Il divario tra consumo e produzione di carne in Italia negli anni Sessanta: alcune evidenze statistiche 1 di Carmine Maiello

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1 Il divario tra consumo e produzione di carne in Italia negli anni Sessanta: alcune evidenze statistiche 1 di Carmine Maiello L'entrata massiccia della carne, in particolare di quella bovina, nella dieta degli Italiani, eá una delle manifestazioni piuá note del miglioramento del tenore di vita conseguente al miracolo economico. Proprio negli anni Sessanta, le mutate abitudini alimentari hanno determinato in Italia un forte divario tra domanda e produzione di carne, che la zootecnia nazionale non eá stata in grado di fronteggiare nel breve periodo; tale divario, infatti, ha imposto reali modifiche alle strutture produttive che, tra l'altro, si sono in qualche modo scontrate, oltre che con la crescita tumultuosa della domanda di cui s'eá detto, con l'evoluzione del rapporto tra l'agricoltura italiana nel suo complesso e quella dei partners europei, nel quadro di una non sempre agevole partecipazione del nostro paese alla politica agricola comunitaria. Sicche appare chiaro come l'analisi dei consumi debba essere la premessa necessaria di uno studio dell'evoluzione del settore zootecnico e del contributo di tale settore alla bilancia agro-alimentare. In particolare cioá eá opportuno quando si voglia comprendere in che misura la produzione si sia adeguata alla crescita dei consumi, e quanto questo eventuale allineamento sia derivato dalle trasformazioni delle strutture produttive. A tal fine, nella Tav. 1 abbiamo riportato le variazioni del comportamento del consumatore, analizzate in un periodo di tempo che va dal 1960 al Dall'analisi dei dati si evince che in questi dieci anni, decisivi per la trasformazione della societaá italiana, il reddito pro-capite eá aumentato di circa il 60 per cento, passando dalle lire del 1960 alle del 1970; anche la spesa pro-capite per generi alimentari e bevande ha subito un aumento per- 1 I dati e le osservazioni contenuti in questa breve nota devono considerarsi come una premessa ad un piuá ampio e approfondito studio delle trasformazioni strutturali della zootecnia italiana negli ultimi trent'anni. 49

2 centualmente analogo (55 per cento), passando dalle lire del 1960 alle del 1970; molto piuá marcato eá stato l'aumento della spesa pro-capite per carne e pesce, che eá passata dalle lire dal 1960 (22,7 per cento della spesa pro-capite per generi alimentari) alle del 1970 (30 per cento della spesa per generi alimentari), con un aumento del 103 per cento. Tav. 1 - Consumi degli italiani negli anni 1961, 1965 e 1970 (valori in lire del 1963) Reddito pro-capite Spesa pro-capite per generi alimentari e bevande Spesa pro-capite per carne e pesce Consumi pro-capite di carne bovina (in kg) 14 17,3 24,8 Consumi pro-capite di carne suina (in kg) 6,4 7,8 10,7 Consumi pro-capite di carne ovina e caprina (in kg) 0,8 0,8 1,1 Consumi pro-capite del totale delle carni (in kg) 22,1 26,7 37,5 Consumi pro-capite di latte (in litri) 61,6 63,4 66,8 Consumi pro-capite di formaggi (in kg) 9 8,5 10,6 Consumi pro-capite di calorie Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT, Annuario di contabilitaá nazionale, nelle annate indicate nel titolo. Complessivamente, il consumo pro-capite di carne eá passato dai 22,1 kg del 1960 ai 37,5 kg del 1970, con un incremento di circa il 70 per cento. Naturalmente nel consumo pro-capite sono comprese sia le carni non lavorate che quelle sottoposte a processi di lavorazione industriale, ad esempio salumi o carni in scatola. I contributi che danno i diversi tipi di carne sono, tuttavia, diversi. La carne bovina eá quella che presenta l'aumento maggiore (77 per cento) ed eá anche quella che, percentualmente, eá piuá consumata, rappresentando il 66 per cento del consumo di carne nel 1970; anche la carne suina presenta un buon aumento (67 per cento), ma il suo peso sul totale della carne consumata eá minore di quello della carne bovina (20 per cento del totale); le carni ovine e caprine fanno registrare un incremento minore (37 per cento), che comunque non incide piuá di tanto sull'aumento totale, essendo il loro peso percentuale piuttosto ridotto: nel 1970, infatti, i consumi di carni ovine e caprine rappresentavano appena il 3 per cento del totale; la carne equina, infine, non presenta variazioni di rilievo. Per quanto riguardai consumi a livello macroeconomico possiamo far riferimento alla Tav. 2 nella quale sono riportati i valori assoluti (in miliardi di lire del 1963) e le percentuali dei consumi di generi alimentari, delle carni e del latte. Da questi dati si evince che dal 1960 al 1970 c'eá stato un incremento dei 50

3 consumi alimentari del 53 per cento; le carni hanno subito un incremento molto maggiore (92 per cento) rispetto al totale dei consumi alimentari e cioá ha causato anche un incremento della percentuale delle carni sul totale dei consumi alimentari e delle bevande, dal 21 per cento del 1961 al 27 per cento del 1970, il che fa emergere una correlazione positiva tra incremento del reddito e propensione al consumo di carne. Tav. 2 - Valori assoluti e percentuali dei consumi degli italiani relativi a generi alimentari e bevande, alle carni e al latte (in miliardi di lire del 1963) Generi alimentari e bevande Carni , Carni fresche e refrigerate Carni lavorate, conservate, estratti Latte Quota percentuale della carne su generi alimentari e bevande Quota percentuale del latte su generi alimentari e bevande 4 3,5 3,1 Quota percentuale delle carni fresche e refrigerate su totale delle carni Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT, Annuario di contabilitaá nazionale, nelle annate indicate. Al contrario, per quanto riguarda il latte, questa correlazione positiva con l'aumento del reddito disponibile sembra non essere verificata:al di laá di un incremento abbastanza modesto (solo il 25 per cento nel decennio), in questo periodo eá addirittura diminuito il suo peso percentuale sul totale dei consumi di generi alimentari e bevande, e cioá percheâ il latte, alimento indispensabile in certe etaá della vita, tende a presentare una curva piuttosto rigida rispetto al reddito, nel senso che, se a bassi livelli di reddito si consuma comunque una quantitaá di latte che puoá essere considerata alta rispetto al livello del reddito, al suo crescere di livello tale consumo tende a crescere in misura inferiore, e, al di laá di una certa soglia di reddito, a rimanere costante, rappresentando una piccola parte della spesa alimentare per livelli di reddito abbastanza lontani dalla mera sussistenza. Nella tabella in esame le carni sono state suddivise in due gruppi: carni fresche, refrigerate, ecc., e carni lavorate, conservate ed estratti. Le prime sono quelle carni che non subiscono trattamenti di tipo industriale rivolti ad una loro trasformazione, ma sono direttamente consumate, mentre le seconde sono quelle carni che subiscono dei trattamenti di tipo industriale che le trasformano in altri prodotti, in particolare differenti dalla carne fresca per la diversa conservabilitaá. Ebbene nel periodo considerato entrambi i tipi di carne subi- 51

4 scono un aumento in linea con l'aumento della carne nel suo complesso (93 per cento le carni fresche, 89 per cento le carni lavorate) per cui non cambia nemmeno il loro peso relativo sul totale delle carni (80 per cento le carni fresche, 20 per cento le carni lavorate). Fin qui ci siamo occupati del consumo, cioeá della domanda; vediamo ora il comportamento dell'offerta, ossia innanzitutto della produzione nazionale. Le Tavv. 3 e 4 riportano le variazioni assolute e percentuali della produzione lorda vendibile dell'agricoltura, delle coltivazioni, degli allevamenti e dei prodotti zootecnici, calcolati a prezzi costanti del 1963, noncheâ le variazioni dei pesi percentuali dei diversi componenti sulla PLV complessiva. Tav. 3 - Andamento della P.L.V. dell'agricoltura, delle coltivazioni, degli allevamenti e delle carni dal 1961 al 1970 (in miliardi di lire del 1963) P.L.V.agricoltura 4.182, , , , , , , Coltivaz. agricole , , , , , , ,7 Allevamenti 1.153, , , , , , , , , ,3 Prodotti zootecnici alimentari 1.537, , , , , , , , , ,9 Carni 907,6 944,9 937, , , , , , , ,2 Carni bovine 399,6 396,4 343,1 380,1 385,2 462, ,7 504,4 482,5 Carni equine 8,6 8,4 7,6 7,4 7,4 5,9 6,2 7,1 6,6 6,8 Carni suine 206, ,9 253,6 238,2 223,4 250,6 301,3 307,6 284,5 Carni ovine e caprine 26,1 28,8 26,8 28,5 24,5 27, ,1 26,1 25,3 Latte 446,2 442,2 401,8 407,1 448,6 486, ,8 472,5 477,2 Dall'analisi dei dati esposti nelle suddette tabelle si evince che gli allevamenti hanno non solo ottenuto l'incremento maggiore, 42 per cento nel decennio, contro il 26 per cento delle coltivazioni agricole e il 32 per cento della PLV dell'agricoltura, ma hanno anche aumentato il loro peso relativo nella PLV totale, passando dal 37 per cento del 1961 al 40 per cento del Per quanto riguarda l'evoluzione delle componenti degli allevamenti, i prodotti zootecnici alimentari, che rappresentano la quasi totalitaá dei prodotti degli allevamenti con il 99 per cento nel 1961 che, addirittura, diventa il 99,5 per cento nel 1970, mostrano un incremento identico a quello degli allevamenti: 18 per cento nel 1965 e 43 per cento nel I prodotti zootecnici alimentari sono costituiti soprattutto da carni e da latte; questi due alimenti presentano entrambi degli incrementi, ma di diversa entitaá. Le carni presentano l'incremento maggiore, 26 per cento nel 1965 e 58 per cento nel 1970, e modificano anche il loro peso relativo all'interno dei prodotti zootecnici alimentari, dal 59 per cento del 1961 al 65 per cento del 1970; il latte presenta 52

5 degli incrementi molto modesti, 1 per cento nel 1965 e 7 per cento nel 1970, che ridimensionano il suo peso relativo sul totale dei prodotti agricoli alimentari dal 29 per cento del 1961 al 22 per cento del Tav. 4 - Valori percentuali e numeri indici della P.L.V. dell'agricoltura, degli allevamenti e delle carni nel 1961, nel 1965 e nel 1970 (base 1961=100) P.L.V. dell'agricoltura P.L.V. delle coltivazioni agricole P.L.V. degli allevamenti P.L.V. dei prodotti zootecnicialimentari P.L.V. delle carni P.L.V. delle carni bovine P.L.V. delle carni equine P.L.V. delle carni suine P.L.V. delle carni ovine e caprine P.L.V. del latte Rapporto percentuale tra coltivazioni agricole e agricoltura Rapporto percentuale tra allevamenti e agricoltura Rapporto percentuale tra prodotti zootecnici alimentari e allevamenti 99 99,3 99,5 Rapporto percentuale tra carni e prodotti zootecnici alimentari Rapporto percentuale tra latte e prodotti zootecnici alimentari Confrontiamo adesso l'evoluzione del consumo e della produzione del totale delle carni, servendoci della Tav. 5, che riporta i valori della carne, espressi in migliaia di quintali, distinti per fonte (produzioni, importazioni e valori totali) ed impieghi (consumi alimentari ed esportazioni); per ogni voce sono indicati, oltre ai valori assoluti, i numeri indici. Dai dati esposti si evince che, di fronte a un aumento dei consumi dell'80 per cento, la produzione eá aumentata soltanto del 34 per cento; anzi nel 1963 essa eá addirittura diminuita, di quintali, di fronte a un incremento dei consumi di quintali. Negli anni successivi la produzione di carne eá comunque sempre aumentata, ma a un tasso costantemente inferiore rispetto ai consumi. Tutto cioá ha ampliato sempre di piuá il divario tra produzione e consumo di carne, determinando un forte aumento delle importazioni, che, in dieci anni, sono quintuplicate (+ 406 per cento). Per la veritaá, anche le esportazioni hanno registrato un incremento del 141 per cento, ma il loro valore assoluto eá rimasto costantemente piuá basso di quello delle importazioni, tanto che nel 1970 esse ammontavano ad appena il 3 per cento del valore delle importazioni. La gravitaá del deficit del settore delle carni eá confermata dai dati della colonna 53

6 relativa al saldo commerciale, sempre negativo e aumentato del 423 per cento nel decennio. In quanto al rapporto tra saldo commerciale e consumi, si noti che gli anni peggiori sono stati il 1963 e il 1967, quando il deficit ha raggiunto una misura pari al 36 per cento del totale dei consumi di carne: in pratica, su 10 kg di carne consumata in Italia, 3,6 kg derivavano da importazioni nette. Complessivamente si puoá osservare che il rapporto percentuale tra saldo commerciale e consumi parte, nel 1961, da un dato tutto sommato accettabile (12 per cento), ma giaá nel 1963 sale a un livello piuttosto elevato (36 per cento) che Tav. 5 - Bilancio alimentare del totale delle carni dal 1961 al 1970, e relativi numeri indici (in migliaia di quintali, base 1961=100) Anno Prod. Impor Totale Consumi alim. non riesce piuá a diminuire in maniera sostanziosa. Nell'ultima colonna della Tav. 5 sono riportati i dati relativi al saldo normalizzato, che eá dato dal rapporto tra il saldo commerciale e il volume del commercio [Sn=(E-I)/(E+I)]. Il valore di questo indice puoá variare tra ±1 e +1: nel primo caso avremmo una totale assenza di importazioni, in quanto con E=0 avremmo Sn=±1; nel secondo caso avremmo una totale assenza di importazioni, in quanto con I=0 avremmo Sn=E/E; nel caso in cui l'indice presentasse un valore pari a zero risulterebbe un commercio con l'estero in pareggio. Tale indice segnala il vantaggio comparato o la specializzazione commerciale di un paese in un dato settore: quanto piuá esso si avvicina a +1 tanto piuá il paese in esame gode di un vantaggio comparato ed eá specializzato in quel settore; viceversa, quanto piuá tale indice si avvicina a ±1 tanto piuá il paese ha una sorta di svantaggio comparato in quel settore e mostra di essere non specializzato nel commercio internazionale di quel settore economico. Esportazioni comm. Rapporto % saldo/cons. normalizzato , , , , , , , , , ,94 54

7 Nel caso in esame, il saldo normalizzato relativo al settore delle carni mostra dei valori che sono molto vicini a ±1: variano infatti da ±0,88 a ±0,97, per cui l'italia presenta una chiara situazione di svantaggio comparato e di scarsissima specializzazione. Passiamo adesso ad analizzare la situazione per le varie carni, con esclusione della carne equina. La carne bovina eá il tipo di carne che viene consumato di piuá: si noti come il consumo di carne bovina rappresenti da solo piuá della metaá del consumo totale di carne, ed anzi nel periodo in esame esso tende ad aumentare il suo Tav. 6 - Bilancio alimentare della carne bovina dal 1961 al 1970 (in migliaia di quintali; base 1961=100) Anno Prod. Impor Totale Consumi alim. Esportazioni comm. Rapporto % saldo/cons. normalizzato , , , , ,96 peso relativo (63 per cento nel 1961, 65 per cento nel 1965, 66 per cento nel 1970). I consumi di carne bovina (Tav. 6) subiscono un incremento che eá di poco superiore all'incremento subito dai consumi del totale delle carni, 88 per cento contro 80, ma l'aumento della produzione non eá certamente all'altezza dell'incremento subito dai consumi, anzi eá addirittura inferiore all'incremento della produzione del totale delle carni (31 per cento contro 34 per cento); cioá causa, evidentemente, una forte crescita delle importazioni. Tale crescita, per la veritaá, in termini relativi appare in linea con l'incremento delle importazioni di tutte le carni (405 per cento), ma in valore assoluto essa eá molto piuá marcata, in quanto le importazioni di carne bovina rappresentano la percentuale maggiore nel totale della carne importata, ossia il 75 per cento nel 1961, l'84 per cento nel 1965 e il 74 per cento nel Anche per quanto riguarda il deficit delle carni bovine bisogna fare lo 55

8 stesso discorso; nella sua evoluzione temporale esso presenta dei valori che sono in linea con l'andamento del deficit totale delle carni (+ 397 per cento), ma questo incremento pesa molto sull'incremento totale del deficit percheâ il peso relativo del deficit delle carni bovine sul deficit totale eá molto elevato, 80 per cento nel 1961, 86 per cento nel 1965, 75 per cento nel Appare evidente, da questi primi dati, che eá proprio nel comparto delle carni bovine che bisogna ricercare le cause principali del deficit del settore nel suo complesso. Non eá una sorpresa che il saldo commerciale sul totale dei consumi Tav. 7 - Bilancio alimentare della carne suina dal 1961 al 1970 (in migliaia di quintali; base 1961=100) Anno Prod. Impor Totale Consumi alim. tocchi livelli altissimi: 44 per cento nel 1963, 42 per cento nel 1964 e nel 1967, 40 per cento nel Anche il saldo normalizzato denota una tendenza allo svantaggio comparato nel comparto delle carni bovine maggiore di quella del totale delle carni: fino al 1965 esso eá pari a ±1, dal 1966 in poi si nota una leggera diminuzione. E Á chiaro che si eá in presenza di una manifesta incapacitaá dell'offerta ad adeguarsi alla domanda. Di quest'ultima abbiamo giaá detto che eá aumentata nel decennio in dipendenza dell'incremento del reddito pro-capite; come si eá comportata l'offerta? Osserviamo che la produzione di carne bovina dipende dal numero dei capi che ogni anno vengono macellati, noncheâ dal peso dei capi macellati. Questi possono essere nati in allevamenti nazionali, ovvero essere importati in giovane etaá ed ingrassati in allevamenti italiani. Il numero dei giovani bovini dipende dalla consistenza delle vacche, in particolare delle vacche da latte, noncheâ dal grado di feconditaá di queste. Orbene, si rileva (vedi Tav. 9) una diminuzione della vacche da latte nel decennio 1961/1970, con un decre- Esportazioni comm. Rapporto % saldo/cons. normalizzato , , , , , , , , , ,82 56

9 mento di circa capi, pari al 18,8 per cento, superiore al decremento percentuale del totale dei bovini (9,4 per cento). Dovendo verosimilmente escludere un improvviso quanto improbabile aumento del tasso di feconditaá delle vacche italiane, si eá potuto far fronte a questa diminuzione soltanto attraverso un aumento delle importazioni di bovini da ristallo, cioeá da accrescimento. Un elemento che invece ha contribuito positivamente alla produzione di carne bovina eá stato il peso morto di macellazione. Se, infatti, il numero dei Tav. 8 - Bilancio alimentare delle carni ovine e caprine dal 1961 al 1970 (in migliaia di quintali; base 1961=100) Anno Prod. Impor Totale Consumi alim. Esportazioni comm. Rapporto %saldo/ cons. normalizzato , capi macellati eá aumentato di poco tra il 1961 e il 1970 (solo del 2 per cento), ha subito un notevole aumento sia il peso morto totale (+ 21 per cento), sia il peso morto per capo, passato da 166 kg nel 1961 a 197 kg nel 1970 (vedi Tav. 11). Si deve allora concludere che uno dei motivi principali del mancato adeguamento dell'offerta di carne bovina alla domanda eá stato la riduzione del numero delle vacche fecondabili, ed in particolare delle vacche da latte. Il consumo di carne suina rappresenta poco meno di un terzo del consumo totale di carne, il 29 per cento; si tratta, quindi, di un settore di primaria importanza. Analogamente a quanto fatto per i bovini, l'analisi del bilancio alimentare delle carni suine (vedi Tav. 7) mostra uno sviluppo della produzione non adeguato allo sviluppo dei consumi (+46 per cento contro +76 per cento), anche se il divario rappresentato da queste diverse velocitaá di crescita eá minore sia rispetto ai bovini che rispetto al totale delle carni. Anche per i suini lo sviluppo dei consumi eá lineare nel tempo, mentre lo sviluppo della produzione fa registrare dei decrementi nei primi anni del decennio, dal 1962 al I dati relativi al commercio con l'estero contengono delle informazioni solo apparentemente contraddittorie. Anche se le importazioni si decuplicano, 57

10 tuttavia esse mantengono un valore assoluto piuttosto basso, per cui il saldo della bilancia commerciale, pur presentando dei valori negativi, ha un peso relativamente ridotto sul totale del saldo commerciale (16 per cento nel 1970 e 2,5 nel 1961), anche percheâ le esportazioni presentano un buon incremento, pari al 43 per cento. Tutto cioá fa sõá che la percentuale del saldo commerciale sui Tav. 9 - Variazione della consistenza del bestiame dal 1961 al 1970 (in migliaia di capi) Anno Bovini Di cui vacche Bufalini Ovini Caprini Suini Equini Totale , Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT, Annuario di statistiche zootecniche, annate varie. consumi sia una delle piuá basse, anche se presenta delle forti oscillazioni, variando tra l'1 e il 20 per cento, soprattutto a causa del non lineare incremento delle importazioni. Anche il saldo normalizzato presenta i valori piuá bassi di tutto il settore delle carni, oscillando tra ±0,16 nel 1961 a ±0,82 nel 1967 e nel 1970, per cui si puoá affermare che le carni suine sono il settore in cui l'italia presenta un indice di vantaggio comparato e di specializzazione commerciale piuá elevato, all'interno di un settore produttivo, quello delle cerni, che la vede fortemente deficitaria. C'eÁ da rilevare, peroá, che la maggior Tav Indice di variazione della macellazione dei bovini nel 1961, nel 1965 e nel 1970 (base 1961=100) Numero di capi macellati Peso morto Peso morto per capo in kg Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT, Annuario di statistiche zootecniche, annate varie. parte della domanda di carne suina proviene dall'industria di trasformazione, un po' meno del 50 per cento, il che significa che essa, almeno negli anni '60 quando ancora non si parlava di ``mucca pazza'', non era usata come bene 58

11 sostitutivo della carne bovina, e non poteva contribuire a farne diminuire il consumo. Le carni ovine e caprine rappresentavano una piccola parte del consumo di carni in Italia (4 per cento nel 1961 e 3 per cento nel 1970) per cui la loro analisi puoá essere condotta rapidamente. Dalla Tav. 8 si nota come, di fronte a un consumo di carni crescente (+46 per cento), si eá avuta addirittura una diminuzione della produzione, pari al 4 per cento, con un relativo fortissimo incremento delle importazioni (854 per cento). Questo fatto, insieme alla quasi totale assenza di esportazioni, ha provocato un peggioramento del saldo commerciale ed un aumento della quota percentuale di tale saldo sui consumi, dal 6 per cento del 1961 al 38 per cento del 1970; naturalmente anche il saldo normalizzato presenta valori altissimi. Il consumo di carne ovina e caprina non era adeguato alla loro presenza sul territorio italiano: nel decennio il numero di ovini e caprini eguaglia mediamente quello dei bovini, e cioá significa che questi animali erano allevati soprattutto per ricavarne prodotti zootecnici non alimentari, ad esempio la lana. 59

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