragalico anteriore (ATFL) a) talar tilt test clinico positivo b) radiogrammi sotto stess (Telos ) con differenza rispetto al lato sano controlaterale di: i) >10 di angolo ad apertura esterna nei radiogrammi in AP ii) >5 mm di traslazione anteriore dell astragalo rispetto alla tibia nei radiogrammi in laterale c) esame RMN o Eco positiva per lesione oltre che dell ATFL anche del legamento peroneo-calcaneare (CFL) a) calcaneo varo/escurvato, cavismo, 1 raggio verticale b) evidente instabilità dell articolazione sottoastragalica c) segni clinici di patologia dei tendini peronei d) extrarotazione eccessiva dell asse intermalleolare (> 15 ) e) RMN o Eco positiva per patologia dei tendini peronei TRATTAMENTO INCRUENTO Cecilia Pasquali, Marco Cavallo Il protocollo riabilitativo nell instabilità di caviglia ha il compito primario di permettere al paziente di tornare al livello di attività desiderato nel più breve tempo possibile, e allo stesso tempo permettendo la guarigione dei tessuti danneggiati o riparati e prevenendo ulteriori infortuni. Al fine di perseguire questo scopo la riabilitazione deve occuparsi di numerosi aspetti, tra cui la forza muscolare, la potenza, la resistenza, la flessibilità articolare, le eventuali lesioni associate o il tipo di intervento chirurgico subito. Il protocollo riabilitativo deve quindi necessariamente essere personalizzato, con un programma specifico disegnato sulle esigenze e condizioni cliniche del paziente. Gli obiettivi che spesso ci si trova a dover raggiungere con la riabilitazione sono inizialmente la riduzione della tumefazione, del dolore, del processo infiammatorio a carico di numerose strutture. Successivamente gli obiettivi diventano la ripresa della completa escursione articolare, della forza, della potenza e della elasticità muscolare, e il ritorno al livello di attività precedente alla lesione o all intervento chirurgico subito. 64

65 In particolare la riabilitazione nell instabilità cronica di caviglia risulta una patologia dalla notevole complessità di trattamento, in quanto unisce aspetti neurali (propriocezione, riflessi, tempo di reazione muscolare), muscolari (forza, potenza, resistenza) e meccanici (lassità ligamentosa). Questi tre elementi sono in stretta relazione e interdipendenza, e devono essere ugualmente considerati nel processo riabilitativo. In particolare l aspetto di controllo neuromuscolare è di primaria importanza, in modo che il piede, durante il contatto col terreno e tutta la fase di appoggio del cammino o della corsa sia pienamente sotto controllo e garantisca stabilità. È stato dimostrato infatti come una distorsione di caviglia possa avere come conseguenza una compromissione neuromuscolare, con alterazioni rilevabili all elettromiografia dei nervi periferici già 2 settimane dopo l episodio distorsivo. Con la cura e lo sviluppo di tutti gli elementi interconnessi coinvolti nella riabilitazione si ottiene una riduzione del rischio di nuovi infortuni, mentre se ciò non accade ci si espone ad un maggiore rischio di re-infortunio, con conseguenze potenzialmente peggiori. Tutori e ortesi Questi devices sono utilizzati prevalentemente allo scopo di ottenere stabilità meccanica. Numerosi studi in letteratura ne hanno dimostrato l efficacia nel ridurre le recidive, favorendone lo sviluppo e le applicazioni. Le modalità con cui questi devices svolgono la propria azione sono non solamente di tipo meccanico, ma anche di tipo propriocettivo: è stato dimostrato infatti che sono in grado di aumentare la sensibilità, la consapevolezza della posizione del movimento ed il feedback neuromuscolare: pertanto alcuni autori ne suggeriscono l utilizzo soprattutto nella prima fase del protocollo riabilitativo, quando questi parametri rappresentano l obiettivo principale. In particolar modo il ricorso al kinesiotaping, attraverso la stimolazione di afferenze cutanee aiuta a migliorare il controllo dinamico, e può assistere nel recuperare una corretta e bilanciata attivazione neuromuscolare, riducendo stress non necessari a livello dei tessuti molli periarticolari. I devices non hanno però un ruolo nell incremento dell attività muscolare durante le fasi di riabilitazione. Rieducazione funzionale Gli studi disponibili in letteratura sulla riabilitazione nelle lassità di caviglia prendono in esame una vasta gamma di esercizi e di programmi terapeutici. In generale si è osservato che la forza muscolare e la propriocezione sono elementi stret tamente interdipendenti: migliorando la propriocezione aumenta anche la forza, e lavorare sul potenziamento favorisce una migliore funzione propriocettiva. Nonostante le numerose esperienze in letteratura, manca una standardizzazione del numero delle sedute, del paradigma e della intensità degli esercizi necessari per il completo recupero. Sicuramente la prolungata immobilizzazione è da evitare, pena un più lento recupero e un peggior risultato clinico-funzionale della caviglia. L aspetto riabilitativo si incentra su alcuni aspetti fon- 65

66 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA damentali: l escursione articolare, la forza, la propriocezione e l allenamento attività specifico. Dall esperienza della letteratura e delle scuole di ortopedia rappresentate nella faculty di caviglia SIA è possibile delineare alcuni aspetti cardine del protocollo riabilitativo. Esercizi terapeutici - Stretching della muscolatura posteriore della gamba per prevenire retrazioni a livello del tendine d Achille. - Riabilitazione neuromuscolare: attività su tavolette di equilibrio multidirezionali (pedana di Freeman) - Esercizi funzionali di coordinamento muscolare anche mediante utilizzo di piattaforme dinamiche motorizzate che aiutano a stimolare il meccanismo di anticipo muscolare (preattivazione muscolare). - Rinforzo muscolare preventivo: pronazione dei peronei dapprima con esercizi isometrici quindi con esercizi dinamici contro resistenza con bande elatiche o con apparecchiature dedicate. - Manipolazioni da parte di un fisioterapista/ massoterapista: palpazione, mobilizzazione articolare su tutti i piani con particolare cautela nell inversione se la lesione è laterale. Distrazione dell articolazione sottoastragalica e tibio-tarsica, manipolazione dell avampiede mantenendo fisso il calcagno. - Sostegno protettivo con tutori o taping, secondo la necessità. Gli esercizi di rinforzo muscolare devono essere eseguiti secondo lo schema: 12 ripetizioni, almeno 3 volte al giorno, almeno 6 giorni alla settimana per 5 settimane. Gli esercizi di riabilitazione neuromuscolare devono essere eseguiti almeno 10 minuti al giorno, almeno 6 giorni alla settimana per 5 settimane. Conclusioni Il protocollo riabilitativo nell instabilità di caviglia è complesso, e deve vedere come coprotagoniste diverse figure professionali competenti. L ortopedico, il fisiatra, il fisioterapista devono interagire al fine di identificare, sulla base dei punti chiave descritti, il protocollo e la tempistica più idonei per il singolo paziente al fine di massimizzare il recupero funzionale e prevenire le recidive. LE PLICATURE Antonio Zanini L instabilità cronica di caviglia costituisce una condizione frequente ed estremamente invalidante negli atleti con limitazioni significative nelle prestazioni e nei programmi di allenamento, così come nelle persone comuni nelle loro attività giornaliere quando si tratta di gravi instabilità. Generalmente questi pazienti sono caratterizzati da un anamnesi positiva per vari episodi di distorsione in inversione del collo del piede e lamentano dolore persistente sulla porzione antero-laterale della caviglia associato a tumefazione, episodi di cedimento articolare e limitazione antalgica della flessione plantare del piede. Questa sintomatologia cronica a livello della caviglia residua in circa il 30% dei soggetti incorsi in una distorsione in inversione della caviglia anche se trattata correttamente. 66

67 L instabilità meccanica cronica si realizza a causa di una lassità legamentosa e dei tessuti molli pericapsulari, mentre l instabilità funzionale provoca danni ai recettori propriocettivi capsulari e l ipotrofia della muscolatura. Come riportato in letteratura, il trattamento conservativo e la terapia fisica sono in grado di ottenere risultati eccellenti in pazienti affetti da instabilità funzionale di caviglia o lassità generalizzata, mentre coloro che presentano un instabilità meccanica necessitano di un intervento ricostruttivo. Riteniamo non corretto trattare a priori le lesioni osteocondrali senza curarsi dell instabilità capsulo legamentosa che potrebbe essere l unica e vera causa della sintomatologia in atto. Per il trattamento di tali affezioni le numerose procedure proposte possono essere suddivise in due grandi categorie: 1. le riparazioni dirette dei tessuti molli; 2. le trasposizioni tendinee, nelle quali possiamo includere le tenodesi. La tecnica di Brostrom modificata costituisce la metodica di riparazione diretta di maggior diffusione ed è caratterizzata dalla più elevata percentuale di successo nel breve e lungo periodo. Tuttavia in letteratura vengono riportati anche risultati scadenti soprattutto in pazienti caratterizzati da iperlassità legamentosa congenita, lesioni legamentose inveterate e fallimenti di precedenti interventi. Le tecniche con trasferimenti tendinei permettono una ricostruzione anatomica stabile, ma il prelievo tendineo rende necessaria un ampia esposizione aumentando il rischio di complicanze delle ferite chirurgiche, lesioni delle strutture nervose, sviluppo di fibrosi e rigidità di tibiotarsica. Rigidità di caviglia si hanno anche in casi di tenodesi che riteniamo essere una metodica valida solo in casi gravi d instabilità in lavoratori di forza. Nonostante i buoni risultati della tecnica di riparazione diretta è sconsigliabile eseguirla quando il tessuto capsulare può essere degenerato, cosa che si osserva frequentemente nei casi d instabilità inveterata. In questi casi e nelle instabilità minori preferiamo usare lo shrinkage capsulare termico o eseguire dopo questo una riduzione della ridondanza capsulare mediante plicature laterali percutanee sotto controllo artroscopico. La tecnica chirurgica è eseguita durante l artroscopia di caviglia, effettuata in anestesia loco-regionale, utilizzando un tourniquet pneumatico alla radice dell arto. I pazienti sono in decubito supino sul tavolo operatorio. Viene utilizzata una pompa d infusione ed un artroscopio da 4,5 mm con ottica a 30. Per l esecuzione della metodica artroscopica vengono utilizzati i portali standard anterolaterale e anteromediale, senza l impiego di un distrattore di caviglia. Nella fase iniziale diagnostica per ottenere un adeguata visualizzazione della superficie articolare astragalica-tibiale e dei recessi laterali e mediale, si pratica un debridement articolare ed una sinoviectomia accurata anche mediante strumento motorizzato causa spesso di impingement anteriore e quindi di dolore. Dopo aver valutato la porzione antero-laterale della capsula, dove decorrono i 2 legamenti, s introduce il terminale a radiofrequenza. 67

68 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA Lo spostamento ripetuto di quest ultimo in direzione postero-anteriore ci permette di visualizzare direttamente le modificazioni macroscopiche del tessuto. L impiego del calore a scopo terapeutico venne menzionato già nel 460 a.c. da Ippocrate, che lo utilizzava nel cavo ascellare per provocare una retrazione dei tessuti molli tanto da contenere l instabilità gleno-omerale. Nel 1996 le RF sono state introdotte nell artroscopia di caviglia dimostrando un effetto di termorestrizione sul tessuto capsulo-legamentoso che da lasso e ridondante per effetto termico si restringe e cicatrizza trasformandosi in tessuto fibroso retratto e più consistente. Nel 2002 Berlet asserì di un effetto di deprivazione neurosensoriale dovuto alla distruzione termica dei recettori afferenti periferici con un successivo effetto anestetico sulle strutture capsulo-legamentose ed un conseguente miglioramento della sintomatologia, ma con un danno propriocettivo ed una riduzione del feedback nervoso. Gli effetti molecolari prodotti dalle RF sui tessuti molli sono stati descritti in modo dettagliato in vari lavori. Si è dimostrato in particolare che la denaturazione del collagene articolare provocata dall energia termica è direttamente correlata alla temperatura ed il tempo di esposizione. La temperatura ideale per effettuare lo shrinkage capsulare è tra i 65 ed i 75 C, temperature inferiori non sono in grado di provocare significative modifiche strutturali del tessuto capsulare, mentre temperature superiori provocano un eccessiva ionizzazione e cedimento della struttura tissutale. Inoltre l esposizione prolungata a temperature inferiori a questo intervallo (< 65 ) provocano un effetto tissutale analogo a quello ottenuto con brevi esposizioni a temperature superiori ai 75. Le alterazioni multistrutturali sono la base del fenomeno di accorciamento del tessuto capsulare tanto da stabilizzare l articolazione. L utilizzo delle RF per ottenere un thermal shrinkage capsulare in instabilità sintomatiche è una pratica diffusa ed in grado di ottenere eccellenti risultati in casi ben selezionati. Dalla nostra esperienza e dalla casistica che stiamo raccogliendo possiamo confermare che i risultati clinici possono raggiungere il loro massimo valore quando lo shrinkage è associato ad altra riparazione capsulo-legamentosa artroscopica, quale la plicatura laterale. La tecnica prevede l utilizzo di 2-3 punti di sutura percutanea monofilamento riassorbibile in PDS numero 2, con direzione orizzontale - postero-anteriore. Ci possono essere due varianti di tecnica. La prima con un controllo artroscopico anteromediale, si provvede all introduzione di un ago n 18 all altezza del perone, molto vicino al periostio dove si provvede al passaggio del filo di sutura che viene afferrato con una pinza da presa artroscopica e si porta fuori dal portale antero-laterale. Dallo stesso portale, con un klemmer sottocutaneo, si recupera il filo percutaneo perimalleolare e, tramite uno spinginodo, si esegue il nodo che plica la componente capsulo-legamentosa precedentemente cruentato con motorizzato. Possono essere ripetute una seconda sutura, indispensabile, e una terza, spesso utile, in rapporto alla lassità iniziale. La seconda variante prevede l impiego di un ago da spinale da 16, percuta- 68

69 neo, all altezza del retinacolo dove s infila il PDS per la sutura e, tramite una piccola incisione perimalleolare a circa 1 cm dal portale antero-laterale, si entra con una pinza da presa appuntita (es. quelle utilizzate per la spalla) per afferrare il filo che giunge dalla zona anteriore. Recuperati i 2 fili con la metodica sottocutanea, si esegue il nodo che viene spinto e serrato tramite il portale artroscopico. Entrambe le metodiche presentano indiscutibili pregi legati prevalentemente alla scarsa invasività ed al relativo trascurabile danno estetico. Andrà anche meglio valutata nel tempo l utilità di queste metodiche di fronte a quadri artroscopici di lesioni condrali spesso presenti e per i quali i risultati possono essere considerati scadenti anche a breve termine. Nel postoperatorio si mantiene un bendaggio per alcuni giorni, sostituito poi da un tutore bivalva per 3 settimane, per evitare l inversione e l eversione del piede, limitare la flesso-estensione e con concessione di carico parziale tra la seconda e la terza settimana. Successivamente il programma prevede il recupero dell articolarità completa, della propriocezione e del muscolo. La riduzione della ridondanza capsulare con queste metodiche può essere indicato nelle instabilità minori o in lassità costituzionali dopo distorsioni ripetute. Noi riteniamo sempre necessario affiancare le plicature laterali in soggetti sportivi amatoriali o in presenza di patologie associate perché riteniamo possano essere più durature nel tempo, cosa che non avviene con il semplice shrinkage. RITENSIONE CAPSULO-LEGAMENTOSA ARTROSCOPICA CON RF Alberto Ventura, Alberto Branca Il principio sul quale si basa la tecnica di shrinkage (letteralmente restringimento ) è stato utilizzato clinicamente per la prima volta nei primi anni 90 per correggere il rilassamento del tessuto capsulare dell articolazione della spalla. I primi strumenti utilizzati per l erogazione di energia termica erano strumenti laser, progressivamente abbandonati e sostituiti da apparecchi a radiofrequenza che producono calore attraverso energia elettrotermica. Questi ultimi si sono infatti dimostrati più economici, di più facile utilizzo e soprattutto associati ad un minor numero di complicanze, elemento probabilmente legato alle particolari modalità d interazione con i tessuti dell energia fototermica prodotta dagli strumenti laser. Per quanto riguarda la caviglia solo alcuni aa più tardi si è pensato alla sua applicazione per il trattamento dell'instabilità. Oloff nel 2000 ha pubblicato per la prima volta i soddisfacenti risultati ottenuti con questa tecnica. Dopo avere quindi classificato le instabilità capsulo-legamentose di caviglia per indicare una corretta impostazione terapeutica, è possibile trattare con lo shrinkage per via artroscopica le lesioni del PAA. Il principio fondamentale su cui si basa l utilizzo di energia termica nella cura di lassità articolari è rappresentato dall effetto del calore sulla struttura molecolare del collagene. Diversi studi hanno evidenziato che riscaldando un tessuto ricco di collagene, quale il connettivo capsulo-legamentoso, le fibre collageniche si riallineano e si 69

70 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA contraggono. Il collagene allo stato naturale si presenta come una catena polipeptidica a triplice elica, stabilizzata da legami intra- ed inter-molecolari; applicando energia al collagene tali legami vengono disintegrati. La triplice elica così disgregata si accorcia provocando il ritiro del tessuto. Le medesime ricerche hanno inoltre mostrato come attraverso il controllo del tempo e della temperatura di riscaldamento si possono far ritirare le fibre senza compromettere la funzione cellulare, non intaccandone la capacità rigenerativa. In letteratura il range termico ottimale in cui le fibre collageniche si contraggono senza subire danni organici irreversibili è quello compreso tra i 65 C ed i 75 C. Negli interventi di shrinkage artroscopico si possono utilizzare come strumento erogatore di calore dei generatori elettrotermici mono o bipolari a radiofrequenza. Lo strumentario comprende più elettrodi termici a secondo delle esigenze di shrinkage, ognuno con profondità di penetrazione diverse. Il controllo di quest ultimo parametro è particolarmente importante per la riduzione del rischio di danni al tessuto circostante. L utilizzo delle MF in artroscopia ci permette, oltre all'eliminazione dell impingement, di raggiungere la localizzazione della lesione legamentosa e di eseguire uno shrinkage lungo il decorso del PAA, in quanto è l unico legamento intracapsulare. Dopo l'intervento la caviglia viene immobilizzata in un tutore per 20 giorni e quindi viene iniziato un carico progressivo. Il ritorno allo sport è previsto in tre mesi. Le ridotte dimensioni dell'incisione, l ottima compliance del paziente nei confronti di un intervento poco invasivo ed il semplice decorso post-operatorio, permettono di trattare quelle lassità minori che in ogni caso generano disturbi gravi a distanza di tempo. BROSTROM ARTROSCOPICA Alberto Ventura Questo tipo di tecnica nasce dalla richiesta di eseguire in artroscopia il trattamento open considerato il golden standard per l instabilità di caviglia. La validità della tecnica open è legata soprattutto alla variazione fatta da Gould di traslare il retinacolo degli estensori sulla faccetta anteriore del perone. In questo modo la ritensione del retinacolo, per le sue connessioni anatomiche con l art. sottoastragalica, garantisce una maggior stabilità a tutto il complesso. Il primo tentativo artroscopico risale al 1987 quando Hawkins cercò di stabilizzare il PAA insieme con il retinacolo sull astragalo con una cambra metallica. Nel 1994 Kashuk pubblicò il primo vero intervento di sutura legamentosa con l utilizzo di un ancoretta. La tecnica si è sviluppata e perfezionata a partire dai primi anni del 21 secolo. Nel 2009 Corte Real pubblica i primi risultati utilizzando solo un ancora ed un portale accessorio. Sebbene i risultati siano incoraggianti la tecnica molto sofisticata probabilmente è alla base di alcune complicanze neurologiche riguardanti il peroneo superficiale. Nel 2011 Acevedo riporta una tecnica con l utilizzo di 2 ancorette ed ottiene una diminuzione delle complicanze neurologiche. I risultati ottenuti sono soddisfacenti. Nelle conclusioni invita a non uti- 70

71 lizzare questa procedura nei casi difficili. In seguito numerosi autori hanno riportato risultati sovrapponibili tra open ed artroscopia sia nel paziente che su cadavere. Nonostante vi siano attualmente numerose ed importanti differenze nella metodica alcuni punti sono comuni alle diverse metodiche. Lo scopo principale è quello di trasportare i residui del PAA e del retinacolo inferiore a contatto con la faccetta laterale dell epifisi peroneale. Per ottenere questo è indispensabile l uso di una o più ancorette che vengono impiantate nell'epifisi peroneale attraverso un portale accessorio. La localizzazione del portale accessorio è attualmente il vero problema. Infatti è difficile localizzare un punto che sia neurologicamente sicuro. Attraverso il portale laterale si asportano i tessuti molli in prossimità dello sfondato e si espone l epifisi distale del perone e la sua superficie ossea. Una volta localizzato il portale accessorio si introduce una o più ancorette che vengono applicate sulla superficie ossea preparata. Con gli strumenti di solito utilizzati nell artroscopia di spalla si esegue il passaggio dei fili attraverso la capsula, il PAA, il retinacolo. A questo punto si esegue un nodo possibilmente a scorrimento per trasportare i tessuti verso il perone controllando la tensione attraverso la visione intrarticolare. Dopo l intervento viene applicato un tutore a stivaletto per circa 20 gg. Il recupero funzionale avviene di solito senza grosse difficoltà permettendo il carico precocemente e l abbandono dei bastoni dopo pochi gg. Il ritorno allo sport è previsto a 3 mesi. OPEN BROSTRÖM Marco Guelfi La Broström Gould è la procedura anatomica di riferimento per la ricostruzione del legamento peroneo astragalico anteriore (PAA). Originariamente descritta da Broström nel 1966 prevede una sutura diretta dei remnants legamentosi. Nel 1980 Gould ha modificato la procedura originale rinforzando la sutura con il retinacolo inferiore degli estensori (RIE). Nonostante siano passati 50 anni questa tecnica è tuttora considerata il gold standard nel trattamento dell instabilità cronica di caviglia. Negli anni, grazie anche all evoluzione dei materiali, alcune modifiche sono state apportate come l utilizzo di ancore da sutura o di punti transossei (Karlsson technique) per reinserire il PAA al perone. Tecnica chirurgica Il paziente è in posizione laterale con il tourniquet alla caviglia o alla coscia. L incisione a J di circa 3 cm giusto anteriormente al malleolo peroneale, procedendo per piani e facendo attenzione al nervo peroneale superficiale si identificano il RIE e i peronieri che si divaricano inferiormente. Il PAA dopo la rottura forma un tessuto cicatriziale fibroso e pertanto appare deteso. Si incide questo tessuto fibroso in modo da poter eseguire una sutura end to end con il piede mantenuto in leggera eversione. Nei casi in cui il PAA sia disinserito prossimalmente si procede alla reinserzione al perone mediante punti transossei o ancore. Qualora sia necessario o si voglia aggiungere la Gould augmentation il RIE è isolato in modo che scorra prossimalmente e si possa suturare al periostio del malleolo peroneale. 71

72 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA Risultati La letteratura è ricca di studi che riportano ottimi risultati sia in termini di risultati che di soddisfazione del paziente. Nel 2006 Bell e colleghi hanno riportato a 26 anni di follow up un punteggio AOFAS di 92,7 con soddisfazione pari al 90% su 23 caviglie trattate con tecnica secondo Broström. Ferkel nel 2007 un AOFAS di 97 a 5 anni di follow up con soddisfazione del 100% in 21 pazienti sottoposti a Broström-Gould.3 Le complicanze sono comprese tra lo 03 e il 10%4 e le più comuni sono ritardo nella guarigione della ferita, parestesie in sede laterale, persistenza di dolore e edema oltre i 6 mesi. Protocollo post-operatorio Il razionale è di proteggere la caviglia da movimenti incontrollati permettendo la guarigione dei tessuti riparati. Il carico può essere concesso a tolleranza da subito in un walker che è mantenuto 4 settimane. Successivamente è posizionato un tutore per le successive 3 settimane. La fisioterapia è iniziata gradualmente dopo le prime 4 settimane e un ritorno agli sport non di contatto è possibile dopo 6-8 settimane. Il ritorno completo all attività sportiva è previsto a 3-6 mesi. Attualmente non esistono studi che confrontino il recupero post operatorio delle procedure open e artroscopiche. RICOSTRUZIONE ANATOMICA Roberto Buda - Marco Cavallo La ricostruzione anatomica è indicata in caso di lesione grave del comparto legamentoso laterale, in soggetti giovani con motilità dei distretti articolari di caviglia e sottoastragalica conservati, in concomitanza di tessuti poveri e di scarsa qualità e quindi non riparabili. Di norma si utilizza un tendine autologo, come il plantargracile (PG), ma qualora assente, può essere utilizzato il gracile del ginocchio omolaterale, o tendine di banca (gracile o semitendinoso) Il paziente è posto in decubito semilaterale, in anestesia spinale e con laccio alla radice dell arto. Il PG viene prelevato a livello della caviglia, medialmente al tendine d Achille. L isolamento del PG può essere complicato dalle aderenze con il tendine d Achille, a livello della tuberosità del calcagno o della fascia intermuscolare. Isolato il tendine, si procede al prelievo tramite tendon stripper aperto, avendo cura di mantenere l inserzione calcaneare. Si imbastisce la porzione libera del graft con punti non riassorbibili. Si eseguono quindi un tunnel da mediale a laterale attraverso il calcagno e un altro tunnel a livello del perone distale, da posteriore ad anteriore. Il tendine viene passato all interno dei tunnels, scorrendo al di sotto dei peronieri. Si esegue un ulteriore tunnel a livello dell astragalo, dall origine del comparto ligamentoso esterno, con direzione mediale (FIG). Il PG viene quindi inserito nel tunnel e fissato con una tenodesi a punti non riassorbibili. In caso di assenza del PG (20%-30%), si può recuperare il tendine del gracile a livello dell inserzione della zampa d oca, come da prelievo per ricostruzione del LCA. In questo caso si esegue un incisione di pochi cm medialmente al tendine d Achille, all inserzione calcaneare. Il graft viene quindi fissato sul bordo mediale con sutura non riassorbibile o con vite ad interferenza. La tecnica pre- 72

73 cedentemente descritta è idonea per la ricostruzione del ATFL e del CFL. Nel caso di una lesione isolata del ATFL, il PG è distaccato anche dalla sua origine calcaneare; si passa il graft attraverso il tunnel peroneale direttamente nell astragalo, a livello dell origine anatomica del ATLF. La fissazione a livello peroneale si esegue con una vite ad interferenza; a livello mediale si fissa con una tenodesi. Nel post-operatorio si posiziona un tutore tipo Walker ad angolo retto per 2 settimane, proscrivendo il carico. Dopo 2 settimane, si incoraggiano i movimenti passivi e gli esercizi isometrici, concedendo un carico parziale e mantenendo un tutore di caviglia con 20 gradi di movimento. Dopo 4 settimane, si concede un carico progressivo. A 6-8 settimane, è concesso il carico completo; sono consigliati esercizi di rinforzo e propriocezione fino a guarigione completa. Posizionamento dei tre tunnel (versante laterale di caviglia). Il graft è passato da mediale a laterale attraverso il calcagno, quindi da posteriore ad anteriore attraverso il perone distale, e da laterale a mediale a livello dell astragalo. LA TENODESI Francesco Allegra Premessa Nel 20% circa delle distorsioni acute di caviglia residua instabilità cronica articolare con una netta prevalenza del compartimento laterale. Nel corso degli anni una migliore comprensione della biomeccanica e della anatomia patologica ha ampliato il bagaglio di opzioni terapeutiche nella instabilità laterale di caviglia. Le lesioni capsulo legamentose della caviglia lasciano allo stato attuale una serie di implicazioni terapeutiche contrastate. È ancora aperto il dibattito sul confronto del miglior trattamento terapeutico da applicare nelle lesioni croniche, con assertori della terapia incruenta convinti della validità di tale terapia in confronto alla ricostruzione chirurgica. In questo tipo di ottica, la chirurgia legamentosa dovrebbe riguardare casi che necessitano di esigenze particolari, ovvero essere riservata a quei casi nei quali la lesione del compartimento esterno provoca una sicura instabilità articolare, diagnosticata sia clinicamente che con esami strumentali. Tecniche chirurgiche La chirurgia legamentosa esterna può essere divisa in tre grosse categorie: La categoria delle riparazioni anatomiche, di cui il capofila è stato certamente Bröstrom che ideava una tecnica di riparazione diretta nel Successivamente Gould la modificava rinforzando la sutura spostando posteriormente il retinacolo degli estensori ancorandolo alla corticale peroneale anteriore. La seconda categoria racchiude le ricostruzioni non anatomiche descritte già nel 1934 da Elmslie che usava la fascia lata, mentre la prima tecnica che riportava l uso del peroneo breve è quella di Watson-Jones del Le tecniche di questa categoria, dette di tenodesi, sono state modificate numerose volte da vari autori (Evans, Castaing, Chrisman-Snook). Tutte sono caratterizzate da un sacrificio della anatomia laterale della caviglia e dall alterazione della biomeccanica articolare. 73

74 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA La terza categoria comprende le ricostruzioni anatomiche. Tali ricostruzioni ripristinano la fisiologica anatomia legamentosa senza sacrificio delle strutture esterne della caviglia. La ricostruzione anatomica può essere effettuata usando tendini prelevati da zone donatrici dello stesso soggetto (gracile, semitendinoso, fascia lata, palmare lungo, plantare gracile, ecc.) o da banca del tessuto (trapianti omologhi). Anche se preferibile in alcuni pazienti selezionati, l uso di questi tessuti necessita della loro disponibilità e di un consenso specifico. I risultati di tale chirurgia sono eccellenti anche se il numero di pazienti e il follow-up sono ancora insufficienti. In caso di grave instabilità e di inabilità bisogna intraprendere un programma di rinforzo muscolare per alcuni mesi; alcuni pazienti raggiungono risultati talmente buoni da rendere superfluo l intervento chirurgico. Tuttavia, quando il dolore e l instabilità persistono, bisogna prenderlo in considerazione. Le radiografie sotto stress devono evidenziare un aumento del cassetto anteriore e/o del tilt astragalico di almeno 8-10 gradi rispetto alla caviglia controlaterale. La risonanza magnetica può essere di aiuto per lo studio della integrità legamentosa e delle eventuali lesioni associate intrarticolari. Tre interventi principali di tenodesi sono descritti in letteratura: l intervento di Watson-Jones, l intervento di Evans e l intervento modificato di Chrisman-Snook. Queste tecniche ricostruttive prevedono di prelevare, interamente o in parte, il tendine del peroneo breve che viene fatto ruotare attraverso alcuni tunnel ossei in modo da creare una tenodesi della caviglia al fine di ricostruire la funzione del legamento peroneo-astragalico anteriore (LPAA) e/o il legamento peroneo-calcaneare (LPC). Tutti questi interventi sono in grado di stabilizzare il versante laterale della caviglia, ma i loro risultati non sono oggi privi di critiche per la differente capacità che ciascuno di essi possiede nel correggere una instabilità sottoastragalica associata. 1) Tecnica di Watson-Jones Un incisione cutanea a partire dalla giunzione tra il terzo medio ed il terzo distale della diafisi del perone si prolunga distalmente verso il margine anteriore della diafisi curvandosi anteriormente, per poi terminare cm.5 anteriormente al margine del malleolo laterale. Scoperta la guaina dei peronieri, la si incide il più prossimalmente possibile per evidenziare la giunzione muscolo-tendinea del tendine peroneo breve, si separa il tendine dal suo ventre muscolare, che viene scollato avendo cura di lasciare attaccata la fascia muscolare col tendine stesso per usufruire di un innesto particolarmente lungo. La parte di muscolo rimasta libera viene poi suturata all adiacente peroneo lungo, mentre l inserzione tendinea distale viene rispettata. Il peroneo breve viene mobilizzato il più distalmente possibile fino ad arrivare al malleolo laterale, senza intaccare il retinacolo dei peronieri. Nel perone vengono praticati due tunnel ossei sufficientemente larghi da accogliere l innesto tendineo, il primo con una direzione anteroposteriore obliqua nel malleolo laterale circa 2,5 cm prossimalmente all apice, il se- 74

75 condo, passante all interno della parte laterale del collo dell astragalo anteriormente all articolazione peroneo-astragalica, con entrata al margine supero-laterale del collo ed uscita al margine infero-laterale. Il tendine del peroneo breve viene trascinato all interno del primo tunnel in direzione postero-anteriore, quindi nel secondo tunnel con direzione infero-superiore. La porzione tendinea restante, opportunamente appiattita, viene suturata sul periostio della superficie postero-laterale del malleolo peroneale, il cui lembo residuo può essere a sua volta ribaltato e suturato sul trapianto. 2) Tecnica di Evans È una tecnica più semplice e con meno passaggi della precedente. Le tappe chirurgiche relative all isolamento, lo scollamento e la mobilizzazione del tendine peroneo breve sono identiche alla tecnica di Watson Jones. Viene praticato un tunnel nel perone a partire dall'apice del malleolo fino a cm.3,5-4 prossimalmente obliquo con decorso posteriore, sufficientemente largo da accogliere l'innesto. Il tendine viene trascinato al suo interno in direzione infero- superiore e viene suturato sotto tensione ai tessuti molli adiacenti al foro di uscita ad entrambe le estremità del tunnel, per garantire maggiore tenuta. 3) Tecnica di Chrisman-Snook Viene praticata un incisione chirurgica curvilinea sul decorso dei tendini peronieri, partendo dalla loro giunzione muscolo tendinea fino alla base del quinto metatarso. Viene aperto il retinacolo posteriore che mantiene tendini all'interno della doccia peroneale. In questa fase, viene ricercato ed identificato il nervo surale per mobilizzarlo in direzione postero-inferiore, avendo cura di lasciarvi attorno del tessuto adiposo a protezione per poterlo mobilizzare e proteggere opportunamente. All'interno della doccia il tendine del peroneo lungo viene caricato per mettere in evidenza il tendine del peroneo breve immediatamente sottostante. Questo viene diviso longitudinalmente in una metà anteriore e in una posteriore dalla sua inserzione ossea fino alla sua giunzione muscolo-tendinea, isolandone la metà con la componente tendinea preponderante dai tessuti molli viciniori. Praticato un foro di 0,6-0,9 cm di diametro nel perone in direzione antero-posteriore, badando che sia leggermente più ampio del diametro del tendine, si imbastisce la parte terminale del tendine, facendolo passare nel tunnel con un passafili. Con la caviglia in posizione neutra ed il piede in leggera eversione, viene suturato l'innesto ai tessuti legamentosi e periostali adiacenti al foro anteriore del tunnel osseo: questa parte dell'innesto sostituisce il legamento peroneo astragalico anteriore. Riportato il tendine del peroneo lungo e la restante metà del peroneo breve nella loro doccia peroneale, si fa passare l'innesto superficialmente ad essi in modo da evitare eventuali lussazioni tendine. Procedere con la dissezione in direzione distale e leggermente posteriore per esporre il margine laterale del calcagno, individuandovi una cresta ossea verticale. Praticati due fori di larghezza uguali a quelli del perone, uno anteriore ed uno posteriore, si uniscono con una pinza facendo passare il tendine in questo tunnel in direzione po- 75

76 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA stero-anteriore e suturandolo ai tessuti molli adiacenti in corrispondenza dei fori di entrata e di uscita. La direzione postero-inferiore dell'innesto dal perone al calcagno simula quella anatomica del legamento peroneo calcaneare originale. Se l'innesto rimanente è troppo lungo va suturato all'inserzione del peroneo breve sul quinto metatarso, come descritto originariamente da Chrisman e Snook o direttamente a se stesso, in corrispondenza del foro anteriore del tunnel ricavato nel perone per fornire un ulteriore rinforzo. La fascia e il retinacolo sono poi suturati per piani. Risultati In una revisione della letteratura, l intervento di Watson-Jones si associava a un instabilità soggettiva persistente il 20-30%delle volte, mentre l intervento di Evans il 20.33% delle volte presentava una migliore risoluzione del tilt astragalico. Nell intervento di Evans nel 45-60% dei paziente persiste un cassetto anteriore positivo, mentre con l intervento di Chrisman-Snook viene riportato un 13-30% di instabilità soggettiva persistente, in assenza di un elevata incidenza associata di instabilità obiettiva. In tutti questi interventi vi è comunque una riduzione dell inversione. Hollis e Coll., in uno studio anatomico, hanno messo a confronto le procedure di Evans, di Watson- Jones e di Chrisman-Snook osservando che tutte le tre metodiche garantivano una maggiore stabilità rispetto alle caviglie cui erano stati lesi i LPAA ed il LPC, sottoponendo le caviglie a forze di eversione-inversione. Solo la metodica di Chrisman-Snook garantiva una stabilità significativamente superiore rispetto alle caviglie cui era stato rotto il LPAA, a scapito di una mobilità tibiotarsica significativamente inferiore rispetto a quella delle caviglie sane. La procedura di Watson-Jones può presentare alcune difficoltà tecniche, legate alla difficoltà di fresare il tunnel nel collo dell astragalo e alla eccessiva brevità del tendine del peroneo breve. I risultati hanno mostrato che la procedura modificata di Evans raggiunge sufficiente stabilità articolare a scapito dell arco di movimento articolare. Questo metodo di ricostruzione, a quanto pare, non ha impedito lo sviluppo di artrosi. L intervento di Chrisman-Snook presenta difficoltà probabilmente superiori agli altri, ma è oggi quello più affidabile in termini di risultati a medio e lungo termine tra gli interventi di tenodesi. Una complicanza nella chirurgia di ricostruzione legamentosa per instabilità cronica della caviglia è sicuramente un danno di origine nervosa. La sofferenza varia dalle semplici ipoestesie o parestesie fino ad arrivare al neuroma vero e proprio che necessita di asportazione chirurgica. I nervi interessati sono il peroneo superficiale e il nervo surale. La percentuale varia nelle diverse categorie tra il 3-4% per le riparazioni anatomiche, l 1-3% per le ricostruzioni anatomiche ed il 9-10% per le ricostruzioni non anatomiche. Complicazioni maggiori come trombosi venose, embolie polmonari, distrofia simpatico riflessa, artriti settiche e osteomieliti, sono per fortuna rare anche se descritte nella chirurgia legamentosa sia in acuto che cronica, con maggiore frequenza nella prima rispetto alla seconda. L incidenza di infezioni della ferita e ritardi di cicatrizzazioni riguarda una percentuale che va dal 76

77 2% nei pazienti trattati con riparazione anatomica fino ad arrivare al 4% circa nei pazienti trattati con ricostruzione non anatomica. Pur tuttavia è da rimarcare che le lesioni sono spesso superficiali e trattabili unicamente con medicazioni e raramente richiedono plastiche cutanee o in generale interventi di revisione chirurgica. L instabilità precoce ricorrente può presentarsi dopo un successivo infortunio, mentre una instabilità ricorrente è dovuta in genere a lesioni croniche da conflitto. Esistono una serie di fattori che predispongono ad un fallimento della chirurgia ricostruttiva legamentosa come lassità legamentosa, instabilità di vecchia data, necessità di alti carichi funzionali e piede cavo-varo. I pazienti con retro-piede varo e instabilità della caviglia dovrebbero essere trattati con concomitante correzione osteotomia del calcagno. La rigidità è comune sia dopo la ricostruzione anatomica che dopo ricostruzione non anatomica anche se è ben tollerata essendo un compromesso a volte necessario. Comunque la causa di tale complicanza viene riconosciuta in una ricostruzione troppo serrata che può portare a un conflitto sotto-astragalico e tibio-astragalico. Per evitare che ciò accada si raccomanda di effettuare la ricostruzione con il piede in eversione tra 5 e 8, evitando di trazionare troppo esponendo il paziente ad una ricostruzione non adeguata. È infrequente avere un fallimento individuale quando è stata effettuata una ricostruzione stabile. Il fallimento può essere addebitato a una diagnosi non accurata o a un singolo evento traumatico ovvero a eventi sub-clinici. La persistente instabilità funzionale soggettiva in riparazioni strutturalmente stabili è un problema difficile da trattare. La riabilitazione basata sulla ginnastica in acqua e sulla propriocettiva è da preferire in tutti i casi ad una immobilizzazione protratta. Conclusioni Le tenodesi rappresentano una valida procedura di riparazione della instabilità cronica di caviglia. Con il comparire di tecniche di riparazione più anatomiche dei legamenti coinvolti, sia a cielo aperto che artroscopiche, utilizzando trapianti prelevati da altre sedi o trapianti omologhi, esse sono state prese in considerazione più come intervento di revisione di fronte ad un primo fallimento chirurgico che come prima indicazione. Bisogna comunque considerare che le tenodesi presentano una percentuale di insuccesso clinico più alta rispetto alle altre tecniche, a causa del coinvolgimento delle strutture tendinee laterali che hanno un importante ruolo di stabilizzazione attiva della caviglia, ed a causa dello scarso effetto stabilizzante sulla sottoastragalica, in caso di insufficienza di tutto l apparato legamentoso esterno. LA TENODESITRATTAMENTI PER INSTABILITÀ 3 GRADO Francesco Lijoi, Fabrizio Cortese La distorsione di caviglia rappresenta il trauma sportivo più frequente. L incidenza negli USA è stata stimata di 5-10 milioni all anno. Nell 85% dei casi si tratta di un trauma in inversione con interessamento del complesso legamentoso esterno. Nel 20-40% dei pazienti si sviluppa una instabilià cronica di caviglia. 77

78 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA Esisitono diversi fattori predisponenti l instabilità cronica di caviglia, sia di tipo meccanico che di tipo funzionale. I tendini dei muscoli peronieri risultano protagonisti assoluti di questo capitolo della patologia della caviglia in quanto la loro disfunzionalità rappresenta un fattore predisponente all instabilità e contemporaneamente l instabilià cronica determina spesso un danno a queste strutture. Per quanto riguarda i fattori di rischio meccanico un capitolo fondamentale è rapprentato dal malallineamento in varo della tibiotarsica e del retropiede. Instabilità cronica e patologia secondaria dei peronieri Nelle instabilità croniche laterali della caviglia i muscoli peronei, agendo come stabilizzatori attivi laterali, vengono sottoposti sia alla tensione continua nel tentativo di stabilizzare l'articolazione che a traumi in occasione di eventi distorsivi. Tali sollecitazioni spesso determinano tendinopatie ipertrofiche, tenosinoviti e/o lesioni longitudinali della struttura tendinea. Per tali motivi spesso in presenza di una lassità cronica esterna della caviglia, ancor più se associata ad una varo di retropiede, il paziente lamenta dolore postero esterno. In questi casi, in assenza di una patologia intra articolare, il dolore postero esterno deve indurre a sospettare una patologia secondaria dei peronei. Mentre tali patologie tendinee risultano quindi spesso secondarie ad eventi distorsivi in inversione, la lussazione dei tendini peronei, in particolare la forma cronica recidivante, può invece simulare una instabilità cronica della caviglia in realtà non presente. Il paziente, infatti, può riferire improvvisi cedimenti dell'articolazione senza riuscire a identificare lo spostamento improvviso dei tendini al davanti del malleolo peroneale come causa degli episodi distorsivi. Le patologie dei peronei secondarie all instabilità sono quindi dovute all eccessivo impegno a cui sono sottoposti tali strutture tendinee nel tentativo di stabilizzare attivamente il retropiede. La lussazione dei tendini avviene invece generalmente per un evento distorsivo in dorsiflessione ed eversione (come per una caduta in avanti con piede lievemente abdotto aderente al terreno), un movimento quindi opposto a quello che provoca la rottura dei legamenti esterni. Per tale motivo le due patologie possono essere confuse tra loro ma raramente si associano. Clinicamente le tenosinoviti e la rottura longitudinale (quasi sempre del peroneo breve) vengono identificate all'esame clinico per il dolore in sede retro malleolare alla palpazione, edema lungo la guaina e aumento dei sintomi durante il movimento di eversione attiva contro resistenza. Ecografia e RMN possono essere di aiuto nella diagnosi. La lussazione dei tendini può essere invece clinicamente riprodotta da una eversione attiva contro resistenza con il piede in dorsiflessione. Le tenosinoviti secondarie a instabilità possono in genere giovarsi del trattamento della instabilità stessa, della terapia fisica, di modifiche della attività, della immobilizzazione temporanea. Le lesioni degenerative longitudinali del peroneo breve, le rotture tendine parziali o totali e la lussazione recidivante dei tendini richiedono, invece, in genere un trattamento cruento che, nel caso di lesioni secondarie all'instabilità, viene ese- 78

79 guito in associazione all'intervento di stabilizzazione legamentosa. Nel caso di lesioni longitudinali del peroneo breve la diagnosi, se non è stata effettuata mediante imaging, può essere confermata con l'ausilio di una tendoscopia dei peronei. La tecnica prevede l'esecuzione di due portali localizzati direttamente sulla guaina dei tendini, 2 cm prossimalmente e 2 cm distalmente all'apice del malleolo. Nel primo portale, generalmente quello distale, si inserisce l ottica (di solito da 2,7 mm a 30 ). Il secondo portale è eseguito sotto diretto controllo endoscopico. La presenza e la sede della lesione viene confermata endoscopicamente e la rottura, se indicato, viene trattata mediante miniaccesso effettuato direttamente sulla sede di lesione e sutura del peroneo breve o tenodesi al peroneo lungo. La valenza clinica di tale procedura riteniamo risieda soprattutto nella possibilità di accertare l esistenza o meno di lesioni dei tendini peronei in caso di dolore postero laterale in lassità croniche di caviglia. Nel caso di non utilizzo di tale tecnica il rischio è quello di non trattare lesioni tendine sintomatiche o, al contrario, di dover procedere a una apertura della guaina al solo scopo diagnostico. Riteniamo sia utile fare un breve accenno al trattamento della lussazione recidivante dei peronei che, come detto, abbastanza raramente si associa a una lassità cronica esterna ma che a volte può essere confusa con essa. I trattamenti di lussazione recidivante dei peronei possono essere classificati secondo Kollias e Ferkel in tre tipi: ricanalizzazione dei tendini al di sotto del legamento peroneo calcaneare valido riparazione dei tessuti molli con ricostruzione o rinforzo del retinacolo procedure sull osso per approfondire il solco peroneale della fibula. Senza volere elencare e discutere le numerose tecniche descritte in letteratura classificabili nelle tre categorie descritte, si segnala che negli ultimi anni si sta diffondendo con buoni risultati la tecnica endoscopica di approfondimento del solco retromalleolare effettuabile mediante una endoscopia posteriore a tre portali con paziente in posizione prona. Instabilità funzionale e ruolo dei peronieri Il concetto di instabilità funzionale è stato introdotto da Freeman nel 1965 e prevede una eziopatolgensi principalmente funzionale dovuto ad un deficit proprioccettivo capsulo-legamentoso, ad una deficitaria o ritardata risposta muscolare o ad un difettoso controllo posturale. I principali stabilizzatori dinamici della caviglia sono i muscoli peronieri, che fungono da principali evertori, ma probabimente il loro ruolo più importante è rappresentato dal mantenimento delle corretta posizione del piede durante il movimento. Esistono studi elettromiografici che mostrano come vi sia un aumentato tempo di latenza ed un ritardo di risposta da parte dei peronieri durante un inversione forzata nelle caviglia affette da instabilità funzionale. Molti episodi distorsivi avvengono durante attività sportive sotto carico in cui la velocità e la posizione della caviglia non permetterebbero un azione protettrice da parte dei peronieri. Al contrario negli episodi distorsivi che avvengono durante le nor- 79

80 ALGORITMO TERAPEUTICO PER L INSTABILITÀ LATERALE DI CAVIGLIA mali attività quotidiane il ruolo dei peronieri potrebbe essere molto maggiore in quanto una corretta posizione del piede ed una corretta risposta muscolare hanno un ruolo protettivo. In questi casi il ritardo di risposta muscolare e l aumentato tempo di latenza determinano un aumentato rischio distorsivo. L iter diagnostico dell instabilità cronica di caviglia deve differenziare l istabilità meccanica dall instabilità funzionale. In questo percorso è fondamentale l analisi radiografica sotto stress con il sitema Telos. L instabilità funzionale dovrà essere affrontata con percorsi fisioterapici che implementino la risposta neuromuscolare dei peronieri. Molti casi di instabilità avranno un eziopatogenesi multifattoriale in cui l approccio terapeutico dovrà considerare sia i fattori meccanici che quelli funzionali. Instabilità cronica e malallineamento del retropiede Il malallineamento della caviglia e del retropiede rappresenta un importante fattore predisponente l instabilità cronica di caviglia ed una causa di episodi distorsivi recidivanti in supinazione. In questo gruppo di pazienti l approccio chirurgico non potrà concentrarsi solo sul ripristino della stabilizzazione legamentosa ma dovrà cercare di correggere il malallineamento osseo. La deviazione in varo può essere localizzata a livello sopramalleolare o a livello del retropiede; queste deformità sono presenti nell 8% dei pazienti affetti da instabilità laterale primitiva e nel 28% dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per questa condizione. Deviazioni assiali sopramalleolari Il varismo definito sopramalleolare riguarda l asse tibiale e determina un sovraccarico articolare della porzione mediale dell articolazione ed uno stress sulle strutture stabilizzatrici laterali. Inoltre la devizione in varo predispone all instabilità laterale perché modifica il vettore di forza del tendine d Achille. L effetto di questa alterazione biomeccanica è caratterizzato da una umentato rischio di osteoartrosi mediale della tibio-astragalica e una predispozione all instabilità laterale. Lo studio radiografico prevede l esecuzione delle classiche proiezioni sotto carico in laterale per determinare la linea di Mery e il calcaneal pitch ed in antero-posteriore per determinare deformità angolari a livello tibio-astragalico ed eventuali lesioni osteocondrali. Per completare lo studio strumentale è fondamentale la radiografia degli arti inferiori in-toto sotto carico, in particolare per determinare eventuali alterazioni assiali del ginocchio. Lo studio radiografico della tibio-tarsica e degli arti inferiori deve definire la CORA della deformità così da pianificare la correzione. Le alterazioni sovramalleolari vengono generalmente corrette con osteotomie tibiali in minus o in plus stabilizzate con placca. Per le deformità in varismo esistono due possibilità: osteotomia in apertura mediale o in chiusura leterale. Generalmente si esegue un approccio mediale alla metafisi tibiale distale ed un osteotomia in apertura stabilizzata con placca. La sede e l ampiezza dell apertura viene determinata dal planning pre-operatorio sulla radiografia in antero-posteriore della tibio tarsica. 80

81 Ci sono varie scuole di pensiero riguardo alla necessità di utilizzo di sostituti ossei per il riempimento dello spazio osteotomico. Deviazioni assiali del retropiede Il calcagno varo è caratterizzato biomeccanicamente da un retropiede rigido supinato con una sottoastragalica lateralizzata ed un eccessivo momento supinatorio con conseguente predisposizione alla distorsione in supinazione. Per determinare l assetto del retropiede ed in particolare l asse del calcagno rispetto alla tibia la proiezioni di Saltzman risulta fondamentale. Si tratta di una proiezione in antero-posteriore del retropiede in carico. Il fascio radiogeno proviene da posteriore ad anteriore con un inclinazione di 20 dall alto verso il basso. Per il trattamento del calcagno varo son state descritte vari osteotomie: Osteotomia di Dwyer Osteotomia a L sec. Pisani Osteotomia a Z sec. Malerba. Osteotomia di Dwyer: tecnica chirurgica Si tratta di una osteotomia con cuneo di sottrazione laterale del calcagno. L incisione cutanea viene eseguita sulla superfice laterale del retropiede e procede da posteriore ad anteriore, da prossimale a distale. Origina 2 cm posteriormente al perone e procede obliqua distalmente fino al margine plantare dell articolazione calcagno-cuboidea. Deve essere isolato il nervo surale che viene divaricato dorsalmente. Deve essere isolata la guaina dei peronieri che deve essere scollata dorsalmente dal periostio calcaneare in maniera da esporre la superfice laterale del calcagno fino a raggiungere quasi l articolazione calcaneo-cuboidea. Si esegue una prima osteotomia obliqua partendo dorsalmente 1 cm posteriormente alla sottoastragalica posteriore e terminando plantarmente 1 cm prossimalmente alla calcaneo-cuboidea. L osteotomia dovrebbe raggiungere la corticale mediale senza interromperla. La seconda osteotomia verrà eseguita prossimalmente e dovrà creare un cuneo di sottrazione raggiungendo la corticale mediale del calcagno senza interromperla. La dimensione del cuneo è dettata dalla gravità del varismo (generalmente 5-7 mm). Una volta rimosso il cuneo d osso verrà chiusa l osteotomia e stabilizzata. I mezzi disintesi utilizzati sono cambre o viti in compressione. ALGORITMO TRATTAMENTO DELL INSTABILITÀ LIEVE MODERATA GRAVE 1) Cavigliera, taping, rieducazione neuromotoria per almeno 4 mesi 2) Artroscopia: plicature o ritensione termica 3) Open: Brostrom-Gould 1) Artroscopia: Brostrom-Gould 2) Open: a) Brostrom-Gould, b) Tenodesi 1) Ricostruzione anatomica 2) Tenodesi 3) Osteotomia + tenodesi 81

82 NOTE 82

83 Libro faculty-09.qxp 15/10/15 16:05 Pagina 83 www siaonline net

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