Nuovi Anticoagulanti Orali

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1 F. NARDI A.S. Bongo - C. Cimminiello - G. Iraghi - A. Lupi Nuovi Anticoagulanti Orali Indicazioni e utilizzo nella pratica clinica Presentazione a cura di M. Gulizia EDIZIONI MINERVA MEDICA

2 Alle mie figlie: Virginia e Nicole Ai miei nipoti: Andrea, Simone, Luca e Marco Perché le nuove generazioni, partendo da vecchie e consolidate certezze, siano portatrici di innovazioni volte a migliorare il futuro Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dal CLEARedi, Centro Licenze Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, MILANO, autorizzazioni@ SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n clearedi.org e sito web Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica Autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, segreteria@aidro. org e sito web www. aidro. org ISBN EDIZIONI MINERVA MEDICA S.p.A. Corso Bramante 83/ Torino Sito Internet: / minervamedica@minervamedica.it I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.

3 PREsentaZIONE È mio grande piacere presentare questo libro che rappresenta un manuale di pratica utilità clinica, frutto di un accurato lavoro svolto da esperti della cardiologia italiana e del suo principale autore e ispiratore Federico Nardi. La farmacoterapia delle patologie cardiovascolari ha presentato un enorme espansione negli ultimi decenni, con una particolare accelerazione nel campo della terapia della fibrillazione atriale e delle complicanze a essa associate, prima tra tutte lo stroke. La fibrillazione atriale (FA) rappresenta oggi l aritmia sostenuta di più frequente riscontro nella pratica clinica ed è responsabile del più alto impatto in termini di ospedalizzazioni, accessi ambulatoriali e costi diretti e indiretti per la sanità. La sua prevalenza nella popolazione generale (dell ordine dell 1% con picchi sino al 9% negli ultraottantenni) sembrerebbe essere in rapido incremento negli anni a venire, con una previsione entro l anno 2050 di un notevole aumento dei pazienti affetti da FA negli Stati Uniti (dagli attuali 2,5-6 milioni a 6-15 milioni). Prevenire, quindi, le sequele cliniche di tale evento morboso rappresenta oggi un dovere cui ogni cardiologo debba dedicare ogni sforzo assistenziale. La terapia anticoagulante orale (TAO) a base di dicumarolici costituisce da molti anni il trattamento specifico di maggiore importanza per la cura e la prevenzione delle malattie tromboemboliche ed è praticata routinariamente dal cardiologo e dall internista che, sottoponendo il paziente a periodici controlli, ne ottimizzano l efficacia riducendone al minimo i rischi. I pazienti sottoposti a questa terapia sono molto numerosi nel nostro Paese come in tutto il mondo e tendono ad aumentare costantemente tanto che oggi se ne contano circa un milione trattati con dicumarolici in Italia, pari al 2% della popolazione totale, con un incremento rilevante, soprattutto fra le persone anziane. Purtroppo, nonostante una meticolosa e accurata sorveglianza della TAO mediante il monitoraggio regolare e sistematico dell INR da parte del medico e del paziente, la complicanza più frequente relativa all impiego di warfarin e dicumarolici rimane certamente quella emorragica. L avvento dei nuovi farmaci anticoagulanti orali a dose fissa (NAO), già approvati per la vendita in Europa e di imminente uscita in Italia, rappresenta da un canto la risposta alla grande aspettativa per la loro dimostrata efficacia insieme alla riduzione fino al 70% del rischio di emorragie cerebrali e dall altro canto suscita apprensione per le incognite relative alla gestione dello switching dalla terapia convenzionale ai NAO, alla gestione della dose ottimale e alla scelta di quale NAO e per quale paziente, a come far fronte alla necessità di una pronta ricoagulazione, tanto per citarne alcune. Le risposte a questi e a molti altri quesiti sono contenute in quest opera ormai necessaria visto lo sviluppo del settore. Le 11 sezioni di cui è composta spaziano dalla fisiologia dell emostasi e della coagulazione al trattamento del tromboembolismo nei diversi setting patologici,

4 NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI IV dalla gestione dello switching da TAO a NAO alla gestione delle complicanze emorragiche acute con i NAO, dal ruolo dell infermiere nell approccio al paziente anticoagulato ai trucchi e ai suggerimenti per l utilizzo dei NAO, per finire con una dettagliata descrizione delle diverse metodiche ecocardiografiche, RMN e TC cardio per la migliore stratificazione del rischio tromboembolico. Ogni sezione, inoltre, include un ampia e comprensiva varietà di immagini, illustrazioni e tabelle che rappresenta un rilevante strumento di insegnamento visivo. I continui progressi tecnologici in campo aritmologico, l avvento dei nuovi farmaci antiaritmici e anticoagulanti orali (dabigatran, rivaroxaban, apixaban), il maggiore ricorso a tecniche di ablazione transcatetere della fibrillazione atriale, l iniziale diffondersi dell utilizzo dei nuovi dispositivi per la chiusura dell auricola hanno rappresentato i principali miglioramenti delle terapie già esistenti dagli ultimi 10 anni e molti altri si stanno aggiungendo in questi giorni. Avere ancora il desiderio di mettersi a disposizione della comunità medica realizzando un compendio cartaceo di informazioni scientifiche aggiornate su nuove categorie farmacologiche è meritevole e apprezzabile. Desidero pertanto congratularmi con gli editori e con tutti gli autori di quest opera per aver sviluppato quello che credo sarà un manuale pratico di rilevante importanza per l apprendimento e l approfondimento delle conoscenze concernenti l utilizzo dei NAO. Mi auguro che quest opera incontri il favore e l apprezzamento dei cardiologi italiani e di tutta la classe medica e che possa contribuire consistentemente a quell aggiornamento culturale da cui deriva il miglior beneficio per i nostri pazienti. Michele Massimo Gulizia Direttore UOC. Cardiologia A.R.N.A.S. Garibaldi-Nesima, Catania

5 PREfaZIONE se invero uno propone ad un altro cose che non sono incluse nei principi per sé noti, o che non appaiono chiaramente incluse, non produrrà in lui sapere, ma forse opinione o fede. Tommaso d Aquino Quando nel 1930 circa, venne descritta una strana epidemia emorragica di bovini, nessuno poteva immaginare che a un secolo di distanza, quella sostanza incriminata il dicumarolo, contenuta nel trifoglio odoroso, avrebbe salvato e continuato a salvare tante vite. Le scoperte scientifiche sono costellate da tanti personaggi illustri, alcuni perseveranti nella ricerca altri coraggiosi e illuminati da una buona stella, come il presidente Eisenhower che provò su se stesso, quello che fino ad allora era considerato solo un veleno per topi, aprendo al mondo intero l era della terapia anticoagulante orale. Nonostante il secolo trascorso, il campo delle cure era e rimane in rapido mutamento e tenere il passo con questa turbolenta evoluzione è impresa ardua sia per i clinici che i ricercatori. Così abbiamo pensato un testo su vecchi e nuovi anticoagulanti orali, che potesse mettere a disposizione di medici, infermieri e personale sanitario in genere, nozioni tecnico-scientifiche all insegna dei più recenti trial clinici senza, però, tralasciare gli aspetti di pura utilità pratica nel campo dell anticoagulazione. Ma un testo di questo tipo poteva riuscire solo con l ausilio, la collaborazione e l integrazione di tanti professionisti che spaziano dalla cardiologia, alla medicina interna, all anestesia e alle scienze infermieristiche. Pertanto, grazie al prezioso aiuto dei Co-editor e dei tanti Coautori, penso che questo testo sia meritevole di entrare a far parte del bagaglio culturale del professionista in campo sanitario. Federico Nardi Resp. Ecocardiografia II livello, SOC Cardiologia, Ospedale Castelli, Verbania Prof. a contr. facoltà di Medicina e Chirurgia dell Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

6 AUTORI Daniele Andreini Unità Operativa TC Cardiovascolare, Centro Cardiologico Monzino, IRCCS, Milano Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Sezione Cardiovascolare, Università degli Studi di Milano Gian Carlo Avanzi Medicina e Chirurgia d Accettazione e d Urgenza, AOU Maggiore della Carità, Novara Università del Piemonte Orientale A. Avogadro, Novara Maria Renata Bacchin Struttura Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Post Operatoria e del dolore, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna Stefano Bertuol SOC Cardiologia, Ospedale Castelli, Verbania Stefano Bonarelli Struttura Complessa di Anestesia e Terapia Intensiva Post Operatoria e del dolore, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna Angelo Sante Bongo Divisione di Cardiologia Ospedaliera, AOU Maggiore della Carità, Novara Mauro Campanini Medicina Interna 2, Centro Trombosi, AOU Maggiore della Carità, Novara Giancarlo Casolo Struttura Complessa di Cardiologia, Ospedale Versilia, Camaiore Luigi Mario Castello Medicina e Chirurgia d Accettazione e d Urgenza, AOU Maggiore della Carità, Novara Università del Piemonte Orientale A. Avogadro, Novara Chiara Cavallino Divisione di Cardiologia Ospedaliera, AOU Maggiore della Carità, Novara Claudio Cimminiello Dipartimento Internistico, PO di Vimercate, AO Desio e Vimercate Paolo Colonna Diagnostica non invasiva, Cardiologia, Ospedale Policlinico di Bari Gabriele Iraghi Struttura Complessa di Cardiologia Azienda Sanitaria Locale, Verbano Cusio Ossola

7 VIII NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI Alessandro Lupi Divisione di Cardiologia Ospedaliera, AOU Maggiore della Carità, Novara Sergio Macciò Divisione di Cardiologia, Ospedale S. Andrea, Vercelli Ennio Michelotto Divisione di Cardiologia Ospedaliera, AOU Maggiore della Carità, Novara Mauro Molteni Medicina Alta Intensità, Dipartimento Internistico, PO di Vimercate, AO Desio e Vimercate Federico Nardi Struttura Complessa di Cardiologia, Ospedale Castelli, Verbania Eraldo Occhetta SSD Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, Dipartimento Cardiologico, AOU Maggiore della Carità, Novara Mirella Pettorusso Ospedale Civile Legnano, Milano Roberta Re Medicina Interna 2, Centro Trombosi, AOU Maggiore della Carità, Novara Andrea Rognoni Divisione di Cardiologia Ospedaliera, AOU Maggiore della Carità, Novara Elisa Rondano Divisione di Cardiologia, Ospedale S. Andrea, Vercelli Vittoria Sorrentino Ospedale Civile Legnano, Milano

8 INDICE PRESENTAZIONE... V PrefAZIONE... VII AUTORI... IX 1 fisiologia dell emostasi e della coagulazione S. Bertuol, F. Nardi, G. Iraghi EFFICACIA E RISCHIO EMORRAGICO DEI FARMACI ANTICOAGULANTI TRADIZIONALI: DAGLI STUDI CLINICI AL MONDO REALE M. Molteni, C. Cimminiello TRATTAMENTO DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO: TERAPIE ATTUALI E PROSPETTIVE CON I NAO M. Campanini, R. Re PROFILAssI DELLA trombosi venosa profonda e dell EMBOLIA POLMONARE NEL PAZIENTE ORTOPEDICO COMPlessO S. Bonarelli, M.R. Bacchin PROFILAssI DELLA TROMBOEMBOLIA NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE E NELL ABLAZIONE E. Rondano, E. Occhetta NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI NELLE SIndROMI CORONARICHE ACUTE A. Lupi, A. Rognoni, A.S. Bongo, F. Nardi NAO: TIPS AND TRICKS - DALLA FARMACOLOGIA ALLA CLINICA E QUesTIONI IRRISOLTE A. Rognoni, A. Lupi, C. Cavallino, A.S. Bongo, F. Nardi GESTIONE DELLE COMPLICANZE EMORRAGICHE ACUTE NEI PAZIENTI IN TRATTAMENTO CON I NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI L.M. Castello, G.C. Avanzi APPROCCIO AL PAZIENTE IN TERAPIA ANTICOAGULANTE E GESTIONE DELLE COMPLICANZE EMORRAGICHE DAL PUNTO DI VISTA InfeRMIERISTICO V. Sorrentino, M. Pettorusso SWITCHING DA TAO A NAO S. Macciò, E. Rondano RUOLO DELLA DIAGNOSTICA PER ImmAGINI NELLA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO TROMBOEMBOLICO nella fibrillazione atriale F. Nardi, P. Colonna, E. Michelotto, D. Andreini, G. Casolo

9 FisIOlogia dell emostasi e della coagulazione S. Bertuol, F. Nardi, G. Iraghi 1 Il processo emocoagulativo-emostatico è un complesso di eventi articolato e controllato, che hanno come scopo l arresto delle emorragie mediante la formazione del trombo emostatico 1. Tale processo (Fig. 1.1) può essere distinto in due fasi di cui una, cronologicamente precoce, l emostasi primaria o più semplicemente emostasi, porta alla formazione del cosiddetto trombo bianco e la seconda, la coagulazione propriamente detta o emostasi secondaria, che porta alla formazione del trombo rosso 2. Via Intrinseca (attivazione da contatto) XII XI XIIa HKa XIa IX IXa PL VIIIa TF-I Fattore tissutale (TF) ATIII Via Estrinseca TF-I ATIII Xa Via Comune PL Va Protrombina XIII ATIII Trombina ATIII XIIIa Fibrinogeno Fibrina Rete fibrina Fig. 1.1 Schema delle vie intrinseca, estrinseca e comune, della cascata coagulativa. X Emostasi primaria (Fig. 1.2) Il danno vascolare rappresenta il primum movens nella fisiologica formazione del tappo piastrinico, iniziando, così, il processo di adesione delle piastrine al tessuto danneggiato, che segue la fase vascolare mediata dalla liberazione di fattori vasocostrittivi quali endotheliumderived contracting factors, endoteline, adenosin difosfato (adenosine diphosphate, ADP). Il processo di adesione è mediato prevalentemente dal fattore di von Willebrand (von Willebrand factor, vwf) (proteina presente sia nel plasma che nella matrice extracellulare del sub-endotelio vascolare), il quale permette e favorisce sia l adesione che la resistenza nei confronti delle turbolente correnti di flusso ematico. Inoltre, la presenza dei recettori sulla membrana piastrinica favorisce l adesione delle piastrine stesse al collagene sub-endoteliale. I processi di attivazione e aggregazione piastrinica iniziano dopo la loro adesione e vengono favoriti, a loro volta, da diversi mediatori: plasmatici umorali (adrenalina, trombina ecc.); piastrinici, rilasciati dalle piastrine stesse LESIONE ENDOTELIALE - Endothelium-deried contractin factors - Endoteline Attività vasocostringente Fig. 1.2 Schema emostasi primaria. PIASTRINE ATTIVATE - ADP - Serotonina - Trombossano A2

10 NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI 2 dopo la propria attivazione (ADP, serotonina ecc.); della matrice extracellulare vasale (collagene, so il rilascio del fattore attivante le piastrine (platelet activating factor, PAF). vwf ecc.). Coagulazione (emostasi secondaria) Dopo la fase di attivazione, le piastrine secernono sostanze contenute al loro interno che amplificano l aggregazione e inibiscono la fisiologica attività anticoagulante. L aggregazione piastrino-piastrinica richiama, a sua volta, ulteriori cellule piastriniche dal torrente circolatorio, favorendo la formazione del trombo che viene stabilizzato da una sorta di rete di fibrina. Sulla superficie piastrinica è presente la glicoproteina IIb/ IIIa che viene attivata a seguito dell attivazione piastrinica, rendendola così in grado di legarsi al fibrinogeno e al vwf. Questo rappresenta un passo fondamentale per una rapida formazione di una fitta rete di ponti intercellulari di fibrinogeno portando alla formazione del tappo emostatico detto anche trombo bianco (Fig. 1.3), alla quale partecipano anche leucociti e mastociti attraver- TAPPO EMOSTATICO O TROMBO BIANCO Leucociti Mastociti Fattore di attivazione piastrinica (PAF) PIASTRINE ATTIVATE + Fattore di von Willwbrand ADESIONE + AGGREGAZIONE Fig. 1.3 Schema formazione trombo bianco. L emostasi secondaria avviene mediante un complicato processo che, attivato per via intrinseca o estrinseca, porta infine alla formazione di fibrina. Fino a non molto tempo fa, la cascata degli eventi che porta alla coagulazione veniva scissa in due vie ben distinte tra loro: la via estrinseca (oppure detta del fattore tissutale) e la via intrinseca (chiamata anche dell attivazione da contatto), riassunte e schematizzate nella figura 1.1. Infatti, a oggi è noto che la via coagulativa pur iniziando dall esposizione e attivazione del TF attraverso la classica via estrinseca, viene completata e amplificata dalla stessa via intrinseca. I fattori della coagulazione rappresentano proteine plasmatiche che circolano nel torrente ematico in forma inattiva e dalla cui attivazione a cascata si arriva al coagulo. La reazione coagulativa, inizia con l esposizione del fattore tissutale (tissue factor, TF), presente sulla superficie di cellule muscolari lisce e fibroblasti, esposti al torrente circolatorio dal danno vasale. Il legame tra il TF e il fattore VIIa, forma un complesso in grado di attivare il fattore X in Xa (il quale può essere attivato anche dal fattore IXa, grazie alla funzione del cofattore VIIIa). Il fattore Xa possiede un attività diretta nella conversione della protrombina in trombina, grazie alla presenza del cofattore Va (prodotto dalla proteolisi del fattore V regolata dalla trombina stessa come una sorta di feedback). La trombina è un enzima che permette la conversione del fibrinogeno in fibrina (matrice insolubile nel plasma) che viene a essere stabilizzata da legami favoriti grazie al fattore XIIIa (definito appunto, fattore stabilizzante la fibrina) derivato dall attivazione del fattore XIII sempre a opera della trombina stessa (Tab. 1-I).

11 1 Fisiologia dell emostasi e della coagulazione Tab. 1-I Principali fattori della cascata coagulativa. Proteina Struttura Azione Fattore XII o di Hageman Fattore XI Pre-callicreina Chininogeno ad alto peso molecolare Fattore IX Fattore X Fattore tissutale Protrombina 5 Fattore V Glicoproteina a sintesi epatica, costituita da una singola catena polipeptidica con un peso molecolare di circa D. Glicoproteina plasmatica con un peso molecolare di circa D, costituita da due catene polipeptidiche legate insieme da ponti disolfuro. Polipeptide con peso molecolare di circa D costituito da una singola catene polipeptidica, che circola nel plasma legata all HMWK. Proteina plasmatica con un peso molecolare di D; polipeptide a catena singola. Polipeptide di 415 aminoacidi, a catena singola, di peso molecolare D. Glicoproteina con un peso molecolare di D con due catene aminoacidiche, una catena pesante e una leggera, tenute insieme da legami disolfuro. È una lipoproteina che si trova ubiquitariamente presente in tutti i tessuti Glicoproteina a catena singola con un peso molecolare di circa D. Proteina plasmatica; peso molecolare pari a D. In seguito al suo assorbimento sulla superficie estranea, va incontro a modificazioni conformazionali che espongono i siti attivi e ne determinano l attività enzimatica. Il fattore XII attivato (XIIa) agisce sulla pre-callicreina trasformandola in callicreina, che a sua volta attiva altro fattore XII, amplificando l effetto del contatto iniziale. Il fattore XIIa agisce sul fattore XI in presenza di chininogeno ad alto peso molecolare (HMWK), producendo il fattore XI attivato (XIa). Il fattore XIa agisce nell attivazione del fattore IX. Complesso adsorbito sulla superficie assieme al fattore XII: è convertita in callicreina mediante una reazione nella quale il fattore XIIa scinde la catene della pre-callicreina formando una catena pesante e una catena leggera, che porta il sito attivo. Agisce come cofattore per la pre-callicreina e per il fattore XII. Sintetizzato dal fegato: per la produzione della proteina biologicamente attiva è necessaria la vitamina K. Nel processo di coagulazione la catena inattiva del fattore IX viene scissa, in due tappe proteolitiche, dal fattore XIa in presenza di ioni calcio, producendo la forma attivata, costituita da due catene (fattore IXa). Agisce nell attivazione del fattore X. Sintetizzata nel fegato: durante il processo di attivazione, un peptide della catena pesante viene scisso, rilasciando un piccolo frammento e smascherando il sito attivo contenente la serina situato nella catena pesante. Il fattore Xa così determinato agisce poi sulla trombina producendo l enzima attivo trombina. Proteina di membrana presente in numerosi compartimenti anatomici con diverse funzioni come: inizio della cascata della coagulazione, mediatore intracellulare fondamentale nei processi di angiogenesi durante la formazione e accrescimento dei tumori e delle metastasi 3. Durante la formazione del trombo, le piastrine attivate esprimono delle P selectine; queste molecole di adesione si legano alle micro particelle che esprimono i contro recettori per le P selectine permettendo in tal modo al trombo di catturare le micro particelle che rilasceranno il fattore tissutale. Il fattore tissutale può esistere in una forma latente (o criptica ) 4 senza attività pro coagulante, o in una forma attiva che inizia la cascata della coagulazione. Sintetizzata dal fegato: nel processo di trasformazione della protrombina in trombina, due legami peptidici della molecola della protrombina vengono scissi dal fattore Xa, con il conseguente rilascio di trombina. Affinché questa reazione avvenga in condizioni ottimali è necessaria la presenza del fattore V (proaccelerina), di fosfolipidi e di ioni calcio. Sintetizzata dal fegato: agisce da cofattore in diversi processi della coagulazione. 3 (Continua)

12 NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI 4 (segue) Tab. 1-I Principali fattori della cascata coagulativa. Proteina Struttura Azione Fibrinogeno (Fig. 1.4) Proteina plasmatica con un peso molecolare di circa D. È costituita da un dimero, ciascuna metà del dimero è composta da tre catene polipeptidiche diverse, chiamate Aα, Bβ e γ. Le catene polipeptidiche sono tenute assieme da ponti disolfuro, come pure lo sono le due metà del dimero. Sintetizzata dal fegato. La conversione del fibrinogeno in un coagulo stabile di fibrina avviene in tre fasi: la trombina agisce sulle catene Aα, Bβ, rilasciando rispettivamente due fibrinopeptidi A e due fibrinopeptidi B. Si pensa che questi fibrinopeptidi proteggano specifici siti di polimerizzazione sulle molecole originali, e che la loro rimozione consenta alle parti rimanenti delle molecole di aggregarsi spontaneamente, disponendosi una accanto all altra a formare polimeri di fibrina 6 ; fase della reazione che comporta la formazione di legami covalenti tra i polimeri di fibrina e necessita del fattore XIII; in seguito all attivazione da parte della trombina, il fattore XIII catalizza la formazione di ponti di γ-glutamil-lisina tra le catene vicine delle molecole di fibrina. In tal modo il coagulo di fibrina è reso più stabile. Fibrinogeno Catena β - Catena α - Catena β - Catena α Scissione della trombina Fig. 1.4 Fibrinogeno e fibrina. Modificata da: Putnam FW. The Plasma Proteins, 2 nd ed. New York: Academic Press; p Dominio D Dominio D Catena γ Catena γ Fibrina Fibrinopeptide A Dominio E Fibrinopeptide B Scissione della plasmina Scissione della plasmina Scissione della plasmina Scissione della plasmina Inibitori plasmatici della coagulazione dai cofattori eparinici e dal sistema della proteina C e della proteina S. Al fine di limitare il processo emocoagulativo sono indispensabili dei sistemi di controregolazione che permettano una sua modulazione mediante inibizione. In particolare questo ruolo viene svolto Cofattori eparinici L eparina, escreta prevalentemente dalle mastocellule a livello endoteliale, necessita, per l espletamento della sua azione anticoa-

13 1 Fisiologia dell emostasi e della coagulazione gulante, dell intervento di alcuni cofattori eparinici, principalmente il cofattore I (antitrombina III) e il cofattore II. L antitrombina III è un α2-glicoproteina di peso molecolare di circa D, sintetizzata in sede epatica; essa si lega all eparina a livello di un pentasaccaride eparinico costituito da una sequenza di 5 unità alternate di glucosamina e acido L-iduronico, formando un complesso stabile e inattivo, mentre, staccandosi da questo complesso, si renderebbe di nuovo disponibile per la sua azione anticoagulante. Il cofattore eparinico II è invece una glicoproteina di D che, al contrario dell ATIII, inibisce specificamente e solamente la trombina. Sistema della proteina C e della proteina S La proteina C è una glicoproteina a doppia catena, sintetizzata dal fegato e vitamina K dipendente, di peso molecolare di circa D. La trombomodulina, una glicoproteina posta in posizione transmembranica sulle cellule endoteliali, in presenza di ioni calcio forma con la trombina un complesso in grado di attivare la proteina C. La proteina S, una glicoproteina a catena singola di peso molecolare di circa D, anch essa a sintesi epatica oltre che dall endotelio e dei megacariociti midollari e dipendente dalla vitamina K, circola nel plasma in parte libera e in parte legata a una bindingprotein, funzionando da cofattore della proteina C attivata 7. Il complesso proteina C attivata-proteina S degrada i fattori V e VIII attivati legati ai fosfolipidi in presenza di ioni calcio sulle membrane cellulari endoteliali e piastriniche. Il deficit di proteina C o di proteina S, determinando una mancata inattivazione dei fattori V e VIII attivati, rappresenta un importante fattore di rischio per trombosi venosa. La mutazione del gene del fattore V produce un fattore V mutato (fattore V Leiden), che induce uno stato di resistenza alla proteina C attivata, responsabile di molti casi di trombosi venosa giovanile. Le piastrine nel processo emostatico Le piastrine, piccole cellule anucleate derivanti dai megacariociti, sono caratterizzate dalla presenza di numerosi granuli subcellulari (granuli α e corpi densi), di un complesso sistema di microtubuli e filamenti, e di mitocondri. I corpi densi contengono adenosin difosfato (ADP), adenosin trifosfato (adenosine triphosphate, ATP), 5-HT e ioni calcio. I granuli α contengono invece fibrinogeno, trombo globulina β, il fattore von Willebrand (vwf), il fattore piastrinico 4 (platelet factor 4, PF4) e altre sostanze. Le piastrine contengono anche le proteine contrattili actina e miosina, indispensabili nel determinare le modificazioni morfologiche che avvengono durante i processi di adesione e di aggregazione. Sulla superficie della membrana le piastrine portano numerose glicoproteine che agiscono come recettori del fibrinogeno e del fattore di von Willebrand. Quando un vaso subisce un danno, l esposizione delle strutture sottoendoteliali determina l attivazione delle piastrine che iniziano ad aderire al sito di adesione. In questo processo gioca un ruolo determinante la presenza del fattore di von Willebrand; esso infatti consente alle piastrine di aderire sia alle strutture sottoendoteliali esposte sia tra di loro, formando così un tappo emostatico (Fig. 1.5). Il fattore von Willebrand si lega prima di tutto alle strutture sottoendoteliali, subendo alcune modificazioni conformazionali che gli consentono di reagire con le glicoproteine di membrana delle piastrine e di costituire un 5

14 NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI 6 Attivazione piastrinica Piastrine FVa attivate FIIa FXa FIXa FVIIIa Piastrina Piastrine FVa FVIIIa FXa attivate FIIa FIIa FXa FX FIXa FVIIIa FVIII Coagulazione FIIa FIIa FIIa Trombina FIXa FVII FII FIIa FIIa FXa FVa FX FIX Trombina FVa FXa Fibrina Cellule endoteliali TF FVIIa Aggregazione piastrinica FII Trombi piastrinici Fig. 1.5 Attivazione piastrinica. Cellule muscolari lisce ponte tra l endotelio e le piastrine e tra le piastrine stesse. Dopo la fase di adesione, le piastrine vanno incontro a complesse modificazioni (Fig. 1.6) biochimiche e fisiche che producono importanti effetti sulle piastrine circostanti. La più importante è rappresentata dalla reazione di rilascio, che comporta il cata- bolismo dell ATP a opera della ATPasi, e il rilascio di ADP, 5-HT e altre amine, trombossano A2 e PF3. In particolare l ADP e il trombossano A2 sono composti estremamente potenti nel provocare l aggregazione piastrinica e nel favorire una ulteriore adesione piastrinica. In seguito a questo stadio di adesione e di coesione le piastrine iniziano a perdere le loro membrane di superficie e si fondono, dando origine a una massa amorfa e ialina; contemporaneamente comincia ad apparire un reticolo di fibrina che, come già detto, completa la formazione di un tappo emostatico fortemente compatto e aderente al vaso danneggiato. Ruolo del laboratorio nella terapia anticoagulante orale tradizionale 8, 9 Fig. 1.6 Piastrine attivate, viste al microscopio elettronico. L esperienza clinica quotidiana si avvale in modo molto proficuo delle metodiche di laboratorio che si sono sviluppate negli anni e che consentono di parametrare e monitorizzare il processo della coagulazione. Di seguito si riportano brevi cenni sulle principali metodiche a disposizione.

15 1 Fisiologia dell emostasi e della coagulazione Tempo di tromboplastina parziale (PTT) Modalità di esecuzione. Viene eseguito su un campione di sangue mescolato con citrato; il plasma viene separato e posto in una provetta in cui vengono aggiunti calcio, agenti attivanti come il caolino (che produce un attivazione da contatto ottimale) e un emulsione di fosfolipidi (sostituti piastrinici). Il tempo impiegato per la formazione del coagulo in queste condizioni rappresenta il tempo di tromboplastina parziale attivato (activated partial thromboplastin time, aptt), che varia normalmente tra i 28 e i 40 secondi. L aptt valuta l efficacia della via intrinseca e della via comune della coagulazione. Indicazione clinica. Monitoraggio del processo della coagulazione nei pazienti che sono in terapia con eparina non frazionata. Tempo di protrombina (PT o tempo di Quick) Modalità di esecuzione. Necessita di tromboplastina tissutale e calcio come reagenti. Questi due reagenti, quando vengono aggiunti al plasma citrato, sono in grado, da soli, di attivare direttamente il fattore X attraverso la via estrinseca. I reagenti sono standardizzati in modo da permettere, nel plasma normale, la formazione di un coagulo solido di fibrina in un tempo compreso tra 11 e 13 secondi. Dato che i valori di PT dipendono dal tipo di reagente utilizzato e sono pertanto soggetti ad ampie variazioni tra laboratorio e laboratorio, il suo valore è stato standardizzato secondo il metodo INR (international normalized ratio), che mette in relazione la preparazione tromboplastinica utilizzata dallo specifico laboratorio con un reattivo standard. Indicazione clinica. La più comune applicazione del valore di INR è nella standar- dizzazione degli effetti della terapia anticoagulante orale con inibitori della vitamina K. Tempo di trombina. Misura il tempo richiesto per la formazione del coagulo di fibrina in un campione di plasma citrato dopo l aggiunta di una quantità definita di trombina e di calcio. Il test valuta quindi l interazione trombina-fibrinogeno, in quanto il processo coagulativo osservato salta sia la via intrinseca che quella estrinseca e utilizza solo la parte terminale della via comune. Generalmente i valori normali sono compresi tra 10 e 15 secondi. Indicazione clinica. Il tempo di trombina risulta aumentato nei casi in cui vi sia un deficit di fibrinogeno o in cui siano presenti in circolo anticoagulanti attivi, come l eparina, in grado di interferire con l attività della trombina. Inoltre, il tempo di trombina può essere utilizzato per valutare l attivazione della via fibrinolitica; infatti, l attivazione della fibrinolisi porta alla formazione di plasmina, un enzima che idrolizza le molecole di fibrinogeno e di fibrina; in seguito a ciò il fibrinogeno plasmatico può essere diminuito oppure può accadere che l interazione trombina-fibrinogeno venga inibita, per competizione, dalla presenza nel plasma dei prodotti di degradazione di fibrina e fibrinogeno, con conseguente prolungamento del tempo di trombina. Ruolo del laboratorio nei pazienti in terapia con nuovi anticoagulanti orali 10 Nei pazienti in terapia con nuovi anticoagulanti orali (NAO), il monitoraggio di laboratorio non è generalmente necessario. Fanno tuttavia eccezioni alcune condizioni, dettagliate come segue: i pazienti che si presentino in emergenza con eventi trombotici o emorragici e senza chiare indicazioni in merito alla terapia. 7

16 NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI 8 In queste circostanze, può essere utile conoscere la tipologia del NAO assunto, e il dosaggio ematico attuale; la necessità di antagonizzare rapidamente l effetto anticoagulante del farmaco; la necessità di sottoporre pazienti in terapia con NAO a interventi invasivi; i pazienti con insufficienza renale o epatica, in cui il metabolismo dei NAO può essere alterato; l interazione con altri farmaci che possono di INR che è invece tradizionalmente usata per il monitoraggio degli antagonisti della vitamina K. I risultati di entrambi i test possono anche essere espressi in termini di concentrazione del farmaco mediante interpolazione del tempo di coagulazione o dell assorbanza del campione in esame su una curva di calibrazione definita localmente utilizzando plasma calibranti contenenti rivaroxaban. ridurre o potenziare l effetto dei NAO; i pazienti con estremi di peso (eccessiva Bibliografia magrezza o obesità). Farmaci e test Dabigratan Viene raccomandata l esecuzione del tempo di trombina diluito (diluted thrombin time, dtt), del tempo di ecarina (ecaring clotting time, ECT) o del tempo di trombina (thrombin clotting time, TCT). I risultati dei suddetti test devono essere espressi in termini di rapporto (paziente su normale), o come concentrazione del farmaco mediante interpolazione del tempo di coagulazione del campione in esame su una curva di calibrazione definita localmente utilizzando plasma calibranti contenti dabigratran. Rivaroxaban Si raccomanda l esecuzione dell attività anti-fxa o del tempo di protrombina (prothrombin time, PT). Il primo test risulterebbe più sensibile a basse concentrazioni di rivaroxaban, mentre il secondo, a oggi, è più accessibile a tutti i laboratori clinici. I risultati del PT devono essere espressi in termini di rapporto (paziente su normale), mentre è sconsigliata l espressione in termini 1. Colman RW, et al. Hemostasis and Thrombosis: Basic Principles and Clinical Practice, ed.3. Philadelphia: JB Lippincott; Butenas S, van t Veer C, Cawthern K, et al. Models of Blood Coagulation, Blood Coagulation & Fibrinolysis. 2000;11: S9-S Furie B, Furie BC. Mechanisms of thrombus formation. N Engl J Med 2008;359: Giesen PL, Rauch U, Bohrmann B, et al. Blood-borne tissue factor: another view of thrombosis. Proc Natl Acad Sci U S A 1999;96: Bloom AL. Physiology of blood coagulation. Haemostasis 1990;20(Suppl. 1): Mosesson MW. Fibrinogen and fibrin structure and function. J Thromb Haemast 2005; 3(8): Manzato F, Lippi G, Franchini M, et al. Fisiopatologia della coagulazione: nuove acquisizioni, biochimica clinica, 2004;28(4). 8. Sacher RA, McPherson RA. Widmann s Clinical Interpretation of Laboratory Tests. McGraw-Hill, 11 th edition. 9. Bombeli T, Spahn DR. Updates in perioperative coagulation: physiology and management of thromboembolism and haemorrhage. Br J Anaesth 2004;93(2): Testa S, Antonucci G, Martini G, et al. Il ruolo del laboratorio nel monitoraggio delle nuove terapie antitrombotiche. RIMeL/ IJLaM 2005;1(Suppl.).

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