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1 Agosto2012;38(suppl.2): s213 Le protesi dolorose lombari Painful lumbar prosthesis Riassunto Obiettivo dello studio è stata la revisione dei fallimenti dolorosi della sostituzione protesica del disco lombare nella nostra serie di 62 casi rivisti ad un minimo di 3 anni e la ricerca delle cause di fallimento. Quattordici pazienti (22.5%) hanno presentato un dolore persistente, spesso legato a errori tecnici o a degenerazione delle faccette articolari. In 3 casi (4.8%) è stato necessario un nuovo intervento di artrodesi posteriore strumentata. Parole chiave: artroprotesi totale di disco lombare, complicazioni, chirurgia di revisione Summary The objective of the current investigation was to review the painful failures of lumbar total disc replacement (TDR) in our series of 62 cases with a minimum 3 years follow-up and to categorize the types of failures. Fourteen patients (22.5%) presented persistent back pain, often be traced to technical errors or degeneration of posterior articular facets. Three cases (4.8%) of failures were managed with posterior instrumented fusion. Key words: lumbar disc replacement, complications, revision surgery Introduzione L artroprotesi totale di disco è diventata sempre più popolare nel trattamento della discopatia degenerativa lombare. La storia della sostituzione del disco lombare è iniziata alla fine degli anni 50 ad opera di Fernstorm 1 con l impianto di biglie in acciaio nel disco, ma bisogna attendere sino agli anni 80 quando Schellnack e Butter- Janz disegnarono e commercializzarono la loro protesi di disco lombare (Charitè), per poter iniziare realmente a parlare di sostituzione discale su ampia scala. Oggi sono molteplici i modelli disponibili. L artroprotesi rappresenta un alternativa all artrodesi: infatti ha lo scopo di restaurare e mantenere la motilità segmentaria, per ottenere la risoluzione del dolore 2 3. Inoltre M. Di Silvestre, F. Lolli, T. Greggi, F. Vommaro, A. Baioni SSD Chirurgia delle Deformità del Rachide, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna Indirizzo per la corrispondenza: Mario Di Silvestre SSD SSD Chirurgia delle Deformità del Rachide, Istituto Ortopedico Rizzoli via Pupilli 1, Bologna mario.disilvestre@ior.it ha l obiettivo di preservare la degenerazione del disco adiacente 4. È però ora in corso una revisione critica dei risultati ottenuti e vengono sollevati dubbi sul fatto che la protesi possa davvero rappresentare una reale alternativa all artrodesi 5. Successivamente all impianto infatti può verificarsi la comparsa di una lombalgia persistente, configurando un quadro di protesi dolorosa, legata a fattori diversi. Proprio per la valutazione di questi fattori, abbiamo condotto un riesame della nostra esperienza con le artroprotesi totali di disco lombari. Materiale e metodo Sono stati inclusi nello studio i pazienti trattati presso il nostro Centro con un artroprotesi di disco mono o bisegmentaria, perché affetti da lombalgia o da lombalgia nettamente prevalente su una modesta sciatalgia, legata ad una discopatia o mono o bi-segmentaria, dopo il fallimento di cure conservative condotte per almeno 12 mesi. Sono stati considerati alla fine 62 casi consecutivi, controllati ad un follow-up minimo di 3 anni (massimo di 7 anni e 2 mesi), trattati in 32 casi con una protesi ad 1 livello (10 Charitè e 22 Maverick) e negli altri 30 con una protesi a 2 livelli (11 Charitè e 19 Maverick). Il riesame delle cartelle cliniche e della documentazione radiografica (Rx standard e dinamiche, RM e TAC pre e post-operatoria), come anche la valutazione dei risultati è stata condotta da un chirurgo vertebrale estraneo al nostro Dipartimento. È stata utilizzata la scala VAS (da 0, nessun dolore sino a 10, dolore severo) e l ODI score con il questionario OSVESTRY per valutazione dell outcome clinico. Risultati Sono stati esaminati 14 pazienti dei 62 complessivi (22.5%) che hanno presentato nel periodo successivo all intervento un dolore persistente, sotto forma di lombalgia e/o sciatalgia. Prevalevano nettamente le femmine sui maschi (10 vs 4) e l età media era di 48 anni e 2 mesi (minimo 39 e massimo 49) al momento dell intervento. Si trattava di protesi a 2 livelli nella maggioranza (9 casi) rispetto agli impianti ad un solo livello (5). Il dolore ha avuto un esordio tardivo, tra i 10 e i 28 mesi dall intervento. Si trattava di un sovraccarico/degenerazione delle faccette articolari dello stesso livello operato in 9 casi (14.5%), subsidence della protesi in 4 casi (6.4%) e sublussazione anteriore del core in PE in 1 caso (1.6%). Sovraccarico / Degenerazione delle faccette articolari In un primo gruppo di 6 casi (9.6%), vista l assenza di chiare lesioni sulle indagini strumentali (a parte una moderata degenerazione delle faccette articolari secondo i parametri Weishaupt et al. 6 ) si è ricondotto il dolore ad un sovraccarico funzionale delle faccette articolari e delle

2 s214 M. Di Silvestre et al. sacroiliache, legato ad un eccessivo ripristino dell altezza del disco dopo l impianto protesico. Il dolore era riferito dal paziente come senso di tensione a livello lombare. È stato condotto un prolungato programma di riabilitazione per circa 4 mesi e infine un infiltrazione TAC guidata delle faccette articolari e delle sacroiliache, ottenendo in 6 casi la regressione della sintomatologia dolorosa dopo circa 7 mesi: si trattava in tutti di un impianto protesico bi-segmentario (4 Charitè e 2 Maverick). In altri 3 casi (4.8%) era presente una più severa degenerazione delle faccette articolari: erano stati operati di protesi bisegmentaria L4-L5 e L5-S1, ed erano emersi chiari segni di degenerazione all esame TAC/RM eseguito a distanza di 3 anni dall impianto protesi. Il range of motion sulle radiografie dinamiche si presentava ridotto rispetto al controllo postoperatorio: era di 6.3 ad una distanza media di 3 anni e 4 mesi, rispetto ai 8.2 postoperatori. La sintomatologia dolorosa è stata trattata con un programma di riabilitazione e quindi di infiltrazione delle faccette articolari TAC guidata (Fig. 1), con un certo successo solo in un caso, mentre in altri 2 si è deciso di passare ad un test gessato, un busto in piedi mantenuto per circa 2 settimane: alla sua rimozione in questi 2 pazienti la sintomatologia dolorosa era pressoché scomparsa e si è deciso di passare ad un intervento di fissazione posteriore con artrodesi posterolaterale, ad un intervallo medio di 38 mesi dall applicazione della protesi. Ad un controllo a 2 anni e mezzo la sintomatologia dolorosa è assente. Fig. 1. Infiltrazione TAC guidata delle faccette articolari Subsidence La subsidence (ossia la parziale mobilizzazione della protesi dentro il corpo vertebrale) è stata riscontrata in 4 casi al controllo Rx in ambulatorio a 8 settimane. In 2 di essi è emerso però che era già presente nelle radiografie immediatamente post-operatorie. Si è registrata in 1 caso in una protesi L5-S1, a carico del piatto inferiore di L5, e negli altri 3 a carico del piatto superiore o inferiore di L4 in 3 protesi L4-L5. In tutti si trattava di una protesi Charitè ed in tutti era stata impiantata una protesi sottodimensionata. La sintomatologia dolorosa si è protratta per oltre 10 mesi, e si e notevolmente ridotta, grazie al trattamento riabilitativo, ma non è scomparsa del tutto in nessuno dei 3 pazienti. In 2 di essi vista l insistenza del dolore e la sua persistenza dopo oltre 1 anno si è passati ad un test gessato (un busto mantenuto 2 settimane) ottenendo una significativa regressione del dolore e si è quindi passati ad una fissazione posteriore peduncolare con artrodesi (Fig. 2) ottenendo una regressione comunque non completa della lombalgia. Sublussazione del core in PE In una donna di 35 anni, operata di duplice impianto L4- L5 e L5-S1 con protesi Charitè III, al controllo radiografico a 3 mesi, eseguito per la persistente lombalgia, non intensa in verità, è emerso che il core in PE della protesi Charitè applicata in L5-S1 si era mobilizzato anteriormente. Nei controlli successivi (Fig. 3), sia alle Rx che alla TAC, l inserto si è mantenuto stabile, sino all ultimo follow-up a 3 anni e mezzo. La sintomatologia dolorosa è regredita pressoché totalmente a distanza di 12 mesi dall intervento, dopo una prolungata terapia riabilitativa, e non ha poi mostrato riprese successive. In conclusione, nei 14 casi (22.4%) dei 62 della nostra serie con una protesi dolorosa, il trattamento della lombalgia è consistito in tutti i casi in un programma specifico riabilitativo di ginnastica medica e nella gran maggioranza dei pazienti nell infiltrazione delle faccette articolari TAC-guidata (Fig. 1). In 3 casi (4.8%) però, dopo il fallimento delle cure, si è dovuto procedere a una fissazione posteriore peduncolare con artrodesi posterolaterale, senza rimuovere la protesi. In termini di outcome clinico, nei 14 casi con una protesi dolorosa, il VAS scale è stato di 4.8 all ultimo controllo (SD 2.1), mentre l ODI score era di 35.0 (SD 12.0). Discussione Un dolore persistente dopo l impianto di un artroprotesi lombare di disco può presentarsi con un incidenza piuttosto alta, oltre il 20% come nella nostra serie. Molte di queste situazioni dolorose possono essere però risolte conservativamente e solo in una bassa percentuale di casi (4.8%) potrà alla fine rendersi necessario il ricorso alla chirurgia.

3 Le protesi dolorose lombari s215 Fig. 2. Intervento di fissazione peduncolare con artrodesi, a distanza di 2 anni dall intervento di sostituzione protesica bis-segmentaria L4-L5 e L5-S1. Il problema va affrontato eseguendo le indagini radiografiche (Rx standard e dinamiche, TAC e RM) che possono risultare negative. In assenza di una chiara evidenza strumentale, e in presenza di segni di moderata degenerazione delle faccette articolari 6 va considerata l ipotesi che si tratti solo di un sovraccarico funzionale delle faccette articolari, corrispondenti ai livelli in cui è stata impiantata la protesi. Si pensa che possa trattarsi di un instabilità determinata dalla rimozione del legamento longitudinale anteriore e dall anulus fibrosus: le protesi unconstrained possono accentuare l instabilità soprattutto in estensione e in rotazione assiale e le faccette articolari finiscono per esserne gli unici limitatori. Soprattutto nelle protesi bi-segmentarie può verificarsi questo fenomeno, fino al 60% dei casi come riportato da Siepe et al. 7 con protesi semiconstrained. Il ricorso alle infiltrazioni TAC guidate delle faccette articolari e delle sacro-iliache può essere molto efficace: LeHuec et al. 8 hanno ottenuto la regressione dolore nel 65% di protesi dolorose, in una serie rivista a 2 anni di follow-up. Spesso può aversi una degenerazione più marcata delle faccette articolari allo stesso livello dell impianto protesico. Il fenomeno, ben documentabile con la TAC, è stato ampiamente descritto soprattutto a livello di L5-S1 e riportato nel 20% dei casi da Siepe et al. 9. La conseguenza Fig. 3. Mobilizzazione anteriore del core in PE, a livello di L5-S1, in donna di 35 anni, operata di sostituzione bi segmentaria (protesi Charitè): l inserto si è mantenuto stabile all ultimo controllo a 3 anni e mezzo (A-B). A B

4 s216 M. Di Silvestre et al. è il dolore e la riduzione del range di movimento della protesi. Si tratta di un fenomeno rilevante occorso in 3 dei nostri pazienti, 2 dei quali hanno poi dovuto essere sottoposti a nuova chirurgia, una volta fallite le cure conservative. Altre volte però l insorgenza del dolore è legata ad una complicanza più direttamente legata all impianto protesico. Può trattarsi più spesso di subsidence (ovvero la migrazione di una componente della protesi nel corpo vertebrale) o anche della sua mobilizzazione, ben documentabile sulle Rx. Tale complicanza tecnica si può verificare meno spesso per involontaria cruentazione del piatto vertebrale e quindi per un indebolimento della superficie di appoggio della componente protesica. Spesso sono responsabili il malposizionamento o ancora più spesso il sottodimensionamento della protesi, ossia l applicazione di una protesi troppo piccola. La subsidence rappresenta una causa molto importante di dolore, e si è verificata in 4 dei nostri casi. Il sottodimensionamento della protesi può essere legato all accesso chirurgico, quando si tratti di L4- L5, per la difficoltà di mobilizzazioni dei vasi e quindi per la ridotta esposizione del disco. A livello di L5-S1 invece il problema è in genere legato al fatto che il piatto di L5 richiederebbe una protesi più grande, mentre il piatto di S1 accoglie in genere un piatto più piccolo ; il problema è oggi superato grazie alla possibilità per alcuni protesi di combinare nello stesso impianto un piatto medium con una small. Altri fattori più discussi sono la reazione ai detriti di usura e la degenerazione del disco adiacente. La reazione ai detriti di usura, ben documentata nelle protesi di grandi articolazioni, viene considerata poco convincente come ipotesi, perché il disco intervertebrale non è circondato da uno spazio sinoviale, in genere sede di macrofagi e altre cellule infiammatorie, e soprattutto il range di movimento di una protesi di disco è molto ridotto e quindi i detriti di usura (polietilene o metallo) possono risultare notevolmente più ridotti 10. Sulla degenerazione del disco adiacente dopo un artroprotesi si discute tuttora: i pareri sono molto discordi, ma non si è giunti ad una sua definizione e dalla nostra esperienza di questi anni non è mai emerso un simile riscontro 4. Studi più recenti confermano infatti che la protesi ha al contrario un effetto benefico sul livello adiacente, e che la degenerazione discale è stata comunque moderata e senza un effetto clinico 9. Il fattore più importante per prevenire l instaurarsi del dolore è rappresentato dal corretto posizionamento della protesi, sia in termini di dimensionamento che soprattutto di mantenimento della lordosi lombare. Le dimensioni della protesi devono consentire un ampia copertura del piatto vertebrale e ripristinare l altezza del disco, senza una eccessiva distrazione. Altro aspetto da stressare è quello della selezione del paziente, evitando tra l altro di andare se non eccezionalmente oltre i 50 anni di età per evitare subsidence o mobilizzazioni per un impianto in un contesto osteoporotico. Il trattamento delle protesi dolorosa passa attraverso fasi successive, dapprima conservative con riabilitazione e infiltrazione TAC guidata delle faccette articolari e delle sacroiliache. In caso di fallimento delle cure, un test importante è per noi rappresentato dall applicazione di un busto ortopedico, come test per verificare se sia in presenza di una chiara instabilità lombare. Il tempo finale è quello della ripresa chirurgica. Si ricorre alla rimozione della protesi, dinanzi ad sua completa mobilizzazione: la chirurgia di revisione anteriore non presenta rischi particolari entro le 2 settimane, ma diventa molto complessa e carica di insidie successivamente per le aderenze. Per queste ragioni in tutte le altre situazioni (subsidence, degenerazione delle faccette articolari) si preferisce ricorrere prima all artrodesi posteriore con sintesi peduncolare, senza rimuovere la protesi: si può associare una foraminotomia decompressiva in caso di sciatalgia persistente 10. Tale soluzione blocca la protesi da ogni movimento e risulta più semplice da eseguire. Non è però sempre coronata da successo e può non bastare a risolvere adeguatamente il problema dolore: solo allora si passerà anche al tempo anteriore di rimozione della protesi e sua conversione in artrodesi. Si ritiene infatti che la rimozione della protesi e del tessuto infiammatorio periprotesico da detriti da usura (in genere polietilene) possa garantire una più completa regressione del dolore rispetto alla sola artrodesi posteriore. È però un ipotesi meritevole di ulteriori conferme. In conclusione, l artroprotesi totale di disco rappresenta una valida alternativa all artrodesi nella discopatia degenerativa lombare. Una corretta procedura tecnica può evitare problemi legati al sovraccarico funzionale e quindi degenerazione delle faccette articolari o al malposizionamento della stessa. La protesi deve essere quella giusta per poter lavorare in un buon contesto e evitare che diventi dolorosa: il fenomeno può arrivare ad interessare il 20% degli impianti. Una diagnosi tempestiva della causa del dolore e un programma infiltrativo e riabilitativo condotto con perseveranza, anche per oltre 12 mesi, può ridurre l incidenza delle riprese chirurgiche. La chirurgia di ripresa deve considerare per prima scelta l artrodesi posteriore strumentata, che può rivelarsi efficace (anche se non sempre del tutto risolutiva) nella gran parte dei casi.

5 Le protesi dolorose lombari s217 Bibliografia 1 Fernstrom U. Arthroplasty with intercorporal endoprothesis in herniated disc and in painful disc. Acta Chir Scand 1966;357: Cinotti G, David T, Postacchini F. Results of disc prosthesis after a minimum follow-up period of 2 years. Spine 1996;21: Hannibal M, Thomas DJ, Low J, et al. ProDisc-L total disc replacement a comparison of 1-level versus 2-level arthroplasty patients with a minimum 2-year follow-up. Spine 2007;32: Di Silvestre M, Bakaloudis G, Lolli F, et al. Two-level total lumbar disc replacement. Eur Spine J 2009;18(Suppl 1):S64-S70. 5 Zindrick MR, Tzermiadianos MN, Voronov LI, et al. An evidence-based medicine approach in determining factors that may affect outcome in lumbar total disc replacement. Spine 2008;33: Weishaupt D, Zanetti M, Boos N, et al. MR imaging and CT in osteoarthritis of the lumbar facet joint. Skeleta Radiol 1999;28: Siepe CJ, Mayer HM, Heinz-Leisenheimer, et al. Total lumbar disc replacement: different results for different levels. Spine 2007;32: Le Huec JC, Basso Y, Aunoble S, et al. Influence of facet and posterior muscle degeneration on clinical results of lumbar total disc replacement: two-year follow-up. J Spinal Disord Tech 2005;18: Siepe CJ, Zelenkov P, Sauri-Barraza J-C, et al. The fate of facet joint and adjacent level disc degeneration following total lumbar disc replacement. A prospective clinical, X-ray, and magnetic resonance imaging investigation. Spine 35;22: Tortolani PJ, McAfee PC, Saiedy S. Failures of lumbar disc replacement. Semin Spine Surg 2006;18:78-86.

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