Immunità. Caratteristiche generali e malattie del sistema immunitario

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1 Immunità Caratteristiche generali e malattie del sistema immunitario

2 TRE LIVELLI INTERCONNESSI DI DIFESA DAI PATOGENI - Barriere fisiche: rivestimenti epiteliali superficiali, muco e altre secrezioni contenenti molecule anti-microbiche, barriere anatomiche interne (pleura, peritoneo, fasce etc). Modo d azione: esclusione e/o confinamento. - Risposta immunitaria innata: i) cellule sentinella residenti nei tessuti (mastociti, macrofagi, cellule dendritiche); ii) cellule di pronto intervento che arrivano dal sangue circolante (neutrofili, monociti e derivati, eosinofili, cellule NK); iii) mediatori solubili (Ab naturali, complemento, proteine di fase acuta). Modo d azione: risposta pre-programmata (caratterizzata da rapidità) a pathogen associated molecular patterns (PAMPs). - Risposta immunitaria adattativa: cellule B e T. Modo d azione: risposta specifica (che viene memorizzata) di tipo anticorpale e cellulare, nei confronti del patogeno.

3 Immunità innata (naturale, o congenita): meccanismo di difesa che non richiede un precedente contatto, e non sviluppa memoria. Immunità acquisita (adattativa o specifica): meccanismo di difesa stimolato (in genere) da microbi; si adatta, e mantiene la memoria; capace di riconoscere anche antigeni di natura non microbica. 1 Antigene (Ag): pochi residui peptidici (o glicidici), riconosciuti da parte di recettori specifici su superfici cellulari (TCR, BCR) e/o liberi (anticorpi, Ab).

4 Immunità innata e adattativa: differenze nella specificità del riconoscimento del patogeno, e nella cronologia della risposta Immunità innata = protezione per mezzo di: -Barriere anatomo-funzionali (epiteli, e protezioni chimiche) -Proteine plasmatiche (complemento, coagulazione etc.) -Cellule: Fagociti (neutrofili e macrofagi), mastociti, eosinofili, basofili, cellule dendritiche, cellule Natural Killers (NK) Immunità adattativa = 1) riconoscimento dell antigene e 2) espansione clonale di: -linfociti B, e produzione di anticorpi. L interazione Ab/Ag può innescare il complemento (via classica), assistere la fagocitosi, impedire la penetrazione cellulare virale. (Finalità: azione contro patogeni extracellulari). - linfociti T, con lisi di cellule bersaglio; oppure rilascio di citochine di regolazione (macrofagi e linfociti). (Finalità: azione contro patogeni intracellulari).

5 Le barriere anatomo-funzionali 1. fattori meccanici barriera fisica delle superfici epiteliali: ruolo delle ciglia, della peristalsi, lacrime, saliva, muco. 2. fattori chimici sostanze con attività antimicrobica (sudore: acidi grassi e ph acido; saliva, lacrime e secrezioni nasali: lisozima e fosfolipasi; succo gastrico: ph acido; apparato respiratorio: defensine e surfattante). 3. fattori biologici La normale flora cutanea e gastroenterica previene la colonizzazione da parte di patogeni.

6 Proteine plasmatiche (barriere umorali) 1. sistema complemento: principale meccanismo umorale di difesa; nell immunità innata non è attivato per via classica. Quando attivato determina lisi delle cellule bersaglio, aumento della permeabilità, chemiotassi, opsonizzazione. 2. sistema della coagulazione-fibrinolisi: può essere attivato in relazione alla gravità del danno tessutale (vedi effetti infiammatori). 3. Lactoferrina e transferrina: Legano Fe, nutriente essenziale per i batteri. 4. Interferoni: proteine che limitano la replicazione virale. 5. Lisozima: danneggia la parete cellulare dei batteri. 6. Interleuchina-1: proteine della fase acuta.

7 a CELLULE DELLA RISPOSTA INNATA b Macrofagi (a) e mastociti : monitoraggio dei segni di stress del microambiente, e rilascio di mediatori solubili capaci di i) mobilizzare e richiamare nel sito altri leucociti (infiammazione), ii) di modificare le funzioni di fibroblasti e cellule vascolari per iniziare la riparazione locale. Cellule dendritiche (b) (e gli stessi macrofagi): cattura e processazione di Ag, migrazione verso gli organi linfoidi e presentazione alle cellule della risposta adattativa. Linfociti NK (c): capacità innata di uccidere cellule tumorali, cellule infettate da virus, e anche cellule normali, senza una precedente sensibilizzazione; interazione bidirezionale con le DC (promozione della maturazione di DC, che a loro volta possono regolare l attivazione delle NK; eliminazione di DC immature). c Caratteristiche distintive della risposta innata: rapidità, e indipendenza dalla specificità antigenica (le cellule della risposta innata esprimono recettori codificati a livello germinale, e non da riarrangiamento somatico).

8 Schema generale dell emopoiesi Bone marrow stem cell 1% delle cellule mononucleate del MO Esistono varie sottopopolazioni di linfociti, distinguibili per proprietà funzionali e/o marcatori di superficie. I marcatori di superficie sono chiamati cluster of differentiation (CD), e un elenco aggiornato è in

9 Il corpo umano ha ~ 2x10 12 linfociti (massa paragonabile a quella del fegato o del cervello), distribuiti in organi linfoidi primari e secondari.

10 Organi, cellule, e organizzazione generale del sistema immunitario Organi linfoidi primari: Midollo, e Timo, dove le cellule staminali linfoidi proliferano e si differenziano in linfociti B (midollo) e T (timo) maturi (naive, o vergini), dotati di recettori di membrana (BCR, TCR) per specifici antigeni. Attraverso la circolazione, i linfociti B e T raggiungono gli Organi linfoidi secondari: Linfonodi, Milza, Tessuto linfoide associato alle mucose, bronchi, e intestino. a All interno degli organi linfoidi secondari, i linfociti maturi possono incontrare l antigene specifico che sono abilitati a riconoscere, e attivarsi. a Le superfici da presidiare sono molto ampie: cute, 2 m 2 ; mucosa respiratoria, 100 m 2 ; tratto GE, 400 m 2.

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13 La ricircolazione dei linfociti si interrompe quando in un organo linfoide secondario il linfocita viene attivato e prolifera. Le cellule B e/o T attivate e proliferanti si differenziano in cellule effettrici e cellule della memoria. Cellule T - Molte cellule effettrici T lasciano l organo linfoide e attraverso il sangue raggiungono la sede primaria di infezione. - Altre cellule effettrici T rimangono nell organo linfoide secondario, e aiutano l attivazione d di cellule B o di altre T. Cellule B - Alcune cellule effettrici B (plasmacellule) rimangono nell organo linfoide e producono Ab che vengono rilasciati nel sangue per giorni, fino a quando le plasmacellule non muoiono; - Altre cellule effettrici B migrano nel MO, e da qui secernono Ab nel sangue per mesi o anni. Le cellule della memoria T e B si uniscono al pool dei linfociti circolanti.

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15 La risposta adattativa è basata sulla selezione clonale

16 LA MAGGIOR PARTE DEGLI ANTIGENI ATTIVA DIVERSI CLONI: RISPOSTA POLICLONALE La maggior parte delle grosse molecole (virtualmente tutte le proteine e molti polisaccaridi) possono agire da antigeni, e quelle parti di molecola che legano un Ab o un recettore di linfocito sono dette determinanti antigenici o epitopi. La maggior parte degli Ag è fatta da numerosi determinanti antigenici (magari alcuni più efficaci di altri, immunodominanti); anche un singolo determinante è capace di attivare molti cloni, ciascuno con una caratteristica affinità per il determinante.

17 La teoria della selezione clonale permette la comprensione delle basi cellulari della memoria immunologica.

18 TOLLERANZA IMMUNITARIA (Mancata attivazione della risposta adattativa nei confronti di antigeni propri) Numerosi distinti meccanismi attraverso i quali il sistema immunitario adattativo, pur essendo capace di rispondere ad antigeni propri, «impara» a non farlo. 1. Receptor editing. Quando nella fase di sviluppo compaiano linfociti con un recettore che riconosce molecole proprie (linfociti autoreattivi), questi modificano la struttura recettoriale così da non riconoscere molecole proprie. 2. Delezione clonale. I linfociti autoreattivi muoiono per apoptosi quando il loro recettore incontra l auto-antigene. 3. Inattivazione clonale (anergia). Un linfocita autoreattivo incontrando l autoantigene diventa funzionalmente inattivo. 4. Soppressione clonale. Cellule TREG sopprimono l attività di linfociti autoreattivi

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21 LE CELLULE T E LE PROTEINE MHC Le cellule T sono fondamentali per la risposta immunitaria, perché sono -capaci di aggredire patogeni intracellulari (gli Ab sono inefficaci) - indispensabili per la maggior parte delle risposte anticorpali (stimolazione di cellule B da parte di TH). le cellule T sono attivate da Ag associati a proteine MHC, presentati da cellule che presentano l antigene (APC), in genere negli OLS. -una volta attivata, la T effettrice agisce a corto raggio, sia all interno dell organo linfoide secondario, sia dopo aver migrato nel sito di infezione. -La T effettrice interagisce direttamente con altre cellule dell ospite (definibili in generale come cellule bersaglio). Le può uccidere (una cellula infetta, per esempio), o ne modifica il comportamento (B o macrofagi).

22 Ci sono tre principali classi di cellule T: CITOTOSSICHE (CTL), HELPER (TH), REGOLATORIE (TREG). CTL Uccidono in modo diretto cellule infettate da virus o altri patogeni intracellulari TH Stimolano la risposta di altre cellule (soprattutto: macrofagi, cellule dendritiche, cellule B, CTL TREG Sopprimono l attività di altre cellule (soprattutto: cellule T autoreattive)

23 TCR è fatto da una catena α e da una β, ciascuna di ~280 aa. Le porzioni extracellulari delle catene sono ripiegate in due domini: una regione variabile (V) e una costante (C); lo SLA è formato da Vα e Vβ, ed è costituito da loop ipervariabili; un TCR ha un solo SLA (a differenza degli Ab che ne hanno due). L eterodimero α β è associato in maniera non covalente ad un complesso proteico di membrana (non mostrato) che coopera all attivazione della cellula T una volta che TCR ha legato l antigene. Una tipica cella T ha ~30000 TCR sulla sua superficie.

24 LA PRESENTAZIONE DELL ANTIGENE ALLE CELLULE T

25 Le cellule T citotossiche inducono l apoptosi delle cellule bersaglio

26 Una cellula TH naive attivata da un Ag presentato da una DC, può prendere due strade: TH1, indirizzando la risposta immunitaria contro patogeni intracellulari; TH 2: indirizzando la risposta immunitaria contro patogeni extracellulari (soprattutto parassiti), e aiutando la risposta delle cellule B. il destino TH1 o TH2 dipende dal tipo di patogeno e dal tipo di risposta innata inizialmente sviluppato.

27 β2-microglobulina LE CELLULE T RICONOSCONO PEPTIDI ANTIGENICI LEGATI A PROTEINE MHC Il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), è una famiglia di geni (e di corrispondenti proteine) con un ruolo fondamentale nel sistema immunitario, nelle malattie autoimmuni, e nella riproduzione. Le proteine codificate da MHC I e II sono espresse sulla superficie delle cellule, e presentano sia peptidi provenienti dalla stessa cellula (autoantigeni), sia peptidi non propri (per es. derivanti da patogeni). La presentazione è per le cellule T, che provvederanno a distruggere (e/o a coordinare la distruzione di) patogeni, cellule infette, e cellule mal funzionanti aa Catena α MHC I peptide Catena β aa MHC II Catena α Ogni MHC può legare molti peptidi diversi, che interagiscono sul sito di ancoraggio con 1 o più aa specifici in posizioni fisse. entry: 1hsa, 1dlh)

28 Il sistema MHC La regione MHC (cromosoma 6) è divisa in tre sottogruppi: MHC classe I, MHC classe II, e MHC classe III. Nome Funzione Espressione MHC classe I MHC classe II Codifica proteine eterodimeriche che legano peptidi, e molecole per la processazione di antigeni. Codifica proteine eterodimeriche che legano peptidi, e molecole per la processazione di antigeni. Tutte le cellule nucleate (anche piastrine). Le molecole MHC classe I contengono una catena α e una β2-microglobulina; associano peptidi (propri, derivati da proteine virali, o di altra origine) e li presentano a cellule T CD8+, definite perciò classe I-ristrette. Su cellule APC, le molecole MHC classe II contengono una catena α e una β; associano peptidi derivati da materiale fagocitato e li presentano a cellule T CD4+, definite perciò classe II-ristrette. MHC classe III Codifica per altri componenti del SI, come il complemento (componenti C2, C4, fattore B), e citochine (TNF-α). Variabile

29 Un antigene virale è presentato ad una cellula T citotossica

30 Processazione, presentazione, e riconoscimento dell antigene associato a MHC classe I. Sequenza di eventi in una cellula nucleata, e riconoscimento dell antigene associato a MHC classe I da parte di T CD8+. Le cellule T CD8+ riconoscono peptidi virali (o altri peptidi) complessati con MHC classe I, e sono definite cellule classe I-ristrette.

31 Riconoscimento dell antigene associato a MHC classe II. Il complesso TCR (catena α e β) è legato non covalentemente al complesso CD3 e alle catene δ. TCR riconosce un Ag associato al complesso MHC II sulla superficie di una APC (antigen-presenting cell). Le catene δ e il complesso CD3 inoltrano il segnale 1 dopo il riconoscimento Ag; CD28 inoltra il segnale 2 dopo l interazione dei co-stimolatori (CD28- CD80/CD86.

32 Durante il processo di maturazione negli organi linfoidi primari, hanno luogo quei processi attraverso i quali le cellule T e B esprimono recettori specifici per l antigene generati somaticamente così acquisendo la capacità di rispondere a patogeni estranei e di essere immunologicamente tolleranti verso gli autoantigeni. Come si genera la diversità (e quindi la specificità) dei recettori linfocitari? TCR è codificato da una serie di frammenti genici alternativi. Per costruirlo, una serie di enzimi che manipolano il DNA tagliano e uniscono frammenti genici separati (riarrangiamento genico). Il risultato è che ogni cellula T ha un TCR con una sequenza diversa in relazione alla scelta casuale dei frammenti (e agli errori dei processi di taglio e ricongiungimento). Il risultato è quello di avere un larghissimo numero di cellule T con TCR diversi; ogni cellula T riconoscerà uno specifico peptide, così consentendo una difesa efficace anche nei confronti di patogeni che rapidamente si evolvono.

33 Differenti stati maturativi dei timociti, con espressione di specifici marker di superficie (CD) Le fasi di maturazione selezione beta: nella cellula doppio negativo, la catena β di TCR deve essere capace di legarsi alla catena α. Se non riesca a superare questa selezione, la cellula muore per apoptosi. selezione positiva: le cellule T esprimono TCR, CD8 e CD4, e incontrano le cellule corticali timiche che esprimono peptidi propri associati a MHC. La maggior parte delle T ha un TCR che non riesce a legare (neppure debolmente) peptidi propri veicolati da MHC I o II, e andrà incontro ad apoptosi. Sopravvivono le cellule T capaci di legare, con varia affinità, peptidi propri veicolati da MHC I o II. Nella fase finale, le cellule con un TCR che lega un peptide presentato da MHC II smettono di esprimere CD8 e diventano CD4+; quelle con TCR che lega un peptide presentato da MHC I, smettono di esprimere CD4 e diventano CD8+. selezione negativa: nella midollare del timo, le cellule T che legano con alta affinità peptidi propri associati a MHC classe I e II muoiono per apoptosi. Sopravvivono (e lasciano il timo) le cellule T con TCR che legano peptidi antigenici e MHC con una affinità al di sotto della soglia che innesca l apoptosi.

34 TCR (T-cell receptors), somigliano a un braccio degli anticorpi e, come questi, sono formati da due catene. Il sito di legame è sulla sommità della molecola dove i diversi TCR hanno diverse sequenze aminoacidiche (regioni ipervariabili). Nella figura è mostrato anche lo schema dei segmenti di catena che attraversano la membrana. entry: 1tcr

35 Contatto primario fra TCR e complesso MHC-peptide (peptide in rosso). Le molecole CD si legano a una diversa porzione di MHC, rafforzando l interazione. Sono illustrati i due principali tipi di interazione. 1) MHC classe I, che si trova sulla superficie della maggior parte delle nostre cellule, interagisce con TCR e CD8 di cellule T CD8+. 2) MHC classe II, si trova soprattutto su cellule specializzate a svelare la presenza di proteine pericolose, interagisce con TCR e CD4 su cellule T CD4+. Tutte le proteine mostrate sono connesse alla membrana per mezzo di catene flessibili, che consentono le complesse interazioni (PDB entries: 1akj, 1bd2, 1fyt, 1jl4, 1wio.

36 Principali molecole funzione-associate delle cellule T: CD4, CD8, CD28. CD4, CD8: partecipano al segnale 1, e consentono di distinguere due popolazioni - cellule T CD4+ (60% delle cellule T, cellule helper); CD4 è co-recettore di attivazione per MHC classe II; le cellule hanno funzione regolatrice (producono citochine e modulano l azione di altre T, B, macrofagi, e NK). In base alla funzione, i linfociti T helper CD4+ sono suddivisi in - T H 1 (IL-2 e IFN-γ) [immunità cellulare] - T H 2 (IL-4, -5, -13) [immunità umorale] - cellule T CD8+ (30% delle cellule T, cellule citotossiche); CD8 è co-recettore di attivazione per MHC classe I; le cellule hanno prevalente funzione citotossica, ma producono anche citochine come T H 1 (IL-2 e IFN-γ). - CD28: interagisce con CD80 o CD86 di APC, generando il segnale 2.

37 Linfociti B Derivano da precursori immaturi del MO, sono il 10-20% dei linfociti circolanti, presenti anche in linfonodi, milza, tonsille, GE. I B riconoscono l Ag con un recettore (BCR) la cui porzione Ag-legante è IgM e IgD. Dopo l interazione con l antigene, le cellule B si differenziano in PC capaci di secernere Ig, mediatori dell immunità umorale. Altre molecole recettoriali -eterodimero α β analogo a CD3 di TCR. -recettori per il C -recettori Fc -recettori CD40 La risposta delle cellule B ha bisogno della partecipazione di T CD4+, che attivano B impegnando CD40 (famiglia recettori di TNF) e secernendo citochine.

38 Gli anticorpi: catene leggere (L) e pesanti (H), regioni variabili (V) e costanti (C). CH = regione costante della catena pesante; CL = regione costante della catena leggera; Fab = frammento legante l Ag; Fc = frammento cristallizabile; VH = regione variabile della catena pesante; VL = regione variabile della catena leggera.

39 - Macrofagi -I macrofagi inducono la risposta cellulo-mediata (possono fagocitare microbi ed Ag proteici, processare gli Ag, e presentare i frammenti peptidici alle cellule. - I macrofagi sono importanti effettori in quanto fagocitano batteri rivestiti da IgG o C3b; inoltre, attivati da citochine (IFN-γ) aumentano la capacità battericida e tumoricida. - Cellule dendritiche APCs, localizzate in posizione sub-epiteliale e interstiziale, hanno molti recettori che utilizzano per fagocitare microorganismi; esprimono alti livelli di molecole MHC classe II, CD80 e CD86, presentano Ag e attivano cellule T CD4+. Le cellule dendritiche follicolari (centri germinali dei follicoli linfoidi di linfonodi e milza) hanno recettori per IgG e per C3b, e riconoscono Ag legati ad Ab o a proteine del C. Presentano l Ag alle cellule B, e selezionano quelle che hanno maggiore affinità per l Ag, migliorando la qualità della risposta delle cellule B.

40 - Cellule NK Sono il 10-15% dei linfociti circolanti, senza TCR o Ig recettoriali, hanno una innata capacità di uccidere cellule tumorali, cellule infettate da virus, e anche cellule normali, senza una precedente sensibilizzazione. Le cellule uccise da NK mostrano bassi livelli di molecole MHC classe I sulla loro superficie (come può accadere nelle infezioni virali o nei tumori). Attivazione delle cellule NK Citochine: IFN α/β (rilasciate dalle cellule a seguito di infezione virale); IL-12 da macrofagi. Fc Receptor: NK, come i macrofagi e altre cellule esprimono FcR, per cui possono individuare come bersagli cellule verso cui è stata innescata una risposta anticorpale (citotossicità cellulare anticorpo-dipendente, ADCC). Recettori di regolazione: Le cellule NK hanno molti recettori che possono attivare o sopprimere l azione citotossica.

41 citochine Le citochine L innesco e la regolazione della risposta immunitaria coinvolge interazioni fra cellule, regolate da contatti e da mediatori solubili: le citochine. Classi funzionali delle citochine 1) citochine dell immunità innata (e risposta infiammatoria) -IL-1 e TNF (reclutamento leucociti); INF-1 e INF-γ (infezioni virali) 2) citochine che regolano attivazione, crescita e differenziamento di linfociti IL-2 (T), IL-4 (TH2 e B), IL-12 (TH1), IL-15 (NK); IL-10 e TGF-β: inibizione della RI. 3) citochine che attivano le cellule infiammatorie IFN-γ (macrofagi); IL-5 (eosinofili); TNF (neutrofili e EC). 4) chemochine citochine che regolano il movimento di leucociti; 1) C-X-C, prodotte da macrofagi attivati e da cellule tessutali (EC); 2) C-C, prodotte da cellule T. 5) citochine che regolano l emopoiesi Proprietà generali delle citochine Prodotte da diversi tipi cellulari, spesso con effetti pleiotropici, con meccanismi autocrini (la IL-2 prodotta da T stimolato da Ag fa proliferare lo stesso T), paracrini (IL-7 delle cellule stromali del MO e del timo fa maturare progenitori B e T), e endocrini (IL-1 e TNF nella risposta della fase acuta). Sebbene le citochine possano essere prodotte anche a seguito dell interazione di linfociti con Ag specifici, esse non sono antigenespecifiche, sicché si mettono a ponte fra immunità innata e immunità adattativa.

42 Le malattie del sistema immunitario 1. Reazioni di ipersensibilità 2. Malattie autoimmuni 3. Sindromi da deficit immunitario

43 1. Reazioni di ipersensibilità Una risposta immunitaria anomala nei confronti di numerose sostanze esogene (pollini, polvere, cibi, farmaci, microbi, prodotti chimici, derivati del sangue usati in clinica ) e/o endogene può essere alla base di malattie di varia gravità (dal prurito all asma bronchiale) Tali malattie sono dovute alle reazioni di ipersensibilità, in cui reazioni anticorpali o cellulo-mediate determinano un danno cellulare e tessutale.

44 Classificazione delle reazioni di ipersensibilità Le reazioni di ipersensibilità si classificano in base al meccanismo con cui si determina il danno : 1. Ipersensibilità di tipo I, immediata: si liberano sostanze ad azione vasoattiva (azione sui vasi) e spasmogenica (azione sul muscolo liscio), e citochine proinfiammatorie. 2. Ipersensibilità di tipo II, da anticorpi: gli Ab secreti determinano danno alle cellule perché ne determinano la fagocitosi o la lisi; possono partecipare al danno tessutale determinando infiammazione. 3. Ipersensibilità di tipo III, da immunocomplessi: gli Ab legano gli Ag e possono indurre infiammazione in modo diretto oppure attivando C; sono reclutati leucociti che determinano danno tessutale. 4. Ipersensibilità di tipo IV, cellulo-mediata: linfociti T sensibilizzati determinano danno cellulare e tessutale. Nella maggior parte dei casi delle reazioni di ipersensibilità c è predisposizione genetica.

45 1. Ipersensibilità di tipo I, immediata * La reazione (allergia) dipende dal contatto di un Ag (allergene) con Ab presenti sulla superficie di mastociti di soggetti precedentemente sensibilizzati. Nella reazione si liberano sostanze ad azione vasoattiva e spasmogenica (azione sui vasi e muscolo liscio), e citochine pro-infiammatorie. * Gli aspetti clinici dipendono dal punto di ingresso dell antigene: sistemico (shock a volte fatale), locale (cute: allergia cutanea, orticaria; mucose: rinite e congiuntivite allergica, febbre da fieno, asma bronchiale, gastroenterite allergica). In molti casi (rinite, asma), nelle reazioni locali ci sono due fasi distinte: 1) fase iniziale, entro 5-30 min. dall esposizione: vasodilatazione, aumento della permeabilità, e spasmo muscolare o aumento delle secrezioni ghiandolari, a seconda della localizzazione. 2) fase tardiva, entro 2-24 h dall esposizione: riduzione dei sintomi iniziali, e comparsa di danno tessutale, soprattutto degli epiteli delle mucose, da infiltrato infiammatorio.

46 Ipersensibilità immediata - Nella Fase iniziale, Le APC presentano Ag a T CD4+, che diventano T H 2 e producono IL-4 (attivazione di B IgE, e sostegno di T H 2), IL-5 (attivazione di eosinofili), e chemochine per attrarre altri TH2 ed eosinofili nel sito. - Mastociti (e basofili) legano Fc di IgE e, riesposti agli Ag, degranulano mediatori preformati, e producono nuovi mediatori. I mediatori preformati : istamina (contrazione muscolo liscio, aumento della permeabilità vascolare, aumento della secrezione ghiandolare; enzimi lisosomiali (danno tessutale, attivazione di chinine e di C). I mediatori di nuova sintesi: LT C4 e D4 (fra i più potenti vasopermeabilizzanti e spasmogenici ml bronchiale); PgD2 (broncospasmo e aumento produzione muco); PAF; citochine (TNF, IL-1,-3,-4,-5, -6, chemochine). Nella Fase tardiva, gli eosinofili sostengono la risposta infiammatoria senza che ci sia ulteriore esposizione all antigene.

47 Ipersensibilità di tipo II, da anticorpi. Gli Ab possono essere diretti contro Ag cellulari o della ECM. Gli Ag possono essere endogeni, oppure esogeni adsorbiti. Ab (e C3b) opsonizzano cellule, che vengono fagocitate. Reazioni trasfusionali, MEN, anemie emolitiche Ab (e C5a o C3a) si legano a specifici recettori (Fc, recettori di C) di PMN, e determinano infiammazione. Glomerulonefrite, Rigetto vascolare di trapianto Ab anti-recettore disturbano la funzione recettoriale. Ab anti-tshr attivano le cellule tiroidee nel Morbo di Graves. Ab anti-achr (recettori di acetilcolina) impediscono la trasmissione neuromuscolare nella Miastenia grave.

48 Tre fasi sequenziali nella ipersensibilità di tipo III, da immunocomplessi 1. Si formano complessi Ag-Ab in circolo l Ag interagisce con cellule immuno-competenti, e una settimana dopo si formano gli Ab; gli Ab interagiscono con l Ag ancora presente in circolo e formano complessi Ag-Ab. 2. I complessi si depositano nei vari tessuti i complessi formatisi in eccesso di Ag circolano più a lungo; la carica, il tipo di Ag e Ab, l affinità per componenti tessutali, e fattori emodinamici determinano il deposito di Ag-Ab nei tessuti. 3. Si sviluppa una reazione infiammatoria 10 gg dopo il contatto con l Ag: febbre, orticaria, artralgie, ingrossamento linfonodale, proteinuria. La flogosi deriva da due meccanismi: attivazione di C; attivazione dei fagociti mediante i recettori per Fc.

49 Ipersensibilità di tipo III, da immunocomplessi - singola massiva esposizione all Ag (pe, glomerulonefrite acuta poststreptococcica): le lesioni tendono a risolversi per il catabolismo degli immunocomplessi. - esposizione prolungata all Ag (formazione di immunocomplessi in condizioni di eccesso antigenico) (pe, Lupus): malattia cronica (Glomerulonefrite membranosa, molte vasculiti, molti casi di poliartrite nodosa).

50 Patogenesi del danno tessutale da immunocomplessi.

51 Principali malattie da immunocomplessi Malattia Antigene Clinica LES DNA, nucleoproteine Nefrite, artrite, vasculite GN acuta Ag batterici nefrite Artrite acuta Ag batterici Artrite acuta

52 4. Ipersensibilità di tipo IV, cellulo-mediata: danno cellulare e tessutale da T CD4+ o T CD8+ sensibilizzati. La risposta immunologica cellulo-mediata è la più importante modalità di risposta a microbi intracellulari (come BK), e a molti virus, funghi, protozoi e parassiti; altre condizioni sono la reazione cutanea da contatto a sostanze chimiche, e il rigetto di trapianto; inoltre, molte malattie autoimmuni sono causate da cellule T.

53 Ipersensibilità ritardata mediata da T CD4+ Al primo contatto Ag, le cellule T CD4+ identificano i peptidi-mhc classe II su APCs. Le cellule T CD4+, sotto l influenza di IL-12 prodotta da APC, proliferano e si differenziano in TH1; IL-12 è anche un induttore di INF-γ da parte di T e NK, e questo a sua volta induce il differenziamento di TH1. IFN-γ: determina l attivazione dei macrofagi. TNF-α e β: prodotte dai macrofagi, hanno importanti effetti sulle EC, in pratica attivandole e facilitando la migrazione di cellule infiammatorie. Le malattie - dermatite da contatto (vescicola intra-epidermica dopo contatto con edera velenosa e quercia velenosa) - diabete di tipo I, sclerosi multipla (gli Ag sono antigeni tessutali autologhi), artrite reumatoide (Ag sconosciuto).

54 Citotossicità diretta da T CD8+ T CD8+ sensibilizzati (linfociti T citotossici, CTL) uccidono le cellule bersaglio che esprimono l Ag- MHC classe I (peptidi virali, Ag tumore-associati), con due meccanismi. -Killing perforino-granzima dipendente: perforine e granzimi sono enzimi presenti nei granuli dei CTL. Dopo il contatto con la cellula bersaglio, le molecole di perforina sono rilasciate, e si inseriscono sulla membrana del bersaglio facendo passare al suo interno acqua (lisi osmotica) e i granzimi (proteasi) che attivano le caspasi apoptotiche. - Killing fas-dipendente: le cellule attivate esprimono il ligando di fas, una molecola omologa di TNF, che attiva fas e innesca l apoptosi.

55 IL RIGETTO DEI TRAPIANTI L ospite riconosce l estraneità del trapianto. Gli Ag responsabili sono quelli del sistema MHC. Poiché i geni MHC sono polimorfi, tutti esprimiamo proteine diverse -a parte i gemelli identici- e riconosciamo come estranee alcune molecole MHC di un altro individuo (allogenico). La reazione cellulare e anticorpale è alla base del rigetto; i relativi contributi variano fra trapianti, e dipendono anche dall istologia degli organi trapiantati.

56 Reazioni mediate da cellule T: il rigetto cellulare

57 Reazioni mediate da anticorpi Anche Ab contro allo-antigeni possono mediare una reazione di rigetto. -rigetto iperacuto Ab preformati anti-donatore presenti nel sangue del ricevente. -rigetto acuto (vasculite da rigetto) Il ricevente non è precedentemente sensibilizzato, ma l esposizione a MHC classe I e II del donatore può provocare una risposta Ab, con citotossicità complemento-dipendente, e infiammazione e citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente. I primi bersagli sembrano essere i vasi del trapianto.

58 Considerazioni terapeutiche Nel rigetto, gli antigeni MHC sono i bersagli principali, per cui se le differenze MHC fra donatore e ricevente sono minime, la sopravvivenza del trapianto è migliorata. Nel trapianto renale fra consanguinei, si ricerca compatibilità MHC classe I e classe II. La presenza di Ag minori di istocompatibilità diversi può evocare comunque una reazione di rigetto (debole o lenta) che richiede immunosoppressione. Il trattamento principale è la ciclosporina (blocco dell attivazione di un fattore di trascrizione per citochine (IL-2, in particolare). -azatioprina: inibisce lo sviluppo di GB da precursori nel MO -rapamicina: inibisce la proliferazione linfocitaria -MoAb anti-t (anti-cd3; Ab anti catena α del recettore di IL-2, che inibiscono l attivazione delle T, le opsonizzano e possono aiutare ad eliminarle) -steroidi anti-infiammatori Nuove strategie in fase sperimentale - indurre una tolleranza donatore-specifica nelle cellule T del ricevente

59 LE MALATTIE AUTOIMMUNI In una malattia autoimmune, il danno cellulare e tessutale è causato da una reazione immunologica nei confronti di antigeni propri. La presenza di anticorpi o linfociti T autoreattivi non implica la presenza di una malattia autoimmune. Generalmente, autoanticorpi (cioè anticorpi diretti contro antigeni propri) sono presenti nel siero di individui apparentemente normali (in genere anziani); autoanticorpi si possono anche formare dopo danni ai tessuti, forse con un ruolo fisiologico di rimozione dei prodotti del danno. Quando siamo in presenza di una malattia autoimmune? Quando c è una reazione autoimmune non secondaria a danno tessutale, in assenza di altra possibile causa di malattia. La presenza di una reazione di auto-immunità implica la perdita della tolleranza, cioè una alterazione dei meccanismi della tolleranza immunologica agli autoantigeni.

60 meccanismi della tolleranza

61 Principali meccanismi di tolleranza periferica - mancanza di co-stimolazione: una cellula T autoreattiva incontra Ag propri su cellule che non forniscono il segnale 2, oppure forniscono un segnale (ancora ignoto) che induce la cellula T a diventare una cellula T regolatoria (Treg) che inibisce le risposte immunitarie. - Ag in siti privilegiati: In alcuni tessuti (parte interna dell occhio, testicolo, cervello), gli Ag propri sono situati dietro barriere anatomiche, e le cellule T non possono raggiungerli (siti privilegiati, santuari). -apoptosi delle cellule T: Le cellule T attivate esprimono sempre il recettore Fas, e se incontrano una cellula che esprime FasL (per esempio, cellule all interno dell occhio), muoiono per apoptosi.

62 Patogenesi delle malattie autoimmuni Una suscettibilità genetica alla perdita della tolleranza, e fattori ambientali (flogosi) promuovono un danno tessutale sostenuto da accumulo e attivazione di linfociti.

63 Infezioni e autoimmunità Le infezioni possono promuovere l attivazione di linfociti autoreattivi inducendo l espressione di costimolatori (A), oppure (B) Ag microbici possono mimare autoantigeni e attivare linfociti autoreattivi (nella malattia reumatica, Ab anti-streptococchi cross-reagiscono con proteine del miocardio). Una volta indotta, la malattia autoimmune tende ad aggravarsi, magari con periodi di remissioni e recidive; la diffusione di epitopi è uno dei meccanismi. L infezione e il danno tessutale possono esporre epitopi non normalmente espressi, per i quali non c è tolleranza.

64 Malattie Autoimmuni Organo-Specifiche Tiroidite di Hashimoto Anemia emolitica autoimmune Gastrite atrofica nell Anemia perniciosa Sclerosi multipla Orchite autoimmune Sindrome di Goodpasture Trombocitopenia autoimmune Diabete mellito tipo I Miastenia grave Morbo di Graves Cirrosi biliare primitiva* Epatite cronica attiva* Colite ulcerosa* Sistemiche LES Artrite reumatoide Sindrome di Sjögren Sindrome di Reiter Miopatia infiammatoria* Sclerodermia* Poliaterite nodosa* * Patogenesi autoimmunitaria incerta o non esclusiva

65 LUPUS Malattia cronica, spesso febbrile, con remissioni e recidive, caratterizzata da lesioni cutanee, articolari, renali, e lesioni delle membrane sierose. Come altre malattie autoimmuni, colpisce maggiormente le donne (9:1, in età riproduttiva; 2:1, alle età estreme), comparendo in genere fra 20 e 30 anni. La causa è sconosciuta, ma la presenza di numero illimitato di Ab anti auto-ag (componenti nucleari e citoplasmatici; Ab anti Ag di cellule del sangue) indica che il difetto fondamentale è il fallimento dei meccanismi della tolleranza.

66 Artride reumatoide Malattia cronica infiammatoria delle articolazioni; può interessare altri tessuti come cute, vasi, polmoni, cuore. Reazione autoimmune: T CD4+ attivate (che stimolano altre cellule dell articolazione a produrre citochine) e anche linfociti B (produzione di Ab, e quindi di complessi immuni); gli Ag bersaglio sono ancora sconosciuti. Le citochine, in particolare TNF e IL-1 prodotte dai macrofagi e dalle cellule di rivestimento della sinovia attivate dai T CD4+, stimolano le cellule della sinovia a proliferare e a produrre mediatori dell infiammazione (PG e MMP) che determinano il danno tessutale. La predisposizione genetica: valgono le considerazioni generali. Gli Antigeni scatenanti: ignoti.

67 SINDROMI DA IMMUNODEFICIENZA Le Immunodeficienze primitive sono malattie geneticamente determinate in cui deficit di singoli componenti del sistema immunitario danno origine a specifici quadri di malattia. Le Immunodeficienze acquisite sono condizioni secondarie a infezioni, malnutrizione, invecchiamento, soppressione terapeutica.

68 Differenziazione linfocitaria e immunodeficienze primitive ADA: adenosine deaminase CD40L: CD40 ligand SCID: severe combined immunodeficiency.

69 AIDS La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) è una malattia causata dal virus HIV (Human Immunodeficiency Virus, retrovirus non trasformante), e caratterizzata da immunodepressione responsabile di infezioni opportunistiche, neoplasie, e alterazioni neurologiche milioni di persone nel mondo sono infette da HIV; nel 2006 ci sono stati più di 4 milioni di nuovi casi, e circa 3 milioni di morti. I 2/3 dei casi sono concentrati nell Africa sub-sahariana. (UNAIDS/WHO Global HIV/AIDS Online Database). HIV-1 (USA, Europa, Africa centrale), e HIV-2 (Africa occidentale e India) sono forme diverse, ma geneticamente correlate) La trasmissione del virus avviene mediante sangue o liquidi corporei contenenti il virus e/o le cellule infette, e le maggiori vie di trasmissione sono contatto sessuale inoculazione parenterale passaggio da madre infetta a neonato

70 Contatto sessuale (uomo uomo / uomo donna / donna uomo) Il virus è presente nel liquido seminale (libero e/o all interno di linfociti); attraverso microlesioni delle mucose, il virus può entrare nei vasi, e/o nelle cellule dendritiche e/o nelle T CD4+ delle mucose. Inoculazione parenterale - Soggetti che fanno uso di droga per via venosa usando strumenti contaminati da sangue infetto (ponte di trasmissione eterosessuale) - Emofilici (non più presente, fattore VIII ricombinante) - trasfusi occasionali (non più presente, screening per Ab anti-hiv) Passaggio da madre infetta a neonato Passaggio i) intrauterino (diffusione transplacentare); ii) durante il parto (il canale del parto è infetto); iii) per allattamento.

71 Patogenesi della infezione HIV-1 - HIV-1 infetta cellule T CD4+, e macrofagi, direttamente o via cellule dendritiche. - Il virus si replica nei linfonodi regionali (viremia e diffusione al tessuto linfatico). La risposta immunitaria dell ospite (non rappresentata) controlla la viremia. - Durante la fase di latenza clinica (stabilizzazione dell infezione nel tessuto linfatico), la replicazione virale nelle cellule T e nei macrofagi continua. - Il numero delle cellule CD4+ scende a un livello critico, e la malattia diventa conclamata. I macrofagi sono infettati precocemente dal virus, non subiscono lisi, e possono trasportare il virus al SNC.

72 Ingresso del virus La proteina dell involucro esterno virale, gp120 (associata non covalentemente alla proteina transmembrana gp41) riconosce CD4 e due recettori delle chemochine. Il primo riconoscimento gp120-cd4 determina un cambiamento conformazionale di gp120, che diventa capace di riconoscere il recettore delle chemochine; gp41 ha un cambiamento conformazionale e inserisce un peptide che favorisce la fusione fra gp41 e membrana cellulare. Il genoma HIV entra nel citoplasma.

73 Replicazione del virus Trascrizione inversa, e formazione di cdna. Nella T quiescente, il cdna può restare citoplasmatico lineare; nella T in divisione, il cdna circolarizza, entra nel nucleo, ed è integrato nel genoma dell ospite (provirus). Può rimanere nel cromosoma per mesi o anni (infezione latente); alternativamente, il DNA virale è trascritto, e si formano virus completi che gemmano dalla membrana cellulare; se la gemmazione è estesa, la cellula muore.

74 - In una cellula infettata latente, la trascrizione del DNA virale si ha se la cellula è attivata. -L attivazione da un Ag o da un mitogeno delle cellule T determina l attivazione di una chinasi plasmatica che fosforila I-kB (inibitore di kb, che sequestra il TF nel citoplasma); il fattore di trascrizione NF-kB è quindi indotto, va nel nucleo e si lega ai siti kb dei promotori di diversi geni (fra cui IL-2 e IL-2R). - Poiché le sequenze LTR del genoma HIV contengono siti per NF-kB, quando una CD4+ infettata in modo latente incontra un Ag ambientale, la risposta fisiologica di NFkB ha come risvolto patologico la trascrizione del provirus. - Altri stimoli (citochine infiammatorie) capaci di indurre NFkB sono anche capaci attivare il provirus, e per contro citochine anti-infiammatorie (IL-10) hanno un effetto opposto. In pratica, molteplici infezioni fanno aumentare la produzione di citochine pro-infiammatorie e quindi una maggior produzione virale.

75 Meccanismi della perdita di cellule TCD4+ nella infezione da HIV (effetto citopatico, apoptosi di cellule non infette, killing da CTL)

76 Decorso clinico dell infezione da HIV 1) fase acuta retrovirale Risposta primaria all infezione di un soggetto immunocompetente (con produzione di CTL virus-specifici). Penetrazione del virus, trasporto ai linfonodi/milza, replicazione virale, viremia, e ulteriore disseminazione linfatica. Nel 40-90% dei casi, sintomi aspecifici parainfluenzali, che regrediscono spontaneamente in 2-4 settimane. 2) fase intermedia cronica Fase di contenimento dell infezione, pur in presenza di replicazione virale, con latenza clinica. Assenza di sintomi, oppure linfoadenopatia generalizzata con infezioni opportunistiche minori (mughetto, zoster). Una linfoadenopatia persistente e segni evidenti (febbre, eruzioni cutanee, astenia) indicano l insorgenza dello scompenso del sistema immunitario. La fase intermedia può durare per diversi anni (7-10). 3) aids Da più di un mese, il paziente presenta febbre, astenia, perdita di peso, diarrea. Dopo un tempo variabile, subentrano gravi infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie, e/o alterazioni neurologiche. La perdita dell azione di contenimento immunologico che segna il passaggio 2-3 è associata alla riduzione della conta delle cellule T CD4+, e sulla base della conta, i pazienti sono divisi in tre gruppi: > 500/mm3; ; < 200.

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