Dato un sistema hamiltoniano, con funzione di Hamilton H, cerchiamo una trasformazione

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1 27 Capitolo 3 Teoria di Hamilton-Jacobi Hamilton [5] e Jacobi [6] hanno introdotto un equazione alle derivate parziali del primo ordine che oggi porta il loro nome. Descriviamo di seguito il procedimento usato da Jacobi per ottenere tale equazione, nell ambito della teoria delle trasformazioni canoniche. Mostriamo poi come la conoscenza di un integrale completo, famiglia di soluzioni dell equazione di Hamilton-Jacobi per una data funzione di Hamilton, permette di integrare a meno di inversioni e quadrature il sistema hamiltoniano corrispondente. Successivamente si discute l analogia tra la descrizione delle traiettorie di un fascio di raggi luminosi emessi da un punto e quella di un insieme di orbite che partono da punto allo stesso istante: questo punto di vista ci permetterà di ritrovare l equazione di Hamilton-Jacobi nel modo in cui la scoprì Hamilton. Nella Sezione 3.5 si mostra come la scelta di alcune coordinate, dette variabili separabili, permette in alcuni casi di risolvere l equazione di Hamilton-Jacobi, a meno di inversioni e quadrature, passando attraverso la risoluzione di un sistema di equazioni differenziali ordinarie. 3.1 Il metodo di Jacobi Dato un sistema hamiltoniano, con funzione di Hamilton H, cerchiamo una trasformazione canonica (p,q,t Ψ (P,Q,t che coniughi il campo X H al campo vettoriale identicamente nullo, per cui la nuova dinamica sia costituita solamente di equilibri. Se una tale trasformazione esiste, la dinamica hamiltoniana nelle coordinate (P, Q è costituita solo da equilibri. Quindi questa trasformazione deve necessariamente dipendere dal tempo e la cerchiamo attraverso una funzione generatrice della forma S(q, P, t. Osserviamo che se S(q, P, t genera la trasformazione Ψ, allora il campo vettoriale hamiltoniano X H viene coniugato al campo X K con K Ψ(p,q,t = H(p,q,t+ S (q,p(p,q,t,t. (3.1 t

2 28 CAPITOLO 3. TEORIA DI HAMILTON-JACOBI Sostituendo in (3.1 la relazione p = S, che è una delle equazioni che definiscono q implicitamente la trasformazione Ψ, ed imponendo che la nuova hamiltoniana K sia nulla, otteniamo l equazione alle derivate parziali ( S H q,q,t + S = 0. (3.2 t La (3.2 si chiama equazione di Hamilton-Jacobi per la funzione principale di Hamilton S ed è un equazione alle derivate parziali del primo ordine. Definizione 6. Si dice integrale completo dell equazione (3.2 una funzione S(q,α,t, che dipende da n costanti di integrazione α = (α 1,...,α n, tale che ( 2 S det 0. (3.3 q α Osservazione 7. Poichè in (3.2 appaiono solo le derivate della funzione incognita, se S (q,t è una soluzione particolare di (3.2, allora per ogni costante c anche S (q,t+c è soluzione di (3.2. Osservazione 8. Se S(q,α,t è un integrale completo di (3.2, allora per la (3.3 nessuna delle costanti di integrazione α j è puramente additiva. Dato un sistema hamiltoniano, con funzione di Hamilton H, dimostriamo che trovare un integrale completo S(q,α,t di (3.2 permette di integrare il sistema nel senso di Liouville, cioè a meno di inversioni e quadrature. I nuovi momenti P saranno costanti del moto, quindi possiamo porre e scriviamo quindi S(q,P,t. P = α, Osservazione 9. Dato un diffeomorfismo u : R n R n potremmo anche scegliere P = u(α. In questo caso, posto S(q,P,t = S(q,u 1 (P,t si ha comunque det 2 S q P 0. Osservazione 10. Il vettore dei nuovi momenti P = α ci fornisce localmente n integrali primi indipendenti e in involuzione del sistema hamiltoniano. L indipendenza segue dal teorema delle funzioni implicite applicato alla relazione dalla quale segue che p S (q,p,t = 0, q P [ 2 (p,q = S ] 1 [ I 2 S ], P q q 2 che ha rango massimo. Il fatto che le funzioni P i = P i (p,q,t siano in involuzione, cioè che {P i,p j } = 0, i,j segue dal fatto che le trasformazioni canoniche univalenti preservano le parentesi di Poisson.

3 3.1. IL METODO DI JACOBI 29 Le relazioni di trasformazione sono p = S q (q,p,t, Q = S (q,p,t, (3.4 P Date le condizioni iniziali p 0,q 0 mostriamo che il problema è integrabile. Valutando la prima delle (3.4 in t = 0 si può ricavare, in virtù dell invertibilità locale, il valore della costante P = P(p 0,q 0. Sostituendo tale valore nella seconda delle (3.4, sempre per t = 0, si ricava il valore della costante Q = Q(p 0,q 0. Infine, invertendo la seconda equazione per t generico possiamo ricavare q = q(p 0,q 0,t e, sostituendo nella prima, p = p(p 0,q 0,t. Il problema è dunque integrabile. Diamo adesso l interpretazione del valore della funzione principale S lungo le soluzioni del sistema hamiltoniano. Data una soluzione (p(t, q(t del sistema hamiltoniano, e posto (P(t,Q(t,t = Ψ(p(t,q(t,t, si ha d S S S S(q(t,P(t,t = (t q(t+ (t Ṗ(t+ dt q P t (t = = p(t q(t H(p(t,q(t,t = L(q(t, q(t,t, dove abbiamo usato la notazione f(t = f(q(t,p(t,t e le relazioni Ṗ(t = 0, H(p(t,q(t,t + S (t = 0. Quindi il valore della funzione principale lungo le t soluzioni corrisponde, a meno di costanti additive, al valore del funzionale di azione lagrangiana J L (q;(0,t = t La funzione caratteristica 0 L(q(τ, q(τ,τdτ. Nel caso in cui la hamiltoniana H non dipenda esplicitamente dal tempo possiamo cercare un integrale completo dell equazione di Hamilton-Jacobi (3.2 della forma S(q,α,t = W(q,α e(αt, (3.5 in cui abbiamo separato la dipendenza dal tempo. La W si chiama funzione caratteristica di Hamilton. Sostituendo (3.5 in (3.2, l equazione di Hamilton-Jacobi si scinde nel sistema H( W,q = e(α, (3.6 q S (q,α,t = e(α. t L equazione alle derivate parziali (3.6 si chiama equazione di Hamilton-Jacobi per la funzione caratteristica W, e la funzione e(α rappresenta il valore della funzione di Hamilton, che in questo caso è un integrale primo del sistema hamiltoniano corrispondente.

4 30 CAPITOLO 3. TEORIA DI HAMILTON-JACOBI Se S è un integrale completo di (3.2, le relazioni p = W q, Q = W α definiscono una trasformazione canonica, infatti si ha det 2 S q α = det 2 W q α. Scegliamo anche in questo caso le costanti di integrazione α come nuovi momenti P. La trasformazione generata da W è diversa da quella generata da S in quanto le nuove coordinate Q non sono costanti, ma sono funzioni lineari del tempo. Otteniamo infatti le equazioni di Hamilton Ṗ = e(p Q = 0, Q = e(p P. Esempio 1. Utilizzando il metodo di Jacobi si determini il moto dell oscillatore armonico unidimensionale, con funzione di Hamilton H(p,q = p2 2m + k 2 q2, in corrispondenza delle condizioni iniziali p 0,q 0 al tempo t = 0. L equazione di Hamilton-Jacobi per la funzione principale S si scrive 1 ( S 2 k + 2m q 2 q2 + S t = 0. Cerco un integrale completo della forma S(q,α,t = W(q,α e(αt con e(α una funzione arbitraria del parametro di integrazione α R. Pongo e(α = α e scrivo l equazione di Hamilton-Jacobi per la funzione caratteristica W: 1 ( W 2 k + 2m q 2 q2 = α, da cui si ottiene Osservo che si ha W q = ± 2m (α k 2 q2 2 W m α q = ± 0 2α kq 2 dove è definita. Notiamo anche che questa derivata seconda ha una singolarità in corrispondenza all equilibrio p = q = 0.

5 3.1. IL METODO DI JACOBI 31 Pongo adesso P = α, cioè scelgo come nuovo momento il parametro di integrazione e scrivo W = W(q,P = ± m 2P kq2 dt. La funzione principale S(q,P,t = W(q,P αt genera una trasformazione canonica (p,q,t Ψ (P,Q,t attraverso le relazioni p = S q (q,p,t, Q = S W (q,p,t = P P (q,p,t t. Dato che P = α = H(p,q si ha P = P 0 = H(p 0,q 0 = p2 0 2m + k 2 q2 0 =: h. Inoltre, dalla seconda delle relazioni precedenti si ottiene Q = ± m 1 m ( dq t = ± 2P kq 2 k arcsin k 2P q t, (3.7 la quale, valutata per t = 0, ci dà ( m k Q 0 = ± k arcsin 2h q 0. Invertendo la (3.7 e ponendo ω = k/m si ottiene poichè 2P0 ( k q(t = ± k sin m (Q 0 +t 2h [ ] = ± sin(ωq 0 cos(ωt+cos(ωq 0 sin(ωt k = q 0 cos(ωt+ p 0 mω sin(ωt k sin(ωq 0 = ± 2h q 0, cos(ωq 0 = ± 1 kq2 0 2h = ± k p 0 2hmω.

6 32 CAPITOLO 3. TEORIA DI HAMILTON-JACOBI 3.2 Il metodo delle caratteristiche Consideriamo l equazione alle derivate parziali ( u F x,u,x = 0 (3.8 con F : R 2n+1 R, F = F(y,z,x, x,y R n, z R. (3.9 Data una soluzione u : R n R di (3.9 di classe C 2 e data una curva s x(s in R n, introduco le curve z(s = u(x(s, y(s = u x (x(s. Scrivo delle equazioni differenziali ordinarie per le curve y(s, z(s, x(s. Derivando le relazioni y i (s = u x i (x(s rispetto ad s si ottiene y i (s = n Derivando la (3.8 rispetto a x i si ha Pongo n F 2 u + F y j x i x j z 2 u x j x i ( x(s x j (s. (3.10 u + F = 0. (3.11 x i x i F x j (s = (s := F (y(s,z(s,x(s, (3.12 y j y j che ricorda la relazione che lega q e p nella trasformazione di Legendre a partire dalla hamiltoniana H. Lungo le curve s (y(s, z(s, x(s, che si chiamano curve caratteristiche di (3.8, vale la relazione n F 2 u (s (x(s+ F y j x i x j z (sy i(s+ F (s = 0, (3.13 x i dove f sta per f(y(s,z(s,x(s. Dalle (3.10, (3.12, (3.13, scambiando l ordine di derivazione rispetto a x i e x j, si ottiene y i (s = F (s F x i z (sy i(s.

7 3.2. IL METODO DELLE CARATTERISTICHE 33 Infine posso scrivere z (s = n u x j (x(sx j(s = Ho ottenuto quindi il seguente sistema di ODE: n y j (s F y j (s. y (s = F F (y(s,z(s,x(s x z (y(s,z(s,x(sy(s, z (s = F (y(s,z(s,x(s y(s, (3.14 y x (s = F y (y(s,z(s,x(s. Applichiamo questo metodo al caso dell equazione di Hamilton-Jacobi per la funzione principale S: H( S S,q,t+ q t = 0. In questo caso abbiamo F = F(y,x = H(p,q,t+e, x = (q,t, y = (p,e e manca la dipendenza da z. Le equazioni delle caratteristiche diventano p = H q (p,q,t, z = H p (p,q,t p+e, q = H p (p,q,t, t = 1. e = H t (p,q,t, (3.15 L ultima equazione in (3.15 dice che la variabile s coincide con il tempo t. Inoltre, sostituendo l apice con il punto per denotare la derivata rispetto ad s, si ha a meno di costanti additive, infatti se ẋ = J x H. ż = q p+e = q p H ė = H t = dh dt La funzione F corrisponde alla hamiltoniana H definita sullo spazio delle fasi esteso. Concludo che le equazioni (3.15 coincidono con le equazioni di Hamilton per la hamiltoniana H piùl equazione della trasformata di Legendre, che definisce L, che corrispondea d S lungolesoluzionidelleequazionidihamilton, percuiz(tcorrisponde dt alla funzione principale Ŝ(t valutata lungo le soluzioni del sistema hamiltoniano.

8 34 CAPITOLO 3. TEORIA DI HAMILTON-JACOBI 3.3 Analogia Ottica-Meccanica Principio di Fermat: i raggi luminosi viaggiano da un punto q 0 ad un punto q 1 nel tempo più breve possibile. Le caratteristiche del mezzo di propagazione, attraverso il quale viaggia la luce, si possono descrivere mediante delle superfici, dette indicatrici. L indicatrice relativa ad un punto q 0 è la superficie Σ q0 = {q R 3 : q = q 0 +v}, al variare del vettore v, che rappresenta la velocità di propagazione nel mezzo di un raggioluminoso che partedal punto q 0 nelle diverse direzioni. L indicatrice Sigma q0 è quindi l insieme di tutti i punti q raggiunti dai raggi di luce che partono da q 0 in un tempo unitario t = 1. Definiamo inoltre il fronte d onda Φ q0 (t come l insieme dei punti che vengono raggiunti in un tempo t dai raggi luminosi che partono da q 0. Vale la seguente Proposizione 9. (Principio di Huygens Il fronte d onda Φ q0 (t+s, con s,t > 0, è l inviluppo dei fronti d onda Φ q (s, con q Φ q0 (t. Dimostrazione. Considero un punto q t+s Φ q0 (t+s. Esiste quindi una traiettoria γ di un raggio luminoso da q 0 a q t+s percorsa dalla luce nel tempo t + s. Per il principio di Fermat non esiste un altra traiettoria tra i due punti che viene percorsa in un tempo più breve. Sia q t il punto di γ che la luce raggiunge in un tempo t partendo da q 0. Per il principio di Fermat non esiste una traiettoria tra q 0 e q t percorsa dalla luce in un tempo più breve, quindi q t è un punto del fronte d onda Φ q0 (t. Osserviamo che i fronti Φ qt (s e Φ q0 (t + s sono tangenti in q t+s : se infatti si attraversassero, allora sarebbe possibile raggiungere dei punti di Φ q0 (t+s da q t in un tempo più breve di s, e questo contraddice la definizione di Φ q0 (t+s in quanto potremmo costruire delle traiettorie di raggi di luce che partono da q 0, passano per q t, e raggiungono alcuni punti di Φ q0 (t+s in un tempo più breve di t+s Direzioni coniugate Possiamo descrivere la luce utilizzando le traiettorie dei raggi luminosi, oppure le direzioni dei fronti d onda. Chiamiamo lunghezza ottica del percorso di un raggio luminoso da q 0 a q il minimo tempo di propagazione S q0 (q tra questi due punti. Osserviamo anche

9 3.3. ANALOGIA OTTICA-MECCANICA 35 Figura 3.1: Sketch della dimostrazione della Proposizione 10 che il fronte d onda si può descrivere come curva di livello della lunghezza ottica: precisamente si ha Introduciamo il vettore Φ q0 (t = {q : S q0 (q = t}. p = S q 0 q, detto lentezza normale 1 del fronte Φ q0 Si osservi che il fronte è tanto più lento quanto maggiore è la norma del gradiente di S q0. Mostriamo adesso una relazione che lega il vettore p alla velocità q del raggio di luce che passa da q. La direzione normale alla superficie indicatrice Σ q0 in un suo punto q = q 0 +v si dice coniugata alla direzione del vettore v. Proposizione 10. La direzione del fronte d onda Φ q0 (t nel punto q t è coniugata alla direzione della velocità q t in q t del raggio che congiunge q 0 a q t. Dimostrazione. Sia γ la traiettoria del raggio considerato, che parte da q 0 e passa per q t con velocità q t. Considero il punto q t ǫ γ, per ǫ 1. Osservo che sviluppando in serie di Taylor il moto dei raggi di luce che partono da q t ǫ, si ottiene che il fronte d onda q t ǫ differisce per termini di ordine O(ǫ 2 dall indicatrice Σ qt riscalata di ǫ (vedi Figura 3.1. Inoltre, per il principio di Huygens, il fronte Φ qt ǫ (ǫ è tangente al fronte Φ q0 (t in q t. Passando al limite per ǫ 0 si ottiene il risultato enunciato. Nella Tabella riportiamo gli oggetti dell ottica geometrica e della meccanica classica che possono essere messi in corrispondenza. 1 questa denominazione (normal slowness in lingua inglese è stata introdotta da Hamilton.

10 36 CAPITOLO 3. TEORIA DI HAMILTON-JACOBI Ottica Meccanica mezzo ottico, spazio delle configurazioni esteso, con coordinate q con coordinate (q, t principio di Fermat principio di Hamilton raggi di luce traiettorie di punti materiali vettore lentezza normale momento coniugato p p in termini di q trasformazione di Legendre lunghezza ottica S q0 (q funzione azione equazione iconale equazione di Hamilton-Jacobi Sq 0 q c 1 H( S S,q,t+ q t Azione come funzione delle coordinate Restingendoci al caso unidimensionale mostriamo un altro modo di introdurre l equazione di Hamilton-Jacobi. Assumiamo che esista un campo di estremali intorno ad un estremale γ tale che γ(t 0 = q 0. *** condizioni di esistenza: non ci sono punti coniugati *** Considero un intorno U V del punto (q,t, t > t 0, tale che γ(t = q. Ogni punto (q 1,t 1 di U individua univocamente un estremale γ(t;q 1,t 1. Data una funzione di Lagrange L = L(q, q,t di un sistema meccanico posso quindi definire S (q0,t 0 (q 1,t 1 = t1 t 0 L(γ(t;q 1,t 1, γ(t;q 1,t 1,tdt. Nel seguito scriveremo semplicemente S al posto di S (q0,t 0. Vogliamo calcolare il differenziale di S. Si ha per cui S (q 1,t 1 = = t1 t 0 t1 t 0 [ L (γ, γ,t γ + L q q [ L q (γ, γ,t d L ] γ dt q (γ, γ,t (γ, γ,t γ ] dt dt+ L γ (γ, γ,t q S (q 1,t 1 = L q (q 1, q 1,t 1, (3.16 con q 1 = γ(t 1 ;q 1,t 1. In (3.16 abbiamo usato il fatto che γ = γ(t;q 1,t 1 è soluzione delle equazioni di Eulero-Lagrange per ogni (q 1,t 1 U e le relazioni γ(t 0 ;q 1,t 1 = q 0, γ(t 1 ;q 1,t 1 = q 1, t 1 t 0,

11 3.3. ANALOGIA OTTICA-MECCANICA 37 per cui γ(t;q 1,t 1 = q 0 = 0, t=t0 γ(t;q 1,t 1 = = 1. t=t1 Per calcolare S t 1 (q 1,t 1 considero una mappa τ q(τ tale che q(t 1 = q 1, γ(t;q(τ,τ = γ(t;q 1,t 1 per ogni τ I ǫ := (t 1 ǫ,t 1 +ǫ, con ǫ 1. Quindi t γ(t;q(τ,τ è sempre lo stesso estremale per ogni τ I ǫ. Derivando rispetto a τ abbiamo S(q(τ,τ = τ t 0 L ( γ(t;q(τ,τ, γ(t;q(τ,τ,t dt ds dτ (q(τ,τ = L( γ(t;q(τ,τ, γ(t;q(τ,τ,t + τ t 0 [ L (γ, γ,tdγ q dτ + L q ] (γ, γ,td γ dt dτ = L ( γ(t;q(τ,τ, γ(t;q(τ,τ,t. (3.17 Infatti dγ d γ (t;q(τ,τ = dτ dτ (t;q(τ,τ = 0 poichè l estremale t γ(t;q(τ,τ in realtà non dipende da τ. Inoltre abbiamo ds S (q(τ,τ = (q(τ,τ dq(τ + S (q(τ,τ. (3.18 dτ dτ t 1 Valutando per τ = t 1 (3.17 e (3.18 e confrontandole otteniamo in quanto Si ottiene quindi L(q 1, q 1,t 1 = S (q 1,t 1 q 1 + S t 1 (q 1,t 1, (3.19 q(τ = γ(τ;q 1,t 1. S (q 1,t 1 = L(q 1, q 1,t 1 S (q 1,t 1 q 1. (3.20 t 1 Considerando l inversa locale q = v(p,q,t della relazione p = L (q, q,t, che definisce la trasformazione di Legendre, e ricordando q che H(p,q,t = [ q L q L(q, q,t] q=v(p,q,t possiamo scrivere ( S H,q 1,t 1 + S = 0, t 1 in cui abbiamo usato anche la relazione (3.16.

12 38 CAPITOLO 3. TEORIA DI HAMILTON-JACOBI 3.4 Metodo di separazione delle variabili Consideriamo una hamiltoniana H(p, q indipendente da t. Abbiamo visto che in questo caso è possibile cercare un integrale completo dell equazione di Hamilton- Jacobi (3.2 della forma S(q,α,t = W(q,α e(αt. Definizione 7. Diciamo che le variabili canoniche (p, q separano l equazione di Hamilton-Jacobi H( W,q = e(α q se supponendo che il suo integrale completo sia della forma n W(q,α = W h (q h,α, α R n, h=1 si ottengono delle equazioni differenziali ordinarie del primo ordine della forma H 1 ( W 1,q 1,α = e 1 (α, H 2 ( W 2 q 2,q 2,α = e 2 (α,... H n ( W n q n,q n,α = e n (α, per certe funzioni dei parametri e 1 (α...e n (α Vediamo adesso alcuni casi in cui si possono separare le variabili. Se nelle coordinate (p,q la hamiltoniana ha la forma Ponendo l equazione di Hamilton-Jacobi si scompone nel sistema H(p,q = H (H 1 (p 1,q 1,p 2,...,p n,q 2,...,q n W(q,α = W 1 (q 1,α+W (q 2,...,q n,α H ( H 1 ( W,q 1, W q 2,..., W q n,q 2,...,q n = e(α H 1 ( W1,q 1 = e 1 (α H ( e 1 (α, W q 2,..., W q n,q 2,...,q n = e(α con α = (α 1,...,α n costanti di integrazione. Questo sistema è composto da una ODE del primo ordine che si può integrare per quadratura e da un equazione di Hamilton-Jacobi con un numero minore di gradi di libertà.

13 3.5. SISTEMI MECCANICI A VARIABILI SEPARABILI 39 Un caso particolare della situazione precedente è quando una variabile, per esempio q 1, è ciclica. Ponendo W(q,α = W 1 (q 1,α+W (q 2,...,q n,α dall equazione di Hamilton-Jacobi si ottiene la ODE Per semplicità possiamo scegliere H 1 ( W1 = e 1 (α. W 1 (q 1,α = q 1 α 1, che, ponendo P 1 = α 1, ci dice che P 1 = p 1. Assumiamo adesso che nelle coordinate (p, q la hamiltoniana H abbia la forma H(p,q = H n (H n 1 (...H 2 (H 1 (p 1,q 1,p 2,q 2...,p n 1,q n 1,p n,q n. In questo caso, ponendo W(q,α = n W h (q h,α, h=1 l equazione di Hamilton-Jacobi si scompone nel sistema di ODE H 1 ( W1,q 1 = e 1 (α, ( H 2 e 1 (α, W 2,q 2 = e 2 (α, q 2... ( H n e n 1 (α, W n,q n = e(α. q n 3.5 Sistemi meccanici a variabili separabili 1. Moto di un grave in un campo costante 1 2m H(p,q = 1 2m 3 p 2 j +mgq 3 3 ( 2 W +mgq 3 = E(α (3.21 q j

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