I NUOVI FARMACI. Leflunomide

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1 Progressi in Medicina: Nuove Terapie per le diverse Malattie Reumatiche Flavio Fantini Direttore Cattedra di Reumatologia dell Università di Milano, Istituto Ortopedico G. Pini - Milano I NUOVI FARMACI Negli ultimi otto anni hanno avuto il riconoscimento della FDA per il trattamento dell Artrite Reumatoide (AR) e di altri reumatismi infiammatori cronici in qualità di terapie di fondo o DMARDs (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs) cinque interessanti prodotti: il primo è un farmaco sviluppato secondo le classiche metodologie farmaceutiche (la Leflunomide), gli altri quattro sono invece agenti biologici, frutto delle tecniche di ingegneria genetica molecolare. Leflunomide La Leflunomide (LEF), approvata dalla FDA nel settembre 1998 per il trattamento dell'ar attiva, è un derivato isoxazolico strutturalmente diverso da tutti gli altri farmaci immunosoppressivi. In realtà è un profarmaco, il cui derivato attivo è la maloniltrilamide A (chiamato anche derivato M1). La LEF inibisce la sintesi de novo delle pirimidine e il suo maggior effetto nei modelli animali e nell'ar consiste nell'inibizione della proliferazione dei linfociti-t attivati. La LEF procura l'inibizione reversibile dell'enzima di-idro-orotato deidrogenasi (DHODH), che svolge un ruolo critico nella sintesi dell'uridin-monofosfato (UMP). Per proliferare, il linfocita-t stimolato da un antigene deve passare dalla fase di quiescenza (G0) alla fase G1 per quindi passare alla fase S. In questo processo il pool di ribonucleotidi deve aumentare da 8 a 16 volte. Il deficit di UMP non permette la progressione del processo oltre la fase G1. La LEF quindi, a differenza ad esempio della ciclofosfamide, non è citotossica, ma solo citostatica per i linfociti proliferanti. Ciò spiegherebbe perché non dà depressione midollare e non favorisce le infezioni opportunistiche. La LEF è stata concepita come farmaco per curare l'ar. Il primo rapporto del suo uso nei pazienti con AR è del Attualmente la LEF (Arava TM ) è la terapia di fondo con più ampia casistica studiata in sperimentazioni cliniche controllate condotte nell'ar: 29 studi in aperto, 5 studi in doppio cieco, 3300 pazienti in studi post-marketing. Dalla registrazione sono stati trattati oltre pazienti. Le prime sperimentazioni dimostrarono efficacia superiore al placebo e paragonabile a quella della Sulfasalazina. Studi successivi hanno confermato che la LEF migliora i segni e sintomi dell'ar, ha efficacia in tutti gli stadi della malattia, presenta risposta precoce e prolungata, rallenta la progressione dei segni radiografici della malattia, migliora la capacità funzionale e la qualità della vita dei pazienti. La LEF, assunta oralmente, viene assorbita all'82-95 % e convertita immediatamente nel suo metabolita attivo M1 per apertura dell'anello isoxazolico, che si realizza a livello della parete intestinale e del fegato. L'M1 è quasi totalmente legato alle proteine plasmatiche (albumina) con volume di distribuzione apparente di circa 11 litri. L'emivita di M1 è di circa 2 settimane. Per facilitare il raggiungimento dello steady state è stata consigliata una dose di carico di 100 mg per i primi 3 giorni, seguita dall'usuale dosaggio di 20 mg/die. Evitando la dose di carico, è stato calcolato che al dosaggio di 20 mg/die lo steady state si raggiunge in circa 2 mesi. L'eliminazione dell'm1 ha luogo lentamente ed è caratterizzata da una clearance apparente di circa 31 ml/h. L'M1 è stato riscontrato nelle feci e nelle urine anche a distanza di 36 giorni da una singola somministrazione. Concentrazioni ritenute potenzialmente tossiche per il feto (superiori a 0.02 mg/l) possono perdurare anche 2 anni dopo la sospensione del trattamento. La somministrazione per os di una sospensione di polvere di carbone attivo o di colestiramina (procedura di wash out) induce un rapido e significativo aumento della velocità

2 di eliminazione dell'm1 con conseguente declino della sua concentrazione plasmatica. Ciò sarebbe dovuto ad un meccanismo di dialisi gastrointestinale e/o all'interruzione del ricircolo enteroepatico. La LEF presenta uno spettro ampio di effetti collaterali, per la maggior parte di natura lieve e tali da non comportare l'interruzione del trattamento. La tossicità più temuta è quella epatica, per cui si richiede, almeno all'inizio, un attento monitoraggio delle transaminasi. Relativamente frequenti sono la diarrea (spesso transitoria), l'alopecia (reversibile), le reazioni cutanee (eccezionalmente gravi). E' stata osservata ipertensione arteriosa, con meccanismo non chiarito. In seguito a segnalazioni di gravi reazioni tossiche epatiche in pazienti che assumevano LEF, la EMEA ha diramato direttive specifiche circa il comportamento da tenersi nei confronti del monitoraggio degli enzimi epatici in corso di trattamento con LEF. Viene prescritto un monitoraggio di routine della ALT (SGOT) prima dell'inizio della terapia, almeno mensilmente nei primi 6 mesi, ogni 8 settimane successivamente. Nel caso la ALT risultasse tra 2 e 3 volte il limite superiore al normale, viene suggerito di ridurre la dose quotidiana da 20 a 10 mg e continuare con monitoraggio settimanale. Nel caso la ALT (SGOT) risultasse superiore a 3 volte il limite superiore alla norma o l'aumento superiore a 2 volte persistesse nel tempo, viene consigliata la sospensione della terapia seguita eventualmente dal wash out. L'M1 è teratogeno nei ratti e nei conigli e può causare danni fetali nella specie umana, pertanto la LEF non deve essere somministrata a donne in gravidanza o a donne in età feconda che non facciano uso di un contraccettivo affidabile durante il trattamento e per un adeguato periodo successivamente fino a che la concentrazione plasmatica dell'm1abbia raggiunto livelli di sicurezza. Non essendoci dati specifici sul rischio di tossicità fetale maschio-mediata, anche il paziente maschio che intende generare deve sospendere l'assunzione di LEF, sottoporsi alla procedura di wash out e attendere un periodo di almeno 3 mesi dopo che le concentrazioni plasmatiche di M1 siano rientrate nei limiti di sicurezza. In Italia la LEF è commercializzata dal settembre del E' stata impiegata inizialmente nei pazienti non responder o intolleranti alle comuni terapie di fondo. Dato il favorevole profilo di efficacia e di tollerabilità, in rapporto anche alle semplici modalità di somministrazione (una compressa al giorno in qualsiasi ora della giornata) la LEF sta incontrando largo favore tra i reumatologi anche come DMARD di prima scelta nelle forme di AR ad esordio recente. Nei pazienti fragili è consigliabile evitare la dose d'attacco (100 mg per 3 giorni consecutivi), talora può essere indicato il criterio "go low, go slow", iniziando con 10 mg al giorno oppure con 20 mg a giorni alterni, per il primo mese, passando alla dose usuale (20 mg/die) successivamente. Queste modalità possono ritardare la comparsa dell'effetto terapeutico (3-6 mesi invece dei 2-4 mesi con la dose d'attacco), ma consentirebbero di meglio controllare i possibili effetti collaterali. Recentemente l indicazione è stata estesa anche al trattamento dell artrite psoriasica. Agenti biologici Ad arricchire l armamentario delle terapie di fondo dell AR, quasi contemporaneamente alla LEF, negli ultimi anni ha fatto irruzione una nuova, rivoluzionaria categoria di agenti terapeutici, gli agenti biologici. Per terapie biologiche si intende l utilizzo a scopo terapeutico di molecole complesse che sono presenti nel sangue o altri liquidi organici oppure fanno parte o sono derivate da costituenti di cellule o tessuti di esseri viventi. I biologici possono essere dei polipeptidi, o delle proteine o degli acidi nucleici

3 (RNA o DNA). Sono ricavati per separazione e purificazione dai prodotti naturali o appositamente generati mediante tecniche di ingegneria genetica. In particolare con la tecnica del DNA ricombinante è oggi possibile indurre la sintesi allo stato di massima purezza di grandi quantità di proteine identiche a quelle naturali oppure con caratteristiche opportunamente modificate. Gli agenti biologici già introdotti nel trattamento dell AR sono agenti modificatori della risposta biologica (biological response modifiers), e in quanto tali vengono talora definiti biologici ; definizione impropria, dal momento che anche i farmaci di fondo non rientranti nella categoria delle terapie biologiche modificano la risposta biologica. Sebbene rimanga ancora molto da imparare su questi prodotti, essi promettono di modificare fondamentalmente le opzioni terapeutiche nell AR. Essi sono il frutto delle migliorate conoscenze sui meccanismi patogenetici di questa malattia. Esistono infatti numerose dimostrazioni che alcune citochine contribuiscono a perpetuare lo stato infiammatorio cronico che caratterizza l AR. Un ruolo chiave nel mantenere l infiammazione e nel danneggiare l articolazione è attribuito al TNF-alfa e all IL-1. Entrambe le citochine si ritrovano in alta concentrazione nel liquido sinoviale dei pazienti con AR, ed entrambe mediano la distruzione dell osso e della cartilagine. Nella cascata delle citochine, un ruolo primario è svolto dal TNF-alfa, che controlla la produzione dell IL-1 e di altre citochine proinfiammatorie, come l IL-6 e l IL-8. L IL-1 non induce l espressione del TNF-alfa, ma anch esso favorisce la dismissione dell IL-6 e dell IL-8. Il TNF-alfa e l IL-1 mediano l infiammazione e la distruzione dell articolazione inducendo la sintesi e la dismissione delle metalloproteinasi infiammatorie, delle prostaglandine e del monossido d azoto da parte di numerose categorie di cellule, nonché inibendo la produzione di componenti della matrice. In base a queste cognizioni il razionale per sviluppare nuove terapie per curare l AR è stata quella di prendere di mira, neutralizzandole, le citochine proinfiammatorie, in particolare il TNF-alfa e l IL-1. In via teorica questo obiettivo poteva essere realizzato o con recettori solubili per la citochina, o con anticorpi monoclonali anti-citochina, o con antagonisti dei recettori per la citochina. Tutte e tre queste vie sono state percorse con successo e dei vari prodotti sperimentati i più promettenti sono risultati: l Etanercept, l Infliximab, l Adalimumab, e l Anakinra. Tutti e quattro hanno già ottenuto l approvazione della FDA per l uso commerciale e sono stati introdotti anche sul mercato italiano. L'Etanercept (ETC) è una proteina ottenuta con la tecnica del DNA ricombinante attraverso un sistema di espressione costituito da cellule ovariche di criceto cinese. E il dimero di una proteina chimerica geneticamente preparata tramite fusione del dominio extracellulare del recettore II del TNF (TNFR2/p75) responsabile del legame con il ligando, con la frazione Fc di immunoglobulina umana IgG1. Questa frazione Fc contiene la regione cerniera, la regione CH2 e CH3, ma non la regione CH1 dell IgG1. L ETC contiene 934 aminoacidi ed ha un peso molecolare di circa 150 Kilodalton. E preparato in fiale contenenti 25 mg di polvere del principio attivo. Il TNF (o TNF-alfa) e la linfotossina (o TNF-beta) sono citochine pro-infiammatorie che si legano a due distinti recettori cellulari superficiali: i recettori del fattore di necrosi tumorale (TNFRs) da 55 kilodalton (p55) e da 75 kilodalton (p75). Entrambi i TNFRs esistono naturalmente nelle forme legata alla membrana e solubile. Si pensa che i TNFRs nella forma solubile regolino l attività biologica del TNF. L ETC è un inibitore competitivo del legame del TNF e della linfotossina con i recettori cellulari superficiali e perciò inibisce l attività biologica di queste citochine. Il TNF e la linfotossina esistono prevalentemente come omotrimeri con attività biologica che dipende dal loro legame con i TNFRs superficiali cellulari. I recettori solubili dimerici, come l ETC, possiedono una affinità di legame per il TNF più alta di quella dei recettori monomerici e sono quindi inibitori competitivi notevolmente più potenti di

4 quest'ultimi. Inoltre, l utilizzo di una regione Fc immunoglobulinica come elemento di fusione nella costruzione del recettore dimerico, conferisce alla molecola una più lunga emivita plasmatica. L ETC viene lentamente assorbito dal sito di iniezione sottocutaneo, raggiungendo la massima concentrazione approssimativamente 48 ore dopo una singola dose. Con due dosi settimanali si prevede che le concentrazioni allo steady-state siano approssimativamente due volte maggiori rispetto a quelle osservate dopo dosi singole. L ETC viene eliminato lentamente dall organismo. Ha una lunga emivita, di circa 70 ore. Non è stato osservato un aumento delle concentrazioni di ETC in pazienti con insufficienza renale o epatica acuta. Non c è apparente differenza di farmacocinetica tra uomini e donne. Nei bambini l andamento delle concentrazioni sieriche è simile a quello osservato negli adulti. L efficacia dell'etc è stata valutata in studi randomizzati in doppio cieco oltre che nell'a.r., anche nell'artrite cronica giovanile, nella spondilite anchilosante e nell'artrite psoriasica. Nell AR l ETC si è dimostrato in grado di ridurre l attività della malattia, migliorare l indice di disabilità e di rallentare il danno radiologico (particolarmente l indice di erosione). Attualmente nel nostro paese l'etc è indicato: per il trattamento dell A.R. in fase attiva negli adulti, quando la risposta ai DMARDs, MTX incluso (a meno che controindicato) è risultata inadeguata; per il trattamento dell artrite cronica giovanile poliarticolare in fase attiva in bambini di età comprese tra i 4 ed i 17 anni che hanno mostrato una risposta inadeguata, o che sono risultati intolleranti al MTX; per il trattamento dell artrite psoriasica in fase attiva e progressiva negli adulti, quando la risposta ai DMARDs è risultata inadeguata e nella spondilite anchilosante. Negli adulti la dose raccomandata per una risposta terapeutica ottimale è di 25 mg, ricostituiti con 1 ml di acqua per preparazioni iniettabili, da somministrare due volte alla settimana per iniezione sottocutanea. Nei bambini ed adolescenti ( > 4 fino a < 18 anni) la dose raccomandata è di 0,4 mg/kg (fino ad un massimo di 25 mg per dose), somministrata due volte alla settimana per iniezione sottocutanea con un intervallo di 3-4 giorni tra le dosi. L Infliximab (IFX) è un anticorpo monoclonale chimerico, ottenuto da una linea cellulare ricombinante riprodotta in coltura attraverso perfusione continua, costituito dalla regione variabile di un anticorpo murino anti-tnf-alfa innestata in un frammento umano IgG1-cappa. L IFX si lega con alta affinità sia alla forma solubile che a quella transmembrana del TNF-alfa, ma non alla linfotossina (TNF-beta). L IFX inibisce in vitro l'attività del TNFalfa in un ampio intervallo di dosaggi biologici. L IFX previene la malattia nei topi transgenici che sviluppano poliartrite come conseguenza della espressione del TNF-alfa umano, e quando somministrato dopo l insorgenza della malattia consente la regressione delle erosioni articolari. In vivo, l IFX forma rapidamente complessi stabili con il TNF-alfa umano, processo che porta alla perdita di attività biologica di questa citochina. Il trattamento con IFX determina nell AR la riduzione dell infiltrazione cellulare nelle aree infiammate delle articolazioni, dell espressione delle molecole d adesione cellulare, della chemiotassi e della degradazione tissutale. Dopo il trattamento con IFX i pazienti presentano ridotti livelli di interleuchina 6 sierica (IL-6) e di proteina C-reattiva (PCR) rispetto ai valori precedenti al trattamento. L IFX è indicato per la somministrazione per via endovenosa in pazienti adulti; il suo impiego in soggetti da 0 a 17 anni è in corso di studio. Infusioni endovenose singole di 1, 3, 5, 10 o 20 mg/kg di IFX aumentano sia la concentrazione massima sierica (Cmax) che l area sotto la curva concentrazione-tempo (AUC) in maniera proporzionale alla dose. L emivita terminale media a queste dosi è compresa fra 8 e 9,5 giorni. Il volume di distribuzione allo steady state (Vd mediano pari a

5 3,0-4,1 litri) è indipendente dalla dose somministrata, mostrando quindi che l IFX si distribuisce principalmente nel compartimento vascolare. La via di eliminazione di IFX non è stata caratterizzata. IFX non modificato non è stato rinvenuto nelle urine. Non sono state osservate differenze maggiori della clearance o del volume di distribuzione correlate all'età o al peso nei pazienti affetti da AR. La farmacocinetica nei pazienti anziani non è stata studiata, né sono stati condotti studi in pazienti con funzionalità epatica o renale alterata. Nella maggior parte dei pazienti, alla dose singola consigliata di 5 mg/kg per il morbo di Crohn e di 3 mg/kg ogni 8 settimane per il mantenimento nell AR, l IFX può essere rilevato nel siero per almeno 8 settimane. La somministrazione ripetuta di IFX (5 mg/kg alle settimane 0, 2 e 6 nel morbo di Crohn fistolizzante, 3 o 10 mg/kg ogni 4 o 8 settimane nell'ar) determina un leggero accumulo di IFX nel siero dopo la seconda dose. Non è stato osservato un ulteriore accumulo clinicamente rilevante. Nella maggior parte dei pazienti con morbo di Crohn fistolizzante, l IFX è stato rilevato nel siero per 12 settimane (intervallo di 4-28 settimane) dopo somministrazione dello schema terapeutico. L efficacia dell IFX è stata valutata in studi randomizzati in doppio cieco oltre che nell AR, anche nel morbo di Crohn e nelle spondiloartriti sieronegative. Nell AR gli studi con l IFX sono stati condotti sempre in associazione con il MTX, al fine di ridurre la comparsa di anticorpi antichimerici. Questa associazione non solo è efficace nel ridurre i sintomi e segni dell artrite e migliorare la qualità di vita, ma è in grado di arrestare la progressione del danno radiologico in una elevata percentuale di pazienti. Attualmente nel nostro paese l IFX nell AR è indicato per la riduzione dei segni e dei sintomi e il miglioramento della funzionalità in pazienti con malattia in fase attiva, quando la risposta ai DMARDs, incluso il MTX, sia stata inadeguata. L'efficacia e la tollerabilità sono state dimostrate solo in associazione con MTX. L IFX è inoltre indicato nel trattamento del morbo di Crohn in fase attiva di grado grave e nella forma fistolizzante, nei pazienti che non abbiano risposto per inefficacia o intolleranza ad un trattamento convenzionale completo ed adeguato con corticosteroidi e immunosoppressori. Recentemente inoltre è stato autorizzato l uso dell IFX nei soggetti affetti da spondilite anchilosante refrattaria alle terapie convenzionali, che non possano avvalersi di valida alternativa terapeutica. Nell AR il protocollo terapeutico prevede una infusione endovenosa di 3 mg/kg, della durata di 2 ore, seguita da infusioni supplementari di 3 mg/kg alle settimane 2 e 6 dalla prima infusione, quindi ogni 8 settimane. L IFX per uso clinico viene preparato sotto forma di polvere per soluzione concentrata per infusione endovenosa. Ogni flaconcino contiene 100 mg di anticorpo monoclonale chimerico. Dopo ricostituzione, ogni ml contiene 10 mg di IFX. La soluzione ricostituita di IFX viene diluita in 250 ml di una soluzione di cloruro di sodio allo 0,9% p/v per infusione. L infusione deve essere somministrata in non meno di 2 ore (a non più di 2 ml/min). Si consiglia di utilizzare solo un set per infusione con un filtro in linea sterile, non pirogeno, con bassa capacità legante le proteine (diametro dei pori 1,2 micrometri o meno). Poiché nel prodotto non è contenuto nessun conservante, si raccomanda di iniziare la somministrazione della soluzione per infusione endovenosa non appena possibile ed entro 3 ore dalla ricostituzione e diluizione. Se la ricostituzione e la diluizione vengono effettuate in condizioni di asepsi, la soluzione per infusione di IFX può essere utilizzata entro 24 ore se conservata a temperatura compresa tra 2 C e 8 C. La soluzione non utilizzata non deve essere conservata per un successivo utilizzo. Tutti i pazienti trattati con IFX devono essere tenuti sotto osservazione per almeno 1-2 ore dopo l infusione per accertare eventuali reazioni acute correlate all infusione. Deve essere tenuto a disposizione un equipaggiamento d emergenza, quale adrenalina, antistaminici, corticosteroidi ed un ventilatore artificiale. I pazienti possono essere pretrattati con ad

6 esempio un antistaminico, idrocortisone e/o paracetamolo per ridurre il rischio di reazioni correlate all infusione. L Adalimumab (ADA), anche noto con la sigla D2E7, è un anticorpo monoclonale anti-tnf totalmente umanizzato che ha ottenuto con la denominazione Humira TM l autorizzazione alla commercializzazione negli Stati Uniti dalla FDA il 31 dicembre 2002 e in Europa dall EMEA nel L ADA è stato ottenuto mediante un sofisticato metodo biotecnologico utilizzando tecniche di clonazione di geni umani codificanti per porzioni di immunoglobine IgG utilizzando come vettori i batteriofagi 24. Questo anticorpo ha alta affinità e selettività per il TNF-alfa con potente capacità di neutralizzazione e una emivita particolarmente lunga (14 giorni). L efficacia dell ADA nel trattamento dell AR è stata dimostrata in uno studio controllato randomizzato in doppio cieco della durata di 24 settimane, nel quale l aggiunta dell ADA al dosaggio di 20, 40 o 80 mg s.c. ogni 2 settimane in pazienti con AR attiva in trattamento stabile con MTX ha determinato un significativo, rapido e persistente miglioramento dei parametri di attività della malattia rispetto al placebo. L indicazione approvata dalla FDA è la seguente: Humira è indicato per la riduzione dei segni e sintomi della malattia e per l inibizione della progressione del danno strutturale in pazienti adulti con artrite reumatoide attiva moderata o severa, che hanno avuto un inadeguata risposta a uno o più DMARDs. Humira può essere utilizzato da solo o in associazione con MTX o altri DMARDs. L Anakinra (ANA) è un antagonista umano del recettore per l IL-1 (r-methuil-1ra), prodotto mediante la tecnologia del DNA ricombinante, utilizzando il batterio E. coli come sistema di espressione. L ANA neutralizza l attività biologica dell IL-1-alfa e dell IL-1-beta mediante inibizione competitiva del loro legame con i recettori di tipo I. L IL-1 è una citochina proinfiammatoria che media numerose risposte cellulari, comprese alcune responsabili dell attivazione e del mantenimento della flogosi sinoviale. L ANA inibisce le risposte indotte dall IL-1 in vitro, comprese l induzione di monossido d azoto e di prostaglandina E2 e la produzione di metalloproteinasi da parte delle cellule sinoviali, dei fibroblasti e dei condrociti. La biodisponibilità di ANA in seguito all iniezione sottocutanea di 70 mg in bolo in soggetti sani è pari al 95 %. In soggetti con AR la concentrazione massima di ANA nel plasma si verifica 3-7 ore dopo la somministrazione sottocutanea, l emivita è di 4-6 ore. Non si verifica accumulo per somministrazioni sottocutanee ripetute giornaliere. La clearance stimata per ANA aumenta con l aumentare della clearance della creatinina e del peso corporeo. La tollerabilità e l efficacia dell ANA in combinazione con il MTX sono state dimostrate in pazienti a vari livelli di gravità della malattia. La risposta clinica è generalmente evidente entro 2 settimane dall inizio del trattamento e si mantiene continuando la somministrazione di ANA. La risposta clinica massimale si osserva generalmente entro 12 settimane dall inizio del trattamento. Oltre che sull attività della malattia, l ANA avrebbe efficacia anche sulla progressione radiologica della malattia, anche se non sono stati ancora pubblicati dati conclusivi in tal senso. Nel nostro paese l ANA è indicato per il trattamento dei segni e dei sintomi dell AR, usato in associazione con il MTX nei pazienti con risposta inadeguata al solo MTX. Non vi sono dati sufficienti per raccomandare l utilizzo del farmaco in bambini e adolescenti di età inferiore ai 18 anni, anche se esistono numerosi segnalazioni di una particolare efficacia nelle forme sistemiche dell artrite idiopatica giovanile e in alcune sindromi autoinfiammatorie.

7 L ANA viene fornito come soluzione iniettabile in siringa preriempita contenente 100 mg di sostanza attiva. Per il trattamento dell AR la dose raccomandata è di 100 mg somministrata una volta al giorno per iniezione sottocutanea. Si raccomanda di effettuare la somministrazione del farmaco ogni giorno circa alla stessa ora, alternando i siti di iniezione. Il farmaco va conservato a temperatura compresa tra 2 C e 8 C e non va congelato.

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