Roma, 28 Settembre 2010 Prot. n. 5555/2010/AS. Oggetto: Arbitro Bancario Finanziario. Selezione di decisioni significative. Comunicato n.

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1 Associazione per la soluzione delle controversie bancarie, finanziarie e societarie - ADR Roma, 28 Settembre 2010 Prot. n. 5555/2010/AS Oggetto: Arbitro Bancario Finanziario. Selezione di decisioni significative. Comunicato n. 7/2010 Al fine di agevolare il compito di tenersi costantemente aggiornati in merito agli orientamenti seguiti dall organo decidente, posto a carico degli Uffici Reclami dal paragrafo 1 sezione VI delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari emanate dalla Banca d Italia, questa Associazione ritiene utile segnalare alcune decisioni, tra quelle ritenute più significative e innovative, rese dall ABF nelle riunioni di febbraio e marzo RISARCIMENTO DANNO NON PATRIMONIALE Con decisione n. 169/10, resa dal Collegio di Milano nella seduta del 23 febbraio 2010, l ABF ha ritenuto infondata la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad ansia, turbamento, grave limitazione del diritto di autodeterminazione avanzata dal titolare di una carta Bancomat clonata, non riscontrando, da una valutazione delle allegazioni fattuali offerte dal ricorrente a corredo della propria domanda risarcitoria, la sussistenza di alcuna delle tre condizioni cui è subordinata, in base ad un interpretazione costituzionalmente orientata dell art c.c., la risarcibilità di tale tipologia di danno ovvero a) che l interesse leso abbia rilevanza costituzionale; b) che la lezione dell interesse leso sia grave, nel senso che l offesa superi la soglia minima di tollerabilità; c) che il danno non sia futile, ossia che non consista in meri disagi o fastidi. ( cfr. decisione di seguito riportata ) Via delle Botteghe Oscure, Roma - Telefono associazione@conciliatorebancario.it

2 Decisione N. 169 del 26 marzo 2010 IL COLLEGIO DI MILANO composto dai signori: - Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente - Prof.ssa Antonella Sciarrone Alibrandi Membro designato dalla Banca d'italia - Prof. Avv. Emanuele Lucchini Guastalla Membro designato dalla Banca d'italia - Dott. Mario Blandini Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario (Estensore) - Avv. Paolo Bertazzoli Grabinski Broglio Membro designato dalla Banca d Italia e nominato in via provvisoria quale supplente del componente effettivo nominato dal C.N.C.U. nella seduta del 23 febbraio 2010 dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica FATTO Il ricorrente, titolare di un c/c bancario presso la Banca convenuta, consultando l estratto conto al 30 giugno 2009, accertò che a causa della clonazione della carta-bancomat, erano state eseguite numerose operazioni di prelievo a lui non riconducibili. Recatosi in banca lo stesso giorno, previo blocco della carta-bancomat e denuncia del fatto ai Carabinieri, accertava che le somme illecitamente prelevate ammontavano a complessivi euro 9.653,50. Avviato, quindi, l iter per ottenere il rimborso dalla banca, riceveva da questa tempestivamente (15 giorni dalla richiesta) la somma sottrattagli. Nel dare atto dell ottenuto rimborso, il ricorrente, palesando una certa insoddisfazione in relazione alla vicenda che lo aveva visto coinvolto e, imputando alla banca inadeguata diligenza professionale ex art.1176, comma 2 c.c. - per non avere tempestivamente rilevato l anomalia delle operazioni di prelievo eseguite sul suo conto - lamentava un danno non patrimoniale conseguente ad ansia, turbamento, grave limitazione del diritto di autodeterminazione (per aver dovuto soppesare ogni sua attività o interesse che Pag. 2/4

3 Decisione N. 169 del 26 marzo 2010 comportasse una spesa di danaro, e per aver dovuto operare sgradite rinunce, costretto ad una sorta di limbo). In relazione a ciò, con il ricorso all ABF il ricorrente chiede un equo indennizzo. Nelle proprie controdeduzioni la Banca, escludendo qualsiasi propria responsabilità, chiede il rigetto della domanda. DIRITTO Il problema che, allo stato, si pone è quello di valutare la fondatezza della domanda risarcitoria del ricorrente in relazione alla verifica della sussistenza di una responsabilità della banca per il fatto di cui è stato vittima (sottrazione di danaro dal c/c mediante clonazione della carta-bancomat) nonché - ove la verifica si risolva in un giudizio affermativo di responsabilità - nell accertamento della sussistenza di un danno non patrimoniale e nella individuazione della sua consistenza nummaria. Per quanto concerne il primo aspetto (accertamento della responsabilità da inadempimento), il Collegio non può non considerare che l intermediario, nel rimborsare l importo sottratto al cliente e nel dichiararsi disposto a provvedere al pagamento dei danni subìti solo se adeguatamente documentati, direttamente connessi al disguido verificatosi e stabiliti in via giudiziale (vedi nota 28 dicembre 2009 della Banca), ha ammesso la propria responsabilità contrattuale, dichiarandosi, peraltro, disposta a risarcire i danni e i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie qualora il cliente li provasse adeguatamente. Ciò precisato e ritenuto, il Collegio può e deve limitarsi a verificare se il ricorrente abbia provato il danno non patrimoniale ed esistenziale di cui chiede il ristoro, in misura, peraltro, indeterminata. A questo riguardo, è pertinente il richiamo alla pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite n /2008 che, offrendo un interpretazione costituzionalmente orientata dell art.2059 c.c., condiziona la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione di un diritto della persona - nei casi in cui tale risarcibilità non sia prevista espressamente dalla norma - alla sussistenza di tre condizioni: a) che l interesse leso abbia rilevanza costituzionale; b) che la lesione dell interesse leso sia grave, nel senso che l offesa superi una soglia di minima tollerabilità; c) che il danno non sia futile, ossia che non consista in meri disagi o fastidi. Nella fattispecie in esame, valutando le allegazioni fattuali che il ricorrente ha enumerato a corredo della domanda risarcitoria, alla luce del principio giurisprudenziale innanzi Pag. 3/4

4 Decisione N. 169 del 26 marzo 2010 richiamato, non vi è alcun dubbio che la pretesa risarcitoria risulti infondata in quanto carente delle tre circostanze condizionanti la risarcibilità del danno non patrimoniale esistenziale. P.Q.M. Il Collegio non accoglie il ricorso IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 4/4

5 CONTO ON LINE PHISHING OPPONIBILITA AL TITOLARE DI OPERAZIONI DISPOSTE CON CODICI DI ACCESSO RESPONSABILITA DELLA BANCA PER NON AVER APPRONTATO IL BLOCCO AUTOMATICO IN PRESENZA DI OPERAZIONI ANOMALE Con decisione n. 178/10, resa dal Collegio di Milano nella seduta del 4 marzo 2010, l ABF, nel pronunciarsi sul ricorso con il quale il titolare di un conto on line disconosceva una serie di ricariche telefoniche disposte utilizzando i propri codici segreti, ha ravvisato un concorso di colpa tra il correntista, per la mancata diligente custodia dei codici di accesso al servizio e la banca per non aver predisposto adeguati sistemi per evidenziare e/o monitorare comportamenti anomali e/o sospetti in relazione al servizio medesimo, riconoscendo come tale la serie di ricariche telefoniche su numeri diversi e per un importo superiore ai mille euro effettuate nell arco di poche ore a valere sul conto del ricorrente. ( cfr. decisione di seguito riportata )

6 Decisione N. 178 del 31 marzo 2010 Collegio di Milano composto dai signori: - Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente - Prof.ssa Antonella Sciarrone Alibrandi Membro designato dalla Banca d Italia - Prof. Avv. Emanuele Lucchini Guastalla Membro designato dalla Banca d Italia (Estensore) - Dott. Mario Blandini Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario - Avv. Paolo Bertazzoli Grabinski Broglio Membro designato dalla Banca d Italia e nominato, in via provvisoria, quale supplente del componente effettivo segnalato dal C.N.C.U. nella seduta del 4 marzo 2010 dopo aver esaminato: il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario; la relazione istruttoria della Segreteria Tecnica. FATTO La ricorrente compilando un apposito modulo messo a disposizione dall intermediario ha contestato, in data 15/07/2009, una serie di operazioni di ricarica telefonica effettuate sul proprio conto corrente on-line (per un valore complessivo di 1.350,00), chiedendo il rimborso della somma illecitamente sottratta. La banca, con lettera del 25/08/2009, ha rigettato la richiesta di rimborso avanzata dalla ricorrente in quanto: - il contratto stipulato dall interessata obbligava la stessa a custodire i codici di accesso con la massima cura e riservatezza,, restando responsabile di ogni conseguenza dannosa che potesse derivare dall abuso o dall uso illecito degli stessi codici per le operazioni on-line; - per l accesso ai servizi on-line la banca metteva a disposizione della cliente, a garanzia della sicurezza dell operatività a distanza, tre diversi tipi di codice (codice titolare, codice personale e codice operativo); - le operazioni contestate erano state effettuate digitando i codici di accesso attribuiti alla ricorrente e, quindi, risultavano a lei imputabili; l uso dei codici di accesso ne faceva presupporre un incauta custodia, le cui conseguenze dannose non potevano essere imputate alla banca. Con ricorso in data 27/11/2009 l interessata ha rinnovato la richiesta di rimborso delle somme fraudolentemente sottratte dal suo conto corrente attraverso operazioni di ricarica telefonica effettuate ad orari impensabili a cavallo tra il 12 e il 13 giugno 2009 per un valore complessivo di 1.350,00. In particolare, la ricorrente ha affermato di non aver mai Pag. 2/5

7 Decisione N. 178 del 31 marzo 2010 comunicato a terzi i codici di accesso per l operatività a distanza sul conto corrente, di averli custoditi con la massima diligenza e di non aver mai risposto ad alcuna mail sospetta. Tenuto conto di quanto accaduto, l interessata ha denunciato la vulnerabilità dei presidi di sicurezza informatica approntati dall intermediario a protezione dei servizi on-line ed ha evidenziato che, di recente, la banca ha provveduto ad adottare sistemi di identificazione degli utenti più evoluti ( chiavetta ). La ricorrente, quindi, ha imputato alla banca di aver offerto alla clientela un servizio non adeguato sotto il profilo della sicurezza informatica (la banca non doveva offrire tale servizio senza le necessarie garanzie di massima sicurezza ). L intermediario ha presentato le controdeduzioni con PEC tramite il Conciliatore Bancario il 20/01/2010. La banca ha richiamato le disposizioni sui servizi on-line contenute nel contratto sottoscritto dalla ricorrente (8 agosto 2007). In particolare, è stato richiamato l art. 66, che prevede l obbligo di custodia dei codici identificativi in capo al cliente e la conseguente responsabilità per eventuali conseguenze dannose derivanti da abuso o uso illecito di detti codici. La stessa disposizione prevede l accesso ai servizi on-line attraverso l uso di tre codici diversi il cui uso determina l automatica attribuzione dell operazione effettuata al loro titolare. La banca ha precisato che il codice titolare è assegnato dalla banca e non è modificabile, il codice segreto è scelto personalmente dal cliente al primo accesso e il codice operativo viene creato dal sistema sempre in occasione del primo accesso e, quindi, nessuno ne è in possesso prima del cliente. La banca ha affermato, poi, che a tutela della clientela sul sito internet è presente una specifica informativa volta a sensibilizzare i fruitori dei servizi on-line sui rischi connessi a tale attività e sui comportamenti da adottare per evitare frodi informatiche. Per le operazioni contestate la banca ha affermato di aver verificato la correttezza delle modalità di accesso al sito internet tramite i suddetti codici e, conseguentemente, non ha potuto che imputarle all interessata. Sulla lamentata inadeguatezza dei livelli di sicurezza dei sistemi d identificazione adottati per l operatività a distanza su conto corrente, la banca ha escluso che tale valutazione possa discendere dalla successiva adozione di strumenti d identificazione diversi ( chiavetta che genera codici operativi monouso ). Sul punto l intermediario ha richiama l art. 67 del contratto che prevede la possibilità per la banca di adottare nel tempo strumenti o modalità o sistemi diversi che permettano la comunicazione a distanza. Ciò considerato, la banca ha chiesto di respingere il ricorso. L intermediario ha prodotto copia dei seguenti documenti: - Contratto di adesione ai servizi on-line (08/08/2007); - Condizioni generali di contratto; - Principali condizioni contrattuali; - Tabulati dei log di accesso e transazione delle operazioni contestate. Ritenuto maturo il procedimento per la decisione, questo Collegio lo ha esaminato nella riunione del 4 marzo DIRITTO La questione che questo Collegio deve affrontare per la soluzione del caso attiene ai doveri di custodia dei codici di accesso da parte del cliente che utilizzi il servizio di home Pag. 3/5

8 Decisione N. 178 del 31 marzo 2010 banking da un lato e del grado di diligenza che si può richiedere all intermediario in relazione all erogazione di detto servizio dall altro lato. Ora, dalla documentazione in atti è emerso che il servizio di home banking utilizzato dalla ricorrente necessitava di ben tre codici distinti: il codice titolare, assegnato dalla banca e non modificabile, il codice segreto, scelto personalmente dal cliente al primo accesso e, infine, il codice operativo, creato dal sistema in occasione del primo accesso e conosciuto solo al cliente. E, altresì, opinione assolutamente condivisa che sul cliente gravi l onere di custodire con la massima diligenza i vari codici in suo possesso necessari per compiere operazioni bancarie di vario genere, siano esse prelievi per mezzo del servizio Bancomat come disposizioni di operazioni per mezzo di servizi on-line. Il punto è essenziale per una corretta interpretazione del rapporto contrattuale, posto che, in linea generale, appare corretto affermare che al cliente sono opponibili le operazioni effettuate con la digitazione dei codici in suo possesso (indipendentemente da chi effettivamente le abbia disposte), proprio perché nell utilizzo del servizio di home banking il cliente viene identificato esclusivamente mediante la verifica dei codici di sicurezza che gli sono stati assegnati. Quanto appena rilevato rende chiara sia la ragione dell obbligo di diligente custodia di detti codici sia il fatto che la violazione di tale obbligo di diligente custodia dei codici di accesso comporti che il cliente sia chiamato a rispondere di ogni conseguenza dannosa derivante da un eventuale illecito utilizzo di tali codici da parte di terzi Dalle osservazioni che precedono deve, dunque, trarsi la seguente conclusione in linea generale, e cioè che posto che nel servizio di home banking, l uso corretto dei codici di accesso consente l identificazione del titolare e l autorizzazione dei pagamenti disposti i bonifici fraudolenti che siano stati eseguiti previa corretta digitazione di tali codici sono giuridicamente riconducibili al titolare del servizio. Ciò chiarito con riferimento al primo dei due aspetti sopra evidenziati, deve ora affrontarsi la diversa questione del grado di diligenza dell intermediario richiesto con riferimento alla prestazione di servizi bancari per via telematica. Secondo la consolidata opinione della dottrina e della giurisprudenza, l attività bancaria, in quanto attività riservata, deve sottostare al canone di diligenza previsto dall art. 1176, comma 2, c.c. ( diligenza dell accorto banchiere ) con conseguente adozione di tutte le cautele necessarie. Come è noto, la diligenza professionalmente qualificata cui fa riferimento il secondo comma dell art c.c. deve essere parametrata alle specificità tecnico-scientifiche della professione esercitata, trattandosi di nozione superiore e più specifica di quella relativa al buon padre di famiglia, richiamata dal primo comma dello stesso articolo. L adempimento dell obbligazione, quindi, deve avvenire con la diligenza del regolato ed accorto professionista (banchiere, nel caso che ne occupa), pena il risarcimento dei danni secondo i normali canoni della responsabilità contrattuale. Per gli aspetti che qui interessano, tale parametro rileva in relazione alla specificità del servizio bancario oggetto di contestazione (home banking) che implica l utilizzazione del canale telematico e l uso di codici dispositivi. In particolare, la valutazione coinvolge l adeguatezza - considerati gli standard esistenti - dei presidi tecnici adottati dall intermediario per rendere sicure le transazioni on-line da attacchi di pirateria informatica. Sui presidi di sicurezza più idonei a fronteggiare il fenomeno della pirateria informatica non c è attualmente una specifica normativa vincolante, anche se esistono diversi documenti, sia a livello nazionale che internazionale, che trattano della sicurezza dell e-banking e, in particolare, della diversa efficacia dei vari meccanismi di autenticazione. Pag. 4/5

9 Decisione N. 178 del 31 marzo 2010 E chiaro a questo Collegio che, al tempo dei fatti all origine della presente vertenza, esistevano già mezzi più efficienti per fronteggiare il fenomeno della pirateria informatica; sistemi, del resto, che lo stesso intermediario resistente non ha tardato ad adottare. Tuttavia, non pare corretto affermare che la richiesta di ben tre distinti codici di accesso per permettere l esecuzione di disposizioni bancarie possa considerarsi misura insufficiente a proteggere adeguatamente il cliente, anche se esaminata alla stregua dell elevato grado di diligenza richiesto alla banca. Nel caso di specie, tuttavia, non può non rilevarsi che nel giro di un breve lasso di tempo sono state compiute operazioni anomale vuoi per tipologia vuoi per importo. Non è certo comune che qualcuno disponga una serie di ricariche telefoniche su numeri diversi e per un importo superiore ai mille euro nel giro di poche ore; e, se lo fa, sicuramente pone in essere un comportamento (forse legittimo, ma certamente) non del tutto lineare. Di ciò avrebbe dovuto avvedersi l intermediario, non certo monitorando direttamente ogni singola operazione, ma predisponendo sistemi automatici di blocco delle operazioni da postazione remota in presenza di comportamenti decisamente anomali. Del resto, non può certo passare inosservato che il c.d. Decalogo ABI, tra l altro, consiglia agli intermediari di predisporre strumenti di monitoraggio delle transazioni dei propri conti on-line, in modo da evidenziare eventuali comportamenti anomali. Ciò, nel caso di specie, non è avvenuto e, di conseguenza, l intermediario che non abbia predisposto idonei strumenti per evidenziare e/o bloccare automaticamente comportamenti che siano evidentemente anomali, non può andare esente da responsabilità. In sintesi, nel caso all origine del presente ricorso da un lato si può verosimilmente ravvisare una responsabilità del cliente in relazione alla mancata diligente custodia dei codici d accesso al servizio di home banking, dall altro lato non si può negare una concorrente responsabilità dell intermediario che non abbia predisposto adeguati sistemi per evidenziare e/o monitorare comportamenti anomali e/o sospetti in relazione al medesimo servizio. Questo Collegio, valutata la gravità delle rispettive colpe in relazione ai fatti illustrati e documentati, ritiene, dunque, di doverle ripartire nella misura del 70% in capo al cliente e nella misura del 30% in capo al resistente. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l intermediario corrisponda la somma di 405,00 al ricorrente. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 5/5

10 BANCOMAT FURTO INOPPONIBILITA AL TITOLARE DEI PRELEVAMENTI FRAUDOLENTI ANCHE SE EFFETTUATI CON IL PIN IN ASSENZA DI PROVA DA PARTE DELLA BANCA DELLA NEGLIGENZA DELLO STESSO NELLA CONSERVAZIONE DEL CODICE SEGRETO Con decisione n. 190/10, resa dal Collegio di Napoli nella seduta del 16 marzo 2010, l ABF ha accolto il ricorso con il quale il titolare di una carta bancomat trafugata chiedeva la restituzione degli importi relativi ad operazioni fraudolente effettuate con il PIN, prima del blocco; il Collegio infatti, avendo rilevato che il ricorrente aveva tempestivamente attivato la procedura di blocco della carta, denunziato il furto all autorità competente e comunicato l evento fraudolento alla banca, ha ritenuto di non poter addebitare allo stesso alcuna grave negligenza, per cui, in assenza di prove da parte della banca di un suo comportamento fraudolento, ha concluso nel senso di applicare la limitazione di responsabilità contrattualmente prevista e di rimborsare al cliente l importo delle operazioni contestate dedotti 150,00. ( cfr. decisione di seguito riportata )

11 Decisione N. 190 del 02 aprile 2010 IL COLLEGIO DI NAPOLI composto dai signori: - Prof. Avv. Enrico Quadri... Presidente - Dott. Comm. Leopoldo Varriale... Membro designato dalla Banca d'italia - Prof. Avv. Ferruccio Auletta... Membro designato dalla Banca d'italia - Prof.ssa Marilena Rispoli Farina... Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario (estensore) - Avv. Roberto Manzione... Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 16 marzo 2010 dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica FATTO La ricorrente, titolare di una carta bancomat, aveva subito, in data 2 aprile 2009, il furto del portafogli e della carta di debito, ed aveva provveduto tempestivamente a sporgere denuncia presso la locale Questura e a richiedere il blocco della carta. Nel giorno successivo aveva appreso dalla propria banca che erano stati effettuati dal proprio conto corrente dei prelievi attraverso l utilizzo della carta bancomat per complessivi 1.410,00. Di seguito aveva provveduto, in data 15 aprile 2009, seguendo l apposita procedura, al disconoscimento delle operazioni per ottenere il rimborso delle relative somme e, non avendo ricevuto alcun riscontro, a inviare un sollecito in data 15 settembre L istituto di credito non aveva reputato di dar corso all istanza, sostenendo che la denunzia di furto fosse stata comunicata dopo il prelievo, che era da considerare regolare, in quanto effettuato per mezzo della carta bancomat. La ricorrente replicava con una successiva nota e con un formale reclamo invitava la banca a riesaminare la pratica precisando di aver provveduto alla denunzia e alla richiesta del blocco appena resosi conto del furto, anche se, purtroppo, i prelievi erano stati effettuati nel tempo antecedente la denunzia stessa. Nel contempo aveva reiterato la richiesta di restituzione della somma indebitamente da altri prelevata. Pag. 2/7

12 Decisione N. 190 del 02 aprile 2010 La banca, in due note di riscontro, aveva precisato di non aver dato seguito alla richiesta di rimborso in primo luogo perché i movimenti sul conto erano stati effettuati, con la digitazione dell apposito codice (pin), prima dell effettuazione del blocco; in secondo luogo perché sulla base delle verifiche interne effettuate, non era possibile addebitare alcuna responsabilità alla banca stessa in quanto la digitazione del pin era stata assolutamente regolare. L istituto invocava la vigente disciplina in materia ed il contratto sottoscritto dalla cliente, per affermare che i danni derivanti da abuso o illecito uso della carta e del pin sono a carico esclusivamente del cliente, che ha il dovere di custodire con diligenza i suoi dati personali. Infine, nel ricorso presentato in data 5 gennaio 2010 la cliente, dopo aver esposto la vicenda nei termini già richiamati, ha chiesto all Arbitro di condannare la banca alla restituzione della somma di 1.410,00 indebitamente prelevata da sconosciuti con la propria carta bancomat, sostenendo che alcuna colpa e o anche responsabilità potesse esserle addebitata, in quanto vittima del furto. A sostegno della propria richiesta ha allegato la documentazione già richiamata. L intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni per il tramite del Conciliatore Bancario, con nota inviata il 16 febbraio 2010, sottolineando in particolare come tutte le operazioni contestate siano avvenute prima del blocco della carta, con l utilizzo della stessa e del numero segreto consegnato dalla banca al cliente, costituendo a suo parere tali circostanze elemento sufficiente ad integrare la fattispecie della colpa grave e/o inosservanza degli obblighi di custodia, anche alla luce di precedenti e costanti interventi in argomento dell Ombudsman Giurì Bancario. A sostegno, l intermediario ha altresì precisato che la ricorrente non ha addotto alcuna argomentazione volta a comprovare che il pin fosse custodito in maniera tale da escluderne l accessibilità a terzi. Alla luce delle considerazioni esposte ha chiesto all ABF di dichiarare inaccoglibili le richieste risarcitorie oggetto del ricorso presentato dalla cliente. Per completare il quadro ricostruttivo dei fatti va precisato che dalla documentazione trasmessa dalla banca emerge che le operazioni di prelievo contestate sono state effettuate tra le ore 21 e 21 e trenta del giorno in cui il furto è stato perpetrato a danno della ricorrente, e che il blocco della carta bancomat è avvenuto alle ore 21,54; che i prelievi inoltre sono stati effettuati presso sportelli automatici situati nelle immediate vicinanze del luogo dove si trovava la ricorrente quando ha constatato di essere stata vittima del furto. Pag. 3/7

13 Decisione N. 190 del 02 aprile 2010 DIRITTO Prima di affrontare il caso oggetto del ricorso questo collegio intende precisare la disciplina applicabile al momento in cui si è verificato l evento che ha dato luogo alla contestazione, essendo intervenuti nel frattempo dei profondi cambiamenti nella materia, in occasione del recepimento della disciplina comunitaria in materia di servizi di pagamento. Va rilevato che la regolamentazione del servizio Bancomat è stata per anni demandata essenzialmente alla normativa bancaria e quindi alle condizioni generali di contratto elaborate dall Associazione Bancaria Italiana, che hanno previsto una serie di obblighi a carico del possessore della tessera Bancomat, il quale si impegna a usare la carta in conformità a quanto previsto nel contratto, a non cederla a terzi, a custodirla con cura e separatamente dal codice segreto (Pin) che consente l accesso al servizio di pagamento, che non va comunicato ad alcuno. I modelli contrattuali precisano che il titolare della carta debba comunicare alla banca con la massima tempestività il furto e lo smarrimento della carta e/o del codice segreto, contattando al più presto un numero verde sempre attivo, per richiedere il blocco dell operatività della carta; che debba denunciare l evento alla pubblica autorità e consegnare alla banca una copia dell avvenuta denunzia. Le disposizioni suddette non hanno mai offerto una piena soluzione al problema, più volte controverso, di uso non autorizzato dello strumento di pagamento. Più di recente, le condizioni generali di contratto predisposte dall Abi sono state modificate sulla base delle indicazioni comunitarie contenute nella Raccomandazione n. 489 del 1997 in tema di strumenti di pagamento elettronici (oggi comunque superata dalla direttiva n. 67 del 2007, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 ) che hanno delineato uno schema alquanto articolato al fine di individuare le responsabilità del cliente e della banca. In sostanza, mentre l intermediario deve rispondere, in linea di principio, di eventuali errori commessi nell esecuzione delle operazioni o di altre irregolarità nella gestione del conto del cliente, si stabilisce che quest ultimo debba sostenere le perdite subite in conseguenza del furto e/o dello smarrimento della carta di debito, fino al momento della notifica di tali eventi all emittente, ma solo nei limiti di un massimale predeterminato, non superiore, secondo le indicazioni comunitarie, alla soglia dei 150 Euro. Un simile regime tendente a limitare la perdita da addossare al cliente nei limiti dell accennato massimale, non deve essere applicato qualora il titolare della carta abbia violato, agendo con dolo o grave negligenza, gli obblighi di corretto impiego e di custodia dello strumento di pagamento (e dei codici abbinati), o quello delle comunicazione nei confronti dell emittente. In seguito alla notifica, invece, le conseguenze economiche derivanti dalla spendita abusiva della carta saranno addebitate all emittente che, Pag. 4/7

14 Decisione N. 190 del 02 aprile 2010 informato, deve adottare le misure per impedire l utilizzo della carta, rispondendo per le carenze del sistema di pagamento reso accessibile alla propria clientela. La dottrina ha posto in evidenza come la ratio del regime suggerito dalla Raccomandazione CEE sia da rinvenire, da un lato, nell intento di responsabilizzare l utente dei servizi di pagamento elettronici, così da indurlo a comportamenti diligenti e corretti, che possano porlo al riparo dai rischi di un uso non autorizzato degli strumenti di pagamento a sua disposizione. Dall altro di obbligare gli emittenti a sopportare larga parte dei rischi medesimi, sulla base del presupposto che essi siano insiti nello svolgimento dell attività di impresa, sollecitandoli nel contempo ad adottare presidi di sicurezza via via più rapidi ed efficaci e efficienti sistemi di allerta del cliente in presenza di situazioni sospette, con effetti positivi nei confronti della stessa clientela, in termini di maggiore efficienza e sicurezza del servizio. Il sistema così delineato, che addossa al cliente, anche se inconsapevole, una (seppur contenuta) parte delle perdite può apparire discutibile, ma sul piano pratico rappresenta indubbiamente una notevole semplificazione dei rapporti tra emittente e cliente, consentendo di risolvere sul nascere situazioni controverse. Il punto debole è tuttavia rappresentato dal profilo probatorio, essendo evidentemente difficile stabilire quali atteggiamenti integrino gli estremi della negligenza grave (restando ferma la rilevanza del dolo), ai fini di escludere la limitazione della responsabilità del titolare della carta rubata o smarrita, nonché risultando anche complesso determinare a chi competa la dimostrazione dei fatti che possano giustificare un addebito in capo all intestatario dello strumento anziché all emittente. Sul primo punto si può ritenere che l inadempimento degli obblighi comportamentali (denunzia tempestiva, attivazione del blocco della carta), rappresenti un ipotesi di colpa inescusabile, che comporta la conseguenza dell addebito totale degli ordini di prelievo pervenuti all emittente e da questi eseguiti. Ma va anche sottolineato che la giurisprudenza, soprattutto straniera, è stata molto severa nell affermare una implicita coincidenza tra uso non autorizzato della carta di debito e grave mancanza di diligenza (soprattutto nella custodia della carta e del pin ). E pur vero che l impossibilità di utilizzare la carta di debito senza la conoscenza del codice segreto, può indurre a presumere che il possessore della carta abbia mal custodito, o omesso di mantenere separati, codice e carta,venendo meno ai suoi obblighi contrattuali. Ma è anche vero che molto spesso le chiavi di accesso ai servizi di pagamento vengono carpite con l inganno, senza che il titolare abbia la possibilità di rendersi conto del fatto nell immediato. In tale prospettiva si è posta la recente pronunzia del Tribunale di Roma, Terza Sezione, del 20 marzo 2006, che ha stabilito che in caso di uso illegittimo di una tessera Bancomat, l ente che eccepisca la colpa concorrente del titolare, per custodia difettosa del codice personale, ha Pag. 5/7

15 Decisione N. 190 del 02 aprile 2010 l onere di provare concretamente tale negligenza, la quale non può ritenersi in re ipsa per il solo fatto che una tessera Bancomat, dopo il furto, sia stata utilizzata per prelevare contanti utilizzando il pin. L illecita acquisizione di questo potrebbe essere avvenuta, prosegue la Sentenza, attraverso speciali software in grado di leggere le informazioni contenute nella banda magnetica della tessera, oppure potrebbe essere stato carpito prima del furto, in esito ad appostamenti o pedinamenti del titolare della carta. In ogni caso, conclude la decisione, sarebbe stato onere della banca provare le concrete modalità di acquisizione del pin da parte dell ignoto utilizzatore abusivo. Non dello stesso orientamento la Sentenza del tribunale di Milano del 4 aprile 2007 che esclude la responsabilità della banca nei confronti del cliente per i a pagamenti effettuati senza il consenso di questi, con la carta smarrita o sottratta, dando rilievo alla circostanza che il cliente non abbia conservato in luoghi separati il bancomat e l annotazione del codice segreto. Al riguardo, è da ritenere che la spendita non autorizzata dello strumento di pagamento non basti di per sé a provare la grave negligenza del titolare, come ormai riconosciuto dalla direttiva CEE n. 64 e dal decreto legislativo di attuazione di attuazione, n.11 del 27 gennaio La nuova disciplina stabilisce infatti che, qualora il titolare di uno strumento di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzo dello strumento non è di per sé sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dal titolare, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave agli obblighi (in tema di blocco dell operatività). Dispone inoltre che, salvo il caso in cui il titolare abbia agito con dolo o colpa grave, ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati, prima della comunicazione di blocco, egli può sopportare la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento, conseguente a furto o a smarrimento, per un importo comunque non superiore complessivamente a 150 Euro. E infine che qualora il titolare abbia agito invece in modo fraudolento o non abbia adempiuto agli obblighi di tenuta corretta e di comunicazione con dolo o colpa grave, esso è tenuto a sopportare tutte le perdite derivanti da operazioni non autorizzate e non si applica il limite dei 150 Euro. Pare quindi opportuno, alla luce della disciplina vigente al momento in cui l evento alla base del ricorso si è verificato, costituita dalle condizioni generali di contratto adottate dall intermediario in conformità alla raccomandazione CEE del 1997 e sottoscritte dal cliente, seguire il criterio di valutare caso per caso le circostanze del furto o della sottrazione della carta di debito, per stabilire se il possessore abbia o meno osservato un comportamento sufficientemente accorto e diligente, in rapporto agli obblighi previsti nel contratto di rilascio, o ai più generali doveri di buona fede e correttezza nell esecuzione del rapporto contrattuale, concorrendo eventualmente Pag. 6/7

16 Decisione N. 190 del 02 aprile 2010 a provocare il danno. Nella specie appare evidente dai comportamenti del cliente, che tempestivamente ha attivato la procedura di blocco e ha provveduto a denunziare il furto all autorità competente e alle comunicazioni nei confronti della banca non appena constatata la sottrazione della carta, che non si possano addebitare ad esso gravi negligenze. Né tanto meno la banca ha inteso provare e ha provato un comportamento fraudolento. Anche le circostanze esterne, rappresentate dall essere stati i prelievi effettuati in sportello automatici contigui al luogo in cui il cliente si trovava e in cui il furto è stato perpetrato, depongono nel senso dell assenza di una negligenza grave del cliente, consentendo di ipotizzare che l acquisizione del pin possa essere stata carpita nel momento in cui il cliente ha digitato lo stesso per effettuare il pagamento cui era tenuto. PQM Il Collegio, in accoglimento parziale del ricorso, dichiara tenuta la banca alla restituzione della somma indebitamente prelevata dedotto l importo di 150,00. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di. 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di. 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7

17 ASSEGNO BANCARIO NEGOZIAZIONE RESTITUZIONE COME INSOLUTO MANCATO PROTESTO RESPONSABILITA BANCA NEGOZIATRICE - INSUSSISTENZA Con decisione n. 198/10, resa dal Collegio di Napoli nella seduta del 23 marzo 2010, l ABF pronunciandosi sul ricorso con il quale il beneficiario di un assegno bancario contestava, alla banca presso la quale aveva tempestivamente negoziato il titolo, di averglielo restituito impagato e non protestato perché presentato oltre i termini - ha ritenuto non meritevole di accoglimento la domanda di risarcimento danni vuoi perché non può ragionevolmente muoversi all intermediario un rimprovero di difetto di diligenza dal momento, per un verso, (i) che le modalità seguite sono coerenti con gli standard tecnici di gestione del servizio incasso assegni, e anzi quelle obbligatorie ai sensi dell accordo interbancario per i titoli di importo inferiore ad 3.000,00, e, per altro verso, (ii) che l invio dell assegno al protesto è atto di competenza della banca trattaria - ; vuoi in ogni caso perché il cliente si è limitato solo ad allegare il danno rappresentato dal mancato incasso dell importo nominale dell assegno, senza però documentare di aver almeno provato a richiedere al traente il pagamento dell assegno in via di regresso, ovvero ad esigere il credito relativo al rapporto sottostante l emissione del titolo, e di essersi visto opposto un rifiuto. Ad avviso del Collegio, infatti, anche a volersi collocare sulla linea interpretativa della Corte di Cassazione secondo la quale la levata del protesto, oltre ad avere la funzione tipica di impedire la decadenza delle azioni di regresso, ha anche la funzione di far attestare in modo solenne il mancato pagamento, per cui può servire anche a provocare indirettamente il pagamento, è indubbio che per poter chiamare l intermediario a rispondere di un danno derivante dalla mancata levata del protesto il cliente deve, quantomeno, dimostrare di aver provato comunque a riscuotere il credito vantato verso il traente, che appunto resta esercitabile indipendentemente dalla mancanza di siffatta formalità, e di essersi visto rifiutare anche da questi il pagamento. ( cfr. decisione di seguito riportata )

18 Decisione N. 198 del 02 aprile 2010 IL COLLEGIO DI NAPOLI composto dai signori: - Prof. Avv. Enrico Quadri Presidente - Dott. Comm. Leopoldo Varriale Membro designato dalla Banca d'italia - Prof. Avv. Ferruccio Auletta Membro designato dalla Banca d'italia - Prof. Avv. Nicola Rocco di Torrepadula Membro designato dal Conciliatore Bancario - Prof. Avv. Giuseppe Guizzi Membro designato da Confindustria, di concerto con Confcommercio, Confagricoltura e Confartigianato (estensore) nella seduta del 23 marzo 2010 dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica FATTO La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio attiene alle condotte poste in essere dall intermediario in conseguenza della mancata riscossione di un assegno bancario di cui il proprio cliente era beneficiario e tratto su una banca terza. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. In data 22 gennaio 2009 il cliente versava sul conto corrente intrattenuto con l intermediario un assegno bancario, emesso in suo favore per l importo di 2.000,00 e tratto su una banca terza. L importo dell assegno, contabilizzato sul conto del cliente, veniva tuttavia successivamente stornato, in quanto l intermediario si era visto rifiutare il pagamento da parte della banca trattaria per mancanza di fondi disponibili. In tale occasione l intermediario procedeva, altresì, ad addebitare sul conto corrente del cliente anche le somme di 9,95 per recupero spese assegno e 113,22 a titolo di spese reclamate assegno. Pag. 2/6

19 Decisione N. 198 del 02 aprile 2010 In data 27 febbraio 2009 il cliente presentava reclamo, dolendosi del comportamento dell intermediario e in particolare del fatto che l assegno era stato restituito non solo non pagato per mancanza dei fondi disponibili ma anche non protestato perché presentato oltre i termini per il protesto. In ragione di tale ultima circostanza a suo dire addebitabile esclusivamente all intermediario, avendo egli versato l assegno sul conto il giorno stesso della sua emissione il cliente chiedeva di essere tenuto indenne di tutti i danni sofferti, corrispondenti all importo dell assegno non riscosso e alle spese; in particolare con riferimento a queste ultime lamentava l arbitrarietà dell addebito soprattutto in considerazione del fatto che l assegno appunto non era stato protestato. L intermediario riscontrava il reclamo con nota datata 30 aprile 2009, precisando che l assegno era ritornato non pagato in check truncation in data 27 gennaio 2009 con causale difetto di provvista e quindi ripresentato in Stanza di compensazione il successivo 29 gennaio. Affermava, quindi, quanto alla doglianza del cliente per il mancato protesto, che quest ultimo non era atto di sua competenza ma appunto della banca trattaria; quanto, invece, alla doglianza relativa al conteggio delle spese, sottolineava, invece, che il loro addebito era giustificato alla luce delle clausole contrattuali, puntualmente indicate nei fogli informativi disponibili sul sito internet, e che la mancata quantificazione, a priori, delle spese reclamate dipendeva dal fatto che queste ultime, a differenza delle commissioni su assegni non pagate, possono variare a secondo del soggetto che le reclama. Non soddisfatto delle risposte dell intermediario, in data 30 novembre 2009 il cliente ha presentato ricorso all Arbitro Bancario Finanziario. Nel descrive nuovamente i termini della questione, il cliente insisteva sul difetto di diligenza in cui era incorso l intermediario, sottolineando come per il cliente fossero irrilevanti le modalità tecniche di lavorazione del titolo, e come ciò che risultava rilevante fosse solo il fatto, che pur presentato il giorno stesso dell emissione, l assegno non fosse stato protestato in quanto presentato fuori termine, ciò che allora bastava a rendere l intermediario responsabile per il non diligente esercizio del mandato sotteso al versamento dell assegno sul conto corrente. Un difetto di diligenza che secondo il cliente sarebbe ulteriormente dimostrato dal fatto che il titolo sarebbe stato presentato per l incasso solo sette giorni dopo il versamento dell assegno. Il cliente ha quindi concluso chiedendo la condanna dell intermediario al risarcimento dei danni per 2.000,00 pari all importo dell assegno non protestato, ed altresì il pagamento degli importi ingiustamente addebitatigli sul conto corrente di 9,95 per recupero spese assegno e 113,22 a titolo di spese reclamate assegno. L intermediario ha replicato al ricorso con controdeduzioni depositate nei termini. Nel ribadire le osservazioni svolte nella fase di reclamo, l intermediario ha precisato che la Pag. 3/6

20 Decisione N. 198 del 02 aprile 2010 prima presentazione dell assegno in check truncation risultava, stante l importo del medesimo, obbligatoria ai sensi dell accordo interbancario per il servizio di incasso degli assegni. Quanto alla doglianza relativa al mancato protesto l intermediario ha insisto sul fatto che la decisione di pagare l assegno o di inviarlo al protesto spetta solo alla banca trattaria, che allora sarebbe l unica responsabile per il pregiudizio derivante da una mancata levata del protesto; osserva, però, anche che nel caso di specie la mancata levata del protesto non ha comunque prodotto nessun pregiudizio al cliente, dal momento che egli era il diretto beneficiario dell assegno, e che dunque non vi era la necessità di tutelare l esperimento dell azione di regresso verso eventuali giranti dell assegno ai sensi della disciplina dell assegno bancario l azione di regresso verso il traente restando salva anche in difetto della constatazione solenne del mancato pagamento da parte del trattario. Il cliente ha presentato repliche alle controdeduzioni, con le quali ha eccepito la non pertinenza del riferimento dell intermediario al fatto che il mancato protesto non determina la perdita del diritto di regresso nei confronti del traente, nella specie unico obbligato cartolare, sostenendo che la levata del protesto avrebbe certamente provocato il pagamento dell assegno da parte del traente, il quale sarebbe stato indotto a favi fronte per evitare il discredito commerciale conseguente. Al fine di un più compiuto svolgimento dell istruttoria, in data 10 marzo sono state richieste all intermediario alcune integrazioni documentali, sia quanto alle condizioni contrattuali rilevanti per la decisione del caso, sia quanto alla natura e all ammontare delle spese reclamate. Tale richiesta è stata, però, solo parzialmente riscontrata dall intermediario, il quale, mentre ha inviato la documentazione relativa al contratto e ai fogli informativi, rispetto alle spese reclamate non ha trasmesso alcuna documentazione giustificativa, limitandosi solo a precisare che l importo è stata determinato sulla base delle seguenti voci: 82,10 spese Notaio per mancato protesto ; 3,72 spese di Stanza (banca trattaria) ; 27,50 spese reclamate per il servizio gestione insoluti. DIRITTO Ad avviso del Collegio il ricorso del cliente deve essere respinto in relazione alla domanda di risarcimento dei danni, mentre merita accoglimento in relazione alla domanda di rimborso delle spese reclamate conteggiategli in addebito. Per quanto concerne la domanda di risarcimento dei danni, ritiene il Collegio che essa non possa trovare accoglimento: vuoi perché non può ragionevolmente muoversi all intermediario un rimprovero di difetto di diligenza - dal momento, per un verso, (i) che le modalità seguite sono coerenti con gli ordinari standard tecnici di gestione del servizio Pag. 4/6

21 Decisione N. 198 del 02 aprile 2010 incasso assegni, e anzi quelle obbligatorie ai sensi dell accordo interbancario per i titoli di importo inferiore ad 3.000,00, e, per altro verso, (ii) che l invio dell assegno al protesto è atto di competenza della banca trattaria -; vuoi in ogni caso perché, e il rilievo è dirimente, il cliente si è limitato solo ad allegare il danno rappresentato dal mancato incasso dell importo nominale dell assegno, senza però documentare di aver almeno provato a richiedere al traente il pagamento dell assegno in via di regresso, ovvero ad esigere il credito relativo al rapporto sottostante l emissione del titolo, e di essersi visto opposto un rifiuto. Sotto questo specifico profilo, il Collegio non può, infatti, che convenire con quanto osservato dall intermediario in ordine al fatto che in un caso come quello di specie - in cui, come si è detto, l assegno non ha avuto di fatto circolazione, giacché il primo prenditore ne ha curato direttamente l incasso, sia pure valendosi della cooperazione del l intermediario presso cui aveva il conto corrente su cui ha versato l assegno - la mancata levata del protesto non ha una incidenza pregiudizievole per il prenditore, giacché questi non perde il diritto di regresso contro il traente (diritto che poi altro non è se si accede a quell impostazione che esclude che nel rapporto tra emittente e primo prenditore l assegno valga come titolo di credito che il diritto al pagamento del credito originato dal rapporto che ha dato causa all emissione del titolo). Certo il Collegio non ignora che, secondo un autorevole indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione, la levata del protesto, oltre a quella tipica di impedire la decadenza delle azioni di regresso, ha anche la funzione di far attestare in modo solenne il mancato pagamento a ogni altro effetto, e che allora esso può servire anche per provocare indirettamente il pagamento, in quanto può indurre come appunto sottolineato dall odierno ricorrente il traente ad onorare il titolo anche solo per evitare il danno di immagine derivante dal procedimento di protesto. Gli è però che, anche a volersi collocare su questa linea interpretativa, - e dunque a volere sostenere che nella valutazione sul se levare il protesto si debba tenere conto pure di questo vantaggio ulteriore che siffatto adempimento può arrecare al prenditore, è evidente che per poter chiamare l intermediario a rispondere di un danno derivante dalla mancata levata del protesto il cliente deve, quanto meno, dimostrare di aver provato comunque a riscuotere il credito vantato verso il traente, che appunto resta esercitabile indipendentemente dalla mancanza di siffatta formalità, e di essersi visto rifiutare anche da questi il pagamento. Prova che nel caso di specie, invece, come detto, non è stata data. Venendo all esame della seconda domanda formulata dal cliente quella avente ad oggetto il rimborso delle spese reclamate assegno conteggiategli dall intermediario ad Pag. 5/6

22 Decisione N. 198 del 02 aprile 2010 avviso del Collegio essa merita accoglimento. Gli è, infatti, che l intermediario, pure richiesto di dare evidenza di come quell importo che egli stesso riconosce non determinato preventivamente in contratto sia stato calcolato in concreto, non ha ritenuto di fornire alcuna adeguata giustificazione limitandosi ad una indicazione di voci assolutamente poco chiare, e soprattutto, in relazione alla componente più cospicua ( le spese per intervento Notaio ) assolutamente contraddittoria con la circostanza rappresentata dal fatto che il titolo non è stato protestato. Il che rende, allora, davvero incomprensibili le ragioni per cui le stesse siano state riconosciute alla banca trattaria e dunque sostanzialmente ingiustificato il loro addebito a carico del cliente. P.Q.M. Il Collegio, in parziale accoglimento della domanda, dichiara l intermediario tenuto al rimborso della somma addebitata a titolo di spese reclamate assegno e pari a 113,22; rigetta ogni altra domanda. Il Collegio, dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 6/6

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