Sistema Solare e meccanica quantistica
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- Florindo Di Gregorio
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1 estratto da : L EQ. UNIVERSALE dalla meccanica celeste alla fisica nucleare Sistema Solare e meccanica quantistica Nella premessa abbiamo visto che la esistenza dei diversi punti dello spazio fisico può essere rilevata esclusivamente da altri punti in moto relativo e con essi interagenti. La presenza di un moto relativo tra le parti diventa dunque anche condizione necessaria per poter rilevare l esitenza di tutto lo spazio fisico. Con riferimento alla figura 4, prendiamo dunque in considerazione due punti O e P 0 in moto relativo con velocità V 0 0 orientata come in figura. In assenza di interazioni, l osservatore posto nell origine O rileva la distanza : R V 0x t V0y t R 0 V 0 t R 0 V 0y t R 0 differenziando, si ottiene : R dr V 0 t dt R 0 V 0y dt e quindi la velocità radiale osservata risulta : dr dt V 0 t R R 0 V 0y R derivando, si ricava l accelerazione radiale osservata :
2 a d R dt V 0 R sen cos 0 V 0 R 0 sen 3 cos 0 V 0x R sen Secondo quest ultima relazione, il punto O vede dunque il punto P 0 che si allontana con una accelerazione : a f V 0x R sen. Se siamo in uno spazio geometrico, i due punti 0 e P 0 non risultano legati alla realtà fisica e quindi, supponendo di poter dare comunque un significato al discorso, l osservazione dell accelerazione a f non pone particolari interrogativi. In uno spazio geometrico, possiamo infatti fare osservazioni astratte, senza prendere in considerare scambi di forze,che appartengono allo spazio fisico e solo in esso sono state definite e riescono dunque a manifestare i loro effetti. Se ci troviamo invece in uno spazio fisico, con le precise caratteristiche dei suoi elementi costituenti, i punti O e P 0 si devono intendere come due "punti materiali", i quali devono la loro esistenza fisica alla interazione con lo spazio circostante, dovuta alla loro velocità relativa. I due punti considerati, per poter esistere devono formare un sistema legato, in una condizione stazionaria o quasi. Se questo non accade essi si allontanano fino alla definitiva indipendenza e cessano così di esistere, come sistema. Se consideriamo l intero universo ed applichiamo a ciascuna coppia di punti questo discorso,dobbiamo concludere che,perchè l universo possa esistere, è necessario che il punto O annulli l accelerazione osservata a f, applicando al punto P 0 un accelerazione dello stesso valore e di segno contrario, ossia rivolta sempre verso il centro O, tale che sia : ar a f In queste condizioni, l accelerazione osservata sarà : ed il punto P 0 si manterrà sempre alla minima distanza : a f V 0x R
3 R R 0 costante A questo punto osserviamo però che, mentre l accelerazione a f è fittizia e quindi incapace di sviluppare lavoro, l accelerazione radiale ar è reale e ad essa viene opposta dal punto P 0 la forza reale : F r m a r Per uno spostamento dr il punto centrale O compie quindi il lavoro : dl F r dr Se non intervengono processi dissipativi, tale lavoro si deve ritrovare come incremento dell energia cinetica del punto P 0. Dovrà dunque essere : ossia : F r dr de m V n R dr d m V r ricordando che Vr V n e semplificando, si ha : V n dr R d V n da cui : d V n R 0 Integrando, si ricava l equazione fondamentale, che governa l evoluzione di tutto lo spazio fisico, con la sola condizione che venga verificato il principio di conservazione dell energia. V R K in cui K è una costante caratteristica associata al punto O. Con questa condizione e l espressione dell accelerazione fittizia, possiamo determinare l espressione dell accelerazione radiale che il punto centrale O deve applicare a P 0 per avere l equilibrio : 3 3
4 V R K a r V R da cui si ricava : ar K R Si ricava così la nota legge che viene verificata sperimentalmente in tutti gli spazi rotanti, dalla quale risulta che l accelerazione imposta non dipende dal valore della massa in orbita. Finora abbiamo sempre considerato nell universo la presenza di un solo spazio rotante centrale e questo ha consentito di non porre alcun limite per il suo raggio d azione. Abbiamo così ottenuto tutte relazioni applicabili fino a R, senza alcuna discontinuità e perogni valore di R è possibile raggiungere la condizione di equilibrio V R K. Nell universo che realmente noi osserviamo si hanno però miliardi di spazi rotanti, organizzati secondo una gerarchia in cui il valore del raggio d azione di uno spazio rotante viene limitato ad un valore R da quello che nell ordine gerarchico lo precede. Questa limitazione cambia radicalmente le condizioni di equilibrio in quanto, analogamente a quello che accade nei sistemi meccanici, per esempio in una corda elastica fissata agli estremi, punti di equilibrio si possono avere solo in corrispondenza di valori ben precisi della distanza dagli estremi. Da questa limitazione deriva una quantizzazione delle orbite circolari stabili, secondo quanto è indicato dal calcolo seguente. 4 4
5 Facendo riferimento alla figura 6, ricaviamo dunque l equazione del moto di un generico punto P in uno spazio rotante con centro in O. In coordinate polari, le equazioni generali del moto saranno : v d dt OP d dt R R R a dv dt R R R R R R R d dt R Essendo nullo il momento delle forze esterne applicate rispetto all origine O, sarà : d dt R 0 e quindi si ottiene la condizione fondamentale : R C costante su tutta la traiettoria si potrà dunque scrivere : d dt C R essendo anche, per quanto abbiamo visto : ar K R dvr dt dvr dr dr dt si ricava : V r dv r K R dr 5 5
6 che, integrata, fornisce la velocità radiale : Vr dr dt K R R 0 In definitiva, si ha il sistema di equazioni differenziali del moto : dr dt K R 0 R 0 R d dt C R da cui si ricava l equazione differenziale della traiettoria : d dr R 0 C K R R 0 R Ponendo R 0 / R u, integrando e quadrando, si ottiene l equazione della traiettoria : Se si assume : si ottiene : R C K R 0 R 0 r R 0 R r C K costante 6 6
7 La stessa relazione si ottiene scrivendo la tangente alla traiettoria : tg R d d R R d d t d t d R V V K C R R R R 0 dalla quale si ricava l espressione di d dr. Se si considera R 0 o comunque R R 0, si ha R r e quindi si ottiene l equazione della traiettoria, fondamentale per tutta la teoria : R C K costante Tale relazione rappresenta una funzione ciclica, precisamente una spirale. Essa ci dice dunque che : Le linee di forza, che un aggregato materiale genera nello spazio fisico circostante, sono delle spirali dirette verso il centro come è indicato in figura
8 Da quanto abbiamo finora visto, nello spazio fisico, la conservazione del momento angolare, espressa dalla relazione V R C costante e la presenza di un accelerazione radiale a r K impongono ai punti dello spazio una traiettoria spiraliforme che è descritta dalla relazione : R R C K costante su tutta la traiettoria per la quale la soluzione analitica prevede che si abbiano traiettorie reali sia centripete che centrifughe, secondo l orientamento della velocità radiale : V r K E dunque teoricamente possibile avere anche l equilibrio stazionario su orbite chiuse. Abbiamo anche visto che, per avere punti in equilibrio stazionario, in tutto lo spazio rotante, deve essere soddisfatta la condizione : V R K. In definitiva quindi la gravità e la conservazione del momento angolare, se agiscono contemporaneamente, riescono ad imporre l equilibrio solo nei punti che soddisfano entrambe le relazioni : R R 0. V R K V R C dalle quali si ricava : V K C costante 8 8
9 e quindi il valore del raggio della orbita circolare stabile risulta : R C K costante Nello spazio rotante gli unici punti che soddisfano tutte le condizioni richieste per l equilibrio sono dunque quelli che percorrono le orbite circolari stabili aventi le caratteristiche che abbiamo ricavato. L equazione della traiettoria a spirale mette anche in evidenza che i punti in corrispondenza dei quali si verifica l inversione della velocità radiale, e quindi diventa possibile avere una traiettoria chiusa, sono quelli che corrispondono ai valori : n e quindi tutto lo spazio viene suddiviso in " falde quantizzate " ciascuna delle quali si associa ad un valore di n. A ciascuna falda è dunque associata un orbita circolare stabile di raggio : R n C n con C n C K n. dove C indica il momento angolare specifico che viene associato alla falda individuata da n. A questo punto notiamo che, se nell universo consideriamo persente solo lo spazio rotante K, la costante C non è definita e tutta l analisi non ha senso. Per dare un significato allo studio che si stà facendo, sarà necessario prendere in considerazione almeno un altro spazio rotante che dovrà organizzare, secondo le relazioni che abbiamo visto, tutto lo spazio fisico nel quale si muove lo spazio rotante K che abbiamo preso in considerazione finora. 9 9
10 Indipendentemente dalle condizioni che vengono richieste, se in tale spazio rotante deve realizzarsi una traiettoria chiusa, è necessario che su di essa si abbiano almeno due punti in cui si verifica l inversione, e quindi il passaggio per lo zero, della velocità radiale Vr. I punti in cui ciò si può realizzare sono quelli in corrispondenza dei quali si annulla la tangente alla traiettoria e dunque quelli che corrispondono ai valori n. Se si tiene conto che tg cambia segno (anche se non passa per lo zero) per e 3, in corrispondenza di questi punti si possono 4 anche avere sottostrati con orbite stabili. Possiamo dunque considerare come " possibili orbite chiuse " tutte quelle associate alla serie di valori : n ; ; 3 ; 4 n s serie principale m 4 3 ; ( sottostrati ) serie secondaria q 4 3 ; ( sottostrati ) serie secondaria E rilevante il fatto che tutte le situazioni che vengono descritte dalle relazioni che abbiamo ricavato trovano riscontro nell universo che osserviamo. Sostituendo nell espressione della spirale universale, si ottiene il valore del raggio dell orbita circolare stabile n esima : R nmq R n m q dove R rappresenta il raggio dell orbita associata a n m q, che dipende sia dallo spazio rotante considerato che da quello che lo precede nell organizzazione gerarchica. Molto interessante è il fatto che lo schema orbitale che si ricava utilizzando 0 0
11 l espressione di R n risulta indipendente dalle dimensioni dell aggregato che si considera. Se dunque si scrive il rapporto : R nmq R n m q si ottiene lo schema di validità universale : L indipendenza dello schema orbitale dalle dimensioni dello spazio rotante che viene considerato e la totale assenza di ipotesi restrittive,indicano che la quantizzazione delle orbite ha valore universale e dunque si applica agli ammassi galattici come agli aggregati subnucleari, purchè siano verificati i principi di conservazione. Sostituendo l espressione del raggio dell orbita nell equazione fondamentale degli spazi rotanti, si ricava la velocità orbitale : V R K ; V R n K da cui si ricava : V K n V n R
12 Questa relazione ci dice che negli spazi rotanti anche la velocità orbitale è quantizzata. La meccanica quantistica è dunque conseguenza diretta dell organizzazione degli spazi rotanti, che pone dei limiti solo al raggio delle orbite e non all energia. A questo punto ricordiamo che nell universo gli spazi rotanti si evolvono e si organizzano sempre nel rispetto dei principi di conservazione dell energia e del momento angolare, ai quali si aggiunge la conservazione del valore dello spazio rotante K. Come viene meglio chiarito in altri capitoli, durante l evoluzione si producono due forme di materia organizzata : nella forma espansa abbiamo la materia ordinaria, con spazi rotanti fino a dimensioni galattiche nella forma compressa troviamo le particelle elementari. Si tratta, naturalmente, dello stesso spazio fisico in due diverse condizioni di equilibrio ed è possibile il passaggio dall uno all altro. Per le ragioni che verranno chiarite in seguito, nella prima forma è facilmente accessibile il raggio massimo R dello spazio rotante, associato al numero n, mentre nella seconda è ben definito,dunque noto,il raggio dell orbita circolare minima R ns, associato al numero quantico massimo n s. Per utilizzare più agevolmente le relazioni che abbiamo ricavato,nel secondo caso conviene dunque modificare il numero quantico come segue: R R n n s n s R n s n s n posto : R ns R n s e p n s n si ottiene così : R R ns p
13 Nel caso particolare in cui sia le masse che generano lo spazio rotante che quelle planetarie risultano tutte uguali traloro,come generalmente accade nei sistemi atomici e subatomici (ma non si può escludere che possa accadere anche in altri casi), le orbite che consentono l equilibrio sono solo quelle che corrispondono al rapporto p intero. Solo in questo caso, la quantizzazione della velocità orbitale produce la quantizzazione dell energia. Come vedremo in seguito, è proprio la quantizzazione di queste orbite che assicura ordine e stabilità all intero universo. Lo schema orbitale che abbiamo proposto e tutte le relazioni che descrivono le traiettorie sono state ricavate senza alcuna ipotesi restrittiva e quindi sono di validità assolutamente generale. Esse saranno dunque applicabili agli aggregati atomici e subatomici come a quelli galattici e questo viene generalmente confermato dall osservazione astronomica, che riferisce come la forma a spirale, per le galassie, sia la più diffusa. Tutti gli altri sistemi,stellari,solari, planetari, satellitari,ecc., dall osservazione risultano organizzati secondo lo schema universale che abbiamo ricavato e questo costituisce una ottima conferma per la teoria. Se applichiamo queste semplici considerazioni al nostro Sistema Solare, possiamo avanzare qualche ipotesi verosimile sulla sua origine. Innanzitutto osserviamo che le masse in esso presenti, praticamente tutte, si trovano su orbite distribuite non a caso e dunque possiamo ipotizzare che si possa verificare la quantizzazione teorica che abbiamo ricavato. Si tratta dunque di eseguire qualche calcolo numerico per verificarlo. Consideriamo due pianeticonfinanticome per esempio Terra e Venere che, presumibilmente, si trovano in prossimità di due orbite circolaristabili vicine. Se indichiamo con il numero quantico associato all orbita terrestre e con R s il raggio dell orbita fondamentale, associata a n, si potrà scrivere: 3 3
14 R S R T 49, K m R S R v 08, 0 6 K m da cui deriva :, 7585 Si ricava quindi 5, Il numero intero più prossimo è 6. Per poter fare la scelta definitiva, dobbiamo ancora verificare l ipotesi che i due pianeti stiano realmente su due orbite contigue. Anche se la relazione R n R n non è una funzione continua, in prima approssimazione, differenziando, si può scrivere : dalla quale si ottiene : R n R n n n n R n R n n Essendo note le distanze dei pianeti dal Sole, questa relazione ci consente di ricavare il numero n associato all orbita. Si ha infatti : Terra Venere : 4 4
15 R R T R V 8, K m conn si ricava : R R T R V 4, K m n 8,9 4,4 6, 7 compatibile con 6 che fornisce : n n V Venere Mercurio : 6 7 6, 5 R R V R M 83, K m si ricava : R 50, K m n 3, 954 n. Dovendo essere n 7, risulta : n 7 3,954,4 L unico valore compatibile con 6 è n 3, che, se si sostituisce, fornisce : n M n V, 4 Se dunque all orbita del pianeta Venere si associa n 7, per Mercurio si avrà n 0. Se assumiamo definitivamente per l orbita terrestre 6, possiamo calcolare il valore approssimato del raggio della prima orbita circolare stabile R S del Sistema Solare, imponendo che si abbia : R S 6 R T 49, K m oppure R S 0 R M 57, K m 5 5
16 Dato che i pianeti, in realtà, non si muovono sulle orbite circolari minime di raggio R n, assumiamo per R S il valore indicativo medio che si ricava dalle due relazioni e risulta : R S K m. Essendo tale valore compatibile con l orbita media del pianeta Plutone che ha raggio pari a R Pl K m, potremo certamente assumere per R S il valore dell orbita stabile, circolare, di raggio minimo, associata alla falda spaziale nella quale si muove Plutone. A tale orbita si associa dunque il numero quantico n. Secondo questo risultato, Plutone, non solo è da ritenere un pianeta a tutti gli effetti, ma esso occupa, per di più, l orbita fondamentale dello spazio rotante solare. Se si considera che Plutone è un pianeta di dimensioni molto ridotte, la sua energia sull orbita, in assenza di eventi eccezionali, subisce una riduzione estremamente lenta e quindi esso si trova oggi ancora in condizioni di moto molto vicine a quelle iniziali. Questo, secondo quanto abbiamo visto, ci dice che il suo afelio deve, in prima approssimazione, coincidere con il valore del raggio R 0 della orbita stabilecircolare minima associata alla falda spaziale dalla quale il pianeta proviene. Se ora consideriamo che la falda associata a Plutone è la prima della serie corrispondente ai valori : n ; 4 3 ; ; ; 3 per le ragioni che vedremo in seguito, essa si trova in coincidenza del punto neutro del Sole rispetto al "sistema stellare locale" nel cui spazio rotante esso si muove. 6 6
17 Con riferimento alla situazione rappresentata in figura 3, abbiamo lo spazio rotante solare K s nel quale orbita alla distanza R p la massa m p alla velocità di equilibrio : V eqsp K S. R p Vogliamo determinare l azione che essa esercita, nelle diverse direzioni, su un altra massa m m p che orbita nello stesso spazio rotante centrale K s ad una certa distanza r dalla m p. Nei casi reali la massa m è sottoposta all accelerazione a a p a s risoluzione analitica rigorosa del problema si presenta piuttosto difficoltosa. Noi ci limiteremo a fare solo alcune considerazioni sulle condizioni estreme, che si presentano nei punti M ed N posti sulla congiungente SP e nel piano 7 e la 7
18 perpendicolare a quello orbitale della massa m p. Per avere equilibrio nel punto N, dovrà essere : che, con ovvio significato dei simboli, si scrive : K p r N K S R N a s a p da cui si ricava : r N K p K S R N K p K S R p r N Indicando con R NPS il punto neutro della massa m p rispetto alla m s, risulta : R NPS R p K S K P R P m S m P essendo, normalmente, m S m P, in prima approssimazione, si ottiene : R NPS K P R P m P R P K S m S Il punto neutro R NPS rappresenta dunque la distanza oltre laquale la sfera m P non riesce a trattenere in orbita alcun satellite. Essendo, nella nostra relazione, R il valore massimo del raggio delle orbite, di fatto risulta : R R NPS 8 8
19 Si noti che, oltre il valore R non troviamo satelliti, ma l azione dello spazio rotante K p è ancora presente. Per lo spazio rotante generato dal Sole, utilizzando le caratteristiche orbitali dei pianeti, si ricava : K S V n R n 3, K m sec Il raggio dell orbita circolare minima fondamentale, associata a n, in prima approssimazione,è già stato valutato pari a K m. Sono comunque note dall osservazione astronomica le caratteristiche del pianeta più lontano, Plutone : raggio medio dell orbita periodo di rivoluzione eccentricità dell orbita R Pl K m T Pl 47,7 a e0,48 Si ricava la velocità areolare : si ha dunque : V a R e Pl T Pl, C Pl V a, Associando all orbita di Plutone il numero quantico n, il raggio della prima orbita circolare minima del Sistema Solare risulta : K m sec K m sec C, K m sec ; R C K S K m in eccezionale accordo con il valore ricavato applicando la quantizzazione delle orbite. 9 9
20 Dovendo essere verificata su tutta la falda la legge delle aree, dovrà essere: V a sostituendo le relazioni : R e T R n T n T R 3 K S e T n R n si ricavano le caratteristiche dell orbita media : K S 3 R R n e ; T T n e 3 ; V V n e Utilizzando le caratteristiche orbitali di Plutone, si ricavano i valori dell orbita circolare minima fondamentale ( associata a n ) R R Pl e K m T T Pl e g V V Pl e 4, 895 K m sec Lo schema orbitale completo del sistema Solare può essere dunque descritto dalle relazioni : R nmq K m n m q n 3 m 3 q 3 ; T nmq 857 g V nmq 4,895 K m sec n m q 0 0
21 Lo schema orbitale, sinteticamente, risulta ( i 6 K m ) : Il punto vicino alle orbite indica quelle certamente occupate. E da notare che anche nella fascia degli asteroidi, la maggiore densità dei pianetini si osserva proprio in corrispondenza delle orbite da noi calcolate. Essendo ora noto il punto neutro dello spazio rotante solare rispetto a quello che, nella organizzazione gerarchica, lo precede, possiamo ricavare le sue caratteristiche, utilizzando l espressione del punto neutro e la quantizzazione delle orbite. Se osserviamo il nostro Sistema Solare, man mano che saliamo nel livello di aggregazione, rileviamo un aumento più o meno graduale della massa dei corpi celesti in orbita, con rapporti del tipo / 00 / 000 / 0000 /. Partendo dal Sistema Solare, se si sale ancora nel livello gerarchico, il primo sistema organizzato che le teorie correnti propongono è la " Galassia ", con un rapporto di massa rispetto a una sua stella tipica come il Sole / 0. Si tratta di un rapporto estremamente elevato, per cui è molto più probabile che tra il Sistema Solare e Galassia ci debba essere un aggregato di stelle avente una massa con valore intermedio che chiameremo "sistema stellare locale ". L esistenza di un aggregato di questo tipo, nella teoria degli spazi rotanti, ci viene suggerita anche dalla distribuzione delle stelle che ci circondano, le quali si addensano in corrispondenza di distanze ben precise da noi. Purtroppo, per ricavare le sue caratteristiche, non abbiamo a disposizione molti dati e quindi dobbiamo fare riferimento a valori medi.
22 L osservazione astronomica fornisce valori molto precisi delle distanze delle stelle più vicine al Sole Anche se le distanze dal Sole non coincidono perfettamente con le distanze tra le orbite stabili del sistema stellare locale,possono essere utilizzate per ricavare dei valori indicativi che verranno poi corretti, eventualmente, facendo ricorso a ulteriori verifiche. Il sistema più vicino è Alfa Centauri che è distante dal Sole : d A 4, 395 al. La seconda stella, in ordine di distanza dal Sole, è quella di Barnard che si trova ad una distanza : d B 5, 84 al. La schematizzazione delle orbite del sistema stellare locale è quella indicata in figura 37. Per ricavare la posizione del sistema Solare, corrispondente al raggio R 0,al quale è associato il numero quantico, supponiamo che il sistema, nella zona che stiamo esaminando,sia sufficientemente popolatodi stelle in modo
23 da poter ritenere le orbite associate ai numeri quantici tutte occupate. Con queste ipotesi, ad Alfa Centauri verrà associata l orbita avente numero quantico e alla stella di Barnard quella con. Se indichiamo con R SL il valore del punto neutro del sistema stellare locale rispetto allo spazio rotante galattico nel quale esso si muove, dovrà essere : R SL R SL d B 5, 84 al R SL R SL d A 4, 395 al Eliminando R SL, si ottiene l equazione : d B d A, 39. Il numero intero che meglio approssima tale risultato risulta che fornisce un rapporto : d B d A, 35. Essendo il calcolo necessariamente molto approssimato, prima di acquisire definitivamente tale risultato, consideriamo un altra orbita. Sempre in ordine crescente di distanza dal Sole, troviamo le due stelle : 3 3
24 Wolf 359, che si trova alla distanza d W 7, 78 al Lalande 85 che si trova alla distanza d L 8, 3 al Essendo idue valori molto vicini tra loro, si devecertamente escludereche si possa trattare di due orbite stabili distinte. Assumiamo dunque per l orbita stabile la distanza media : Dovrà dunque essere : d m 8, 046 al. R SL R SL d B 5, 84 al R SL R SL d m 8, 046 al eliminando R SL, si ricava l equazione : 4 d B d m 0, 76 il valore che meglio approssima tale risultato risulta che fornisce un valore del rapporto : d B d m 0, 739. Possiamo dunque assumere definitivamente :. 4 4
25 Sostituendo nel sistema di equazioni iniziale, si ricava per il valore del punto neutro del sistema stellare locale : R SL 339 al. Considerando l approssimazione del calcolo e che la distanza tra le orbite rappresenta il valore minimodi quellache separa le stelledurante il moto,con un minimo adattamento, assumiamo : e quindi si ricava : R SL 380 al R 0S 7, al 56,46 0 K m Sapendo che il punto neutro del Sistema Solare coincide con l orbita del pianeta Plutone, possiamo calcolare la massa inerziale che deve avere la sfera centrale del sistema stellare locale per poter generare lo spazio rotante che esso manifesta attraverso lo schema orbitale. Si ottiene così : m SL R 0S R NS m S 56,46 0 Km K m, K g eseguendo i calcoli abbiamo : si ricava anche : m SL 3, K g 3 K SL m SL i, K m sec Si deve tenere presente che il valore della massa, che abbiamo così ricavato, rappresenta l analogo della massa m s del Sole nel Sistema Solare solo dal punto di vista funzionale, secondo la definizione di materia che abbiamo dato, e non considera affatto le manifestazioni tipiche del Sole, per cui essa potrebbe anche essere costituita, tutta o 5 5
26 in parte, da spazio fisico che non ha nemmeno ancora raggiunto il livello di organizzazione fotonico, ma riesce a produrre comunque la sua azione " gravitazionale " attraverso lo spazio rotante. Questo vuol dire che, anche se essa risponde alla definizione di materia, non emette alcuna radiazione sulle frequenze che noi riusciamoa rilevare eviene, per questo indicata come materia oscura. Velocità e periodo di rivoluzione del sistema Solare sull orbita del sistema stellare locale associata a saranno : V 0S K SL R 0S 988,7 Km sec ; T 0S 5784 a Il sistema Solare rivoluisce dunque su un orbita il cui centro si trova ad una distanza da noi pari a doppio di quello di precessione rilevato dalla Terra. 7, al, con un periodo esattamente Questo risultato è in perfetto accordo con quanto abbiamo previstoa pag. 59, fig.9b, che qui riportiamo per comodità. Il Il moto di rivoluzione del Sole attorno al centro del sistema stellare locale SL, il quale, a sua volta, rivoluisce attorno al centro galattico G, produce sul Sole, e dunque su tutte le massecomponenti il Sistema Solare, un accelerazione sinusoidale data da : a s V 0S R 0SL cos t 6 6
27 con periodo : T a T 0S 589 a. Questo risultato ci dice che il moto di precessione che si osserva sulla Terra è dovuto alla variazione dell accelerazione centrifuga che agisce sul Sistema Solare comeconseguenza del moto dirivoluzione simultaneosia nello spazio rotante stellare che in quello galattico. Utilizzando la condizione di equilibrio, ricaviamo il raggio del nucleo rotante solare che sostiene il moto di rivoluzione sull orbita R 0S. Si ottiene : r P0S m S m SL R 0S, K g 3, K g 7, al35769 K m Essendo r P0S r s K m, il Sole presenta un nucleo interno avente un raggio r P0S K m, rotante su se stesso con una velocità periferica uguale a quella di rivoluzione V 0S 988, 7 K m sec. La presenza di un nucleo con queste dimensioni, al centro del Sole, rotante a elevata velocità, è confermata dagli studi sul suo comportamento. Vedremo in altro capitolo come il calcolo del momento angolare associato a questo nucleo rotante sia praticamente coincidente con quello di tutti i pianeti in orbita, esattamente come viene richiesto per avere l equilibrio del sistema. Si risolve così il problema del momento angolare mancante nel Sole. Dunque il Sole non rivoluisce direttamente sull orbita R 0S, ma attraverso una sfera planetaria di raggio : R PS T PS T 0S R 0S 5,4 g 5784 a 7, al 344, 4 06 K m 7 7
28 praticamente coincidente con l orbita minima della fascia degli asteroidi. Se il moto di rivoluzione avvenisse con il Sole direttamente sull orbita R PS, un osservatore solidale con l orbita, vedrebbe il Sole sempre alla stessa distanza dal centro dello spazio rotante del sistema stellare locale. Nel nostro caso però, i punti della sfera R PS si muovono, rispetto al Sole,con una velocità : V K S R PS 9, 63 Km sec e quindi lo vedranno in moto con la stessa velocità relativa. Essendo l orbita terrestre ad una distanza costante rispetto alla sfera di raggio R PS, anche noi, dalla Terra, vediamo il Sole in movimento, con la stessa velocità costante, V 9, 63 K m direzione, apparentemente verso un punto fisso. sec, sempre nella stessa Abbiamo,a questo punto, tutti gli elementi necessari per calcolare lo schema orbitale completo del sistema stellare locale Le caratteristiche orbitali, dello spazio rotante stellare locale, associate al numero quantico n, risultano : V SL K SL R SL, K m 3 sec 380 al 89, 884 K m sec T SL 68, a Le caratteristiche orbitali di tutto il sistema stellare locale vengono descritte dunque dalle relazioni : R n 380 al ; T n 68,9 06 a n m q n 3 m 3 q 3 8 8
29 V n 89,884 K m sec n m q Esprimendo le distanze in al, si ha il seguente schema orbitale : , 66,9 5, 40,49 3, ,4 68, ,,8 9,4 6,73 4,58 Il Sistema Solare occupa in quello stellare locale una posizione molto vicina al centro ( 7, / 380 ). I raggi delle orbite stabili sono quindi quasi coincidenti con ledistanze delle stelle, appartenenti al sistema, osservate dalla Terra, con la sola eccezione dei valori molto bassi. Per un più facile confronto con i risultati delle osservazioni, riportiamo quindi lo schema orbitale con le distanze minime dal Sole espresse in al ,0 39,8 4, 3, ,3 4, ,69 0 4,33 7,7 0,4,5 4,3 5,4 7, L accordo di tale schema con le distanze che ci vengono riferite dalla osservazione astronomica risulta più che buono. Soprattutto risulta rilevante la coincidenza delle orbite da noi indicate con le concentrazioni di stelle che vengono osservate fino al confine del sistema locale. 9 9
30 Questo costituisce un ottima conferma sia della esistenza che della struttura del sistema stellare locale, che fornisce una risposta per tutte le velocità che vengono osservate. Osserviamo, infine, che la relazione che esprime la velocità di equilibrio che si associa alle diverse orbite,ci consente, con buona approssimazione,di calcolare la velocità relativa tra due stelle in equilibrio su orbite stabili : v s V V SL n 89, 884 K m sec n Per esempio, con n si ricava, per le stelle più vicine a noi, come Alfa Centauri e la stella di Barnard v s 90 K m sec che coincide con il valore fornito dall osservazione astronomica. Lo schema che abbiamo ricavato ci conferma come l organizzazione dello spazio fisico sia indipendente dal livello di aggregazione della materia che lo occupa. In particolare, abbiamo la conferma che il centro del sistema stellare locale si comporta con il Sistema Solare come il Sole con i suoi pianeti. Questi ultimi, a loro volta, si comportano allo stesso modo con i loro satelliti, i quali mantengono, a loro volta, lo stesso comportamento con tutti i corpi che si trovano in orbita nel loro raggio d azione. Se questo è vero, possiamo studiare ed interpretare il comportamento degli aggregati di ordine superiore prendendo in considerazione dei sistemi molto più comodi ed accessibili all osservazione
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