Appunti del Corso di Elementi di Fisica

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1 Appunti del Corso di Elementi di Fisica Docente: Pierpaolo Mastrolia Autore: Elia Arnese Feffin

2 Prefazione Questo documento contiene gli appunti del corso di Elementi di Fisica tenuto dal Prof. Pierpaolo Mastrolia durante l anno accademico del Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Chimica e dei Materiali tenuto presso l Università degli Studi di Padova. Il contenuto di questo documento non è da intendersi come sostitutivo del materiale didattico fornito e/o consigliato durante il corso, ma solo come complementare alle lezioni ed ai seguenti testi: Mazzoldi, Nigro, Voci, Elementi di Fisica, elettromagnetismo e onde. EdiSES, Padova: Zotto, Lo Russo, Sartori, Fisica Generale: Elettromagnetismo - Ottica, Edizioni La Dotta, [errata: zotto/errata_corrige_zls_2. pdf]. Cantatore, Vitale, Gettys Fisica 2: elettromagnetismo - onde, McGraw Hill, IV Edizione. Halliday, Resnik, Fondamenti di Fisica, elettromagnetismo e onde, Casa Editrice Ambrosiana, Si precisa inoltre che questo documento non riporta molte figure, talvolta utili alla comprensione degli argomenti trattati; si consiglia quindi di integrare quanto scritto seguendo le lezioni del corso e gli argomenti trattati sui testi citati. Segnalazioni Qualora rinvenuti, si prega di segnalare errori concettuali, formali, o semplici errori di battitura scrivendo agli indirizzi: elia24913@me.com pierpaolo.mastrolia@unipd.it riportando il titolo del documento, la sua versione e dettagli sufficienti all individuazione dell errore. Versione del 15 marzo i

3 Indice Prefazione i 1 Scalari e Vettori Operazioni Vettoriali Prodotto Scalare Prodotto Vettoriale Prodotto Misto Doppio Prodotto Vettoriale Operatori Differenziali Gradiente Divergenza Rotore Operatore di Laplace Elettrostatica Il Campo Elettrico Il Flusso di un Campo Il Teorema di Gauss Distribuzioni Continue di Carica Calcolo delle Carica di una Distribuzione Continua Applicazione del Teorema di Gauss I Conduttori Induzione Conduttori Isolati Conduttori Cavi I Condensatori Il Condensatore Cilindrico Il Condensatore Piano Collegamenti di Condensatori Carica del Condensatore La Forza nel Condensatore I Dielettrici Dielettrici all Interno di un Condensatore Piano Comportamento degli Isolanti Teorema di Gauss in Presenza di Dielettrici Dielettrici con Spessore Variabile Dielettrici con Inserimento Variabile Corrente Elettrica Condizioni di Corrente ii

4 3.1.1 Intensità di Corrente Principio di Conservazione della Carica La Legge di Ohm Legge di Ohm Macroscopica Resistenze La Forza Elettro Motrice Il Generatore di Differenza di Potenziale La Resistenza Interna Legge di Ohm Generalizzata Correnti Variabili Carica di un Condensatore Scarica di un Condensatore Magnetismo Il Campo Magnetico La Forza Magnetica Campo Magnetico Uniforme Corrente Elettrica in un Campo Magnetico Momenti Meccanici Dovuti ad un Campo Magnetico Effetto Hall Sorgenti Magnetiche La Legge di Laplace Campo Magnetico di un Asta Campo Magnetico di una Spira Quadrata Campo Magnetico di una Spira Circolare Campo Magnetico di un Solenoide Forza tra Due Aste La Legge di Ampère Campo Magnetico di un Asta Infinita Campo Magnetico di un Solenoide Toroidale Flusso Magnetico tra Circuiti Autoinduttanza Campi Magnetici nei Materiali Magnetizzazione Materiali Diamagnetici e Paramagnetici Permeabilità e Suscettività Magnetica della Materia Teorema di Ampère in Presenza di Materiale Materiali Ferromagnetici Elettromagnetismo Moto di Particelle Cariche Spettrometro di Massa Il Ciclotrone Equazioni di Maxwell La Legge di Faraday Effetto Dinamo Il Potenziale Vettore iii

5 5.3 Effetti del Campo Magnetico Variabile Induttanza Energia Magnetica Mutua Induttanza tra Circuiti Campo Elettrico Variabile Legge di Ampère-Maxwell Riepilogo sulle Relazioni Elettromagnetiche Campo ElettroMagnetico nel Vuoto Onde Elettromagnetiche Le Onde Il Moto della Corda Onde Piane L Onda Armonica Energia ed Intensità delle Onde Polarizzazione delle Onde Onde Piane Tridimensionali Le Onde Elettromagnetiche Derivazione delle Onde Elettromagnetiche Proprietà delle Onde Elettromagnetiche Intensità delle Onde Elettromagnetiche Lo Spettro delle Onde Elettromagnetiche Doppia Natura delle Onde Elettromagnetice Fenomeni Ondulatori Propagazione delle Onde nei Mezzi Materiali Riflessione e Rifrazione delle Onde Dispersione delle Onde Intensità e Potenza Trasmessa e Riflessa Casi Particolari di Riflessione e Rifrazione Interferenza e Diffrazione Parametri delle Onde Interferenti Casi di Interferenza Esperimento di Young Interferenza della Doppia Fenditura Interferenza di un Numero Finito di Fenditure Diffrazione: Interferenza di Infinite di Fenditure Appendice 177 A Formulario 178 A.1 Elettrostatica A.2 Corrente Elettrica A.3 Magnetismo A.4 Elettromagnetismo A.5 Onde Elettromagnetiche A.6 Costanti iv

6 Acronimi 185 v

7 1 Scalari e Vettori Per affrontare gli argomenti che verranno trattati si utilizzeranno due strumenti per esprimere i dati: Grandezze Scalari sono rappresentate da un numero puro. Grandezze Vettoriali sono delle entità matematiche che raccolgono più scalari al loro interno; verranno considerati principalmente i vettori bidimensionali del tipo v = (v 1, v 2 ) ed i vettori tridimensionali del tipo v = (v 1, v 2, v 3 ). Oltre alle grandezze pure, cioè rappresentate da un solo scalare o da un solo vettore, verranno largamente utilizzati i campi, che rappresentano distribuzioni spaziali di scalari o vettori. Si presti particolare attenzione al fatto che i campi che verranno utilizzati hanno un significato fisico intrinseco dovuto alla sola natura fisica del fenomeno in esame; a livello matematico, questa caratteristica implica delle proprietà univoche, come il valore di un campo scalare o il modulo, la direzione ed il verso di un campo vettoriale. Questa proprietà non rende comunque i campi indipendenti dal sistema di riferimento, necessario ad esprimerli in modo utilizzabile. Una diversa scelta di sistemi di riferimento potrebbe portare ad una diversa rappresentazione delle grandezze studiate, anche se caratterizzate da un significato fisico univoco. 1.1 Operazioni Vettoriali Le operazioni scalari sono ben note, mentre i vettori possono dare alcune operazioni particolari, come il prodotto scalare ed il prodotto vettoriale Prodotto Scalare Il prodotto scalare tra due vettori, indicato con l operatore, viene definito come la sommatoria dei prodotti delle rispettive componenti: v w = v 1 w 1 + v 2 w 2 + v 3 w 3 (1.1) il cui risultato è una grandezza scalare. Il prodotto scalare può anche essere definito sfruttando una proprietà degli spazi reali come: v w = v w cos(α) dove α è l angolo formato tra i due vettori; in questa forma, è chiaro che il prodotto scalare è nullo se i vettori sono ortogonali, mentre è massimo se i vettori sono paralleli. 1

8 1.1 Operazioni Vettoriali Scalari e Vettori Prodotto Vettoriale Il prodotto vettoriale tra due vettori, indicato con l operatore, viene definito come il determinante formale della matrice: û x û y û z v 2 w 3 v 3 w 2 v w = det v 1 v 2 v 3 = v 3 w 1 v 1 w 3 (1.2) w 1 w 2 w 3 v 1 w 2 v 2 w 1 dove û x, û y e û x sono le direzioni dei tre assi coordinati, il cui risultato è una grandezza vettoriale. È importante notare che il vettore individuato da un prodotto vettoriale è sempre ortogonale al piano individuato dai due vettori che si stanno moltiplicando. Il modulo dei un vettore derivante dal prodotto vettoriale può essere definito sfruttando una proprietà degli spazi reali come: v w = v w sin(α) dove α è l angolo formato tra i due vettori; in questa forma, è chiaro che il prodotto vettoriale è nullo se i vettori sono paralleli, mentre è massimo se i vettori sono ortogonali Prodotto Misto Esistono due particolari operazioni vettoriali che permettono di sfruttare prodotto scalare e vettoriale per ottenere il prodotto di tre vettori. È possibile definire il prodotto misto, definito come: v 1 v 2 v 3 v w u = det w 1 w 2 w 3 (1.3) u 1 u 2 u 3 dove è chiaro che va prima eseguito il prodotto vettoriale w u e poi il prodotto scalare del vettore risultante col vettore v. Questo prodotto ha un significato fisico molto importante, in quanto rappresenta il volume del parallelepipedo i cui spigoli sono individuati dai vettori v, w e u Doppio Prodotto Vettoriale Il doppio prodotto vettoriale è definito come: v ( w u) dove si esegue prima il prodotto vettoriale w u e poi il prodotto vettoriale del vettore risultante col vettore v. È necessario indicare le parentesi perché generalmente l ordine nel quale vengono eseguite le operazioni influenza il risultato. È possibile dimostrare che il vettore prodotto appartiene al piano individuato dai vettori w e u e che può essere calcolato come: v ( w u) = ( v u) w ( v w) u. (1.4) 2

9 1.2 Operatori Differenziali Scalari e Vettori 1.2 Operatori Differenziali Oltre ai prodotti citati nella sezione precedente, verrà fatto largo uso degli operatori differenziali classici, in particolare modo di gradiente, divergenza e rotore. A differenza dei prodotti vettoriali, questi operatori possono essere applicati sia ad un singolo vettore o ad uno scalare, ottenendo una grandezza consona, sia ad un campo vettoriale che ad un campo scalare, ottenendo un nuovo campo Gradiente Il gradiente viene indicato con ed è definito come il vettore che ha per componenti le derivate parziali, nell ordine, rispetto a x, y e z: ( = x, y, ). (1.5) z Il gradiente è un operatore differenziale che può essere applicato a funzioni scalari per ottenere un vettore che ne contiene le derivate parziali; considerando la funzione f = f(x, y, z), il gradiente applicato ad essa è: ( (f) = x f, y f, ) z f. Applicando invece il gradiente ad un campo scalare è possibile ottenere il campo vettoriale dal quale deriva; più avanti verrà infatti detto che il campo elettrico può essere definito come l opposto del gradiente del potenziale elettrico, che è infatti un campo scalare. Il gradiente non è utile solo come operatore differenziale, ma può essere utilizzato come vettore nelle operazioni di prodotto tra vettori, permettendo di definire altri due oggetti Divergenza La divergenza di un vettore viene definita come il prodotto scalare del gradiente per il vettore: v = x v x + y v y + z v z. (1.6) La divergenza può essere applicata ad un campo vettoriale per ottenere un campo scalare che rappresenta la tendenza del campo vettoriale a convergere verso un certo punto. Esiste un teorema molto importante, detto teorema della divergenza, che permetterà di ricavare alcune leggi interessanti Rotore Il rotore di un vettore viene definito come il prodotto vettoriale del gradiente per il vettore: û x û y û v z y z v z y v = det x y z = v z x v x z. (1.7) v x v y v v z x y v y x 3

10 1.2 Operatori Differenziali Scalari e Vettori Il rotore può essere applicato ad un campo vettoriale per ottenere un nuovo campo vettoriale. Esiste un teorema molto importante, detto teorema di Stokes, che permetterà di ricavare alcune leggi interessanti Operatore di Laplace Come esiste il prodotto scalare di un vettore per sé stesso, definito come la sommatoria delle proprie componenti al quadrato: v v = v x 2 + v y 2 + v z 2 esiste il prodotto scalare del gradiente per sé stesso: = 2 x y z 2 che restituisce la somma delle derivate seconde; questo operatore viene definito come 2 e prende il nome di operatore di Laplace. 4

11 2 Elettrostatica L elettrostatica studia le forze ed i fenomeni connessi alle cariche elettriche, che possono essere di natura positiva o negativa. Le cariche che verranno studiate possono essere cariche puntiformi, cioè concentrate in un punto privo di dimensioni, oppure distribuzioni continue di caria, cioè distribuite su più dimensioni. 2.1 Il Campo Elettrico Ogni carica puntiforme produce un campo elettrico che ha la caratteristica di essere un campo vettoriale centrale e conservativo. Il campo elettrico viene definito centrale perché la sua intensità dipende dalla distanza dalla carica sorgente, mentre viene definito conservativo perché il lavoro necessario a spostare una carica puntiforme da un punto A ad un punto B del campo non dipende dal percorso seguito. In particolare, la proprietà di essere un campo conservativo vale per qualunque tipo di campo espresso nella forma: E = C r n ûn (2.1) dove C è una costante arbitraria, r n indica la dipendenza dal raggio elevato alla n e û n è il versore radiale alla sorgente del campo. Se l intensità del campo non dipende linearmente dal raggio, cioè n 1, si può definire il potenziale del campo come il valore V (r) = r E d S = C (n 1)r n 1 (2.2) che è un valore scalare. Esiste una legge che vale solo se il campo ha una dipendenza quadratica dal raggio, cioè per n = 2, detta legge di Gauss, che ha quindi validità per il campo gravitazionale, per il campo elettrico e per il campo magnetico. Per enunciare la legge di Gauss è necessario introdurre alcuni concetti preliminari Il Flusso di un Campo Considerata una superficie Σ e definito un verso positivo di tale superficie, è possibile definire un vettore perpendicolare alla superficie, detto vettore di superficie. La legge di Gauss si fonda sul concetto di flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie, ma la sua espressione ed il suo calcolo cambiano a seconda del tipo di superficie in esame. Per caratterizzare il flusso è bene partire dal concetto di flusso differenziale. Si consideri il campo elettrico E con direzione û r che attraversa una superficie infinitesima dσ alla 5

12 2.1 Il Campo Elettrico Elettrostatica quale si associa il vettore di superficie û n ; il flusso del campo E attraverso la superficie dσ si definisce come: dφ( E) = ( E û n )dσ = E(û r û n )dσ = Ecos(θ)dΣ (2.3) dove cos(θ) = û r û n e θ è l angolo tra il vettore di superficie ed il vettore campo elettrico. Il flusso attraverso l intera superficie, anche detto flusso integrato, si ottiene grazie all integrale di superficie del flusso differenziale: Φ( E) = dφ( E) = ( E û n ) dσ. (2.4) Σ Inoltre, se si considera una superficie chiusa Σ, si può calcolare il flusso grazie all integrale curvilineo su Σ: Φ( E) = E û n dσ Il Teorema di Gauss Σ Il teorema di Gauss per il campo elettrico permette di stabilire una relazione tra il flusso di un campo elettrico attraverso una superficie chiusa e la carica elettrica interna a tale superficie: Σ Φ( E) = 1 ε 0 q int (2.5) dove q int è la carica elettrica totale interna alla superficie e ε 0 è la costante dielettrica del vuoto. È importante notare che il campo E è generato dalla totalità delle cariche elettriche, anche da quelle esterne alla superficie, mentre il flusso attraverso una superficie dipende solamente dalle cariche interne. 2.2 Distribuzioni Continue di Carica Il teorema di Gauss può essere applicato anche a distribuzioni continue di carica elettrica, che presentino un elevato grado di simmetria, ma serve un modo per calcolare il valore complessivo di tali cariche. Le distribuzioni continue di carica si classificano a seconda delle dimensioni sulle quali si sviluppano e vengono studiate attraverso una grandezza denominata densità di carica; questa può essere: una densità lineare, utile per corpi che si sviluppano su una sola dimensione, che identifica la densità della carica per unità di lunghezza: λ = q L ; una densità superficiale, utile per corpi che si sviluppano su due dimensione, che identifica la densità della carica per unità di superficie: σ = q Σ ; una densità volumetrica, utile per corpi che si sviluppano su tre dimensione, che identifica la densità della carica per unità di volume: ϱ = q τ. 6

13 2.2 Distribuzioni Continue di Carica Elettrostatica Calcolo delle Carica di una Distribuzione Continua Considerando, ad esempio, un volume τ sul quale è distribuita una carica q con densità volumetrica ϱ, la carica interna ad una superficie Σ può essere calcolata grazie all integrale di volume della densità di carica: q int = ϱ dτ τ(σ) da cui deriva che il flusso viene espresso come: Φ( E) = 1 ε 0 τ(σ) ϱ dτ. Un caso particolare è quando il vettore superficie associato ad una superficie Σ è parallelo al campo elettrico, che significa che il campo è perpendicolare alla superficie; considerando la densità di carica sulla superficie Σ pari a σ, il flusso può essere calcolato come: Φ( E) = E Σ = EΣ e, grazie al teorema di Gauss, è noto che il flusso è uguale al rapporto tra la carica interna e la costante dielettrica del vuoto: EΣ = q ε 0 e quindi si ottiene il valore del campo nel caso di una superficie generale: E = q Σε Applicazione del Teorema di Gauss Il teorema di Gauss si rivela molto utile perché permette di calcolare il valore di un campo elettrico conoscendo la carica e la superficie, servendosi poi del flusso del campo per essa; inoltre, grazie a quanto appena visto, la superficie può essere scelta in modo intelligente, al fine di semplificare i calcoli. Esempio di Campo Elettrico di una Sfera con Carica Superficiale Si consideri un guscio sferico di raggio R e di superficie Σ con densità di carica pari a σ; si vuole calcolare l intensità del campo elettrico E generato dalla sfera sia all esterno che all interno della stessa. r > R. Considerando un punto P a distanza r dal centro della sfera, con r > R, quindi esterno alla sfera stessa, è necessario scegliere una superficie per il calcolo del flusso; una scelta intelligente consiste nel considerare una superficie sferica di raggio r e calcolare il flusso per essa per poi applicare l equazione 2.5 nella pagina precedente. La superficie della sfera di raggio r è data da 4πr 2, quindi il flusso del campo viene espresso come: Φ( E) = E(r)4πr 2 7

14 2.2 Distribuzioni Continue di Carica Elettrostatica dove E(r) indica il modulo del campo elettrico a distanza r dalla sorgente; si è adottata questa scrittura perché il campo è perpendicolare alla sfera in ogni suo punto. Basta ora applicare il teorema di Gauss: E(r)4πr 2 = q ε 0 E(r) = q ε 0 4πr 2 e concludere moltiplicando per il versore radiale alla superficie sferica per ottenere l espressione vettoriale del campo: E = q ε 0 4πr 2 ûr. r < R. Se invece si considera punto P a distanza r dal centro della sfera, con r < R, cioè all interno della sfera carica, si dovrebbe considerare una superficie sferica di raggio r, ma in questo caso non esistono cariche interne a tale superficie; il campo interno alla sfera risulta quindi nullo. Esempio di Campo Elettrico di una Sfera con Carica Volumetrica Considerando invece una carica q distribuita su tutto il volume della sfera con densità ϱ, il campo all esterno della sfera non cambia rispetto a quello ricavato nell esempio precedente, ma il campo all interno sì. Considerando un punto a distanza r dal centro della sfera, con r < R, la carica interna esiste e può essere calcolata come: q = ϱ 4 3 πr3. Applicando ora il teorema di Gauss si ha che: E(r)4πr 2 = q ε 0 E(r)4πr 2 = ϱ 4 3 πr3 ε 0 E(r) = ϱr 3ε I Conduttori In questa sezione verranno studiati i conduttori in equilibrio elettrostatico, che sono materiali che hanno determinate caratteristiche. Prima di tutto, un conduttore è un materiale che rispetta la legge di Gauss vista nella sezione 2.1 a pagina 5, cioè: ( n ) Φ( E) = E û n dσ = 1 q i = 1 ϱ dτ. Σ ε 0 ε i=1 0 τ(σ) È interessante notare come la legge di Gauss applicata ad un conduttore metta in relazione un integrale di linea chiusa su superficie con un integrale di volume. int 8

15 2.3 I Conduttori Elettrostatica Inoltre, esiste un teorema, detto teorema della divergenza, che permette di identificare matematicamente il flusso del campo elettrico con l integrale di volume della divergenza del vettore campo elettrico: Φ( E) = E dτ e, dato che la variabile di integrazione è la stessa, permette di uguagliare la funzione integranda di questo integrale con quella dell integrale di volume della legge di Gauss: τ E = ϱ ε 0 (2.6) ottenendo quella che viene detta forma locale del teorema di Gauss. Questa forma della legge di Gauss è un equazione differenziale che consente di collegare il campo elettrico con la distribuzione delle cariche che lo genera. Una seconda proprietà dei conduttori riguarda la circuitazione del campo elettrico, che deve essere nulla; la circuitazione viene espressa dall integrale sulla linea chiusa γ del campo elettrico: E ds = 0. γ Esiste un teorema, detto teorema di Stokes, che permette di mettere in relazione la circuitazione con l integrale di superficie del rotore del campo elettrico: E ds = ( E) û n dσ = 0. γ Σ La giustificazione matematica dell annullamento dell integrale sta nel fatto che il campo elettrico può essere espresso come l opposto del gradiente del potenziale elettrico: E = (V ) e quando si sostituisce nell integrale, si ottiene il prodotto vettoriale di due vettori identici, nullo per definizione. Alle due condizioni matematiche appena viste, valide per un conduttore in equilibrio elettrostatico, corrisponde un oggetto che gode delle seguenti proprietà: la carica elettrica è distribuita solo sulla superficie esterna; il campo elettrico interno al conduttore è sempre nullo; il potenziale elettrico è costante in tutti i punti della superficie. Un esempio di conduttore in equilibrio elettrostatico è la sfera cava che si è studiata come esempio alla fine del paragrafo a pagina 7. Nello specifico, il fatto che il potenziale rimanga costante su tutti i punti della superficie discende dalla proprietà che permette di esprimere il campo elettrico con l opposto del gradiente del potenziale elettrico. Considerando infatti due punti P 1 e P 2 sulla superficie esterna del conduttore e calcolandone la differenza di potenziale, grazie al teorema di Stokes è possibile dire che: V (P 1 ) V (P 2 ) = 9 P2 P 1 E d S

16 2.3 I Conduttori Elettrostatica ma questo integrale è nullo per la proprietà di circuitazione, quindi si ha che: V (P 1 ) V (P 2 ) = 0 V (P 1 ) = V (P 2 ). Questa condizione è particolarmente importante perché impone la statica delle cariche sulla superficie del conduttore: se tutti i punti sono allo stesso potenziale, nessuna carica si sposta da un punto ad un altro. Un ultima proprietà dei conduttori è che il campo elettrico sul bordo esterno è sempre perpendicolare alla superficie Σ ed il suo modulo vale σ/ε 0, dove σ è la densità superficiale di carica Induzione Quando si inserisce un conduttore all interno di un campo elettrico esterno, questo tende a modificare la distribuzione di carica del conduttore, indifferentemente dal fatto che sia carico o meno. Ad esempio, se si inserisse un conduttore sferico all interno del campo generato da due piastre con cariche di segno opposto (che generano un campo tra le piastre diretto verso quella con carica negativa), il campo da esse prodotto induce un campo sulla sfera, che distribuisce le sue cariche in modo da mantenere nullo il campo interno. Il campo interno alla sfera, necessario ad annullare il campo totale, si definisce campo indotto. Questo fenomeno viene infatti definito induzione, dove un campo esterno tende a modificare la distribuzione di carica su un conduttore Conduttori Isolati I conduttori isolati sono conduttori che non sono in alcun modo soggetti all influsso di cariche o campi esterni. Per questa classe di conduttori è possibile definire una grandezza detta capacità: C = q V. (2.7) Ricordando che la carica elettrica può essere calcolata come: q = σdσ e che il potenziale elettrico può essere calcolato come: V = 1 σ 4πε 0 r dσ Σ anche se queste due grandezze venissero riscalate, la capacità del conduttore non cambiaerebbe. Per riscalatura si intende una modifica nella distribuzione della carica elettrica tramite moltiplicazione per un numero reale α, detto fattore di riscalatura, con una conseguente modifica di carica totale e di potenziale elettrico. Definendo la riscalatura della distribuzione di carica come: Σ σ σ = ασ 10

17 2.3 I Conduttori Elettrostatica si ha una riscalatura anche di carica totale e potenziale: q q = αq e V V = αv ma la nuova capacità, indicata con C, rimane comunque invariata: C = q V = αq αv = q V = C. La capacità dipende quindi solamente dalla distribuzione della carica sul conduttore, cioè dalla sua geometria. Esempio di Applicazione della Capacità Si considerino due sfere conduttrici S 1 e S 2 collegate da un filo, rispettivamente di raggio R 1 e R 2, con R 1 > R 2. La carica complessiva q si distribuisce uniformemente sulle due sfere nelle porzioni q 1 e q 2, con densità di carica σ 1 e σ 2. Trascurando gli effetti del filo e la carica sullo stesso, si vogliono determinare le cariche q 1 e q 2. La carica q si distribuisce uniformemente sulle due sfere, conservandosi, per cui vale che q = q 1 + q 2 ; inoltre, dato che le due sfere sono collegate da un filo, esse in realtà rappresentano un unico conduttore, quindi il potenziale sulla superficie esterna è lo stesso: V 1 = V 2 q 1 4πε 0 R 1 = q 2 4πε 0 R 2 q 1 q 2 = R 1 R 2. Applicando l equazione 2.7 nella pagina precedente ai potenziali appena calcolati, si nota che: q 1 q 2 = 4πε 0 R 1 = C 1 e = 4πε 0 R 2 = C 2 V 1 V 2 per cui vale che: q 1 q 2 = R 1 R 2 = C 1 C 2. Per calcolare le cariche, si considera ora il sistema: { q1 q 2 = R 1 R 2 q = q 1 + q 2 { q2 = R 2 R 1 q 1 ) q = q 1 (1 + R 2 R 1 { q2 = R 2 R( 1 q 1 ) R q = q 1 +R 2 1 R 1 da cui risulta che le cariche cercate sono espresse come: { q 1 = R 1 R 1 +R 2 q q 2 = R 2 R 1 +R 2 q. Il fatto che le cariche si distribuiscano in modo uniforme implica che ci sia una densità maggiore sulla sfera di raggio minore, ma questo significa che le densità di carica sono inversamente proporzionali ai raggi delle due sfere e che quindi la sfera di diametro minore avrà un campo più intenso. Questo è vero per il principio di equipotenzialità delle superfici. Questo è noto come potere delle punte: una geometria più acuta, che comporta una minor superficie, genera dei campi più intensi ed è più indicata per generare una differenza di potenziale. 11

18 2.3 I Conduttori Elettrostatica Conduttori Cavi Finora si è dato per scontato che i conduttori fossero dei corpi continui ma in realtà i conduttori sono materiali che conservano le proprietà di campo interno nullo e di superfici equipotenziali indifferentemente dalla geometria interna del conduttore, anche se questo fosse cavo. I conduttori cavi rappresentano un interessante oggetto di studio e costituiscono delle soluzioni tecnologiche interessanti, come lo schermo elettrostatico. In un conduttore cavo, infatti, il campo interno eventualmente generato per induzione di una carica q esterna al conduttore stesso genera effetti all esterno, ma non all interno del conduttore; nello stesso modo, i campi interni alla cavità del conduttore non influenzano i campi esterni. La condizione di equilibrio elettrostatico crea un vincolo fortissimo, tale che le eventuali azioni sul campo interno al conduttore non influenzano il campo esterno ed eventuali azioni sul campo esterno non influenzano il campo interno. Si supponga di disporre di una sfera conduttrice di raggio R 1 carica in superficie con carica positiva q e concentrica ad un conduttore sferico cavo di raggio interno R 2 e raggio esterno R 3 ; si vogliono analizzare campo elettrico e potenziale elettrico nei vari punti del sistema, cioè considerando un punto alle distanze dal centro di r < R 1, R 1 < r < R 2, R 2 < r < R 3 e r > R 3. Prima di tutto, si noti che la presenza della carica positiva interna al conduttore sferico cavo induce la presenza di cariche negative sulla sua faccia interna R 2 e di cariche positive sulla sua faccia esterna R 3, in modo da mantenere nullo il campo interno complessivo. r < R 1. Considerando un punto posto a distanza r < R 1, cioè interno alla sfera carica centrale, per quanto già visto nell esempio alla fine del paragrafo a pagina 7, il campo interno alla sfera deve essere nullo. I contributi di campo delle tre facce sono: E(r) = mentre i contributi di potenziale sono: q q q V (r) = + 4πε 0 R 1 4πε 0 R 2 4πε 0 R 3 per cui, per r < R 1, il campo elettrico è nullo, mentre il potenziale elettrico è costante. R 1 < r < R 2. Considerando un punto posto a distanza R 1 < r < R 2, cioè nella cavità tra la sfera interna e la faccia interna della sfera cava, il campo è prodotto dalla carica sulla sfera interna mentre il campo esterno non ha alcun effetto in questa parte di spazio. I contributi di campo delle tre facce sono: E(r) = mentre i contributi di potenziale sono: q 4πε 0 r V (r) = q 4πε 0 r q q + 4πε 0 R 2 4πε 0 R 3 per cui, per R 1 < r < R 2, il campo elettrico decresce quadraticamente al variare del raggio, mentre il potenziale elettrico decresce linearmente. 12

19 2.3 I Conduttori Elettrostatica R 2 < r < R 3. Considerando un punto posto a distanza R 2 < r < R 3, cioè interno al corpo del conduttore cavo, il campo elettrico deve nuovamente essere nullo; inoltre ci si trova all esterno di due facce con carica opposta, quindi si avrà una compensazione tra il potenziale generato dalla carica positiva e quello generato dalla carica negativa. I contributi di campo delle tre facce sono: E(r) = mentre i contributi di potenziale sono: q 4πε 0 r q 2 4πε 0 r V (r) = q 4πε 0 r q 4πε 0 r + q 4πε 0 R 3 per cui, per R 2 < r < R 3, il campo elettrico è nullo, mentre il potenziale elettrico è costante. r > R 3. Considerando un punto posto a distanza r > R 3, cioè all esterno della sfera cava, il campo elettrico è generato dalla carica indotta, mentre il campo interno non ha alcuna influenza in quanto si ha la compensazione necessaria ad annullare il campo nella zona R 2 < r < R 3 ; inoltre, questa compensazione vale anche per il potenziale. I contributi di campo delle tre facce sono: E(r) = q 4πε 0 r 2 mentre i contributi di potenziale sono: V (r) = q 4πε 0 r q 4πε 0 r 2 + q 4πε 0 r + q 4πε 0 r 2 q 4πε 0 r per cui, per r > R 3, il campo elettrico decresce quadraticamente al variare del raggio, mentre il potenziale elettrico decresce linearmente. Questa è la dimostrazione del fatto che i campi interni non hanno effetto su quelli esterni e che i campi esterni non hanno effetto su quelli interni. Un ulteriore prova può essere ottenuta apportando delle modifiche al sistema. Contatto tra la Sfera Interna e la Sfera Esterna Se si mettesse a contatto la sfera interna con la faccia interna della sfera cava esterna si formerebbe un unico conduttore, quindi le cariche delle sfera interna si sposterebbero sulla faccia esterna della sfera cava. Rimane quindi solo il contributo della faccia R 3, per cui i valori di campo elettrico e potenziale elettrico sono: se r < R 1 : se R 1 < r < R 2 : E(r) = 0 e V (r) = E(r) = 0 e V (r) = 13 q 4πε 0 R 3 ; q 4πε 0 R 3 ;

20 2.3 I Conduttori Elettrostatica se R 2 < r < R 3 : se r > R 3 : E(r) = 0 e V (r) = E(r) = q 4πε 0 R 3 ; q 4πε 0 r 2 e V (r) = q 4πε 0 r ; quindi il campo esiste solo all esterno della sfera, decrescendo quadraticamente, mentre il potenziale rimane costante all interno e decresce linearmente all esterno. Modificando quindi la situazione interna, quella esterna non cambia. Sfera Esterna Messa a Terra Se si mettesse la faccia esterna del conduttore cavo a terra, annullandone la carica, gli effetti esterni cesserebbero di esistere, ma quelli interni no. Rimane quindi solo il contributo della facce R 1 e R 2, per cui i valori di campo elettrico e potenziale elettrico sono: se r < R 1 : se R 1 < r < R 2 : E(r) = e V (r) = E(r) = q q ; 4πε 0 R 1 4πε 0 R 2 q 4πε 0 r + 0 e V (r) = q 2 4πε 0 r q ; 4πε 0 R 2 se R 2 < r < R 3 : E(r) = q 4πε 0 r 2 q e V (r) = q 4πε 0 r 2 4πε 0 r q 4πε 0 r ; se r > R 3 : E(r) = q 4πε 0 r 2 q e V (r) = q 4πε 0 r 2 4πε 0 r q 4πε 0 r ; quindi il campo esiste solo nella cavità tra le due sfere, decrescendo quadraticamente, mentre il potenziale rimane costante all interno della sfera carica, decresce linearmente nella cavità e si annulla all esterno. Modificando quindi la situazione esterna, quella interna non cambia. Il fatto che modificando la situazione interna non si modifichi quella esterna e che modificando quella interna non si modifichi quella esterna è quello che si voleva dimostrare. Si vuole ora calcolare la differenza di potenziale tra la sfera interna e la faccia interna della sfera esterna, data da: V 1 V 2 = q q = 4πε 0 R 1 4πε 0 R 2 q 4πε 0 ( 1 R 1 1 R 2 questa differenza di potenziale esiste sempre, sia che la faccia esterna della sfera esterna sia carica, sia che questa non lo sia. 14 ).

21 2.3 I Conduttori Elettrostatica Si può anche calcolare la capacità dell intero sistema, servendosi dell equazione 2.7 a pagina 10, considerando come potenziale la differenza appena calcolata: C = q V 1 V 2 = R 1R 2 R 2 R 1 4πε 0. Il sistema appena descritto è un esempio di induzione totale, definita come un situazione in cui tutte le linee di forza del campo prodotto da un oggetto carico intersecano un conduttore. Un sistema di conduttori nel quale si verifica un fenomeno di induzione totale viene definito condensatore. 2.4 I Condensatori Per condensatore si intende un sistema di conduttori nei quali si instaura un fenomeno di induzione totale. L esempio visto alla fine del paragrafo a pagina 12 è un esempio di condensatore sferico e la capacità calcolata, espressa dall equazione: C = 4πε 0 R 1 R 2 R 2 R 1 (2.8) rappresenta la capacità del condensatore sferico; si noti che il rapporto: R 2 R 2 R 1 è sempre maggiore di 1, in quanto il denominatore è certamente minore del numeratore. Era stata definita anche la capacità di un conduttore sferico di raggio R, espressa come: C = 4πε 0 R. Se si considera il condensatore sferico del quale si è parlato e si fa tendere il raggio della sfera esterna (R 2 ) a +, il rapporto: R 2 R 2 R 1 tende a 1, per cui la capacità del condensatore sferico risulta uguale a 4πε 0 R 1, cioè identica a quella di un conduttore sferico isolato. Il limite appena eseguito, cioè: lim 4πε R 1 R 2 0 R 2 R 2 R 1 è un limite caratteristico dei condensatori sferici, grazie al quale un conduttore sferico isolato può essere interpretato come un condensatore sferico in cui la sfera esterna ha un raggio infinito. Si vuole ora capire cosa succede se la distanza tra R 1 e R 2 è molto piccola, cioè se R 2 R 1 ; tale distanza viene definita come h = R 2 R 1 e viene considerato h R 1, R 2. 15

22 2.4 I Condensatori Elettrostatica Facendo tendere R 2 a R 1, la capacità del condensatore sferico può essere scritta come: C = 4πε 0R 1 2 h dove 4πR 1 2 è la superficie della sfera interna, indicata con Σ: C = ε 0Σ h. La capacità è quindi dipendente dalla superficie del condensatore Il Condensatore Cilindrico Si consideri un condensatore cilindrico composto di un cilindro di altezza d e raggio R 1, con carica totale q distribuita con densità lineare di carica λ, e che sia posto coassialmente all interno di un cilindro cavo di raggio interno R 2 e di raggio esterno R 3. Si vuole calcolare il campo nella zona R 1 < r < R 2, per cui si può considerare una superficie cilindrica (in modo che il campo prodotto dal cilindro interno sia sempre ortogonale ad essa) per il calcolo del flusso: e poi applicare il teorema di Gauss: 2πrdE = q ε 0 da cui deriva che il campo elettrico è: Φ( E) = ΣE = 2πrdE 2πrdE = λd ε 0 E = λ 2πε 0 r E(r) = λ 2πε 0 r ûn. Ora si può calcolare la differenza di potenziale tra le facce considerate, servendosi dell integrale tra R 1 e R 2 del campo elettrico: V 1 V 2 = R2 R 1 E d r = λ 2πε 0 ottenendo che la differenza di potenziale vale: V 1 V 2 = λ 2πε 0 ln ( R2 R 1 R2 R 1 1 r dr Si può ora calcolare la capacità del condensatore cilindrico: ). che risulta essere uguale a: C = q V 1 V 2 = λd λ 2πε 0 ln ( ) R 2 R 1 C = 2πε 0d ln ( R 2 R 1 ). (2.9) 16

23 2.4 I Condensatori Elettrostatica Si vuole ora capire cosa succede se la distanza tra R 1 e R 2 è molto piccola, cioè se R 2 R 1 ; tale distanza viene definita come h = R 2 R 1 e viene considerato h R 1, R 2. La capacità può anche essere espressa come: C = 2πε 0 d ln ( ) 1 + R 2 R 1 = 2πε 0d R 1 ln ( ) 1 + h R 1 ed eseguendone il limite per h 0, si ha che, grazie allo sviluppo di Taylor della funzione logaritmo, questa tende al valore di h/r 1, quindi la capacità del condensatore diventa: C = 2πε 0d = 2πε 0dR 1 h R 1 h dove 2πdR 1 è la superficie del cilindro interno, indicata con Σ: C = ε 0Σ h. Anche in questo caso si è giunti ad un conclusione analoga a quella del condensatore sferico, secondo la quale la capacità è dipendente dalla superficie del condensatore Il Condensatore Piano Un condensatore piano è costituito da due lastre di superficie Σ con carica uguale ed opposta q distribuita con densità superficiale σ = q/σ. Il campo del condensatore va dal piano positivo al piano negativo e può facilmente essere calcolato come: E = σ ε 0 û n. Considerata h come la distanza tra i due piani, la differenza di potenziale è data da: V 1 V 2 = Eh = σ ε 0 h = q ε 0 Σ h. e quindi la capacità del condensatore piano viene espressa come: C = q = ε 0Σ V 1 V 2 h. (2.10) Anche nel caso del condensatore piano si è giunti alla stessa formula della capacità, che dipende dalla superficie del condensatore. Si può quindi concludere che, se la distanza tra i due elementi di un condensatore è molto piccola, gli effetti della curvatura delle superfici sul campo elettrico sono trascurabili e quindi le superfici possono essere approssimate localmente con dei piani. Questo è un altro risultato del teorema di Coulomb, secondo il quale il campo all esterno di un conduttore, qualunque forma esso assuma, in prossimità della superficie Σ ha valore uguale a σ/ε 0. 17

24 2.4 I Condensatori Elettrostatica Collegamenti di Condensatori All interno di un circuito elettrico, i condensatori vengono rappresentati come nella figura 2.1. Si possono collegare più condensatori in uno stesso circuito, ma il loro comportamento complessivo varia a seconda del tipo di collegamento: collegando due condensatori in parallelo, il potenziale rimane costante; collegando due condensatori in serie, la carica rimane costante. Figura 2.1: Rappresentazione schematica di un condensatore. Si considerino i due condensatori C 1 e C 2 collegati in parallelo come mostrato nel circuito 2.1. Entrambi in condensatori, con carica rispettivamente q 1 e q 2, hanno il polo positivo rivolto verso il capo A del circuito. A C 1 C 2 Circuito 2.1: Condensatori collegati in parallelo. Dato che il potenziale rimane costante ed è definito come V = V A V B, le equazioni della carica dei due condensatori possono essere scritte come: B q 1 = C 1 V e q 2 = C 2 V ma la carica complessiva del sistema è data dalla somma delle singole cariche dei condensatori, che quindi viene espressa come: q = q 1 + q 2 = C 1 V + C 2 V = (C 1 + C 2 )V. In un sistema di condensatori collegati in parallelo, la relazione tra carica e potenziale è uguale a quella di un conduttore isolato, fatto che permette di definire la capacità complessiva, anche detta capacità equivalente e denotata con C eq, come la somma della capacità dei due condensatori: C = q V = (C 1 + C 2 )V V = C 1 + C 2 = C eq. Un sistema di condensatori collegati in parallelo può quindi essere rappresentato come un unico condensatore di carica pari alla somma della singole cariche e di capacità equivalente pari alla somma delle singole capacità. 18

25 2.4 I Condensatori Elettrostatica C 1 C 2 C B A Circuito 2.2: Condensatori collegati in serie. Si considerino i due condensatori C 1 e C 2 collegati in serie come mostrato nel circuito 2.2. Entrambi i condensatori, con carica q, hanno il polo positivo rivolto verso il capo C del circuito. In questo caso il potenziale non si conserva, ma la carica sì; note le capacità dei due condensatori, si può utilizzare l equazione 2.7 a pagina 10 per calcolare il potenziale nelle due sezioni del circuito: V 1 = V C V B = q C 1 e V 2 = V B V A = q C 2. Il calcolo della differenza di potenziale ai capi del circuito risulta ora abbastanza semplice: ( 1 V = V C V A = V C V B + V B V A = V 1 + V 2 = q + 1 ). C 1 C 2 Nella parentesi compare il reciproco della capacità equivalente, che nel collegamento in serie viene definita come: 1 C eq = 1 C C 2 C eq = C 1C 2 C 1 + C 2. Anche nel caso di un sistema di condensatori collegati in serie si può trattare il tutto come un unico condensatore di carica q dove il reciproco della capacità equivalente è pari alla somma dei reciproci delle singole capacità. Per concludere, si ricordi che: in un sistema di condensatori collegati in parallelo la capacità equivalente è definita come la somma delle singole capacità: C eqp = n C i ; (2.11) i=1 in un sistema di condensatori collegati in serie il reciproco della capacità equivalente è definito come la somma dei reciproci delle singole capacità: Esempio di Circuito di Condensatori 1 C eqs = n i=1 1 C i. (2.12) Si consideri un circuito elettrico composto da due condensatori C 1 e C 2 collegati in serie, rispettivamente a tensione V 1 = 30 V e V 2 = 20 V. 19

26 2.4 I Condensatori Elettrostatica C 2 C 1 Viene ora collegato in parallelo al condensatore C 1 un condensatore C = 2 µf. C 2 C 1 C A seguito del collegamento, le tensioni dei condensatori C 1 e C 2 cambiano, portandosi rispettivamente a V 1 = 5 V e V 2 = 45 V. Si vogliono calcolare le capacità C 1 e C 2. Prima del collegamento, il circuito è composto di due condensatori in serie, per cui la carica totale rimane costante ed è possibile scrivere che: da qui deriva che: C 1 V 1 = q e C 2 V 2 = q C 1 V 1 = C 2 V 2 C 1 C 2 = V 2 V 1 C 1 C 2 = 20 V 30 V C 1 C 2 = 2 3. Dopo il collegamento del condensatore C in parallelo al condensatore C 1, i due condensatori possono essere interpretati come un unico condensatore di capacità equivalente C eq = C 1 + C ; considerando questo condensatore come collegato in serie al condensatore C 2, si può fare un ragionamento analogo al caso precedente per quanto riguarda le cariche: (C 1 + C )V 1 = C 2 V 2 C 1 + C = V 2 C 1 + C C 2 V 1 C 2 = 45 V 5 V C 1 + C C 2 = 9. Basta ora risolvere il sistema: { C1 C 2 = 2 3 C 1 +C C 2 = 9 per calcolare le capacità dei due condensatori, che sono C 1 = 0,16 µf e C 2 = 0,24 µf. 20

27 2.4 I Condensatori Elettrostatica Carica del Condensatore Come si è notato più volte, i condensatori sono sistemi nei quali le cariche positive sono separate dalle cariche negative, ma questo comporta due problemi: le cariche dello stesso segno poste su uno stesso corpo tendono a respingersi tra di loro; le cariche di segno opposto poste su corpi diversi tendono ad attrarsi tra loro. Per mantenere separate le cariche elettriche è quindi necessario fornire dell energia ai condensatori, che si comportano quindi come degli accumulatori di energia. Per fornire energia ad un condensatore ed aumentare la sua carica q di una quantità dq si deve fornire un lavoro dw = V dq al condensatore; esprimendo il potenziale mediante la capacità si ottiene: dw = q C dq che rappresenta l espressione del lavoro infinitesimo. Per calcolare il lavoro totale basta integrare questa espressione tra 0 e la carica che si vuole raggiungere, indicata con q f : qf q W = dw = C dq = q 2 f 2C e rappresenta il lavoro da fornire al condensatore scarico per caricarlo fino alla carica q f. L energia presente all interno di un condensatore è quindi un energia potenziale di natura elettrostatica, indicata con U e, che può essere espressa in vari modi grazie all equazione 2.7 a pagina 10: U e = 1 q 2 2 C = 1 2 CV 2 = 1 qv. (2.13) 2 Considerando un condensatore piano composto di due lastre con carica q, densità di carica σ e con superficie Σ che si trovano a distanza h e ricordando che il campo, diretto dalla lastra positiva alla lastra negativa, ha modulo E = σ/ε 0, l energia potenziale elettrostatica del sistema può essere calcolata come: U e = 1 2 qv = 1 2 ΣσV = 1 2 ΣEε 0V e, ricordando che V = Eh, l equazione diventa: 0 U e = 1 2 ΣE2 ε 0 h ma il prodotto tra la superficie delle lastre e la loro distanza identifica il volume compreso tra di esse, indicato con τ: U e = 1 2 E2 ε 0 τ. Grazie a questa equazione è possibile definire la densità di energia elettrostatica, indicata con u e e definita come l energia potenziale elettrostatica per unità di volume: u e = U e τ = 1 2 E2 ε 0. (2.14) 21

28 2.4 I Condensatori Elettrostatica È ora possibile definire la forma infinitesima dell energia potenziale elettrostatica: du e = u e dτ = 1 2 E2 ε 0 dτ da cui deriva che l energia potenziale elettrostatica totale può essere calcolata integrando l espressione infinitesima: U e = du e = u e dτ. La densità di energia elettrostatica è fondamentale per calcolare l energia potenziale elettrostatica, in quanto mette a disposizione una formula che permette il suo calcolo diretto tramite integrazione. Si vuole provare ad applicare quanto appena detto al condensatore sferico. È già ben noto che il campo elettrico nell intercapedine del condensatore è dato da: E(r) = τ q 4πε 0 r 2 ma è necessario riferirsi ad un volume per il calcolo dell energia potenziale elettrostatica; si considera allora la corona sferica di spessore infinitesimo dr, grazie alla quale il volume può essere calcolato dal prodotto tra questo spessore e la superficie della sfera: dτ = Σdr = 4πr 2 dr. L energia potenziale elettrostatica può ora essere calcolata grazie all integrazione dell equazione 2.14 nella pagina precedente: R2 ( ) 2 1 q U e = R 1 2 ε 0 4πr 2 dr = q2 R2 ( 1 4πε 0 r 2 8πε 0 R 1 r dr = q2 1 1 ). 2 8πε 0 R 1 R 2 Questa espressione può anche essere scritta servendosi della capacità del condensatore sferico: ( U e = q2 1 1 ) q 2 R 2 R 1 q 2 = = 8πε 0 R 1 R 2 2(4πε 0 ) R 1 R 2 2(4πε 0 ) R 1R 2 = q2 R 2 R 1 2C. Se la sfera esterna nel condensatore fosse a potenziale nullo, per esempio messa a terra, l equazione calcolata descriverebbe perfettamente l energia potenziale elettrostatica del condensatore sferico; tuttavia, se la sfera esterna è carica, c è da tenere conto del contributo del suo potenziale. Per calcolare il potenziale esterno, cioè per r > R 3, si deve considerare lo stesso integrale utilizzato per calcolare l energia potenziale elettrostatica nella zona R 1 < r < R 2, ma utilizzando come estremi di integrazione R 3 e + : + ( ) 2 1 q U e = R 3 2 ε 0 4πr 2 dr = q2 4πε 0 r 2 8πε 0 + R 3 1 r 2 dr = q2 8πε 0 R 3. Anche in questo caso, l energia potenziale può essere espressa servendosi della capacità del conduttore sferico, definita come C = 4πε 0 R 3 : U e = q2 2C. 22

29 2.4 I Condensatori Elettrostatica Si riportano delle altre formule che permettono di calcolare l energia potenziale elettrostatica conoscendo il potenziale e la distribuzione di carica; a seconda della forma della distribuzione di carica si deve utilizzare una diversa formula: U e = 1 V λ ds U e = 1 V σ dσ U e = 1 V ϱ dτ. 2 γ 2 Σ 2 τ è: Infine, si ricorda che l energia potenziale elettrostatica in un condensatore a due elementi U e = 1 2 q(v 1 V 2 ) (2.15) dove V 1 V 2 = V è la differenza di potenziale tra le due facce ed il calcolo è facilmente estendibile al caso di un condensatore con n elementi: U e = 1 2 n q i V i = 1 2 i= La Forza nel Condensatore n C i V 2 i = 1 2 i=1 n i=1 q i 2 C i. (2.16) Si considerino due sfere isolate di raggi R 1 e R 2 poste a distanza d e con cariche rispettivamente q 1 e q 2 ; si consideri la distanza tra le due sfere molto maggiore dei raggi, condizione che garantisce che le distribuzioni di carica delle sfere non varino a causa di interazioni reciproche. L energia potenziale complessiva del sistema può essere calcolata grazie all equazione 2.16: U e = 1 2 q 1V q 2V 2 dove i potenziali sono: V 1 = q 1 4πε 0 R 1 + q 2 4πε 0 d e V 2 = q 2 4πε 0 R 2 + q 1 4πε 0 d. Sostituendo, si ha che: q 1 2 q 2 2 U e = q 1q 2 2 4πε 0 R 1 2 4πε 0 R 2 4πε 0 d dove sostituendo le capacità del conduttore sferico si ha che: U e = 1 2 q q 2 + q 1q 2 2 C 1 2 C 2 4πε 0 d. Nei primi due termini compaiono il deposito di carica rispettivamente sulla sfera R 1 e sulla sfera R 2, quindi corrispondono al lavoro per caricare le due sfere a carica q 1 e q 2 ; il terzo termine viene invece definito mutua interazione ed è dovuto alle interazioni di forza tra le due sfere cariche. Questo esempio può in realtà essere generalizzato al caso di un condensatore. Si consideri un condensatore piano composto da due lastre con carica opposta q e q poste a distanza h tra loro; la piastra negativa è vincolata, mentre la piastra positiva è libera di muoversi. 23

30 2.4 I Condensatori Elettrostatica Sperimentalmente, si osserva che la piastra positiva si avvicina alla piastra negativa di una distanza dh sotto l influsso di una forza F ; si vuole capire come evolve l energia potenziale durante il processo. L energia potenziale elettrostatica iniziale del condensatore è: U e = q2 2C dove, esplicitando la capacità del condensatore piano secondo l equazione 2.10 a pagina 17, si ha che: U e = q2 2ε 0 Σ h. Si nota quindi che se la distanza tra le due lastre diminuisce, anche l energia potenziale elettrostatica diminuisce; considerando quindi la variazione di energia: du e = q2 2ε 0 Σ dh questa è in realtà energia liberata dal sistema, che quindi fornisce lavoro e può essere calcolato come: dw = F d h = F dh ed uguagliato all opposto della variazione di energia potenziale: F dh = du e = q2 2ε 0 Σ dh per cui è possibile definire la forza come che sussiste tra le due lastre come: oppure, esplicitando la carica, come: F = q2 2ε 0 Σ F = σ2 Σ 2ε 0. Più in generale, questa forza, definita forza elettrostatica, può essere calcolata con l opposto del gradiente dell energia potenziale: F = (U e ) il che rappresenta una sorta di parallelismo con la relazione che sussiste tra il campo elettrico ed il potenziale, secondo la quale il campo può essere definito come l opposto del gradiente del potenziale. Tramite la forza elettrostatica è possibile definire una nuova grandezza; dividendo infatti tale forza per la superficie delle lastre si ottiene: F Σ = σ2 2ε 0 che rappresenta un pressione, detta pressione elettrostatica ed indicata con p. La pressione elettrostatica può anche essere espressa come: p = 1 2 E2 ε 0 (2.17) ma questa espressione è analoga a quella dell equazione 2.14 a pagina 21, che definisce la densità di energia elettrostatica; la pressione elettrostatica coincide infatti con la densità di energia sulla superficie del conduttore. 24

31 2.5 I Dielettrici Elettrostatica 2.5 I Dielettrici Finora si sono ampiamente descritti i conduttori in equilibrio elettrostatico, si è visto come combinare conduttori per formare dei condensatori da utilizzare come accumulatori di energia e come collegare condensatori in vari modi per variarne la capacità; tuttavia, tutti questi studi sono stati condotti assumendo che avvenissero nel vuoto, ma questa condizione non è sempre verificata, per cui è necessario introdurre il concetto di dielettrico. I dielettrici sono materiali non conduttori diversi dal vuoto, ma attraverso i quali il campo elettrico può comunque propagarsi, in presenza di una certa resistenza Dielettrici all Interno di un Condensatore Piano Per comprendere la differenza di comportamento tra un conduttore nel vuoto ed un conduttore in presenza di un dielettrico, si consideri un condensatore piano posto nel vuoto; tale condensatore è composto da due lastre poste a distanza h caricate con segno opposto con distribuzioni superficiali +σ 0 e σ 0. Il campo E 0 ed il potenziale V 0 possono facilmente essere calcolati come: E 0 = σ 0 ε 0 V 0 = q 0 C 0 = E 0 h. Se ora si introduce una lastra di conduttore scarica di spessore s tra le due lastre del condensatore, viene indotta una distribuzione di carica σ 0 sulla faccia rivolta verso la lastra positiva del condensatore ed una distribuzione di carica +σ 0 sulla faccia rivolta verso la lastra negativa del condensatore. Il campo elettrico non varia, tranne che nella zona interna al nuovo conduttore dove è nullo per le proprietà del conduttore, ma il potenziale varia diventando: V = E 0 (h s) che è minore del potenziale iniziale V 0. Vista la distribuzione delle cariche indotte, questa situazione può essere interpretata come se si stessero analizzando due condensatori di capacità C 1 e C 2 collegati in serie; si vuole ora capire come varia la capacità del sistema dopo l inserimento della lastra s. La capacità iniziale è data da: C 0 = q 0 = ε 0Σ V 0 h mentre l inserimento della lastra s le due capacità sono uguali e sono date da: C 1 = C 2 = ε 0Σ. h s 2 La capacità equivalente di un sistema di condensatori in serie può essere calcolata grazie all equazione 2.12 a pagina 19, che risulta essere uguale a: 1 C eq = 1 C C 2 C eq = C 1C 2 C 1 + C 2 25

32 2.5 I Dielettrici Elettrostatica ma C 1 = C 2, quindi: C eq = C 1 2 2C 1 = C 1 2 = ε 0Σ h s. Questa nuova capacità è chiaramente maggiore della capacità iniziale C 0 ; calcolando infatti il rapporto C eq /C 0, si ha che: C eq = h C 0 h s e questo è sempre maggiore di 1. Questo fatto poteva anche essere dedotto osservano la formula che permette di calcolare la capacità, cioè C = q/v, e notando che la carica del sistema non varia nel collegamento in serie realizzato: se il potenziale diminuisce, la capacità deve quindi aumentare, perché queste sono in una relazione di proporzionalità inversa. Si supponga ora di tornare alla situazione iniziale, ma anziché inserire una lastra di conduttore, si riempie completamente lo spazio tra le due lastre con del materiale isolante. Un isolante può essere visto come un materiale in cui le cariche non sono libere di muoversi, ma sono vincolate in posizioni ben precise. In un isolante neutro, tali cariche si bilanciano in modo da mantenere l elettroneutralità del sistema, ma quando questo viene posto tra le due lastre del condensatore, la situazione cambia. Il campo presente tra le due lastre induce, a livello microscopico, un momento di dipolo p che causa la formazione di una serie di dipoli nell isolante, che si orientano con il polo negativo rivolto verso la lastra positiva e con il polo positivo rivolto verso la lastra negativa. In questo modo la carica interna all isolante è bilanciata, ma sulle sue facce, a contatto con le lastre del condensatore, la carica non è bilanciata; è infatti presente una distribuzione di carica indotta causata dal momento di dipolo: sulla faccia a contatto con la lastra positiva è presente una distribuzione σ p, mentre sulla faccia a contatto con la lastra negativa è presente una distribuzione +σ p. Sperimentalmente, è possibile notare che il potenziale diminuisce e che il rapporto tra il potenziale nel vuoto ed il potenziale in presenza dell isolante ha un valore ben preciso, che varia a seconda dell isolante: V 0 V = k. La costante k viene definita costante dielettrica relativa. Esplicitando il potenziale V secondo la costante k e sostituendo nell espressione del campo del condensatore, si ha che: e, ricordando che V 0 = E 0 h, si ha che: E = V h = V 0 kh E = E 0 k = σ kε 0. È possibile notare che anche il campo elettrico diminuisce a causa della presenza dell isolante, in quanto k è sempre maggiore di 1, cosa che non accadeva inserendo una lastra di conduttore tra le lastre del condensatore. 26

33 2.5 I Dielettrici Elettrostatica Il prodotto tra la costante dielettrica relativa e la costante dielettrica del vuoto permette di definire una nuova grandezza: kε 0 = ε (2.18) che viene definita costante dielettrica assoluta e che rappresenta la dipendenza di tutte le grandezze dell elettrostatica dal materiale in cui si trovano. Ad esempio, anche la capacità del condensatore varia: C = q 0 V = k q 0 V 0 = kc 0 ma questa aumenta, a differenza di campo elettrico e potenziale Comportamento degli Isolanti Alla luce delle osservazioni sperimentali, si vuole capire se l interpretazione di quello che succede quando si impone un campo elettrico ad un materiale isolante è sensata. Tramite un artificio matematico, è possibile scrivere il rapporto 1/k in un modo differente: 1 k = 1 k 1 k e sostituirlo all interno dell espressione del campo elettrico in presenza dell isolante: E = σ 0 kε 0 = ( 1 k 1 k ) σ0 ε 0 = σ 0 k 1 ε 0 k dove compare proprio la distribuzione di carica superficiale indotta nel materiale isolante dal campo elettrico del conduttore, definita come: per cui il campo diventa: σ p = k 1 k σ 0 σ 0 ε 0 E = σ 0 ε 0 σ p ε 0. (2.19) Il campo elettrico in presenza di una materiale isolante può quindi essere interpretato come la sovrapposizione di due campi elettrici nel vuoto, il cui effetto tende ad annullarsi: il campo elettrico prodotto dalle piastre del condensatore, definito come E = σ 0 /ε 0 ; un campo di polarizzazione prodotto dall isolante in reazione al campo del condensatore Teorema di Gauss in Presenza di Dielettrici Il teorema di Gauss può essere applicato anche in presenza di dielettrici purché si tenga conto che il campo elettrico assume la forma mostrata nell equazione Ricordando l espressione del teorema di Gauss, cioè: E û n dσ = q ε 27

34 2.5 I Dielettrici Elettrostatica ed applicando lo stesso artificio matematico alla costante dielettrica relativa, è possibile esprimere il rapporto tra carica e costante dielettrica come: q ε = q ( = 1 k 1 ) q = q k 1 q kε 0 k ε 0 ε 0 k dove ponendo: q p = k 1 k q si ha che la carica che genera il campo elettrico presente nella legge di Gauss può essere interpretata come somma di due cariche nel vuoto: q ε = q ε 0 q p ε 0. (2.20) Dato che ε è una costante, per esprimere la legge di Gauss in presenza di dielettrici è conveniente moltiplicare entrambi i membri della sua formulazione per ε e definire un nuovo vettore, detto vettore di induzione dielettrica: ε 0 D = ε E (2.21) che ha lo stesso verso del vettore campo elettrico e rappresenta il campo elettrico tenendo conto della presenza del dielettrico. Il teorema di Gauss può quindi essere scritto nella forma: D û n dσ = q. (2.22) Introducendo una nuova grandezza, definita suscettività elettrica ed indicata con χ, che può essere messa in relazione alla costante dielettrica relativa (e che è quindi caratteristica di ogni dielettrico): k = 1 + χ (2.23) è possibile ridefinire il vettore di induzione dielettrica come: D = ε E = kε 0 E = (1 + χ)ε0 E = ε0 E + χε0 E. Questa scrittura permette di definire un ulteriore vettore, detto vettore di polarizzazione: P = χε 0 E (2.24) grazie al quale il vettore di induzione dielettrica può essere scritto come somma vettoriale: D = ε 0 E + P. Questa scrittura del vettore di induzione dielettrica può essere sostituita nell equazione 2.22: D û n dσ = q (ε 0E + P ) ûn dσ = q ε 0E ûn dσ = q P û n dσ dove, dividendo entrambi i membri per ε 0, si ha che: E û n dσ = q ε 0 1 ε 0 P û n dσ. 28

35 2.5 I Dielettrici Elettrostatica L integrale su linea chiusa al secondo membro rappresenta il flusso del vettore polarizzazione. Come nel caso dell equazione 2.20 nella pagina precedente, il flusso del campo elettrico è stato espresso come somma di due contributi; uguagliando quella scrittura con quella appena ricavata, si ha che: q ε 0 1 ε 0 P û n dσ = q ε 0 q p ε 0 e semplificando i termini comuni: P û n dσ = q p. (2.25) Come il flusso del campo elettrico viene messo in relazione alle cariche che lo generano grazie al teorema di Gauss, questa equazione permette di mettere in relazione il flusso del vettore di polarizzazione con le cariche che lo generano, cioè le cariche di polarizzazione, che sono le cariche indotte nell isolante dalla presenza di un campo elettrico esterno. Utilizzando il teorema della divergenza è inoltre possibile derivare la forma locale dell equazione 2.25, eseguendo il prodotto scalare tra il gradiente ed il vettore di polarizzazione: P = ϱ p che dice che la divergenza del vettore polarizzazione è uguale alla densità di carica di polarizzazione. Molte delle equazioni scritte per il campo elettrico possono quindi essere applicate anche al vettore di polarizzazione; infatti tale vettore è fisicamente rappresentato dalla densità di momento di dipolo per unità di volume. Il vettore di polarizzazione rappresenta infatti il campo elettrico generato dal momento di dipolo indotto dalla presenza di un campo esterno in un isolante. Considerando il campo elettrico del condensatore in presenza dell isolante e quello nel vuoto, è possibile stabilire una relazione tra questi: E = σ 0 kε 0 E = E 0 k ke = E 0. Se si moltiplicano entrambi i membri per ε 0 si ha che: kε 0 E = ε 0 E 0 εe = ε 0 E 0 ma questi prodotti possono essere espressi tramite i vettori di induzione dielettrica: D = D 0. Da questo si può concludere che il modulo del vettore di induzione dielettrica non varia, qualunque sia il mezzo considerato; questo comporta un notevole vantaggio nell applicazione del teorema di Gauss in presenza di dielettrici, in quanto il vettore campo elettrico cambia a seconda dei materiali che attraversa, ma il vettore di polarizzazione dielettrica rimane costante. 29

36 2.5 I Dielettrici Elettrostatica Dielettrici con Spessore Variabile Si consideri il condensatore piano del quale si è discusso nella parte iniziale della sezione 2.5 a pagina 25 e si supponga di inserire tra le due lastre del condensatore una lastra di dielettrico di spessore s; si vuole capire come variano il vettore campo elettrico, il vettore di induzione dielettrica ed il vettore di polarizzazione al variare dello spessore dell isolante. Prima di tutto, è bene ricordare che il campo elettrico è diverso a seconda del materiale in cui ci si trova, risultando uguale a E 0 nello spazio vuoto ed uguale a E all interno del dielettrico. Tra i due campi sussiste la relazione: ε 0 E 0 = εe E 0 = ke. Prima di tutto, si calcolano le grandezze fondamentali nel vuoto; il campo elettrico è dato da: E 0 = σ 0 ε 0 l induzione dielettrica da: D = ε 0 E 0 = σ 0 la polarizzazione nel vuoto è nulla: ed il potenziale da: P 0 = 0 V 0 = E 0 h = σ 0h ε 0. Il vettore di polarizzazione all interno del dielettrico può essere calcolato come: P = (k 1)ε 0 E = k 1 k ε 0E 0 dove può essere sostituita l induzione dielettrica come D = ε 0 E 0 risulta: k 1 k D = k 1 k σ 0. I vettore E, D e P sono quindi indipendenti dallo spessore del dielettrico considerato. Considerando invece la differenza di potenziale, questa porta ad una conclusione interessante: h V = E d h 0 ma il vettore campo elettrico è formato da due contributi, il campo nel vuoto ed il campo nel dielettrico, rispettivamente E 0 e E; l integrale produce quindi due diverse componenti di potenziale: V = E 0 (h s) + Es V = σ 0 (h s) + σ 0 s ε 0 kε 0 e ricordando come viene espresso il potenziale nel vuoto, si ha che: V = σ ( 0h 1 k 1 ) ( s = V 0 1 k 1 ) s. ε 0 k h k h 30

37 2.5 I Dielettrici Elettrostatica Questa è la relazione che lega il potenziale allo spessore del dielettrico, nella quale si nota che al variare dello spessore il potenziale diminuisce linearmente, partendo da V 0 per s = 0 (assenza di dielettrico) fino ad arrivare ad un valore minimo per s = h (spazio completamente riempito di dielettrico), caso in cui il potenziale vale V 0 /k. Il potenziale può anche essere scritto come: V = σ 0 ε 0 ( h k 1 ) k s dove, moltiplicando e dividendo per la superficie Σ, si ha che: V = q ( h k 1 ) ε 0 Σ k s. Da questa equazione si può derivare la capacità del sistema; è possibile identificare l inverso della capacità nell equazione, cioè: V q = 1 C che quindi è: V q = h s ε 0 Σ + s εσ ma questa espressione contiene due termini reciproci dell espressione della capacità mostrata nell equazione 2.10 a pagina 17. È quindi possibile individuare due reciproci di due diverse capacità: h s ε 0 Σ = 1 C 1 e s εσ = 1 C 2 dove C 1 corrisponde alla capacità di un condensatore nel vuoto le cui piastre sono lontane h s, mentre C 2 corrisponde ad un condensatore nel dielettrico considerato le cui piastre sono a distanza s. Il sistema può quindi essere interpretato come due condensatori collegati in serie, uno nel vuoto e l altro immerso nel dielettrico considerato; questo fatto era già stato osservato nella parte iniziale della sezione 2.5 a pagina 25. È inoltre possibile notare che la posizione del dielettrico nello spazio tra le lastre del condensatore non influenza campo, potenziale e capacità complessiva; l unica variabile che incide su queste grandezze è lo spessore del dielettrico. Si può osservare una certa analogia con lo schermo elettrostatico, perché anche se il dielettrico all interno si muovesse, non si noterebbe alcun effetto all esterno del condensatore. Esempio di Energia in Presenza di Dielettrico Si vuole ora capire quale sia l effetto del dielettrico sull energia del sistema. Si consideri il condensatore riempito completamente di dielettrico, cioè con s = h; la capacità del sistema diventa quindi: C = εσ h. 31

38 2.5 I Dielettrici Elettrostatica È noto che l energia elettrostatica può essere calcolata secondo l equazione 2.13 a pagina 21: U e = q2 2C = σ2 Σ 2 2 εσ h dove, moltiplicando e dividendo per ε è possibile individuare il quadrato del campo elettrico: da cui deriva che l energia vale: U e = εσ2 Σ 2 2 ε2 Σ h U e = 1 2 εe2 Σh. È inoltre possibile calcolare la densità di energia, che vale: La densità di energia nel vuoto vale: u e = U e Σh = 1 2 εe2 u e0 = 1 2 ε 0E 2 e quindi può essere calcolata la variazione di densità di energia tra la situazione in presenza di dielettrico e quella nel vuoto: u e = u e u e0 = 1 2 εe2 1 2 ε 0E 2 = 1 2 ε 0(k 1)E 2 che rappresenta quindi la densità di energia da fornire per polarizzare il dielettrico. Questo risultato può anche essere derivato considerando il lavoro per separare di una distanza dx una carica q da una carica q, esprimibile come la forza moltiplicata per lo spostamento; la forza è data dal prodotto tra il campo e la carica: dw = Eqdx ma qdx è in realtà il momento di dipolo infinitesimo dp, quindi il lavoro vale: dw = Edp. Dividendo entrambi i membri per l unità di volume si ha che: dw τ = E dp τ dove il rapporto dp/τ viene detto momento di polarizzazione. Identificando il lavoro per unità di volume come dw, vale che: dw = EdP dove il momento di polarizzazione può anche essere scritto come Eε 0 (k 1)dE; sostituendo ed integrando sul campo elettrico, è possibile ricavare il lavoro per unità di volume finito: w = 1 2 ε 0(k 1)E 2 che è esattamente la conclusione alla quale si era giunti. 32

39 2.5 I Dielettrici Elettrostatica Dielettrici con Inserimento Variabile Si consideri un condensatore piano composto da due lastre quadrate di lato d e distanti tra loro h; si supponga di disporre di una lastra di dielettrico k di spessore h che può essere fatta scorrere tra le lastre del condensatore. Assumendo che la carica q sulle lastre del condensatore sia costante, si vogliono calcolare la densità di carica σ, la differenza di potenziale V, la capacità C e l energia elettrostatica U e, il tutto in funzione della posizione della lastra di dielettrico (o meglio, di quanto è inserita tra le lastre del condensatore). Verrà considerata come x la lunghezza della quale la lastra di dielettrico è inserita tra le lastre del condensatore, mentre la restante lunghezza libera è naturalmente d x; inoltre, la zona libera dal dielettrico verrà detta zona 1, mentre la zona occupata dal dielettrico verrà detta zona 2. Quando avviene l inserimento della lastra di dielettrico le cariche sulle lastre del condensatore si distribuiscono in modo da mantenere il potenziale costante ed in modo da contrastare le cariche di polarizzazione indotte nel dielettrico. Nella zona 1 c è quindi una distribuzione di carica σ 1, mentre nella zona 2 c è una distribuzione di carica σ 2 = σ p + σ 1 ; ci deve essere più carica nella zona 2 per compensare la carica di polarizzazione. Dato che le armature sono equipotenziali, il campo è lo stesso in entrambe le zone: E 1 = σ 1 ε 0 e E 2 = σ 2 kε 0 da cui deriva che: σ 1 = σ 2 σ 2 = kσ 1 ε 0 kε 0 ma questo significa che σ 2 > σ 1, come ipotizzato. La distribuzione della carica di polarizzazione può essere calcolata come: σ p = σ 2 σ 1 dove, utilizzando la relazione σ 2 = kσ 1, si ha che: σ p = (k 1)σ 1 = k 1 k σ 2. Calcolando i vettori di induzione nelle due zone, si ha che: D 1 = ε 0 E e D 2 = kε 0 E = kd 1 quindi anche per l induzione vale che D 2 > D 1. Nel caso analizzato precedentemente, quello di un condensatore piano nel quale era completamente inserita una lastra di dielettrico di spessore variabile, il campo era diverso nelle zone vuote e nelle zone dove era presente il dielettrico, mentre il vettore induzione era costante; in questo caso, al contrario, è il campo elettrico a rimanere costante, mentre il vettore induzione varia. Dato che la carica rimane costante sulle lastre del condensatore, questa è data dalla somma delle cariche nelle due zone: q = q 1 + q 2 = σ 1 (d x)d + σ 2 xd 33

40 2.5 I Dielettrici Elettrostatica dove (d x)d e xd sono le superficie dei rettangoli rispettivamente nella zona 1 e 2, ma dato che σ 2 = kσ 1, sostituendo si ha che: q = σ 1 (d x)d + σ 1 kxd e quindi è possibile identificare la distribuzione σ 1 in funzione di x: ed anche la distribuzione σ 2 : σ 1 (x) = σ 2 (x) = q d ( d + (k 1)x ) qk d ( d + (k 1)x ). Tutte le altre grandezze richieste possono essere facilmente calcolate in cascata, note le distribuzioni σ 1 e σ 2. Il campo elettrico è dato da: E(x) = σ 1(x) ε 0 = σ 2(x) kε 0 = q ε 0 d ( d + (k 1)x ) il potenziale è dato da: la capacità è data da: V (x) = E(x)h = C(x) = qh ε 0 d ( d + (k 1)x ) q V (x) = ε ( ) 0d d + (k 1)x h ma questa può essere separata in due contributi: C(x) = ε 0(d x)d h + ε 0kxd h. Anche in questo caso la capacità può essere interpretata come la somma di due capacità C 1 e C 2, rispettivamente come quelle di un condensatore nel vuoto ed uno immerso nel dielettrico, ma in questo caso la somma è delle capacità stesse e non dei reciproci; il sistema può quindi essere rappresentato da due condensatori collegati in parallelo. Si può ora facilmente calcolare l energia elettrostatica: U e (x) = q2 2C(x) = q 2 h 2ε 0 d ( d + (k 1)x ). È possibile notare che per il valore massimo di x, cioè x = d, che significa che il dielettrico è completamente inserito tra le lastre del condensatore, l energia assume un valore minimo; l inserimento del dielettrico è quindi spontaneo, perché comporta il raggiungimento di uno stato con energia più bassa. La forza con cui il dielettrico tende ad essere attratto all interno può essere calcolata considerando l opposto della variazione di energia potenziale: F (x) = d dx U e = 34 k 1 ( d + (k 1)x ) 2.

41 2.5 I Dielettrici Elettrostatica È possibile notare che la capacità per x = d, cioè quando il dielettrico è completamente inserito, è: C = C 1 + C 2 = ε 0(d d)d + ε 0kd 2 = ε 0kd 2 h h h quindi C 2 è l espressione della capacità di un condensatore completamente riempito di dielettrico, come era già stato notato all inizio della sezione 2.5 a pagina 25 (ricordando che Σ = d 2 ). È più interessante il caso in cui il dielettrico sia inserito solamente per metà, cioè quando x = d/2: C = C 1 + C 2 = ε 0(d d 2 )d h + ε 0k d 2 d h = 1 2 ε 0 d 2 h ε 0 kd 2 h = 1 2 (k + 1) ε 0d 2 dove il rapporto: ε 0 d 2 h viene definito come C 0 e rappresenta la capacità del condensatore nel vuoto. Esempio di Condensatori Si considerino tre gusci sferici sottili e concentrici C 1, C 2 e C 3 con raggi rispettivamente R 1 = 3 cm, R 2 = 6 cm e R 3 = 9 cm; lo spazio tra C 1 e C 2 è completamente riempito con un dielettrico di costante relativa k = 4, mentre lo spazio tra C 2 e C 3 è vuoto, come lo spazio esterno a C 3. Da grande distanza, vengono depositate le cariche q 1, q 2 e q 3 sulle facce esterne delle rispettive sfere; all equilibrio elettrostatico è possibile notare che le differenze di potenziale valgono: V 21 = V 2 V 1 = 100 V e V 32 = V 3 V 2 = 100 V. È inoltre noto che l energia elettrostatica all esterno della sfera C 3 vale U e = 10 5 J. Ad un certo punto, mantenendo il sistema isolato, viene rimossa la metà del dielettrico che riempie lo spazio tra C 1 e C 2. Si vogliono calcolare: 1. le cariche q 1, q 2 e q 3 dopo il deposito; 2. il potenziale V 1 rispetto all infinito all equilibrio elettrostatico; 3. il lavoro da fornire per la rimozione del dielettrico. Nel depositare le cariche, si deve tener conto degli effetti induttivi delle cariche sugli altri conduttori: la carica q 1 viene depositata sulla faccia esterna della sfera C 1 e quindi viene indotta una carica q 1 sulla faccia interna di C 2, con la conseguente formazione di una carica q 1 sulla faccia esterna di C 2, che a sua volta induce una carica q 1 sulla faccia interna di C 3, con la conseguente formazione di una carica q 1 sulla faccia esterna di C 3 ; h 35

42 2.5 I Dielettrici Elettrostatica la carica q 2 viene depositata sulla faccia esterna della sfera C 2, sulla quale è già presente una carica indotta q 1, con la conseguente induzione di una carica q 2 sulla faccia interna di C 3 e la formazione di una carica q 2 sulla faccia esterna di C 3, sulla quale è già presente una carica indotta q 1 ; la carica q 3 viene depositata sulla faccia esterna della sfera C 3, sulla quale sono giù presenti le cariche indotte q 1 e q 2. Sulle facce esterne delle sfere sono quindi presenti le cariche: sulla sfera C 1 è presente la carica q 1, posta uguale a Q 1 ; sulla sfera C 2 è presente la carica q 1 + q 2, posta uguale a Q 2 ; sulla sfera C 3 è presente la carica q 1 + q 2 + q 3, posta uguale a Q 3. Una volta fatta chiarezza sulla distribuzione delle cariche presenti sulle sfere, si nota che il sistema può essere trattato come un insieme di condensatori collegati in serie, costituito da tre condensatori: il condensatore riempito di dielettrico formato dalle sfere C 1 e C 2, la cui capacità vale: C 12 = 4πε 0 k R 2R 1 R 2 R 1 = 2, F; il condensatore vuoto formato dalle sfere C 2 e C 3, la cui capacità vale: C 23 = 4πε 0 R 3 R 2 R 3 R 2 = 2, F; il condensatore vuoto formato dalla sfera C 3 e da un ipotetica sfera di raggio infinito, la cui capacità vale: C 3 = 4πε 0 R 3 = 1, F. Ora è facilmente calcolabile la carica Q 1 utilizzando l espressione della capacità del condensatore C 12 : C 12 = Q 1 V 12 Q 1 = C 12 V 12 ma si presti particolare attenzione al fatto che si dispone della differenza di potenziale V 21 e non di V 12 ; la relazione che le lega è: Ricordando ora che Q 1 = q 1, si ha che: V 12 = V 21 = 100 V. Q 1 = C 12 V 12 q 1 = C 12 ( V 21 ) = 2, C. In modo analogo a quanto appena fatto per q 1, la carica q 2 può essere calcolata ricordando che Q 2 = q 1 + q 2 e quindi q 2 = Q 2 q 1 ; la carica Q 2 viene calcolata sfruttando la capacità del condensatore C 23 : C 23 = Q 2 V 23 Q 2 = C 23 V 23 36

43 2.5 I Dielettrici Elettrostatica e ricordando di utilizzare la giusta differenza di potenziale: È ora possibile calcolare la carica q 2 come: V 23 = V 32 = 100 V. q 2 = C 23 ( V 32 ) q 1 = 6, C. Per calcolare la carica q 3 si deve seguire una strada diversa, cioè utilizzare la formula che permette di calcolare l energia elettrostatica, che è nota: U e = Q 3 2 2C 3 Q 3 = 2C 3 U e e ricordando che Q 3 = q 1 + q 2 + q 3, quindi q 3 = Q 3 q 1 q 2, si ha che: q 3 = 2C 3 U e q 1 q 2 = 1, C. Si passa ora al calcolo del potenziale V 1, ma questo deve essere riferito all infinito; l unico modo per farlo, è calcolare il potenziale V 3 rispetto all infinito: V 3 = Q 3 4πε 0 R 3 = q 1 + q 2 + q 3 4πε 0 R 3 = 1413,57 V e poi utilizzarlo per calcolare V 1. La differenza di potenziale V 1 V 3 può essere scritta anche come: V 1 V 3 = V 1 V 2 + V 2 V 3 V 1 V 3 = V 12 + V 23 quindi è possibile calcolare V 1 come: V 1 = V 3 V 21 V 32 = 1613,57 V. È chiaro che la rimozione di metà del dielettrico tra le sfere C 1 e C 2 comporta un innalzamento di energia del sistema, quindi è necessario fornire energia sotto forma di lavoro per rimuoverlo; tale lavoro può essere calcolato dalla variazione di energia del sistema. Lo stato interno, dove lo spazio tra le sfere C 1 e C 2 è riempito per metà di dielettrico, può essere interpretato come il collegamento in parallelo di due condensatori, uno nel vuoto ed uno immerso nel dielettrico. La capacità del condensatore riempito viene indicata con: C 12 = 1 2 C 12 mentre la capacità del condensatore nel vuoto viene indicata con: C 0 = 1 2 C 120 dove C 120 è la capacità C 12 calcolata come se il condensatore fosse nel vuoto: C 120 = 4πε 0 R 2 R 1 R 2 R 1. 37

44 2.5 I Dielettrici Elettrostatica La capacità equivalente del condensatore formato dalla sfere C 1 e C 2 nello stato attuale può quindi essere calcolata come: dove C 0 = 1 2 C 120, da cui deriva che: C eq = 1 2 C 12 + C 0 = 1 2 kc C 0 C eq = 1 2 (k + 1)C 120. Nota la capacità equivalente, è possibile calcolare il lavoro fornito come differenza tra l energia finale e l energia iniziale: W = U e = U ef U ei = Q 1 2 ( 1 1 ) = 8, J. 2 C eq C 12 38

45 3 Corrente Elettrica Finora si è sempre parlato di apparecchiature in equilibrio elettrostatico, per le quali le cariche sono in posizione fissa; nei rari casi in cui si sono messi a contatto conduttori differenti, il fenomeno dello scambio di carica è stato considerato transitorio, fino al raggiungimento di un nuovo stato di equilibrio elettrostatico. L equilibrio è quindi uno stato in cui gli elettroni hanno velocità media nulla. Se invece si accostano due conduttori con potenziale V 1 e V 2, con V 1 > V 2 tra i due si sviluppa un campo elettrico diretto da V 1 a V 2 e, se non si adottano misure per impedire questo fenomeno, si sviluppa anche un moto di elettroni diretto da V 2 verso V 1. Tale moto viene definito corrente elettrica. 3.1 Condizioni di Corrente Perché si sviluppi una corrente elettrica tra due conduttori non è solo necessario che tra i due esista una differenza di potenziale, ma anche che questa differenza perduri nel tempo. La differenza di potenziale necessaria a mantenere gli elettroni in moto, espressa come: V 1 V 2 = 2 1 E d S genera una Forza Elettro Motrice (FEM), che è data dalla circuitazione del campo elettrico. Nella sezione 2.3 a pagina 8 si era detto che i conduttori in equilibrio elettrostatico devono avere circuitazione nulla, ma perché si sviluppi una forza elettro motrice, la circuitazione deve essere non nulla: ξ = E ds 0. Per mantenere questa condizione costante nel tempo, quindi per avere una corrente elettrica stabile, si deve introdurre un nuovo elemento, cioè un generatore di differenza di potenziale, schematizzato come mostra la figura 3.1, dove la lamella lunga indica il capo positivo mentre la lamella corta indica il capo negativo. Figura 3.1: Rappresentazione schematica di un generatore di differenza di potenziale. Tuttavia, il moto di elettroni per formare una corrente non avviene con bilancio energetico nullo: gli elettroni incontrano infatti una resistenza nel loro moto, dovuta alle interazioni con gli ioni della struttura cristallina del conduttore nel quale si sviluppa la corrente elettrica. 39

46 3.1 Condizioni di Corrente Corrente Elettrica Intensità di Corrente La corrente introduce quindi la variabile temporale negli studi delle cariche, perché rappresenta una variazione di carica nel tempo; questo è vero, perché in una corrente gli elettroni, cioè le cariche elementari, si spostano. È quindi necessario essere in grado di descrivere l entità di questa variazione, quindi viene definita l intensità di corrente, indicata con i e misurata in A. L intensità di corrente è definita come: q i = lim t 0 t = d dt q (3.1) cioè come il limite per t 0 della variazione di carica, identificato dalla derivata rispetto al tempo della carica stessa. Considerando una corrente di cariche positive in moto sotto l influsso di un campo elettrico E che interseca con angolo θ una superficie infinitesima dσ, si vuole capire quanta carica attraversa la superficie nell unità di tempo. Se si isola una singola carica in moto, questa avrà velocità v d, definita velocità di deriva, e nell intervallo t avrà percorso una distanza lineare v d t; si può quindi dire che la carica che attraversa la superficie dσ nell intervallo di tempo t è contenuta nel volume dτ = dσv d t cos(θ). Definendo come n + la densità di carica positiva ed identificando con e la carica elementare con velocità v d, è corretto dire che la variazione di carica q nel volume dτ può essere calcolata come: q = n + edτ = n + edσv d t cos(θ) ed applicando la definizione di corrente elettrica dell equazione 3.1 si può identificare la corrente infinitesima: di = n + ev d dσ cos(θ). Questa grandezza può essere ridefinita utilizzando il vettore densità di corrente: per cui la corrente infinitesima risulta: j = n + e v d (3.2) di = j û n dσ dove û n è il vettore associato alla superficie dσ. La corrente finita può essere calcolata integrando l ultima equazione: i = j û n dσ Σ ma questa quantità rappresenta il flusso del vettore j per la superficie Σ, cioè Φ( j). Nel caso si consideri una corrente di cariche negative, il vettore densità di corrente potrebbe essere definito come: j = n ( e) v d. 40

47 3.1 Condizioni di Corrente Corrente Elettrica Da questo è possibile osservare che le cariche positive si spostano nella stessa direzione del campo elettrico, mentre le cariche negative si spostano in direzione opposta. Questo permette di osservare un fatto interessante. Dato un campo E, una carica positiva e in moto con velocità v + concorde al verso del campo produce un certo vettore j, mentre una carica negativa e con velocità v uguale in modulo alla precedente ed opposta al verso del campo produce lo stesso vettore j, in quanto la relazione che intercorre tra le due velocità è v + = v : e v + = e v = e( v + ) = j. Il vettore j è quindi sempre rivolto nella direzione del campo elettrico, qualsiasi sia il segno delle cariche che generano la corrente. Se invece fossero presenti sia cariche positive che cariche negative, il vettore densità di corrente potrebbe essere scritto come la somma dei vettori delle singole correnti: j = n + e v + + n ( e) v = j + + j. Dato che il vettore j è indipendente dalle cariche considerate, come appena dimostrato, verrà considerata convenzionalmente la corrente come composta di sole cariche positive; in questo modo la corrente si sposta dal potenziale maggiore al potenziale minore, proprio come il campo elettrico, il che la rende concorde con il verso del vettore campo elettrico Principio di Conservazione della Carica Nota l equazione 3.1 nella pagina precedente e noto che l intensità di corrente può essere individuata tramite il flusso del vettore j attraverso una superficie, è possibile legare tale flusso alla variazione di carica che lo genera; considerando solo la carica interna alla superficie dσ, si ha che: i = j û n dσ = t q int dove è presente il segno negativo perché man mano che la carica interna fluisce attraverso la superficie, questa naturalmente diminuisce. Scrivendo ora la carica interna come prodotto tra la densità volumetrica ed il volume, si ha che: j û n dσ = t ϱdτ ed applicando il teorema della divergenza il primo integrale può essere scritto come: j dτ = t ϱdτ τ da cui deriva che: j + ϱ = 0. (3.3) t L equazione 3.3 rappresenta l equazione di continuità della corrente elettrica ed esprime il principio di conservazione della carica: la carica di cui si sta calcolando il flusso di corrente deve essere uguale alla carica interna che fluisce tramite la superficie, logicamente. Questa equazione dice che la corrente è associata ad una distribuzione di cariche che varia nel tempo e che si muovono nello spazio; collega quindi spazio e tempo tramite la grandezza fisica che si studia, cioè la carica. 41

48 3.1 Condizioni di Corrente Corrente Elettrica È inoltre possibile notare che, se la carica non varia nel tempo, la sua derivata è nulla, il che riporta al caso dei conduttori, per i quali vale che: j = 0. Un esempio rilevante del principio di conservazione della carica è il seguente. Si consideri un conduttore conico nel quale scorre una corrente di densità j e si isolino due sezioni dello stesso di superficie Σ 1 e Σ 2, con Σ 1 > Σ 2 ; alla superficie Σ 1 è associato il versore û 1, contrario al verso del vettore j 1, mentre alla superficie Σ 2 è associato il versore û 2, concorde al verso di j 2. Il flusso tramite l intero conduttore può essere calcolato come: j û n dσ = j 1 û 1 dσ 1 + j 2 û 2 dσ 2 = 0 Σ 1 Σ 2 da cui deriva che: j 1 û 1 dσ 1 = j 2 ( û 2 ) dσ 2 Σ 1 Σ 2 ma questo significa che i 1 = i 2. Da quanto appena notato si può concludere che dove la sezione del conduttore diminuisce, il vettore j aumenta, per mantenere costante l intensità di corrente, che quindi si muove più velocemente nei tratti con sezione minore. La corrente elettrica si comporta quindi come un fluido incomprimibile, che scorre più velocemente nei tratti di tubo con sezione minore diminuendo la sua pressione. 3.2 La Legge di Ohm Si vuole ora comprendere che relazione sussista tra la densità di corrente ed il campo elettrico. Noto che i due vettori che identificano le grandezze citate sono paralleli tra loro, una carica elementare soggetta ad un campo elettrico subisce un accelerazione data dal rapporto tra la forza che agisce su di essa e la sua massa: F a = m = e E m. Una carica in moto all interno di una campo elettrico viene deviata dal campo stesso, cambiando continuamente direzione nel suo moto caotico, cioè interagendo con il campo elettrico; la distanza percorsa tra una deviazione e l altra viene detta cammino libero medio della carica e questo impiega un tempo medio tra due interazioni. Dal rapporto tra queste due grandezze si può identificare la velocità di deriva della singola carica. Non conoscendo esattamente il cammino medio, la velocità di deriva può essere approssimata servendosi dell accelerazione e del tempo medio tra due interazioni, indicato con τ (da non confondere con il volume); v d aτ = eτ m E. Riportando questa scrittura nell equazione che definisce il vettore j per il moto di una carica negativa, dove la densità di carica verrà indicata semplicemente con n, si ha che: j = n( e) eτ E m = ne2 τ E m 42

49 3.2 La Legge di Ohm Corrente Elettrica dove è possibile definire la conduttività del materiale come: σ = ne2 τ m (3.4) da non confondere con la densità superficiale di carica. L equazione: j = σ E. (3.5) rappresenta la legge di Ohm ed esprime il legame tra la corrente ed il campo elettrico che la genera. La legge di Ohm viene spesso espressa nella forma: dove la grandezza: E = 1 σ j ϱ = 1/σ, (3.6) da non confondere con la densità volumetrica di carica, indica la resistività del materiale: E = ϱ j. (3.7) Nella sezione 3.1 a pagina 39 era stato detto che per mantenere una corrente elettrica costante è necessario fornire continuamente energia per mantenere la differenza di potenziale. Si può infatti calcolare la potenza spesa dalla forza elettrica per mantenere il moto della carica e alla velocità v d : P = F v d = e E v d. Considerando invece la potenza per unità di volume, data dal prodotto tra la potenza complessiva e la densità di carica n, si ha che: P τ = np = ne E v d = j E ma servendosi della legge di Ohm, mostrata nell equazione 3.5, l espressione può essere riscritta come: P τ = σe 2 oppure, tramite la resistività elettrica, come: P τ = ϱj Legge di Ohm Macroscopica Studiando i conduttori metallici si può trarre un importante conclusione sulla legge di Ohm: si consideri un cilindro di metallo lungo h con sezione Σ al quale viene applicata una differenza di potenziale che induce un campo elettrico che va dal punto A con potenziale positivo al punto B con potenziale negativo; la corrente, quindi il vettore j, è diretta da A a B. Per la legge di Ohm, è possibile scrivere che: j = σ E 43

50 3.2 La Legge di Ohm Corrente Elettrica e quindi il modulo dell intensità di corrente vale: i = jσ = Σ ϱ E. È quindi possibile calcolare il modulo del campo elettrico come: E = ϱ Σ i. La differenza di potenziale può essere calcolata come di consueto: V = V A V B = B A E d S = Eh e sostituendo il modulo del campo elettrico appena ricavato: dove si può definire la resistenza: V = ϱh Σ i R = ϱh Σ. (3.8) caratteristica intrinseca del materiale conduttore e misurata in Ω. Questa grandezza permette di scrivere la legge di Ohm macroscopica: V = Ri (3.9) che mette in relazione la differenza di potenziale che genera la corrente con la resistenza che si oppone ad essa. Anche in questo caso può essere calcolata la potenza da spendere per far circolare la corrente nel conduttore: P = P τ τ = P τ Σh = ϱj 2 Σh ed esprimendo il modulo di j come i/σ si ha che: P = ϱ i2 Σ 2 Σh = ϱh Σ i2 da cui deriva che la potenza viene espressa nella forma: P = Ri 2. (3.10) Questa espressione di potenza permette di descrivere un effetto caratteristico dei conduttori metallici attraversati da corrente, che si surriscaldano a causa della corrente che li attraversa ed a causa della resistenza che oppongono alla corrente; questo fenomeno prende il nome di effetto Joule e rappresenta una dissipazione di energia. Esistono anche materiali che hanno un effetto Joule praticamente nullo e che quindi non oppongono resistenza alla corrente elettrica: questi materiali si dicono superconduttori e vanno mantenuti a temperatura estremamente bassa, prossima allo zero assoluto. 44

51 3.2 La Legge di Ohm Corrente Elettrica Resistenze Grazie all equazione 3.9 nella pagina precedente è stato introdotto un nuovo elemento nello studio dei circuiti, cioè la resistenza, che viene schematizzata in un circuito come mostrato nella figura 3.2. Figura 3.2: Rappresentazione schematica di una resistenza. Come visto per i condensatori nel paragrafo a pagina 18, anche le resistenze possono essere collegate in diversi modi: collegando due resistenze in serie, l intensità di corrente rimane costante; collegando due resistenze in parallelo, la differenza di potenziale rimane costante. Si considerino le resistenze R 1 e R 2 collegate in serie come mostrato nel circuito 3.1. R 1 R 2 A i B C Circuito 3.1: Resistenze collegate in serie. La differenza di potenziale ai capi della resistenza R 1 è data da: V A V B = R 1 i mentre la differenza di potenziale ai capi della resistenza R 2 è data da: V B V C = R 2 i. La differenza di potenziale tra i punto A e C può facilmente essere calcolata come: V A V C = V A V B + V B V C = (R 1 + R 2 )i dove R 1 + R 2 viene definita come una resistenza equivalente R eq. Due resistenze in serie possono quindi essere interpretate come una sola resistenza R eq = R 1 + R 2. Si considerino le resistenze R 1 e R 2 collegate in parallelo come mostrato nel circuito 3.2. i1 R 1 A B R 2 i 2 Circuito 3.2: Resistenze collegate in parallelo. 45

52 3.2 La Legge di Ohm Corrente Elettrica In questo caso la corrente che parte da A si divide in i 1 e i 2 quando arriva alla diramazione e per il principio di conservazione della corrente si ha che i = i 1 +i 2 ; l intensità di corrente complessiva viene quindi espressa come: i = i 1 + i 2 = V + V ( 1 = V + 1 ). R 1 R 2 R 1 R 2 Anche in questo caso si possono interpretare due resistenze collegate in parallelo come una sola resistenza equivalente, ma questa volta si devono sommare i reciproci delle resistenze: 1 = R eq = R 1R 2. R eq R 1 R 2 R 1 + R 2 Per concludere, si ricordi che: in un sistema di resistenze collegate in serie la resistenza equivalente è definita come la somma delle singole resistenze: R eqs = n R i ; (3.11) i=1 in un sistema di resistenze collegate in parallelo il reciproco della resistenza equivalente è definito come la somma dei reciproci delle singole resistenze: 1 R eqp = n i=1 1 R i. (3.12) Da un confronto con quanto detto nel paragrafo a pagina 18 è possibile notare che condensatori e resistenze si comportano in modo simmetrico quando vengono collegati tra loro. Un altro aspetto interessante è il dualismo che intercorre tra condensatori e resistenze, che permettono di mettere in relazione grandezze elettriche rispettivamente statiche e dinamiche con la differenza di potenziale: nei condensatori è presente una relazione tra carica e differenza di potenziale basata sulla capacità: q = CV ; nelle resistenze è presente una relazione tra intensità di corrente e differenza di potenziale basta sulla resistenza: i = 1 R V. Esempio di Collegamenti di Resistenze Si consideri il circuito 3.3 nella pagina successiva, composto di sei resistenze di valore R 1 = 3 Ω e R 2 = 9 Ω. La corrente circola dal punto A al punto B ed è noto che la differenza di potenziale tra questi due punti è V = V A V B = 17,4 V. Si vogliono calcolare la resistenza totale del circuito e la potenza trasferita. 46

53 3.2 La Legge di Ohm Corrente Elettrica A R 1 R 2 C D R 1 R 2 B R 1 F R 2 E Circuito 3.3: Esempio di circuito. Quando si hanno molte resistenze collegate in diversi modi, conviene iniziare a raggruppare le resistenze servendosi delle formule per il calcolo della resistenza equivalente presentate nel paragrafo a pagina 45. Le tre resistenze R 2 che coprono il percorso tra i punti C, D, E e F sono collegate in serie, quindi possono essere trattate come una sola resistenza R eq servendosi dell equazione 3.11 nella pagina precedente: R eq = R 2 + R 2 + R 2 = 27 Ω. La nuova resistenza calcolata è ora collegata in parallelo alla resistenza R 1 che copre il percorso tra i punti C e F, quindi può essere individuata una nuova resistenza R eq grazie all equazione 3.12 nella pagina precedente: 1 = R eq = 2,7 Ω. R eq R 1 R eq Questa nuova resistenza è ora collegata in serie alle rimanenti resistenze R 1 che coprono il percorso tra i punti A, C, F e B, per cui è possibile identificare la resistenza equivalente dell intero circuito: R eq = R 1 + R eq + R 1 = 8,7 Ω. Per calcolare la potenza del circuito è necessario conoscere la corrente che vi circola, facilmente calcolabile grazie alla legge di Ohm macroscopica: i = V R eq = 2 A ed è ora possibile calcolare la potenza come: P = R eq i 2 = 34,8 W. 3.3 La Forza Elettro Motrice Nella sezione 3.1 a pagina 39 è stato detto che la condizione fondamentale per cui si sviluppi una corrente elettrica tra due punti è che sia presente una forza elettro motrice, di seguito abbreviato con FEM. Anche la Differenza di Potenziale (DDP) verrà d ora in poi abbreviata come mostrato. 47

54 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica Considerando una resistenza R tra due punti A e B, la DDP tra di essi può essere facilmente calcolata come: V A V B = B A E d S = Ri dove i è la corrente che circola da A verso B; inoltre, se il circuito è chiuso, cioè A coincide con B, allora si ha la circuitazione del campo: E d S = R T i. (3.13) La quantità R T i viene posta uguale a ξ e rappresenta la FEM del circuito: che viene impressa da un generatore di differenza di potenziale Il Generatore di Differenza di Potenziale ξ = R T i (3.14) Il generatore di DDP è un elemento necessario alla circolazione delle corrente elettrica all interno di un circuito ed era già stato schematizzato nella figura 3.1 a pagina 39. Al suo interno si stabilisce quindi un campo elettrico che va dalla lamina positiva alla lamina negativa, ma questo campo si espande anche all esterno, cioè lungo il circuito al quale è collegato. Questo significa che esiste un campo di natura elettrostatica all interno del circuito, che è proprio quello che sostiene il moto delle cariche; tale campo viene indicato come E el. Dato che il campo E el è di natura elettrostatica, questo deve avere circuitazione nulla, ma questa può essere espressa come: B A E el ds = ( E el ds) ext + ( E el ds) int = 0 A che rappresentano i contributi del campo interno e del campo esterno al generatore, che quindi si bilanciano tra loro. Perché questa condizione sia verificata deve esistere un altro campo, indicato con E, diretto dalla lamina negativa a quella positiva. Il campo E infatti sposta le cariche positive che si portano alla lamina negativa del generatore attraverso il circuito nuovamente sulla lamina positiva, mantenendo costante lo scorrimento della corrente. Il campo E è quello che genera effettivamente la forza elettromotrice, motivo per cui viene detto campo elettromotore. Considerando quindi anche il campo elettromotore, il campo complessivo all interno del generatore vale: E = E + E el mentre il campo complessivo all esterno del generatore, cioè lungo il circuito, vale: E = E el. B Alla luce di questo, la FEM può essere identificata come: B A B ξ = E ds = E el ds + ( E + E el ) ds = E el ds + A A B A B 48 A E ds + E el ds B

55 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica per cui la FEM è data da: ξ = A B E d S (3.15) per cui il campo E non è di natura elettrostatica, in quanto la sua circuitazione non è nulla e questa rappresenta proprio la FEM. Il campo elettromotore ha quindi il ruolo di portare le cariche sulla lamina positiva del generatore, dove il campo elettrostatico le fa poi circolare nel circuito; il campo elettromotore genera infatti la FEM, mentre il campo elettrostatico realizza l effettiva circolazione della carica La Resistenza Interna Il campo elettromotore può essere definito a partire dalla forza che sposta effettivamente le cariche all interno del generatore: d F = E dq E = d dq F ma, considerando anche la forza del campo elettrostatico, data da d F el = E el dq, perché il campo elettromotore abbia l effetto voluto deve valere che: d F > d F el cioè la forza elettromotrice deve vincere la forza del campo elettrostatico; in caso contrario non ci sarebbe circolazione di cariche. Deve quindi essere verificato che: A B ( E + E el ) d S > 0 Cioè che il campo elettromotore sia maggiore del campo elettrostatico. L ultimo integrale viene quindi posto come: A B ( E + E el ) d S = ri dove r rappresenta la resistenza interna del generatore, il che rende possibile estendere la leggere di Ohm anche all interno di un generatore di DDP. Perché circoli corrente all interno di un circuito il campo elettromotore deve vincere la resistenza interna r, dovuta al generatore stesso. Per rappresentare la resistenza interna si introduce un resistenza r appena dopo il generatore, come mostrato nella figura 3.3 nella pagina successiva, dove sono stati inseriti alcuni nodi per spiegare quanto segue sull applicazione della legge di Ohm al generatore. Si può quindi applicare a legge di Ohm a questo ramo di circuito, ma si devono osservare alcune accortezze nel senso di circolazione della corrente e nella DDP che si sta cercando di calcolare, specialmente per quanto riguarda il segno da attribuire alla FEM prodotta dal generatore. A ξ va attribuito il segno positivo se la corrente attraversa il generatore nel verso opposto della corrente che verrebbe impressa dal generatore stesso, cioè dal positivo 49

56 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica r ξ A B B Figura 3.3: Rappresentazione schematica di un generatore di differenza di potenziale con resistenza interna. al negativo; supponendo che la corrente circoli da sinistra verso destra nel caso mostrato nella figura 3.3, le DDP sono: V A V B = ri e V B V B = ξ = V A V B = ri + ξ. A ξ va attribuito il segno negativo se la corrente attraversa il generatore nello stesso verso della corrente che verrebbe impressa dal generatore stesso, cioè dal negativo al positivo; supponendo che la corrente circoli da destra verso sinistra nel caso mostrato nella figura 3.3, le DDP sono: V B V B = ξ e V B V A = ri = V B V A = ri ξ. Il fatto che la resistenza interna del generatore influisca sul circuito è facilmente dimostrabile; si consideri il circuito 3.4. i R r ξ A B B Circuito 3.4: Esempio di circuito. È stato conveniente inserire il punto B appena dopo il generatore ξ e prima della resistenza interna r perché questo permette di applicare la legge di Ohm a tutti i componenti del circuito. Le differenze di potenziale sono infatti: dalla cui somma totale si ha che: V A V B = Ri V B V B = ξ V B V A = ri V A V B + V B V B + V B V A = Ri ξ + ri ξ = (R + r)i che è quanto volevasi dimostrare. La somma della resistenza R e della resistenza interna del generatore viene indicata come R T, cioè come resistenza totale del circuito. L andamento del potenziale all interno del circuito è il seguente: il potenziale parte da un valore ξ nel punto B, subito dopo il generatore; 50

57 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica dopo aver attraversato la resistenza r ed aver raggiunto il punto A, il potenziale è diminuito di un valore ri, risultando uguale a ξ ri; dopo aver attraversato la resistenza R ed aver raggiunto il punto B, il potenziale è diminuito di un valore Ri, risultando uguale a ξ ri Ri. Dall andamento del potenziale si può dedurre che la FEM è data da: ξ = Ri + ri come già osservato prima; da questa scrittura è anche possibile calcolare la potenza dissipata dal circuito, data da: da cui deriva che: P R = ξidt = Ri 2 dt + ri 2 dt = (R + r)i 2 dt ξi = R T i 2. Al primo membro è presente la potenza generata dalla FEM, mentre al secondo membro è la potenza dissipata dal circuito; quindi tutta la potenza generata viene dissipata dalla resistenze del circuito per effetto Joule. Grazie a questo circuito è inoltre possibile dimostrare che il trasferimento massimo di potenza si ha quando r = R; la corrente vale infatti: i = ξ R + r per cui la potenza dissipata viene calcolata come: P R = Ri 2 = ξ 2 R (R + r) 2. Considerando ora la derivata prima della potenza dissipata rispetto a R, si ha che: d dr P R = ξ 2 r R (R + r) 3 che è nulla se r = R, il che lo qualifica come un punto stazionario; per capire se sia un punto di massimo od un punto di minimo, si analizza la derivata seconda: d 2 dr P 2 R = 2ξ 2 R 2r (R + r) 4 che è certamente negativa se r = R, per cui la potenza dissipata è minima, il che significa che si ha il massimo trasferimento di potenza se r = R. Esempio di Circuito Si consideri il circuito 3.5 nella pagina successiva, nel quale il generatore produce ξ = 100 V e le resistenze valgono r = 10 Ω, R 1 = 40 Ω, R 2 = 50 Ω e R 3 = 100 Ω. Si vuole calcolare la differenza di potenziale per ogni resistenza e V A V B. 51

58 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica A r R 3 E C ξ R 2 D R 1 B Circuito 3.5: Esempio di circuito. È prima di tutto necessario calcolare la resistenza totale del circuito, data da: R T = r + R 1 + R 2 + R 3 = 200 Ω grazie alla quale è possibile calcolare la corrente che circola nel circuito: i = ξ R T = 0,5 A. È ora possibile calcolare la differenza di potenziale tra i vari punti: mentre nell altro ramo si ha che: V 1 = V D V B = R 1 i = 20 V V 2 = V C V D = R 2 i = 25 V V 3 = V A V C = R 3 i = 50 V V B V E = ξ e V E V A = ri per cui la DDP cercata può essere calcolata come: V B V A = ξ + ri V A V B = ξ ri = V 1 + V 2 + V 3 = (R 1 + R 2 + R 3 )i = 95 V. È possibile notare che la differenza ai capi del generatore è minore della FEM a causa della resistenza interna del generatore stesso; inoltre, grazie a questa distribuzione di resistenze, è possibile modificare il valore del potenziale dei vari punti del circuito modificando il valore delle resistenze, motivo per cui viene definito partitore resistivo Legge di Ohm Generalizzata Si consideri il circuito 3.6 nella pagina seguente, dove i due generatori ξ 1 e ξ 2 sono orientati in versi opposti e precisamente ξ 1 è in verso opposto alla corrente. 52

59 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica ξ R r 1 ξ 1 r 2 2 i A C C D D B Circuito 3.6: Esempio di circuito. Applicando la legge di Ohm ad ogni componente si ha che: V A V C = Ri V C V C = r 1 i V C V D = ξ 1 V D V D = r 2 i V D V B = ξ 2 ed in particolare è possibile risalire alle DDP ai capi dei generatori, considerando le resistenze interne: V C V D = r 1 i + ξ 1 V D V B = r 2 i ξ 2. Calcolando ora la DDP ai capi del circuito si ha che: ed in particolare: V A V B = (R + r 1 + r 2 )i + ξ 1 ξ 2 V A V B ξ 1 + ξ 2 = R T i. (3.16) L equazione appena derivata rappresenta la legge di Ohm generalizzata, nella quale alla differenza di potenziale tra i due capi di un circuito vengono sommati i contributi dei generatori presi con il segno corretto; questa può essere riscritta come: e per un circuito chiuso è valido: V A V B + n sgn(ξ k )ξ k = R T i (3.17) k=1 V A = V B = n sgn(ξ k )ξ k = R T i. (3.18) k=1 Questa legge in realtà definisce una convenzione importante sulla quale si basano anche le leggi di Kirchhoff per i nodi e per le maglie nei circuiti, che non verranno trattate, ma si ritiene comunque utile parlare dell idea su cui è fondata la loro formalizzazione. Per derivare la legge di Ohm generalizzata mostrata nell equazione 3.16 è stata applicata la legge di Ohm ad ogni componente del circuito 3.6 al fine di calcolare la DDP richiesta come somma delle singole, tenendo conto della convenzione su segno della FEM definita nel paragrafo a pagina 49; la legge di Ohm generalizzata è stata poi definita portando tutti i contribuiti di potenziale al primo membro dell equazione e tutti i contributi di resistenza al secondo membro. Proprio sull idea si separare potenziale e resistenza si fonda la formalizzazione delle leggi di Kirchhoff; assumendo di adottare sempre questa separazione, è stata adottata una nuova convenzione sui segni di resistenza e FEM, basata stavolta sul verso di scorrimento della corrente. Considerando, ad esempio, i quattro componenti mostrati nella figura 3.4 nella pagina seguente, ponendo tutti i contributi di potenziale a primo membro e tutti i contributi di resistenza al secondo membro si ha che: 53

60 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica i A R B (a) Resistenza. i A R B (b) Resistenza. ξ i A B (c) Generatore. ξ i A B (d) Generatore. Figura 3.4: Esempi di resistenze e generatori attraversati da correnti in diverse direzioni. alla resistenza mostrata nella sottofigura 3.4a va applicata la legge di Ohm da sinistra a destra: V A V B = Ri; alla resistenza mostrata nella sottofigura 3.4b va applicata la legge di Ohm da sinistra a destra: V A V B = Ri; la FEM del generatore mostrato nella sottofigura 3.4c va conteggiata con il segno positivo, in quanto la DDP erogata è concorde con il senso di scorrimento della corrente; la FEM del generatore mostrato nella sottofigura 3.4d va conteggiata con il segno negativo, in quanto la DDP erogata è discorde con il senso di scorrimento della corrente. Si deve però prestare particolare attenzione a non confondere questa convenzione con quella descritta nel paragrafo a pagina 49, relativa all applicazione della legge di Ohm ai generatori; la convenzione appena descritta è invece relativa al segno da attribuire ai vari fattori della legge di Ohm generalizzata. Esempio di Circuito Si consideri il circuito 3.7, nel quale i generatori producono ξ 1 = 50 V e ξ 2 = 100 V le cui rispettive resistenze interne valgono r 1 = 20 Ω e r 2 = 30 Ω, mentre la resistenza esterna vale R = 50 Ω. Si vuole calcolare la corrente presente nel circuito. B R C r 1 r 2 ξ 1 A D ξ 2 Circuito 3.7: Esempio di circuito. Entrambi i generatori tendono a far scorrere la corrente in verso opposto all altro, ma ξ 2 genera una FEM maggiore rispetto a ξ 1, quindi ci si aspetta che il verso della corrente sia dettato da ξ 2. 54

61 3.3 La Forza Elettro Motrice Corrente Elettrica Per dimostrare la veridicità di quanto supposto, si consideri la corrente i circolante in senso orario (contrariamente a quanto supposto); applicando la legge di Ohm generalizzata per il circuito chiuso si ha che: i = ξ 1 ξ 2 R + r 1 + r 2 = 0,5 A. Dato che la corrente ipotizzata i ha segno negativo, la corrente reale ha verso opposto, in accordo con quanto ipotizzato in principio: i = i = 0,5 A. Questo fatto viene dimostrato considerando la corrente i circolante in senso antiorario ed applicando nuovamente la legge di Ohm generalizzata: i = ξ 2 ξ 1 R + r 1 + r 2 = 0,5 A. 3.4 Correnti Variabili Finora si sono considerate solo correnti stazionarie, cioè stabili nel tempo, ma in realtà le correnti possono anche variare nel tempo e vengono definite correnti variabili Carica di un Condensatore Il circuito più semplice che si può immaginare nel quale circola una corrente variabile è quello mostrato nel circuito 3.8, nel quale il generatore ha una resistenza interna trascurabile e sono presenti un condensatore ed una resistenza. R C ξ Circuito 3.8: Esempio di circuito a corrente variabile per la carica di un condensatore. Considerato il tempo t = 0 quello in cui inizia a circolare la corrente perché il generatore inizia a generare FEM, cioè il generatore preleva carica dal punto a potenziale più basso e la sposta a quello a potenziale più alto, questa carica viene trasferita sul condensatore, che accumula una carica q in un certo tempo t. Si vuole capire quanta carica accumuli il condensatore e quanto tempo impieghi; all instante generico t valgono le equazioni: ξ = V C + V R = q(t) C + Ri(t) dove V C è la DDP ai capi del condensatore e V R è la DDP ai capi della resistenza. L equazione può essere riscritta grazie alla definizione di corrente elettrica, considerandola come la derivata rispetto al tempo della carica: R d dt q = ξ q C 55 dq q Cξ = dt RC

62 3.4 Correnti Variabili Corrente Elettrica che è un equazione differenziale a variabili separabili e già separate, per cui basta integrare entrambi i membri, ottenendo che: q dq q Cξ = 1 t ( ) q Cξ dt ln = t RC Cξ RC 0 0 Per estrarre l argomento del logaritmo va applicata l esponenziale in base e: q Cξ Cξ = e t RC per cui la funzione che descrive la variazione di carica accumulata dal condensatore nel tempo è: ( ) q(t) = Cξ 1 e t RC. (3.19) Nota questa equazione, è possibile fare alcune osservazioni: se il tempo tende a +, la parte esponenziale della funzione tende a 0, quindi la carica massima che può essere accumulata dal condensatore è pari a Cξ. Servendosi dell equazione 3.19 è possibile ricavare una serie di altre equazioni che premettono di descrivere le grandezze caratteristiche del circuito in funzione del tempo: la relazione che esprime la differenza di potenziale del condensatore al variare del tempo è: V C (t) = q(t) ( ) C = ξ 1 e t RC (3.20) grazie alla quale è possibile notare che se t +, la DDP del condensatore tende al valore della FEM, cioè a ξ; la relazione che esprime la corrente circolante nel circuito al variare del tempo è: i(t) = d dt q = ξ R e t RC (3.21) grazie alla quale è possibile notare che se t +, cioè quando la carica del condensatore tende a Cξ, la corrente circolante nel circuito tende a 0, in quanto la DDP del condensatore si oppone alla FEM che la genera; la relazione che esprime la differenza di potenziale della resistenza al variare del tempo è: V R (t) = Ri(t) = ξe t RC. (3.22) Osservando attentamente l argomento dell esponenziale nell equazione 3.19 ed in tutte quelle da essa derivate, è possibile notare che il denominatore dell esponente ha la dimensione di un tempo, questo perché l argomento della funzione esponenziale deve essere adimensionale; infatti: RC = ΩF = V C A V = C A = s. Si può quindi definire il valore: τ = RC 56

63 3.4 Correnti Variabili Corrente Elettrica come il tempo caratteristico del circuito, che è il tempo in cui il condensatore raggiunge circa il 60 % del voltaggio impresso dalla FEM, oppure il tempo in cui si ha una riduzione pari a circa il 40 % della corrente iniziale. È possibile fare alcune interessanti considerazioni anche sulle potenze dei vari componenti del circuito. La potenza erogata dal generatore è data da: P gen = ξi = ξ2 mentre la potenza dissipata dalla resistenza è: P R = Ri 2 = ξ2 ed il lavoro necessario a caricare il condensatore è: t R e τ 2t R e τ P C = V C d dt q = V Ci espressione che può essere riscritta grazie alle equazioni 3.20 nella pagina precedente e 3.21 nella pagina precedente, ottenendo che: ( ) P C = ξ 1 e t ξ t ξ 2 t ξ 2 2t τ R e τ = τ τ = Pgen P R. R e R e È quindi possibile notare che l energia del sistema si conserva: P gen = P C + P R infatti la potenza erogata dal generatore viene in parte accumulata nel condensatore per la sua carica ed in parte dissipata dalla resistenza. Una verifica di quanto appena osservato può essere fatta tramite il lavoro eseguito ed assorbito dai vari componenti del circuito; il lavoro fornito dal generatore è pari a: W gen = 0 P gen dt = ξ 2 mentre il lavoro eseguito sulla resistenza è dato da: W R = 0 P R dt = 0 R e ξ 2 2t 0 R e t τ dt = Cξ 2 τ dt = 1 2 Cξ2 e, ricordando che il lavoro eseguito sul condensatore è pari alla variazione di energia potenziale elettrostatica, si ha che: Anche in questo caso vale che: W C = U e = C 0 W gen = W R + W C P R dt = 1 2 Cξ2. cioè il lavoro fornito dal generatore viene assorbito in parte dalla resistenza ed in parte dal condensatore per la sua carica. In questo caso è anche possibile notare che il lavoro si distribuisce equamente tra condensatore e resistenza. 57

64 3.4 Correnti Variabili Corrente Elettrica R C Circuito 3.9: Esempio di circuito a corrente variabile per la scarica di un condensatore Scarica di un Condensatore Si consideri il circuito 3.9, che riproduce il circuito 3.8 a pagina 55, ma senza il generatore. Al tempo t = 0 si trova una carica q 0 sul condensatore, la sua DDP vale V 0 = q 0 /C e la sua energia potenziale: U e = q2 2C. Appena la corrente inizia a fluire nel circuito, la differenza di potenziale presente ai capi del condensatore al generico tempo t è data da: V C = q C ed è uguale a quella della resistenza, data da: V R = Ri. La corrente circolante nel circuito è data da: i = d dt q dove il segno negativo è da imputare al fatto che la carica sul condensatore decresce nel tempo, ma la corrente può essere identificata anche uguagliano la DDP del condensatore con quella della resistenza: da cui deriva che: V C = V R q C q 0 d dt q = q RC = Ri i = q CR dq q = dt RC che è un equazione differenziale a variabili separabili e che può essere risolta integrando: q dq t ( ) q = dt q ln = t 0 RC q 0 τ. La funzione che permette di definire la quantità di carica presente sul condensatore al variare del tempo è quindi: q(t) = q 0 e t τ (3.23) per cui la carica decresce con andamento esponenziale. 58

65 3.4 Correnti Variabili Corrente Elettrica Utilizzando l equazione 3.23 nella pagina precedente è possibile esprimere sia l andamento della differenza di potenziale del condensatore che quello della resistenza al variare del tempo: V C (t) = V R (t) = q(t) C = q 0 t C e τ (3.24) ed è inoltre possibile definire l andamento della corrente circolante nel circuito al variare del tempo: i(t) = d dt q = V 0 t R e τ Esempio di Carica e Scarica di Condensatori = V C R = V R R. (3.25) Si consideri il circuito 3.10, composto di due condensatori C 1 e C 2 collegati in serie ad una resistenza R. R V 1 V 2 C 1 C 2 Circuito 3.10: Esempio di circuito. È noto che il potenziale V 1 è maggiore del potenziale V 2, quindi la corrente circola in senso orario nel circuito; al tempo iniziale sul condensatore C 1 è depositata una carica q 1, mentre sul condensatore C 2 non è presenta alcuna carica. Si vuole calcolare la corrente circolante i al variare del tempo. Non appena inizia a fluire corrente il condensatore C 1 si scarica, mentre il condensatore C 2 si carica grazie alla corrente generata dalla scarica di C 1 ; si può quindi dire che la corrente circolante al variare del tempo è: i = d dt q 1 = d dt q 2. Il potenziale nel punto V 1 è influenzato solamente dal condensatore C 1 e vale quindi: V 1 = q 1 C 1 mentre il potenziale nel punto V 2 è influenzato sia dalla resistenza che dal condensatore C 2 : V 2 = Ri + q 2 C 2. Inoltre, i due potenziali sono uguali, in quanto il circuito è chiuso: V 1 = V 2 q 1 C 1 = Ri + q 2 C 2. Per calcolare la variazione di corrente nel tempo, si deriva rispetto al tempo l equazione appena identificata: d q 1 = d dt C 1 dt Ri + d q 2 i = R d dt C 2 C 1 dt i + i R d ( 1 C 2 dt i = i + 1 ) C 1 C 2 59

66 3.4 Correnti Variabili Corrente Elettrica dove la somma dei reciproci delle capacità dei due condensatori identifica il reciproco della capacità equivalente C 1 + C 2, essendo i due condensatori collegati in serie, quindi si ha che: R d dt i = i C eq che è equazione differenziale a variabili separabili e può essere risolta integrando: di i = dt RC i i 0 di i = 1 RC t 0 dt da cui deriva che: ( ) i ln = t i 0 RC i = i 0e t τ ricordando che τ = RC. Manca solo la corrente iniziale i 0, che può essere calcolata come: i 0 = V 1 V 2 R quindi la funzione che esprime l andamento della corrente circolante al variare del tempo è: i(t) = V 1 V 2 R t e τ. 60

67 4 Magnetismo Il magnetismo è una proprietà intrinseca dei materiali che tendono ad attrarre alcuni tipi di metalli, specialmente il ferro ed altri materiali magnetici; questo tipo di attrazione si manifesta tramite una forza agente sul metallo attratto. Avvicinando due materiali magnetici si hanno però diversi tipi di forze e queste possono essere attrattive, oppure repulsive. Da questa osservazione consegue il fatto che devono esistere due tipi di cariche magnetiche ; infatti, la forza che si sviluppa tra le cariche magnetiche q 1 e q 2 è del tipo: F K m q 1q 2 r 2 e questa legge è formalmente identica alla forza che si sviluppa tra due cariche elettriche e come essa decresce con proporzionalità quadratica al raggio. Le cariche prendono il nome di poli magnetici, identificati come nord e sud; come già visto per le cariche elettriche, poli magnetici uguali si respingono, mentre poli magnetici diversi si attraggono. Questa denominazione deriva dal fatto che l ago di una bussola, che è un materiale magnetico, si orienta in direzione dei poli terrestri, per cui la terra agisce come un materiale magnetico. È possibile osservare, però, che l ago della bussola si orienta nello stesso modo in ogni punto della terra; la forza magnetiche che attrae i poli dell ago e che lo orienta è quindi distribuita equamente, per cui deve esistere un campo magnetico. 4.1 Il Campo Magnetico Nello studio del campo magnetico è stata fatta un osservazione interessante: si consideri una barra di materiale magnetico, che sarà quindi caratterizzata da un polo nord e da un polo sud; se tale barra venisse tagliata, sarebbe logico pensare di ottenere una barra con il solo polo nord ed una con il solo polo sud. Tuttavia, è possibile osservare sperimentalmente che su ciascuna delle due parti derivanti dalla barra iniziale si formano un nuovo polo nord ed un nuovo polo sud e che questo fenomeno continua a sussistere indifferentemente dal numero di tagli o dalla dimensione del materiale magnetico. Non è quindi possibile isolare una carica magnetica, quindi non esistono dei monopoli magnetici, ma solo dei bipoli. Nota questa osservazione, è possibile dire che il campo magnetico è un campo chiuso, il che significa che le linee di campo di un bipolo isolato congiungono un polo all altro con delle curve. Contrariamente a quanto accade per i poli magnetici, una carica elettrica può essere isolata e vi può essere posta attorno una superficie gaussiana al fine di calcolare il flusso 61

68 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo del campo della carica per la superficie, grazie al quale si può calcolare il valore della carica e del campo che produce grazie al teorema di Gauss. A causa dell inseparabilità dei poli magnetici, applicando il teorema di Gauss ad un materiale magnetico al fine di calcolarne il campo, indicato con B, il flusso attraverso una qualsiasi superficie risulta nullo. Un altra osservazione interessante che differenzia il campo elettrico dal campo magnetico è il fatto che la circuitazione del campo elettrico, calcolata tramite il prodotto vettoriale tra il vettore gradiente ed il vettore campo elettrico E, cioè il rotore del campo elettrico, è nullo: E = 0 ma il prodotto vettoriale tra due vettori è nullo se e solo se i due vettori sono paralleli, quindi il vettore campo elettrico è parallelo al vettore gradiente. Studiando il rotore del vettore campo magnetico B si osserva che questo non è nullo, ma che il prodotto scalare tra il vettore gradiente ed il vettore campo elettrico B, cioè la divergenza del campo magnetico, è nulla: B = 0 ma il prodotto scalare tra due vettori è nullo se e solo se i due vettori sono ortogonali, quindi il vettore campo magnetico è ortogonale al vettore gradiente. Deve però esistere un vettore A il cui prodotto vettoriale con il vettore gradiente produca proprio il vettore campo magnetico: A = B in modo che il vettore campo magnetico sia perpendicolare ad entrambi i vettori, fatto che giustifica la sua divergenza nulla La Forza Magnetica Sperimentalmente, è stato osservato che gli effetti della forza magnetica sono da imputare a delle cariche elettriche in movimento. Si consideri una particella di massa m con carica q posta all interno di un campo magnetico B; se tale particella è ferma, allora non si osserva alcuna forza agente su di essa, ma se la particella è in moto con velocità v, su di essa agisce una forza dettata dalla legge di Lorentz: F = q( v B) (4.1) La forza agente sulla particella viene quindi detta forza di Lorentz ed è proporzionale sia all intensità del campo magnetico che alla velocità della particella; tale forza è definita da un prodotto vettoriale, quindi è ortogonale al piano che contiene il vettore campo magnetico ed il vettore velocità. Il modulo della forza di Lorentz può essere calcolato come: F = F = qvb sin(θ) dove θ è l angolo tra il vettore campo magnetico ed il vettore velocità della particella; la direzione della forza, che la qualifica come attrattiva o repulsiva, dipende dal segno della carica. 62

69 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo È possibile notare che la forza è nulla se e solo se la particella si sposta nella stessa direzione del campo, mentre la forza è massima se lo spostamento è perpendicolare al campo. Inoltre, dato che la forza è perpendicolare alla velocità, quindi allo spostamento della particella, questa non compie lavoro quando agisce sulla carica in moto Campo Magnetico Uniforme Si vuole ora studiare il moto di una particella carica all interno di un campo magnetico uniforme, ma è doveroso distinguere il caso in cui lo spostamento della particella sia sempre ortogonale al campo magnetico da quello in cui questi formano un angolo generico. Moto di una Particella con Spostamento Perpendicolare al Campo Si consideri una particella di massa m e carica +q in moto con velocità v attraverso un campo magnetico di intensità B uniforme nello spazio; si supponga che lo spostamento della particella sia sempre perpendicolare al campo magnetico. Il modulo della forza agente sulla particella è dato da: F = qvb ed avvalendosi della legge di Newton F = m a, l equazione può essere scritta come: qvb = ma. Dato che le linee di campo magnetico sono curve, perché la forza agente sulla particella sia sempre ortogonale al campo, tale particella deve seguire la direzione delle linee di campo nel suo moto, compiendo quindi un moto curvilineo. La forza è quindi una forza centripeta o centrifuga, grazie alla quale è possibile calcolare il raggio di curvature delle linee di campo servendosi dell espressione generale delle forze centripete e centrifughe: F = ma F = m v2 r da cui deriva che: qvb = m v2 r = mv r qb = p qb dove p indica il modulo della quantità di moto della particella: p = mv. Dato che il campo magnetico è uniforme nello spazio, la particella percorre delle traiettorie circolari, muovendosi con moto circolare uniforme, quindi è possibile calcolare la velocità angolare del moto: ω = v r = qb m e grazie a questa grandezza è possibile associare un periodo al moto, dato da: T = 2π ω = 2πm qb grazie al quale è possibile definire la frequenza del moto, cioè quanti periodi vengono coperti nell unità di tempo: ν = 1 T = ω 2π = qb 2πm. 63

70 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo Ricavando il campo magnetico dalla velocità angolare: ω = qb m B = ω m q e sostituendolo nella forza di Lorentz, espressa nell equazione 4.1 a pagina 62, si ha che: q( v B) = m( ω v) = m( v ω) da cui deriva che: ω = q m B. La velocità angolare è quindi un vettore che ha verso opposto al vettore campo magnetico, ma è noto che il vettore è entrante nel piano su cui si sviluppa il moto se questo avviene in senso orario, mentre è uscente dal piano su cui si sviluppa il moto se questo avviene in senso antiorario. Dato che la carica considerata è positiva, se il campo magnetico all interno del quale si muove è uscente dal piano su cui si sviluppa il moto, la velocità angolare è diretta in verso entrante, per cui il moto è in senso orario; se invece il campo magnetico è entrante, la velocità angolare è diretta in verso uscente, per cui il moto è in senso antiorario. Quest osservazione è particolarmente utile, in quanto grazie alla legge di Lorentz è possibile stabilire il verso della rotazione di una carica in moto in un campo magnetico uniforme. Moto di una Particella con Spostamento con Angolo Generico Si consideri ora il caso in cui la particella di massa m con carica +q sia in moto nel campo magnetico B con velocità v con un angolo θ generico, non necessariamente ortogonale al campo. La velocità della particella può essere scomposta in due componenti, una ortogonale al campo magnetico, indicata con v e calcolabile come v sin(θ), ed una parallela al campo magnetico, indicata con v e calcolabile come v cos(θ). La forza di Lorentz agente sulla particella è data da: F = q( v B) = q ( ( v + v ) B ) ma il prodotto vettoriale tra la componente parallela della velocità ed il campo magnetico è nullo, in quanto i due vettori sono nella stessa direzione; la forza è quindi espressa come: F = q( v B). Dato che la componente parallela della velocità esiste comunque, il moto può essere interpretato come la composizione di un moto rettilineo uniforme con velocità v e di un moto circolare uniforme originato dalla componente perpendicolare della velocità e dalla forza di Lorentz, per il quale si possono utilizzare tutte le osservazioni precedentemente fatte. Il raggio di curvatura di questo moto può essere calcolato come nel caso precedente, ma considerando la sola componente della velocità perpendicolare al campo: r = m v qb mv sin(θ) = qb 64

71 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo ed anche in questo caso è possibile ricavare velocità angolare, periodo e frequenza del moto, le cui equazioni sono analoghe a quelle del caso precedente. Nel caso del moto composto, si ottiene che dopo un periodo la particella si sposta nella direzione del campo B di un passo, definito come: v T = 2πm qb cos(θ) che è la distanza lineare coperta nella direzione del campo nel tempo di un periodo. La particella compie quindi un moto elicoidale, combinando il moto circolare uniforme sul piano ortogonale al campo ed il moto rettilineo uniforme nella direzione del campo Corrente Elettrica in un Campo Magnetico Si vuole ora studiare l azione di un campo magnetico su un conduttore filiforme nel quale scorre una corrente elettrica; questo quesito è sensato, in quanto la corrente non è altro che un insieme di particelle cariche in moto, quindi questo studio generalizza quanto visto finora sul moto di una singola carica. Si supponga che un campo magnetico B attraversi un conduttore filiforme adagiato su un piano in direzione perpendicolare ad esso e che nel conduttore sia presente un flusso di corrente i. Tale corrente è dovuta allo spostamento di elettroni, per cui viene considerata come n la densità di elettroni per unità di volume; è ora possibile definire la densità di corrente: j = ne v d dove v d è la velocità di deriva ed è parallela al campo elettrico che sostiene la corrente. Su ognuno degli elettroni in moto agisce una forza di Lorentz espressa come: F L = e( v d B) per cui la forza totale agente su un volume infinitesimo di conduttore, dato da dτ = dsσ, dove Σ è la sezione del cavo, può essere calcolata conoscendo il numero di elettroni presenti del volume il numero di elettroni al suo interno, cioè: e = ndτ da cui deriva che la forza infinitesima risultante su tutti gli elettroni presenti nel volume dτ è: d F = e F L = ndτ F L = nσds F L dove si può sostituire l espressione della forza agente su un elettrone: d F = ΣdSne( v d B) = dτ( j B) grazie alla quale è possibile identificare la forza per unità di volume: d F dτ = F τ = j B. 65

72 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo Ricordando ora la relazione tra la corrente elettrica e la densità di corrente, cioè i = jσ l equazione della forza infinitesima può anche essere scritta come: d F = i(d S B) (4.2) che rappresenta la seconda legge elementare di Laplace e descrive la forza agente sulle cariche in moto in un conduttore in presenza di un campo magnetico. Per calcolare la forza complessiva agente sull intero conduttore basta integrare tra i suoi capi, indicati con P e Q: F = i Q P d S B. La legge di Laplace ha alcune conseguenze molto importanti, che si traducono in casi pratici frequenti. Se il campo magnetico B è uniforme ed il conduttore è rettilineo, questo può essere estratto dall integrale nel calcolo nella forza: ( ( Q ) ) F = i ds B P ed a questo punto l integrale rappresenta la lunghezza del conduttore, indicato come un vettore l il cui modulo è pari alla lunghezza del filo: F = i( l B). La forza esercitata sul conduttore è orientata nella direzione perpendicolare al piano individuato da B e dalla direzione della corrente, ed il suo modulo è: F = ilb sin(θ) dove θ è l angolo tra la direzione della corrente ed il campo magnetico. Se invece il conduttore è curvilineo, la forza non dipende comunque della geometria del filo, ma solamente dalla distanza tra i suoi estremi, quindi la forza è: F = i ( ( Q P ) ds B ) = i( P Q B) Se invece di avere un generico conduttore filiforme si avesse un circuito chiuso, quindi con gli estremi del conduttore coincidenti, la forza risultante agente su di esso sarebbe nulla, in quanto definita come: P F = i ds B = 0. P Grazie a questo fatto è possibile osservare alcuni fatti interessanti originati dalla presenza di un campo magnetico agente su un circuito elettrico. 66

73 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo Circuito 4.1: Esempio di circuito. Esempio di Circuito Immerso in un Campo Magnetico Si consideri un bilancia piana a bracci uguali alla quale sono appeni un peso di massa m ed un circuito elettrico quadrato di lato b nel quale scorre una corrente i in senso antiorario; il circuito è per metà immerso in un campo magnetico uniforme B uscente dal piano della bilancia e può essere schematizzato come mostrato nel circuito 4.1. Per studiare il circuito è conveniente considerare la forza agente sui vari rami, analizzandoli uno alla volta. La direzione della forza agente sui lati verticali del circuito può essere determinata grazie alla regola della mano destra, dalla quale deriva che sono presenti due forze F dirette verso l esterno del circuito, che quindi si annullano. Sul lato inferiore è invece presente una forza diretta verso il basso di modulo F = ibb che, per mantenere in equilibrio il sistema, deve bilanciare la forza di gravità agente sul peso, cioè: mg = ibb B = mg ib quindi si deve fornire un campo magnetico direttamente proporzionale alla massa da sospendere ed inversamente proporzionale alla corrente circolante nel circuito. Esempio di Spira SemiCircolare Si consideri ora una spira formata da una semicirconferenza di raggio R i cui estremi sono congiunti da una retta, come mostrato nella figura 4.1. P Q Figura 4.1: Spira semicircolare. Sulla spira circola una corrente in senso antiorario e su di essa agisce un campo magnetico ortogonale alla parte retta della spira e giacente sullo steso piano su cui poggia, rivolto verso l alto; per esprimere le direzioni, si supponga che la spira sia posta su un piano cartesiano orientato come di consueto. Il campo magnetico può essere espresso come: B = Bû y mentre la lunghezza della parte piana è data da: P Q = 2Rû x. 67

74 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo Sul ramo rettilineo della spira agisce una forza pari a: F = i( P Q B) = i(2rû x Bû y ) = i2rb(û x û y ) = i2rbû z quindi la forza è uscente e perpendicolare al sistema piano, in quanto il prodotto vettoriale tra i versori degli assi x e y identifica il versore dell asse z. Per il tratto curvilineo è necessario servirsi di un ascissa curvilinea che parametrizzi la lunghezza della semicirconferenza, data da: d S = dxû x + dyû y grazie alla quale la forza infinitesima può essere espressa come: d F = i(d S B) = ibdx(û x û y ) + ibdy(û y û y ) = ibdxû z mentre la forza complessiva viene calcolata integrando sulla semicirconferenza: R F = ibû z dx = ib2rû z. R È possibile notare che la forza agente sul tratto curvilineo è esattamente l opposto di quella agente sul tratto rettilineo, per cui la forza totale è nulla (grazie all uniformità del campo magnetico), fatto che conferma quanto notato come conseguenza della legge di Laplace. Si può inoltre notare che la forza sul tratto curvilineo dipende solamente dalla distanza tra i due estremi e non dalla traiettoria effettivamente seguita dalla curva Momenti Meccanici Dovuti ad un Campo Magnetico Nel paragrafo precedente è stato notato e dimostrato che la forza complessiva agente su un circuito immerso in un campo magnetico uniforme è nulla, ma questo fatto non è vero a priori per il momento meccanico. Si consideri la spira rettangolare mostrata nella figura 4.2 nella quale scorre una corrente i in senso antiorario. Q P a R b Figura 4.2: Spira rettangolare. S Alla superficie della spira, denotata come Σ = ab, viene associato un versore normale û n uscente e su di essa agisce una campo magnetico B, comunque uscente dal piano, che la interseca e forma un angolo θ con il versore di superficie. 68

75 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo Le forze agenti sui lati di lunghezza b sono: F RS = ibb sin(θ) e F P Q = ibb sin(θ) che sono entrambe rivolte verso l esterno della spira e giacciono sul suo stesso piano, quindi si annullano. Le forze agenti sui lati di lunghezza a sono invece: F SP = iab e F QR = iab che sono comunque opposte ma non sono sullo stesso piano della spira; la forza F QR è in realtà rivolta in verso uscente, mentre la forza F SP è rivolta in verso entrante. Queste due forze agiscono come una coppia che mette in rotazione la spira generando un momento meccanico di modulo: M = b sin(θ)f = iabb sin(θ) = iσb sin(θ) (4.3) e questo è diretto verso l alto, quindi tende a far ruotare la spira attorno all asse di simmetria del rettangolo passante per i punti medi dei due lati di lunghezza b. Il momento punta verso l alto e mette in rotazione la spira, che tende ad allinearsi con il campo magnetico facendo tendere θ a 0, cioè facendo coincidere la direzione del campo B con il versore û n. A questo punto è conveniente definire il momento magnetico della spira, dato da: m = iσû n (4.4) grandezza che permette di scrivere il momento meccanico generato dal campo magnetico come prodotto vettoriale: M = m B. (4.5) Come appena detto, nella rotazione il momento magnetico tende a sovrapporsi al campo magnetico, in modo da annullare il momento meccanico. Grazie a questo circuito si può ricavare il principio di equivalenza di Ampère, secondo il quale un circuito chiuso attraversato da un campo magnetico è assimilabile ad un ago magnetico con momento magnetico m; sulla base di questo principio, gli effetti magnetici subiti da una spira attraversata da corrente sono esattamente gli stessi di un dipolo magnetico immerso in un campo magnetico, che tende ad allinearsi al campo. Anche in quanto caso è quindi possibile definire un energia potenziale associata alla posizione della spira all interno del campo: U m = m B = mb cos(θ) (4.6) grazie alla quale è possibile notare che, a causa del segno negativo, l energia potenziale è minima quando l angolo tra il campo magnetico ed il momento magnetico è nullo, mentre è massima quando l angolo vale π/2. Ricordando il legame tra l energia potenziale e la forza tramite il gradiente, la forza agente sulla spira può essere definita come: F = (U m ) (4.7) 69

76 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo dove il gradiente, nel caso unidimensionale, è rappresentato dalla derivata rispetto all unica direzione presente, quindi il momento meccanico può essere definito come la variazione dell energia potenziale in funzione dell angolo θ: M = d dθ U m = d dθ [ mb cos(θ) ] = mb sin(θ). Inoltre, considerando l energia potenziale infinitesima: du m = d m B = i B û n dσ è possibile identificare il flusso del campo magnetico, definito come: Φ( B) = ΣB (4.8) da cui deriva che l energia potenziale infinitesima può essere scritta come: du m = idφ( B) ed integrando questa espressione si ha che l energia potenziale è data da: U m = iφ( B). (4.9) Utilizzando questa definizione, si ha che la forza agente sulla spira è data dal prodotto tra la corrente circolate ed il gradiente del flusso del campo magnetico: F = (U m ) = i ( Φ( B) ). Esempio di Flusso del Campo Magnetico Si consideri la spira mostrata nella figura 4.3 composta di tre lati fissi e di un lato mobile P Q di altezza b, che può scorrere in senso orizzontale lungo i lati dal circuito; il tutto è percorso da una corrente i circolante in senso orario. Si vuole calcolare la forza magnetica agente sul lato P Q ad opera di un campo magnetico B uniforme su tutto il circuito e con direzione entrante nel piano della spira. P b Figura 4.3: Esempio di spira con lato mobile. Supponendo che il binario su cui scorre il lato mobile della spira sia parallelo alla direzione û x, la forza agente sul tratto P Q è data da: F = i( P Q B) = ibbû x 70 Q

77 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo infatti per la regola della mano destra è possibile dire che la forza è rivolta verso destra e tende ad allontanare il lato mobile dal lato verticale fisso della spira. La stessa forza può essere calcolata considerando il flusso del campo magnetico attraverso la superficie della spira; identificando con x la distanza tra il lato verticale fisso della spira ed il lato mobile, la sua superficie è data da Σ = bx, quindi il flusso può essere calcolato come: Φ( B) = ΣB = bxb. ma il lato P Q non è fisso, quindi ad un suo spostamento dx corrisponde una variazione del flusso: dφ( B) = Bbdx quindi la forza può essere calcolata come: F = i d dx Φ( B) = ibb. Grazie a quanto appena detto è possibile fare un osservazione interessante, cioè che la direzione della forza è tale da far aumentare il flusso del campo magnetico, in quanto tende ad aumentare la superficie della spira allontanando il lato mobile. Questo fatto è sensato perché un flusso maggiore porta ad uno stato di minor energia potenziale magnetica, che è infatti definita come l opposto del prodotto tra la corrente ed il flusso del campo magnetico. Per concludere questo paragrafo, si ricordano le analogie e le differenze tra le grandezze caratteristiche dell elettrostatica e quelle del magnetismo: ad una coppia di cariche elettriche q distanti tra loro a è possibile associare un momento di dipolo: p = q a mentre ad una dipolo magnetico, o ad una spira di superficie Σ nella quale scorre una corrente i, è possibile associare un momento magnetico: m = iσû n ; al momento di dipolo è possibile associare un momento meccanico elettrico dato da: M = p E mentre al momento magnetico è possibile associare un momento meccanico magnetico dato da: M = m B; l energia potenziale elettrostatica può essere calcolata come: U e = p E mentre l energia potenziale magnetica può essere calcolata come: U m = m B; 71

78 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo la forza elettrica lungo la direzione x è data da: F x = p x E mentre la forza magnetica lungo la direzione x è data da: Effetto Hall F x = m x B. Al campo magnetico sono associati vari fenomeni interessanti, ma uno di quelli più utili è dato dal fatto che la forza elettromagnetica può essere interpretata come la generatrice di un campo elettromotore. Nella sezione 3.3 a pagina 47 era stato discusso della forza elettromotrice ed era stato notato che in un circuito è presente un campo elettrico E el di natura elettrostatica a circuitazione nulla, che sostiene il moto delle cariche elettriche all interno di un circuito, ma è presente anche un campo E di natura non conservativa a circuitazione non nulla, la cui circuitazione rappresenta proprio la FEM. Tale campo può essere generato da una forza magnetica. Si supponga di disporre di un parallelepipedo di conduttore con superficie laterale Σ = ab attraversato da una corrente di cariche positive e con densità j in direzione x (assunta concorde alla facce laterali di superficie Σ) e che sia presente un campo magnetico B in direzione y (assunta concorde alle altre facce la laterali) ortogonale alla corrente. La densità può essere scritta definita come: j = i abûx = ne v d ma dato che le cariche su muovono con velocità v d, queste risentono di una forza di Lorentz che tende a spostarle in direzione z: F L = e( v d B) = ev d Bû z dove si assume che le cariche si spostino verso il basso. Si crea quindi un eccesso di carica positiva sulla piastra superiore del parallelepipedo di conduttore, con un conseguente accumulo di cariche negative sulla faccia inferiore; alla forza agente può essere associato un campo elettrico E H dato da: E H = F L e = v d B diretto in direzione z verso l alto. Questo campo elettrico viene definito campo di Hall, dato dalla forza per unita di carica, che tende ad accumulare le cariche positive su una delle due piastre che interseca, in questo caso sulla piastra superiore; supponendo che il campo abbia spostato tutte le cariche positive possibili sulla faccia superiore, su quella inferiore si saranno accumulate tutte le restanti cariche negative, con la conseguente formazione di un campo di natura elettrostatica E el assimilabile a quello presente in un condensatore piano. 72

79 4.1 Il Campo Magnetico Magnetismo Quando il sistema raggiunge uno stato di equilibrio, questo campo deve necessariamente bilanciare il campo di Hall: E el + E H = 0 ma in questo stato non si ha più circolazione di corrente, quindi la densità di corrente si annulla; osservando questa equazione, è possibile notare che la condizione di equilibrio è la stessa presente in una generatore di FEM, dove vale che: E el + E = 0 dove la FEM è dovuta alla circuitazione del campo elettromotore: B ξ = E ds = E ds. In questo caso, il ruolo del campo elettromotore è affidato al campo di Hall, che ha circuitazione non nulla, fatto che porta alla generazione una FEM data da: ξ h = B A A E H d z = E H b su un circuito esterno collegato alle piastre superiore ed inferiore del conduttore studiato, con la conseguente formazione di una DDP che permette la circolazione di corrente sul circuito esterno. Il campo di Hall viene quindi espresso come: E H = jb ne = ib neσ dove i rappresenta la corrente circolante sul circuito esterno ed è possibile mettere in relazione tale campo con la FEM che genera come: ξ H = E H b = ibb neab = ib nea. Una delle utilità di questa legge consiste nel fatto che conoscendo il valore della FEM è possibile stabilire il segno delle cariche circolanti nel circuito. 4.2 Sorgenti Magnetiche Finora si è discusso del campo magnetico e dei principali fenomeni ad esso collegati, ma non ci si è mai posto il problema di capire cosa possa generare un campo magnetico; è ormai noto che fenomeni elettrici e magnetici sono i stretta relazione, quindi si prova a studiare un conduttore attraversato da corrente. Considerando un punto P posto a distanza r dall elemento infinitesimo d S = dsû t di conduttore, la legge di Laplace permette di dire che su questo punto agisce un campo magnetico infinitesimo espresso come: db = µ 0 i(ds û r ) = µ 0 ids 4π r 2 4π r (û 2 t û r ) dove µ 0 viene definita permeabilità magnetica del vuoto e vale 4π 10 7 H m 1, û r è il versore perpendicolare al verso della corrente e û t è il versore della corrente stessa. Si ricorda che il campo magnetico è proporzionale alla corrente circolante nel conduttore ed è diretto secondo la regola della mano destra. 73

80 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo La Legge di Laplace L equazione: db = µ 0 ids 4π r (û 2 t û r ) (4.10) rappresenta la prima legge elementare di Laplace e può essere utilizzata in vari casi, primo tra tutti la determinazione del campo magnetico prodotto da una singola singola carica in moto. Considerando un numero n di cariche q in moto con velocità v, la densità di corrente è data da: j = nq v quindi la corrente che attraversa l elemento infinitesimo d S può essere calcolata conoscendo la sua superficie come: id S = jσds = jdτ = nq vdτ ma il prodotto tra la densità di carica ed il volume infinitesimo rappresenta il numero di particella all interno del volume stesso. Noto questo, riportando questa scrittura nell equazione 4.10, si ha che: d B = µ 0 4π q( v û r ) ndτ r 2 che rappresenta il campo magnetico prodotto da tutte le particella in moto nel conduttore infinitesimo, quindi il campo prodotto da una sola particella si può ricavato dividendo per il numero di particelle: B = d B ndτ = µ 0 q( v û r ). (4.11) 4π r 2 Se oltre all effetto del campo magnetico si considera anche l effetto del campo elettrico prodotto dalla particella carica, che è radiale in direzione û r e dato da: q E = 4πε 0 r 2 ûr da esso si può estrarre il versore: e sostituito nell equazione 4.11: û r = E 4πε 0r 2 B = µ 0 q 4π r ( v E) 4πε 0r 2 2 q q = µ 0 ε 0 ( v E) ma è possibile dimostrare che: 1 = c 2 µ 0 ε 0 dove c è le velocità della luce, quindi l equazione può essere riscritta come: B = 1 c 2 v E. (4.12) Campo elettrico, campo magnetico e velocità di spostamento della carica possono quindi essere interpretati come una terna locale di riferimento, composta dai vettori v e E, il cui prodotto vettoriale produce il vettore B. 74

81 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Campo Magnetico di un Asta Si consideri un asta rettilinea di conduttore lunga a ed attraversata da una corrente elettrica i; si isoli un suo elemento infinitesimo d S e si consideri un punto P posto a distanza r da tale elemento ed a distanza R dall ortogonale dell asta, identificato con il punto a distanza S dall elemento infinitesimo d S, da cui deriva che il vettore che congiunge il punto P con l elemento d S forma un angolo esterno θ con l asta. Il campo magnetico risentito dal punto può essere calcolato grazie alla legge di Laplace: db = µ 0i (ds û r ) 4π r 2 = µ 0i ds sin(θ) 4π r 2 ma è possibile sfruttare le formule trigonometriche per eseguire alcune semplificazioni; l angolo θ ammette un angolo complementare pari a π θ, per cui vale che: r sin(π θ) = r sin(θ) = R e r cos(π θ) = r cos(θ) = S da cui deriva che: ed è inoltre possibile dire che: 1 r 2 = ( sin(θ) ) 2 R 2 S R = cot(θ) S = R cot(θ). Ricordando che la derivata della cotangente vale: d dθ cot(θ) = 1 ( ) 2 sin(θ) la variazione infinitesima ds può essere espressa come: ds = Rdθ ( sin(θ) ) 2 e riportando tutto questo nella formula del campo magnetico si ha che: db = µ 0i sin(θ)dθ 4π R = µ 0i d cos(θ) 4π R. A questo punto, l unica variabile è l angolo θ, quindi per calcolare il campo risentito dal punto P basta integrare sulla lunghezza dell asta. Considerando θ 1 come l angolo interno tra il vettore che congiunge il punto p ed uno degli estremi dell asta e l asta stessa e come θ 2 l angolo esterno all altro estremo, un integrale tra questi due angoli permette di calcare in campo magnetico: B = µ θ2 0i d cos(θ) = µ 0i ( cos(θ2 ) cos(θ 1 ) ) = µ 0i ( cos(θ1 ) cos(θ 2 ) ) (4.13) 4πR θ 1 4πR 4πR dove la variazione tra l angolo θ 1 e l angolo θ 2 significa che l angolo interno θ 1 è aumentato man mano fino a diventare l angolo esterno θ 2, che è quindi pari a θ 2 = π θ 1. 75

82 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Considerando ora l effettiva lunghezza del filo come a e supponendo che il punto P sia posto sull asse di simmetria ortogonale alla stessa, vale che: cos(θ 2 ) = cos(π θ 1 ) = cos( θ 1 ) = cos(θ 1 ) si ottiene che il campo magnetico è dato da: dove è possibile notare che: R 2 + quindi il campo è dato da: B = µ 0i 4πR 2 cos(θ 1) = µ 0i 2πR cos(θ 1). ( ) 2 a cos(θ 1 ) = a 2 2 cos(θ 1) = B = µ 0 i a 2 2πR R 2 + ( ) û φ a 2 2 a 2 R2 + a 2 dove û φ è il versore di direzione del campo magnetico. Il campo magnetico risentito dal punto è sempre ortogonale alla congiungente tra l asta ed il punto stesso, il che permette di dire che le sue linee di forza sono circolari, centrate sull asta e giacciono sul piano ortogonale ad essa; se la corrente ha direzione entrante nel piano, allora le linee di campo hanno verso orario, mentre se la corrente è uscente dal piano, le linee di campo hanno verso antiorario. Se si considera invece un asta di lunghezza infinita, cioè per a, la legge in questione risulta essere: B = µ 0i 2πRûφ (4.14) nota come legge di Biot-Savart Campo Magnetico di una Spira Quadrata Un applicazione immediata di questa legge consiste nel calcolare il campo magnetico prodotto da una spira quadrata di lato a nella quale scorre una corrente i; considerando un punto P posto sull ortogonale al centro della spira, si possono analizzare i campi magnetici di cui risente dovuti ad ogni ramo della spira. Ponendo come R la distanza tra il lato della spira ed il punto P, il campo magnetico su esso impresso da un ramo è: B = µ 0 i a 2 2πR R 2 + ( a 2 ) 2 ma questo campo può essere scomposto in una componente lungo l asse ortogonale alla superficie della spira, indicata con B, ed in una componente parallela ad essa, indicata con B. In particolare, la componente ortogonale è data da: B = B cos(α) 76

83 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo dove α è l angolo tra il vettore che congiunge il ramo di spira con il punto P e l ortogonale alla superficie. Studiando tutti i rami è possibile osservare che tutte le componenti parallele alle spira si annullano tra loro a coppie sui rami opposti, fatto dovuto alla simmetria delle posizione del punto P ; rimangono quindi solamente le componenti lungo l ortogonale della spira, per cui il campo magnetico complessivo risentito dal punto P e vale: dove scrivendo il coseno come: si ottiene: B = 4B cos(α) cos(α) = a 2 R = a 2R B = 4 µ ( ) 2 0i a 1 2π 2R R 2 + ( a 2 la cui espressione del campo in funzione della distanza tra il punto p e la spira è: B(x) = 2µ 0i π ( x 2 + ( a 2 ( a 2 2) ) ) 2 ) 2 x 2 + ( a 2 ) 2 û n. (4.15) Anche in questo caso, se x tende a, quindi x diventa molto maggiore di a, si può approssimare l espressione trascurando a/2 al denominatore: dove si può moltiplicare e dividere per 4: B(x) = 2µ ( a 2 0i 2) π x 3 ûn B(x) = 2µ 0i 4π a 2 x 3 ûn ed a questo punto a 2 rappresenta la superficie della spira, dal cui prodotto con la corrente i e con il versore û n si ottiene il momento magnetico: B(x) = µ 0i 2π Σ x 3 ûn = µ 0 2π Un punto posto a grande distanza dalla spira risente quindi di un campo di tipo dipolare; questo è un ulteriore esempio delle validità del principio di equivalenza, infatti il campo generato da una spira attraversata da corrente si comporta come un campo di dipolo con andamento m/x 3. m x Campo Magnetico di una Spira Circolare Un altro esempio di applicazione della legge di Laplace è lo studio del campo magnetico generato da una spira circolare. Si supponga di disporre di un circuito perfettamente circolare con raggio R sul quale scorre una corrente i e si consideri un punto p a distanza x dall asse ortogonale alla 77

84 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo circonferenza; questo implica che tutti i punti della circonferenza si trovino alla stessa distanza dal punto, indicata con r. Considerato un elemento infinitesimo della spira come d S, il campo magnetico che questo esercita sul punto è dato da: db = µ 0i ds û r 4π r 2 ma il vettore d S ed il versore û r sono ortogonali, quindi risulta che: db = µ 0i ds 4π r. 2 Come già visto per la spira quadrata nel paragrafo a pagina 75, il campo prodotto da ogni elemento infinitesimo d S può essere scomposto in una componente ortogonale alla spira ed in una componente parallela ad essa, ed anche in questo caso le componenti parallele si compensano tra loro. Considerato come θ l angolo tra la spira e la congiungente del punto p con l elemento infinitesimo d S, la componente ortogonale del campo magnetico è data da: db = db cos(θ) = µ 0i ds 4π r cos(θ). 2 quindi il campo complessivo può essere ottenuto integrando su tutta la circonferenza: B tot = db = µ 0i ds 4π r cos(θ) ds 2 ma l integrale vale 2πR: B tot = µ 0i cos(θ)2πr 4πr 2 e posti r 2 = x 2 +R 2 e cos(θ) = R/r, il campo può essere espresso in funzione della distanza del punto p dalla spira: B(x) = µ 0iR 2 2r 3 û n = µ 0 ir 2 2(x 2 + R 2 ) 3/2 ûn. (4.16) Anche in questo caso si può osservare il comportamento di un punto posto a distanza infinita, cioè per x ; trascurando R al denominatore si ha che: B(x) = µ 0iR 2 dove, moltiplicando e dividendo per π, è possibile identificare la superficie della spira: 2x 3 û n B(x) = µ 0iπR 2 2πx û 3 n = µ 0iΣ 2πx 3 ûn = µ 0i m 2πx 3 per cui un punto posto a grande distanza dalla spira risente di un campo dipolare, come nel caso della spira quadrata. L espressione: B(x) = µ 0iR 2 2r û 3 n dove û n è il versore normale alla superficie, che descrive il campo magnetico della spira rotonda è fondamentale per quanto verrà presentato a breve. 78

85 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Campo Magnetico di un Solenoide Un solenoide è costituito da un conduttore avvolto a spirale con passo molto stretto attorno ad un asse rettilineo, ma per studiarne il campo magnetico può essere interpretato come una serie di spire circolari accostate. Si consideri un solenoide di lunghezza d composto da N spire di raggio R, da cui deriva che il numero di spire per unità di lunghezza è n = N/d, ed un punto p posto sull asse del solenoide; si vuole calcolare il campo magnetico risentito dal punto ad effetto di un elemento infinitesimo dx di solenoide, che conterrà quindi ndx spire. Si consideri come r la distanza tra l elemento dx ed il punto p e come φ l angolo tra la loro congiungente e l asse del solenoide; il campo magnetico può essere interpretato come il campo prodotto da n spire circolari accostate, risultando quindi da: db = n µ 0iR 2 2r dx 3 mentre per calcolare il campo complessivo si deve integrare su tutta la lunghezza del solenoide. Per farlo, si considera il punto p posto in una posizione fissa x 0 e si considera come x la distanza sull asse tra il punto p e l elemento dx, quindi si hanno le relazioni R = r sin(φ) e x 0 x = r cos(φ), da cui deriva che: x 0 x = R cot(φ) quindi l elemento infinitesimo dx viene espresso come: ( ) 1 d(x 0 x) = dx = Rd cot(φ) = R ( ) 2 dφ sin(φ) dove sostituendo R = r sin(φ) si ha che: dx = r sin(φ) ( sin(φ) ) 2 dφ = r sin(φ) dφ. 1 dx = R( ) 2 dφ sin(φ) Il campo magnetico può quindi essere espresso sostituendo sia R che dx: db = n µ 0ir 2( sin(φ) ) 2 2r 3 r sin(φ) dφ = µ 0ni 2 sin(φ)dφ e, considerando come φ 1 e φ 2 gli angoli tra la congiungente del punto p con l elemento dx e l asse del solenoide agli estremi dello stesso, il campo totale è dato da: B = + µ 0ni 2 φ2 φ 1 sin(φ) dφ = µ 0ni( cos(φ2 ) cos(φ 1 ) ) (4.17) 2 ed è diretto lungo l asse del solenoide e per esso valgono le stesse considerazioni sugli angoli fatte nel paragrafo a pagina 75. Un caso interessante è quello del solenoide infinito, cioè per d, dove gli angoli agli estremi assumono i valori di φ 1 = 0 e φ 2 = π, caso in cui che il campo vale: B = µ 0 ni. Nel caso di un solenoide di lunghezza finita, il campo esce dai capi e si richiude attorno ad esso, ma per il solenoide infinito, questo non è possibile, il che porta alla presenza di un campo esterno nullo. 79

86 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Forza tra Due Aste È ormai noto i circuiti attraversati da corrente immersi in un campo magnetico sono soggetti ad una forza, ma si è visto che i campi magnetici possono essere anche generati dai circuiti stessi a causa delle corrente che scorre in essi; è quindi lecito pensare che due circuiti attraversati da corrente posti uno vicino all altro generino e risentano dei campi magnetici prodotti, con la conseguente manifestazione di una forza tra essi. Si vuole ora sfruttare la legge di Laplace per cercare di capire quali interazioni magnetiche si sviluppino tra due aste parallele percorse da corrente elettrica. Si consideri un asta I di lunghezza indefinita attraversato da una corrente elettrica i 1, che genera un campa magnetico circolare descritto dalla legge di Biot-Savart: B 1 = µ 0i 1 2πr dove r rappresenta la distanza dall asta; si consideri una seconda asta infinita II posta a distanza r dalla prima, nella quale scorre una corrente elettrica i 2 nella stessa direzione di i 1. Considerando il campo B 1 agente sull asta II, è possibile applicare la legge di Lorentz, grazie alla quale si può notare che il prodotto vettoriale tra il campo B 1 e la direzione della corrente i 2 genera una forza di richiamo lungo la congiungente delle due aste agente su II diretta verso I. Tale forza è espressa come: F 12 = i 2 ( l 2 B 1 ) = il 2 (û y û z )( B 1 ) = i 2 l 2 B 1 (û y û z ) = i 2 l 2 B 1 û x dove è stata assunta come û y la direzione della corrente, come û z la direzione del campo magnetico e come û x il prodotto di queste due, cioè la direzione della forza F 12 ; per esprimere tale forza è stato necessario introdurre la lunghezza dell asta in analisi, indicata con l 2, ma si vuole che valga la legge di Biot-Savart, quindi questa lunghezza deve essere infinita. Conviene quindi definire la forza per unità di lunghezza: f 12 = F 12 l 2 dove è ora possibile sostituire il campo B 1 : = i 2 B 1 û x f 12 = µ 0i 1 2πr i 2û x ma è possibile operare una permutazione di fattori per individuare il campo prodotto dall asta II a distanza r da essa, cioè sull asta I; µ 0i 2 2πr i 1û x = B 2 i 1 û x = f 21 che infatti permette di identificare la forza esercitata dell asta II sull asta I, che risulta uguale in modulo e direzione alla forza esercitata dell asta I sull asta II, ma con verso opposto: f 12 = f 21 f 12 = f 12. È possibile notare che il segno della forza dipende dal verso reciproco nel quale scorre la corrente all interno delle due aste: 80

87 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo se le due aste sono attraversate da correnti i cui versi sono concordi, cioè vanno nella stessa direzione, allora tra le due aste si sviluppa una forza attrattiva; se le due aste sono attraversate da correnti i cui versi sono discordi, cioè vanno in direzioni opposte, allora tra le due aste si sviluppa una forza repulsiva. Infine, si ricorda che la generalizzazione della legge di Lorentz per la forza risentita da un asta di lunghezza l 2 attraversata da una corrente i 2 ad effetto di un campo magnetico B 1 è data da: F 12 = i 2 ( l 2 B 1 ) (4.18) e che, definita la forza per unità di lunghezza come f 12 = F 12 /l 2, se si considerano due aste di lunghezza infinita parallele tra loro, poste a distanza r ed attraversate dalle correnti i 1 e i 2, il modulo della forza che esse esercitano reciprocamente sulle altre può essere calcolato come: f = F = µ 0i 1 i 2 l 2πr. (4.19) Esempio di Campo Magnetico Generato da Conduttori Si considerino tre aste infinite orientate secondo gli assi del sistema di riferimento tridimensionale che convergono nel suo origine e che proseguono all infinito nella direzione degli assi; la prima asta giace sull asse z ed è attraversata da una corrente i 1 = 12 A diretta verso l origine, la seconda asta giace sull asse y ed è attraversata da una corrente i 2 = 8 A diretta nel verso dell asse e la terza asta giace sull asse x ed è attraversata da una corrente i 3 = 8 A diretta nel verso dell asse. Considerato un punto P di coordinate P = (a, a, 0), con a = 20 cm, si vuole calcolare il modulo del campo magnetico impresso su di esso da ciascuna delle tre aste, le componenti del campo magnetico totale ed il suo modulo; si vuole poi calcolare il lavoro da fornire per ruotare di un angolo π un dipolo magnetico m di modulo 60 na m 2 situato nel punto P che forma un angolo θ = 60 con il campo magnetico. La situazione generale del sistema è mostrata nella figura 4.4, dove sono state rappresentate la posizione del punto P e le direzioni delle correnti circolanti nelle aste. i 1 z P x i 3 a a i 2 y Figura 4.4: Esempio con tre aste infinite percorse da corrente. Per calcolare il campo magnetico risentito dal punto P si analizzano uno ad uno i campi prodotti dalle aste a partire da considerazione di natura geometrica: 81

88 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo la corrente i 1 è entrante nel piano su cui giace il punto P, quindi il prodotto vettoriale tra il verso della corrente ed il vettore ortogonale ad essa che congiunge l asta con il punto P, di modulo pari a l = a 2, identifica un campo magnetico B 1 rivolto verso destra; la corrente i 2 giace sul piano su cui giace il punto P, quindi il prodotto vettoriale tra il verso della corrente ed il vettore ortogonale ad essa che congiunge l asta con il punto P, di modulo pari a a, identifica un campo magnetico B 2 rivolto verso il basso; la corrente i 3 giace sul piano su cui giace il punto P, quindi il prodotto vettoriale tra il verso della corrente ed il vettore ortogonale ad essa che congiunge l asta con il punto P, di modulo pari a a, identifica un campo magnetico B 3 rivolto verso l alto. I tre campi magnetici sono stati riportati sul punto nella figura 4.5. i 1 z P B 1 B 2 B 3 x i 3 a a i 2 y Figura 4.5: Esempio con tre aste infinite percorse da corrente con i rispettivi campi magnetici prodotti sul punto P. Per calcolare i campi magnetici prodotti dalle varie aste è necessario conoscere gli angoli formati tra il vettore che congiunge gli estremi delle aste ed il punto e le aste stesse; è inoltre necessario considerare il senso in cui scorre la corrente, in quanto si deve utilizzare come angolo iniziale quello del punto in cui inizia a scorrere la corrente e come angolo finale quello del punto in cui termina lo scorrimento: sull asta i 1 la corrente inizia a scorrere all infinito e termina nell origine del sistema di riferimento, quindi gli angoli sono: { θ 1 = π θ 2 = π/2; sull asta i 2 la corrente inizia a scorrere all origine del sistema di riferimento e termina all infinito, quindi gli angoli sono: { θ 1 = π/4 θ 2 = π; 82

89 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo sull asta i 3 la corrente inizia a scorrere all origine del sistema di riferimento e termina all infinito, quindi gli angoli sono: { θ 1 = π/4 θ 2 = π. Ogni campo magnetico può quindi essere calcolato come: B i = µ 0i i ( cos(θ2 ) cos(θ 1 ) ) = µ 0i i ( cos(θ1 ) cos(θ 2 ) ) 4πr 4πr ma si è interessati al suo modulo, dato da: B i = µ 0 i i ( cos(θ1 ) cos(θ 2 ) ) 4πr quindi il modulo del campo magnetico prodotto dall asta i 1 sul punto P è dato da: ( B 1 = µ ( ) ) 0i 1 π 4πa cos(π) cos B 1 = µ 0i πa 2 = 4, T il modulo del campo magnetico prodotto dall asta i 2 sul punto P è dato da: ( B 2 = µ ( ) ) 0i 2 π cos cos(π) B 2 = µ ( ) 0i 2 2 4πa 4 4πa = 6, T ed il modulo del campo magnetico prodotto dall asta i 3 sul punto P è dato da: ( B 3 = µ ( ) ) 0i 3 π cos cos(π) B 3 = µ ( ) 0i 3 2 4πa 4 4πa = 3, T. Vanno ora attribuiti i versi ai moduli dei campi magnetici per ricavarne le forme vettoriali; osservando la figura 4.5 nella pagina precedente risulta chiaro che il campo B 2 è in direzione opposta all asse z, quindi con direzione û z, risultando: B 2 = B 2 ( û z ) B 2 = µ ( ) 0i 2 2 4πa û z mentre il campo B 3 è in direzione concorde all asse z, quindi con direzione û z risultando: B 3 = B 3 û z B 3 = µ ( ) 0i 3 2 4πa û z. La componente z del campo magnetico può quindi essere calcolata come: B z = (B 3 B 2 )û z = 3, T û z. Il campo B 1 non è parallelo a nessuno degli assi, ma giace sul piano formato all asse x e dall asse y, quindi va scomposto lungo questo assi; il vettore B 1 forma un angolo di 90 con la retta che congiunge il punto P e l origine del sistema di riferimento, il che significa 83

90 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo che forma un angolo di 45 con entrambe gli assi del piano su cui giace; le sue componenti lungo quei possono quindi essere calcolate come: ( ) ( ) π π B 1x = B 1 sin e B 1y = B 1 cos 4 4 ma è necessario notare che, nella scomposizione come somma vettoriale, il campo in direzione x è concorde alla direzione dell asse, quindi ha direzione û x, mentre il campo in direzione y è contrario alla direzione dell asse, quindi in direzione û y. Il campo B 1 è quindi dato da: B 1 = B 1x û x + B 1y ( û y ) = µ 0i 1 2 4πa 2 2 ûx µ 0i 1 2 4πa 2 2 ûy. Da tutto questo deriva che le componente x e y del campo magnetico sono: B x = B 1x û x = 3, T û x e By = B 1y û y = 3, T û y. Tutte le componenti del campo possono ora essere raccolte in un vettore tridimensionale per calcolare il campo complessivo: B x B 1x 3, T B = B y = B 1y = 3, T B z B 3 B 2 3, T il cui modulo è facilmente calcolabile come: B = B 2 x + B 2 y + B 2 z = 5, T Per calcolare il lavoro necessario a ruotare il dipolo di un angolo pari a π sapendo che questo forma un angolo di α = 60 con il vettore campo magnetico si ricorre alla variazione di energia potenziale magnetica; ricordando che questa è definita come: U m = m B = mb cos(α) quindi può essere espressa come una funzione dell angolo come U(α). Il lavoro può quindi essere calcato come: W = U(α + π) U(α) = mb ( cos(α + π) ) + mb cos(α) ma sfruttando il fatto che cos(α + π) = cos(α), risulta: W = mb cos(α) + mb cos(α) = 2mb cos(α) = 3, J. Esempio di Forza Dovuta al Campo Magnetico Si consideri la spira quadrata mostrata nella figura 4.6 nella pagina successiva, alla quale è affiancata un asta infinita di materiale conduttore. Il sistema è composto di una spira quadrata di area Σ = 8 cm 2 e percorsa da una corrente i 1 = 3 A in senso antiorario, mentre l asta è parallela ai lati verticali della spira, si trova a distanza d dal centro della stessa ed è attraversata da una corrente i 2 rivolta verso il 84

91 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo C B D A Figura 4.6: Esempio di spira quadrata alla quale è stata avvicinata un asta conduttrice infinita. basso; si vuole calcolare il campo magnetico nel punto O posto al centro della spira e sul suo stesso piano trascurando gli effetti magnetici dell asta, si vuole successivamente calcolare quale deve essere il valore della corrente impressa all asta perché il campo magnetico nel punto O sia nullo ed infine si vuole calcolare la forza risentita dalla spira ad opera del campo magnetico prodotto dall asta attraversata dalla corrente i 1 calcolata. Nota l area della spira, il suo lato può essere calcolato come l = Σ, quindi il punto O si trova a distanza l/2 da ogni ramo che la compone; per calcolare il campo complessivo che la spira imprime sul punto O si analizzano i campi prodotti dai singoli rami. Il lato AB produce un campo magnetico dato da: B AB = µ 0i 1 4π l 2 ( cos(θ1 ) cos(θ 2 ) ) = µ 0i 1 ( cos(θ1 ) cos(π + θ 1 ) ) 2πl dove sfruttando il fatto che cos(π + θ 1 ) = cos(θ 1 ), si ha che: B AB = µ 0i 1 ( cos(θ1 ) + cos(θ 1 ) ) 2πl dove l angolo θ 1 = 45 ; dato che tutti i rami sono equidistanti dal punto O, ognuno di essi produrrà un campo formalmente identico a quello prodotto dal lato AB, quindi il campo complessivo, indicato con B 1, è dato da: B 1 = 4B AB = µ 0i πl = 1, T. Va ora calcolata la corrente i 2 necessaria ad annullare il campo magnetico al centro della spira; è possibile notare che il campo magnetico impresso dalla spira ha verso uscente dal piano su cui giace, mentre il campo magnetico impresso dall asta di conduttore ha verso entrante nel piano, per cui basta che i due campi siano uguali in modulo per rendere nulla la loro somma vettoriale. 85

92 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Deve quindi valere che: B 1 = B 2 dove il campo B 2 può essere calcato grazie alla legge di Biot-Savart, trattandosi di un asta infinita: B 1 = µ 0i 2 2πd i 2 = 2πdB 1 = 60 A. µ 0 Una volta nota la corrente, è possibile calcolare la forza esercitata dall asta sulla spira; dato che la spira è composta di quattro lati, ognuno di questi risente di una diversa forza, quindi si inizia considerando la forza risentita dai lati orizzontali della spira. Considerando il lato BC, la forza da esso risentita ad opera del campo B 2 può essere calcolata considerando un suo elemento infinitesimo, ma il campo non è uniforme lungo il lato, in quanto ogni elemento infinitesimo di questo si trova ad una distanza diversa dall asta: df BC = i 1 (ds BC B 2 (r)) dove B 2 (r) sta proprio ad indicare la dipendenza del campo dalla distanza r: B 2 (r) = µ 0i 2 2πr. Il campo mantiene comunque la stessa direzione su tutta l estensione del ramo, puntando costantemente nella direzione entrante nel piano, quindi la forza da esso impressa sul lato CD punta verso il basso e giace sullo stesso piano della spira; la forza complessiva può essere calcolata integrando la forza infinitesima su tutta la lunghezza del lato: F BC = d+ l 2 d l 2 df BC = µ 0i 1 i 2 2π d+ l 2 d l 2 dr r = µ ( 0i 1 i 2 d + l ) 2π ln 2. d l 2 Una calcolo analogo sul lato DA permette di concludere che la forza ha lo stesso modulo della forza agente sul lato BC, ma in questo caso punta verso l alto; i contributi delle due forze verticali quindi si annullano. Si studia ora la forza agente sui lati orizzontali della spira, ma si inizia col notare che la distanza del lato AB dall asta è costante, così come quella del lato CD; il campo magnetico è quindi costante su questi due lati, ma ha un modulo diverso in quanto i due lati si trovano a distanze diverse dall asta. La forza agente sul lato AB è data da: F AB = l 0 df AB = i 1 B 2 ( d l 2 ) l 0 µ 0 i 2 ds AB = i 1 2π ( )l d l 2 e tale forza punta verso sinistra, mentre la forza agente sul alto CD è data da: l ( F CD = df CD = i 1 B 2 d + l ) l µ 0 i 2 ds CD = i π ( )l d + l 2 e tale forza punta verso destra. La forza complessiva può ora essere calcolata come somma vettoriale di queste due; supponendo che la direzione û x sia rivolta verso destra, si ha che: F = (F CD F AB )û x = µ ( 0i 1 i 2 1 2π l 1 ) û d + l d l x = µ 0i 1 i 2 1 2π l2 û x. 2 2 d 2 l2 4 86

93 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Esempio di Relazione tra Forza e Flusso Questo risultato si sarebbe anche potuto derivare facendo delle considerazione sull energia potenziale magnetica, in quanto la forza è data da: ( F = i 1 l [B 2 d + l ) ( B 2 d l ) ] 2 2 ma riassumendo la differenza del valore del campo magnetico semplicemente come B 2 e poi moltiplicando e dividendo per l, si ha che: F = i 1 l 2 B 2 l dove possibile identificare l 2 come la superficie della spira: F = i 1 Σ B 2 l ma ora Σ B 2 rappresenta la variazione del flusso del campo magnetico per la superficie Σ: La forza può essere riscritta come: Φ(B 2 ) F = i 1. l F = i 1 Φ ( B 2 (r 0 + l) ) Φ ( B 2 (r 0 ) ) dove il punto r 0 è stato posto uguale al punto A, cioè al punto più vicino all asta, ma questa scrittura, per l 0, è il limite di un rapporto incrementale, cioè la derivata del flusso del campo magnetico rispetto alla distanza r 0 ; questa scrittura è analoga a quella ricavata nell esempio fatto alla fine del paragrafo a pagina 68, dove una spira rettangolare aveva un lato scorrevole che variava la sua area e quindi il flusso del campo magnetico, assunto uniforme, solo che stavolta è il campo magnetico a variare di intensità, mentre l area rimane costante. A parte questa considerazione, tornando alla scrittura della forza come: l F = i 1 Σ B 2 l la quantità i 1 Σ può essere identificata come il momento di dipolo magnetico: F = m B 2 l = U m l ma questa scrittura coincide con la derivata dell energia potenziale, cioè con la sua variazione, da cui è possibile notare che la forza è proporzionale alla variazione dell energia potenziale. 87

94 4.2 Sorgenti Magnetiche Magnetismo Esempio di Relazione tra Forza ed Energia Magnetica Esiste un terzo modo per calcolare la forza: considerando una fetta verticale infinitesima di area della spira dσ = ldr e ricordando il campo magnetico in essa è dato da: B 2 = µ 0i 2 2πr il flusso del campo per quest area è: quindi il flusso complessivo è dato da: dφ(b 2 ) = B 2 (r)dσ = µ 0i 2 l 2π Φ(B 2 ) = µ 0i 2 l 2π r0 +l r 0 dr r dr r = µ ( ) 0i 2 l 2π ln r0 + l dove il punto r 0 è stato posto uguale al punto A, cioè al punto più vicino all asta. L energia potenziale magnetica può ora essere espressa come: U m = i 1 Φ(B 2 ) = µ ( ) 0i 1 i 2 l r0 + l ln 2π mentre la forza può essere identificata dalla sua variazione: F = r 0 d dr 0 U m = µ 0i 1 i 2 l 2 2πr 0 (r 0 + l) e ricordando che, per come è stato definito r 0, questo è uguale a d l, la forza risulta 2 essere: F = µ 0i 1 i 2 1 2π l2. d 2 l2 4 r La Legge di Ampère Se si considera un filo rettilineo di lunghezza indefinita percorso da una certa corrente, è chiaro che il campo magnetico che produce è tangenziale alla circonferenza ortogonale al filo, come detto nel paragrafo a pagina 75; considerando come R la distanza tra il filo ed il campo, si può considerare un tratto infinitesimo di circonferenza dato da: ds = Rdθ dove θ è l angolo che identifica l arco di circonferenza, ed è possibile dire che: B d S = µ 0i 2πR ds = µ 0i 2π dθ. Considerando invece un arco finito di circonferenza, delimitato dai punti C e D, e considerando come θ l angolo tra i segmenti che delimitano l arco, si ha che: D C B d S = µ 0i 2π θ 88

95 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo ed estendendo l integrale all intera circonferenza, indicata con γ, si conclude che: B ds = µ 0 i. (4.20) γ L equazione appena derivata rappresenta il teorema di Ampère, che mette in relazione la circuitazione del campo magnetico con la corrente circolante nel circuito che lo genera ed è l analogo del teorema di Gauss per il campo elettrico. Per l applicazione di questa legge è fondamentale che il filo percorso da corrente, cioè il generatore del campo magnetico, sia completamente contenuto nella circonferenza; considerando infatti un arco della circonferenza γ con angolo θ ed un altra curva generica γ 1 che congiunge i due punti che delimitano l arco, si ha che: D C B d S γ = D C B d S γ1 ma se ora si considera un altra curva generica γ 2 che congiunge i punti tramite un percorso inverso, cioè da D a C, si ottiene che che: D C B d S γ1 = C D B d S γ2. 1 +γ 2 Se ora si considera l integrale di linea chiusa sulle curve γ 1 e γ 2, cioè la circuitazione del campo magnetico, si ha che: γ D C C D B ds = B ds γ1 + B ds γ2 = 0 in quanto i due integrali sono uguali ed opposti. L esemplificazione grafica di quanto detto è riportata nella figura 4.7. D i γ γ 1 γ 2 C Figura 4.7: Esempio di curve per l applicazione della legge di Ampère. Questa è la dimostrazione del fatto che la circuitazione del campo magnetico è non nulla se e solo se la sua sorgente è interna alla curva considerata per calcolarla. Anche in questo caso si ha un analogia con il teorema di Gauss per il campo elettrico, ma in quel caso si sarebbero dovute considerare una superficie ed il flusso del campo elettrico attraverso la stessa, anziché una curva e la circuitazione del campo magnetico. Da questo discende che il teorema di Ampère può essere utilizzato come il teorema di Gauss: conoscendo infatti la corrente circolante in un circuito che genera un campo magnetico ed utilizzando un secondo circuito, cioè una curva, per identificare la circuitazione del campo magnetico, è possibile calcolare il campo stesso. 89

96 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo Campo Magnetico di un Asta Infinita Si consideri, ad esempio, un conduttore cilindrico di raggio R e lunghezza indefinita percorso da una corrente i, del quale si vuole calcolare il campo magnetico prodotto. Considerando una circonferenza ortogonale al conduttore con centro nel centro del cilindro e raggio pari a r, con r > R, è possibile applicare il teorema di Ampère considerando un arco infinitesimo di circonferenza d S: B d S = µ 0 i dove il campo può essere estratto dall integrale, ottenendo: B ds = µ 0 i B2πr = µ 0 i quindi il campo è dato da: B = µ 0i 2πr ma questa equazione coincide con la legge di Biot-Savart, mostrata nell equazione 4.14 a pagina 76, che era stata ricavata con un procedimento molto più lungo e complesso. Se si considera invece una circonferenza di raggio r, con r < R, la corrente circolante nel conduttore entro la circonferenza dipende dal raggio r: i(r) = jπr 2 = ed ora può essere applicata la legge di Ampère: da cui deriva che il campo vale: i πr 2 πr2 = i r2 R 2 2πrB = µ 0 i(r) 2πrB = µ 0 i r2 R 2 B = µ 0ir 2πR 2. È quindi possibile notare che il campo magnetico cresce linearmente a partire dal centro della cilindro, assume un valore massimo per r = R e poi decresce linearmente al variare della distanza dalla faccia esterna del conduttore. Un altro esempio di applicazione del teorema di Ampère riguarda il calcolo del campo di un solenoide rettilineo di lunghezza indefinita con n spire per unità di lunghezza; per il calcolo si considera un circuito rettangolare, i cui vertici sono identificati con A, B, C e D, parzialmente inserito nel solenoide in modo che il lato BC sia posto sull asse del solenoide, i lati AB e CD siano ortogonali all asse ed escano dalla fessure tra le spire e che il lato DA sia parallelo all asse, ma esterno al solenoide. Nel solenoide scorre una corrente i. Nell applicazione del teorema di Ampère, l integrale sul circuito può essere separato in quattro integrali sui lati: γ B d S = B A B d S + C B B d S + D C B d S + A D B d S 90

97 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo ma i lati AB e CD sono ortogonali alla direzione del campo, quindi il loro integrale è nullo; inoltre, il lato DA è esterno al solenoide, quindi non risente di alcun campo magnetico, il che annulla anche questo integrale. L unico contributo restante è quello dovuto al lato BC, che risulta essere: C B B d S = B BC = Bh dove h è la lunghezza del lato BC, cioè il tratto di circuito coperto dal campo magnetico; applicando ora il teorema di Ampère e notando che il numero di spire del solenoide coperte dal tratto h è dato da N = hn, si ha che: Bh = Nµ 0 i = nhµ 0 i B = nµ 0 i ed anche in questo caso, l espressione coincide con quella ricavata nel paragrafo a pagina 79 utilizzando solamente considerazioni geometriche. Grazie al teorema di Ampère è possibile calcolare anche campi magnetici prodotti da sistemi abbastanza complessi, come possono essere i solenoidi toroidali Campo Magnetico di un Solenoide Toroidale Il solenoide toroidale può essere interpretato come un solenoide curvo il cui asse longitudinale descrive una curva chiusa, tipicamente un circonferenza. Questa geometria dà origine ad un campo magnetico lungo la circonferenza descritta dall asse longitudinale del solenoide, fatto che può essere dimostrato grazie al teorema di Ampère considerando come circuito una curva circolare. Si suppone quindi che la circonferenza data dall asse del solenoide abbia raggio r e si considera una curva circolare γ con lo stesso raggio; calcolando la circuitazione del campo magnetico lungo questa curva, si ha che: B ds = 2πrB e può essere ora applicato il teorema di Ampère: γ 2πrB = µ 0 Ni B = µ 0Ni 2πr. L andamento del campo magnetico del solenoide toroidale è molto simile a quello del campo di un asta; inoltre, posto R 1 il raggio interno del solenoide e R 2 il raggio esterno, è possibile notare che il campo decresce linearmente al variare di r e che non è presente né per r < R 1 né per r > R 2. Inoltre, approssimando la densità di spire per unità di lunghezza come: n = N 2πr si ottiene la stessa espressione di campo magnetico di un solenoide infinito: B = µ 0 ni. È bene precisare che le spire di un solenoide toroidale sono generalmente circolari, ma potrebbero anche essere spire quadrate o con una qualsiasi altra geometria. 91

98 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo Flusso Magnetico tra Circuiti Nel paragrafo a pagina 68 è stato notato per la prima volta che un circuito chiuso attraversato da corrente in presenza di un campo magnetico può risentire del suo flusso, dipendente dalla superficie del circuito e dall intensità del campo. Nella sezione 4.2 a pagina 73 è poi stato notato che un circuito percorso da corrente è a tutti gli effetti una sorgente di campo magnetico. Si vuole ora capire quali interazioni si sviluppino tra due circuiti attraversati da corrente. Si consideri una spira circolare di superficie Σ 1 attraversata da una corrente i 1 che produce un campo magnetico B 1 in direzione ortogonale al centro della spira; il campo attraversa un secondo circuito di superficie Σ 2 orientata secondo una direzione û n,2 non parallela alla direzione della campo B 1. Il flusso del campo B 1 attraverso la superficie Σ 2 può essere calcolato come: Φ 12 = B1 û n,2 dσ 2 Σ 2 dove il campo B 1 può essere calcolato integrando l equazione 4.10 a pagina 74 sulla circonferenza della spira Σ 1 : Φ 12 = Σ 2 ( µ0 i 1 4π ds ) û r,1 û r 2 n,2 dσ 2 dove è possibile considerare la corrente i 1 come uniforme e quindi estrarla dall integrale: Φ 12 = i 1 Σ 2 ( µ0 4π ds ) û r,1 û r 2 n,2 dσ 2. In questo modo il flusso del campo B 1 attraverso la superficie Σ 2 può essere scritto definendo il coefficiente di mutua induttanza come tutto quello che moltiplica i 1 : M 12 = Σ 2 ( µ0 4π grazie al quale il flusso viene riscritto come: ds ) û r,1 û r 2 n,2 dσ 2 Φ 12 = i 1 M 12. Considerando la situazione inversa, dove la spira Σ 2 è attraversata da una corrente i 2 e quindi produce un campo magnetico B 2, è possibile definire il flusso di questo campo attraverso la superficie Σ 1 come: Φ 21 = i 2 M 21. I due coefficienti di mutua induttanza sono uguali tra loro, in quanto caratteristica della geometria del sistema di circuiti ed indipendenti dalle correnti che generano i campi magnetici; questo fatto verrà dimostrato in seguito. 92

99 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo Esempio di Mutua Induttanza tra Circuiti Si considerino due solenoidi coassiali e concentrici con densità di spire n 1 e n 2 e superfici Σ 1 e Σ 2, con Σ 1 > Σ 2 ; nei solenoidi scorrono le correnti i 1 e i 2 con versi concordi. Si vogliono calcolare i coefficienti di mutua induttanza M per unità di lunghezza. Dato che la corrente scorre nello stesso senso in entrambe i solenoidi, il campo magnetico prodotto da essi è nello stesso verso; inoltre, il campo B 1 generato dal solenoide con superficie maggiore si propaga anche all interno del solenoide Σ 2, dove si ha quindi la sovrapposizione con il campo B 2 da esso generato. Si inizia col calcolare il flusso del campo B 1 attraverso la superficie Σ 2 : Φ 12 = B 1 (n 2 Σ 2 ) = µ 0 n 1 i 1 n 2 Σ 2 dove si isola poi la corrente i 1 per ricavare l espressione del primo coefficiente di mutua induttanza: M 12 = Φ 12 i 1 = µ 0 n 1 n 2 Σ 2. Si calcola il flusso del campo B 2 attraverso la superficie Σ 1 : Φ 21 = B 2 (n 1 Σ 1 ) ma è bene notare che il campo magnetico è non nullo solamente all interno del solenoide Σ 2, quindi interseca solo la superficie Σ 2 e non dà alcun flusso attraverso la superficie esterna a Σ 2. L espressione corretta del flusso è quindi: da cui deriva che: Φ 21 = B 2 (n 1 Σ 2 ) = µ 0 n 2 i 2 n 1 Σ 2 M 21 = Φ 21 i 2 = µ 0 n 1 n 2 Σ 2. ma questo coefficiente è uguale a quello calcolato prima; questa è la dimostrazione del fatto che i coefficienti di mutua induttanza sono uguali tra loro e questo fatto è sensato in quanto viene sempre considerata la superficie minore per il calcolo del flusso, come si è notato in questo esempio. Esempio di Mutua Induttanza tra Filo e Solenoide Si con consideri un filo infinito attraversato da una corrente i 1 posto al centro di un solenoide toroidale con circonferenza interna R composto da spire rettangolari attraversate da una corrente i, il cui lato parallelo al filo ha dimensione a, mentre l altro lato ha dimensione b; i versi della corrente sono tali da far sì che i campi prodotti dal solenoide e dal filo siano nella stessa direzione. Si vuole calcolare il coefficiente di mutua induttanza del sistema. Per fare quanto richiesto, si considera un elemento di area di una delle spire del solenoide dato da d ra, in modo che l elemento infinitesimo d r abbia verso concorde al verso della corrente nel solenoide. 93

100 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo Il flusso del campo magnetico B generato dal filo attraverso una spira del solenoide può essere calcolato integrando il flusso attraverso la superficie considerata sull intera superficie della spira: R+b µ 0 i 1 Φ 1 = B û n dσ = 2πr (dra) = µ ( ) 0i 1 R + b 2πa ln R Σ R ed il flusso complessivo può essere calcolato moltiplicando il flusso attraverso una singola spira per il numero totale di spire, risultando: Φ = NΦ 1 = N µ ( ) 0i 1 R + b 2πa ln. R È ora possibile calcolare il coefficiente di mutua induttanza: M = Φ = N µ ( ) 0a R + b i 1 2π ln. R Se si considerasse il filo come chiuso all infinito, sarebbe possibile calcolare il flusso campo prodotto dal solenoide attraverso la sua superficie; tuttavia, si deve ricordare che il campo prodotto dal solenoide è non nullo solamente al suo interno, il che implica che il flusso vada calcolato considerando la sola superficie del solenoide. Da tutto questo deriva un coefficiente di mutua induttanza identico a quello già calcolato Autoinduttanza Dato che un campo magnetico genera un flusso all interno di un circuito e che un circuito attraversato da corrente è anche il generatore di un campo magnetico, si può pensare che un circuito attraversato da corrente generi un campo magnetico che generi flusso attraverso il circuito stesso. Questo fenomeno non è una pura astrazione, ma la rappresentazione di un fenomeno reale definito autoflusso; considerando un circuito con superficie Σ attraversato da una corrente i, questo produce una campo magnetico che genera un flusso attraverso la superficie del circuito stesso dato da: Φ = Σ ( µ0 i 2πr ds ) r û r 2 n dσ ed anche in questo caso si può estrarre la corrente dagli integrali e definire il coefficiente di autoinduttanza: ( µ0 d L = ) S r û 2πr r 2 n dσ che permette di riscrivere il flusso come: Σ Φ = il. Questo coefficiente è una caratteristica della sola geometria del circuito in esame ed è completamente indipendente dalla corrente che vi fluisce all interno. Si presenta a titolo esemplificativo il calcolo coefficiente di autoinduttanza di un solenoide rettilineo di lunghezza indefinita composto di n spire per unità di lunghezza con 94

101 4.3 La Legge di Ampère Magnetismo superficie Σ ed attraversato da una corrente i; il flusso del campo magnetico del solenoide attraverso sé stesso è: Φ = nσb = nσµ 0 ni da cui deriva che il suo coefficiente di autoinduttanza vale: L = Φ i = n2 Σµ 0. Un osservazione attinente dell esempio presentato alla fine del paragrafo a pagina 92, dove si è discusso dei coefficienti di mutua induttanza tra due solenoidi, permette di concludere che il coefficiente di autoinduttanza è assimilabile al coefficiente di mutua induttanza tra due solenoidi identici tra loro e sovrapposti. 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Nella sezione 2.5 a pagina 25 sono stati ampiamente discussi i materiali dielettrici, cioè sostanze diverse dal vuoto attraverso le quali il campo elettrico assume un comportamento diverso. In particolare, il campo elettrico in un materiale dielettrico risultava scomponibile nella sovrapposizione di due campi elettrici nel vuoto, il campo vero e proprio è quello generato dalle cariche di polarizzazione, prodotte dal dielettrico in reazione al campo che le attraversa. In questa sezione si vuole cercare di capire se esistano dei materiali in grado di dare fenomeni simili, ma considerando il campo magnetico Magnetizzazione La magnetizzazione è la reazione di un materiale con certe caratteristiche alla presenza di un campo magnetico che lo attraversa; si consideri un solenoide rettilineo orientato nella direzione di un asse z, composto di n spire per unità di lunghezza e di lunghezza indefinita nella direzione opposta dell asse (verso il basso). La corrente circolante nel solenoide è tale da produrre un campo magnetico in direzione dell asse z. Si supponga ora di inserire dall alto in direzione dell asse longitudinale del solenoide una bobina percorsa da corrente nello stesso verso di quella nel solenoide e di raggio minore di quello dello stesso. Alla bobina può essere associato un momento magnetico m, che può essere sfruttato per capire che forza si sviluppi tra i due corpi nell inserimento; è infatti noto che il campo magnetico prodotto dal solenoide non ha modulo costante ai suoi estremi, il che permette di dire che esiste una forza dovuta alla presenza del momento magnetico della bobina data da: F = m d dz B. Questo fatto è facilmente dimostrabile in quanto la forza può essere calcolata come: F = (U m ) dove è possibile utilizzare l espressione dell energia potenziale magnetica mostrata nell equazione 4.6 a pagina 69, ottenendo: + ( m B) 95

102 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Magnetismo e dato che si sta considerando uno spostamento lungo l asse z del momento magnetico, l unica componente non nulla del gradiente è la derivata rispetto all asse z: F = m d dz B. Il segno della forza dipende quindi dell orientamento del momento magnetico della bobina: se il vettore m è nella stessa direzione del vettore B, allora la forza è attrattiva; se il vettore m è nella direzione opposta al vettore B, allora la forza è repulsiva. La forza è quindi rivolta in verso opposto al momento magnetico Materiali Diamagnetici e Paramagnetici Questo studio può in realtà essere generalizzato ad un qualsiasi materiale capace di interagire con un campo magnetico; sperimentalmente, si osserva che diversi materiali hanno comportamento diverso, infatti un materiale può essere attratto dal campo magnetico all interno del solenoide lungo il suo asse, oppure può essere spinto via. I materiali che tendono ad essere attratti all interno del solenoide vengono definiti paramagnetici, mentre i materiali che tendono ad essere repulsi vengono detti diamagnetici. Esiste un terzo tipo di materiali, definiti ferromagnetici, che hanno un comportamento simile a quello dei materiali paramagnetici, ma verranno descritti in seguito. Per descrivere correttamente i materiali paramagnetici e diamagnetici è opportuno introdurre il vettore di magnetizzazione, dato da: M = m τ (4.21) dove τ è il volume del materiale considerato. Grazie a questo vettore è possibile descrivere il modulo della forza per unità di volume come: F τ = F τ = m d τ dz B = M d dz B e grazie a questa espressione è possibile notare che M è il coefficiente di proporzionalità della forza per unità di volume con il campo magnetico del solenoide. Dato che il vettore di magnetizzazione viene definito a partire dal momento magnetico, come si nota nell equazione 4.21, è possibile dire che questo ha la stessa direzione del momento magnetico, in quanto il volume del materiale non può mai essere negativo. Una proprietà importante del vettore di magnetizzazione riguardante i materiali paramagnetici e diamagnetici consiste nel fatto che la magnetizzazione è nulla se e solo se il campo magnetico è nullo. Per i materiali ferromagnetici, contrariamente a quanto appena detto, un volta esposti ad un campo magnetico, la magnetizzazione non si annulla nemmeno dopo l annullamento del campo magnetico che l ha indotta. 96

103 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Magnetismo Permeabilità e Suscettività Magnetica della Materia Grazie al vettore di magnetizzazione è possibile fare alcune considerazioni interessanti sui materiali. È noto che il campo magnetico prodotto da un solenoide infinito con n spire per unità di lunghezza percorse da una corrente i vale: B 0 = µ 0 ni ma questa espressione è valida nel vuoto; sperimentalmente si osserva che riempiendo completamente il solenoide di un mezzo omogeneo, il suo campo magnetico varia ed ha rapporto con B 0 pari a: B B 0 = k m (4.22) dove k m viene definita permeabilità magnetica relativa ed ha un ruolo analogo alla costante dielettrica relativa nel caso elettrostatico. Forti di questa osservazione, è possibile dire che il campo del solenoide completamente riempito vale: B = k m B 0 = µ 0 k m ni dove è possibile definire la permeabilità magnetica del materiale come: µ = k m µ 0. (4.23) Considerando ora la variazione di campo tra il caso nel vuoto ed il caso in presenza di materiale, questa può essere calcolata come: dove viene definita un ulteriore grandezza: B B 0 = (k m 1)B 0 k m 1 = χ m (4.24) che rappresenta la suscettività magnetica del materiale. Utilizzando questa grandezza, è possibile interpretare il campo magnetico prodotto dal solenoide in presenza di materiale di riempimento come: B = k m B 0 = (1 + χ m )B 0 = µ 0 ni + µ 0 nχ m i come fatto per il campo elettrico in un dielettrico, cioè come sovrapposizione di due campi magnetici nel vuoto: un campo magnetico nel vuoto generato da un solenoide percorso da una corrente i; un campo magnetico nel vuoto generato da un solenoide identico percorso da una corrente χ m i, definita corrente amperiana e responsabile della presenza del vettore di magnetizzazione, del quale rappresenta la circuitazione. Nel caso dei dielettrici la carica di polarizzazione formata è sempre opposta alla carica che la genera, ma in questo caso la corrente amperiana può avere verso concorde oppure discorde a quella che scorre nel solenoide e questo fatto dipende dalla tipologia del materiale di riempimento: 97

104 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Magnetismo nei materiali paramagnetici la corrente amperiana scorre nello stesso verso della corrente reale, rafforzando il campo magnetico complessivo; nei materiali diamagnetici la corrente amperiana scorre in verso opposto alla corrente reale, indebolendo il campo magnetico complessivo. Per i materiali ferromagnetici sono valide le stesse considerazioni fatte per i materiali paramagnetici, ma il loro effetto ha un entità decisamente superiore. Un breve confronto dei valori tipici di permeabilità magnetica relativa e di suscettività magnetica delle varie classi di materiali permette infatti di verificare quanto appena detto: i materiali diamagnetici hanno una permeabilità magnetica relativa k m < 1, quindi la loro suscettività magnetica è χ m < 0 ed ha tipicamente valori di circa 10 4 ; i materiali paramagnetici hanno una permeabilità magnetica relativa k m > 1, quindi la loro suscettività magnetica è χ m > 0 ed ha tipicamente valori di circa 10 4 ; i materiali ferromagnetici hanno una permeabilità magnetica relativa k m > 1, quindi la loro suscettività magnetica è χ m > 0, ma questa ha tipicamente valori di circa 10 4, di gran lunga maggiori di quelli dei materiali paramagnetici Teorema di Ampère in Presenza di Materiale Grazie alle osservazioni fatte nei paragrafi precedenti è possibile ricavare una forma del teorema di Ampère valida all interno di un qualsiasi materiale. Ponendo χ m i = i m e considerando l espressione del campo magnetico in presenza di un materiale ed inserendola nell equazione 4.20 a pagina 89 si ha che: B d S = µ 0 (i + i m ) ma, ricordando che la corrente amperiana rappresenta la circuitazione del vettore di magnetizzazione, cioè: M ds = i m si ottiene la relazione integrale: B d S = µ 0 i + µ 0 M d S. È inoltre possibile derivare una forma locale dell equazione appena mostrata: B = µ 0 ( j + j m ) dove la densità di corrente amperiana rappresenta il rotore del vettore di magnetizzazione: M = j m il che permette di dire che: B = µ 0 j + µ 0 ( M). 98

105 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Magnetismo Considerando nuovamente la forma integrale del teorema di Ampère applicato ad un campo magnetico in presenza di materiale, è possibile unificare i due integrali presenti raccogliendo le funzioni integrande ( B µ 0 M) d S = µ0 i da cui deriva che: ( B ) µ 0 M µ ds = µ 0 i 0 dove è possibile definire un nuove vettore come: B µ 0 M = H (4.25) da cui si ottiene la forma del teorema di Ampère cercata: H d S = i. (4.26) Il vettore H contiene infatti le informazioni sul campo magnetico e sulla magnetizzazione del materiale, permettendo quindi di scrivere il vettore campo magnetico come: B = µ 0 ( H + M). È inoltre possibile derivare la forma locale dell equazione 4.26, che risulta essere: H = j ed infine si possono ricavare un serie di relazioni ausiliarie tra i vettori B, M e H: M = χ m H B = µ H M 1 µ χ m B = 1 µ 0 k m 1 k m B. È possibile notare che tra il comportamento del campo magnetico in presenza di materiale ed il comportamento del campo elettrico in presenza di dielettrici ci sono molte analogie, che si vogliono ora sottolineare: la suscettività elettrica può essere definita come: χ = k 1 mentre la suscettività magnetica può essere definita come: χ m = k m 1; il vettore di induzione dielettrica può essere scritto come: D = ε E + P mentre il vettore di magnetizzazione può essere scritto come: M = B µ 0 H; 99

106 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Magnetismo l applicazione del teorema di Gauss al vettore di induzione dielettrica permette di metterne in relazione il flusso con la carica di polarizzazione: (ε E + P ) û n dσ = q p mentre l applicazione del teorema di Ampère al vettore di magnetizzazione permette di metterne in relazione la circuitazione con la corrente amperiana: ( B ) H µ ds = i m. 0 Esempio di Campo Magnetico in Presenza di Materiale Si consideri un solenoide toroidale di raggio interno R 1 e raggio esterno R 2 composto di N spire ed immerso in un materiale con permeabilità magnetica relativa k m ; si vogliono calcolare il campo magnetico ed il campo H. Per calcolare il campo H vi si applica la legge di Ampère considerando una circonferenza con raggio R 1 r R 2 e ricordando di moltiplicare la corrente per il numero di spire: H d S = Ni da cui deriva che: H2πr = Ni H = Ni 2πr e tale campo è tangente alla circonferenza considerata. Noto il campo H è possibile calcolare il campo magnetico come: B = µ 0 k mh µ 0 k m Ni = û φ 2πr Si noti che il campo H non dipende dalla materiale, esattamente come il vettore induzione D in presenza di dielettrici non dipendeva dal materiale nel caso del campo elettrico Materiali Ferromagnetici Come già detto alla fine del paragrafo a pagina 96, i materiali ferromagnetici hanno la caratteristica di conservare gli effetti della magnetizzazione dopo essere stati esposti ad un campo magnetico anche dopo che questo si è annullato. Un modo per studiare questi particolari materiali consiste nell inserirne un campione in un solenoide toroidale, per il quale è noto che il campo H varia in proporzione al prodotto Ni, dove N è il numero di spire. Dato che: M = B µ 0 H e possibile variare la corrente che genera H e misurare il campo magnetico B, ricavando una curva caratteristica dei materiali ferromagnetici che mette in relazione la magnetizzazione con il campo H. 100

107 4.4 Campi Magnetici nei Materiali Magnetismo La magnetizzazione aumenta fino ad una valore di soglia di H, indicato con H m, dove la magnetizzazione è completa; la curva caratteristiche che porta dall origine al punto H m viene dette curva di prima magnetizzazione. Se si inverte la corrente per cercare i riportare il materiale nel suo stato iniziale, questo non ripercorre la curva al contrario, ma attraversa l asse delle ordinate in un punto indicato con M r e detto magnetizzazione residua, che corrisponde al valore di magnetizzazione registrato quando H = 0; per portare la magnetizzazione a 0, si deve raggiungere un valore critico di H, indicato con H c, che corrisponde al valore di H che permette di annullare la magnetizzazione. Continuando a spingere il valore H in negativo, si raggiunge un valore di magnetizzazione H m ; infine, lo stesso ciclo può essere ripercorso per annullare nuovamente il campo e giungere di nuovo a H m. Questo ciclo viene detto ciclo di isteresi ed un suo tracciato qualitativo è mostrato nella figura 4.8. Figura 4.8: Tracciato qualitativo del ciclo di isteresi. Per smagnetizzare un materiale ferromagnetico è necessario quindi eseguire vari cicli riducendo gli estremi di magnetizzazione, in modo da arrivare con campo H nullo a magnetizzazione nulla. 101

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