LA GESTIONE BANCARIA ORIENTATA AL VALORE. INDICATORI, VERIFICHE, METODOLOGIE D APPLICAZIONE.

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1 LA GESTIONE BANCARIA ORIENTATA AL VALORE. INDICATORI, VERIFICHE, METODOLOGIE D APPLICAZIONE. Fabio Santorum ed Eugenio Pavarani 1 - Bancaria, n.9 / 2001 Indice 1. Introduzione 1.1 Struttura e contenuti del lavoro 1.2 Una premessa: il rafforzamento della shareholder view nelle gestioni bancarie 2. La creazione di valore nelle banche italiane: indicatori di risultato e verifiche empiriche 2.1 Indicatori di mercato per la misurazione del valore percepito dagli azionisti 2.2 Requisiti di un indicatore di performance aziendale coerente con l obiettivo della massimizzazione del valore percepito dagli azionisti 2.3 EVA come indicatore gestionale per la creazione del valore nelle banche 2.4 Le relazioni tra delta EVA e valore di mercato del patrimonio netto delle banche 3. Delta EVA come driver per la creazione di valore: profili metodologici 3.1 A livello consolidato 3.2. Nelle unità operative della banca 4. La logica EVA applicata al value based management nelle banche 4.1 Sistema gestionale 4.2 Sistema incentivante 5. Conclusioni Bibliografia 1. Introduzione 1.1 Struttura e contenuti del lavoro Le banche italiane stanno creando valore per gli azionisti o sono ancora lontane da quest obiettivo? C è corrispondenza tra il valore creato dalle banche ed il valore percepito dagli azionisti attraverso le quotazioni di mercato? Le quotazioni riflettono le performance correnti delle banche o scontano anche, e in quale misura, attese di miglioramenti futuri dei risultati? Quali metodologie d applicazione sono oggi concretamente a disposizione del management bancario per orientare l intera gestione alla creazione di valore? Come allineare gli interessi del management con quelli degli azionisti? Il presente lavoro si propone di fornire risposte ai quesiti enunciati; le risposte sono elaborate utilizzando l approccio metodologico proposto dalla <<logica EVA >> (economic value added). La scelta metodologica condiziona l intera impostazione del lavoro. Infatti, ragionare sui temi indicati, in termini di EVA, significa andare oltre la trattazione di un 1 Eugenio Pavarani è Professore di Finanziamenti di Aziende nell Università di Parma. Fabio Santorum è associate di Stern Stewart & Co. Esperto di finanza e gestione delle imprese, collabora con l Università di Parma. Sebbene il lavoro sia frutto congiunto dell opera dei due autori, la stesura dei paragrafi dal 1.1 al 2.3 è da attribuirsi ad Eugenio Pavarani, quella dei paragrafi dal 2.4 al 4.2 a Fabio Santorum. Il lavoro ha beneficiato dei preziosi commenti di Giulio Tagliavini, Stefano Monferrà ed Alberto Lanzavecchia. Ad essi va il ringraziamento degli autori, cui resta ovviamente ogni responsabilità per i contenuti. 1

2 complesso di strumenti di analisi idoneo a fornire misurazioni, informazioni, soluzioni a specifici problemi di metodo. La logica EVA è molto di più che una metodologia per la misurazione del valore: EVA propone una logica di impostazione della gestione in grado di essere pervasiva sull intera organizzazione e coinvolgente in rapporto al complesso dei comportamenti aziendali che vengono indirizzati, misurati ed incentivati sulla base della stessa metrica con cui si misura la performance aziendale in termini di creazione di valore. Adottare la metodologia EVA significa proporsi di allineare i comportamenti dei singoli operatori aziendali, dai più periferici al top management, agli obiettivi gestionali ed alle attese di remunerazione degli azionisti. L allineamento è guidato dall uso di una metrica comune. La metrica con cui si stabiliscono gli obiettivi di budget individuali e si misura l incentivazione del personale è la stessa con cui si programmano gli obiettivi aziendali e si misura la performance dell impresa; ed è la stessa metrica che secondo la moderna teoria finanziaria è implicita nella logica di funzionamento dei mercati e nella loro specifica funzione segnaletica che, incorporando nei prezzi le informazioni sulle performance aziendali, determina i ritorni per gli azionisti. E questa la qualificazione più rilevante della logica EVA. Ed è una qualificazione che deriva dalla capacità di coniugare scientificità dell approccio con il pragmatismo necessario per un efficace applicazione aziendale. EVA affonda le proprie radici nei modelli teorici della finanza aziendale. Il valore aggiunto a questi ultimi sta nell aver proposto una rielaborazione che va oltre la spiegazione della logica di funzionamento dei mercati, supera le ipotesi semplificatrici che adombrano, nei teoremi, la complessità gestionale e propone linee guida e strumentario metodologico di supporto idonei a porre il concreto comportamento delle imprese su una base di razionalità coerente con le attese dei mercati. Il lavoro è organizzato nel modo seguente. Nel 1.2 vengono proposte considerazioni in merito alla tendenza crescente nel sistema bancario italiano ad orientare le scelte gestionali verso la massimizzazione del ritorno per gli azionisti. Nel 2 il tema della attitudine delle gestioni bancarie a creare valore viene affrontato in una duplice prospettiva: come misurare il ritorno per gli azionisti, secondo le metriche dei mercati, e come prendere le misure alla capacità della gestione bancaria di produrre i risultati che il mercato, secondo le sue logiche di funzionamento, possa tradurre in maggior valore per gli azionisti. In primo luogo, si propone ( 2.1) una quantificazione dell incremento effettivo di valore percepito dagli azionisti delle principali banche italiane nell arco temporale Si utilizza, a questo scopo, un indicatore denominato valore percepito netto (VPN). Ci si interroga, successivamente ( 2.2), sulle logiche - implicite nel funzionamento dei mercati secondo la modellistica finanziaria - che legano le performance aziendali al VPN: come i mercati leggono le performance aziendali e come le traducono in valore per gli azionisti (logica del discounted cash flow). Viene quindi argomentata ( 2.3) la valenza di EVA quale misura dei risultati gestionali idonea a replicare, a livello aziendale, la stessa metrica implicita nella formazione dei prezzi nei mercati delle azioni in ipotesi di razionalità degli operatori e di efficienza dei mercati stessi. E questa identità di codice genetico che spiega il successo di EVA. Avendo questo indicatore lo stesso DNA del mercato efficiente e razionale, si può dire che EVA rappresenti un clone, operativo a livello aziendale, del modello di pricing del mercato, il discounted cash flow model (DCF). La capacità manageriale di governare l EVA internamente, attraverso la finalizzazione della gestione operativa, porta, con attendibili gradi di consequenzialità, ad incrementare il valore di mercato delle società. Lo strumentario EVA consente, inoltre, di identificare linee guida attendibili per la creazione del valore nelle situazioni aziendali in cui manca il riscontro con il mercato (società non 2

3 quotate ed unità operative). Si puntualizza, a questo proposito, che la corretta misura di una performance aziendale di successo è da quantificarsi in termini di delta EVA e non in termini di valore assoluto di EVA, come talora, in modo improprio, viene indicato. Questa puntualizzazione consente anche di superare un esigenza di carattere metodologico, indicata in letteratura, in ordine alla corretta quantificazione dei mezzi propri a valori di mercato, quantificazione che risulta di difficile applicazione a livello operativo. Si propone di misurare il capitale proprio, per la determinazione di EVA a livello consolidato, sulla base dei valori contabili rettificati e si argomenta, a sostegno della proposta, che la discussione in ordine alle modalità di quantificazione dei mezzi propri perde significato ove si ragioni sulla performance in termini di delta EVA. La capacità di delta EVA di spiegare il VPN, viene sottoposta a verifica empirica. Si propone, a questo fine, una quantificazione del delta EVA prodotto dalle banche italiane nel periodo distinguendo, per ulteriore approfondimento, l effetto prodotto dai margini (tra rendimento e costo del capitale) dall effetto prodotto dalla dimensione del capitale. Vengono quindi messe a confronto le due quantificazioni (VPN e delta EVA) con l obbiettivo di testare la capacità di EVA di correlarsi al ritorno per gli azionisti. L attitudine di EVA a spiegare il valore di mercato del capitale proprio genera anche interessanti ed innovativi strumenti di analisi dei mercati finanziari consentendo di evidenziare quanta parte del valore societario espresso dai mercati è determinata dai livelli correnti di EVA e quanta parte è spiegata da incrementi attesi di EVA che il mercato già sconta nei prezzi. Al fine di determinare gli incrementi di EVA necessari per assicurare il mantenimento delle quotazioni correnti e gli incrementi necessari per battere le attese del mercato e innalzare le quotazioni, vengono presentati ( 2.4) due strumenti di analisi: il current operations value (COV) ed il future growth value (FGV). L applicazione dei due strumenti di analisi al valore di mercato delle principali banche italiane consente, infine, di misurare quanta parte del prezzo corrente delle azioni è spiegata dalle performance correnti e quanta parte è legata ad attese (speranze?) di miglioramento. Il 3 propone argomentazioni di carattere metodologico in ordine alle best practices per la soluzione dei problemi relativi alle rettifiche da apportare al risultato operativo in coerenza con la logica EVA (quantificazione del NOPAT) ed alla determinazione del capitale a rischio a livello consolidato ( 3.1) e per le unità operative ( 3.2). In riferimento al primo problema, si presenta, a titolo indicativo, la metodologia di rettifica adottata dal Credito Emiliano. Per il calcolo del capitale a rischio e dell EVA prodotto dalle unità operative, si propone di utilizzare la volatilità del NOPAT. Il 4, conclusivamente, pone l attenzione sul fatto che adottare la logica EVA, al di là della mera acquisizione di significativi strumenti di misurazione e di elaborazione di informazioni, offre l opportunità di supportare un modello innovativo di gestione in coerenza con la logica del value based management. E in questa prospettiva che la logica EVA dà il meglio di sé divenendo la linea guida dell intera organizzazione. Secondo tale modello, le banche non pianificano più obiettivi solamente di margini, masse o rendimento contabile, ma esplicitamente anche obiettivi di valore. Le unità operative non sono chiamate a massimizzare i margini, data una determinata dotazione di capitale, bensì sono chiamate a massimizzare la creazione di valore stessa, scegliendo, con il coordinamento strategico centrale, il giusto mix tra risultato operativo marginale e costo del rischio marginale. Per stimare in modo attendibile ed in misura prudenziale la massima esposizione al rischio sostenibile dai mezzi propri, a livello economico, dalla banca nel suo complesso, si propone di utilizzare il COV. Sia le performance che le decisioni strategiche e operative vengono valutate in termini di contributo alla creazione di valore. Condizione essenziale per il successo in questa prospettiva è che il sistema di incentivazione del personale sia parametrato sulla produzione di incrementi di EVA, all interno di ogni singola unità operativa, almeno nella misura attesa dal mercato ed 3

4 implicita nelle quotazioni (nella componente FGV). In questo modo, ogni collaboratore della banca viene messo nella condizione di applicare i principi base della moderna teoria finanziaria alle proprie decisioni quotidiane e viene motivato ad agire nell interesse degli azionisti, perché in questo modo realizza, attraverso il conseguimento del bonus, anche il proprio interesse personale. 1.2 Una premessa: il rafforzamento della shareholder view nelle gestioni bancarie Tra i rilevanti fenomeni che hanno interessato negli anni novanta la profonda trasformazione del sistema bancario in Italia, particolarmente significativa è la centralità assunta, nelle nuove logiche gestionali, dal capitale proprio e dalla capacità delle banche di assicurare agli azionisti remunerazioni allineate ai benchmark di mercato. Il capitale proprio ha assunto le connotazioni di risorsa costosa, critica e fonte di intensi condizionamenti nella direzione della disciplina gestionale e dell efficienza economica. La trasformazione degli assetti proprietari (privatizzazioni, società per azioni, diffusione della proprietà) e la crescente focalizzazione delle funzioni obbiettivo degli azionisti sul binomio rischio-rendimento espongono i risultati gestionali al vaglio del mercato, legano la valutazione delle banche alla capacità di remunerare il capitale per cassa e con l aumento del valore per gli azionisti, condizionano la capacità di raccolta sul mercato azionario all attitudine delle banche di proporsi come investimento competitivo, comportano l esigenza di incrementare l efficienza nell impiego dei mezzi propri 2. In un quadro di crescente integrazione dei mercati finanziari e di accentuata mobilità degli investitori, le banche emittenti si trovano a competere con l intero ventaglio degli investimenti alternativi e la concorrenza sul funding è sempre più circoscritta alla capacità di assicurare incrementi di valore avendo progressivamente perso peso altre motivazioni alla detenzione delle azioni, quali per esempio le finalità di interesse strettamente sociale o mutualistico legate ad assetti proprietari pubblici o cooperativi. In relazione all accresciuta contendibilità degli assetti proprietari ed all esigenza di essere competitivi, in termini di capacità di remunerazione, assumono anche rilevanza il mercato dei diritti di proprietà e le sanzioni che da questo possono derivare a carico di logiche e di prassi imprenditoriali insoddisfacenti sotto il profilo della capacità di produrre valore per gli azionisti. D altra parte, oltre ad essere divenuto riferimento primario dei risultati gestionali, il capitale di rischio è anche risorsa costosa. Quest ultima connotazione deriva dalle specifiche funzioni del capitale di rischio nelle imprese bancarie. Diversamente da quanto è tipico per le imprese industriali, il capitale proprio nelle banche non ha una funzione significativa di finanziamento dell attività operativa; per contro, assorbe pressoché interamente il rischio della gestione. Caratteristica delle gestioni bancarie è infatti l avversione al rischio dei detentori delle passività emesse; ed è, pertanto, molto modesto il premio per il rischio incorporato nei tassi passivi. Pressoché l intero rischio gestionale è coperto dai mezzi propri la cui onerosità è ulteriormente innalzata dalle condizioni di elevata opacità delle attività bancarie che generano corrispondenti costi di agenzia e di informazione a carico degli azionisti 3. Il capitale proprio è, infine, risorsa critica in quanto fattore limitazionale dei percorsi di crescita dimensionale e di allargamento dello spettro dei posizionamenti strategici sulle 2 Per un analisi della funzione obiettivo delle banche, v. Ruozi R. (1987). 3 Per un approfondimento delle specifiche condizioni di elevatezza del costo del capitale delle banche, cfr. Merton R. C. e Perold A. F. (1993). Nello stesso senso, v. Cesarini F. (1988). Sironi A. (1996) mette in rilievo come la rete di protezione istituzionale (assicurazione dei depositi, credito di ultima istanza, vigilanza delle autorità monetarie) concorra ad attenuare la percezione dei rischi rispetto al caso delle imprese non finanziarie. 4

5 diverse graduazioni di rischio delle attività finanziarie. Al di là dei vincoli patrimoniali posti dall organo di vigilanza, la dotazione e la valorizzazione dei mezzi propri assume un ruolo critico nell attuale fase di ristrutturazione del sistema che vede accentuarsi la valenza competitiva delle dimensioni aziendali e dell ampiezza della gamma dei servizi offerti. La concreta percorribilità degli indirizzi di ristrutturazione strategica ed organizzativa necessari per il sostegno della capacità competitiva, da un lato, impone gradi di capitalizzazione crescenti, dall altro, passa al vaglio di condizioni di economicità espresse dai valori societari e dai prezzi di concambio nei percorsi di crescita esterna fondati su processi di aggregazione regolati con acquisition currency ( carta contro carta ). L effetto congiunto del crescente peso della shareholder view e degli intensi mutamenti di scenario che determinano nuove regole del gioco equity intensive nelle dinamiche competitive, stringe le banche in una morsa che sposta verso l alto il livello minimo dei risultati aziendali necessari per stare sul mercato. Il sistema bancario ha vissuto un lungo periodo di mutazione genetica che lo ha rapidamente avvicinato agli standard morfologici, strutturali e funzionali prevalenti sulla scena internazionale. L effetto combinato della globalizzazione finanziaria e dell adeguamento della cornice istituzionale e regolamentare ha fatto cadere diversi fattori di imperfezione dei mercati che rendevano sostenibili condizioni di competitività sui prezzi congiunte con strutture inefficienti dei costi. Le imperfezioni esistenti assicuravano la compatibilità di equilibri di mercato stabili con condizioni di elevate dispersioni dei prezzi intorno ai valori medi 4. Tra le condizioni permissive, un ruolo significativo era svolto da assetti proprietari non vincolanti sotto il profilo della massimizzazione del rendimento atteso. In altri termini, gli ampi gradi di libertà dal vincolo della massimizzazione dei profitti economici attesi, in presenza di livelli modesti e di forti divari nelle remunerazioni attese dalla proprietà, concorrevano a rendere possibili e sostenibili ampie divaricazioni nelle condotte di mercato degli intermediari bancari e, corrispondentemente, nelle loro performance. Per contro, la sopravvenuta crescente pressione esercitata da aspettative di rendimento sui mezzi propri più alte che in passato ed allineate alle condizioni più generali del mercato azionario internazionale restringe gli spazi di sostenibilità dell allocazione del capitale su strutture produttive inefficienti, o comunque disallineate rispetto a quelle dei leader di mercato. Ora che la cornice istituzionale e regolamentare è stata riassettata ed è in atto un ridisegno dei mercati (ampliamento internazionale, abbassamento delle barriere, sostituibilità tra prodotti, concentrazione, ampliamento delle opportunità di differenziazione attraverso innovazione e focalizzazione strategica, crescente contendibilità, ecc.), si esalta il ruolo dell anello intermedio che lega concorrenza ad efficienza, anello costituito dalle capacità imprenditoriali e manageriali di generare competitività 5. Si restringono, infatti, i percorsi di sviluppo: in presenza di strutture dei costi e di livelli di produttività disallineati rispetto ai competitors, si generano divari nei rendimenti economici, ma <<se tutti gli azionisti hanno aspettative uniformi, la resa dei conti è inevitabile 6 >>. Le vie di fuga 4 Per una approfondita trattazione dei mutamenti degli scenari del sistema bancario, degli effetti sulla dinamica competitiva, dell ampiezza delle azioni necessarie per ricostituire il vantaggio competitivo e delle modalità ed effetti delle ristrutturazioni, cfr. Forestieri G. (2000). Per un analisi sistematica delle scelte strategiche e delle soluzioni organizzative adottate dalle banche italiane in risposta ai nuovi assetti concorrenziali, si veda Fabrizi P. L. (2000). 5 A questa considerazione perviene Ciocca F. (2000) a conclusione dell analisi sulla metamorfosi della finanza italiana nel ventennio Dopo aver rilevato che il ridisegno della cornice è stato completato e che il sistema finanziario è ora nelle condizioni morfologiche e strutturali adeguate a supportare, in condizione di competitività con gli standard internazionali, lo sviluppo economico delle imprese e del Paese, egli afferma che <<la concorrenza, se promuove l efficienza, può garantirla solo qualora non sia carente la capacità dei produttori di rispondere alla sollecitazione competitiva>>. 6 Cfr. Forestieri G. (2000). 5

6 hanno un respiro molto corto: il recupero sui prezzi porta alla perdita di quote di mercato ove non siano particolarmente rilevanti i vantaggi competitivi da differenziazione; il recupero dei margini a scapito di maggiori rischi porta ad un maggiore fabbisogno di capitale proprio e l accresciuto ritorno, se misurato in termini di profitti contabili (ROE) 7, appare soltanto illusorio in rapporto alla creazione di valore per gli azionisti in quanto incapace di cogliere la relazione tra maggiori rischi e livello del costo del capitale; il contenimento dei costi a sostegno dell innovazione e dello sviluppo rinvia di poco ed intensifica le prospettive di declino. Deve essere, infine, rilevato come la stessa regolamentazione di vigilanza sta evolvendo nella direzione di assecondare la dimensione strategica del capitale proprio. Orientandosi verso criteri che riconoscono la specificità aziendale, la stessa regolamentazione prudenziale favorisce la maturazione di nuove logiche di gestione del capitale proprio nella direzione del ribaltamento da vincolo da soddisfare a leva della competitività aziendale attraverso l allocazione firm specific, efficiente in rapporto ai posizionamenti strategici perseguiti, ai vantaggi competitivi ricercati, alle attese degli azionisti. Nel progredire lungo le direzioni indicate, il sistema bancario italiano sconta la debolezza della logica imprenditoriale connessa alla pregressa scarsa qualificazione sotto questi profili degli assetti giuridici e proprietari e sconta l inevitabile inerzia di un processo di crescita che è prima ancora culturale di cultura manageriale che giuridico, regolamentare e di politica di governo delle istituzioni. E attraverso la cultura del valore, della gestione ottima del capitale e della massimizzazione dei ritorni per gli azionisti, che deve necessariamente passare, come già da tempo avvenuto nell esperienza di molte imprese industriali, il salto di qualità delle direzioni bancarie verso l adozione di logiche di value based management La creazione di valore nelle banche italiane: indicatori di risultato e verifiche empiriche 2.1. Indicatori di mercato per la misurazione del valore percepito dagli azionisti Il valore societario incrementale 9, ad una certa data, è misurato dall indicatore valore di mercato aggiunto, il cosiddetto market value added (MVA). MVA è dato dalla differenza tra il valore di mercato del capitale proprio e l importo storicamente investito dagli azionisti. Market value added (MVA) = valore di mercato del capitale proprio valore storico dell investimento di capitale proprio Il valore di mercato del capitale proprio è costituito dal prodotto del numero delle azioni per il prezzo di mercato dell azione. MVA è la rilevazione di mercato del valore incrementale, 7 Per una valutazione critica dell attendibilità del ROE quale indicatore di performance delle banche, cfr. Di Antonio M.(1999). 8 Con il termine value based mangement (VBM) si intende la gestione orientata alla creazione di valore, un sistema cioè formale di procedure, modelli e attività che mettano in grado il management a tutti i livelli dell organizzazione di decidere ed agire nell interesse degli azionisti in modo costante, premiando il raggiungimento dell obiettivo comune di creazione di valore attraverso la condivisione di parte della stessa tra il management e la proprietà (gli azionisti). Per un analisi sulla diffusione delle tecniche di VBM in un campione di banche e di gruppi bancari italiani, v. Locatelli R. (2001). 9 Per un inquadramento della relazione strategia valore e per un analisi della distinzione ed interdipendenza tra il mercato dei titoli rappresentativi del capitale proprio delle banche ed il mercato delle imprese bancarie, v. Mottura P. (1987). 6

7 rispetto all investimento originario da parte degli azionisti, in riferimento ad un dato momento di osservazione. Nell ottica dell azionista investitore, il management ha il compito di massimizzare attraverso la gestione, in ogni esercizio, la creazione di un flusso incrementale di ricchezza costituito da due componenti: l erogazione dei dividendi e l incremento di MVA. Incrementi di MVA presuppongono che ogni euro di nuovo investimento di capitale generi più di un euro di valore di mercato. Il valore creato in un singolo esercizio, nell ottica dell azionista, può quindi essere definito con la seguente espressione: Valore percepito (VP) = dividendi erogati nell anno 10 + delta MVA Per dare un giudizio definitivo sul ritorno per gli azionisti in un anno, è infine necessario confrontare il valore percepito (VP) con la creazione di valore attesa dagli azionisti, in principio d anno, sulla base del rendimento minimo ritraibile da investimenti di pari rischio (costo di opportunità). Dal punto di vista del management, esso rappresenta il costo del capitale 11, il tasso di rendimento minimo da riconoscere per l uso del capitale, secondo gli standard di mercato. Il valore atteso può essere definito per mezzo della seguente espressione: Valore atteso (VA) = valore di mercato del capitale proprio iniziale x tasso di rendimento minimo atteso Nell ottica dell azionista, il valore netto effettivamente percepito, in un determinato periodo (cfr. tab. 1 per un esempio di calcolo), è così definito come differenza tra il valore percepito (VP) e la creazione di valore attesa (VA): Valore percepito netto di mercato (VPN) = Valore percepito (VP) Valore atteso (VA) 10 Si intendono sia i dividendi ordinari che straordinari, ad esempio il sovra-prezzo - rispetto al prezzo di mercato corrente - pagato in occasione di acquisto di azioni proprie. 11 Nella prassi, il modello più diffuso per stimare il costo del capitale proprio è quello basato sulla teoria del capital asset pricing model (CAPM); si veda Sharpe W. F. (1964), Lintner J. (1965); per un approccio operativo alla stima del costo del capitale si veda Copeland T., Koller T., Murrin J. (1994). Nel calcolo del costo del capitale per gli istituti bancari si fa generalmente riferimento al solo costo del capitale proprio (cost of equity). Gli oneri sul debito, diversamente da quanto considerato per le imprese industriali, sono infatti attribuiti, nelle gestioni bancarie, ai costi dell attività caratteristica. E altresì possibile considerare anche nel caso della banca una definizione di costo medio ponderato del capitale anomala (weighted average cost of capital, WACC) comprensiva anche del costo del debito subordinato. 7

8 Tabella 1 Il valore percepito netto (VPN) Esempio di calcolo del valore percepito netto (VPN): caso Banca Fideuram, esercizio 2000 Banca Fideuram - Esercizio 2000 (Valori in milioni di Euro) Valore creato (VC) Valore di mercato del patrimonio netto al Valore di mercato del patrimonio netto al A) Delta valore di mercato del patrimono netto Capitale investito al (netto del patrimonio di terzi) Capitale investito al (netto del patrimonio di terzi) 960 B) Capitale investito incrementale C) Delta MVA 2000 (A-B) D) Dividendi pagati Valore creato (VC) (C+D) Valore atteso (VA) Valore di mercato del patrimonio netto al x Tasso di rendimento minimo atteso 13% Valore atteso (VA) Valore creato netto (VCN) Valore creato (VC) (E) Valore atteso (VA) (F) Valore creato netto (VCN) (E-F) Ciò che rileva, ai fini della determinazione del valore percepito dagli azionisti, non è soltanto l entità del flusso corrente dei dividendi bensì, a monte di ciò, la capacità degli investimenti di generare un margine positivo tra rendimento e costo del capitale. Gli azionisti attendono un rendimento in termini di valore, non necessariamente di pagamenti immediati. Ogni azionista ha la possibilità di trasformare parte del suo valore in cassa a suo piacimento, vendendo o impegnando parte delle azioni di sua proprietà. In altri termini, non è rilevante che il valore sia distribuito; se la banca è in grado di sostenere ulteriori opportunità di investimento economicamente vantaggiose, il miglior interesse per gli azionisti è costituito dalla ritenzione e dal reinvestimento del valore stesso 12. Il valore delle azioni aumenta, secondo l impostazione richiamata, anche in assenza di dividendi immediati. Con il reinvestimento profittevole (in grado cioè di generare delta MVA > 0) l impresa costituisce, infatti, le premesse per l erogazione di maggiori dividendi futuri che il mercato efficiente riconosce, nell immediato, incorporandoli nel prezzo in misura del loro valore attuale. Le formulazioni proposte offrono uno spunto di riflessione importante per lo sviluppo delle considerazioni successive: il capitale effettivamente investito dagli azionisti è, in ogni periodo d analisi, pari al valore di mercato del capitale investito e non al valore storico contabile dello stesso. L azionista è chiamato a confrontarsi nel continuo con la decisione di lasciare il valore delle proprie azioni impiegato in banca, oppure di liquidare l investimento, andando quindi alla ricerca di impieghi alternativi. Portando l analisi dal continuo al discreto, all inizio di ogni periodo (un anno, più anni) l azionista decide di lasciare il proprio valore impiegato in banca, nell attesa di un adeguata remunerazione in termini di incremento di valore e di dividendi. Il patrimonio netto contabile, o forme rettificate dello stesso, rappresentano l investimento storicamente attuato dagli azionisti, comprensivo degli utili contabili generati dalla gestione e reinvestiti. Come si indicherà in seguito (v. 2.4), il patrimonio netto contabile può essere utilizzato, per semplificazione metodologica e maggiore efficacia operativa, quale proxy del valore investito nel calcolo di indici di profittabilità a livello consolidato qualora si 12 Quanto affermato corrisponde all indicazione del noto teorema della separazione di I. Fisher. 8

9 parametri la performance sugli incrementi di EVA piuttosto che sui valori assoluti, ma non è in ogni caso rappresentativo del reale investimento in essere degli azionisti. Di seguito, si propone un analisi (v. tab. 2) in ordine al valore percepito netto (VPN) dagli azionisti dei principali gruppi bancari italiani negli esercizi dal 1996 al Gli istituti bancari sono ordinati in base al valore percepito netto (VPN) assoluto cumulato nei cinque anni. Tabella 2 Valore percepito netto (VPN) dagli azionisti di un campione di banche nel periodo Milioni di Euro Cumulato Valore Creato (VC) Valore Atteso (VA) Valore Creato Netto (VCN) Delta MVA Dividendi UNICREDIT SAN PAOLO IMI B.CA POP BRESCIA B.CA FIDEURAM B.CA INTESA B.CA COMM.ITALIANA ROLO BANCA B.CA NAZ. LAVORO CREDITO EMILIANO* B.CA POP NOVARA MEDIOBANCA B.CA POP BERGAMO CRED VARESINO B.CA POP COMM. IND B.CA POP VERONA* B.CA POP LODI MONTE PASCHI SIENA* B.CA POP MILANO B.CA DI ROMA * = vd. Nota 13 Dalla tabella si può rilevare come, in generale, gli azionisti delle banche considerate abbiano percepito incrementi di valore nell arco temporale di riferimento. L ammontare complessivo di valore percepito netto (VPN) positivo ammonta a milioni di Euro, mentre il valore distrutto netto è stato pari a milioni di Euro. Tali dati confermano quindi una ricchezza incrementale rilevata dal mercato, in riferimento al complesso delle banche analizzate, pari a milioni di Euro. 2.2 Requisiti di un indicatore di performance aziendale coerente con l obbiettivo della massimizzazione del valore percepito dagli azionisti Al fine di introdurre linee guida che orientino i manager verso l obbiettivo della massimizzazione di VPN, occorre preliminarmente ragionare sui fattori che determinano MVA e delta MVA e, a seguire, il pagamento di dividendi, secondo l impostazione dei modelli elaborati dalla moderna teoria finanziaria. Questo approccio è importante sia per 13 Il valore percepito netto (VPN) cumulato dagli azionisti di Credito Emiliano fa riferimento all arco temporale (3 esercizi), quello della Banca Popolare di Verona al periodo (2 esercizi), mentre il VPN dagli azionisti di Monte dei Paschi di Siena si riferisce al solo esercizio In caso di acquisizione/fusione accorsa nell arco temporale considerato, per gli anni antecedenti alla acquisizione/fusione stessa, si considera la performance dell entità acquirente/acquisita/fusa più rilevante per dimensioni (es. il BAV nel caso di Banca Intesa). 9

10 definire un appropriato indicatore di performance aziendale in grado di guidare la gestione alla creazione del valore, sia per qualificare il sistema degli strumenti gestionali orientati alla creazione di valore che, proprio nella teoria della finanza, trovano il loro presupposto scientifico e metodologico. Ci si riferisce, in particolare, ai teoremi di Modigliani e Miller che, sotto la copertura di ipotesi semplificatrici, descrivono il valore dell impresa come il valore attuale dei flussi di cassa futuri attesi complessivamente dall impresa stessa. Il modello generale del discounted cash flow (DCF) prevede che, il valore di un impresa sia pari al valore attuale dei flussi di cassa che l impresa stessa saprà generare in futuro. Nel calcolo di tale valore attuale, i cosiddetti free cash flow 14 (FCF) vengono scontati ad un tasso d interesse che rappresenta il tasso di rendimento minimo atteso in media da azionisti, finanziatori di capitale di debito, altri creditori e, nel caso specifico delle banche, dai depositanti. Il valore dell impresa è quindi dato dal: Valore attuale netto dei flussi di cassa futuri (VAN) = (1 Dove: t= 0 + FCFt wacc) - t indica lo specifico periodo d analisi; - FCF t è il flusso di cassa netto atteso nel periodo t; - wacc (weighted average cost of capital) è il costo medio ponderato delle diverse forme di finanziamento dell attività (capitale proprio, debito, depositi, ecc.), dato un determinato profilo di rischio medio delle attività stesse e un determinato livello di dotazione di capitale proprio. Si noti che, diversamente da quanto indicato nella presente formula e diversamente dalla prassi comune dei settori non bancari, nella valutazione delle banche, è normale utilizzare un tasso di sconto che, anziché essere media ponderata dei rendimenti minimi attesi dalle diverse categorie di investitori (inclusi i depositanti), corrisponde al tasso di rendimento minimo atteso dai soli azionisti (costo del capitale proprio). In banca infatti la misura del free cash flow (FCF) è tipicamente quantificata al netto degli interessi passivi a fronte di depositi, in quanto aventi natura operativa. In questo modo, considerare il costo dei depositi anche nel wacc, porterebbe ad una duplicazione di costi 15. Si condivide tale approccio sia a livello pratico che logico, e lo si farà proprio nel seguito del lavoro. Nel presente paragrafo però, si ritiene più utile, a fini esplicativi, considerare il modello generale (non specifico del settore bancario) del discounted cash flow (DCF), con tasso di sconto dato dalla media ponderata delle diverse forme di finanziamento dell attività (inclusi i fondi dei depositanti). Alla luce della formula di cui sopra, è così possibile intuire come la matrice del valore, nella modellistica teorica, stia in generale nella capacità dell impresa di implementare t 14 Il free cash flow (FCF) è il flusso di cassa residuale, dopo che dal flusso generato dall attività operativa sono stati sottratti i flussi di cassa relativi agli investimenti di capitale. Si tratta quindi del flusso di cassa disponibile ad essere utilizzato (pagamento di dividendi, riacquisto di azioni, pagamento di interessi passivi sul debito, ammortamento del debito) nel quadro dei rapporti con i finanziatori dell attività, azionisti e creditori. 15 Il rendimento atteso dai finanziatori di debito subordinato e di altre forme di debito può essere considerato a seconda dei casi alternativamente nel wacc o, soluzione più comune e pragmatica, a deduzione dei flussi operativi. 10

11 investimenti in grado di generare rendimenti superiori al costo medio ponderato del capitale. Scontare infatti i flussi di cassa di un investimento ad un tasso pari al wacc, quando il rendimento atteso è inferiore al wacc stesso, porta ad un contributo negativo in termini di valore attuale netto (VAN). Investimenti aventi un rendimento superiore al wacc producono invece, a beneficio dei portatori di capitale, flussi futuri che rappresentano extra-profitti rispetto ai rendimenti degli investimenti alternativi attivabili direttamente dagli stessi azionisti. I flussi eccedentari attesi costituiscono un valore aggiunto (MVA) al capitale originariamente apportato, valore aggiunto che viene incorporato nei prezzi delle azioni in termini di valore attuale dei flussi attesi. Volendo applicare tale modello generale per valutare decisioni specifiche alla realtà bancaria, è importante notare come, erroneamente, si potrebbe pensare che singole operazioni strategiche ed operative non abbisognino marginalmente di capitale proprio. Le aziende bancarie non hanno infatti generalmente bisogno di richiedere agli azionisti versamenti di liquidità per finanziare specifiche attività operative (se non in fase di avvio dell attività bancaria). Esse possono infatti accedere ampiamente alla fonte di finanziamento meno onerosa rappresentata dai fondi dei depositanti. In realtà, anche la banca, più di ogni altra impresa, necessita di capitale proprio a copertura del rischio di vedere il valore di mercato delle attività scendere al di sotto del valore di mercato delle passività. Se questo accadesse, da un lato gli azionisti perderebbero la totalità del valore del capitale da loro investito, dall altro lato l impresa non sarebbe più in grado di assicurare la propria solvibilità. Nel caso specifico della banca, il risparmio dei depositanti e la stabilità del sistema finanziario risulterebbero minacciati. Si noti che tale requisito di patrimonializzazione minima, valido per ogni decisione della banca, non deriva da imposizioni dell autorità di vigilanza, ma da una necessità prettamente economica dell azienda bancaria: non dotarsi di capitale proprio in modo adeguato, significherebbe per la banca incorrere, al contrario di quello che si potrebbe pensare, in un costo medio ponderato dei fondi (wacc) più elevato (i finanziatori di capitale di debito, non disponendo più di adeguate garanzie, richiederebbero rendimenti estremamente alti dal loro investimento 16 ), e, nel caso estremo, porterebbe a non essere più in grado di attingere ai fondi dei depositanti. Questi ultimi non sono infatti pronti ad assumere nessun rischio riguardo alla solvibilità dell istituto bancario. In via semplificata, si può quindi affermare che gli istituti bancari devono dotarsi di un livello minimo di capitale proprio che garantisca la solvibilità a beneficio dei depositanti in relazione ad ogni decisione marginale. Tale valore minimo di dotazione patrimoniale è solitamente definito con il termine di capitale a rischio (CAR). Il costo netto del capitale a rischio può essere così visto come una forma di premio assicurativo pagato dagli azionisti 17. Ogni decisone marginale ha un impatto sul profilo di rischio complessivo dell istituto e presuppone un parallelo impatto sul wacc, inclusivo del costo del capitale proprio. Tale effetto può essere verificato o sul tasso di rendimento atteso in relazione alle diverse forme 16 Sulla teoria riguardante la struttura finanziaria ottima e i costi del fallimento si veda Baxter (1967), Stiglitz (1972), Kraus e Litzenberger (1973), Kim (1978). 17 L interpretazione formale in termini assicurativi della funzione del capitale a rischio è proposta da Merton R., Perold A. (1993); tali autori quantificano il costo economico dell assicurazione per l azienda come pari al rendimento atteso dagli azionisti stessi, eccedente il rendimento ottenuto dall investimento dei fondi in impieghi privi di rischio. Tale interpretazione del costo dell assicurazione è efficace dal punto di vista esplicativo, ma potrebbe portare a pensare che l ammontare di capitale a rischio dovrebbe effettivamente essere investito in attività prive di rischio (titoli del tesoro, ecc.). Tale conclusione non sarebbe corretta e contrasterebbe con uno dei fondamenti della teoria finanziaria moderna, con il principio cioè della separazione tra decisioni di investimento e di finanziamento delle stesse. Per una disamina critica in ordine all applicabilità agli intermediari finanziari dei principi della finanza aziendale, si veda Sironi (1996). 11

12 di finanziamento o sul fattore di ponderazione delle diverse fonti (struttura finanziaria) o su entrambe. Se l effetto di ogni decisione operativa in termini di flussi di liquidità e di rendimento contabile è esplicito e diffusamente riconosciuto, meno esplicito, ma non meno importante, risulta l impatto della decisione sul profilo di rischio della banca (e quindi sul wacc), e quindi sul valore dell impresa (il wacc è al denominatore della formula del VAN del modello del discounted cash flow). Il valore di mercato di un impresa in ogni momento d analisi incorpora precise previsioni in termini di flussi di cassa (FCF) e di grado di rischio atteso (wacc). Per generare incrementi di MVA e pagamenti di dividendi ritenuti soddisfacenti dagli investitori, quindi superiori alle attese di creazione di valore (VA), l azienda bancaria deve così: - generare flussi di cassa (FCF) in linea o superiori a quelli già implicitamente incorporati nel valore di mercato del patrimonio netto all inizio del periodo d analisi, senza modificare il profilo di rischio complessivo; - mantenere o diminuire il profilo di rischio complessivo, quindi i costi per assicurare il rischio, garantendo comunque la realizzazione di flussi operativi in linea con le attese; - generare nuovi flussi di cassa operativi, il cui rendimento sia superiore al costo complessivo dovuto al rischio incrementale. Si capisce così come il metodo del discounted cash flow (DCF) consenta, teoricamente, di prendere le decisioni gestionali corrette nell interesse degli azionisti, adottando lo stesso criterio che, secondo i modelli proposti dalla letteratura finanziaria, determinano, nei mercati, la formazione dei prezzi delle azioni. Ma, oltre a costituire una ineccepibile costruzione logica per una corretta interpretazione dell operare secondo razionalità, il modello si presta a costituire anche uno strumento operativo aziendale per guidare l attività dei manager? La risposta è negativa ove si consideri che le banche devono disporre di sistemi di misurazione del contributo alla creazione del valore che siano significativi in riferimento a singoli periodi, da utilizzarsi in riferimento ad ogni singolo esercizio, ai fini di programmare e di controllare a consuntivo la performance aziendale e per definire l incentivazione del personale. Il modello DCF, per contro, misura il valore attuale in riferimento all intero orizzonte dei flussi attesi ed impone previsioni di carattere soggettivo 18. La quantificazione del flusso di cassa periodale, estrapolata dal flusso complessivo, perde significato e non costituisce una misurazione attendibile della performance periodale. Si consideri, infatti, che il flusso di cassa periodale potrebbe assumere un valore modesto per ragioni molto diverse 19. Una prima ragione potrebbe essere costituita da elevati investimenti alimentati da risultati di gestione molto soddisfacenti. Oppure, all estremo opposto, il FCF potrebbe essere modesto semplicemente perché sono contenuti i flussi operativi. Un indicatore che non distingue performance così diverse non si presta ad essere utilizzato come driver aziendale della capacità di creare valore. Il value based management richiede una misura della performance aziendale che sia operativa, periodale e coerente con la modellistica che interpreta la logica di funzionamento del mercato. Si tratta di risolvere un dilemma : il mercato prende le misure alle performance aziendali in termini monetari (flussi di cassa attesi) e li traduce in valore sulla base di un concetto di profitto inteso in termini economici (il mercato non riconosce la logica contabile); le imprese prendono le misure periodali in termini di convenzioni contabili e anche se adottassero la logica di valutazione del mercato non 18 Per un analisi della solidità concettuale del metodo dei flussi di cassa in contrapposizione all insoddisfacente spendibilità operativa, si veda Di Antonio M. (1999). 19 Cfr. O Byrne S. F. (1999a). 12

13 potrebbero derivare direttamente, dai flussi monetari periodali, indicazioni utili a guidare le scelte operative EVA come indicatore gestionale per la misurazione della creazione del valore nelle banche L individuazione di un indicatore di performance aziendale che sia contemporaneamente operativo e coerente con la logica del mercato è il tema centrale della letteratura sul value based management. Per essere orientata alla soddisfazione degli interessi degli azionisti, la gestione deve essere puntualmente guidata da un indicatore capace di discriminare le scelte che creano valore da quelle che lo distruggono. Disporre di uno strumento affidabile a questi fini è particolarmente importante per le banche non quotate che non hanno il riscontro del mercato (VPN). Ma anche nel caso delle banche quotate, VPN deve essere inteso come il riscontro ex post di un attività operativa che deve essere monitorata e guidata ex ante sia in riferimento all attività a livello consolidato, sia in riferimento all attività delle singole unità operative e, possibilmente, in riferimento all attività creatrice di valore di ogni manager e di ogni collaboratore. Disporre di uno strumento attendibile consente anche di prendere le misure agli errori del mercato. Le dinamiche di MVA possono essere infatti influenzate da fluttuazioni non spiegate da modificazioni della performance corrente delle banche. In tal caso si deve valutare quanta parte del valore di mercato del patrimonio netto è spiegato dall attesa di perpetuazione delle performance correnti e quanta parte è spiegata da attese di cambiamento, in aumento o in diminuzione, delle stesse performance. Sotto questi profili, un indicatore capace di misurare correttamente e di guidare la capacità di una banca di creare valore produce anche una esternalità per il mercato: consente di misurare quanta speranza (accreditamento della capacità prospettica, da confermarsi in futuro, di incrementare la produzione di extra-profitti) o quanto pessimismo (assunzione di attese di riduzione della capacità attuale e dimostrata di produrre i livelli correnti di extra-profitto) sono incorporate nelle quotazioni attuali di mercato della banca. Tra le diverse soluzioni proposte dalla letteratura 21, l economic value added (EVA) 22, oltre a rispondere ai pre-requisiti indicati, trova conferma della propria affidabilità anche nelle verifiche empiriche 23. La formula base dell EVA per la banca è la seguente: EVA = risultato gestionale netto rettificato 24 - costo di periodo del capitale a rischio (valore impiegato dagli azionisti a copertura del rischio x costo percentuale del capitale 25 ) 20 Per un analisi della diversa accezione dei profitti bancari nella logica economica e nella logica contabile, si veda Kimball R. C. (1998). 21 Cfr. Kimball R. (1997), Bacidore J.M., Boquist J.A., Milbourn T.T., Thakor A.V. (1997). 22 Cfr. Stewart G. B. (1991). 23 Su questo aspetto, peraltro, le posizioni in letteratura non sono concordi. Tra gli altri, argomenti a favore sono proposti da Stewart G. B. (1991), Stern J. M., Stewart G. B., Chew D. H. (1995), Uyemura D.G., Kantor C., Pettit J. (1996), O Byrne S. (1997); argomenti contrari sono proposti da Kramer J, Pushner G. (1997), Lehn K., Makhhija (1996). Una specifica approfondita confutazione delle tesi contrarie è proposta da O Byrne S. F. (1999b). 24 NOPAT nel lessico EVA; è l acronimo di net operating profit after taxes. Una più puntuale definizione ed una indicazione delle rettifiche sono proposte nel successivo Il costo del capitale percentuale è il tasso di rendimento minimo atteso dagli azionisti. Riguardo all opportunità di utilizzare un costo del capitale medio ponderato (wacc), si veda il precedente 2.2 e la nota

14 L EVA è definito come la differenza tra il reddito gestionale rettificato al netto delle imposte ed il costo del valore impiegato dagli azionisti all inizio del periodo d analisi a copertura del rischio. L idea di base dell indicatore è che il reddito generato dalla gestione deve coprire non soltanto i costi operativi, ma anche il costo di opportunità del capitale proprio investito in azienda, il cui onere non trova rappresentazione nel bilancio d esercizio. La coerenza di EVA con il modello del discounted cash flow (DCF) è piena. Formulate ipotesi riguardo a risultati economici futuri, il valore attuale netto dei flussi di cassa futuri coincide matematicamente con il valore presente degli EVA futuri. Tale relazione non deve sorprendere, in quanto EVA nasce storicamente come sforzo per riformulare la misura del free cash flow (FCF) in chiave operativa 26. In ogni periodo d analisi, nel calcolo dell EVA viene considerato esplicitamente il costo del valore impiegato netto. In questo modo l EVA permette, a differenza dei flussi di cassa, di ricordare in modo costante l investimento di capitale in essere ed il suo costo. Il modello del discounted cash flow (DCF) e quello dell EVA, usati ai fini valutativi, danno entrambi la stessa risposta corretta e coerente con l obiettivo di massimizzare il valore percepito netto (VPN). L EVA contribuisce però a dare un giudizio sul contributo alla generazione di valore in ogni singolo periodo d analisi ed è, pertanto, adatto a supportare la gestione e a motivare i collaboratori verso la creazione di valore. L indicatore rappresenta una soluzione di compromesso tra visione contabile (ottica dell impresa) e visione economica (ottica del mercato) della performance aziendale. Gli azionisti attendono una remunerazione adeguata del valore di mercato del loro investimento. Da questo punto di vista, ai fini della quantificazione dell effettivo costo sostenuto dalla banca a copertura del rischio di periodo, l unica misura adeguata del valore impiegato dagli azionisti, sembrerebbe essere il valore di mercato del patrimonio netto all inizio del periodo d analisi. In realtà, calcolare EVA in base ad un risultato gestionale netto rettificato derivato dalla contabilità o dal sistema gestionale, e ad un capitale investito espresso a valori di mercato, non risulta né agevole, né indispensabile dal punto di vista operativo 27. Tale misura sarebbe infatti calcolabile solo per aziende bancarie quotate, a livello consolidato, e comunque, anche in questo caso, la sua utilità risulterebbe sospetta. L indicatore così formulato sarebbe infatti riferito contestualmente a valori di mercato, che incorporano sia volatilità di breve periodo che attese di performance di lungo periodo, ed a misure di performance operativa monoperiodali 28. La risposta concreta a tale problema, ideata nell ambito delle applicazioni più recenti dei sistemi EVA nelle banche e nelle imprese industriali, è stata quella di utilizzare approssimazioni del valore di mercato dell investimento degli azionisti operativamente rilevanti e derivabili all interno del sistema contabile/gestionale (per definire tali approssimazioni convenzionali del valore impiegato, si userà in seguito il termine generale capitale operativo ), spostando l attenzione, per contro, dal livello assoluto di EVA ai valori di performance incrementale di EVA rispetto all anno precedente. La sicurezza dell impianto contabile/gestionale rende l EVA strumento operativo vicino alle logiche gestionali tradizionali e, come si è accennato, declinabile all interno dell intera organizzazione. D altro canto, però, calcolare l EVA in base ad un capitale operativo contabile/gestionale rende la misura assoluta dell EVA incapace di dare una risposta definitiva in merito alla creazione di valore o meno di una banca o di una parte di essa. Non è corretto, infatti, affermare che banche con EVA positivo creano valore e banche con EVA negativo lo distruggono. Il giudizio definitivo sulla creazione di valore per gli azionisti 26 Free cash flow (FCF) = NOPAT delta capitale investito. Per una dimostrazione della identità tra valori attuali dei FCF e degli EVA periodali, si veda O Byrne (1999a). 27 Tale versione dell EVA è nota come REVA ( refined EVA ), Bacidore J.M., Boquist J.A., Milbourn T.T., Thakor A.V. (1997). 28 Queste considerazioni sono condivise da Young S.D., O Byrne S. (2001), p

15 può venire solo dalla misura del valore percepito netto (VPN) e dalle attese in ordine agli EVA futuri implicite nel valore di mercato corrente del patrimonio netto. Quanto affermato non sminuisce l importanza dell EVA quale strumento per mettere in grado il management della banca di prendere decisioni corrette in chiave di creazione di valore e per motivare tutti i collaboratori, dal top-management al dipendente di filiale, a perseguire gli interessi degli azionisti. Si tratta di focalizzare meglio le relazioni che intercorrono fra EVA e valore di mercato del capitale. A questo proposito, nel prossimo paragrafo, si dimostrerà come utilizzare il delta EVA, anziché l EVA assoluto, e parallelamente introdurre il concetto del miglioramento atteso dal mercato nel lungo periodo, permette di legare lo strumento operativamente rilevante e praticabile dell EVA al valore di mercato dell investimento degli azionisti, e responsabilizzare così il management per la remunerazione dell effettivo capitale investito. Di seguito (v. tab. 3), si propone un analisi dell EVA prodotto dai maggiori gruppi bancari italiani nell arco temporale In questo caso, il valore investito è approssimato utilizzando come specificazione del capitale operativo il patrimonio netto contabile rettificato. Nell analisi, si scinde inoltre l incremento dell EVA in due parti ideali: delta EVA dovuto ad un accresciuto grado di profittabilità (ampliamento dello spread tra rendimento e costo del capitale percentuale) e delta EVA legato alla crescita dimensionale. Le aziende risultano ordinate in base al miglioramento di EVA realizzato in valore assoluto nel periodo considerato. Tabella 3 Delta EVA creato da un campione di banche nel periodo Milioni di Euro Dovuto a maggior profittabilità Dovuto a crescita dimensionale EVA 1995 EVA 2000 Delta EVA SAN PAOLO IMI UNICREDIT MONTE PASCHI SIENA B.CA COMM.ITALIANA ROLO BANCA MEDIOBANCA B.CA NAZ. LAVORO B.CA POP NOVARA B.CA DI ROMA B.CA POP BERGAMO CRED VARESINO B.CA POP VERONA B.CA POP MILANO B.CA FIDEURAM B.CA POP BRESCIA B.CA POP LODI CREDITO EMILIANO B.CA POP COMM. IND B.CA INTESA Come si può rilevare dalla tabella 3, gli indicatori di performance gestionale confermano nel complesso di settore quanto emerso dagli indicatori di mercato (tab. 2) in ordine alla maturata capacità delle banche italiane di creare valore partendo, peraltro, da una situazione ampiamente negativa rilevata in riferimento all inizio del periodo. Nella maggior parte dei casi, il delta EVA è stato altamente significativo. E interessante inoltre notare, confrontando le tabelle 2 e 3, come tra le prime dieci aziende bancarie per 29 In caso di acquisizione/fusione accorsa nell arco temporale considerato, per gli anni antecedenti alla acquisizione/fusione stessa, si considera la performance dell entità acquirente/acquisita/fusa più rilevante per dimensioni (es. il BAV nel caso di Banca Intesa). 15

16 Valore Creato Netto (VCN), sei facciano parte delle prime dieci anche in termini di delta EVA , mentre le restanti quattro rappresentino tutte casi di banche per cui il mercato a fine 2000 riconosceva un premio dovuto alle distintive potenzialità strategiche di sviluppo futuro (Banca Intesa, Banca Fideuram, BIPOP, CREDEM). Monte dei Paschi di Siena e Banca di Roma si trovano tra le prime dieci banche in termini di delta EVA, ma appaiono penalizzate in termini di Valore Creato Netto (VCN). Tali eccezioni non stupiscono, se si pensa al fatto che nel calcolo del VCN di MPS è stato considerato solamente l esercizio 2000 (mentre nel calcolo del delta EVA si considerano cinque anni) e che Banca di Roma ha migliorato fortemente il livello di EVA, ma tale livello continua comunque a rimanere negativo. In generale, sembra possibile individuare conclusivamente all interno del campione delle banche analizzate tre diverse categorie: 1. istituti bancari con una dimensione e un modello di business già sviluppati nel 1995, che hanno creato valore prevalentemente attraverso un processo di razionalizzazione (Unicredit, S. Paolo-IMI, COMIT, Rolo); 2. banche della nuova generazione (Fideuram, Bipop) e istituti più tradizionali (Banca Intesa) nei confronti delle quali il mercato ha creduto e crede, in grossa parte grazie alle opzioni di sviluppo futuro da esse generate; 3. istituti (es. BPCI, Banca di Roma) che non sono riusciti, pur migliorando in alcuni casi anche di molto la performance del 1995, a raggiungere sufficienti di EVA; I dati proposti e l analisi effettuata in riferimento alle tabelle 2 e 3 sembrano suggerire una rilevante correlazione tra delta EVA positivi e valore percepito dagli azionisti (VPN). Tale ipotesi è stata testata in relazione al campione esaminato (18 istituti), sull arco temporale di riferimento ( ). In particolare, è stata valutata la qualità della correlazione statistica (R 2 ) tra la misura del valore percepito netto (VPN), da un lato, e gli indicatori di performance più diffusi, dall altro: delta EVA, delta utile netto per azione e delta ROE 30. I risultati sono riassunti nella tabella Per sterilizzare la regressione dall effetto dimensionale dei singoli istituti, i dati di valore percepito netto (VPN) sono stati standardizzati in base al capitale investito medio in ogni esercizio e i dati di delta EVA sono stati normalizzati in base al capitale investito al termine dell esercizio 1995, quelli di di delta utile per azione, in base al capitale investito per azione al termine dell esercizio

17 Tabella 4 Capacità dei più comuni indicatori di performance del campione di banche considerato (v. tab. 2 e 3) di spiegare incrementi nel valore percepito netto (VPN). Variabile Capacità di "spiegare" il VCN ( R 2 ) Delta EVA standard 49,4% Delta utile per azione 37,6% Delta ROE 8,3% Le analisi danno sostanzialmente conferma all ipotesi del delta EVA quale indicatore di performance con la più rilevante capacità di spiegare a livello operativo la creazione di valore per gli azionisti, e mettono in risalto lo scarso grado di significatività in particolare del ROE. Riguardo all alto grado di correlazione con la creazione di valore mostrato dal delta utile per azione, una precisazione risulta necessaria: é possibile dimostrare che un modello basato sul delta utile per azione standardizzato in base al capitale investito per azione non è un modello puramente di utile per azione, bensì diventa un modello di utile per azione e capitale, quindi un modello EVA travestito 31. Se il dato esposto in tab. 4 è importante a sostegno dell EVA e della sua rilevanza anche per la realtà italiana, non appare corretto identificarlo come il fattore determinante per adottare il sistema EVA. Le motivazioni chiave sono altre e più importanti. Si ritiene infatti possibile che un sistema di incentivi basato su un determinato indicatore di performance sappia stimolare in modo ottimale decisioni e azioni coerenti con l interesse degli azionisti, mentre altri indicatori siano invece superiori nello spiegare ex post movimenti del corso azionario. Tale parere è condiviso, tra gli altri, da Zimmerman: << è improbabile che il successo di un indicatore di performance nel descrivere variazioni di breve periodo del corso azionario di un azienda possa essere il fattore più importante nella decisione della metrica di riferimento per definire l incentivazione del management. La miglior misura di performance è quella che, senza incorrere in costi eccessivi, dà al management gli incentivi più significativi a intraprendere azioni che accrescano il valore d impresa. 32 >>. Studi empirici dimostrano che EVA è la misura più adeguata a tale compito Le relazioni tra delta EVA e valore di mercato del patrimonio netto delle banche Qualunque sia la convenzione utilizzata nella specificazione del capitale operativo 34, la relazione tra EVA e valore di mercato dell investimento degli azionisti può essere così esplicitata: coerentemente con il modello di valutazione del discounted cash flow (DCF), il 31 O Byrne S.F. (1999 b). 32 Zimmerman J.L. (1997), pp Biddle G., Bowen R., Wallace J. (1999). 34 Come indicato in precedenza, con il termine capitale operativo, si intende ogni approssimazione contabile/gestionale del valore di mercato impiegato dagli azionisti. Nel seguito del lavoro, ai fini del calcolo dell EVA, si propone di utilizzare come capitale operativo: - a livello consolidato: il patrimonio netto contabile rettificato; - a livello di unità operativa (società, business unit, ecc.): il capitale a rischio specifico dell unità. 17

18 valore di mercato del capitale proprio può essere letto come somma del capitale operativo e il valore attuale degli EVA futuri attesi 35 : Valore di mercato del capitale proprio = capitale operativo + valore attuale degli EVA futuri Le attese di performance EVA futura possono essere quindi scomposte in attese di mantenimento del livello di EVA corrente e in attese di miglioramento di tale livello 36. Così, quando al capitale operativo al tempo della valutazione viene sommato il valore della performance corrente di EVA, si misura il valore dell operatività corrente della banca: Current operations value (COV) = capitale operativo + valore della performance EVA corrente 37 Questo è il valore che il mercato attribuirebbe al patrimonio della banca, se la stima incorporasse attese di performance EVA immutate per l intera vita futura dell istituto. Nella realtà però il mercato tipicamente incorpora attese di miglioramento, o peggioramento, del livello corrente di EVA. 35 Calcolati in modo coerente in base alla stessa definizione di capitale operativo. 36 La scomposizione qui riproposta in riferimento ad EVA, è stata originariamente elaborata da Modigliani F., Miller M. H. (1961). La riproposizione nella logica EVA applicata alle imprese industriali è stata elaborata da O Byrne S. F. (1996). 37 Tale valore è quantificato in via semplificata attraverso la formula matematico-finanziaria della rendita perpetua: valore della performance EVA corrente = EVA corrente / costo del capitale percentuale. Si noti inoltre, che ii valore del COV non cambia a seconda della convenzione scelta in relazione al capitale contabile/gestionale utilizzato per approssimare il valore di mercato dell investimento degli azionisti; condizione necessaria per tale equivalenza, è che l EVA sia calcolata in base ad un capitale operativo coerente. Si pensi al caso in cui: NOPAT = Patrimonio netto contabile rettificato = Capitale a rischio (CAR) = Costo del capitale percentuale = 10% A) EVA calcolata utilizzando come capitale operativo il patrimonio netto contabile rettificato = = x 10% = = 500 da cui: COV = / 10% = = B) EVA calcolata utilizzando come capitale operativo il capitale a rischio (CAR) = = x 10% = = 750 da cui: COV = / 10% = =

19 Grafico 2 Scomposizione del valore di mercato del capitale proprio nel valore della performance corrente e nel valore delle attese di miglioramento di EVA corrente Valore di di mercato del capitale proprio Valore delle attese di di miglioramento MVA Valore della performance EVA corrente Capitale operativo investito contabile FGV COV Partendo quindi dal valore di mercato del capitale proprio 38 e sottraendo il valore dell operatività corrente (COV), è possibile quantificare il valore relativo alle attese di miglioramento del livello di EVA corrente (FGV) implicitamente espresso dal mercato: Future growth value (FGV) = valore di mercato del capitale proprio current operations value (COV) E possibile, infine, tradurre il valore delle attese di miglioramento del livello di EVA in valori di miglioramento atteso annui del livello di EVA impliciti in un determinato valore di mercato dell investimento degli azionisti 39. La valenza applicativa di tale principi è notevole e consente di stringere ulteriormente la relazione tra EVA e valore di mercato del capitale proprio. La banca crea valore nel momento in cui il miglioramento dell EVA raggiunto, indipendentemente dalla convenzione adottata per la determinazione del capitale a rischio da remunerare, è maggiore rispetto a quello atteso. Di converso, la banca distrugge valore nel momento in cui il delta EVA realizzato è inferiore a quello minimo atteso dal mercato, quello cioè già scontato nel corrente valore di mercato del patrimonio. Il miglioramento dell EVA atteso dal mercato rappresenta per il management della banca la soglia da raggiungere per mantenere il valore di mercato e da superare per conseguire la creazione di ulteriore valore di mercato del capitale proprio. Si può rilevare, per inciso, che EVA, originato come metrica interna alla banca, presenta, nei profili indicati, anche importanti esternalità. L entità del valore di mercato viene, infatti, ricondotta, in modo esplicito e puntualmente quantificato, alle performance implicitamente attese dal mercato. Attraverso lo strumentario di analisi proposto dalla logica EVA, queste aspettative ed i prezzi di borsa che le contengono possono essere valutati criticamente, nella loro credibilità, alla luce dell attendibilità delle performance aziendali prospettiche presupposte. Si capisce così perché valutare e responsabilizzare il management in termini di miglioramento continuo dell EVA sia il miglior modo per arrivare alla massimizzazione del valore percepito netto (VPN) e come si possano anche valutare gli scostamenti dei prezzi di borsa rispetto ad attendibili valutazioni delle performance aziendali. Un ulteriore importante intuizione implicita nell impianto descritto è quella che rettificare il patrimonio netto, o altre misure gestionali di capitale, per renderle più vicine al valore di 38 Per le aziende bancarie quotate, il valore di borsa del patrimonio netto. 39 Per la derivazione di target annuali di delta EVA dal FGV, si veda Young S.D., O Byrne S. (2001), p

20 mercato di per sé è un esercizio sterile e ridondante ai fini gestionali 40. Affinché si possa verificare questa condizione è comunque necessario che le variazioni nel capitale operativo siano, in ogni periodo d analisi, significativa espressione del maggiore o minore capitale investito dal management nell interesse degli azionisti e che la misura dell EVA incrementale, che sconta appunto il costo del capitale incrementale, dia indicazioni decisionali coerenti con gli interessi degli azionisti. L obiettivo di miglioramento continuo dell EVA vale anche per gli istituti bancari non quotati che, non disponendo di conferme esterne di mercato sull andamento della gestione, dovrebbero dotarsi, con ancor maggior convinzione, di un sistema che sappia replicare le logiche valutative del mercato stesso. Il miglioramento atteso della performance dell EVA corrente, per le banche non quotate, è comunque definibile per mezzo del confronto con altri istituti di credito quotati o attraverso l esplicitazione delle attese condivise dai principali stakeholders della banca. Di seguito, si riporta un analisi (v. tab. 5) del valore di mercato del capitale proprio delle banche italiane del campione in chiave COV/FGV a fine Le banche sono ordinate in base al FGV in percentuale del valore di mercato del patrimonio netto. Maggiore il FGV in relazione al valore di mercato, relativamente maggiori sono le attese di miglioramento della performance di EVA attuale. Tabella 4 Valore della performance corrente (COV) e valore delle attese di miglioramento (FGV) delle banche del campione considerato Milioni di Euro, esclusi i prezzi delle azioni Prezzo dell'azione in Euro 31/12/2000 Valore di mercato del capitale proprio 31/12/2000 FGV in percentuale del valore di mercato Di cui COV Di cui FGV B.CA POP NOVARA 7, % B.CA DI ROMA 1, % B.CA FIDEURAM 14, % B.CA POP BRESCIA 7, % CREDITO EMILIANO 4, % B.CA POP COMM. IND. 16, % MEDIOBANCA 12, % B.CA NAZ. LAVORO 3, % B.CA INTESA 5, % B.CA COMM.ITALIANA 7, % ROLO BANCA , % UNICREDIT 5, % B.CA POP VERONA 12, % SAN PAOLO IMI 17, % MONTE PASCHI SIENA 4, % B.CA POP BERGAMO CRED VARESINO 21, % B.CA POP LODI 12, % B.CA POP MILANO 5, % Come evidenziato in precedenza, al termine dell anno 2000, il mercato dei capitali incorporava nella valutazione di alcune aziende bancarie attese di miglioramento della performance corrente alquanto rilevanti. Guardando alle prime dieci banche del campione in termini di FGV in percentuale del valore di mercato totale del patrimonio netto, è possibile distinguere, da un lato, aziende con una performance operativa di creazione di valore passata deludente (es. Banca di 40 L approccio suggerito consente di conciliare l esigenza indicata in letteratura (cfr per tutti Sironi, 1996) in ordine all espressione dei mezzi propri a valori di mercato, con le difficoltà operative (talora impossibilità) di allontanarsi dai valori contabili; sull argomento si veda anche l irrilevanza delle convenzioni in merito al capitale operativo sul COV, dimostrata in nota

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