JÜRGEN MOLTMANN TEOLOGIA DELLA SPERANZA
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- Raffaela Di Carlo
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1 JÜRGEN MOLTMANN TEOLOGIA DELLA SPERANZA 1. Proposta di Moltmann: lo storicismo rappresenta una svolta fondamentale nella storia del pensiero attiva una concezione dell'uomo e del mondo autenticamente biblici occorre però superare le ermeneutiche che lo annullano o lo riducono. Per questo, sono messe a confronto tre ermeneutiche: 1.1. l'ermeneutica positivista: essa identifica la "storia" con la "crisi" per poi risolvere la storia in conoscenza e così annullarla (245) 1.2. l'ermeneutica esistenzialista ( ) 1.3. l'ermeneutica della missione: la sola che assume pienamente "la storicità della storia" (272). 2. Lo storicismo 2.1. la realtà ("l'essere", Dio, l'umanità, la natura etc ) non è qualcosa che precede la storia o dà forma alla storia dal di fuori non esiste una realtà, un ordine oggettivo, una "natura" come presupposto della storia - l'essenza di una cosa si produce e si conosce solo attraverso il suo divenire storico il compimento della storia risulta solo dalle forze immanenti della storia, dall'interno della storia (252) 2.2. la realtà è immersa nella storia, la realtà è storia (270) 3. In questo ha consistito la grande svolta della modernità: ad un certo punto si è cominciata a percepire e "sperimentare la realtà come storia" (270). Come si è giunti a questa percezione della realtà come storia? L'ERMENEUTICA POSITIVISTA 4. Non ci rendiamo più conto oggi di ciò che ha rappresentato "il terremoto della rivoluzione francese" (238) 4.1. crollò completamente l'edificio delle vecchie istituzioni e il suo supporto metafisico 4.2. crollò la continuità storica che si attribuiva al mondo (239) 4.3. il futuro non poteva più essere ricavato dal passato (240) 4.4. la tradizione non è più di nessun vantaggio (240) 4.5. fu una crisi così radicale che rese possibile pensare che da allora in poi tutto sarebbe potuto succedere, che gli eventi, la storia erano una forza capace di cambiare tutto, di "rivoluzionare tutto" 4.6. si acquistò la coscienza della totale esposizione alla crisi del mondo cioè della totale storicità del mondo (238) 5. due fattori risultato da questa crisi e dall'apparizione dello storicismo: 5.1. il cambiamento di senso dell'utopia 5.2. la nascita della critica storia 1
2 6. Cambiamento di senso e di efficacia storica dell'utopia 6.1. il rinnovamento non è più compreso come ritorno a un ideale passato, ma come l'apertura ad una novità assoluta 6.2. l'utopia non è più un luogo che si immagina al di là dei mari, ma è trasferito nel futuro grazie alla fede nella storia e nel progresso (241) 6.3. c'erano state forme di millenarismo (o chiliasmo) nel passato, c'erano state forme di entusiasmo spiritualistico, ma dopo il successo della rivoluzione francese esse diventano storicamente efficaci (241) 7. nascita della critica storica "La decisione che il presente è obbligato a prendere deve derivare da un sogno riguardo al futuro" (240) 7.1. controllare la crisi: la storia comincia ad essere vissuta come una crisi permanente ecco perché gli storici e i filosofi della storia, sia conservatori che rivoluzionari, si sono concentrati sul modo di dominare intellettualmente, politicamente e socialmente questa crisi ininterrotta (239) 7.2. in questo quadro si sviluppa l'ermeneutica positivista (Comte) pretende di condurre ad una conoscenza scientifica del mondo e della storia i fenomeni del mondo e della storia diventano calcolabili e se ne possono scoprire le leggi le crisi diventano controllabili, le guerre evitabili (242) 7.3. questo approccio vuole mettere fine alla storia, liberare dalla storia la scienza storica diventa uno strumento per il dominio sulla storia (243) 7.4. ci vorrà la critica di Nietzsche per denunciare il prezzo di questo approccio: se la scienza storica mettesse davvero fine alla storia svanirebbe la vivacità del mondo, tutto sarebbe dominato dalla tecnica e la scienza 7.5. la storia è annullata nella conoscenza, la storicità (come apertura al futuro) è neutralizzata 8. La critica storica ha sviluppato un metodo fondato sulla verificabilità dei fatt Ma ci si è resi progressivamente conto 8.1. della storicità anche di colui il quale osserva la storia (247) 8.2. fare la storia è sempre ricostruire mentalmente i fatti che si sono accertati (246) 8.3. per questo la storia va sempre riscritta (247). 9. La critica storica si serve di concetti storiografici, che sono detti "euristici" in quanto sono "strumenti di ricerca": 9.1. la legge storica cerca di individuare nella storia una causalità paragonabile a quella delle scienze della natura ma in storia manca la reversibilità: le stesse cause non producono necessariamente gli stessi effetti (in questo senso è più simile alla metererologia!) 9.2. le tendenze: si rinuncia allo schema troppo rigido causa/effetto e ci si limita ad osservare delle tendenze che restano nell'ambito del possibile, mai del necessario ( 249) 9.3. lo stile è un concetto storiografico che non cerca tanto di determinare i fatti e le loro connessioni, ma di ricostruire l'ambiente di un periodo storico (250) 9.4. la famosa storia delle forme indaga piuttosto il contesto sociologico e istituzionale che costituisce il Sitz im Leben delle espressioni cultuali, legali, culturali e politiche che giungono a noi attraverso i documenti scritti (251) 2
3 9.5. tali concetti storiografici però non possono mai pretendere di essere fissi o univoci perché la storicità caratterizza le categorie che essi permettono di elaborare: i concetti di "nazione", "classe", "cultura" sono in movimento, sempre in trasformazione (252). 10. la critica storica, attraverso l'euristica (cioè l'uso degli strumenti di ricerca dei quali si dota) tende a produrre filosofie della storia ( ). Cosa bisogna pensarne? la filosofia si interroga sull'origine, la sostanza, l'essenza della storia dietro il suo elemento mutevole, cerca qualcosa di immutabile, che sia valido sempre (il logos greco) (265) ma la storia non mostra nulla di perpetuo e di durevole, per questo per i greci non si interessarono ad essa Tudicidide poteva scrivere "una" storia, ma non si chiedeva cosa fosse "la" storia (266) se la "storicità" consiste nell'identificazione tra la realtà e la storia, la filosofia rappresenta il movimento opposto: cercare di astrarre la realtà dalla storia (perché una "realtà" si può controllare, la storia no) 11. quindi la categoria stessa di "crisi" già presuppone che la storicità è qualcosa di negativo: si comprende la storia come crisi perché si suppone che l'ideale sia qualcosa di stabile, di immutabile, di conoscibile, che esclude l'imprevedibile quindi la filosofia della storia che ricorre alla categoria di "crisi" mira all'annientamento della storia, cioè non a mantenerla aperta ma a "com-prenderla" (cf. Hegel e la fine della storia nella sua filosofia!) (267) L'ERMENEUTICA ESISTENZIALISTA 12. non molto chiara in Moltmann la vedremo quando parliamo di Heidegger L'ERMENEUTICA DELLA MISSIONE 13. (276) critica sia dell'ermeneutica positivista che di quella esistenzialista: come l'ermeneutica positivista risolve la storia in conoscenza annullandone dunque la storicità così l'ermeneutica esistenziale riduce la storicità all'esistenza dell'uomo (colpa e morte) e non alla totalità dell'essere (276) 14. Moltmann propone dunque un'altra ermeneutica che chiama "ermeneutica della missione cristiana" (278) tappe della formulazione di questa ermeneutica: restano necessari dei "prolegomeni" al discorso su Dio (quella che in passato si chiamava teologia naturale oppure apologetica e che oggi è spesso chiamata teologia fondamentale) prima di accedere alla fede e anzi per poter accedere alla fede, occorre avere una nozione di Dio in base a una realtà conosciuta o accessibile alla esperienza di tutti gli uomini (279) in passato si sono sviluppate dimostrazioni della esistenza di Dio secondo tre tendenze principali le dimostrazioni ricavate dal mondo o dal cosmo le dimostrazioni ricavate dall'uomo stesso, dalla sua coscienza di sé, dalla sua esistenza etc 3
4 i le dimostrazioni "ricavate da Dio", basate cioè sul concetto di Dio (279) la mentalità storicista, da parte sua, le "prove" o "vie" o "prolegomeni" al discorso su Dio le cerca nell'ermeneutica stessa, cioè nello stesso bisogno di interpretazione che comporta la nostra totale immersione nella storia, la nostra identificazione con la storia nella problematicità radicale che comporta lo storicismo, cioè l'identificazione della realtà (sia quella del mondo che quella della nostra umanità) con la storia i nel cuore di questa problematicità radicale stessa del mondo e dell'umanità si presenta il problema della trascendenza di Dio o semplicemente la domanda riguardo a Dio (279) ora, questa "apologetica" ermeneutica (per così dire) non esclude le altre forme di apologetica (cioè le altre dimostrazioni di Dio a partire dal cosmo, dall'umanità o dal concetto di Dio) piuttosto, l'ermeneutica storicista dà una nuova forma e una nuova urgenza a queste grandi "dimostrazioni": ( ) Dio può essere cercato nella problematicità stessa del mondo, del cosmo e della realtà del suo insieme come nella problematicità dell'esistenza umana i e nella problematicità della questione stessa su Dio ma anche in questa nuova formulazione, tutte le forme di dimostrazione della esistenza di Dio non possono offrire ciò che promettono (288) esse infatti suppongono che Dio sia già presente "tutto in tutti", mentre questa è una realtà escatologica suppongono che Dio sia già accessibile e "dimostrabile" a ogni uomo i e in questo modo anticipano l'escatologia: danno per scontata una presenza di Dio, una evidenza di Dio che invece è riservata per la fine della storia. 15. qui si inserisce quella che Moltmann chiama l'ermeneutica della missione ciò si è verificato con la risurrezione di Cristo non è una rivelazione di Dio, ma la promessa di una rivelazione, la creazione di una speranza in una meta futura, e un invio in missione (288) tutti gli scritti biblici sono orientati e aperti verso l'adempimento futuro delle promesse di Dio (289) promessa, speranza e missione rendono ogni realtà "storica" cioè in fieri, in movimento 16. così, relativamente alla dimostrazione di Dio (apologetica), Dio dimostra di esserci non a partire da domande sulla realtà, sulla coscienza che l'uomo ha di sé o sul concetto di Dio ma Dio appare come colui che rende possibile le possibilità storiche e escatologiche della missione (291) 17. questo vuol dire che la realtà di Dio non è diversa dalla storia, è immersa nella storia, rende possibile la storia cioè che il cristianesimo è strutturalmente storicista l'umanità dell'uomo è storica in quanto è determinata dalla missione, quindi dalla speranza e dal futuro la realtà del mondo è storica in quanto diventa il campo della missione (291) 4
5 18. vi è dunque una autentica storicità dell'umanità dell'uomo: l'identità dell'uomo nella bibbia non è definita riguardo a se stesso, al resto della creazione e neanche riguardo a Dio (292) chi è l'uomo, "chi sono io", "quale è il mio nome" si decide in rapporto ad una missione divina, un incarico, una destinazione che superano i limiti delle possibilità umane cf. Mosè (Es 3, 11) o Geremia (Ger 1, 6) l'uomo conosce se stesso quando percepisce la distanza tra la missione divina e il suo essere ed allora deve mettere tutta la sua speranza in Dio (293) un'antropologia cristiana, dunque, intenderà la natura umana storicamente in base al suo futuro a ciò che è chiamata ad essere, che solo Dio conosce (293) 19. vi è anche una autentica storicità del mondo se la missione è l'essenza della storia, con il suo radicale orientamento verso il futuro, allora questo non può non generare anche una visione storicista del mondo in questa prospettiva, non si cercherà come si farebbe in una prospettiva propria al logos greco, quale sia la natura della storia ma quale sia la storia della natura, perché non c'è una natura data, ma una natura che diventa si cercheranno quali sono le possibilità di cambiamento di ciò che esiste (295) si comprende la realtà solo in termini dinamici (295) ma siccome la promessa, la missione e la speranza che trasformano il mondo sono opera di Dio, allora il soggetto di questa trasformazione del mondo "è lo Spirito della speranza divina" (296) 20. ma se promessa, missione e speranza sono il motore della storia, allora occorre chiedersi come trasmettere questa speranza in modo da non neutralizzarla e da preservare uno storicismo autentico. E' il problema della tradizione. 21. è noto che la modernità è caratterizzata dall'abbandono della tradizione, con Descartes e ancora più con l'illuminismo la tradizione diventa sinonimo di pregiudizio e diventa il principale ostacolo da abbattere nella ricerca di una verità oggettiva concepita empiricamente (basata cioè su esperienze verificabili) lo storicismo ha preso il posto della tradizione: non vi è più una realtà originale o astorica da trasmettere, ma una identificazione della realtà con la storia stessa (299) 22. a questa rottura della tradizione principalmente ad opera dell'illuminismo, il romanticismo ha reagito con il tradizionalismo: rivalutazione dell'antico perché antico (300) 23. la posizione di Moltmann è che la rottura della tradizione operata dalla modernità è salutare perché ha liberato da un concetto non cristiano della tradizione ed ha infine permesso al futuro di diventare agente di trasformazione della storia. (300) "Non si può tornare dagli orizzonti aperti della storia moderna agli ordinamenti perpetui e alle tradizioni eterne, ma bisogna assorbire questi orizzonti nell'orizzonte escatologico della risurrezione ed in tal modo mostrare alla storia moderna la sua vera storicità" (309) 5
6 24. concetto non cristiano di tradizione: la reazione romantica di rivalutazione della tradizione si interessa non tanto al contenuto ma alla forma: una cosa è vera non in se stessa, ma perché è antica (301) questo ripropone una concezione pagana della tradizione secondo la quale la storia è vista come decadenza dalle origini e degenerazione rispetto all'inizio sacro (mitico) e le feste liturgiche hanno come scopo quello di rimettere in contatto con le origini per ricondurre il tempo all'inizio (302) ripropone anche una concezione classica della tradizione in virtà della quale gli antichi sanno la verità e il ricorso ai detti degli antichi contiene la dimostrazione della verità (302s) 25. concetto cristiano di tradizione: nella bibbia invece, il concetto di tradizione è determinato da ciò che è trasmesso non si trasmette un evento mitico originario, astorico, ma le promesse di Dio e se si fa memoria di eventi è perché essi esprimono e fondano queste promesse (303) quindi è una tradizione che nasce dalla storia e ha di mira il futuro, cioè una tradizione escatologizzata, cioè indirizzata verso la realizzazione della promessa (304) 26. in questa prospettiva, Moltmann presenta il contenuto della tradizione cristiana come segue "la proclamazione del Vangelo non è la trasmissione di sapienza e di verità in formule dottrinali, né di leggi morali ma è annunzio, rivelazione e notificazione generale di un avvenimento escatologico" (305) Paolo: il suo vangelo non intende tramandare affermazioni dottrinali, ma svelare la presenza del Signore glorificato che viene (306) la continuità del risorto con il Gesù terreno e crocifisso esige che si accettino le testimonianze storiche che riguardano lui e l'evento che gli è accaduto (307) la tradizione cristiana non va intesa come l'atto del trasmettere ad altri qualche cosa da conservare, ma come un evento che chiama alla vita i morti e gli empi è la rinascita ad una speranza viva (309). 6
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