Il virus dell epatite B: i geni strutturali, le proteine e il numero degli aminoacidi dei diversi componenti

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1 EPATITE B 15 C A P I T O L O La denominazione, secondo la quale nel tempo è stata indicata questa malattia, ha seguito il miglioramento delle conoscenze sulle cause e in particolare sulle modalità di diffusione: chiamata inizialmente malattia da siero e ittero da siringa, quando fu chiaro che la malattia insorgeva dopo molte settimane dalla somministrazione di siero umano o dopo l uso di siringhe sporche di sangue, anche se sottoposte a ebollizione (il virus resiste bene alla temperatura di 100 C per qualche decina di minuti), venne poi indicata col nome epatite da trasfusione quando fu chiaro che poteva essere trasmessa con la somministrazione di sangue o di suoi derivati; fu solo nel 1947 che, dopo essere stata sicuramente differenziata dall epatite epidemica a breve incubazione (epatite A), venne chiamata definitivamente epatite B. La scoperta dell antigene Australia (l odierno antigene di superficie del virus dell epatite B, HBsAg), avvenuta nel 1965, permise di compiere un passo decisivo sulle conoscenze dell eziologia e della patogenesi della malattia. La successiva scoperta, alla microscopia elettronica, della particella Dane (1970) permise un ulteriore miglioramento delle conoscenze. L identificazione degli indicatori dell infezione da virus dell epatite B (HBV) aiutò a chiarire la storia naturale della malattia. Finalmente l HBsAg venne preparato in quantità illimitata con la tecnica DNA ricombinante, tanto da permettere l impiego del vaccino in ogni parte del mondo. Il decorso clinico dell epatite B acuta non si differenzia affatto da quello di altri tipi di epatite. L infezione da virus dell epatite B (HBV) si accompagna nel neonato, nel bambino e nell adulto a quadri clinici così diversi l uno dall altro, da far quasi dubitare che ci si trovi di fronte a uno stesso agente patogeno: non vi è dubbio che la componente individuale, essenzialmente di tipo immunologico, predomini sul sottofondo infettivo, che gioca quasi da elemento scatenante indifferente (vedremo che in qualche caso questa affermazione non è così veritiera): in una buona percentuale di soggetti l infezione decorre in modo asintomatico, senza segni di sofferenza epatica, né di ittero: questa caratteristica è più frequente nel bambino, ma anche nell adolescente e nell adulto l infezione acuta è asintomatica nel 50% dei casi; in altri casi l infezione da HBV porta a una malattia con il quadro clinico classico dell epatite: ittero (che dura da sette a 21 giorni), anoressia, stato di malessere generale, nausea, vomito, dolore addominale nel quadrante superiore destro, febbre, cefalea, mialgie, esantemi cutanei, artralgie o artriti e urine di colorito scuro, già uno-due giorni prima della comparsa dell ittero. La fase itterica della malattia è caratterizzata, oltre che dall ittero, dalla presenza di feci ipocoliche o grigiastre, dolore addominale ed epatomegalia. La splenomegalia è meno comune. Durante la convalescenza, stato di malessere e stanchezza possono persistere per settimane o per mesi, mentre ittero, anoressia e gli altri sintomi gradualmente scompaiono. La maggior parte delle infezioni da HBV del bambino e dell adulto guariscono completamente con eliminazione dell HBsAg (antigene di superficie del virus dell epatite B) dal circolo e la produzione di anticorpi specifici anti-hbs, che conferiscono un immunità permanente nei confronti di future infezioni; in meno dell 1-2% dei casi l infezione da HBV assume nell adulto l aspetto della forma acuta fulminante a esito fatale (epatite fulminante), con una letalità del 63-93%, legata a ceppi virali particolari (Liang TJ et al., 1991; Omata M et al., 1991); in una bassa percentuale di soggetti si manifestano, come abbiamo visto, quadri clinici a carico di tessuti od organi diversi, come artralgia e artrite, esantema, glomerulonefrite, vasculite, edema angioneurotico o, nei bambini piccoli, acrodermatite di Gianotti- Crosti: tutte situazioni patologiche, legate alla risposta immunologica individuale, nel quadro dei complessi immuni circolanti e dell immunità cellulomediata; nel 10% degli adulti e nel 90% dei neonati (trasmissione verticale) l epatite può prolungarsi oltre i sei mesi e passare da epatite acuta a epatite cronica. Il rischio di infezione cronica da HBV diminuisce con l età. Relativamente spesso l epatite cronica è

2 EPATITE B un rilievo occasionale e non fa seguito a un infezione acuta. La forma cronica attiva può evolvere in cirrosi epatica o in carcinoma epatocellulare (Yang H-I et al., 2002); in una discreta percentuale di casi, dopo un infezione asintomatica o in seguito a un epatite acuta, l HBV persiste oltre i sei mesi, senza accompagnarsi a segni di sofferenza epatica (portatore cronico). Il passaggio alla forma di portatore cronico avviene nel 90% circa dei lattanti che acquisiscono un infezione da HBV dalla madre. Dei bambini che s infettano con l HBV fra 1 e 5 anni di età, il 30-50% diviene portatore; nell adulto questo rischio si abbassa al 6-10%. Viene calcolato che nel mondo vi siano milioni di portatori cronici; le persone con infezione cronica, essendo spesso asintomatiche, non si rendono conto di essere infette e quindi sono in grado di infettare inavvertitamente altre persone suscettibili. Le infezioni croniche sono responsabili della maggior parte della morbilità e della letalità per HBV, per lo sviluppo di epatite cronica, di cirrosi, di insufficienza epatica e di carcinoma epatocellulare (Hochman JA e Balistreri WF, 2003). L epatite cronica attiva si sviluppa nel 25% dei portatori e spesso evolve in cirrosi. Le persone con infezione cronica da HBV hanno un rischio maggiore di volte di presentare un carcinoma epatocellulare, in confronto alle persone non portatrici di HBsAg. L 80% dei carcinomi epatocellulari deriva da un infezione cronica da HBV. Viene calcolato che ogni anno muoiano nel mondo persone per malattia cronica di fegato, associata a un infezione da HBV; di recente è stato identificato un nuovo aspetto dell epatite B, che dopo essere stato indicato con vari nomi, quali infezione HBV inapparente, epatite B sierologicamente silente, epatite B silente, portatori HBsAg negativi, infezione da epatite B non riconosciuta, viene oggi chiamata con il nome di epatite occulta (Torbenson M e Thomas DL, 2002; Gamen D e Prince AM, 2004). Si tratta di soggetti che hanno bassi livelli di DNA HBV ( molecole per ml), ma sono HBsAg negativi, e possono essere anche anti-hbs e anti-hbc positivi. Sapendo che l emivita dei virioni di HBV è corta (circa un giorno), tali livelli possono essere sostenuti soltanto da una continua moltiplicazione virale. Di questa evenienza è necessario tener conto sia per un eventuale profilassi dei conviventi sia per controllare le donazioni di sangue. Nei neonati generalmente non si sviluppano sintomi e segni di malattia; nei bambini da 1 a 5 anni l infezione determina il quadro clinico classico nel 5-15%, mentre negli adolescenti e negli adulti fra il 33 e il 50% dei soggetti colpiti manifesta sintomi e segni (Mahoney FJ et al., 1999). Nei paragrafi successivi (eziologia, patogenesi e immunità, trasmissione dell HBV) la trattazione sarà molto più particolareggiata di quanto non venga fatto per gli altri agenti patogeni, perché nel caso dell epatite B la loro conoscenza risulta indispensabile per comprendere appieno i presupposti dai quali i ricercatori sono partiti per la preparazione del vaccino contro l HBV e per interpretare correttamente alcuni fenomeni (comparsa di virus mutati, durata dell immunità conferita dal vaccino e altro) che di recente hanno attirato l interesse dei ricercatori. Tre sono infatti gli argomenti oggi più pressanti: le varianti virali; la durata dell immunità conferita dal vaccino contro l HBV; il problema dei non-responder. EZIOLOGIA Il primo passo nell identificazione dell HBV risale al 1963, quando Baruch S. Blumberg, allora all Istituto di Ricerca sul Cancro di Filadelfia, studiava alcune proteine del siero. In un campione prelevato da un soggetto emofilico egli osservò un anticorpo che reagiva con un antigene presente nel sangue di un aborigeno australiano, affetto da epatite. Da qui la denominazione iniziale dell antigene, come antigene Au (antigene Australia). Nel 1968 Blumberg, che nel frattempo aveva vinto il premio Nobel proprio per questa scoperta, identificò l antigene di superficie dell HBV (HBsAg) con l antigene Australia. L HBV è un virus a DNA, costituito da 3200 coppie di basi, di forma tondeggiante, del diametro di 42 nm, il più piccolo dei virus a DNA conosciuti: appartiene agli hepadnavirus (hepatotropic DNA virus tipo 1). Altri hepadnavirus sono il virus epatitico delle anatre e il virus epatitico dello scoiattolo e della marmotta americana. Il virus ha un piccolo genoma circolare, parzialmente a doppia elica. Schematicamente è costituito da un involucro esterno (HBsAg) e da una parte interna, detta nucleocapside, che comprende la DNA polimerasi, l antigene del core (HBcAg) e l antigene e dell HBV (HBeAg). Il DNA dell HBV codifica infatti per i quattro diversi costituenti virali (espressione di quattro geni diversi, in parte soprammessi l uno all altro), che contribuiscono alla costituzione della complessa struttura del virus (figg e 15.2 e tab. 15.1): il gene S che codifica la più importante proteina dell involucro esterno, l HBsAg; i geni pre-s1 e pre-s2 si combinano col gene S per codificare due proteine, la proteina intermedia, che rappresenta il prodotto dei geni pre-s2 + S, e la proteina grande, che rappresenta il prodotto dei geni pre-s1 + pre-s2 + S (Grob PJ, 1998); il gene P, il più grande, che codifica per la DNApolimerasi;

3 15 - EPATITE B 343 Tabella 15.1 Il virus dell epatite B: i geni strutturali, le proteine e il numero degli aminoacidi dei diversi componenti Geni strutturali Proteine codificate Numero di aminoacidi della proteina Pre-S1 + pre-s2 + S Proteina grande HBsAg 400 Pre-S2 + S Proteina intermedia HBsAg 281 S Proteina principale HBsAg 226 Pre-C + C* HBeAg 189 C HBcAg 212 P DNA polimerasi 844 X HBxAg 154 * Come vedremo, mutazioni nella regione pre-c o nella regione C impediscono la trascrizione della proteina, per cui l infezione da HBV si manifesta senza la presenza di HBeAg. il gene C che codifica per due proteine del nucleocapside, l HBeAg, che inizia dalle regione pre-c, e l HBcAg, che inizia dopo il pre-c; il gene X, che codifica per la proteina HBxAg, costituita da 154 aminoacidi: essa intensifica la trascrizione e la replicazione dell HBV e di altri virus. È probabilmente implicata nel processo di cronicizzazione della malattia e nell insorgenza del cancro del fegato. L HBV è relativamente resistente e in qualche caso rimane infettivo nell ambiente per almeno un mese, a temperatura normale. L uomo è l unico ospite naturale, sebbene alcuni primati non umani siano stati infettati in laboratorio. Né animali, né insetti si sono dimostrati ospiti o vettori dell HBV. Alla microscopia elettronica l HBV si presenta sotto tre particolari forme (fig. 15.2): elementi numerosi rappresentati da particelle di 22 nm, di forma sferica, che si presentano isolate l una dalle altre (fig. 15.2b); elementi di forma cilindrica, determinati dalla disposizione a catena dei precedenti elementi sferici, prima descritti; essi appaiono come lunghi filamenti, spesso ricurvi (fig. 15.2a); elementi sferici più grandi dei precedenti (42 nm), denominati particelle Dane, presenti nella figura 15.2a. Il loro numero è piuttosto basso: una particella Dane ogni 100 e 1000 elementi rotondi o cilindrici. Rappresentano il virione intatto dell HBV. Gli elementi A e B sono antigenicamente indistinguibili dalle proteine dell involucro esterno del virus (HBsAg) e rappresentano un eccesso nella sintesi delle proteine HBsAg, in confronto alle proteine del nucleocapside. L HBsAg non è infettivo: solo le paricelle Dane sono infettive, ma quando nel sangue si trovi l HBsAg, il virus completo è senz altro presente. Nella sintesi delle varie proteine del virus si osserva infatti un estrema difformità nella quantità delle diverse componenti: la proteina grande è prodotta in piccole quantità e si ritrova solo sulla superficie delle particelle virali complete in grado di propagare l infezione, Pre-S1 Pre-S2 a b P S C Pre-C Figura 15.1 X Struttura del genoma del virus dell epatite B Figura 15.2 Struttura delle particelle dell HBsAg (Gamen D, Prince AM, 2004) La figura a sinistra mostra le particelle Dane (la più grande, nm di diametro, di forma rotonda a doppio contorno, rappresentante il virione HBV) e i filamenti di HBsAg. La figura a destra mostra le particelle tondeggianti di HBsAg di 20 nm di diametro

4 EPATITE B Figura 15.3 Albero filogenetico di 175 sequenze genomiche degli otto genotipi, con l indicazione della loro diffusione geografica (Kramvis A et al., 2005) mentre la proteina principale e in parte anche la proteina media sono sintetizzate in eccesso e vanno a far parte delle particelle più piccole rotonde (diametro di 22 nm) o cilindriche, presenti nel siero. La concentrazione nel siero di HBsAg e di particelle virali complete può raggiungere i 500 µg/ml, che corrispondono a miliardi di particelle per ml. L HBsAg si presenta sotto forma di due polipeptidi, uno di mole di peso e l altro, la sua controparte glicosilata, di mole. Sono stati riconosciuti otto genotipi del virus dell epatite B (A, B, C, D, E, F, G, H), che hanno una distribuzione geografica (fig. 15.3): essi sono di fondamentale importanza per conoscere l evoluzione molecolare e le modalità di diffusione del virus dell epatite B (Kramvis A et al., 2005). Un genotipo viene generalmente definitivo come la costituzione genetica di un organismo: nel caso dei virus il termine genotipo viene usato per indicare le forme nelle quali la sequenza genomica si è stabilizzata dopo un lungo periodo di tempo. Oltre all identificazione dei genotipi, negli anni sono stati messi in evidenza quattro sottotipi sierologici, identificati inizialmente come adw, adr, ayw e ayr, dove a viene definito come un determinante comune a tutti e quattro i sierotipi. Le differenze strutturali e funzionali fra i genotipi possono influenzare la gravità, il decorso e la facilità delle complicazioni, nonché la risposta al trattamento dell infezione da virus dell epatite B e possibilmente l efficacia della vaccinazione contro il virus dell epatite B (HBV). Sebbene il numero delle ricerche sia aumentato in modo esponenziale negli ultimi anni, molto rimane ancora da imparare sulle loro effettive conseguenze. Le proteine pre-s1 e pre-s2 sono anch esse espresse nella fase di punta della replicazione virale, tuttavia il loro dosaggio non viene normalmente richiesto, né viene attuato di routine nei laboratori. Mentre l HBsAg si ritrova, come abbiamo visto, in grande quantità nel siero dei soggetti infettati con l HBV, le particelle di HBcAg rimangono all interno del virus e non si ritrovano mai in circolo. Esse sono tuttavia presenti nell epatocita, nel quale possono essere messe in evidenza mediante colorazioni immuno-istochimiche. L altra proteina del nucleocapside, l HBeAg, si ritrova invece nel sangue circolante: anzi la sua presenza in circolo fornisce un indicatore quantitativo e qualitativo di moltiplicazione virale e, di conseguenza, d infettività. Un siero HBsAg positivo che contenga anche l HBeAg è più facile che risulti altamente infettivo, perché più facilmente contiene virioni completi, DNA polimerasi e DNA dell HBV, in confronto a un siero HBeAg negativo, anche se HBsAg positivo. Per esempio una madre che sia HBsAg e HBeAg positiva ha oltre il 90% di probabilità di trasmettere l infezione al prodotto del concepimento, mentre una madre HBeAg negativa e HBsAg positiva ha solo il 10-15% di probabilità di trasmettere l infezione da HBV al nascituro. Durante la parte iniziale del decorso dell infezione, l HBeAg compare in circolo per brevi periodi: la sua precoce scomparsa può essere messa in connessione con un decorso favorevole e con una prossima guarigione. Ma la persistenza dell HBeAg oltre i tre mesi dall inizio dell infezione acuta può essere un primo segnale di un evoluzione verso un epatite cronica; d altra parte la stessa presenza dell HBeAg in corso di epatite cronica documenta un attiva replicazione virale, un elevata infettività e lesioni infiammatorie del fegato.

5 15 - EPATITE B 345 Il gene P, il più grande di tutti, codifica per la DNA polimerasi: questo enzima ha una doppia attività, in quanto agisce come DNA polimerasi, DNA-dipendente, e come transcriptasi inversa, RNA-dipendente. L ultimo gene, l X, codifica per una proteina, l antigene X dell HBV (HBxAg), piccola ma capace di attivare la trascrizione sia dei geni dell HBV sia dei geni della cellula. In seguito alla sua attività aumenta infatti la replicazione dell HBV: l HBxAg è inoltre associato con l epatite cronica grave e col carcinoma epato-cellulare (Feitelson MA, 1997). Ma l attività dell HBxAg accelera la trascrizione anche di altri virus, come quello dell immunodeficienza umana (HIV) e di alcune proteine della cellula infettata, come l interferon b e le proteine della classe I maggiore d istocompatibilità: questi ultimi effetti possono contribuire ad aumentare la suscettibilità degli epatociti, infettati dall HBV, alle cellule T citolitiche. Il gene X e la sua proteina sono assenti negli hepadnavirus degli animali non mammiferi (anatre di Pechino per esempio) e inoltre non sono risultati essenziali per la moltiplicazione degli hepadnavirus. L HBsAg e il DNA dell HBV sono stati anche riscontrati in sedi diverse dal fegato, come i linfonodi, il midollo osseo, i linfociti circolanti, la milza e il pancreas. Sebbene il virus direttamente non sembri associato a lesioni di tessuto, tuttavia può evocare in questa sede reazioni di tipo immunologico e può rappresentare una fonte di ricaduta di un infezione da HBV, in soggetti sottoposti a trapianto di fegato. È stata dimostrata una riduzione inaspettata nei livelli di HBVDNA, associati con l infezione acuta da HIV (Thio CL et al., 2004). Di recente sono state messe in evidenza numerose varianti virali, a carico delle varie parti del genoma, che hanno ripercussioni sulla sintesi delle proteine dell involucro o su quella del nucleocapside. LE VARIANTI VIRALI La maggior parte delle mutazioni che si verificano durante la moltiplicazione del virus dell epatite B è pregiudizievole o letale per il virus stesso e, anche quando si verifichino, non si mantengono nella popolazione virale. Una minima parte delle mutanti può sopravvivere, se fornisce un qualche vantaggio rispetto ai ceppi di virus pre-esistenti. Le risposte immuni dell ospite, come anche gli interventi profilattici o terapeutici, possono favorire la sopravvivenza di quelle varianti che si manifestino durante la moltiplicazione del virus (Zanetti A, 2003). La comparsa di varianti virali rappresenta un problema assillante nella lotta contro l HBV. Un epatite dovuta a una variante virale non risente affatto dell immunità attiva, indotta dalla vaccinazione o dalla somministrazione di HBIG, dirette verso un virus standard (Zuckermann AJ, 2000). Il fenomeno per ora ha dimensioni molto ridotte e ha quindi un interesse solo speculativo, ma è stato osservato in varie parti del mondo (Carman WF et al., 1990; Resti M et al., 1996). Le mutazioni più importanti sono due. La prima, identificata inizialmente nei paesi del Mediterraneo, riguarda pazienti con un profilo sierologico-clinico inusuale. Essi hanno un infezione cronica grave da HBV, con dimostrabile presenza in circolo di HBV DNA, ma senza presenza di HBeAg: in questi pazienti è in gioco una mutante dell HBV, che contiene un alterazione della regione pre-core, che rende il virus incapace di codificare l HBeAg (Carman WF et al., 1997). Di qui la sua assenza nel sangue circolante e sulla superficie dell epatocita. Queste forme di epatite cronica sono chiamate correntemente epatite cronica HBeAg negativa, ma sono conosciute anche con il nome di epatite B cronica anti-hbeag positiva o come epatite B cronica mutante pre-core. Nel bacino del Mediterraneo dal 30 all 80% dei pazienti con epatite B cronica sono HBeAg negativi, in confronto ad altre aree nelle quali l incidenza di questa forma va dal 10 al 40% (Brunetto M, 2003). Poiché l HBeAg è un importante obiettivo immunologico, queste cellule possono sfuggire alla morte, dovuta al sistema immune dell ospite. Negli stadi precoci dell infezione cronica da HBV, l HBeAg può anche essere riscontrato, ma negli stadi tardivi la popolazione virale si riduce di numero e, probabilmente come risultato di una prolungata interazione con i meccanismi immuni dell ospite, i virus mutanti prendono il sopravvento e sopravvivono come tipo virale dominante, prolungando l infezione (François G et al., 2001). La più comune mutazione è la sostituzione di una singola base (da G ad A) al nucleotide 1896 del gene pre-c. Questa sostituzione porta alla formazione di un codone stop, al posto del triptofano, stop che previene la traslazione dell HBeAg. A carico del pre-c sono conosciute altre mutazioni, tutte accompagnantesi a un fenotipo HBeAg negativo. Questi pazienti hanno gravi malattie del fegato, che evolvono rapidamente in cirrosi e non rispondono alla terapia antivirale. In uno stesso soggetto possono coesistere due virus diversi, uno HBV di tipo corrente e uno costituito dalla variante virale nella regione pre-c. Concentrazioni di forme fulminanti di HBV sono state descritte in Israele e in Giappone, legate alla presenza di questa mutante. Le forme fulminanti nella maggior parte dei paesi dell Europa occidentale e negli Stati Uniti si manifestano invece in pazienti infettati con HBV di tipo selvaggio in assenza di mutanti nella zona pre-c. La seconda importante categoria di mutanti dell HBV consiste nelle cosiddette mutanti di fuga, nelle quali si verifica la sostituzione di un singolo aminoacido nel gene S; il loro interesse deriva dal fatto che in tal modo viene a essere ridotta l immunogenicità dell HBsAg, nel determinante a, comune a tutti i sottotipi: da glicina ad arginina, in posizione 145; dalla sostituzione di un aminoacido in posizione 124;

6 EPATITE B dalla sostituzione di un aminoacido in posizione 147; dalla sostituzione di un aminoacido in posizione Questo cambiamento dell HBsAg porta a una modificazione critica della conformazione, per cui viene perduta l attività neutralizzante il virus da parte dell anti-hbs. Questa specifica mutante a dell HBV è stata osservata in due situazioni, in seguito sia all immunizzazione attiva che all immunizzazione passiva, nella quale la pressione immunologica umorale può favorire un cambiamento evoluzionistico del virus (ecco la fuga ). Tale situazione si verifica in un piccolo numero di soggetti vaccinati contro l HBV, che presentano un infezione nonostante la presenza di anticorpi neutralizzanti specifici anti-hbs; analoga situazione si verifica nei riceventi un trapianto di fegato trattati con preparazioni monoclonali umane costituite da anticorpi di elevata potenza con attività anti-hbs (He JW et al., 1998). Qualcosa di simile si verifica con la Bordetella pertussis (cap. 23, pag. 612). Anche in questo caso può capitare che un paziente sia coinfettato da una Bordetella pertussis selvaggia di tipo corrente e da una mutante. Una variante virale (HBV PV ) è stata identificata in 117 (41%) di 266 casi di epatite esaminati in Inghilterra (Hallet RL et al., 2004). La diffusione della variante è associata principalmente all uso di droghe per via iniettiva. Sebbene queste mutanti non siano riscontrate di frequente, la loro esistenza viene a complicare le strategie di vaccinazione e la stessa diagnosi sierologica (Zöllner B, 2004). Le varianti di fuga sono state ritrovate in tre situazioni cliniche qui di seguito illustrate. a) Infezioni neonatali In Cina sono stati descritti 24 lattanti che erano divenuti positivi per l HBsAg nonostante un ciclo completo di immunizzazione attiva postesposizione con un vaccino plasma-derivato; lo studio dell HBsAg del virus che aveva infettato questi bambini venne eseguito con la PCR e dimostrò la presenza di una mutante (He JW et al., 1998). Situazioni analoghe sono state riscontrate in altri lattanti che non avevano risposto alla vaccinazione in epoca neonatale (Oon CJ et al., 1995; Poovorawan Y et al., 1998). Fra i mutanti predomina in Oriente il sottotipo adw (Chen WN et al., 2002). Talvolta la stessa mutazione era presente nell HBV della madre (Ngui SL et al., 1997; 1998). In una valutazione sull importanza dello sviluppo di varianti in Gambia è stato accertato che i ceppi varianti hanno una bassa infettività e una scarsissima incidenza (Wilson JN et al., 1999a). b) Infezioni dopo trapianto di fegato In questi casi si sono verificate infezioni da HBV nonostante il trattamento con anticorpi monoclonali o con HBIG (Carman WF et al., 1996). c) Infezioni in bambini regolarmente vaccinati In Italia nel 1988 venne per la prima volta dimostrata la comparsa di una variante che sfuggiva alla vaccinazione (Zanetti AR et al., 1988): 44 bambini su 1590 vaccinati (2,8%), inclusi figli di madri HBsAg positive, si infettarono con HBV, nonostante la vaccinazione; in tutti vi era la presenza contemporanea di HBsAg e di anti-hbs. Per determinare l importanza delle mutazioni dell HBV è stato condotto uno studio a distanza di 5-14 anni, su 522 bambini vaccinati alla nascita con HBsAg + immunoglobuline specifiche perché figli di madri HBsAg positive: il 97% aveva anticorpi protettivi anti-hbs; 14 bambini (2,7%) erano sieroconvertiti ad anti- HBc (avevano cioè avuto una infezione da HBV e si erano immunizzati); tre erano divenuti portatori cronici di HBsAg; uno è risultato portatore di una doppia mutazione con sostituzione della prolina alla serina al codone 120 (P120S) e 127 (P127S) nel determinante a. Un fenomeno di questo tipo è stato osservato in Gambia in bambini immunizzati con il vaccino contro l HBV (Fortuin M et al., 1994). Tutte le varianti qui descritte sono state ritrovate di rado in assenza di vaccinazione, perché la loro comparsa è dovuta alla pressione selettiva sul virus da parte del vaccino contro l HBV. Il vaccino HBsAg induce infatti una più ristretta risposta immune, in confronto all infezione naturale, per cui una singola sostituzione di un aminoacido nell HBsAg del virus può portare alla moltiplicazione della mutante in un soggetto vaccinato, ma non in un soggetto immune per aver naturalmente superato la malattia. Dopo l introduzione della vaccinazione la prevalenza delle mutanti dell HBV aumenta progressivamente: a Taiwan soprattutto la mutante G145R nei 10 anni successivi all introduzione della vaccinazione passò dal 7,8% del 1984 al 28,1% del La comparsa di un virus mutante può far seguito anche a un trattamento antivirale. Un ceppo variante di HBV è stato trasmesso agli scimpanzé, che si sono ammalati con un alta concentrazione di virus mutante in circolo (Ogata N et al., 1997). È difficile, al momento attuale, stabilire con certezza il ruolo che le mutanti virali avranno nella futura evoluzione dell infezione da HBV nel mondo: il fenomeno è ormai ben individuato, ma bisogna conoscerne meglio la dimensione e la potenzialità aggressiva. Tuttavia la conoscenza del fenomeno della mutazione virale, particolarmente nelle zone endemiche non deve arrestare la promozione della vaccinazione nei paesi nei quali queste varianti siano state messe in evidenza (Basuni AA et al., 2004).

7 15 - EPATITE B EPIDEMIOLOGIA 347 Il virus dell epatite B è uno dei più comuni agenti infettivi del mondo e, nei paesi in cui si ritrovi, rappresenta una della cause più frequenti di morbosità (Befeler AS e Di Bisceglie AM, 2000). Recenti calcoli dell OMS hanno stabilito che nel mondo ci sono più di 350 milioni di soggetti, portatori cronici del virus (tre quarti dei quali in Asia), che costituiscono la riserva principale dell HBV negli esseri umani: un milione di persone fra di loro moriranno ogni anno di cirrosi o di carcinoma epatocellulare (Mahoney FJ, 1999). Ogni anno nel mondo in circa 6 milioni di persone si sviluppa un carcinoma epatocellulare, per cui oltre un milione di essi muore per questo tumore. Il rischio di sviluppare un epatocarcinoma, nei portatori di HBsAg, è 217 volte più elevato che nei soggetti non portatori. Come attività cancerogena, l HBV sarebbe secondo solo al tabacco. La presenza di HBsAg nel siero è un evenienza abbastanza rara negli Stati Uniti e in gran parte dei paesi dell Europa occidentale (inferiore al 2%). Nei paesi del bacino del Mediterraneo, in Europa orientale, nel Medio Oriente e in Sud America l incidenza è fra il 2 e il 10% (fig. 15.4). Negli Stati Uniti la prevalenza dell HBsAg nelle varie componenti della popolazione è ben documentata da un indagine del CDC del 1990 (tab. 15.2). Ogni anno negli Stati Uniti si verificano fra e nuovi casi di epatite B acuta, mentre più di 1 milione di soggetti sono cronicamente infettati: da 4 a 5000 persone muoiono ogni anno di cirrosi da HBV o di carcinoma epatocellulare (Lieberman JM et al., 1996). In un indagine eseguita negli Stati Uniti, dal confronto della prevalenza della positività per gli indicatori dell HBV fra gli anni e , non è stata notata alcuna modificazione nel numero dei soggetti infettati con l HBV, nonostante la disponibilità del vaccino contro l HBV e la sua larga diffusione nei gruppi a rischio (Coleman PJ et al., 1998; McQuillan GM et al., 1999). Negli Stati Uniti dal 1990 al 2002, l incidenza dell epatite B è caduta del 67%: da 8,5 casi su a 2,8 (CDC, 2004). Anche negli Stati Uniti l incidenza dell epatite B è risultata negli uomini più elevata che nelle donne (9,8 contro 6,3/ nel 1990 e 3,7 e 2,2 rispettivamente nel 2002). Nel 2003 i casi di epatite B sono stati 7526 (CDC, 2004a), di poco inferiori a quelli del 2002 e del L incidenza dell infezione da HBV si è abbassata in soggetti di età inferiore ai 19 anni del 92% fra gli asiatici e gli isolani del Pacifico, dell 88% fra i bianchi, dell 88% fra i neri e dell 84% fra gli Indiani americani e i nativi dell Alaska (CDC, 2004). Percentuali più elevate (oltre il 10%) non sono rare nelle zone tropicali, come Africa ed Estremo Oriente; eccezionalmente elevata è la positività nell isola di Taiwan. In Italia sono stati identificati fattori di rischio per Prevalenza dell HBsAg 8% alta 2-7% intermedia < 2% bassa Figura 15.4 Distribuzione geografica dell infezione cronica da HBV (stato di portatore ed epatite cronica)

8 EPATITE B Tabella 15.2 Prevalenza degli indicatori sierologici di epatite B in vari gruppi di popolazione negli Stati Uniti. Gruppi di popolazione Prevalenza degli indicatori sierologici HBsAg (%) Tutti gli indicatori (%) Immigrati da aree ad alta endemicità di HBV Frequentatori di istituzioni per handicappati Utilizzatori di droghe pesanti per via endovenosa Omosessuali Contatti familiari con portatori di HBV Emodializzati Personale sanitario avente contatto frequente con sangue e derivati Carcerati (uomini) Personale di istituzioni per handicappati Eterosessuali con partner multipli 0, Personale sanitario senza o con raro contatto con il sangue 0, Popolazione in generale: neri 0,9 14 bianchi 0,2 3 Tabella 15.3 Epatite B: casi* notificati con fattore di rischio identificato per fascia di età SEIEVA 2000 (ISS, 2003) Tipo di fattore Fattore di rischio 0-14 anni anni 25 anni TOTALE Oro-fecale Consumo frutti di mare Contatto con itterico nelle 6 precedenti settimane Soggiorno in strutture alberghiere o fuori di casa Parenterale o sessuale Trasfusione di sangue Interventi chirurgici Ospedalizzazione Altre esposizioni** Terapia odontoiatrica Uso di droghe EV Convivente tossicodipendente Contatto con itterico < 6 mesi Partner sessuali (> 1 nell ultimo anno) Convivente HBsAg Totale *I casi possono avere più di un fattore di rischio **Piercing, tatuaggi, agopuntura, manicure/pedicure, rasatura dal barbiere acquisizione dell epatite B in 667 soggetti di varia età (tab. 15.3) (ISS, 2003). Nel nostro Paese l incidenza globale è stata giudicata intorno al 2%, con fortissime differenze fra una regione e l altra. Le regioni del sud sono quelle che presentano un più alto tasso di soggetti positivi per l HBsAg, tanto che in alcuni comuni in provincia di Napoli (Afragola) la positività ha raggiunto, prima della vaccinazione, livelli del 14% (Da Villa G et al., 1998). D altra parte alcune regioni del nord, con alto tasso d immigrazione dal sud, presentano prevalenze abbastanza elevate (Crovari P, 1995). In studi effettuati in donne in gravidanza, prima dell inizio della vaccinazione anti-hbv, la prevalenza dei portatori nel nostro Paese può essere così schematizzata (Stroffolini T et al., 1989): Puglia 5,6%; Campania e Sardegna 5,2%; Sicilia 4,4%; Lombardia 3,5%; Calabria 2,9%; Lazio 1,7%; Piemonte 1,6%; Liguria 1,5%; Toscana 1,1%; Emilia Romagna 1%; Trentino Alto Adige 0,5%; Umbria 0,4%. Se esaminiamo la positività per gli indicatori dell HBV nei bambini, prima dell obbligo della vaccinazione contro l HBV, riscontriamo che la positività per HBsAg è nettamente inferiore a quella sopra riportata per le donne in gravidanza, come d altra parte era da aspettarsi (tab. 15.5). Negli ultimi anni, dopo l introduzione della vaccinazione obbligatoria contro l HBV, si è verificata una

9 15 - EPATITE B 349 Tabella 15.4 Tassi d incidenza (x ) di epatite B, per anno e per classi di età SEIEVA (Mele A et al. 2003; Mele A, 2004) Classi di Anno età (anni) ,5 0,4 0,2 0,1 0,5 0, ,5 1, ,5 2 Totale Tabella 15.5 Numero di casi notificati di epatite virale acuta in Italia, suddivisi per tipo e per anno ISTAT e Ministero della Salute Anno Epatite A Epatite B Epatite non A-non B (C) Non identificata Totale * * Dati provvisori netta diminuzione della circolazione del virus B, sia al nord sia al sud, documentata da un calo nell incidenza dei casi notificati. Dai dati del sistema di sorveglianza dell epatite virale acuta (SEIEVA), coordinato dall Istituto Superiore di Sanità, risulta che l incidenza complessiva dei casi di malattia acuta è passata da 12 per nel 1985 a 3 per nel 1996 (Crovari P e Mele A., 2001) e ancora 3 per nel 1998 e a 2 nel 2002 (SEIEVA). Nella tabella 15.5 sono riportati i casi di epatite acuta in Italia, suddivisi nelle diverse eziologie. A parte la fiammata pugliese di epatite A, tutti gli altri tipi di epatite hanno dimostrato una progressiva riduzione, anno dopo anno. Nella tabella 15.6 e nella figura 15.5 sono riportati i dati disaggregati per gruppi di età: nei vari gruppi è visibile un vistoso calo di incidenza, che tuttavia si è manifestato per la maggior parte negli anni dal 1985 al 1991, cioè prima dell introduzione della vaccinazione obbligatoria (Mele A et al., 1997). Dagli ultimi dati del SEIEVA non esiste più negli ultimi anni una forte differenza fra l incidenza di epatite B fra il sudisole, e il nord-centro (Crovari P e Mele A, 2001). Tabella 15.6 Prevalenza degli indicatori dell HBV in bambini italiani, prima della vaccinazione contro l epatite B (Studio coordinato dal Laboratorio di Epidemiologia ISS) Area Anno Età in anni N. di soggetti Metodo Percentuale di positivi HBsAg Tutti gli indicatori Bologna (0,2%) 31 (3,5%) Sardegna ELISA 3 (0,2%) 32 (1,7%) Napoli RIA 4 0,8%) 33 (6,8%) Palermo ELISA 7 (1,4%) 19 (3,9%) Bari RIA 12 (0,8%) 48 (3,4%)

10 EPATITE B Tassi x Introduzione della vaccinazione antiepatite B 0-14 anni anni 25 anni Anno Figura 15.5 Incidenza (casi su ) per fasce di età di epatite B in Italia (SEIEVA, ) Nella tabella 15.5 sono riportati i casi notificati, secondo quanto riportato dall ISTAT. Secondo i dati ISTAT è possibile rilevare che, prendendo in considerazione tutte le età, nei maschi i casi di epatite B notificati sono circa il doppio di quelli riscontrati nei soggetti di sesso femminile. Un analogo andamento di diminuzione è stato osservato anche in altri paesi occidentali, come la Francia e gli Stati Uniti, nei quali è stata introdotta da quasi un decennio la vaccinazione contro l HBV. In alcune situazioni cliniche l incidenza della positività dell HBsAg risulta elevata, come nella sindrome di Down, nella lebbra lepromatosa, nella leucemia, nel morbo di Hodgkin, nella poliarterite nodosa, nelle malattie renali croniche in emodialisi e nei soggetti che fanno uso di droghe pesanti per via endovenosa. Altri gruppi di persone ad alto rischio di presentare infezioni da HBV sono: i partner sessuali di soggetti infettati acutamente, l elevata promiscuità sessuale (specialmente negli uomini che fanno sesso con uomini), negli operatori sanitari che vengono spesso in contatto con sangue, le persone che richiedono frequenti trasfusioni (talassemici) o frequente uso di derivati del sangue, ottenuti dalla mescolanza di un numero elevato di donatori (emofilici per esempio), residenti in istituzioni per ritardati mentali, carcerati e, sia pur in minor grado, i familiari di soggetti cronicamente infetti. La sieroprevalenza nella popolazione della positività per l anti-hbs è fra i donatori di sangue dal 5 al 10%, ma questa prevalenza aumenta negli strati sociali a più basso livello socioeconomico, nei gruppi di età più avanzata e in tutte le situazioni prima ricordate. La letalità per epatite B acuta nel nostro Paese viene calcolata intorno all 1% (Crovari P, 1995); i dati ricavabili dal volume Cause di Morte (ISTAT) sono accomunati con quelli delle altre forme di epatite virale (classificazione analitica 070): nel 1994 i morti sono stati 130 complessivamente, 622 nel 1995, 681 nel 1996, per salire a 1087 nel 1997, a 1349 nel 1998 e a 1470 nel 1999; la grandissima parte dei morti aveva più di 20 anni. Da considerare con attenzione questo aumento nel numero dei morti, in aperto contrasto con la riduzione progressiva dell incidenza delle epatiti da qualsiasi causa infettiva. Nel nostro Paese la mortalità per cirrosi ed epatocarcinoma primitivo è stata in media di casi/anno; ancora non sono stati evidenziati miglioramenti in seguito alla vaccinazione. Tuttavia a Taiwan, isola nella quale la prevalenza della positività per HBsAg è elevatissima, già è stata notata, dopo la vaccinazione, una diminuzione della frequenza del carcinoma epatocellulare (Chang MH et al., 1997). Complessivamente è stato calcolato, a cura dell Istituto Superiore di Sanità (Pasquini P, 1990), che in Italia esistono un milione e mezzo di portatori cronici di HBsAg e si contano circa 9000 decessi all anno per cirrosi epatica e/o carcinoma epatocellulare, attribuibili a un infezione da HBV. Nel mondo la distribuzione dei portatori di HBsAg segue tre modalità (vedi fig. 15.4): a) aree in cui la prevalenza dell infezione cronica è alta, 8% e più della popolazione; in queste aree vive il 45% della popolazione mondiale; b) aree in cui la prevalenza dell infezione cronica è moderata, fra il 2 e il 7% della popolazione; in queste aree vive il 43% della popolazione mondiale; c) aree a bassa endemicità, inferiore al 2% della popolazione; in queste aree vive il 12% della popolazione mondiale.

11 15 - EPATITE B 351 a) aree ad alta endemicità: il rischio durante tutta la vita di un infezione da HBV è molto alto (più del 60%); la maggior parte delle infezioni avviene in epoca perinatale o nei primi anni di vita, quando il rischio di infezione cronica è maggiore (cirrosi e cancro del fegato). Se una madre è HBsAg e HBeAg positiva, il 70-90% dei suoi figli sarà, come abbiamo visto, infettata, se non viene sottoposta a immunoprofilassi passiva e attiva. Ma anche fra le madri che sono HBeAg negative il rischio per il neonato va dal 5 al 20%; b) aree a moderata endemicità: il rischio durante tutta la vita d infezione da HBV è fra il 20 e il 60%. L infezione colpisce tutti i gruppi di età; la presenza di casi di epatite acuta è comune, perché la malattia riguarda soprattutto l adolescente e il giovane adulto. In generale nelle aree a moderata endemicità, dal 2 al 7% delle donne in gravidanza sono HBsAg positive e meno del 20% di loro sono anche HBeAg positive: per tale ragione la trasmissione perinatale avviene relativamente di rado; c) aree a bassa endemicità: il rischio di infezione da HBV durante la vita è inferiore al 20% e nella maggior parte dei casi avviene in adulti appartenenti ai gruppi a rischio. Meno di un terzo delle infezioni croniche è acquisita attraverso l infezione perinatale o nei primi anni di vita, a meno che non venga impiegata precocemente l immunoprofilassi attiva e passiva. PATOGENESI E IMMUNITÀ Il periodo d incubazione varia da sei settimane a sei mesi, con una media di 120 giorni. Il virus, come vedremo, viene trasmesso per via parenterale o per esposizione delle mucose a liquidi corporei positivi per HBsAg da persone portatrici o che abbiano un infezione acuta da HBV. A ben giudicare l epatite causata dall HBV rimane una malattia enigmatica (Hilleman MR, 2001). Il virus non è citopatico; le lesioni principali sono prodotte dall ospite stesso, perché causate dagli effetti dannosi delle risposte immuni dell ospite dirette contro le cellule parenchimali infettate del fegato (Grob PJ, 1998). La maggior parte delle infezioni da HBV risolve spontaneamente, specialmente nei pazienti che hanno una vigorosa risposta immune, ma una parte delle persone infettate, quelle che rispondono meno, può sviluppare un infezione persistente, che risolve lentamente e non in tutti. Vi possono essere infatti malattie croniche caratterizzate da remissioni ed esacerbazioni, che portano eventualmente alla morte il paziente per epatite fulminante, per cirrosi e cancro del fegato. La percentuale di letalità per epatiti croniche persistenti è di circa il 25%. I pazienti che guariscono sviluppano anticorpi verso l HBsAg, verso l antigene del core (HBcAg) e verso l HBeAg, ma possono mantenere ancora una persistenza virale a bassi livelli. La risposta immune inizia con la risposta delle cellule T agli antigeni virali; questa risposta è fondamentale per raggiungere una completa clearance virale nell infezione da HBV. La risposta delle cellule T è caratterizzata da una reazione vigorosa, policlonale, delle cellule T citotossiche multispecifiche e delle cellule T helper. Al contrario, le risposte immuni nelle forme croniche di epatite B non sono capaci di eliminare il virus: sono deboli o mancano del tutto. È importante a questo proposito ricordare che in soggetti portatori cronici di HBV, sottoposti per altre cause a trapianto di midollo osseo da un donatore anti-hbs, si verifica entro qualche mese una completa scomparsa dell HBsAg positività. Si parla in questi casi di immunità adottiva (Groll AH, 2003). Le risposte immunologiche specifiche sono quindi completamente diverse nella forma acuta iniziale di epatite da virus B, in confronto alle forme protratte o croniche, pur dovute allo stesso virus. INFEZIONE ACUTA Dopo l infezione con HBV, il primo indicatore virologico dimostrabile nel siero è l HBsAg. La sua presenza precede l elevazione dell attività delle aminotransferasi, la comparsa dei sintomi clinici e permane durante e spesso oltre la fase sintomatica della malattia acuta. Nei casi classici l HBsAg già non si ritrova più dopo uno-due mesi dall inizio dell ittero e persiste raramente oltre i sei mesi. Dopo la scomparsa dell HBsAg compare l anticorpo anti-hbs, che rimane presente per tutta la vita: dei vari anticorpi, diretti contro l HBV, solo l anti-hbs si è dimostrato essenziale per conferire resistenza all infezione. Poiché esiste un estrema variabilità nel tempo di comparsa dell anti-hbs, dopo l acquisizione dell infezione da HBV, può talvolta esistere un intervallo di molte settimane, ma più di rado anche più lungo, fra la scomparsa dell HBsAg e la comparsa dell anti-hbs: in questo periodo di tempo, detto fase finestra, l unico segnale dell infezione da HBV può essere rappresentato dall anticorpo anti-hbc. Con l aumento della sensibilità delle prove per la ricerca dell HBsAg e dell anti-hbs il numero dei pazienti che si trovano in fase finestra si sta progressivamente riducendo. Poiché l HBcAg rimane sequestrato all interno del virus, esso non viene di regola dimostrato nel siero di pazienti con infezione da HBV. Nel siero troviamo invece l anti-hbc, un anticorpo che compare in generale dopo una-due settimane dalla comparsa dell anti- HBs, ma che può precedere, come abbiamo visto, la comparsa dell anti-hbs di settimane o mesi. Quindi il rilievo di anti-hbc, anche in assenza di anti-hbs, può essere un indice importante in ambito trasfusionale, perché esso può indicare la presenza di una fase finestra, con assenza di HBsAg e di anti-

12 EPATITE B HBs: un sangue che presenti positività per l anti-hbc va quindi escluso perché può permettere lo sviluppo di un epatite post-trasfusione. Per tale ragione nei Centri trasfusionali non viene ricercato solo l HBsAg ma anche l anti-hbc. Nel corso degli anni, dopo un infezione da HBV, l anti-hbc può persistere nel sangue circolante più a lungo dell anti-hbs. D altra parte il riscontro di anti-hbc isolato non deve immediatamente far pensare che sia in atto una moltiplicazione virale, perché nella maggior parte dei casi la sua presenza indica soltanto un infezione da HBV nel passato remoto. Tuttavia, raramente, la positività per anti-hbc testimonia una viremia da HBV, anche se di grado modesto, in un soggetto con una soglia molto bassa di HBsAg. Di rado la positività dell anti-hbc è dovuta a un fenomeno di reazione crociata, per cui la prova va considerata falsamente positiva. La determinazione della classe di Ig, alla quale appartiene l anti-hbc, può risultare essenziale per stabilire se l infezione è recente o è vecchia : l anti-hbc della classe IgM (anti-hbc IgM) predomina nei primi sei mesi dopo l infezione acuta, mentre l anti-hbc della classe IgG (anti-hbc IgG) è presente in maggiore concentrazione oltre i 6 mesi (fig. 15.6). Quindi i pazienti che hanno un epatite B recente, inclusi quelli che si trovino in fase finestra, hanno nel loro siero anti-hbc della classe IgM, mentre i pazienti che hanno presentato un infezione da HBV molto lontana nel tempo avranno nel siero anticorpi contro l HBc, prevalentemente della classe IgG. L HBeAg compare successivamente all HBsAg e scompare contemporaneamente. L anti-hbe si ritrova qualche settimana dopo. In generale nelle persone che hanno superato l epatite B, persistono indefinitivamente nel siero anti-hbs e anti-hbc. Nei soggetti che sono stati sottoposti a vaccinazione contro l HBV, troveremo ovviamente soltanto anti-hbs. Gli anticorpi che l organismo sviluppa contro i vari antigeni si dimostrano quindi di grande utilità come prove diagnostiche, cioè come indicatori dell infezione da HBV. La loro presenza e i loro rapporti reciproci ci aiutano anche a capire la fase biologica nella quale si trova l infezione in un singolo soggetto. Sia nei bambini sia negli adulti del Gambia (Thursz MR et al., 1995) risulta che la riduzione della carica virale dell HBV è collegata a particolari assetti Human Leucocyte Antigen (HLA): per esempio l allele DRB1*1302 del Major Histocompatibility Complex (MCH) classe II è associato con la protezione dalle infezioni persistenti da HBV. INFEZIONE CRONICA Si parla di infezione cronica quando la positività per l HBsAg si prolunga oltre i sei mesi dall inizio dei sintomi e/o della positività delle prove sierologiche. Titoli di HBsAg, anti-hbs, anti-hbc, particella Dane, DNA polimerasi HBsAg Dane part. DNA pol. +HBeAg Epatite clinica anti-hbc anti-hbs anti-hbe Settimane Anni Tempo dall inizio dell infezione da HBV Figura 15.6 Indicatori dell HBV (antigeni e anticorpi) nel sangue, durante un infezione acuta a decorso favorevole

13 15 - EPATITE B 353 Occasionalmente nel 10-20% dei pazienti con epatite B cronica si ritrovano nel siero anticorpi anti-hbs a livelli molto bassi e dotati di scarsa affinità: questi anticorpi, e in questo risiede la caratteristica del fenomeno, non sono diretti verso il sottotipo determinate dell HBV che ha colpito il paziente (pag. 344), ma sono diretti verso un sottotipo diverso: essi probabilmente rappresentano la stimolazione di un clone di cellule formanti-anticorpi, in qualche modo correlato con l HBsAg, ma non precisamente corrispondente, per cui la presenza di questi anticorpi non ha alcuna rilevanza clinica e non significa che preludano a un allontanamento dell HBsAg. Nelle infezioni croniche da HBV, l HBsAg rimane presente nel sangue circolante oltre i sei mesi; è presente l anti-hbc, della classe IgG, mentre l anti-hbs o non è presente o si ritrova a livelli molto bassi. Il meccanismo attraverso il quale si stabilisce lo stato cronico non è del tutto conosciuto, ma sembra correlato a una scarsa o incompleta risposta immunitaria. Durante la fase precoce delle infezioni croniche da HBV, si può ritrovare nel siero e nel nucleo degli epatociti il DNA dell HBV: è questo il periodo della massima infettività e della comparsa delle lesioni del fegato. Durante questa fase replicativa l HBeAg è un indicatore qualitativo e il DNA dell HBV è un indicatore quantitativo. In questa fase si ritrovano in circolo le tre forme morfologiche dell HBV, incluso il virione intatto (pag. 343). A una prima fase replicativa fa seguito, nelle infezioni croniche da HBV, una fase relativamente non replicativa. Questa fase non replicativa avviene in circa il 10% dei pazienti con epatite cronica. Essa è accompagnata dalla sieroconversione da positività per l HBeAg a positività dell anti-hbe. Nella maggioranza dei casi questa sieroconversione si accompagna a un elevazione dell attività delle aminotransferasi, simile a quella che si verifica nella fase acuta dell epatite, e che corrisponde all allontanamento cellulomediato degli epatociti infettati dal virus. Sempre nella fase non replicativa, il DNA dell HBV, dimostrabile all interno del nucleo dell epatocita, tende a essere integrato nel genoma della cellula ospite. In questa fase in circolo si ritrovano le forme rotondeggianti e le forme cilindriche (costituite da HBsAg), mentre non si ritrovano virioni intatti. Le lesioni epatiche tendono a divenire silenti. Tali pazienti vengono clinicamente definiti come portatori asintomatici dell HBV (epatite occulta). La definizione di fase replicativa e di fase non replicativa è in realtà soltanto relativa perché, anche nella fase non replicativa, un grado molto basso di replicazione è ancora presente, come è possibile mettere in evidenza con prove sensibilissime (Polymerase Chain Reaction, PCR). D altra parte è sempre possibile che un infezione non replicativa possa trasformarsi in una forma replicativa: tali riaccensioni spontanee si accompagnano alla ricomparsa in circolo di HBeAg, del DNA dell HBV e da una riattivazione delle lesioni epatiche. La scomparsa dell HBsAg dal sangue fa seguito all apparente miglioramento e alla guarigione clinica dell epatite B. Prima che fossero disponibili precisi metodi di laboratorio, atti a distinguere l epatite acuta dalle riattivazioni spontanee di un epatite cronica (simil-epatite acuta), si pensava che almeno il 10% dei soggetti che avevano sofferto di epatite B rimanessero positivi per sei mesi o più dopo l inizio della fase acuta della malattia. Metà di essi, si pensava, si sarebbero negativizzati durante gli anni successivi, mentre il rimanente 5% sarebbe rimasto positivo per l HBsAg. Più recenti osservazioni suggeriscono che la vera incidenza dell infezione cronica (cioè di un infezione che superi i sei mesi dall inizio della fase acuta) è all incirca dell 1%, quando la malattia colpisce adulti normali, giovani, immunocompetenti. Questi pazienti possono essere: completamente asintomatici (stato di portatore asintomatico); portatori di un epatite cronica di grado lieve-medio; affetti da un epatite di grado medio-grave con o senza cirrosi. La facilità a rimanere portatori dell HBsAg dopo l infezione acuta da HBV è specialmente alta nei neonati, nei soggetti con sindrome di Down, nei pazienti cronicamente emodializzati e nei pazienti immunologicamente compromessi, compresi quelli con infezione da HIV. I portatori di HBsAg, specialmente quelli che lo sono dall infanzia, hanno un aumentato rischio di carcinoma epatocellulare. Nella grandissima maggioranza dei pazienti il virus dell epatite B, come tutti gli altri virus epatitici in senso stretto, non ha alcun effetto citopatico diretto sugli epatociti. Vi sono infinite prove che le manifestazioni cliniche e la prognosi dell epatite B sono legate alla risposta immunologica dell ospite. L ipotesi più probabile è che all origine delle lesioni epatiche vi siano i linfociti T citolitici, sensibilizzati specificatamente a riconoscere le cellule dell ospite, invase dall antigene virale dell HBV, presente anche sulla loro superficie. L obiettivo dell attività citolitica delle cellule T non sembra tanto essere l HBsAg, quanto i componenti del nucleocapside (HBcAg e HBeAg) dell HBV, presenti anch essi, sia pur in quantità molto basse, sulla superficie dell epatocita. Tuttavia l HBsAg riacquista tutta la sua importanza, come bersaglio delle cellule T citolitiche, quando si considerano l evoluzione verso la cronicità o l evoluzione verso le forme fulminanti. Accanto alle cellule T sono stati dimostrati altri meccanismi addizionali, che hanno come obiettivo quello di allontanare il virus, come alcune citochine (interferon g e tumor necrosis factor-a) e come l induzione dell apoptosi. La storia naturale della persistenza dell HBV sugge-

14 EPATITE B risce che ci sia un continuo attacco immune alle cellule infettate dal virus, attacco che è usualmente inadeguato a eradicare l infezione, ma che insieme riduce il numero delle cellule infettate e abbassa il carico di virus circolante (Gamen D e Prince AM, 2004). Infine la dimostrazione che le mutanti genetiche dell HBV si associno di frequente alle più gravi complicazioni dell infezione da HBV (forme croniche gravi ed epatite fulminante) riapre la questione che, in alcune circostanze, la relativa patogeneticità del virus sia più importante della componente immunologica dell ospite. Gli studi sulle proteine del nucleocapside hanno dimostrato l esistenza della tolleranza immunologica all HBV in figli di madri HBeAg positive a elevato titolo, con infezione cronica da HBV. Si spiega così perché, quando l infezione avviene negli stadi precoci dello sviluppo fetale, si manifesta di rado l allontanamento dell HBV, che si protrae nella maggior parte dei casi per tutta la vita. Nel quadro complesso del danno extraepatico in corso di epatite B, giocano un ruolo essenziale i complessi immuni. Per esempio sindromi malattia da siero-simili, presenti nelle fasi prodromiche dell infezione da HBV, sembrano legate alla deposizione sulla parete dei vasi sanguigni di complessi immuni circolanti, che portano all attivazione del complemento. Le conseguenze cliniche sono: l orticaria, l angioedema, la febbre e l artrite. In queste forme l HBsAg ad alto titolo, in associazione a piccole quantità di anti-hbs porta alla formazione di complessi immuni solubili circolanti (in presenza di eccesso di antigene). Oltre ai componenti del complemento questi complessi contengono infatti HBsAg, anti-hbs, IgG, IgM, IgA e fibrina: superata la fase acuta questi complessi immuni scompaiono. Meccanismo simile è stato dimostrato anche nella glomerulonefrite con sindrome nefrosica, nella quale HBsAg, Ig e C3 sono depositati sulla membrana basale glomerulare. Nell 1-2% dei soggetti adulti con infezione da HBV, insorge con lo stesso meccanismo la poliarterite nodosa. Nei bambini la malattia di Gianotti-Crosti è dovuta a un fenomeno simile. VIE DI TRASMISSIONE La conoscenza delle vie di trasmissione dell HBV è essenziale per l identificazione di norme preventive e per stabilire le categorie a rischio. I soggetti sono considerati infetti, quando sono HBsAg positivi, o perché si trovano nella fase acuta della malattia o perché sono ormai dei portatori cronici. Essi sono, come abbiamo visto, capaci di trasmettere il virus attraverso contatti intimi con il sangue o con altre secrezioni HBsAg positive (liquido seminale e vaginale, saliva, liquido cerebrospinale, ascite, latte materno, liquido sinoviale, succo gastrico, liquido pleurico). Fra tutti i liquidi il sangue è quello più spesso infettante, ma un discreto grado d infettività è anche presente nel liquido seminale e nelle secrezioni vaginali, nonché nella saliva. Fortunatamente la saliva contiene così piccole quantità di virus, da non rappresentare un efficace veicolo di trasmissione. La presenza dell antigene e accanto all HBsAg testimonia l attiva moltiplicazione del virus e aumenta il rischio d infettività. Non è mai stata dimostrata trasmissione con le lacrime, il sudore, le urine o le feci. La trasmissione oro-fecale non è infatti ammessa, se non come falsa trasmissione, attraverso microlesioni a livello della cavità orale. La trasmissione fra omosessuali maschi può avvenire attraverso lesioni asintomatiche della mucosa rettale. Come risulta dalla tabella 15.3 i contatti sessuali, sia etero- che omosessuali, con molti partner rappresentano la più comune via di diffusione del virus. La diretta inoculazione percutanea o mucosa dell HBV attraverso l ago (aghi per prelievi, aghi per tatuaggi, aghi per iniezioni, aghi per la perforazione del lobulo dell orecchio), le siringhe, i coltelli e altro è un altra importante modalità di trasmissione, perché l HBV allo stato secco è dotato di un elevata capacità di sopravvivenza, superiore anche a un mese. Fra le persone suscettibili, esposte alla puntura con un ago contaminato HBsAg positivo, circa il 5% sono a rischio di acquisire l infezione; se la contaminazione è con sangue HBeAg positivo il rischio sale al 20%. La tossicodipendenza da sostanze per via venosa espone, come abbiamo visto, a un rischio elevato, per lo scambio delle siringhe che avviene fra coloro che utilizzano le droghe per via endovenosa (Gomez- Campdera J et al., 1998): in Italia viene calcolato che il 20% dei casi di epatite B è costituito da tossicodipendenti attivi (Crovari P e Mele A, 2001). A questo proposito bisogna ricordare che l HBV rimane infettivo a temperatura ambiente per periodi prolungati di tempo e si ritrova sui pavimenti, sulle superfici dei mobili e su altre superfici, in famiglie nelle quali vi sia un soggetto cronicamente infetto. Inoltre la trasmissione può avvenire attraverso oggetti, come asciugamani, spazzolini da denti e altro (Martison FEA et al., 1998). Ugualmente la trasmissione può avvenire attraverso la cute, per l esecuzione di tatuaggi, di piercing, per agopuntura, come anche per prelievi di sangue mediante pungidito e attraverso strumenti di uso medicoassistenziale. Lesioni della cute, come graffi, abrasioni, ustioni o altre lesioni possono rappresentare vie di introduzione dell HBV. La contaminazione delle membrane mucose con siero o plasma infetto può avvenire anche per contatto delle membrane della bocca o dell occhio con le mani di un soggetto infettante con microlesioni (dentista). Il trasferimento di materiale infettante sulle lesioni della cute o delle mucose può avvenire anche attraverso superfici di vari equipaggiamenti sanitari. La contamina-

15 15 - EPATITE B 355 zione delle superifici mucose con secrezioni infettanti, a parte il sangue e il plasma, può avvenire anche per contatto con lo sperma. È ormai accertato che l HBV non si può trasmettere per via oro-fecale e quindi non può trasmettersi attraverso l acqua o i cibi. La diffusione apparente per via orale (detta giustamente pseudo-orale) avviene per inoculazione attraverso microtraumi della mucosa orale e non per moltiplicazione dell HBV nel lume intestinale e successivo superamento della barriera mucosale. La trasmissione iatrogena ha subito una netta diminuzione da quando non viene fatto più uso delle siringhe di vetro e di altra strumentazione sanitaria di tipo invasivo, tutto sostituito da strumenti a perdere: sono stati descritti casi verificatisi con i pungidito riusabili (CDC, 1997; De Schrijver K, 2004). Anche l introduzione dello screening del sangue per l HBsAg e anti-hbc prima della trasfusione ha quasi completamente annullato le forme post-trasfusione, anche se qualche caso eccezionale può ancora presentarsi (Rasenack JWF et al., 1995). Il rischio chirurgico, indipendente dalle trasfusioni, viene calcolato intorno al 2%: la fonte d infezione durante l intervento chirurgico viene attribuita a un operatore sanitario, portatore cronico dell HBV o a un altro paziente operato nella stessa sala (Ngui SL et al., 2000). Il contributo dei dentisti è stato più volte dimostrato. Gli interventi estetici rientrano in questo tipo di trasmissione: dalle manicure alle pedicure, ai fori nel lobulo dell orecchio. Analogamente va tenuto conto degli strumenti taglienti come fonte di potenziale contagio, come il radersi dal barbiere o il sottoporsi ai tatuaggi. In tutti questi casi è indispensabile il ricorso a strumenti a perdere. La trasmissione perinatale dalla madre al proprio figlio al momento della nascita è molto frequente. Come vedremo, se la madre è positiva per HBsAg e HBeAg, dal 70 al 90% dei nati sarà infettato, in assenza di profilassi attiva e passiva. Il rischio si abbassa al 20% se la madre è solo HBsAg positiva. Come abbiamo visto circa il 90% dei neonati infettati diventerà portatore cronico. Le tre vie attraverso le quali l HBV si trasmette da un soggetto all altro sono quindi essenzialmente: il contatto con il sangue (ricordo i vecchi concetti di ittero da siringa e di epatite da siero), chiamato oggi trasmissione percutanea apparente (ferite, punture, trasfusioni, trasmissione iatrogena, tossicodipendenza per via venosa) o inapparente (microlesioni di cute e mucose); l attività sessuale, nelle sue diverse varianti (trasmissione per via sessuale); la trasmissione verticale dalla madre al figlio, attraverso la placenta o comunque nel periodo perinatale. Il punto essenziale nella trasmissione dell infezione è rappresentato dai portatori cronici di HBV, cioè da Tabella 15.7 Modi di trasmissione del virus dell epatite B Trasmissione percutanea Sangue e derivati del sangue, usati per via venosa Aghi e siringhe contaminati Pratiche mediche invasive Emodialisi Trasmissione permucosa Perinatale Contatto sessuale Contatto fisico intimo quelle persone che sono positive per HBsAg per periodi di sei mesi o superiori, e dai soggetti affetti da epatite acuta da HBV (tab. 15.7). Nonostante la riconosciuta importanza della trasmissione attraverso le trasfusioni, è stato finalmente riconosciuto che la maggior parte delle epatiti post-trasfusionali non è legata all HBV. Quelle pochissime (1 caso su centinaia di migliaia di trasfusioni) che dipendono dall HBV sono dovute a particolari condizioni: incapacità della prova d individuare bassi livelli di antigene circolante; presenza dell antigene negli immunocomplessi; utilizzo di un test monoclonale che non sia in grado di evidenziare la presenza di varianti virali; situazione in fase finestra dell infezione (pag. 351). Una categoria che in epoca prevaccinale era a elevato rischio d infezione è quella degli operatori sanitari. Nonostante una raccomandazione del Ministero della Sanità della prima metà degli anni 80, è presente ancora un incompleta copertura vaccinale: il rischio per il personale sanitario di avere un epatite B è circa il doppio di quello della popolazione in generale. D altra parte non si può dimenticare che circa il 50% dei pazienti con epatite acuta da HBV, non ha una storia evidente di trasmissione percutanea. Anche il contagio per via aerea non è ammesso. Il ruolo giocato dalla puntura di insetti rimane incerto, anche se oggi viene in generale negato. CONTAGIO PERINATALE Oggi nel nostro Paese nascono ogni anno circa neonati a rischio di contrarre l HBV dalla madre infetta. Non più del 5-10% delle infezioni perinatali da HBV derivano da un infezione trasmessa in utero, per passaggio di sangue materno contaminato, durante le contrazioni uterine e la rottura delle barriere placentari. La grande maggioranza delle infezioni perinatali è invece una conseguenza dell esposizione del neonato, per via non ematica diretta, all HBV, durante le doglie del parto, al momento del distacco placentare, o durante l immediato periodo post partum. L allattamento al seno sembra comportare un aumentato rischio di trasmissione. Sull efficacia del taglio cesareo

16 EPATITE B per la prevenzione dell infezione non esiste consenso. Il contagio perinatale avviene nei figli di madri HBsAg positive, in particolare quando queste siano portatrici anche dell antigene e, indicatore principale d infettività. In quest ultimo caso l 80-90% dei figli, che non hanno ricevuto un appropriata immunoprofilassi, acquisisce l infezione in periodo perinatale e ha un elevata probabilità di passare a forme croniche. Per i figli di madri considerate a basso rischio, cioè con anticorpi anti-hbe, la frequenza del contagio arriva al 21%. L acquisizione nella madre di un infezione da HBV nell ultimo trimestre di gravidanza o proprio nell ultima parte della gravidanza rappresenta un forte fattore di rischio. Lo screening per l HBsAg durante la gravidanza rappresenta un elemento essenziale nella prevenzione dell infezione prenatale (Zamir C et al., 1999). Prima dell introduzione delle prove per l identificazione dell infezione da HBV presso i Centri sangue, anche le trasfusioni nel periodo neonatale (exanguinotrasfusione per esempio) presentavano un elevato rischio d infezione. CONTAGIO IN ETÀ PEDIATRICA In Italia, nei bambini, l infezione da HBV è più comune: nelle regioni dove l endemia è più alta (zona di Napoli, Bari, Palermo); nei soggetti con sindrome di Down e in altri bambini istituzionalizzati, per ragioni diverse; nei bambini con emofilia o con altre affezioni che richiedano l impiego frequente di sangue o di derivati del sangue (politrasfusi); nei soggetti in emodialisi; nei bambini che coabitino con adulti portatori di HBV (tossicodipendenti per esempio); nei bambini che accidentalmente si siano punti con oggetti (aghi per esempio) sporchi di sangue e quindi infetti; nei bambini che coabitino con bambini HBV positivi (è ormai ammessa la trasmissione occasionale da bambino a bambino all interno della stessa famiglia; Franks AL et al., 1989). Apparentemente la trasmissione avviene attraverso l esposizione di zone di cute abrasa o lesa secernenti e di membrane mucose alterate. All asilo nido o alla scuola materna il rischio di trasmissione sembra del tutto trascurabile per un bambino peraltro normale. Tuttavia esistono segnalazioni che vi sarebbe un aumentato rischio per contatti, al nido o alla scuola materna, con bambini portatori di HBV, mentalmente ritardati e deistituzionalizzati. Anche se meno del 10% di casi di nuova infezione si verifica nel bambino, viene stimato che circa un terzo dei soggetti adulti con infezione cronica sia stato infettato in epoca neonatale o del lattante, dato che l infezione cronicizza maggiormente nelle prime età della vita. CONTAGIO NELL ADOLESCENTE E NEL GIOVANE ADULTO Nel nostro Paese i soggetti adolescenti e giovani adulti hanno dimostrato, secondo studi di prevalenza, una crescente incidenza d infezione da HBV con l aumentare dell età. L incremento del numero di soggetti colpiti è particolarmente pronunziato fra i 12 e i 18 anni (o meglio fra i 15 e i 24 anni), dopo i quali l aumento si fa più lieve e costante. Viene calcolato (Pasquini P., 1990; Mele A, 2004) che nel gruppo di età fra 15 e 24 anni l incidenza della malattia sia circa 10 volte superiore a quella presente fra 0 e 14 anni. Esiste sempre di più la certezza che l infezione da HBV rappresenti una malattia sessualmente trasmessa. È risultato evidente che la possibilità di trasmissione del virus aumenta quando sono presenti malattie sessuali ulcerative come la sifilide e l herpes genitale. A maggior rischio di contrarre l infezione da HBV sono: i soggetti che fanno uso di droghe per via endovenosa: l 81% sono risultati anti-hbc positivi (Quaglio G et al., 2001); i soggetti con intensa attività eterosessuale con molteplici partner; i soggetti di sesso maschile, dediti ad attività sessuale con soggetti dello stesso sesso; i lavoratori esposti al sangue e ai derivati del sangue; il personale di asili nido o scuole materne per bambini mentalmente compromessi; i pazienti in emodialisi cronica; il personale sanitario in genere. Rimane un 30-40% di casi nei quali è impossibile rilevare un fattore di rischio conosciuto. Come abbiamo visto, la frequenza dell infezione da HBV e le modalità di trasmissione variano fortemente nelle diverse parti del mondo: a) in Europa occidentale, negli Stati Uniti e in Australia la malattia ha una bassa endemicità, con infezioni che compaiono soprattutto nell adolescente e nel giovane adulto e con solo lo 0,2-0,9% di popolazione cronicamente infetta (fanno eccezione i paesi che si affacciano sul Mediterraneo): in questi paesi la trasmissione avviene essenzialmente per via sessuale; b) la Cina, l Asia sud-orientale, la maggior parte dell Africa, la maggior parte delle isole del Pacifico, parte del Medio Oriente e il bacino dell Amazzonia presentano invece infezioni fortemente endemiche. In queste aree la maggior parte delle persone acqui-

17 15 - EPATITE B 357 sisce l infezione alla nascita o durante l infanzia e fra l 8 e il 15% della popolazione è cronicamente infettata con l HBV; c) in altre parti del mondo, l infezione da HBV è moderatamente endemica e dal 2 al 7% della popolazione è portatore di HBV. La situazione dell Italia, proprio per la sua stessa natura geografica, una metà ben inserita nell Europa centrale e una metà protesa nel mar Mediterraneo per migliaia di chilometri verso sud, è intermedia fra a) e c). Fra i detenuti la prevalenza dell infezione da HBV, in corso o pregressa, è molto elevata (13-47%). La prevalenza d infezione cronica è tra l 1 e il 3,7%, ovvero da due a sei volte superiore a quella della popolazione adulta (0,5%) (CDC, 2004a). DIAGNOSI Il periodo d incubazione dell epatite B acuta è di giorni, con una media di 90 giorni e una mediana di 120 giorni. Abbiamo già sottolineato come sia impossibile giungere a una diagnosi di certezza solo sulla base del quadro clinico: la diagnosi definitiva dipende dai risultati delle prove sierologiche. L elevazione dell attività delle aminotransferasi (ALT e AST) è già presente nella fase prodromica tardiva e raggiunge livelli di volte maggiori dei limiti superiori del normale, durante la fase itterica. Circa una settimana dopo l innalzamento delle aminotransferasi può manifestarsi un aumento dei livelli di bilirubina, sia a reazione diretta che indiretta. Un aumento dei livelli di attività delle aminotransferasi si verifica anche nelle forme clinicamente asintomatiche. Oggi sono facilmente disponibili, nella maggioranza dei laboratori, prove sierologiche per la ricerca degli antigeni dell HBV (HBsAg, HBeAg) e per i relativi anticorpi (anticorpo verso l HBsAg, verso l HBcAg, sia della classe IgM sia IgG, e verso l HBeAg) (pag. 352). Genericamente l insieme di queste prove viene indicato come ricerca degli indicatori dell HBV. La ricerca degli indicatori dell HBV non è tanto importante nella fase acuta della malattia, nella quale è quasi sempre sufficiente la ricerca del solo HBsAg, quanto nello studio dei pazienti con infezioni protratte o croniche. Alcune di queste prove sono entrate nell uso routinario dei Centri sangue (HBsAg, anti-hbc). Nella diagnosi d infezione acuta, la ricerca dell HBsAg è la più usata, perché permette di giungere alla diagnosi nel 90-95% dei casi: nei soggetti, a forte sospetto clinico, nei quali la prova sia negativa essa va ripetuta, per superare un eventuale fase finestra. La prova può essere positiva da una-due settimane a settimane dopo l esposizione all HBV, quando siano state usate prove molto sensibili. La presenza di HBsAg indica che il soggetto è infettante, indipendetemente dal fatto che la sua infezione sia acuta o cronica. Ma anche nelle infezioni croniche la ricerca dell HBsAg assume, insieme agli altri indicatori, una grande importanza. Se la ricerca dell HBsAg viene fatta entro 24 ore dalla vaccinazione contro l HBV è possibile avere risultati falsamente positivi; l antigenemia provocata dalla vaccinazione scompare dopo tre giorni (Otaģ F, 2003). La presenza dell anticorpo neutralizzante anti-hbs è da considerare protettiva. Infatti in generale la presenza di anti-hbs dopo un infezione acuta da HBV indica la guarigione e l acquisizione dell immunità permanente. L anti-hbs può essere acquisito anche dopo la vaccinazione, come risposta immune a essa. Usando la metodica radioimmunologica (RIA) un minimo di 10 unità viene usato per indicare l immunità. Viene utilizzata anche la prova immunoenzimatica (EIA). Il livello di anti-hbs può essere espresso in milliunità internazionali/ml (mui/ml): 10 mui/ml viene considerato come livello protettivo dell immunità. Come abbiamo già visto in precedenza, il rilievo di anticorpi, della classe IgM, diretti verso l antigene del core (anti-hbc IgM) è molto importante per porre la diagnosi d infezione da HBV in fase acuta o recente. Gli anticorpi anti-hbc IgM si trovano ancora dopo quattro-sei mesi dall inizio della malattia. Una prova negativa per anti-hbc IgM con una prova positiva per anti-hbc e per HBsAg nello stesso campione, fa pensare a un infezione cronica da HBV. La sua presenza è molto importante per quei casi che, in fase acuta, si trovino negativi per l HBsAg, cioè in fase finestra, quindi in quella fase nella quale l HBsAg è già scomparso dal siero, mentre il relativo anticorpo non è ancora comparso (a volte è necessario attendere anche sei mesi): fino a qualche anno fa questi casi sfuggivano a una diagnosi precisa. Per questo nei Centri sangue non ci si limiti più alla ricerca dell HBsAg, ma si indaghi anche sulla presenza dell anti-hbc. Il rilievo di anticorpi anti-hbc della classe IgG è presente nella maggior parte delle persone che hanno superato un infezione da HBV e ha solo il significato di un pregresso contatto con l HBV. Non esiste nessuna prova per la ricerca nel siero HBcAg, mentre, come abbiamo visto, esistono prove per la ricerca del suo anticorpo. Nella tabella 15.8 sono riportati gli assetti degli antigeni e degli anticorpi contro l HBV di più frequente riscontro. Sono oggi disponibili anche le prove per la ricerca del DNA dell HBV nel fegato e nel siero: questa prova è, come la ricerca dell HBeAg, un indicatore di replicazione e quindi d infettività. La ricerca del DNA dell HBV è più sensibile e permette di ottenere dati quantitativi (Lai CL et al., 2003).

18 EPATITE B Tabella 15.8 Rilievi sierologici dell infezione da HBV, di più frequente riscontro HBsAg anti-hbs anti-hbc HBeAg anti-hbe Interpretazione + IgM + Infezione acuta da HBV, alta infettività + IgG + Infezione cronica da HBV, alta infettività IgM neg. + IgG + Infezione tardiva acuta o cronica da HBV, bassa infettività / +/ 1. HBsAg di un sottotipo e anti-hbs eterotipo (evenienza comune) 2. Processo di sieroconversione da HBsAg ad anti-hbs (raro) IgM +/ +/ 1. Infezione acuta da HBV 2. Fase finestra per l anti-hbs IgG +/ 1. Bassi livelli di portatore di HBsAg 2. Infezione remota + IgG +/ Guarigione dell infezione da HBV + 1. Vaccinazione con HBsAg: immunizzazione 2. Infezione remota (?) 3. Falso positivo + 1. Sta guarendo da un infezione acuta da HBV 2. Può essere immune, ma la prova per l anti-hbs non è abbastanza sensibile 3. Può essere suscettibile ed essere falsamente positivo per l anti-hbc 4. Può essere cronicamente infetto e avere un livello di HBsAg non dimostrabile nel siero Come abbiamo visto nell epatite B occulta può essere presente DNA HBV a basso livello, in presenza dell anticorpo anti-hbs. Situazioni del genere vanno attentamente seguite per evitare donazioni di sangue. Un aumento a carico della frazione immunoglobulinica del siero è un reperto frequente anche durante l epatite acuta da HBV. La frequenza e il significato della positività isolata dell anticorpo anti-hbc è stata oggetto di particolare attenzione (Al-Mekhaizeem KA et al., 2001). TRATTAMENTO Non esiste attualmente alcuna cura per combattere efficacemente un infezione acuta da HBV. Per le forme croniche sono state provate molte sostanze, fra le quali l interferon a1, 2a e 2b: in una metanalisi su 15 prove cliniche è risultato che la risposta complessiva fu del 33% di risultati positivi, contro il 12% dei soggetti controllo (Wong DKH et al., 1993). Il controllo a distanza dei pazienti trattati dimostra che la remissione indotta dall interferone è di lunga durata (Korenman J et al., 1991). Questo tipo di trattamento è raccomandato per pazienti con epatite B cronica, con persistente elevazione delle aminotransferasi, livelli dimostrabili di HBsAg, HBeAg, DNA dell HBV nel siero e malattia del fegato compensata (Hoofnagle JH e Di Bisceglie AM, 1997). La dose raccomandata è di 5 milioni di unità al giorno o di 10 milioni di unità tre volte alla settimana, per via sottocutanea per quattro mesi. La risposta dei bambini in età inferiore ai 5 anni sembra migliore che nelle età successive (Kobak GE et al., 2004). Analoghi dei nucleosidi, come l adenina-arabinoside (ARA-A) (abbandonata per la tossicità), il famciclovir e la lamivudina, sono risultati ben tollerati, dopo l impiego per bocca (Dikici B et al., 2001). Ambedue i farmaci abbassano rapidamente i livelli di DNA HBV, tuttavia brevi corsi di terapia sono seguiti da un rapido ritorno al normale del DNA virale, a livelli pretrattamento, senza alcun miglioramento delle lesioni epatiche. Può capitare che durante il trattamento con lamivudina insorgano varianti virali YMDD con ridotta sensibilità al farmaco (Dienstag JL et al., 1995; Gauthier J et al., 1999). Di recente sono stati condotti studi con l uso dell adefovir dipivoxil, un profarmaco dell adefovir in varia combinazione (Asmuth DM et al., 2004). L uso del pegininterferon a 2a in pazienti con epatite cronica HBsAg negativa ha dato buoni risultati: l aggiunta di lamivudina non ha migliorato l evoluzione (Marcellini P et al., 2004). Tentativi di cura delle forme croniche con ripetute somministrazioni di HBsAg, in combinazione o meno con l interferon, hanno dato scarsi risultati (Wen YM et al., 1995; Akbar SMF et al., 1997; Helvaci M et al., 2004). Poiché la cirrosi e il carcinoma epatocellulare si possono sviluppare fra i soggetti con infezione cronica (anche semplicemente HBsAg positivi) con una frequenza superiore di 100 volte a quella della popolazione in generale, i bambini in questa situazione vanno controllati periodicamente, per sorprendere lo sviluppo di complicanze epatiche: sono da valutare gli indici di funzionalità epatica, i livelli di a-fetoproteina e le eco-

19 15 - EPATITE B 359 grafie epatiche. Non ci sono tuttavia fino a oggi indicazioni definitive sulla frequenza con la quale eseguire questi esami, né sull opportunità di eseguire prove specifiche. I pazienti con elevazione dell attività delle aminotransferasi (oltre il doppio del limite superiore dei valori normali) e quelli con elevazione dei livelli di a-fetoproteina vanno seguiti più attentamente. MISURE GENERALI E DI PROFILASSI PRE E POSTESPOSIZIONE Le usuali norme igieniche, necessarie in presenza di sangue o di liquidi corporei, devono essere scrupolosamente seguite quando si viene in contatto con soggetti che hanno un infezione da HBV, per tutto il tempo che rimangano HBsAg positivi. Analoghe precauzioni per i pazienti con ittero, prima che ne sia completamente conosciuta la causa. I soggetti positivi non devono donare sangue o usare spazzolini da denti o rasoi in comune con altri membri della famiglia. Il sangue di neonati di madri HBsAg positive deve essere maneggiato con attenzione, perché, come abbiamo visto, questi bambini potrebbero essere stati infettati in utero e quindi avere già alla nascita il sangue HBsAg positivo. La rimozione del sangue materno dalla superficie del neonato deve essere eseguita indossando i guanti. Per i pazienti HBsAg positivi, ricoverati in ospedale, sono raccomandate tutte quelle precauzioni che si usano per impedire la diffusione dell HBV. Le misure usuali di controllo per la prevenzione dell infezione da HBV comprendono vari passi di seguito esaminati. SCREENING NELLA MADRE PER L HBsAg L identificazione in gravidanza delle donne HBsAg positive rappresenta un punto essenziale per la prevenzione della trasmissione perinatale (Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del ). Lo screening è previsto anche all art. 5 della legge 27 maggio 1991 n. 165 e nella Circolare n. 19 del 30 novembre Oggi, in effetti, nella maggior parte delle donne in gravidanza e in quasi tutti i reparti di maternità del nostro Paese, viene eseguita la ricerca degli indicatori dell epatite B, per essere in grado di prevenire, immediatamente dopo la nascita, l infezione del neonato. La ricerca dell infezione nella donna deve essere eseguita all inizio della gravidanza e per una seconda volta il più possibile vicino al momento del parto. Va ricordato, tuttavia, che in una ricerca riportata dall ISTAT (2003) la prova per la presenza dell HBsAg è condotta solo nel 65,5% delle donne in gravidanza: la frequenza per l effettuazione della prova è minore nelle donne più giovani e in quelle con più basso titolo di studio. In uno studio del genere eseguito negli Stati Uniti la percentuale di esecuzione della prova per l HBsAg nel 1993 fu del 78,2%, un valore ancora troppo basso (Euler GL et al., 2003). Alle donne che si presentino al parto senza sapere il loro stato nei confronti dell HBV, deve essere prelevato il sangue per controllarne immediatamente la situazione. In attesa della risposta dell esame, il nato a termine deve essere sottoposto alla vaccinazione contro l epatite B entro 12 ore dalla nascita, come viene indicato per i figli di madri HBsAg positive. Non vi è indicazione all uso contemporaneo di immunoglobuline iperimmuni contro l HBV (HBIG), finché non sia noto lo stato della madre per l HBV: questo comportamento è dettato dal fatto che il vaccino è molto efficace per la prevenzione dell infezione perinatale dell HBV e in considerazione dell alto costo delle Ig anti-hbv. Se la risposta dell esame risulta positiva, al bambino debbono essere somministrate le HBIG (0,5 ml) non appena possibile e comunque entro sette giorni dalla nascita: in seguito il bambino deve seguire il calendario (altre tre dosi), preparato per i figli di madri HBsAg positive (DM 7 aprile 1999). Se la madre è HBsAg negativa il bambino deve completare la vaccinazione contro l epatite B alle dosi e agli intervalli previsti per i figli di madri HBsAg negative. Se si tratta di un bambino nato pretermine da madre non controllata per l HBsAg, lo stato immunitario della madre deve essere accertato al più presto. Il trattamento del neonato varia a seconda del peso: per i pretermine di peso inferiore ai 2 kg, se lo stato della madre non può essere conosciuto entro 12 ore dal parto, devono essere somministrate le HBIG (0,5 ml), data la minore immunogenicità del vaccino in questi neonati; successivamente va somministrato il vaccino, cui deve seguire l impiego di altre tre dosi; i pretermine nati con peso superiore ai 2 kg rientrano nella categoria dei nati a termine, di cui abbiamo parlato in precedenza. Per i figli di madre HBsAg positiva è bene iniziare la vaccinazione con un vaccino monocomponente per le prime due dosi (alla nascita e dopo un mese), mentre alla terza dose (al terzo mese) può essere usato il vaccino combinato esavalente. Al quinto mese è opportuno usare la seconda dose di vaccino esavalente, anche se in tal modo il numero delle somministrazioni delle dosi di HBsAg passa a cinque, invece di quattro; la difficoltà di trovare altri vaccini non contenenti l HBsAg giustifica questo comportamento. Dopo il compimento dell anno la terza dose di vaccino esavalente chiude la somministrazione del vaccino contro l HBV. In gran parte dei paesi occidentali viene seguita questa stessa politica (Boxall E, 1998; Zamir VC et al., 1999).

20 EPATITE B PREVENZIONE DELLA TRASMISSIONE AL PERSONALE DI ASSISTENZA E AI PARENTI Tutto il personale dei laboratori di diagnostica clinica, delle unità di dialisi e di terapia intensiva, dei reparti nei quali, durante l assistenza, sia facile venire a contatto con il sangue e, infine, delle istituzioni per soggetti mentalmente handicappati deve prendere tutte le precauzioni utili, nei confronti del sangue e dei liquidi biologici infetti. Il rischio occupazionale è spesso maggiore durante l addestramento, per cui, se possibile, la vaccinazione va completata prima del contatto con il sangue. L educazione di tutto il personale di assistenza è un punto essenziale per diminuire i rischi di un esposizione accidentale (Circolare del Ministero della Sanità 1989 e DM n. 235 dell 8 ottobre 1990). Il rischio d infezione (R) per il singolo operatore si ottiene applicando la seguente formula (Bonanni P, 2001): R = P x E x T P = prevalenza dei soggetti infetti nella popolazione studiata (può essere ridotta nel lungo termine dalle misure generali e specifiche di profilassi); E = frequenza dell esposizione (può essere ridotta dall adozione di specifiche procedure e da modificazione dell equipaggiamento medico); T = probabilità di trasmissione dopo una singola esposizione (può essere ridotta cambiando la suscettibilità alle infezioni individuali). Il rischio occupazionale va calcolato per chi lavora continuativamente in contatto fisico con pazienti e/o con il loro sangue o secrezioni o escrezioni dell organismo allo scopo di assistere o di ricercare e/o per intervento terapeutico. Il rischio può essere collegato con: prelievo di sangue; iniezioni a pazienti; cura di ferite; lavoro nell emergenza; misure diagnostiche invasive; procedure terapeutiche; esecuzione di trattamento odontoiatrico; assistenza ai bambini; lavoro in laboratorio medico e altro. È necessario utilizzare apparecchiature usa e getta in tutte le circostanze nelle quali sia possibile una contaminazione con sangue; nei casi in cui questo non sia possibile, è necessario ricorrere sempre a un accurata pulizia con mezzi fisici o, se possibile, con la sterilizzazione in autoclave. Queste pratiche vanno attuate anche negli studi medici e odontoiatrici privati. Una corretta sterilizzazione degli strumenti utilizzati per manovre invasive va anche assicurata nelle attività di manicure, di pedicure e di esecuzione di tatuaggi. È sempre necessario assicurare il rispetto delle norme igieniche individuali, per evitare l uso promiscuo di oggetti che possano veicolare il virus, come spazzolini da denti, oggetti da toilette e altro. Sempre consigliabile l uso del profilattico nei contatti sessuali con persone poco o per niente conosciute. Va consigliato a tutto il personale di assistenza di sottoporsi alla vaccinazione contro l HBV. ASILI NIDO, SCUOLE E SCUOLE PER DISABILI È questo un punto sul quale si sono svolte accanite discussioni (successivamente riprese per le infezioni da HIV) fra genitori da un lato e pediatri di comunità, pediatri di famiglia e igienisti dall altro. Quali sono le conclusioni? Se non esistono fattori di rischio, il bambino portatore di HBsAg può essere ammesso in comunità, anche se HBeAg positivo. Rappresentano fattori di rischio: comportamento usualmente aggressivo, soprattutto una forte tendenza a mordere a sangue i coetanei; presenza di dermatiti generalizzate secernenti; presenza di ustioni; facilità al sanguinamento. In assenza di questi fattori di rischio, le possibilità di trasmissione sono vicine allo zero. È inutile d altra parte procedere a uno screening routinario per l HBsAg per tutti i bambini frequentanti la comunità, specialmente oggi, quando quasi tutti i bambini sono vaccinati. Ricordiamoci sempre che, per quanto riguarda la resistenza alla disinfezione e alla sterilizzazione, l HBV in confronto all HIV è come un carro armato in confronto a un insetto. In questo caso, come in generale, è sempre opportuno attuare una profonda opera di preparazione culturale nel personale della scuola, rivolta soprattutto a diffondere le norme da seguire quando si verifichi una perdita di sangue, da un qualunque bambino, ricordando che le infezioni da HBV, come quelle da HIV, non sono che alcune delle infezioni che si possono trasmettere con il sangue (Circolare del Ministero della Sanità n. 14 del 31 marzo 1992). Il personale che si occupa di bambini portatori di HBsAg nelle strutture a tempo parziale ha un rischio d infezione paragonabile a quello degli operatori sanitari e deve quindi essere vaccinato. Altro aspetto del problema è quello di decidere se ci deve essere qualcuno nella comunità a conoscenza della situazione del piccolo. L orientamento odierno prevede che il personale dirigente della scuola debba essere avvertito, ricordando la necessità del mantenimento del segreto professionale. Oggi, salvo casi eccezionali (Davis HL et al., 1996; Williams IT et al., 1997), non vi sono esempi di diffusione dell infezione, né da

21 15 - EPATITE B 361 HBV né da HIV in comunità, quando il personale sia stato sufficientemente informato sui provvedimenti da prendere in caso di fuoriuscita di sangue. I bambini ospitati in scuole per disabili devono essere vaccinati, come il personale che lavora a stretto contatto con loro. LATTANTI E BAMBINI ADOTTATI, PROVENIENTI DA AREE AD ALTA ENDEMIA In questi bambini è necessario ricercare l HBsAg. Se il lattante o il bambino risultano positivi per l HBsAg, è necessario procedere alla determinazione di tutti gli indicatori e alla vaccinazione di tutti i componenti della famiglia. USO DELLE IMMUNOGLOBULINE SPECIFICHE PER L EPATITE B La scoperta che gli anticorpi anti-hbs proteggono i soggetti dall acquisizione dell epatite B acuta, se somministrate il più presto possibile dopo l esposizione, ha portato alla preparazione di immunoglobuline specifiche, contenenti alti titoli di anti-hbs (HBIG). Queste immunoglobuline sono state usate per molti anni, prima che fosse disponibile il vaccino: oggi sono adoperate nel neonato figlio di madre HBsAg positiva in associazione alla vaccinazione contro l epatite B. L uso delle immunoglobuline standard in commercio non è consigliabile nella profilassi dell infezione da HBV, per il basso contenuto di anti-hbs in esse contenuto. Le immunoglobuline specifiche anti-hbv (HBIG) contengono invece un titolo di anti-hbs elevato e non inferiore a 180 UI/mL: esse sono ottenute da donatori selezionati, che risultano negativi per anticorpi contro l HIV e contro il virus dell epatite C (HCV). In Italia sono in commercio due tipi di Ig contro l HBV: per via intramuscolare: Immunohbs da 180 e 540 UI; per via endovenosa: Neohepatect da 100 da 500 e da 2000 UI; Venbig da 500 UI. Il loro uso, insieme al vaccino contro l epatite B, si è dimostrato di grande utilità per la prevenzione postesposizione: nei figli di madri HBsAg positive ed eventualmente anche HBeAg positive, in quantità di 0,5 ml (il solo uso delle HBIG, anche quando somministrate per tre volte, è efficace solo nel 75% dei casi); nell esposizione percutanea o permucosa a sangue HBsAg positivo o sospetto tale; dopo contatti sessuali con persone HBsAg positive; nel trapianto di fegato per evitare gravi infezioni ricorrenti da HBV. La malattia è soggetta a notifica (classe II). IL VACCINO SVILUPPO DEL VACCINO Quando ci si rese conto che l anti-hbs è l unico anticorpo neutralizzante protettivo responsabile dell immunità verso l infezione da HBV, lo sforzo dei ricercatori si concentrò sulla preparazione dell HBsAg dalle fonti che oltre dieci anni fa erano le uniche a disposizione, cioè il siero dei pazienti, contenente elevate quantità di HBsAg. Non era stato possibile infatti far crescere l HBV in terreni di coltura o in animali, esclusi i primati superiori. Si giunse così all immissione in commercio nel 1981 del primo vaccino sieroderivato contro l HBV (Mahoney FJ e Kane M, 1999). Una delle ragioni del successo di questo vaccino, come del successivo DNA ricombinante, attualmente in commercio, risiede nell esistenza di un epitopo neutralizzante nella proteina HBs, che corrisponde al determinante a, sul quale aderisce l anticorpo. Secondo alcuni ricercatori gli epitopi immunodominanti nell HBsAg non sarebbero rappresentati solo da un determinante, ma da almeno altri tre determinanti, che potrebbero rappresentare potenziali candidati per altri vaccini (Honorati MC et al., 1997). Vaccini di prima generazione: sieroderivati Il primo vaccino a disposizione si basava sull isolamento, l inattivazione, mediante formolo (in varia combinazione con urea, pepsina e calore), e sulla purificazione dell HBsAg (le particelle da 22 nm, presenti in circolo nei soggetti con epatite cronica da HBV), ricavato dal sangue di portatori cronici (vaccino sieroderivato): la preoccupazione di allontanare virioni interi HBV o altri virus si è dimostrata essenziale per impedire la diffusione dell HIV, in un momento nel quale non se ne conosceva nemmeno l esistenza. Fu su queste basi che, nel 1969, l Istituto Americano per la Ricerca sul Cancro presentò la richiesta di registrazione di un brevetto per il vaccino, che venne rilasciato nel 1971 (Blumberg BS, 1991); ma occorse ancora un decennio per l immissione in commercio. Questo vaccino sieroderivato non è oggi più prodotto negli Stati Uniti (è stato ritirato dal commercio nel 1992), né nei paesi dell Europa occidentale: il suo uso

22 EPATITE B dovrebbe essere limitato ai soggetti, nei quali si conosca l esistenza di un allergia al lievito di birra e forse, come vedremo, nei soggetti che non rispondono all HBsAg DNA ricombinante. Il vaccino sieroderivato è tuttavia ancora in commercio in altri paesi asiatici, come la Cina e la Corea. Nuovi vaccini sieroderivati sono in stato di preparazione in Indonesia, in Vietnam e in Iran. Fra questi merita di essere ricordato un vaccino di costo bassissimo, preparato in Corea e oggi usato anche in Sud Africa: con questo vaccino la sieroconversione fu del 93%. Il vaccino sieroderivato è stato largamente usato nei paesi occidentali, fra i quali l Italia: secondo l OMS oltre 30 milioni di dosi sono state utilizzate nel mondo, senza che sorgessero effetti collaterali di rilievo. Un limite fondamentale per i vaccini sieroderivati è quello delle limitazioni nella loro disponibilità, perché la loro preparazione è sempre collegata al numero di soggetti con epatite cronica, che presentano nel loro siero alte concentrazioni di HBsAg, per cui la loro disponibilità non è affatto illimitata. Si giunse così ai vaccini di seconda generazione. Vaccini di seconda generazione: DNA ricombinanti Dall inizio degli anni 80, le ricerche si sono sempre più approfondite e il vaccino plasma-derivato è stato gradualmente sostituito da vaccini sintetici, ottenuti con la metodica del DNA ricombinante (Schmidt WMJ et al., 1989). La possibilità di applicare le tecniche di ingegneria genetica era limitata dal fatto che l HBsAg per essere immunogeno deve conservare in modo completo la sua struttura naturale. Batteri modificati potrebbero produrre grandi quantità di antigene, che però non avrebbe la conformazione chimica e la struttura terziaria, necessarie per essere immunogeno; invece i lieviti e le cellule di mammifero sono in grado di sintetizzare le proteine specifiche, paragonabili, come conformazione e come immunogenicità, all antigene naturale. A partire dalla metà degli anni 80 si sono resi infatti disponibili vaccini costituiti da HBsAg, prodotto con la tecnica del DNA ricombinante dal lievito (Saccaromyces cerevisiae), nel quale era stato inserito il gene che codifica la sintesi dell HBsAg; il vaccino venne licenziato negli Stati Uniti nel luglio Sebbene siano molto più costosi di quelli plasmaderivati, i vaccini DNA ricombinanti possono essere prodotti in quantità illimitate, sono sicuri ed efficaci e si spera che col tempo possano essere offerti a prezzi inferiori a quelli dei vaccini plasma-derivati. L efficacia e l immunogenicità dei vaccini plasma-derivati è praticamente sovrapponibile a quelle dei vaccini DNA ricombinanti (Lai CL et al., 1993; Lee PI et al., 1995). Oggi questi vaccini hanno completamente sostituito quelli siero-derivati, almeno nel mondo occidentale. Tuttavia, come abbiamo visto, i vaccini plasma-derivati, che offrono un equivalente sicurezza ed efficacia, sono ancora scelti da molti paesi, proprio per il loro minor costo. L antigene, immediatamente dopo essere stato prodotto dal lievito, ha una forma lineare, ma quando purificato si riavvolge e assume una forma globulare, proprio come l HBsAg naturale. L epitopo a è presentato sulla superficie delle particelle dell antigene: questa posizione gli permette di evocare una buona risposta immunitaria, capace di dare protezione nei confronti di tutti gli HBV, indipendentemente dal sottotipo al quale essi appartengono. Come abbiamo ricordato a pag. 344, il subdeterminante a è comune a tutti i sottotipi di HBV. Tutti i vaccini preparati con la tecnica DNA ricombinante consistono di un gene S di 226 aminoacidi, che codifica per la proteina HBsAg. Essi vanno purificati per allontanare tutti i componenti del lievito, attraverso diverse tecniche fisiche di separazione, come la cromatografia e la filtrazione. L HBsAg del vaccino è, come abbiamo visto, perfettamente uguale a quello dell HBV presente in natura: differisce unicamente nella glicosilazione. Un infezione da HBV non può originare dall uso del vaccino ricombinante, poiché nessun DNA virale potenzialmente infettivo o nessuna particella virale completa vengono prodotti con il sistema ricombinante. Per la produzione del vaccino sono state usate anche cellule di ovaio dell hamster cinese, nelle quali è stato inserito il gene dell HBsAg con la stessa tecnica DNA ricombinante: da un confronto della proteina ottenuta con il lievito (S. cerevisiae) verso quella ricavata usando questa tecnica, è stato osservato che le particelle di vaccino sono molti simili, sia come grandezza, sia come forma, sia come contenuto di proteine e di lipidi (Diminsky D et al., 1997). Di recente in India è stato preparato un nuovo vaccino DNA ricombinante (chiamato Shanvac B), ottenuto con un altro lievito, che sarebbe efficace anche con la somministrazione di due sole dosi (Abraham P et al., 1999). Per la preparazione del vaccino HBsAg ricombinante è stato usato anche un altro lievito (Hansenula polymorpha), che viene utilizzato dal laboratorio Rhein Biotech GmbH di Düsseldorf (Germania) e dal laboratorio Pablo Bassara SRL di Buenos Aires (Argentina). Il vaccino (Hepavax-Gene) è stato impiegato in 105 neonati sani, figli di madri HBsAg e HBeAg positive con tre dosi (0, 1 e 6 mesi di età) in un confronto con il corrente vaccino Engerix B (Hieu NT et al., 2002): l immunogenicità e la reattogenicità furono uguali dopo i due vaccini; a distanza di due anni è stato compiuto un controllo dal quale un bambino nel gruppo che aveva ricevuto Hepavax-Gene e due bambini nel gruppo che aveva ricevuto Engerix B sono risultati HBsAg positivi. L impiego in 21 soggetti adul-

23 15 - EPATITE B 363 ti volontari dimostrò che questo vaccino è immunogeno e che l immunità persiste ancora a distanza di quattro anni (Lepetic A et al., 2003). Un ulteriore vaccino HBsAg ricombinante (Heberbiovac) è stato preparato a Cuba, impiegando un altro lievito, la Pichia pastoris (ul-haq N et al., 2003). Un altra innovazione per aumentare immunogenicità è stata quella d inserire nell antigene di superficie dell HBV, un epitopo derivato dall anatossina tetanica: usando questa proteina chimerica HBsAg-TT è stato possibile dimostrare che la risposta in anti-hbs è aumentata di molte volte, ma per ora sono state eseguite solo prove sperimentali nel topo (Chengalvala MV et al., 1999). Vaccini di terza generazione: S + pre-s1 e/o pre-s2 La mancata risposta alla vaccinazione contro l HBV rimane un problema di grande importanza per gli individui a rischio di contrarne l infezione (pag. 376). Di recente sono stati allestiti nuovi vaccini, costituiti non soltanto dall HBsAg, ma anche da altri antigeni, codificati dai geni pre-s1 e pre-s2. Come abbiamo visto a pag. 342, nell involucro dell HBV ci sono tre differenti geni che codificano per tre diverse proteine, che si distinguono in una proteina grande, in una proteina intermedia e in una proteina piccola, che poi è la più importante. Tutte e tre contengono una sequenza di 226 aminoacidi, che corrisponde all HBsAg della proteina piccola, la più abbondante proteina di superficie del virus. Le altre due proteine contengono sequenze addizionali di 53 e di aminoacidi rispettivamente, che si ritrovano nella regione pre-s1 e pre-s2. Queste tre proteine sono codificate da geni con tre differenti codoni di partenza, in modo tale che a seconda del punto di partenza è trascritto e traslato l RNA lungo (pre-s1 + pre-s2 + S), intermedio (pre-s2 + S) e piccolo (S), che codificano la corrispondente proteina. Tutte e tre le proteine quindi possiedono la regione che contiene l epitopo al quale si legano gli anticorpi neutralizzanti. L interesse deriva dalla convinzione che un vaccino preparato con pre-s1 e/o pre-s2 + S sia capace d indurre una risposta immunologica in soggetti che non hanno risposto all HBsAg (S) corrente (Romanò L et al., 2002). Il primo di questi vaccini (Genhevac B) consisteva di 281 aminoacidi, codificati dal gene pre-s2 e S. L adiuvante MF59, che si è già dimostrato di grande utilità nella vaccinazione contro l influenza, è stato impiegato nell adulto per aumentare l immunogenicità del nuovo vaccino contro l epatite B, DNA ricombinante pre-s2 e S (Heineman TC et al., 1999). Gli anticorpi pre-s2 sono stati elicitati in oltre il 90% dei vaccinati. Per la preparazione di alcuni di questi nuovi vaccini sono state utilizzate cellule di mammifero (di ovaio di hamster cinese-cho) nelle quali viene applicata ancora la tecnica del DNA ricombinante (Moulia-Pelat JP et al., 1994). In queste cellule è stato inserito il DNA virale, contenente sia il gene S che la regione pre-s1 e pre-s2: ne è risultata sia la proteina maggiore sia la proteina media e la proteina piccola dell involucro, con i tre determinanti antigenici HBsAg e pre-s1, pre- S2 (Tiollais P e Buendia MA, 1991; Diminsky D et al., 1997). Già le prime ricerche con vaccini ricombinanti pre- S2, pre-s1 e S in diversa associazione e in diversa proporzione nelle varie componenti, avevano dimostrato, anche nell uomo, una risposta anticorpale ottima e precoce e scarsi effetti collaterali. Ricerche più recenti hanno confermato che vaccini di questo tipo determinano un intensa risposta immunologica, superiore a quella dei correnti vaccini (Raz R et al., 1996; Yamada K et al., 1998; Waters JA et al., 1998; Jones CD et al., 1999). Risultati simili sono stati ottenuti anche nei neonati (Yerushalmi B et al., 1997) Le prime prove eseguite per determinare la possibilità, con questi nuovi vaccini, di ottenere una risposta immunologica in quei soggetti che non avevano risposto al vaccino standard, non dettero risultati positivi (Leroux-Roels G et al., 1997a; Leroux-Roels G et al., 1997b). Tuttavia quando fu messo a disposizione dei ricercatori un vaccino, chiamato Hepagene, dall azienda Medeva Pharma PLC di Londra, cominciarono a comparire le prime segnalazioni di risultati positivi. Vennero studiati 100 pazienti non-responder: vennero loro somministrate dosi diverse di Hepagene: con 40 µg il 68% di loro mostrò livelli superiori a 10 mui/ml; in quelli che non avevano risposta, una nuova dose di 20 µg determinò una sieroconversione nel 61% (Zuckerman JN et al., 1997; McDermott AB et al., 1998; Boxall E et al., 1998; McDermott AB et al., 1999a; McDermott AB et al., 1999b). Con la somministrazione di 40 µg di un vaccino S, pre-s1 e pre-s2, per tre somministrazioni, è stata ottenuta una buona risposta immunologica (livelli di HBsAg superiori a 10 mui/ml) nel 100% di soggetti che non avevano risposto alla vaccinazione con il corrente vaccino anti- HBV (Bertino JS et al., 1997). Successivamente è stato introdotto in commercio lo stesso vaccino, presentato sotto il nome di Hepacare (Medeva Pharma PLC, Speke, UK), approvato in molti paesi europei. L immunogenicità di questo vaccino (due dosi da 20 µg a distanza di un mese) è stata confrontata con quella del vaccino HBsAg (tre dosi da 20 µg a distanza di un mese) ottenendo una sieroprotezione superiore con il vaccino triplo antigene nei confronti di quella ottenuta con il vaccino monocomponente HBsAg (Young MD et al., 2001). Complessivamente, in numerosi studi clinici, di cui alcuni già citati, sono stati vaccinati con Hepacare più di 3500 soggetti adulti (sia anziani sia obesi e fumatori), usando prevalentemente la schedula con tre dosi

24 EPATITE B da 20 µg ciascuna ai tempi 0, 1 e 6 mesi; con il nuovo vaccino triplo è stata ottenuta una sieroconversione del 100% con titoli medi geometrici (GMT) dieci volte più elevati di quelli ottenuti con il vaccino costituito solo da HBsAg. Anche in soggetti che non avevano risposto a una precedente vaccinazione contro l HBV con il vaccino corrente, è stata osservata la comparsa di una risposta sieroprotettiva. La risposta anticorpale è buona anche solo dopo una sola dose (Shapira MY et al., 2001). Viene concluso (Young MD et al., 2001) che il nuovo vaccino triplo antigene è un potente immunogeno e fornisce protezione, quando i correnti vaccini falliscono; fornisce una più rapida protezione, con un numero inferiore di dosi, anche in soggetti che rispondono in modo ridotto ai comuni vaccini monoantigene. Ad analoghe conclusioni giunge una pubblicazione di autori giapponesi (Yamada T et al., 2001). Un nuovo vaccino ricombinante per gli antigeni pre- S1 e pre-s2 è stato preparato in Svezia su una linea cellulare umana; è stato usato in 18 bambini per la vaccinazione primaria con tre dosi: la risposta immunitaria è stata ottima e più rapida di quanto non si osservi con i vaccini combinati correnti (Madalinski K et al., 2002). DNA vaccini Come per molti altri antigeni di diversi agenti infettivi (cap. 1, pag. 39), sono state condotte ricerche per la preparazione di DNA vaccini nei confronti dell HBV (Thermet A et al., 2003). È stato preparato un DNA vaccino, utilizzato per ora nel topo, costituito dai geni pre-s1, pre-s2 e S; con questo vaccino sono state ottenute alte concentrazioni di anticorpi anti-pre-s1 e pre-s2 (Geissler M et al., 1997; Hui J et al., 1999; Prange R e Werr M, 1999). Risultati simili erano stati ottenuti nel topo transgenico (Davis HL et al., 1997). In una larga esperienza sulle scimmie Aotus è stato visto che è ottenibile una buona immunogenicità nei confronti dell HBsAg, quando viene usata la via intramuscolare, mediante il Biojector (Gramzinski RA et al., 1998). Anche per l epatite B dell anatra è stata ottenuta una buona protezione con un DNA vaccino (Triyatni M et al., 1998). La risposta primaria alla vaccinazione con il vaccino a DNA ha una lunga durata nel tempo e risponde a dosi di richiamo (Davis HL et al., 1996). È stata anche tentata la via di preparare un vaccino contenente le informazioni non solo per l HBsAg, ma anche per l HBcAg: per ottenere questo è stato usato un vaccino a DNA, nel quale i due geni sono stati fusi insieme in un plasmide dicistronico (Wild J et al., 1998). Il DNA vaccino è stato usato in sette soggetti volontari, alla dose di 0,25 µg, con l apparecchio sparageni : questa bassa dose non si è dimostrata immunogena in soggetti sieronegativi, mentre ha indotto una risposta di richiamo in un soggetto volontario sieropositivo (Tacket CO et al., 1999). In una ricerca successiva in volontari adulti (Roy MJ et al., 2001) sono state usate tre dosi (0, 2, 4 mesi), in tre gruppi diversi, ognuno dei quali riceveva una quantità diversa e più elevata di vaccino (1, 2 e 4 µg). In tutti i volontari venne ottenuta una risposta umorale (> 10 mui/ml) e cellulare, superiore a quella riscontrata con il vaccino DNA ricombinante. Vaccini combinati Come abbiamo visto nella parte generale (cap. 1, pag. 9), nella pratica vaccinale corrente i vaccini combinati offrono numerosi vantaggi rispetto ai vaccini monocomponenti (Papaevangelou G, 1998; FitzSimons D et al., 2003; Jacobson SH et al., 2003). Di recente uno sviluppo del genere è stato fatto anche per il vaccino contro l epatite B. Esistono infatti in commercio, come vedremo, diversi tipi di vaccini combinati: vaccino contro l epatite A e l epatite B; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a tre componenti + epatite B; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a due componenti + polio inattivato + epatite B; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a tre componenti + epatite B + H. influenzae tipo b; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a tre componenti + epatite B + polio inattivato; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a tre componenti + epatite B + H. influenzae tipo b + polio inattivato; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a due componenti + poliovirus inattivato + H. influenzae tipo b + epatite B; vaccino contro difterite + tetano + pertosse acellulare a due componenti + epatite B + poliovirus inattivato + H. influenzae tipo b. Il vaccino combinato contro epatite A ed epatite B negli adolescenti (Thompson SC e Norris M, 1998) e negli adulti (Reutter J et al., 1998) ha dimostrato una buona immunogenicità e una buona reattogenicità. Il livello di anticorpi corrisponde a quello ottenuto con i due vaccini, usati separatamente (Wagstaff AJ et al., 1997) (cap. 14, pag. 322). È stata proposta una vaccinazione accelerata con il vaccino A + B (Zuckerman JN, 2003). Il vaccino combinato DTPa (a tre componenti)-epatite B è risultato altamente immunogeno e non più reattogeno dei vaccini monocomponenti (Kanra G et al., 1995); risultati analoghi sono stati ottenuti con la combinazione con il vaccino intero contro la pertosse (Papaevangelou G et al., 1995; Aristegui J et al., 1997).

25 15 - EPATITE B 365 In tutti gli altri vaccini combinati a 4, 5 o 6 componenti l immunogenicità del vaccino contro l epatite B si è sempre mantenuta agli stessi livelli di quando il vaccino è stato somministrato isolatamente (Greenberg DP et al., 2000; Mallet E et al., 2000). Per le differenze, riguardanti il vaccino pertosse acellulare, a due o tre componenti, vedi cap. 24, pag Adiuvanti La gran parte dei vaccini contro l HBV comprende come adiuvante il sale di alluminio, idrossido e fosfato. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi tentativi per utilizzare adiuvanti diversi, dotati di un attività maggiore e di una minore reattogenicità (cap. 1 pag. 21). Il meccanismo con il quale l alluminio agisce come adiuvante si è a lungo studiato: è stato concluso che l adsorbimento dell HBsAg da parte dell adiuvante idrossido di alluminio è prevalentemente dovuto a uno scambio legante fra i fosfolididi dell HBsAg e l idrolisi di superficie dell adiuvante idrossido di alluminio (Iyer S et al., 2004). L adiuvante MF59, che si è già dimostrato di grande utilità nella vaccinazione contro l influenza, è stato impiegato nell adulto per aumentare l immunogenicità di un nuovo vaccino contro l HBV, DNA ricombinante pre-s2 e S (Heineman TC et al., 1999). Gli anticorpi pre-s2 sono stati elicitati in oltre il 90% dei vaccinati. È stato proposto un nuovo sistema adiuvante (SBAS4), costituito dalla combinazione di un sale di alluminio e di monofosforil lipide A: le reazioni locali furono simili a quelle del gruppo trattato con l adiuvante classico, ma l immunogenicità sia umorale sia cellulare è risultata superiore, anche quando vennero usate soltanto due dosi (Thoelen S et al., 1998; Ambrosch F et al., 2000). Il fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi umani (rhgm-csf) aumenta la risposta anticorpale, agisce cioè come un adiuvante, quando iniettato nella stessa sede del vaccino DNA ricombinante contro l HBV (Tarr PE et al., 1996). Il rilievo è stato successivamente confermato nei pazienti in emodialisi, che non avevano risposto alla vaccinazione corrente (Anandh U et al., 2000; Evans TG et al., 2000) e in pazienti HIV positivi (das Graças Sasaki et al., 2003). Di recente è stata proposta la microincapsulazione dell antigene HBsAg (Singh M et al., 1997) o del core dell HBV: le microsfere sono preparate con PLG (polylactide-co-glycolide), usate nel gatto per via sottocutanea (Uchida T et al., 1998). Viene dimostrata l efficacia di questo vaccino negli animali di laboratorio, anche dopo una sola somministrazione. La somministrazione del vaccino anti-hbv associato a un nuovo adiuvante (3 deacilato monofosforil lipide A e alluminio) ha dimostrato in 230 soggetti una buona immunogenicità, ma una maggiore reattogenicità, specialmente per l aumento delle reazioni locali (Desombere I et al., 2002). Analogamente buone risposte immunologiche sono state ottenute con un altro adiuvante, il fosforotioato oligonucleotide (Halpering SA et al., 2003). Vaccini senza timerosal Nel luglio 1999 la vaccinazione contro l epatite B, eseguita a tutti i bambini negli Stati Uniti alla nascita, è stata temporaneamente sospesa a causa delle preoccupazioni circa il mercurio contenuto nel timerosal, usato come conservante del vaccino. La vaccinazione alla nascita è stata ripristinata nel settembre del 1999, quando si è reso disponibile un vaccino senza timerosal. Per chiarire le ripercussioni che queste modifiche hanno avuto sulla raccomandazione di somministrare il vaccino antiepatite alla nascita, è stato condotto uno studio su bambini prima, durante e dopo la sospensione della somministrazione del vaccino (Luman ET et al., 2004). La proporzione di bambini americani che hanno ricevuto la prima dose di vaccino antiepatite alla nascita è scesa dal 47% tra coloro che erano nati 7-12 mesi prima della sospensione all 11% tra coloro che erano nati durante la sospensione. Un abbassamento della copertura della prima dose si è mantenuto anche dopo la reintroduzione del vaccino (23% nei primi sei mesi e 33% dopo 7-12 mesi). Tuttavia la copertura con tre dosi di vaccino contro l epatite B all età di 19 mesi è diminuita dall 88%, fra bambini nati da 7 a 12 mesi prima della sospensione, all 81% tra quelli nati durante la sospensione e all 85% tra i nati nei sei mesi dopo la reintroduzione della prima dose alla nascita. Dopo 7-12 mesi la copertura è tornata ai livelli riscontrati prima della sospensione. Nel 2000, rispetto al 1998, risultano vaccinati in meno nuovi nati, mentre vi sono bambini non ancora completamente vaccinati a 19 mesi di età, rispetto ai livelli del La copertura delle altre vaccinazioni non ha mostrato modificazioni di sorta. Risulta, da tutto questo, che l attuazione di modifiche nel corso di una vaccinazione, tanto più se legate a dubbi circa la composizione del vaccino, comporta una situazione d indecisione sia da parte dei genitori, sia probabilmente degli addetti alle vaccinazioni, per cui una riduzione della copertura, comprensibile durante la sospensione, si prolunga in effetti anche nell anno successivo al provvedimento. Tanto più che, sulla base dei dati comparsi successivamente (Pichichero ME et al., 2003), è molto difficile che l etilmercurio del timerosal si accumuli nel sangue avendo un emivita di 7-10 giorni. Fortunatamente l assenza di ripercussioni sulla copertura per le altre vaccinazioni dimostra che nella

26 EPATITE B popolazione americana la fiducia generale nelle vaccinazioni è rimasta forte. Ma la decisione di ritirare dal commercio il vaccino contro l epatite B con timerosal ha avuto come conseguenza anche quella di ridurre lo screening prenatale per l HBV alle donne in stato di gravidanza, per cui in quel periodo sono nati 147 lattanti da donne che non erano state sottoposte allo screening per l epatite B (Thomas AR et al., 2004). Bisogna a questo punto ricordare che per questi ritardi nella ripresa della vaccinazione contro l HBV un bambino, figlio di una madre erroneamente ritenuta HBsAg negativa, ha ricevuto la prima dose di vaccino al terzo mese di vita e ha manifestato un epatite acuta gravissima da HBV, per la quale è morto (CDC, 2002). VACCINI A DISPOSIZIONE Attualmente sono in commercio in Italia due vaccini ricombinanti monocomponenti contro l HBV: la concentrazione di HBsAg varia nei due vaccini ma ambedue sono ugualmente immunogeni, quando sono usati alle dosi consigliate dalle ditte produttrici. Poiché le quantità di vaccino sono abbastanza piccole è utile l uso di una siringa preriempita, sulla quale l ago sia permanentemente inserito. Accanto a questi sono a disposizione diversi vaccini combinati, di cui uno bivalente contro l epatite A e B, uno tetravalente, due pentavalenti e due esavalenti. Come risulta dalle singole composizioni, tutti i vaccini contenenti il vaccino contro l HBV, oggi in commercio in Italia, sono senza timerosal. La disponibilità dei vaccini combinati permette di semplificare al massimo la schedula vaccinale e quindi indirettamente di avere una migliore accettabilità da parte della popolazione. I vaccini in commercio contengono da 5 a 40 µg di proteina HBsAg per millilitro: sono adsorbiti con sali di alluminio (idrossido) e non contengono conservanti. Sia le formulazioni pediatriche sia quelle per adulti del HBVaxpro (Recombivax HB) sono approvate per l uso in ogni gruppo di età. Per esempio la formulazione per adulti di HBVaxpro (Recombivax HB) può essere usata nei bambini (0,5 ml) e negli adolescenti (0,5 ml). Tuttavia l Engerix B pediatrico è approvato negli Stati Uniti soltanto nei bambini e negli adolescenti di meno di 20 anni (16 per la scheda tecnica italiana). La formulazione per adulti dell Engerix B non è approvata per l uso nei lattanti e nei bambini, ma può essere usata sia negli adolescenti (oltre i 16 anni) sia negli adulti. La risposta immunitaria che si ottiene dopo una o due dosi di vaccino, di una determinata azienda farmaceutica, seguite da una o da due dosi di un altra azienda, è perfettamente sovrapponibile a quella che si ottiene usando un unico prodotto della stessa azienda, per cui i diversi vaccini possono essere usati indifferentemente nell applicazione della schedula (Bush LM et al., 1991), come una volta era possibile eseguire vaccinazioni di richiamo con un vaccino ricombinante, dopo che la vaccinazione di base era stata fatta con un vaccino plasma-derivato (Chan CY et al., 1991). Viene esclusa da questa interscambiabilità la schedula per adolescenti da 11 a 15 anni, a due dosi, perché solo Merck ha approvato questa modalità di somministrazione. La confezione da 40 µg, che contiene una bassa quantità di sali di alluminio, è destinata ai soggetti con alterata funzione renale, in situazione di predialisi o di dialisi: in questi, concentrazioni più elevate di alluminio, potrebbero presentare problemi per la loro salute. Trattandosi di vaccini ottenuti tutti con la stessa tecnica del DNA ricombinante, sembra strano che per uno venga presentata in commercio una confezione con una dose bassa di HBsAg proteina e per un altro una dose doppia. È d obbligo a questo punto ricordare di nuovo che l efficacia dell una o dell altra preparazione sono sovrapponibili. In letteratura sono scarse d altra parte le pubblicazioni che affrontano apertamente questo aspetto: quelle poche (West DJ, 1989; Hammond GW et al., 1991; Chiaramonte M et al., 1996), che usano quantità corrispondenti a quelle normalmente consigliate (5 µg contro 10 e 10 contro 20), non trovano forti differenze nelle risposte anticorpali al completamento delle tre dosi, anche se devono ammettere che i livelli più alti di GMT (di due o tre volte) e una maggior durata nel tempo si ritrovino con quel vaccino che contiene le quantità più elevate di HBsAg, sia nei bambini (Goldfarb J et al., 1996a) sia nei lattanti di pochi mesi (Goldfarb J et al., 1996b) sia infine negli adolescenti (Leroux-Roels G et al., 2001). Questi rilievi sono stati confermati di recente confrontando i 2,5 µg del HBVaxpro (Recombivax HB) con i 10 µg dell Engerix B in bambini dagli 8 ai 10 anni (Duval B et al., 2000): il ritiro dal commercio della confezione da 2,5 µg è legato probabilmente a questi rilievi. La scarsa probabilità che l infezione da HBV possa manifestarsi prima del completamento dell intera schedula di vaccinazione rende queste minime differenze nell immunogenicità di scarso significato pratico. Il prezzo, d altra parte, nonostante il diverso contenuto di antigene, è uguale sia per quello della Glaxo- SmithKline sia per quello della Sanofi Pasteur MSD. Tuttavia quando si confrontano le stesse dosi, cioè 5 o 10 µg di Engerix B con 5 o 10 µg di Recombivax HB, risulta evidente che la concentrazione media geometrica degli anticorpi (GMC) di anti-hbs è più alta dopo HBVaxpro (Recombivax HB) che dopo Engerix B (Bryan JP et al., 1997). E come spiegare le differenze di quantità sopra riportate? Probabilmente le prime esperienze, per ottenere la registrazione, vennero fatte con quelle quantità e con

27 15 - EPATITE B 367 Vaccini monocomponenti contro l epatite B in commercio in Italia Engerix B pediatrico (GlaxoSmithKline) HBsAg DNA ricombinante, 10 µg di proteina idrossido di alluminio gel 1 flacone da 0,5 ml con siringa monouso 25 flaconi con siringa monouso Engerix B adulti (GlaxoSmithKline) HBsAg DNA ricombinante, 20 µg di proteina idrossido di alluminio gel 1 flacone da 1 ml con siringa monouso 25 flaconi con siringhe monouso HBVaxpro (Recombivax HB), neonati, bambini e adolescenti di età < 16 anni (Sanofi Pasteur MSD) HBsAg DNA ricombinante, 5 µg di proteina idrossido di alluminio 0,25 mg formaldeide < 10 µg 1 siringa precaricata da 0,5 ml HBVaxpro (Recombivax HB), adulti e adolescenti di 16 anni o più (Sanofi Pasteur MSD) HBsAg DNA ricombinante, 10 µg di proteina idrossido di alluminio 0,50 mg formaldeide < 20 µg 1 siringa precaricata da 1 ml HBVaxpro (Recombivax HB) da 40 µg/1ml (Aventis Pasteur MSD) HBsAg DNA ricombinante, 40 µg di proteina idrossido di alluminio 0,50 mg formaldeide < 20 µg 1 flacone da 1 ml Vaccino contro l epatite B combinato con il vaccino contro l epatite A Twinrix bambini (GlaxoSmithKlein) virus purificato e inattivato dell epatite A, coltivato su cellule diploidi umane MRC5, non meno di 360 UE proteina HBsAg da DNA ricombinante 10 µg idrossido di alluminio fosfato di alluminio formaldeide neomicina solfato 2-fenossietanolo polisorbato 20 1 siringa monodose da 0,5 ml Twinrix adulti (GlaxoSmithKlein) virus purificato e inattivato dell epatite A, coltivato su cellule diploidi umane MRC5, non meno di 720 UE proteina HBsAg da DNA ricombinante 20 µg idrossido di alluminio fosfato di alluminio formaldeide neomicina solfato 2-fenossietanolo polisorbato 20 1 siringa monodose da 1 ml Vaccino bivalente contro Haemophilus influenzae tipo b ed epatite B Procomvax (Sanofi Pasteur MSD) poliribosilribitol fosfato (PRP) di H. influenzae tipo b, come PRP-OMPC (complesso proteico della membrana esterna del ceppo B11 della Neisseria meningitidis sottogruppo B), rispettivamente 7,5 µg e 125 µg HBsAg ricombinante µg 5,0 1 flaconcino monodose da 0,5 ml Vaccini tetravalenti contro difterite, tetano, pertosse acellulare, epatite B Infanrix HepB (GlaxoSmithKline) anatossina difterica, almeno 30 UI anatossina tetanica, almeno 40 UI anatossina pertossica (PT) 25 µg emoagglutinina filamentosa (FHA) 25 µg pertactina (69 kda OMP) 8 µg HBsAg purificato 10 µg idrossido di alluminio fosfato di alluminio formaldeide 2-fenossietanolo polisorbato 20 e 80 1 siringa preriempita con ago separato da 0,5 ml 10 siringhe preriempite con aghi separati da 0,5 ml Vaccino pentavalente contro difterite, tetano, pertosse acellulare, antipolio inattivato, epatite B Infanrix Penta (GlaxoSmithKline) anatossina difterica, inattivata e purificata, non meno di 30 UI anatossina tetanica, inattivata e purificata, non meno di 40 UI anatossina pertossica 25 µg emoagglutinina filamentosa 25 µg pertactina 8 µg antigene di superficie ricombinante (proteina S) del virus dell epatite B 10 µg virus poliomielitico inattivato tipo 1 (ceppo Mahoney), non meno di 40 DU virus poliomielitico inattivato tipo 2 (ceppo MEF-1), non meno di 8 DU virus poliomielitico inattivato tipo 3 (ceppo Saukett), non meno di 32 DU idrossido di alluminio idrato 0,95 mg fosfato di alluminio 0,90 mg fenossietanolo 2,5 mg 1 siringa preriempita da 0,5 con aghi Vaccini esavalenti contro difterite, tetano, pertosse acellulare, antipolio inattivato, H. influenzae tipo b coniugato al tossoide tetanico, epatite B Hexavac (Sanofi Pasteur MSD) anatossina difterica, non meno di 20 UI anatossina tetanica, non meno di 40 UI anatossina pertossica purificata 25 µg emoagglutinina filamentosa pertossica purificata 25 µg antigene di superficie del virus dell epatite B 5 µg poliovirus inattivato tipo 1 (Mahoney) 40 UD poliovirus inattivato tipo 2 (MEF-1) 8 UD poliovirus inattivato tipo 3 (Saukett) 32 UD polisaccaride di H. influenzae tipo b (poliribosilribitol fosfato) 12 µg, coniugato con l anatossina del tetano 24 µg idrossido di alluminio 0,3 mg trometamolo saccarosio 1 siringa preriempita con ago 0,5 ml Infanrix Hexa (GlaxoSmithKlein) Una siringa preriempita DTPa-IPV da una dose: anatossina difterica, inattivata e purificata, non meno di 30 UI anatossina tetanica, inattivata e purificata, non meno di 40 UI anatossina pertossica 25 µg emoagglutinina filamentosa 25 µg proteina membrana esterna 69 kda 8 µg antigene di superficie ricombinante (proteina S) del virus dell epatite B 10 µg virus poliomielitico inattivato tipo 1 (ceppo Mahoney), non meno di 40 DU virus poliomielitico inattivato tipo 2 (ceppo MEF-1), non meno di 8 DU virus poliomielitico inattivato tipo 3 (ceppo Saukett), non meno di 32 DU idrossido di alluminio, pari ad alluminio 0,95 mg 2-fenossietanolo 2,5 mg Un flaconcino di polvere (Hib), per sospensione iniettabile, contiene: polisaccaride PRP di H. influenzae tipo b, coniugato a circa µg di tossoide del tetano, 10 µg fosfato di alluminio 1,45 mg lattosio anidro 1 siringa preriempita di vaccino DTPa-IPV-HBV da 0,5 ml + 1 flaconcino di polvere di vaccino Hib liofilizzato, con due aghi

28 EPATITE B quei ritmi, che poi sono passati direttamente all applicazione pratica, senza ulteriori modificazioni. L importante è che l efficacia risulti sovrapponibile, per ambedue i vaccini, qualunque sia la dose, e che la risposta anamnestica alla distanza sia sovrapponibile. MODALITÀ D USO Tutti i vaccini a disposizione in commercio devono essere mantenuti a temperature comprese fra 2 e 8 C. Nonostante queste disposizioni il vaccino può in effetti essere considerato quasi termostabile: anche il mantenimento a 45 C per una settimana, o a 37 C per un mese non altera l immunogenicità né modifica la reattogenicità. Questa ottima stabilità permette l uso delle borse termiche per il trasporto, quando la refrigerazione non sia possibile (Diminsky D et al., 2000). Se al vaccino, come adiuvante, viene associato un sale di alluminio (fosfato o idrossido) il congelamento è controindicato: esso determina, con il passaggio di fase da liquida a solida, un distacco delle molecole di HBsAg dalle particelle di gel di alluminio, risultandone una diminuita potenza immunizzante. Ne consegue che il vaccino non deve assolutamente essere congelato. Non è affatto necessario, prima di praticare la vaccinazione, ricercare il livello degli indicatori dell HBV: un indagine del genere può essere giustificata solo per alcune categorie a rischio. Una ricerca in proposito sugli adolescenti sessualmente attivi ha messo in evidenza che lo screening prevaccinazione non risponde alle regole costo/efficacia, almeno negli Stati Uniti (Alderman EM et al., 1998). La vaccinazione veniva eseguita obbligatoriamente in Italia secondo la Legge 165/1991 a due fasce di età: i lattanti dal terzo mese di età; gli adolescenti al 12 anno di età. Nei primi mesi del 2004 è stata raggiunta una copertura vaccinale di tutti i soggetti nei primi 24 anni di età; a questo punto, essendosi ormai congiunte le due coorti, è stata sospesa la vaccinazione degli adolescenti e verrà continuata solo quella dei lattanti dei primi mesi (Bonanni P, 1999). Il DM 7 aprile 1999 ha confermato queste direttive. Molti altri paesi hanno seguito l esempio italiano (pag. 386). Per avere una risposta ottimale è sufficiente una serie di tre dosi, così distribuite: 0, dopo 1 mese e dopo 6 mesi dall inizio. Questo schema di vaccinazione induce un adeguata risposta anticorpale in più del 90% dei soggetti adulti e in più del 95% dei lattanti, dei bambini e degli adolescenti. Vengono usate quattro dosi (0, 1, 2 e 12 mesi) sia nei neonati, figli di madri HBsAg positive, sia nella profilassi postesposizione, per una più rapida induzione dell immunità (DM 7 aprile 1999). Non esistono Schedula per adolescenti Il 31 marzo 2000 è comparsa sull MMWR la notizia, ricevuta dalla Merck Vaccine Division e approvata dalla Food and Drug Administration, di una schedula alternativa a quella attualmente in uso per la vaccinazione degli adolescenti da 11 a 15 anni: la schedula proposta consiste di due dosi di HBsAg, dosaggio per adulti, a distanza di 4-6 mesi l una dall altra. La sieroprotezione ottenuta con questa nuova modalità di somministrazione è uguale a quella che si ottiene con la schedula corrente di tre dosi di HBsAg, dosaggio per bambini (CDC, 2000). Un controllo a distanza di due anni ha dimostrato che la velocità di abbassamento degli anticorpi è simile nella schedula con due dosi e in quella con tre. Come per le altre schedule del vaccino contro l HBV, se la somministrazione viene interrotta per un tempo superiore a quello indicato (4-6 mesi), non è mai necessario riprendere la vaccinazione dall inizio. Successivamente è stato confermato che, con le dosi per adulti, è possibile avere una buona immunogenicità con due sole dosi, quando la distanza fra le due dosi viene allungata a 4-6 mesi. Questa nuova schedula, che viene proposta come un alternativa a quella corrente, può trovare un utile applicazione per soggetti che sono poco aderenti alle prescrizioni o che si prevede possano deviare dalle indicazioni (Cassidy WM et al., 2001; Levaux HP et al, 2001). Nonostante la veridicità di questa schedula alternativa, vengono sollevate perplessità sull indicazione della proposta in tutti gli adolescenti: per esempio, viene sostenuto che la schedula protratta può non essere appropriata per adolescenti che sono a rischio per i contatti sessuali o che fanno uso di droghe pesanti (Middlemann AB et al., 2001). Usando l Engerix B alla dose di 20 µg per dose, in due dosi a 12 mesi di distanza l una dall altra si ottengono risultati simili per quanto riguarda l immunogenicità (Heron LG et al., 2002). prove sicure che questo schema a quattro dosi fornisca una protezione migliore dello schema base a tre dosi, a meno che non ci si trovi di fronte a soggetti immunocompromessi o in dialisi renale cronica, tanto è vero che negli Stati Uniti vengono indicate tre dosi anche nei figli di madri HBsAg positive. Nei soggetti immunodepressi, con conseguenti basse percentuali di sieroconversione invece del ciclo vaccinale standard, può essere utile adottare un ciclo 0, 1, 6 mesi con dosi doppie di HBsAg, oppure ripetere le somministrazioni a dose singola, ogni mese, finché non si ottenga una risposta anticorpale. Negli anziani, come è stato dimostrato in uno studio su persone anziane mentalmente handicappate, la risposta in anti-hbs, dopo somministrazione del vaccino, è ritardata e vi sono meno probabilità di raggiungere livelli considerati protettivi (Vrijmoeth P et al., 1997). La fiala, contenente il vaccino, deve essere agitata prima dell uso. L ago che viene utilizzato per la vaccinazione deve avere una sufficiente lunghezza per rendere sicura la penetrazione nella massa muscolare (cap. 2, pag. 75). Nella grandissima parte dei casi la vaccinazione viene attuata usando una fiala di vaccino o, più di recente, una fiala siringa. È comparsa una comunicazione di studiosi canadesi che caldeggiano l uso di fiale multidose, che permetterebbero di risparmiare circa un terzo del costo del vaccino (Duval B e Scheifele D, 1999).

29 15 - EPATITE B 369 Nei giorni successivi alla vaccinazione (soprattutto dopo due-tre giorni) è presente in circolo, nel 65% dei bambini vaccinati, una minima quantità dell HBsAg, che era stato inoculato con il vaccino: entro sette giorni tutti sono risultati negativi, in modo da escludere che l antigenemia fosse legata a una vera infezione da HBV (Bernstein SR et al., 1994; Weintraub Z et al., 1994; Dow BC et al., 1998; Otaģ F, 2003). È stato dimostrato che la somministrazione del vaccino con siringa e ago determina una minore incidenza (statisticamente significativa) di sintomi e segni locali, in confronto alla somministrazione con l apparecchio Biojet (un sistema che utilizza la forza pneumatica per la somministrazione del vaccino) (Mathei C et al., 1997). Un altro apparecchio, usato per la somministrazione dei vaccini, è il Dermojet, di largo impiego in Romania: è stato dimostrato che, quando si usa la precauzione di proteggerlo con un anticontaminante sterile, non si corre il pericolo di trasmettere infezioni di vario tipo (Dimache G et al., 1997). Lo studio delle autodichiarazioni da parte di adolescenti tossicodipendenti e non tossicodipendeti nei confronti del superamento dell infezione da HBV o della vaccinazione contro il virus dell epatite B ha dimostrato una scarsa affidabilità (Kuo I et al., 2004): il 52% di quelli che sostenevano di essere stati vaccinati erano invece suscettibili all infezione. Non è stata notata alcuna differenza fra l affidabilità dell autodichiarazione dei tossicodipendenti e quella dei non tossicodipendenti. Nonostante questo comportamento vada contro le regole della buona medicina, verrebbe la voglia di ricorrere, per i tossicodipendenti, a una politica vaccinale del tipo: non chiedete, vaccinate!!. VIE DI SOMMINISTRAZIONE E DOSAGGIO Il vaccino deve essere somministrato per via intramuscolare, proprio perché adsorbito su idrossido di alluminio. Nei neonati e nei lattanti del primo anno di vita la sede preferita è la faccia antero-laterale della coscia; per le età successive e per l adulto l iniezione va eseguita nel deltoide, a metà strada fra l acromion e la tuberosità deltoidea dell omero, posteriormente. In queste sedi la massa muscolare è tale da assicurare una buona esecuzione dell inoculazione. Il quadrante supero-esterno delle natiche non assicura a sufficienza che l inoculazione del vaccino trovi una massa muscolare, tale da assicurarne il completo assorbimento. Sono state eseguite prove che hanno dimostrato che l immunogenicità diminuisce quando l introduzione viene eseguita nelle natiche. Nei soggetti, sottoposti a sanguinamenti come gli emofilici, il vaccino va somministrato per via sottocutanea oppure la sede dell iniezione intramuscolare profonda va tenuta pressata per 10 minuti e più. Per ragioni pratiche la vaccinazione contro l HBV nel lattante va eseguita contemporaneamente (vaccinazioni associate) a quelle previste alla stessa età (terzo mese) nel calendario delle vaccinazioni (cap. 2, pag. 55). In particolare la prima introduzione viene eseguita dopo il compimento del secondo mese, in coincidenza della somministrazione del vaccino DTPa per via intramuscolare, del vaccino antipolio inattivato e del vaccino contro l Hib (Piazza M et al., 1988; Giammanco G et al., 1991). In caso di vaccinazioni associate è preferibile evitare di usare la stessa gamba per due somministrazioni diverse, a meno che non si distanzino le inoculazioni l una dall altra di almeno 2,5-5 centimetri; questo problema è completamente superato con la disponibilità dei vaccini combinati. La vaccinazione contro l HBV può essere eseguita nel neonato anche insieme a quella con BCG (Coursaget P et al., 1992). Come si vede nella tabella 15.9 la dose raccomandata varia da prodotto a prodotto, dall età del soggetto e dal fatto di essere o meno figlio di una madre HBsAg positiva. In generale la quantità di HBsAg per il neonato, il lattante, il bambino e l adolescente fino a 16 anni è la metà di quella consigliata nelle età successive. Le dosi sono quelle indicate nella tabella 15.9; la schedula, anche secondo il DM 20 novembre 2000 e circolare ministeriale n. 19 del 30 novembre 2000, è riportata nella tabella In un esperienza intrapresa per valutare, a due diverse età, la risposta anticorpale della terza dose di vaccino anti-hbs, è stato osservato che fra una terza Tabella 15.9 Dosi raccomandate per i vaccini contro l epatite B in commercio Età Engerix B Recombivax HB µg ml µg ml Figli di madri HBsAg negative, bambini e adolescenti di età inferiore a 16 anni 10 0,5 ml 5 0,5 ml* Figli di madri HBsAg positive (usare insieme le HBIG) 10 0,5 ml 5 0,5 ml Adolescenti di età inferiore ai 16 anni 10 0,5 ml 5 0,5 ml Adolescenti di età > ai 16 anni 20 1 ml 10 1 ml Pazienti in dialisi cronica e altri adulti immunocompromessi 40 2 ml 40 1 ml** * Dal 27 agosto 1998 è stata sospesa la produzione e la distribuzione della dose da 2,5mg di Recombivax HB (CDC, 1999) ** Formulazione speciale per pazienti in dialisi: il contenuto in alluminio non deve superare 1,25 mg/dose

30 EPATITE B Tabella Schedula di vaccinazione contro l epatite B Neonati, figli di madri HBsAg negative Neonati, figli di madri HBsAg positive Bambini, adolescenti e adulti 1 a dose: terzo mese di vita 1 a dose: entro 12 ore di vita, insieme alle HBIG 1 a dose: al tempo 0 2 a dose: dopo 1-2 mesi 2 a dose: dopo 1 mese 2 a dose: dopo 1-2 mesi 3 a dose: dopo 6-12 mesi 3 a dose: dopo 1 altro mese 3 dose: dopo 6-12 mesi 4 a dose: all età di 1 anno* * Nell ultimo Red Book 2000 sono indicate tre dosi anche nei figli di madri HBsAg positive dose a 12 mesi e una terza dose a 15 mesi non vi sono sostanziali differenze (Keyserling HL et al., 1994). Stabilita la dose e la schedula di vaccinazione, diversi tentativi sono stati fatti da più parti per ridurre la quantità di antigene da usare: si è cercato di ridurre il numero delle dosi, di ridurre la quantità di vaccino per dose o infine di ricorrere a vie di somministrazione alternative, come la via intradermica, che richiede dosi circa cinque volte inferiori. I risultati sono stati, come vedremo, più o meno favorevoli. L importante è che, fino a quando non vi sia un accordo generale per un cambiamento, si continuino ad adoperare le dosi e la schedula sopra riportate. Se in un neonato si abbassa la dose somministrata da 10 µg a 5 µg si ottengono livelli di anticorpi più bassi subito dopo le prime dosi, ma non dopo l ultima dose (del Canho R et al., 1994; Shokri F e Jafarzadeh A, 2001); lo stesso reperto è stato ottenuto con 5 µg contro 2,5 µg (Lee SS et al., 1995). Tuttavia in una larga esperienza, condotta a Hong Kong, è stato osservato, in 574 lattanti nati da madri HBsAg negative, che con la dose di 2,5 µg per dose per tre dosi, a distanza di otto anni, solo l 1% dei bambini aveva avuto una sieroconversione ad anti- HBc e nessuno era diventano HBsAg positivo (Lee SS et al., 2002), anche se i livelli di anticorpi erano risultati inferiori, sia poco dopo la vaccinazione, che a distanza di un anno, in confronto a quelli ottenuti con le dosi di 5 µg. È questa un ulteriore prova che a basse dosi si ottiene una minore immunogenicità, ma ugualmente una stimolazione delle cellule della memoria, per cui a distanza di otto anni la vaccinazione ha dimostrato la sua completa efficacia. Da sottolineare che si trattava di una popolazione a basso rischio. Un altro tentativo per ridurre la quantità di vaccino usato per l immunizzazione è stato fatto riducendo il numero delle dosi: a due sole dosi a distanza di un mese l una dall altra si otterrebbe l induzione della memoria immunologica, come dopo la terza iniezione a distanza di 6 mesi (Wilson JN et al., 1999). Un reperto analogo è stato ottenuto, sempre con due sole dosi, quando l intervallo fra la prima e la seconda è stato di quattro anni (Wistrom J et al., 1999). Anche usando schedule diverse, l immunogenicità è risultata sempre molto buona (Da Villa G et al., 1997). Esistono alcune esperienze che dimostrano che è sufficiente in soggetti adolescenti e adulti anche una schedula 0, 6 mesi: questa schedula ridotta permette di raggiungere dopo la seconda dose livelli di GMT molto elevati, sia dopo dosi di 10 che di 20 µg. La forte memoria immunologica indotta con due dosi viene confermata da una dose di richiamo dopo due anni, che determina una rapida e vigorosa risposta anamnestica (Marsano LS et al., 1998). Una schedula a due dosi è stata consigliata anche negli anziani (Gellin BG et al., 1997) e di recente negli adolescenti (Cassidy WM et al., 2001) (pag. 368). Altre ricerche hanno dimostrato che è possibile ottenere una buona immunogenicità anche con metà dosi di quelle normalmente consigliate, sempre con tre somministrazioni (0,1 e 6 mesi) (Turchi MD et al., 1997). Esistono alcune esperienze nelle quali è stata utilizzata la via intradermica (vedi box): questa via, che richiede microdosi di antigene (un quinto/un decimo della dose usata per via intramuscolare), è sembrata, per ragioni economiche, la più adatta per una vaccinazione di massa (Kyi KP et al., 2002). Ma una minor percentuale di sieroconversione e un più basso titolo anticorpale fra i vaccinati, ne hanno sconsigliato un impiego generalizzato (Gonzales ML Via intradermica Esiste qualche esperienza sull utilizzo nello stesso soggetto della via intradermica, seguita dalla via intramuscolare (Oliveira PM et al., 1995): la scelta di una vaccinazione mista è stata fatta allo scopo di ridurre i costi della vaccinazione per gli operatori sanitari. Sono stati confrontati i risultati di tre gruppi di soggetti: gruppo A: trattato con tre dosi per intramuscolare da 20 µg ciascuna; gruppo B: trattato con una prima dose da 2 µg per via intradermica, seguita da due dosi da 20 µg ciascuna per via intramuscolo; gruppo C: trattato con due prime dosi da 2 µg ciascuna per via intradermica e da una terza da 20 µg per via intramuscolare. L immunogenicità riscontrata nel gruppo B è molto simile a quella del gruppo A: nel gruppo B è stato ottenuto un risparmio del 30% della spesa. Nel gruppo C sono stati ottenuti una bassa sieroconversione e un livello anticorpale inferiore a quello degli altri due gruppi. Altre volte la combinazione della via intradermica con la via intramuscolare è stata invertita: cioè prima è stata eseguita l inoculazione intramuscolare con una dose relativamente elevata di antigene (30 µg), seguita da due somministrazioni per via intradermica (da 2 µg ciascuna): con una dose complessiva di 34 µg si ha un immunogenicità che è confrontabile con quella che si ottiene con l uso di 50 µg per intramuscolo (tale è la schedula usata dagli Autori), risparmiando un terzo della quantità di vaccino usata (Yao FB et al., 1998).

31 15 - EPATITE B 371 et al., 1990; CDC, 1991a; Coleman PJ et al., 1991; Coberly JS et al., 1994; Turchi MD et al., 1997). Yamashiki (Yamashiki M et al., 1997) ha riscontrato che tre dosi per via intradermica di 4 µg ciascuna, seguite da una dose di richiamo di 10 µg per via intramuscolare danno un livello anticorpale vicino a quello riscontrato con tre dosi per via intramuscolare, ma con questa metodica si perde il vantaggio ricercato di una minore spesa. Questa via è risultata anche tecnicamente difficile (Kurugöl Z et al., 1997). Una scarsissima risposta anticorpale alla somministrazione del vaccino HBV per via intradermica è risultata in bambini con diabete mellito tipo I (Li Volti S et al., 1998). In un esperienza in soggetti emodializzati è stata eseguita la somministrazione intradermica di 10 dosi successive di vaccino (5 µg per dose), con un intervallo di una settimana (Chau KF et al., 2004): a distanza di sei mesi dal completamento della vaccinazione il tasso di sieroconversione fra i soggetti che avevano ricevuto la vaccinazione per via intradermica è risultato maggiore di quello ottenuto in un altro gruppo di dializzati con tre dosi di 20 µg dello stesso vaccino ai tempi 0, 1 e 6 mesi. Da Poirriez viene suggerito di usare, nei bambini e nei soggetti adulti sani, la via intradermica per la somministrazione routinaria nella popolazione, lasciando la somministrazione di 20 µg per via intramuscolare per i soggetti dei gruppi a rischio che avevano risposto poco o per niente alla vaccinazione per via intradermica (Poirriez J, 2002). L uso della via intradermica nei soggetti HIV positivi ha indotto un immunità protettiva uguale a quella riscontrata dopo somministrazione per via intramuscolare (Ristola MA et al., 2004). Ma non tutti sono d accordo con questi punti di vista: c è chi ritiene che la somministrazione per via intradermica, che richiede un quinto della dose usata per via intramuscolare, rappresenti, con tre somministrazioni al tempo 0, 1 e 6 mesi o meglio con quattro somministrazioni, una modalità sicura ed efficace per vaccinare lattanti e bambini al di sotto dei 6 anni (Egement A et al., 1998). Una recente esperienza, sempre nei bambini (2 µg dose a 0, 1 e 6 mesi) ha dato buoni risultati mantenuti anche a distanza di 5 anni (Kurugöl Z et al., 2001). La via intradermica è stata utilizzata anche per l immunizzazione di soggetti che non avevano risposto alla vaccinazione per via intramuscolare: sulla base di una larga esperienza in soggetti in dialisi cronica viene ritenuto che la non-risposta al vaccino per via intramuscolare può essere portata a una buona risposta con ripetute dosi per via intradermica di basse quantità di vaccino (Fabrizi F et al., 1997). L analisi costo/efficacia in questo caso dimostra che la somministrazione per via intradermica del vaccino anti-hbv è la più efficace strategia, clinicamente disponibile. Ad analoghe conclusioni giungono altri ricercatori (Propst T et al., 1998), che hanno usato come schedula quella di 20 µg di HBsAg per dose, per cinque dosi successive: il confronto con pazienti, vaccinati per via intramuscolare è a favore della via intradermica. Va ricordato che al momento di queste esperienze non era ancora disponibile il vaccino triplo pre-s1 + pre-s2 + S (pag. 363). INTERVALLO FRA LE DOSI Sulla base di quanto riportato dal Committee on Infectious Diseases, sulla rivista Pediatrics (settembre, 1994), i soggetti che non hanno eseguito le immunizzazioni contro l HBV, secondo i ritmi prescritti, cioè che presentano intervalli più lunghi di quelli consigliati, possono completare la serie delle tre dosi, senza tener conto dell intervallo trascorso dall ultima dose. Non c è più quindi la necessità di eseguire una vaccinazione in più o di ricominciare dall inizio. Nel corso di una recente esperienza è stato riscontrato che, quando l intervallo fra le dosi è di un anno (fra la prima e la seconda e fra la seconda e la terza), l immunogenicità risulta lievemente superiore a quella ottenuta con la schedula corrente (Halsey NA et al., 1999). Purtroppo il Ministero della Salute non è di questo avviso e anche nel DM 7 aprile 1999 e in successive circolari viene indicato, a mio parere erroneamente, di riprendere la vaccinazione dall inizio quando gli intervalli di tempo fissati fra una dose e l altra non siano stati rispettati. È evidente che una grande varietà di schedule per l immunizzazione contro l epatite B si dimostrano molto efficaci nel determinare l immunità, sia nei lattanti sia nei bambini. Ovviamente va sempre tenuto conto della regola generale che consiglia di ottenere buone difese nel più breve tempo possibile, per non lasciare spazio all infezione. IMMUNOGENICITÀ La risposta immune al vaccino anti-hbv può essere valutata attraverso la determinazione quantitiva del livello di anticorpi specifici: essa è ovviamente limitata al solo anti-hbs, mentre, come abbiamo visto, la risposta all infezione naturale comprende anche gli anticorpi diretti verso l HBcAg e HBeAg. La risposta immune ai vaccini ricombinanti è superiore, anche come durata, a quella che veniva ottenuta con i vaccini sieroderivati (Moest J et al., 1992). Esiste un evidente correlazione fra la risposta umorale (determinabile con la valutazione del tasso anticorpale) e la risposta cellulare in vitro alla vaccinazione con HBsAg (Leroux-Roels G et al., 1994). Il livello raggiunto al completamento della vaccinazione primaria è un indice della durata della persistenza in circolo degli anticorpi anti-hbs (Gesemann M e Scheiermann N, 1995).

32 EPATITE B La presenza di anticorpi di origine materna o la contemporanea somministrazione di Ig non interferiscono con l immunizzazione attiva contro l HBV. Per risposta anticorpale adeguata s intende una risposta che sia uguale o superiore a 10 milliunità internazionali (mui)/ml, equivalenti a circa 10 unità rapporto campione (SRU) con Radio-Immuno-Assay (RIA) o positiva con le tecniche immunoenzimatiche, misurate da 1 a 6 mesi dopo il completamento della serie di vaccinazione (Jack AD et al., 1999). Le persone che sviluppano un titolo di anti-hbs superiore a 10 mui/ml dopo una serie completa di vaccinazione sono virtualmente protette in linea di massima dalla malattia clinica e dall infezione cronica, a meno che non entrino in gioco, come abbiamo visto a pag. 345, le varianti virali. Qualunque sia il vaccino adoperato (Engerix B o HBVaxpro Recombivax HB) si ottiene un ottima sieroprotezione: mentre con le prime dosi si hanno livelli dimostrabili di anticorpi nel 70-90% dei lattanti, dei bambini, degli adolescenti e degli adulti vaccinati, dopo le tre dosi si riscontrano livelli protettivi di anti-hbs in oltre il 95% dei figli di madri HBsAg negative, nei bambini e negli adolescenti. Negli adulti la sieroconversione avviene in circa il 90% dei vaccinati. Alla sieroconversione corrisponde la protezione (tab ). Il vaccino complessivamente viene giudicato efficace nel prevenire l infezione nell % dei soggetti che hanno ricevuto la schedula completa di vaccinazione (ACIP, 2003). Dosi superiori (di due-quattro volte le dosi normali per l adulto) o un numero maggiore di dosi è necessario per ottenere una risposta anticorpale protettiva in un elevata percentuale di emodializzati o in altri soggetti immunocompromessi. I pazienti in emodialisi debbono ricevere una vaccino che contenga 40 µg di HBsAg, per tre-quattro dosi. Il vaccino HBVaxpro si presenta in una speciale formulazione da 40 µg/ml. Con i vaccini attualmente in commercio, elevatissimi livelli anticorpali si possono ottenere anche variando la schedula precedentemente suggerita, come quella che prevede due mesi d intervallo fra le diverse dosi. Tuttavia, mentre aumentando l intervallo fra le prime due dosi si ha scarso effetto sull immunogenicità e sul livello finale di anticorpi, aumentando l intervallo Tabella (ACIP, 2003) Protezione* per gruppi di età e per dose Dose Lattanti** Adolescenti e adulti *** % 20-30% % 75-80% % 90-95% * Anticorpi anti-hbs di 10 mui/ml o più alti ** I nati pretermine con peso inferiore ai 2 kg hanno mostrato di rispondere alla vaccinazione meno spesso, quando essa venga eseguita alla nascita *** Fattori che possono abbassare la percentuale di risposte al vaccino in soggetti di oltre 10 anni: sesso maschile, essere fumatori, obesità e deficienze immunologiche fra la seconda e la terza dose si ottiene alla fine un livello anticorpale più elevato. Come prima d iniziare la vaccinazione, così anche al completamento della schedula, non è affatto indicata nella popolazione in generale la determinazione del livello anticorpale. Questa regola non vale ovviamente per le categorie a rischio. Una risposta anticorpale nelle sottoclassi IgG1 e IgG2 è particolarmente evidente nella risposta in anticorpi specifici anti-hbs sia nei forti che nei deboli risponditori. Il relativo contributo delle IgG2 specifiche alla vaccinazione è più alto nei deboli risponditori e aumenta progressivamente con l età (Honorati MC et al., 1997a). Una situazione di stress e di ansietà ha un effetto negativo sulla risposta immune al vaccino contro l HBV sia di tipo cellulare sia umorale (Glaser R et al., 1998). Nel nato da parto prematuro la risposta è più bassa quando la vaccinazione viene eseguita poco dopo la nascita (cap. 5, pag. 155). Al contrario di quanto avviene nel neonato, nel bambino e nell adolescente, nei quali la risposta anticorpale supera il 95%, nel giovane adulto la risposta protettiva è di circa il 90%; oltre i 40 anni si assiste a un declino dell immunogenicità, per cui la risposta protettiva scende al di sotto del 90%; nei soggetti di 60 anni solo il 65-75% sviluppa livelli protettivi di anti-hbs (De Rave S et al., 1994; Fisman DN et al., 2002). Il vaccino combinato contro l epatite A + B non risulta molto efficace nell anziano da un punto di vista immunologico (Wolters B et al., 2003): in 104 persone di età media di 54 anni solo il 36% aveva anticorpi verso i due virus e nei soggetti di oltre i 40 anni solo il 29% aveva anticorpi verso l epatite B e il 65% verso l epatite A. Come si comportano sul lungo periodo i due vaccini, oggi in commercio? In uno studio prospettico non è stata riscontrata alcuna differenza sul livello anticorpale fino a 55 anni di età; ma oltre tale età la possibilità di non rispondere fu circa due volte superiore fra i soggetti che avevano ricevuto HBVaxpro (Recombivax B), in confronto a quelli che avevano ricevuto Engerix B (Averhoff F et al., 1998). Come sottolineano gli autori, a questa differenza nell immunogenicità corrisponde una differenza soltanto marginale nella prevenzione della malattia, che assolutamente non giustifica l uso preferenziale di un vaccino in confronto all altro. La spiegazione del fenomeno risiede con grande probabilità nel diverso contenuto di HBsAg, presente nei due vaccini. Alcuni autori sulla base del riscontro di una minor risposta immunitaria al vaccino HBVaxpro ipotizzano una sua minore efficacia, specialmente nell anziano (Rendi-Wagner P et al., 2000). Questa conclusione viene completamente contestata sulla base di numerosi aspetti, fra i quali la possibilità che altri fattori, non presi in considerazione nella pubblicazione, possano

33 15 - EPATITE B 373 aver influenzato i risultati e falsato le conclusioni (Hessel L e West DJ, 2002). Rimane il fatto, sotto gli occhi di tutti, che l efficacia dei due vaccini (Engerix B e HBVaxpro) può in pratica essere considerata, al momento attuale, come assolutamente corrispondente nel difendere i vaccinati dall infezione da HBV. È molto probabile che la memoria immunologica venga attivata anche con quantità di antigene vaccinale più bassa: è infatti la memoria immunologica più che l elevazione del tasso anticorpale ad essere importante per giudicare l efficacia di un vaccino, come è dimostrato dal fatto che le difese dall HBV sono attive anche quando in circolo non si ritrovino più anticorpi specifici. Un ricerca in proposito toglie ogni dubbio (Duval B et al., 2005): bambini di 9-10 anni vennero sottoposti a vaccinazione con Engerix B da 10 µg o con Recombivax HB da 2,5 µg. Dopo cinque anni vennero vaccinati con una dose di richiamo, rispettivamente da 10 e da 5 µg: un mese dopo il 99,7% di quelli trattati con Engerix B e il 99,6% di quelli trattati con Recombivax aveva anticorpi anti-hbs 10 µg; il GMT fu di mui/ml dopo Engerix B e mui/ml dopo Recombivax EB. Tuttavia la quantità di antigene presente nel vaccino è importante per il livello della risposta anticorpale e per la sua persistenza, soprattutto per le vaccinazioni eseguite nel lattante o in soggetti che rispondano poco all immunizzazione; essa ha un importanza minore per vaccinazioni eseguite nel bambino e nell adolescente (Koff RS, 2002). Recenti ricerche suggeriscono che la dose di antigene può contribuire a estendere la memoria immunologica e la durata dell immunità nelle infezioni virali: studi a distanza sui vaccinati sono necessari per determinare con esattezza se i vaccini contenenti le dosi più alte di antigene aumentino significativamente la durata dell immunità e forniscano una protezione di più lunga durata. La considerevole varietà nell entità delle risposte immunologiche alla vaccinazione contro l HBV può essere legata al polimorfismo dell interleuchina-1b: è stato osservato infatti che una variante allelica del gene dell IL-1b (+ 3953) aumenta l entità della risposta proliferativa delle cellule T e del titolo degli anticorpi anti-hbs (Yucesoy B et al., 2002). Il fattore età sembra molto più importante di altri fattori, come l obesità, le malattie croniche, il fumo e altro, nell interferire con la risposta immunitaria alla vaccinazione (Wood RC et al., 1993). Una differenza fra il neonato e l adulto si è riscontrata anche nelle risposte in linfociti T alla vaccinazione primaria e all età di un anno (Ota MOC et al., 2004): le forti risposte anticorpali alla vaccinazione primaria si associano a basse risposte in IFN-g, e all età di uno anno la risposta all HBsAg è in modo caratteristico più alta in risposte Th2 rispetto all adulto. Il fumo passivo non ha influenza sulla risposta al vaccino (Duval B et al., 1997). La risposta al vaccino contro l HBV non è influenzata dalla presenza di un epatite da HCV (Awofeso N et al., 2001). In una ricerca sulla vaccinazione di soggetti che facevano uso di droghe per via venosa, è risultato che dopo tre dosi del vaccino contro l HBV, la risposta anticorpale era paragonabile a quella riscontrata in adulti sani: viene comunque sottolineata la necessità che i soggetti in corso di vaccinazione vengano attentamente monitorati (Lugoboni F et al., 1997). Le malattie croniche impediscono una buona risposta al vaccino contro l HBV, siano esse diabete mellito tipo 1 (Marseglia G et al., 2000), sia epatite C cronica (Wiedmann M et al., 2000). È necessario stare attenti nell interpretare esattamente le variazioni nel livello anticorpale, osservate dopo la vaccinazione con HBsAg, perché parte di esse potrebbe essere dovuta alla diversa sensibilità dimostrata dalle diverse prove in commercio per il loro dosaggio: usando infatti tre diverse prove di dosaggio (AxSYM, Architet e Access) sono stati ottenuti livelli diversi di anti-hbs (Heijtink RA et al., 2002). Le differenze sono risultate statisticamente significative, con un p < 0,001. EFFICACIA I vaccini oggi in commercio si sono dimostrati in ogni caso sicuri ed efficaci, non avendo dato, dopo centinaia di milioni di dosi, alcun effetto collaterale spiacevole e avendo offerto la protezione a oltre il 90% dei vaccinati, praticamente in tutti quelli che avevano risposto alla vaccinazione con un livello anticorpale superiore a 10 mui/ml. Prove sul campo hanno dimostrato un efficacia fra l 85 e il 95% nel prevenire l infezione in soggetti suscettibili. La protezione verso la malattia è virtualmente completa per persone che sviluppano un adeguata risposta anticorpale. L efficacia dei vaccini contro l HBV è risultata particolarmente evidente nei gruppi ad alto rischio, come gli uomini dediti ad attività sessuali con persone dello stesso sesso, gli operatori sanitari, il personale di assistenza e gli ammalati dei Servizi di emodialisi e infine i figli di madre HBsAg positiva, HBeAg positiva. Casi di epatite B clinica o di infezioni croniche da HBV sono risultati invece evidenti fra i soggetti che avevano avuto una risposta inferiore a 10 mui/ml. Poiché la maggior parte delle infezioni da HBV del bambino e dell adolescente avviene in modo asintomatico, per la valutazione dell efficacia non è sufficiente tener conto soltanto delle notifiche di malattia. È invece di grande interesse seguire la morbilità e la letalità da HBV per quanto riguarda le infezioni croniche: è questo infatti il miglior indicatore del successo del programma di vaccinazione. Esperienze del genere sono state condotte in varie parti del mondo e hanno tutte confermato la grande efficacia della vaccinazione.

34 EPATITE B Effetti favorevoli della vaccinazione sull incidenza dell epatite cronica, del carcinoma epatico e dell epatite fulminante In Alaska l incidenza delle infezioni croniche da HBV nei bambini era molto elevata, raggiungendo valori del 15% della popolazione infantile. A distanza di tempo dalla vaccinazione con HBsAg DNA ricombinante è risultato che l incidenza delle forme croniche d infezione era calata quasi a 0 (Mahoney F et al., 1997; Harpaz R et al., 2000). Risultati altrettanto favorevoli sono stati riportati in Gambia (Whittle HC et al., 1995). Anche con il vaccino siero-derivato in Cina è stata riscontrata, a distanza di 15 anni, un elevata riduzione di soggetti con epatite cronica, in confronto ai non vaccinati (Liao S et al., 1999). L ultimo obiettivo della vaccinazione contro l epatite B è rappresentato dalla riduzione dei casi di carcinoma epatocellulare. Ebbene, a Taiwan è stata osservata di recente una riduzione dei casi di carcinoma epatocellulare fra i bambini che alla nascita erano stati sottoposti a vaccinazione (Lee CL e Ko YC, 1997; Chang MH et al., 1997). In ricerche successive è stato constatato che il beneficio della vaccinazione contro l HBV nei confronti del carcinoma epatocellulare era più evidente nei maschi che nelle femmine (Chang MH et al., 2000). D altra parte la vaccinazione contro l epatite B aveva determinato una minor comparsa di problemi epatici nei bambini degli Stati Uniti in confronto ai bambini non vaccinati (odds ratio 2,94). In Canada (Colombia Britannica) la vaccinazione contro l epatite B venne introdotta negli adolescenti nel 1992: a distanza di 10 anni l epatite B acuta è stata eliminata nella coorte di soggetti immunizzati (Patrick DM et al., 2003). Il vaccino HBsAg è stato usato anche come trattamento dell epatite B cronica in numerosi pazienti con scarsi risultati (Vandepapeliére P, 2002; Dikici B et al., 2003): lo scarso effetto del vaccino nel trattamento delle forme croniche di epatite B può essere spiegato con la sua incapacità di attivare linfociti T CD8 positivi specifici per l HBV (Jung M-C et al., 2002). Alcuni ricercatori hanno riscontrato che il 60,9% dei trattati presentò una scomparsa dell HBV DNA, sia con sia senza la somministrazione contemporanea di interferon (Pol S et al., 1998). Durante il trattamento con vaccino nei soggetti con epatite B cronica si assiste alla proliferazione di cellule T CD4+, importanti per il controllo della viremia (Couillin I et al., 1999). In una valutazione costi/benefici è risultato che la profilassi postesposizione contro l HBV è conveniente, soprattutto nei paesi a media incidenza (Kwan-Gett TSC et al., 1994; Garuz R et al., 1997; Alimonos K et al., 1998; Beutels P, 1998; Szucs TD et al., 1998; Krahn M et al., 1998; Da Villa G et al., 1999). DURATA DELLA PROTEZIONE: IL PROBLEMA DEL RICHIAMO La durata dell immunità è di regola collegata alla presenza di anticorpi: questo collegamento non è effettivamente corretto perché, come vedremo meglio, una risposta anamnestica dopo la somministrazione di un richiamo è ancora presente anche quando in circolo non si ritrovino più anticorpi. La determinazione del tasso anticorpale tuttavia rimane il mezzo più semplice e più disponibile per valutare l entità dell immunità umorale (Bartolozzi G, 1992). Come per ogni altra vaccinazione, il livello di anticorpi diminuisce col tempo: la velocità di questa diminuzione si correla abitualmente con il livello iniziale raggiunto, nel senso che una risposta anti-hbs quantitativamente importante si associa alla persistenza nel tempo di un elevato livello di anticorpi (Maggiore G, 1997). Dopo un rapido declino nel primo anno dopo la terza dose, la caduta degli anticorpi si fa più lenta e prolungata nel tempo. Dal 30 al 60% delle persone che avevano sviluppato un adeguata risposta anticorpale, dopo le tre iniziali dosi di vaccino, non presenta più, a distanza di 9-11 anni, livelli dimostrabili di anticorpi (Van Herck K et al., 1998). In figli di madri HBsAg positive anche dopo 5 e 14 anni dalla vaccinazione sono ancora presenti livelli 10 µg/ml di anticorpi anti-hbs (Mele A et al., 2001). La riduzione ed eventualmente la scomparsa degli anticorpi anti-hbs (cioè la riduzione del titolo al di sotto delle 10 mui/ml) non s identifica con un ritorno alla suscettibilità: sono state infatti descritte, in caso di contatto con il virus selvaggio, risposte secondarie di tipo anamnestico, con marcato incremento dei titoli di anti-hbs, in soggetti con valori indosabili di anti-hbs, senza la presenza d infezione, come sarebbe stato documentato dalla comparsa della positività dell anti-hbc. Tuttavia, sono stati descritti abbastanza di rado soggetti che hanno presentato, dopo molti anni dalla vaccinazione, la comparsa nel sangue dell anti-hbc, a testimonianza di un avvenuto incontro con l HBV e di un infezione asintomatica, senza che nessuno di questi si sia dimostrato mai HBsAg positivo, o abbia presentato i segni dell epatite B. In uno studio prospettico su 2708 soggetti vaccinati, abitanti in un area ad alta endemia, seguiti per 5-11 anni, 70 (cioè il 2,6%) divennero positivi per l anti-hbc. La possibilità di riscontro di anti-hbc in soggetti vaccinati è presente anche nel personale ospedaliero di assistenza (Rosen E et al., 1999). La possibilità di aumenti apparentemente spontanei nel titolo degli anticorpi anti-hbs in popolazioni immunizzate in aree a elevata endemia è stata documentata altre volte: anche in questo caso il vaccino continua a fornire protezione a distanza di molti anni dalla vaccinazione primaria (Bulkow LR et al., 1998). Da tutto questo si ricava che la protezione verso le infezioni profonde da HBV permane per almeno 12 anni, nonostante il declino del titolo degli anticorpi. Ad analoghe conclusioni si è giunti anche quando la vaccinazione è stata praticata nel lattante e nel bambino, sia con vaccino plasma-derivato che con vaccino DNA ricombinante (Yuen MF et al., 1999). La spiegazione di questa caratteristica immunitaria risiede nella memoria immunologica, presente ancora, pur in assenza di anticorpi, a oltre 15 anni di distanza dalla vaccinazione primaria (West DJ e Calandra GB, 1996; Boxall EH et al., 2004).

35 15 - EPATITE B 375 La dimostrazione della presenza della memoria immunologica si ricava dalla risposta di tipo anamnestico che si ottiene in soggetti sottoposti a una dose di richiamo, in assenza di anticorpi circolanti. È stato infatti documentato nei bambini (Da Villa G et al., 1996; Resti M et al., 1997) e negli adulti (Trivello R et al., 1995; Watson B et al., 2001; Williams JL et al., 2001) un rapido aumento degli anticorpi anti-hbs dopo una dose di richiamo del vaccino, in oltre il 90% dei soggetti che erano stati vaccinati molti anni prima e che avevano risposto alla vaccinazione. Pertanto le comuni prove di ricerca degli anticorpi, utili sempre nelle classi a rischio (anche in quelle con infezione da HIV), per valutare l opportunità di una dose di richiamo a distanza di 5-10 anni, non sono affatto necessarie nei bambini e negli adulti che hanno un normale stato immune. A questa regola fanno eccezione i soggetti delle categorie a rischio elevato, soprattutto quelli in emodialisi, nei quali la protezione può mancare quando il livello anticorpale cade al di sotto delle 10 mui/ml: in questi la valutazione del tasso anticorpale deve essere eseguita ogni anno, seguita da una dose di richiamo, quando la concentrazione anticorpale cada al di sotto delle 10 mui/ml. Come si sa la memoria immunologica (cap. 1, pag. 28) deriva da un complesso gioco fra le cellule B della memoria, le cellule T helper della memoria, le cellule linfocitarie citotossiche della memoria e i complessi antigene-anticorpo. La forza della risposta anticorpale anamnestica è in relazione alla risposta anticorpale alla vaccinazione primaria; così la durata della memoria immunologica è correlata alla risposta anticorpale iniziale. Esiste quindi un legame fra la dose di antigene e il livello di anticorpi neutralizzanti, per cui la dose dell antigene del vaccino controlla la quantità dei complessi persistenti di antigene-anticorpo, regolando il livello di anticorpi neutralizzanti. Più alta è la dose di antigene del vaccino e più lunga è la persistenza dell antigene e quindi, di conseguenza, più vigorosa è la risposta iniziale delle cellule T. La persistenza dell antigene, la dose e la naturale risposta sono alla base del livello di anticorpi e della risposta delle cellule T e di conseguenza influenzano la forza di risposta anamnestica, della linfoproliferazione e della memoria immunologica sia B- che T-cellule mediata (Banatvala J et al., 2000). Strettamente collegata con la durata dell immunità, è l eventuale necessità di una dose di richiamo. Questo argomento è stato oggetto di un vivace dibattito negli ultimi anni. Fra i bambini che vivono in aree ad alta endemicità, non ci furono differenze nella prevalenza delle infezioni da HBV a 8-12 anni di età, fra i bambini che avevano ricevuto una dose di richiamo all entrata a scuola e quelli che non l avevano ricevuta (Coursaget P et al., 1994; Poovorawan Y et al., 1997). Per queste e altre esperienze al momento attuale le autorità sanitarie degli Stati Uniti non raccomandano dosi di richiamo del vaccino contro l HBV per i soggetti che avevano risposto alla vaccinazione. Tuttavia in uno studio sui bambini nativi dell Alaska, vaccinati alla nascita con tre dosi di HBsAg, è stato notato che all età di 5 anni il livello degli anticorpi anti-hbs si è abbassato a limiti non dosabili. Anche se è vero che molti di questi bambini hanno mostrato di possedere ancora una buona memoria immunologica, un terzo di loro non ha presentato una risposta anamnestica a una dose di richiamo (Petersen KM et al., 2004). Gli autori sentono la necessità di ulteriori studi, per stabilire l eventuale necessità di una dose di richiamo Le opinioni degli studiosi europei sono molto più divise: alcuni suggeriscono l utilità di somministrare dosi di richiamo nei soggetti il cui tasso anticorpale sia sceso sotto le 10 UI/mL, senza portare alcuna prova di questo loro modo di pensare (Tilzey AJ, 1995; Assael BM, 1995; Minana JS et al., 1996). Finalmente l European Consensus Group on Hepatitis B Immunity si è espresso nel 2000 (European Consensus Group in Hepatitis B Immunity, 2000) affermando che la memoria immunologica è presente ancora dopo 15 anni dalla vaccinazione e non ci sono prove al momento attuale per affermare la necessità di una dose di richiamo di vaccino contro l HBV nei soggetti immunocompetenti che hanno risposto alla vaccinazione primaria. Confermano d altra parte la necessità di somministrare dosi di richiamo ad alcuni gruppi a rischio, eventualmente precedute dal dosaggio degli anticorpi per procedere a una nuova somministrazione di vaccino quando i tassi scendono al di sotto delle 10 mui/ml. I dati, riportati da Floreani nel 2004 confermano questo punto di vista (Floreani A et al., 2004) e così quelli di Lin (Lin Y-C et al., 2003), di Dentico (Dentico P et al., 2002) e di Williams (Williams IT et al., 2003). Una certa prudenza nell esprimere pareri definitivi sull utilità di una dose di richiamo deriva dall esperienza raccolta in Gambia in bambini e adolescenti, vaccinati 14 anni fa (Whittle H et al., 2002): l efficacia del vaccino nei confronti dello stato di portatore cronico dell HBV fu del 94% e non variò significativamente nei vari gruppi di età, ma l efficacia contro l infezione fu solo dell 80%. Quest ultimo parametro variò con l età, perché l incidenza dell infezione fu maggiore (efficacia del 65%) nelle classi di età più elevate (da 17 a 19 anni); in questo gruppo di età fra i soggetti non infettati il 36% non aveva anticorpi dimostrabili nel sangue circolante. Il tempo trascorso dalla vaccinazione e i bassi livelli di anticorpi furono i due maggiori fattori di rischio. Viene sollevato infine il problema della necessità di una dose di richiamo. Molto opportunamente una nota del Ministero della Sanità italiano, del 22 dicembre 1997 e la circolare ministeriale n. 19 del 30 novembre 2000 ricordano che le evidenze scientifiche fino a oggi accumulate non suggeriscono la necessità di richiami nei soggetti

36 EPATITE B di qualunque età, non appartenenti a specifiche categorie a rischio. Nelle persone che rientrano nei gruppi a maggior rischio, l opportunità di somministrare richiami di vaccino andrà valutata sulla base dei risultati dei dosaggi del livello anticorpale e della persistenza dell esposizione al rischio. IL PROBLEMA DEI NON-RESPONDER Come abbiamo visto, esistono molti fattori che possono associarsi alla non risposta al vaccino contro l epatite: essi includono alcuni fattori legati al vaccino (per esempio la dose, la schedula, la sede dell iniezione) e altri legati all ospite (l età superiore ai 40 anni, il sesso maschile, l obesità, il fumo e le malattie croniche). Cosa capita nella pratica? Quando, a un mese di distanza dal completamento del ciclo vaccinale, viene valutato nell adulto il livello di anticorpi specifici anti-hbs, è possibile trovarsi di fronte a tre situazioni: 1) soggetti che non hanno anticorpi anti-hbs o li hanno a titoli inferiori a 10 mui/ml: in questa situazione si trova circa il 4% dei vaccinati adulti; 2) soggetti che hanno anticorpi anti-hbs a basso titolo, cioè fra 10 e 100 mui/ml: in questa situazione si trova circa il 10% dei soggetti adulti; 3) soggetti con titolo anticorpale superiore a 100 mui/ml: in questa situazione si trova l 86% dei soggetti adulti. Risulta chiaro quindi che esistono due popolazioni di soggetti, peraltro normali: 1) la maggioranza con una buona risposta anticorpale; 2) una minoranza (circa il 14% del totale) nella quale la risposta può essere assente o bassa. Da queste conoscenze scaturiscono alcuni comportamenti pratici di grande importanza: nei soggetti adulti ad alto rischio merita controllare a distanza dalla vaccinazione la presenza o meno di anticorpi anti-hbs; le persone che non rispondono alla prima serie di vaccino debbono completare una seconda serie con la stessa schedula, cioè tempo 0, dopo 1 e 6 mesi. Può essere anche usata una schedula accelerata; alla fine di questa seconda serie è bene controllare di nuovo la risposta immunologica. Meno del 5% delle persone che ricevono sei dosi di vaccino contro l HBV non sviluppa anticorpi anti-hbs (Cheng KF et al., 1994; Clemens R et al., 1997; Belloni C et al., 1998). Secondo alcuni, buoni risultati si ottengono anche solo con un dose di vaccino (Duval B et al., 2002). Alcune persone che rimangono negative dopo sei dosi di vaccino possono avere così bassi livelli di anti-hbs da risultare negative alle prove sierologiche di routine. Una delle ragioni della persistente non risposta al vaccino contro l epatite B è che il soggetto sia cronicamente infetto con l HBV: per tale ragione le persone che non sviluppano anticorpi dopo sei dosi debbono essere studiate per l HBsAg. Le persone che non rispondono alle due serie di tre dosi e che sono HBsAg negative debbono essere considerate come non-responder in senso assoluto e pertanto possono ammalarsi di infezione da HBV. Altre ragioni della mancata risposta possono dipendere dalle caratteristiche genetiche del soggetto. L analisi del complesso maggiore di istocompatibilità HLA (MHC) ha dimostrato che la risposta elevata alla vaccinazione anti-hbv è dovuta alla presenza di un gene dominante dell immunorisposta (gene dell H- LA-B8, SCOI, DR3) e che la risposta assente o bassa è dovuta all assenza o al cattivo funzionamento di tale gene, mentre sono presenti, su ambedue i cromosomi, alleli diversi MHC (Alper CA et al., 1989). Le risposte immuni al vaccino contro l HBV sono largamente determinate anche da altri geni HLA-DR, -DP e -DQ (Peces R et al., 1997; Desombere I et al., 1998). Nei non-responder è stato anche trovato un difetto delle cellule T, che non proliferano e non secernono IL-2 in risposta alla stimolazione con HBsAg (Chedid MG et al., 1997). Successivamente è stato visto che, mentre nei non-responder si ha una completa mancanza della risposta delle citochine HBsAg-specifica, è presente la risposta in citochine verso l anatossina tetanica (Larsen CE et al., 2000). Un aspetto particolare nella non risposta alla vaccinazione è quello offerto dai neonati che hanno presentato un passaggio del DNA dell HBV in utero. Il passaggio in utero del DNA, evenienza che si verifica in poco più del 10% delle gravidanze di donne HBsAg positive e HBeAg positive, determina una tolleranza immunologica verso basse dosi di HBsAg: che questa sia la ragione della mancata risposta alla vaccinazione contro l HBV è dimostrato dal fatto che questi bambini rispondono normalmente ai tre virus del vaccino contro la polio, all anatossina tetanica e ai polisaccaridi dello pneumococco (Lazizi Y et al., 1997). Un altro tentativo per modificare la non risposta al vaccino contro l HBV è rappresentato dall uso della via intradermica. La via intradermica è stata utilizzata per l immunizzazione di soggetti che non avevano risposto alla vaccinazione per via intramuscolare: sulla base di una larga esperienza in soggetti in dialisi cronica viene ritenuto che la non risposta al vaccino per via intramuscolare possa essere portata a una buona risposta con ripetute dosi per via intradermica di basse quantità di vaccino (per via intradermica e per via intramuscolare è stata usata la stessa dose) (Fabrizi F et al., 1997). L analisi costo/efficacia dimostra che la somministrazione per via intradermica del vaccino anti-hbv è la migliore strategia, clinicamente disponibile, prima della scoperta dei vaccini di terza generazione. Ad analoghe conclusioni giungono altri ricercatori (Propst T et al.,

37 15 - EPATITE B ), che hanno usato come schedula quella di 20 µg di HBsAg per dose, per cinque dosi successive: il confronto con pazienti, vaccinati per via intramuscolare, è a favore delle via intradermica (pag. 370). Un tentativo con interferon-a non ha avuto seguito (Goldwater PN, 1994). L uso di un nuovo adiuvante (3 deacilato monofosforil lipide A) da aggiungere all alluminio ha permesso di ottenere delle buone risposte anticorpali anche in soggetti non-responder (Jacques P et al., 2002); buoni risultati anche con l uso, come adiuvante, del fattore stimolante le colonie di granulociti-macrofagi (Kim M-J et al., 2003). Anche i vaccini a DNA si sono dimostrati efficaci nell indurre una risposta immunologica in soggetti non-responder. Ma la soluzione del problema dei non-responder risiede nell uso di un vaccino che accanto all HBsAg, derivato dal gene S, presenti anche gli antigeni derivati dal gene pre-s1 e pre-s2. Poiché come abbiamo visto, esistono tre domini immunogenici sull involucro dell HBV, il polipeptide S, il pre-s1 e il pre-s2, viene ritenuto che l inclusione degli antigeni pre-s in un vaccino contro l HBV aumenti la risposta immunologica in soggetti che non avevano primitivamente risposto; con questo vaccino, quando usato nella vaccinazione primaria, si ottengono livelli anticorpali più elevati che con il vaccino corrente, tanto da poter tentare anche una riduzione nelle concentrazioni di antigene (Jones CD et al, 1998) (pag. 363). Mentre è facile definire come non-responder un soggetto dopo un controllo eseguito a breve distanza dal completamento della vaccinazione, è invece difficile interpretare la negatività della sierologia per anti-hbs in una persona che ha ricevuto il vaccino nel passato e che non è stata saggiata dopo la vaccinazione. Senza l esecuzione delle prove postvaccinazione non è possibile determinare se la persona negativa rappresenti una vera insufficiente risposta al vaccino (cioè una mancanza di risposta iniziale) oppure se gli anticorpi, inizialmente presenti, si sono negativizzati al di sotto dei livelli dimostrabili con la prova. È evidente che nel secondo caso la mancanza di anticorpi non significa una mancanza di protezione, come dimostrato dalla risposta anamnestica, dopo una dose di richiamo. Se il soggetto non rispondesse al richiamo, è necessario somministrare altre due dosi di vaccino contro l HBV per completare una seconda serie. Se il soggetto non rispondesse nemmeno a questa seconda dose, va considerato come un vero non-responder. Il meccanismo della non-risposta non sembra dipendere dall insufficiente assunzione dell antigene, dalla sua elaborazione, né dalla sua presentazione da parte delle cellule processanti l antigene (Desombere I et al., 1995). Per tale ragione si è reso necessario lo studio delle risposte delle cellule T all antigene, aspetto che nel passato è stato molto trascurato. Infatti, se i non-responder umorali ai vaccini contro l HBV fossero capaci di sviluppare una risposta cellulare specifica, essi potrebbero fornire abbastanza protezione contro le infezioni da HBV. In una ricerca è stata valutata la capacità dei linfociti periferici di 121 operatori sanitari di cui 76 non-responder, a proliferare verso quattro vaccini contro l HBV, studiando l assetto dei linfociti, la produzione d interferon g, di IL- 4 e di IL-10 (Jarrosson L et al., 2004): nel 75% dei soggetti che non avevano risposto in anticorpi sono state rilevate risposte proliferative specifiche ad almeno un antigene dell HBV. Queste cellule linfocitarie differivano dai CD4+, fortemente proliferanti, dei soggetti che rispondevano in anticorpi, tuttavia è possibile che la loro risposta protegga sufficientemente i soggetti dal virus dell epatite B; un rilievo del genere nei soggetti non-responder può fornire un supporto valido, per evitare di sottoporli a numerose rivaccinazioni, come avviene di regola. REAZIONI E COMPLICAZIONI Da una numerosa serie di pubblicazioni si ricava che il vaccino contro l HBV, usato in centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, è eccellente sotto il profilo della sicurezza: l insorgenza di reazioni gravi e di complicazioni è eccezionale (CDC, 1996). I due effetti collaterali più frequenti nei bambini e negli adulti sono: nel 3-5% dei bambini e nel 13-29% degli adulti vaccinati si manifesta una lieve dolenzia nella sede d iniezione, accompagnata da eritema, senso di stanchezza e cefalea nell adolescente e nell adulto, della durata di uno-due giorni; nel 3-4% dei vaccinati si riscontra febbre superiore ai 37,7 C, raramente stanchezza, cefalea e irritabilità, più di rado nei bambini che negli adulti. Le reazioni sono meno frequenti alle dosi successive. Probabilmente queste reazioni sono in gran parte legate all adiuvante, tanto è vero che nelle pubblicazioni con studi-controllo, gli effetti collaterali sono riportati con la stessa frequenza nel gruppo trattato con il vaccino e nel gruppo controllo (tab ). Tabella Reazioni avverse a vaccinazione contro l epatite B ( )* Classi di età Totale 0-14 anni anni anni > 65 anni Non indicata Totale * Raccomandazioni della Commissione ministeriale sugli effetti della campagna di vaccinazione, 1999

38 EPATITE B Tabella Reazioni avverse a carico del sistema nervoso centrale e periferico, nelle diverse età, in seguito a vaccinazione contro l epatite B ( ) Reazioni > 65 Totale Parestesie S. Miller-Fischer 1 1 S. Guillain-Barré Neurite del VII nervo cranico 1 1 Paralisi facciale 2 2 Ptosi palpebrale transitoria 1 1 Paresi** 1 1 Neurite del plesso brachiale Convulsioni febbrili 1 1 Totale * Raccomandazioni della commissione ministeriale sugli effetti della campagna di vaccinazione, 1999 ** In un soggetto in cui era già stata diagnosticata la sclerosi multipla Molto più di rado vengono associati alla somministrazione del vaccino il vomito, le vertigini, il prurito, l artralgia, le mialgie, l orticaria, le parestesie e la sonnolenza, tutti sintomi che si risolvono entro ore dalla somministrazione del vaccino (Grotto I et al., 1998). Gli eventi segnalati sono stati nell 89% dei casi di moderata entità, sia nel punto d inoculo (25%) sia a carattere generale (64%). Nel 10% dei casi le segnalazioni hanno riguardato eventi di maggiore gravità, tra cui alcune manifestazioni a carico del sistema nervoso (tab ). In una recente valutazione epidemiologica è stato osservato che, tenendo conto dell età, della razza e del sesso il vaccino contro l HBV è associato, in bambini in età inferiore ai 6 anni, con l artrite con un indice di Odds di 5,91, con le infezioni acute dell orecchio e con le naso-faringiti rispettivamente con un Odds di 1,60 e 1,41 (Fisher MA et al., 2001). Dati preliminari, ricavati dal Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) nel hanno messo in evidenza che effetti collaterali gravi erano più frequenti nei bambini che avevano ricevuto uno specifico vaccino contro l HBV: un esame comparativo di questi dati e di quelli ricavati dal Vaccine Safety Datalink (VSD) ha permesso di rilevare che non esistono differenze fra i due vaccini, in commercio negli Stati Uniti (Niu MT et al., 1998). Un quadro particolare è stato descritto in Canada in quattro bambini di anni, che hanno mostrato una sindrome dolorosa regionale al braccio nel quale era stata eseguita la vaccinazione contro l HBV; la sindrome oltre che dal dolore è caratterizzata da disfunzione autonomica (edema, cambiamenti del flusso cutaneo del sangue, eccessiva sudorazione) e da ridotta ampiezza dei movimenti (Jastaniah WA et al., 2003). Il quadro è durato da due ore a quattro mesi; esso è scomparso senza lasciare reliquati. Sono stati descritti casi isolati di glomerulonefrite (Pennesi M et al., 2002) e di porpora trombocitopenica (Nuevo H et al., 2004). Non sono stati messi in evidenza fenomeni di autoimmunità in bambini immunizzati alla nascita con il vaccino ricombinante contro l epatite B (Belloni C et al., 2002). Negli Stati Uniti sono stati riportati alcuni casi di anafilassi dopo la vaccinazione contro l HBV (1 caso su dosi), nessuno dei quali mortale. Di recente è stata sospettata un associazione (rara peraltro) fra alopecia e somministrazione di vaccino (su 60 casi 46 avevano ricevuto il vaccino contro l HBV), senza riuscire a stabilire un legame sicuro (Wise RP et al., 1997) (cap. 4, pag. 126). L insorgenza di una sindrome di Guillain-Barré o di una sclerosi multipla è stata sospettata più volte; tuttavia è stato impossibile stabilire una relazione causale fra queste malattie e la vaccinazione contro l HBV, perché queste malattie: sono rare; si manifestano spessissimo in assenza della vaccinazione contro l HBV; la loro punta d incidenza si verifica nelle classi di età più avanzate di quelle nelle quali viene usato il vaccino contro l HBV. Nonostante gli iniziali interventi limitativi, assunti in Francia, seguendo le raccomandazioni dell OMS, tutti i paesi hanno mantenuto o addirittura potenziato i propri programmi contro l HBV. Anche il Ministero della Sanità (Commissione ministeriale sugli effetti delle campagne di immunizzazione) ha emanato un documento (ottobre 1999) nel quale si conclude che non è stata dimostrata un associazione tra la vaccinazione contro l epatite virale e le malattie demielinizzanti. Una parola definitiva in proposito è scaturita da due pubblicazioni (Ascherid A et al., 2001; Confavreux C et al., 2001): non esiste nessuna associazione fra vaccinazione contro l HBV e lo sviluppo di sclerosi multipla; Inutili sospetti francesi In Francia, dove dal 1994 la vaccinazione contro l epatite B è stata estesa agli adolescenti e ai giovani adulti, è stata ipotizzata un associazione tra epatite B e sclerosi multipla. Dopo la sentenza del Tribunale di Nanterre e la pressione di gruppi contro le vaccinazioni, il Ministero della Sanità francese il 1 ottobre 1998 ha sospeso la vaccinazione per gli adolescenti. Un Gruppo di lavoro dell OMS, che fin dal 1997 aveva riscontrato una completa mancanza di dati scientifici per stabilire un rapporto di causa-effetto fra vaccinazione contro l epatite B e sclerosi multipla (Hall A et al.,1999), ha ufficialmente stigmatizzato in un preciso documento tale decisione. A conclusioni analoghe sono giunti l Agenzia europea per il farmaco e l Associazione americana degli ammalati di sclerosi multipla. In conseguenza di tutto ciò in Francia nei primi mesi del 1999 è stata ripresa la vaccinazione degli adolescenti a opera dei medici di famiglia.

39 15 - EPATITE B 379 le vaccinazioni (compresa quella contro l HBV) non sembrano aumentare il rischio a breve termine di ricaduta nella sclerosi multipla. Queste sono le considerazioni sulle quali si basano queste affermazioni: un confronto fra l incidenza geografica e la prevalenza dell HBV con quella della sclerosi multipla mostra forti differenze. La Scandinavia e l Europa settentrionale in generale hanno la più alta incidenza di sclerosi multipla e le più basse percentuali di infezione da HBV, mentre l Africa e l Asia, che hanno incidenze molto basse di sclerosi multipla, hanno le più alte percentuali di infezioni da HBV. Se il virus non causa la sclerosi multipla è difficile che lo faccia il vaccino; gli studi dopo l entrata in commercio del vaccino sono un importante fonte di conoscenza sugli effetti collaterali. Nessuno di questi studi mostra una qualche evidenza di un rischio aumentato di sclerosi multipla dopo l uso del vaccino contro l HBV; inoltre l OMS ha analizzato i dati francesi. La percentuale di notifica di malattie demielinizzanti, riguardo all associazione con la somministrazione del vaccino contro l HBV, è risultata di 0,6 casi su persone vaccinate, percentuale che è più bassa dell incidenza che ci saremmo aspettati nella stessa popolazione (stimata in uno-tre casi per abitanti). In altre parole questi dati non hanno confermato il sospetto di un legame fra sclerosi multipla e vaccino contro l HBV. Ma la storia non finisce qui e viene ripresa nel Secondo uno studio pubblicato su Neurology (Hernàn MA et al., 2004) le persone vaccinate contro l epatite B avrebbero un rischio triplicato di sviluppare la sclerosi multipla nei tre anni successivi alla vaccinazione; la conclusione dello studio è stata: La frequenza dei casi, vaccinati con almeno una dose di vaccino antiepatite B nei tre anni antecedenti l esordio dei sintomi, era del 6,7%, rispetto al 2,4% dei controlli. L odds ratio per sclerosi multipla dei vaccinati contro i non vaccinati è di 3,1 (IC 95% 1,5-6,3). Nello stesso numero l editoriale di Naishmith e Cross sottolinea la fragilità dello studio e fa notare come i risultati debbano essere letti e inseriti nel complesso della moltitudine di studi che hanno escluso qualsiasi legame tra vaccinazione antiepatite B e sclerosi multipla (Naismith RT e Cross AH, 2004). La debolezza più evidente è che il numero di soggetti affetti da sclerosi multipla e vaccinati contro l epatite B è solo di 11. Prende posizione la stessa OMS con un Final Statement sull argomento (OMS, 2004): il Global Advisory Committee on Vaccine Safety afferma che le prove e gli argomenti, presentati dal dottor Hernan e altri, sono insufficienti per confermare l ipotesi di un legame fra vaccinazione contro l epatite B e la sclerosi multipla e non giustificano la sospensione o la modificazione dei programmi di vaccinazione contro l HBV. Molto è stato discusso sui mezzi d informazione sui pericoli dell aggiunta di timerosal (contenente etilmercurio) ai vaccini in generale e al vaccino contro l HBV in particolare, per quanto riguarda la presenza di mercurio (cap. 1, pag. 16; cap.15, pag. 365). Non è stata addotta nessuna prova sulla reale pericolosità di questo conservante, tuttavia è importante ricordare che negli ultimi vaccini, tetra- penta ed esavalenti, come anche nello stesso vaccino contro l HBV, il timerosal non è più contenuto. Nonostante queste sicurezze, la sistematica sorveglianza per le reazioni avverse al vaccino nella popolazione deve essere continuata. Ogni presunto rischio di reazioni avverse, possibilmente associato con l uso del vaccino contro l HBV, deve essere accuratamente valutato in un confronto con i rischi delle malattie epatiche, collegate all HBV. Va comunque considerato che l incidenza degli effetti avversi postimmunizzazione è comunque, anche per il vaccino contro l HBV, largamente sovrastimata (De Serres G et al., 2001). Sulla base di accurate indagini è stata esclusa l associazione fra vaccinazione contro l epatite B alla nascita e morte neonatale (Eriksen EM et al., 2004). Rimane di difficile comprensione il rilievo, fatto in Guinea-Bissau, di aumento della mortalità fra i sogetti di sesso femminile, in confronto ai soggetti di sesso maschile, dopo la vaccinazione contro l epatite B (Garly M-L et al., 2004). PRECAUZIONI E CONTROINDICAZIONI Soggetti con una malattia da moderata a grave non debbono essere vaccinati finché la malattia non migliori. Tuttavia una malattia minore, come un infezione delle vie aeree superiori, non è una controindicazione alla vaccinazione. Né lo stato di gravidanza, né l allattamento rappresentano una controindicazione alla vaccinazione, in donne a rischio di contrarre un infezione da HBV. In pazienti con diatesi emorragica, il rischio di sanguinamento dopo l inoculazione del vaccino può essere ridotto se la vaccinazione viene eseguita immediatamente dopo la somministrazione del fattore mancante, oppure applicando una pressione sul punto d inoculazione, per almeno dieci minuti. Un precedente attacco di anafilassi, successivo alla somministrazione del vaccino contro l HBV, controindica invece la prosecuzione della vaccinazione. Come regola generale va considerata con attenzione la vaccinazione contro l HBV nei pazienti che hanno un evidente malattia, che riconosca una base autoimmunitaria; per la popolazione in generale tuttavia i benefici della prevenzione dell epatite B con la vaccinazione oltrepassano il rischio di manifestazioni autoim-

40 EPATITE B munitarie, che risulta assolutamente trascurabile (Grotto I et al., 1998; Belloni C et al., 2002). In una pubblicazione vengono ricercati gli autoanticorpi organo- e non organo-specifici a distanza di 5 anni dalla vaccinazione contro l HBV in 237 bambini: da questo studio risulta che non vi sono differenze significative per quanto riguarda la comparsa di autoanticorpi, rispetto alla popolazione di controllo. Vaccinazione del nato da parto prematuro La vaccinazione contro l epatite B nel neonato non costituisce né una precauzione né una controindicazione (Lewis E et al., 2001). Il neonatologo non deve essere il solo promotore della vaccinazione nella nursery (Cabana MD, 2002): questa affermazione ovviamente riguarda solo le nursery degli Stati Uniti nelle quali il vaccino viene raccomandato alla nascita. Nei nati pretermine vengono usate tre dosi piene, a partire dal terzo mese di vita, secondo la schedula comune per tutti i neonati (0, 1 e 6 mesi). I titoli anticorpali raggiunti sono risultati correlati con il peso alla nascita e quindi con il grado di maturità, con l aumento del peso nei primi mesi e con l uso dei corticosteroidi poco dopo la nascita (Kim SC et al., 1997; Losonsky GA et al., 1999): sia la percentuale di sieropositività dopo la terza dose, sia il titolo di anticorpi anti-hbs sono stati significativamente inferiori nei lattanti che avevano alla nascita un peso molto basso, quando la vaccinazione venga iniziata poco dopo la nascita (Lau Y et al., 1992; Patel DM et al., 1997; Blondheim O et al., 1998; Kesler K et al., 1998; Golebiowska M et al., 1999; da Motta MSF et al., 2002). Tuttavia se si considerano globalmente i nati di peso inferiore ai 2500 g e la vaccinazione iniziata al terzo mese, la risposta al vaccino può essere considerata la stessa di quella ottenuta nel nato a termine (Belloni C et al., 1998a) (cap. 5, pag. 155). Negli Stati Uniti dove anche nei figli di madri HBsAg negative, la vaccinazione contro l HBV viene consigliata nei primi giorni di vita, è stato deciso, per i nati con basso peso alla nascita, di attendere, per la vaccinazione contro l HBV, che abbiano superato i 2000 g, o comunque il terzo mese di vita insieme alle altre vaccinazioni universali (Committee on Infectious Diseases, 1994). È risultato infatti che la percentuale di bambini che sviluppano livelli protettivi ( 10 mui/ml) può essere più bassa nei prematuri soprattutto se hanno alla nascita un peso inferiore a 1000 g. In questi sembra opportuno l uso di una quarta dose (Arora NK et al., 2002). Una considerazione a parte meritano i nati con basso peso, a rischio perché figli di madri HBsAg positive. In questi sia la vaccinazione sia la somministrazione di Ig iperimmuni devono avvenire ugualmente alla nascita: bisogna tuttavia ricordarsi di controllare il titolo anticorpale dopo le quattro dosi, per essere pronti a somministrare dosi ulteriori fino a ottenere una copertura ottimale. Ovviamente queste considerazioni sul momento migliore per la vaccinazione in neonati di basso peso o di peso molto basso sono un problema degli Stati Uniti e delle altre nazioni nelle quali la vaccinazione viene consigliata alla nascita. Per il nostro Paese, nella cui schedula la vaccinazione contro l HBV è prevista nel terzo mese, queste considerazioni non hanno grande rilevanza. In uno studio italiano (vaccinazione al terzo, quinto e undicesimo mese di vita) è stato osservato che i nati da parto prematuro rispondono a un vaccino tetravalente (anatossina difterica, tetanica, vaccino contro la pertosse acellulare con tre componenti e vaccino contro l HBV) altrettanto bene dei nati a termine (Faldella G et al., 1998). Vaccinazione in soggetti immunodepressi Una situazione d immunosoppressione nel ricevente non rappresenta una controindicazione. I soggetti immunocompromessi (compresi quelli con infezioni da HIV) tollerano infatti bene il vaccino, anche se la risposta anticorpale può risultare diminuita: per questa ragione viene consigliato di posticipare l immunizzazione attiva in caso di terapie immunosoppressive di breve durata o in condizioni d immunodepressione che possono risolversi col tempo (cap. 5, pag. 171). Nei bambini HIV positivi la risposta anticorpale alla vaccinazione anti-hbv è subottimale, soprattutto in quelli che sono sintomatici (Zuin G et al., 1992; Diamant EP et al., 1993; Zuccotti GV et al., 1994). In questi casi viene genericamente consigliato di raddoppiare le dosi e di aumentare il numero delle somministrazioni: non esistono tuttavia raccomandazioni specifiche (Rey D et al., 2000). Vaccinazione dei soggetti con insufficienza renale cronica, in emodialisi I pazienti con insufficienza renale cronica, in emodialisi, sono esposti a un elevato rischio di epatite B. Le ricerche eseguite per valutare l incidenza dell infezione nei reparti di dialisi hanno dimostrato che esiste in molti centri un elevata prevalenza di soggetti positivi per gli indicatori dell HBV (fino al 30% dei pazienti). La prevalenza aumenta con la lunghezza del periodo di trattamento dialitico (cap. 5, pag. 175). A parte un accurata aderenza alle norme igieniche, la vaccinazione contro l HBV è risultata il miglior modo per prevenire l infezione (Teles SA et al., 2001; Ray S et al., 2002). Il paziente in emodialisi cronica

41 15 - EPATITE B 381 presenta comunque alcune difficoltà, per cui un 30% dei soggetti sottoposti a dialisi non risponde al vaccino (Fabrizi F et al., 1997). Ciò avviene perché con la progressione dell insufficienza renale diminuisce la capacità di rispondere validamente agli stimoli antigenici; i titoli anticorpali raggiunti con una dose standard di vaccino (20 µg) sono infatti inferiori nei pazienti con basso filtrato glomerulare, in confronto a quelli raggiunti in pazienti con filtrato più elevato. La somministrazione di dosi doppie di vaccino per età (fino a 40 µg per dose) e il ricorso a schedule vaccinali adattate a questi pazienti (quattro o cinque somministrazioni) hanno permesso di ottenere elevate risposte anticorpali anche nei casi hypo responders (El-Reshaid K et al., 1994). Per alcuni autori la schedula a cinque dosi non avrebbe alcun vantaggio rispetto a quella a quattro dosi (Cheng KF et al., 1997). La precocità della somministrazione del vaccino (appena il paziente viene preso in carico dal Centro) è un altro importante elemento (Dukes CS et al., 1993; Rangel MC et al., 2000). Il rischio di acquisire un infezione da HBV è del 70% più basso nei vaccinati in confronto ai controlli: per tale ragione il vaccino contro l HBV deve trovare nei pazienti in emodialisi cronica una sempre più larga applicazione. Per i pazienti in emodialisi, la necessità di un richiamo dipende dal dosaggio annuale degli anticorpi anti-hbs: una dose di richiamo deve essere eseguita quando la concentrazione anticorpale scende al di sotto delle 10 mui/ml. Il ricorso a dosi doppie ha tuttavia sollevato alcune perplessità per quanto riguarda la quantità di alluminio, usato come adiuvante. È ben conosciuto che un eccesso di alluminio può essere tossico per un paziente con basso potere di filtrazione glomerulare, per cui è stato consigliato di non superare la quantità di 1,25 mg di alluminio ione per dose (CDC, 1990). È necessario quindi, vaccino per vaccino, valutare il contenuto di idrossido di alluminio, attenti a calcolare la quantità di alluminio come ione. Esistono speciali formulazioni in commercio per i pazienti in emodialisi nelle quali, a 40 µg di proteina HBsAg, corrispondono 0,5 mg di idrossido di alluminio. Vaccinazione in preparazione del trapianto e nei trapiantati È consigliabile sottoporre a vaccinazione verso le malattie più importanti, e quindi anche l epatite B, i bambini in preparazione del trapianto di organo o di tessuto (cap. 5, pag. 176). Molti fattori possono tuttavia concorrere a modificare nel trapiantato l immunità rispetto alle malattie, prevenibili con la vaccinazione. Risulta invece quanto mai opportuno, quando si tratta di trapianto di midollo, sottoporre a vaccinazione il donatore, prima del trapianto, perché i trapiantati acquisiscono l immunità del donatore (immunità adottiva). Per mantenere la memoria immunologica del donatore è consigliabile nel trapiantato un richiamo precoce, a distanza dal trapianto. È capitato che soggetti adulti, HBsAg positivi, trapiantati con il midollo di soggetti che avevano superato l infezione da HBV e che quindi erano anti-hbs positivi, si negativizzassero dopo il trapianto (Brugger SA et al., 1997; Uston C et al., 1997; Lau GK et al., 1997; Groll AH et al., 2003). La positività per l anti- HBc nel donatore favorì l immunità adottiva, mentre non dimostrò avere nessuna importanza il titolo di anticorpi anti-hbs nel donatore (Lau GK et al., 1998). Sull utilità di vaccinare contro l HBV il bambino, prima del trapianto di fegato, sono sorti di recente alcuni dubbi (Chalasani N et al., 1998). Vaccinazione in soggetti con situazioni varie La malnutrizione non costituisce una controindicazione alla vaccinazione: anzi permette una buona risposta immune al vaccino contro l HBV (Lakshmi G et al., 2000). Anche il cancro non costituisce una controindicazione (Meral A et al., 2000). Siccome per la preparazione dell HBsAg viene utilizzato il lievito di birra (S. cerevisiae), si consiglia prudenza nella vaccinazione contro l HBV di soggetti che abbiano presentato crisi anafilattiche in seguito all assunzione di birra. INDICAZIONI PER LA VACCINAZIONE: CATEGORIE A RISCHIO La vaccinazione contro l HBV è consigliata in tutte le nazioni civili per i soggetti appartenenti ai gruppi a rischio, anche in una situazione di preesposizione. È probabilmente utile, nei soggetti a maggior rischio, la valutazione degli indicatori dell HBV prima di procedere alla vaccinazione e in qualche caso anche dopo la vaccinazione, quando il rischio sia continuativo e di forte intensità (Commissione ministeriale, 1999). Immunizzazione pre-esposizione (Decreto Ministeriale 4 ottobre 1991 e 7 aprile 1999) Sono considerate categorie a rischio: conviventi, in particolare bambini, con soggetti HBsAg positivi; membri di famiglie, nelle quali siano stati adottati bambini HBsAg positivi provenienti da paesi ad alta endemia di HBV;

42 EPATITE B pazienti politrasfusi, emofilici ed emodializzati (Saab S et al., 2002); pazienti in preparazione del trapianto (Lefebure AF et al., 1993); soggetti con lesioni eczematose croniche o psoriasiche alle mani; soggetti tossicodipendenti (Minniti F et al., 1999), omosessuali (Kahn J, 2002; Das S et al., 2003), bisessuali e soggetti dediti alla prostituzione; soggetti sessualmente attivi, adolescenti e adulti, che hanno di recente acquisito una malattia infettiva sessualmente trasmessa o hanno avuto più di un partner sessuale negli ultimi sei mesi o che siano stati visitati in una clinica per malattie infettive sessualmente trasmesse; personale sanitario e di assistenza di nuova assunzione nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e personale dell SSN già impegnato in attività a maggior rischio di contagio, e principalmente che lavori in reparti di emodialisi, rianimazione, oncologia, chirurgia generale e specialistica (Fry DE, 2000), ostetricia e ginecologia, malattie infettive, ematologia, laboratori di analisi, centri trasfusionali, sale operatorie, studi dentistici, medicina legale e sale autoptiche, Pronto Soccorso; personale e ospiti di istituti per ritardati mentali; personale di assistenza di asili nido, scuole materne e scuola dell obbligo per bambini mentalmente handicappati, se fra questi vi siano uno o più soggetti portatori conosciuti di HBsAg; detenuti negli istituti di prevenzione e cura (case di correzione) (Pisu M et al., 2002; CDC, 2003; CDC, 2004c; Hutchinson SJ et al., 2004; Christensen PB et al., 2004); persone che si rechino all estero, per motivi di lavoro, in aree geografiche ad alta endemia di HBV; soggetti che svolgano attività di lavoro, studio o volontariato nel settore della sanità; personale addetto alla lavorazione degli emoderivati; personale di Polizia di Stato e appartenenti all Arma dei Carabinieri, al corpo della Guardia di finanza, al corpo degli Addetti di custodia, ai comandi provinciali dei Vigili del fuoco e ai comandi municipali dei Vigili urbani; addetti ai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti. Nell elenco sopra riportato non sono ricordati gli adolescenti sani, perché in Italia per legge (legge 165/1991) è già stata prevista la loro vaccinazione. Nei paesi nei quali non esistano disposizioni del genere, gli adolescenti vengono posti fra le categorie a rischio (Gonzales IM et al., 2002; CDC, 2002). In linea di massima le categorie a rischio, ormai ben individuate e rese note, non raggiungono elevate coperture vaccinali, soprattutto per la mancanza del rischio percepito di precisi programmi di prevenzione. Per questa ragione si ritiene necessario adottare nuove strategie che servano a sviluppare e implementare la vaccinazione contro l HBV nelle categorie a rischio, soprattutto gli addetti alla sanità pubblica, il personale della Polizia, i lavoratori del sesso, i tossicodipendenti e i detenuti (François G et al., 2002). Come abbiamo già visto, dai primi studi è risultata la scarsa affidabilità delle autodichiarazioni per infezione da HBV e per la vaccinazione contro l HBV degli adolescenti, siano essi tossicodipoendenti o meno: l affidabilità è risultata in ambedue i gruppi del 52% (Kuo I et al., 2004). Immunizzazione postesposizione Il vaccino contro l HBV è raccomandato, come parte del trattamento, nella prevenzione delle infezioni dopo esposizione all HBV. A seconda delle circostanze, insieme al vaccino vanno somministrate anche le immunoglobuline contro l HBV (HBIg). a) Figli di madri HBsAg positive I figli di madri HBsAg positive (sia per infezione acuta che cronicamente infette) sono a rischio altissimo di essere infettati dall HBV e di presentare in seguito un infezione cronica. Questi neonati devono essere lavati accuratamente e precocemente, per togliere il sangue materno e le secrezioni, con i quali sono venuti in contatto nel passaggio attraverso il canale del parto. Dopo il bagno possono essere trattati senza alcuna speciale precauzione per tutto il tempo che restano nella nursery. Il neonato e la madre potranno avere i normali contatti e potranno dormire insieme. Va previsto il trattamento di neonati, le cui madri non siano state ancora scrinate al momento della nascita (pag. 359). Nei figli di madri HBsAg positive, oltre alle HBIG va iniziata, sempre entro 12 ore, come indicato in tabella la vaccinazione contro l HBV. Ritardi oltre il settimo giorno di vita sono assolutamente da evitare, la dose è di 0,5 ml. Il vaccino va somministrato per via intramuscolare, sulla faccia antero-laterale della coscia. Anche se HBIG e vaccino si fanno nella stessa seduta, vanno usate siringhe separate e sedi separate. La seconda e la terza dose di vaccino vanno date a distanza di un mese, una quarta dose va somministrata all undicesimo mese. Nel Red Book sono indicate invece tre sole dosi, al tempo 0, 1 e 6 mesi. Non è necessaria una seconda dose di HBIG (Grosheide PM et al., 1994). Se, per una qualsiasi ragione, la vaccinazione venisse ritardata di qualche mese, è necessario somministrare una nuova dose di HBIG (0,5 ml) dopo tre mesi. Le dosi successive di vaccino anti-hbv possono essere somministrate in concomitanza della vaccinazione DTPa (vaccinazioni associate): oggi esiste un

43 15 - EPATITE B 383 Tabella Schedula raccomandata per l immunoprofilassi perinatale dell HBV (DM 7 aprile 1999) Figli di madre HBsAg positiva Dose di vaccino Età e di HBIG* Prima dose HBIG** Seconda dose Terza dose Quarta dose Alla nascita (entro 12 ore) Alla nascita (entro 12 ore) 1 mese 2 mesi 11 mesi Figli di madre non sottoposta a screening per l HBsAg Dose di vaccino Età e di HBIG Prima dose di vaccino HBIG Seconda dose Terza dose Quarta dose Alla nascita (entro 12 ore) Se la madre risultasse positiva, dare 0,5 ml il prima possibile e non oltre la prima settimana di vita 1 mese 2 mesi, se la madre risultasse positiva, altrimenti a 6 mesi 11 mesi, se la madre risultasse positiva * HBIG = immunoglobuline anti epatite B ** In sede diversa da quella usata per la somministrazione del vaccino vaccino esavalente (DTPa + IPV + Hib + epatite B). Come abbiamo già visto, in questo caso è opportuno somministrare per le prime due dosi il vaccino antiepatite B monocomponente, per passare successivamente al vaccino esavalente combinato, ai mesi 3, 5 e 13: ovviamente in tal modo viene somministrata una dose in più di HBsAg, ma sappiamo tutti quanto sia difficile reperire i componenti del vaccino isolatamente. Nonostante un aderenza precisa alle regole sopra riportate, nell 1-2% dei neonati la vaccinazione anti- HBV non risulta immunogenica, cioè si ottengono livelli di anticorpi, a distanza di un mese dal completamento della vaccinazione, che sono inferiori a 10 mui/ml. Per questo conviene, dopo un mese dal completamento della vaccinazione, ricercare in tutti i vaccinati sia l HBsAg che l anti-hbs. I lattanti negativi per ambedue devono ricevere un ulteriore dose di vaccino e vanno testati, dopo un mese, per l anti-hbs: in caso di mancata o bassa risposta sono previste altre somministrazioni del vaccino (del Canho R et al., 1992). I lattanti positivi per l HBsAg vanno seguiti, per porre eventualmente, dopo sei mesi, la diagnosi di portatori cronici; in questi non sono affatto indicate ulteriori dosi di vaccino. L appropriata immunoprofilassi è efficace in circa il 90% dei bambini nel prevenire la trasmissione perinatale dell HBV (Stevens CE et al., 1987). Statistiche più moderne valutano l efficacia della vaccinazione e della somministrazione di HBIG fra il 79 e il 98% nel prevenire l infezione cronica da HBV (del Canho R et al., 1997). Da un altro studio è risultato che il vaccino DNA ricombinante ha un efficacia maggiore del vaccino siero-derivato (3,8% di mancato effetto contro 10,5-13,9%) (Stevens CE et al., 1992). In una recente indagine (Euler GL et al., 2003) è risultato che circa il 90% dei figli di madri HBsAg positive (796 neonati) ricevette la vaccinazione con tre dosi: di questi solo il 2,2% risultò HBsAg positivo, mentre il 97% aveva anticorpi verso l HBsAg. Uno studio di Mele (Mele A et al., 2001) ha esaminato 522 nati da madri portatrici di HBsAg ( ): dopo 5-14 anni dalla vaccinazione 17 bambini (3,3%) sono risultati positivi per la presenza dell anticorpo anti-hbc, mentre solo tre sono risultati portatori dell HBsAg. Un bambino portatore aveva una doppia mutazione dell HBsAg. Dei 522 bambini, 400 (79,2%) avevano ancora titoli protettivi anti-hbs ( 10 UI/mL). In Italia su 182 neonati di madri HBsAg positive, ben 172 (95%) ricevettero alla nascita la prevenzione attiva e quella passiva (Stroffolini T et al., 2003): la prevalenza complessiva delle donne HBsAg positive fu dell 1,7%, ma fu solo dell 1,4% nelle donne nate in Italia e del 5,9% delle donne nate in Asia, Africa, America centrale e meridionale e in Europa orientale. Alcuni studi hanno dimostrato che in madri HBsAg positive, HBeAg negative o positive, il vaccino da solo sarebbe sufficiente per prevenire l infezione nel neonato, per cui le HBIG non sarebbero necessarie (Lolekha S et al., 2002; Yang Y-J et al., 2003): nonostante questo, l impiego delle HBIG è internazionalmente consigliato. La presenza dell HBeAg nel sangue della madre non sembra avere influenza sull efficacia della profilassi (del Canho R et al., 1997). b) Altre situazioni postesposizione Per il trattamento postesposizione dei soggetti non vaccinati, si segue lo schema accelerato di vaccinazione con somministrazione di dosi di vaccino ai tempi: 0, 1 e 2 mesi e successiva dose di rinforzo a distanza di 6-12 mesi dalla terza. Contemporaneamente alla prima dose di vaccino è opportuno somministrare Ig specifiche al dosaggio di 0,06 ml/kg. Il ciclo di vaccinazione per il trattamento postesposizione va iniziato entro il quattordicesimo giorno dall avvenuto contatto (Aggiornamento del DM 3 ottobre 1991, del a opera del Ministero della Sanità). Per i soggetti vaccinati in precedenza è opportuno eseguire un dosaggio del titolo anticorpale e somministrare una dose di rinforzo in caso di titolo uguale o inferiore a 10 mui/ml. Le HBIG vanno somministrate per via intramuscolare, sempre in sede diversa da quella utilizzata per la somministrazione del vaccino contro l HBV. Esaminiamo altre indicazioni alla vaccinazione: l allattamento al seno non offre alcun rischio ulteriore per chi abbia eseguito immunoprofilassi, secondo gli schemi sopra riportati;

44 EPATITE B familiari di lattanti e di bambini adottati da zone geografiche ad alto rischio; familiari di persone con infezione acuta da HBV. Se si tratta di un bambino nel primo anno di vita, viene consigliato l uso sia delle HBIG che del vaccino, non appena si è venuti a conoscenza dell infezione da HBV in un familiare. Le HBIG non sono necessarie se il lattante ha già ricevuto due dosi di vaccino o se è già fissato che debba ricevere la seconda dose. La vaccinazione va completata secondo la schedula. Se si tratta di un soggetto di oltre un anno di età, la vaccinazione viene consigliata solo se appartiene a una categoria a rischio o se il familiare diviene un portatore cronico. Contatti familiari di persone con infezione acuta da HBV che hanno avuto esposizione comune allo spazzolino da denti o al rasoio debbono ricevere le HBIG e la vaccinazione; contatti sessuali con persone HBsAg positive. Tutte le persone suscettibili devono ricevere una dose singola di HBIG (0,06 ml/kg), in associazione alla vaccinazione con tre dosi; le HBIG vanno somministrate entro 14 giorni dall ultimo contatto sessuale. Se l ultimo contatto sessuale è avvenuto da più di 14 giorni, deve essere iniziata immediatamente la vaccinazione con HBsAg, sebbene l entità della protezione sia difficilmente valutabile. Per i partner sessuali di persone con infezione cronica viene raccomandata la profilassi postesposizione con il vaccino, mentre non sono raccomandate le HBIG. La ricerca degli anticorpi dopo la vaccinazione deve essere consigliata ai partner sessuali di persone con infezione cronica da HBV; esposizione percutanea (aghi, lacerazioni, morsi) o attraverso le mucose (congiuntiva, membrane mucose) a sangue HBsAg positivo (CDC, 1990; CDC 1991b). Vanno presi in considerazione diversi fattori (tab ): se il sangue è a portata di mano; se la persona cui appartiene il sangue è positiva o negativa per l HBV; se la persona esposta è stata vaccinata per l epatite B e quale è stata la sua risposta; per l esposizione di una persona non vaccinata al morso di un bambino, portatore di HBV, va raccomandata la somministrazione di HBIG, eventualmente associata alla vaccinazione. Se la fonte è ad alto rischio (come per esempio un ago di una siringa sporca di sangue, trovata in un giardino), la persona esposta va trattata come se sapessimo che il sangue è HBsAg positivo. STRATEGIE VACCINALI Fino al 1991, sia Italia che negli Stati Uniti, la strategia prevedeva la vaccinazione dei soggetti a rischio, senza ottenere una riduzione effettiva nel numero dei soggetti che annualmente si ammalavano di infezione da HBV: basti pensare che il 25-30% delle persone con un infezione da HBV nega la presenza di un qualsiasi fattore di rischio. D altra parte i tre principali gruppi a rischio (contatti sessuali con partner infettanti, uso di droghe pesanti per EV, uomini che fanno sesso con uomini) sfuggono spesso a una loro precisa identificazione e non è quindi possibile raggiungerli per la vaccinazione. Solo nel 1991 venne cambiata la strategia, che ora si basa su alcuni punti essenziali: ricerca dell HBsAg nelle donne in stato di gravidanza per identificare i neonati che richiedano una prevenzione dell infezione perinatale e per identificare i contatti familiari da vaccinare; vaccinazione routinaria di tutti i nuovi nati; vaccinazione degli adolescenti; vaccinazione degli adulti appartenenti ai gruppi a rischio. Vaccinazione obbligatoria (universale) In una serie di deliberazioni, l OMS si è espressa a favore della vaccinazione universale nei paesi ad alto grado di endemia (superiore a una prevalenza di HBsAg del 2%). Valutando da una parte il costo del vaccino, calcolabile in una decina di dollari per soggetto vaccinato con tre dosi, e dall altra il costo individuale e sociale di un caso di epatite B, si può stimare che, non solo Tabella Raccomandazioni per la profilassi contro l epatite B dopo esposizione percutanea a sangue Soggetto esposto Trattamento quando la fonte è: HBsAg positiva HBsAg negativa non testata o non nota Non vaccinato HBIG* + vaccino anti-hbv Vaccino anti-hbv Vaccino anti-hbv Precedentemente vaccinato Non trattare Non trattare Non trattare Responder, non-responder Dose doppia di HBIG e rivaccinare Non trattare Se la fonte è ad alto rischio trattare come se fosse HBsAg positiva Precedentemente vaccinato, Ricerca degli anti-hbs: Non trattare Ricerca degli anti-hbs: senza sapere se ha risposto se inadeguati, trattare con HBIG + vaccino se inadeguati, rivaccinare se adeguati, non trattare se adeguati, non trattare * HBIG alla dose di 0,06 ml/kg

45 15 - EPATITE B 385 nei paesi ad alta endemia o nelle aree iperendemiche, ma anche nelle zone a bassa endemia, come nei paesi industrializzati, compreso il nostro, la vaccinazione di massa a tutti i neonati, accanto a quella degli adolescenti e dei gruppi a rischio, costituisca, in ultima analisi, un vantaggio economico. Bisogna tener conto infatti, nell analisi complessiva dei costi, non tanto dei casi di epatite B acuta, che in Italia sono, anche spontaneamente, in progressiva diminuzione, quanto di alcune fondamentali conseguenze a distanza: il passaggio in cronicità di una discreta percentuale dei soggetti colpiti dall HBV (intorno al 10%); la possibile evoluzione in cirrosi; la possibile evoluzione in carcinoma epatocellulare. L immunizzazione universale nei confronti dell HBV è stata di recente inserita tra le attività dell Expanded Programm on Immunization (EPI), che rappresenta uno sforzo multinazionale per l immunizzazione di tutti i bambini del mondo verso quelle malattie per le quali esiste un vaccino innocuo ed efficace. Da quando è stata approvata la legge italiana che rende obbligatoria la vaccinazione anti-hbv, oltre 150 paesi, di ogni parte del mondo, hanno introdotto l universalità, o in altre parole l obbligatorietà, della vaccinazione per alcune classi di età. Gli stessi Stati Uniti hanno emanato nel dicembre 1991 una legge che rende universale la vaccinazione per i nuovi nati (CDC, 1991b) e nel 1997 la raccomandazione di vaccinare gli adolescenti (ACIP et al., 1997). Strategia vaccinale in Italia Fino all introduzione della legge 165/1991, la regolamentazione della vaccinazione contro l HBV era affidata alle Regioni. In un DMR 22 dicembre 1988 viene offerta la vaccinazione gratuita anti-hbv a tutti i gruppi a rischio pre- e postesposizione. Questa politica purtroppo non ha sortito, nel nostro Paese come negli altri, gli effetti desiderati perché, mentre ha certamente fornito buoni risultati per le categorie a rischio, più volte ricordate, non ha ridotto i livelli di endemia che, in alcune zone d Italia, si mantenevano elevati. In tali aree la possibilità d infettarsi è soprattutto connessa con la presenza di portatori sconosciuti del virus, che inconsapevolmente diffondono l infezione. Da qui è parso ovvio che nel nostro Paese fosse consigliabile, accanto alla vaccinazione dei gruppi a rischio, una vaccinazione universale contro l HBV in tutti i nuovi nati, iniziando al terzo mese di vita. Ma accanto a questa è stata resa obbligatoria anche la vaccinazione di tutti i soggetti al dodicesimo anno di età, utile sia da un punto di vista costi/benefici che da un punto di vista costi/efficacia: questa decisione tiene conto dell esposizione all HBV nella quale si troveranno gli adolescenti al primo contatto sessuale. La vaccinazione al dodicesimo anno ben si associa con la contemporanea vaccinazione di tutti i nuovi nati, perché, come è già avvenuto, dopo 12 anni dall inizio della vaccinazione le varie coorti di età finalmente si sono toccate, per cui abbiamo 24 classi di età successive, tutte immunologicamente difese. A questo punto basta proseguire con la sola vaccinazione dei nuovi nati. Il secondo Studio ICONA ha riportato che la copertura vaccinale per l epatite B ha superato mediamente in Italia il 95%: purtroppo sono ancora molto elevate le differenze fra una regione o una provincia e un altra. Non sappiamo ancora se sarà necessaria, in chi ha ricevuto la vaccinazione al primo anno, una dose di richiamo a 12 anni: però tutto fa propendere a sfavore dell ipotesi di un richiamo (pag. 374): l esperienza che stiamo accumulando in questi anni ci permetterà fra qualche anno di scegliere la strada migliore. La legge italiana che rende obbligatoria la vaccinazione contro il virus dell epatite B L Italia è stato il primo paese industrializzato a introdurre la vaccinazione universale contro l HBV, utilizzando una strategia (vaccinazione nel primo anno e nel dodicesimo anno) che è risultata vincente e che è stata seguita da molti altri paesi (Bonanni P, 1995). La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1991, n Il Servizio Sanitario Nazionale si fa carico delle spese per la vaccinazione di tutti i nuovi nati e dei soggetti nel dodicesimo anno di vita: permane il diritto alla vaccinazione delle categorie a rischio. All art. 5 viene fatto obbligo di ricercare l HBsAg nel sangue di tutte le gestanti, al terzo mese di gravidanza o, se questo non fosse stato fatto, in vicinanza del parto, sia nelle strutture pubbliche che private. La legge si applica anche per tutti i cittadini stranieri residenti o comunque con stabile dimora nel territorio nazionale. A distanza di quattro mesi dalla promulgazione della legge, il Ministero della Sanità ha emanato una circolare esplicativa (n. 20/1991). In questa viene ribadito il concetto che non è necessario ricercare gli indicatori dell HBV in fase prevaccinale, fatta eccezione per alcune categorie a rischio. Anche in fase postvaccinale il controllo dell immunogenicità va limitato ad alcune categorie a rischio. Gli articoli 2 e 7 sono dedicati alla certificazione e all obbligo di esibire il certificato al momento di entrare nella scuola dell obbligo e all eventuale autocertificazione. Come si sa questa disposizione è stata annullata da una Circolare del Ministero della Sanità e da quello della Pubblica Istruzione (settembre 1998) con la quale si dispone che le autorità scolastiche accettino l iscrizione anche dei bambini che non sono in possesso del certificato di vaccinazione. La stessa circolare invita le autorità scolastiche a notificare alle ri-

46 EPATITE B spettive ASL i nominativi dei bambini che si sono presentati sprovvisti di certificato. Nella legge vengono poi specificate le regole per la registrazione delle vaccinazioni eseguite, per il loro inoltro alle Regioni e, infine, all allora Ministero della Sanità. Viene infine sottolineata in diversi punti la necessità di un adeguata opera d informazione e di educazione sanitaria sulle modalità di trasmissione della malattia, sulle misure di profilassi generale, nonché sul significato di questa, come di tutte le altre pratiche vaccinali. Questa parte della legge è stata, come tutti sappiamo, completamente disattesa. Strategie vaccinali in altri paesi A maggio del 2003 un totale di 151 paesi (79%) su 192 ha introdotto la vaccinazione: le modalità d impiego, le schedule di vaccinazione e i gruppi di età interessati sono molto diverse da una nazione all altra (fig. 15.7) (Van Damme P et al., 2004). Nonostante ciò appare necessario che le strategie per la vaccinazione contro l HBV debbano essere implementate, rispettando la raccomandazione che l immunizzazione universale debba essere iniziata alla nascita (Chauvin P et al., 2002). Negli Stati Uniti, dopo l introduzione della vaccinazione universale per tutti i neonati, l immunizzazione è stata estesa anche agli adolescenti (ACIP, 1997; Mast EE et al., 1998) e agli adulti ad alto rischio (CDC, 2005). In altri paesi le strategie vaccinali, scelte dalle autorità sanitarie, sono state diverse: in alcuni sono stati privilegiati i neonati e in altri gli adolescenti. Quanto più passano gli anni e quanto più spesso le indicazioni per la vaccinazione riguardano insieme le due fasce di età: la strada, battuta per prima dall Italia, ha offerto un ottimo esempio. Nonostante questi progressi negli Stati Uniti (figg e 15.9) circa persone soffrono ancora di un infezione cronica da HBV e muoiono ogni anno per malattie epatiche correlate all epatite B (CDC, 2002; Goldstein ST et al., 2002). I paesi scandinavi e il Regno Unito non hanno ancora introdotto la vaccinazione contro l HBV, perché questa viene considerata un problema limitato di salute pubblica, che non giustifica una spesa addizionale (Van Damme P et al., 1998; Van Damme P et al., 2001). Nel Regno Unito viene attualmente considerata la vaccinazione universale contro l epatite B, almeno per gli adolescenti che vivono in aree socialmente svantaggiate, comunemente associate con comportamenti ad alto rischio per il consumo di droghe pesanti (Wallace A et al., 2004). A favore della vaccinazione vengono presi in considerazione anche argomenti etici (Dawson AJ et al., 2005). È auspicabile che in un prossimo futuro la vaccinazione contro l HBV venga estesa a tutti i paesi del mondo, meglio se nel primo e nel dodicesimo anno di vita (Tepper ML, 1998). Effetti benefici della vaccinazione In linea teorica, gli effetti della vaccinazione si manifestano da un lato con la diminuzione del numero dei Nessuna politica di vaccinazione Politica di vaccinazione Figura 15.7 Stati dell Organizzazione Mondiale della Sanità con programmi di vaccinazione universale contro l epatite B per lattanti e bambini (CDC, 2003)

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