UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE



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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE TESI DI LAUREA in PATOLOGIA GENERALE L INTERAZIONE DEL PROTEOGLICANO NG2 CON IL COLLAGENE DI TIPO VI MODULA LA CRESCITA TUMORALE E LA FORMAZIONE DI METASTASI Laureanda: Ilaria DE POL Relatore: Prof. Giuliano ZABUCCHI Correlatori: Prof. Roberto PERRIS Dott.ssa Sabrina CATTARUZZA ANNO ACCADEMICO 2005-2006

Ai miei genitori, con affetto

Questo lavoro di tesi è stato interamente svolto presso l Istituto Nazionale Tumori C.R.O. di Aviano (PN), presso la divisione di Oncologia Sperimentale 2 diretta dal prof. Alfonso Colombatti, sotto la guida del prof. Roberto Perris e della dott.ssa Sabrina Cattaruzza.

INDICE Pag. ABBREVIAZIONI 1. INTRODUZIONE...1 1.1 PROGRESSIONE TUMORALE E FORMAZIONE DELLE METASTASI... 1 1.1.1 ALTERAZIONI A LIVELLO MOLECOLARE... 1 1.1.2 FORMAZIONE DELLE METASTASI... 2 1.2 I PROTEOGLICANI... 4 1.2.1 LA MATRICE EXTRACELLULARE... 4 1.2.2 STRUTTURA E FUNZIONE DEI PROTEOGLICANI... 5 1.2.3 CLASSIFICAZIONE DEI PROTEOGLICANI... 7 1.3 CARATTERISTICHE STRUTTURALI ED INTERAZIONI MOLECOLARI DEL PROTEOGLICANO NG2... 10 1.3.1 STRUTTURA DEL PROTEOGLICANO... 10 1.3.2 INTERAZIONI MOLECOLARI... 12 1.3.3 INTERAZIONI DI NG2 CON L ECM... 13 1.3.4 INTERAZIONI DI NG2 CON IL COLLAGENE VI... 13 1.4 COINVOLGIMENTO DI NG2 NELLA PROGRESSIONE TUMORALE... 16 1.4.1 SCOPO DELLA TESI... 17 2. MATERIALI E METODI... 18 2.1 TECNICHE DI BIOLOGIA MOLECOLARE... 18 2.1.1 ESTRAZIONE DI RNA... 18 2.1.2 REAZIONE DI RETROTRASCRIZIONE... 19 2.1.3 PCR (POLYMERASE CHAIN REACTION)... 19 2.1.4 PCR QUANTITATIVA (REAL TIME)... 20 2.1.5 ELETTROFORESI DI ACIDI NUCLEICI... 23 2.1.6 ESTRAZIONE DI DNA GENOMICO ED ANALISI DEL LIVELLO DI METILAZIONE GENICO... 24 2.1.7 GENERAZIONE DI SONDE sirna E TRASFEZIONE... 25 2.2 TECNICHE DI BIOLOGIA CELLULARE... 27 2.2.1 COLTURE CELLULARI... 27 2.2.2 CONTA DELLE CELLULE... 28 2.2.3 CONGELAMENTO DELLE CELLULE... 30 2.2.4 TECNICHE DI SEPARAZIONE CELLULARE TRAMITE BIGLIE MAGNETICHE... 30

2.2.5 SAGGI DI PROLIFERAZIONE... 31 2.2.5 SAGGIO DI CRESCITA IN SOFT-AGAR... 32 2.2.7 SAGGI DI MIGRAZIONE... 33 2.2.8 SCRATCH ASSAY... 35 2.2.9 SAGGIO DI EVASIONE DA MATRIGEL... 35 2.2.10 SAGGI DI ADESIONE... 36 2.2.11 SAGGI DI AGGREGAZIONE CELLULA-CELLULA... 38 2.2.12 COLORAZIONI IMMUNOCITOCHIMICHE... 38 2.2.13 ANALISI FACS... 39 2.3 TECNICHE BIOCHIMICHE... 40 2.3.1 PREPARAZIONE DI LISATI PROTEICI, SEPARAZIONE ELETTROFORETICA SDS-PAGE E WESTERN BLOTTING... 40 2.3.2 ANALISI FOSFO-PROTEOMICA... 41 2.4 TUMORIGENESI IN MODELLI ANIMALI MURINI... 42 2.5 ISTOLOGIA ED IMMUNOISTOCHIMICA... 43 2.6 TAMPONI E SOLUZIONI... 43 3. RISULTATI E DISCUSSIONE... 45 3.1 ESPRESSIONE COSTITUTIVA DI NG2 IN CELLULE DI SARCOMA... 46 3.2 EFFICACIA D ABROGAZIONE DI NG2 MEDIANTE DUE DISTINTE STRATEGIE... 52 3.3 NG2 INFLUENZA L ADESIONE CELLULARE AL COLLAGENE DI TIPO VI... 53 3.4 NG2 INFLUENZA LO SPREADING SU SUBSTRATI DI COLLAGENE VI... 56 3.5 ANALISI DELLE VIE DI SEGNALAZIONE COINVOLTE NELL ADESIONE CELLULARE AL COLLAGENE VI TRAMITE NG2... 58 3.6 NG2 PROMUOVE L AGGREGAZIONE CELLULA-CELLULA... 60 3.7 RUOLO DI NG2 NELLA MODULAZIONE DELLA PROLIFERAZIONE CELLULARE... 61 3.8 EFFETTO DEGLI INIBITORI DI MOLECOLE DI SEGNALAZIONE SULLA PROLIFERAZIONE CELLULARE... 63 3.9 RUOLO DI NG2 NELLA FORMAZIONE DI COLONIE CELLULARI... 65 3.10 NG2 INFLUENZA LA MOTILITA CELLULARE... 66 3.11 EFFETTO DEGLI INIBITORI DI MOLECOLE DI SEGNALAZIONE SULLA MIGRAZIONE CELLULARE... 69 3.12 NG2 INFLUENZA L INVASIVITA CELLULARE... 69 3.13 VALUTAZIONE DELLA MOTILITA CELLULARE MEDIANTE SCRATCH ASSAY... 71 3.14 NG2 INFLUENZA LA CAPACITA TUMORIGENICA DELLE CELLULE INOCULATE IN VIVO... 72

4. CONCLUSIONI... 76 5. BIBLIOGRAFIA... I

INDICE DELLE FIGURE -INTRODUZIONE Fig. 1. Fasi successive del processo di progressione metastatica...3 Fig. 2. Rappresentazione schematica della composizione delle diverse catene Pag. glicosamminoglicaniche presenti nelle principali specie di proteoglicani... 6 Fig. 3. Rappresentazione schematica del proteoglicano NG2...11 Fig. 4. Rappresentazione schematica della struttura del collagene VI prima e dopo taglio proteolitico con tripsina e collagenasi... 15 -MATERIALI E METODI Fig. 5. Principio base della Real Time PCR...21 Fig. 6. PCR quantitativa o Real Time...22 Fig. 7. Schema riassuntivo delle principali sequenze di attivazione degli sirna...27 Fig. 8. Rappresentazione schematica della camera di Burker...29 Fig. 9. Schema della separazione cellulare tramite biglie magnetiche...31 Fig. 10. Rappresentazione schematica del saggio FATIMA...34 Fig. 11. Schema illustrativo della procedura CAFCA...37 -RISULTATI E DISCUSSIONE Fig. 12. Schema riassuntivo degli studi effettuati in questa tesi...45 Fig. 13. PCR quantitativa o Real Time...47 Fig. 14. Livelli di espressione di NG2 mrna, determinati mediante PCR quantitativa...47 Fig. 15. Analisi dell espressione proteica costitutiva di NG2, tramite citofluorimetria...48 Fig. 16. Rappresentazione grafica dei livelli di espressione di NG2 sulla superficie cellulare mediante FACS...49 Fig. 17. Analisi mediante Western blotting, sfruttando l anticorpo B5...50 Fig. 18. Analisi mediante Western blotting di campioni pretrattati con condroitinasi ABC...50 Fig. 19. Analisi mediante Western blotting di campioni pretrattati con condroitinasi C...51 Fig. 20. Abrogazione di NG2 mediante trasfezione della sonda RNAi...52 Fig. 21. Analisi dell espressione di NG2 in SK-LMS-1, prima e dopo immunoselezione...52 Fig. 22. Profilo di adesione al collagene di tipo I e di tipo VI...53 Fig. 23. NG2 influenza in maniera specifica l adesione al collagene di tipo VI...54

Fig. 24. Comparazione dell adesione al collagene VI di cellule SK-UT-1...55 Fig. 25. Possibile cooperazione tra integrine della classe β 1 e NG2....56 Fig. 26. Colorazioni immunocitochimiche anti-actina...57 Fig. 27. Spreading di cellule su vari substrati...57 Fig. 28. Spreading di cellule su substrati di collagene VI...58 Fig. 29. Adesione al collagene VI in presenza di specifici inibitori...59 Fig. 30. Aggregazione cellulare indotta da NG2...60 Fig. 31. Aggregazione cellula-cellula indotta da NG2, in presenza di collagene VI in forma solubile... 61 Fig. 32. Valutazione della capacità proliferativa...62 Fig. 33. Effetto di alcuni inibitori di molecole di segnalazione sulla proliferazione cellulare.64 Fig. 34. Capacità di NG2 di stimolare la formazione di colonie cellulari...65 Fig. 35. Valutazione, mediante saggio FATIMA, della capacità migratoria costitutiva...66 Fig. 36. Valutazione della capacità migratoria costitutiva, per SK-UT-1 NG2 positive o negative...67 Fig. 37. Valutazione della migrazione cellulare attraverso vari componenti dell ECM...68 Fig. 38. Migrazione di cellule MG-63, in risposta al collagene VI...69 Fig. 39. Immagini rappresentative a contrasto di fase del saggio dell invasività cellulare, valutata mediante il saggio di evasione da Matrigel...70 Fig. 40. Immagini rappresentative a contrasto di fase dell invasività cellulare, valutata mediante il saggio di evasione da collagene...70 Fig. 41. Immagini rappresentative a contrasto di fase delle capacità migratorie delle cellule, valutate mediante srcatch assay...71 Fig. 42. Modello singenico e xenogenico...72 Fig. 43. Capacità tumorigenica di cellule HT1080 NG2 + ed NG2 -...75

INDICE DELLE TABELLE Pag. Tab. 1. Struttura e proprietà dei proteoglicani (PG)...9 Tab. 2. Classificazione dei collageni e distribuzione tissutale...14 Tab. 3. Modello singenico: dati riassuntivi di un esperimento tipo...74

ABBREVIAZIONI AMV: Avian Myeloblastosis Virus ATCC: American Type Culture Collection bfgf: Basic Fibroblastic Growth Factor, fattore di crescita basico dei fibroblasti (noto anche come FGF-2) BSA: Bovine Serum Albumine, albumina di siero bovino CAFCA: Centrifugal Assay for Fluorescent-based Cell Adhesion cdna: Complementary DNA, DNA complementare DMEM: Dulbecco s Modified Eagle s Medium DMSO: dimetilsolfossido DNA: acido deossiribonucleico ECM: matrice extracellulare EDTA: acido etilen-diaminotetracetico EGF: Epidermal Growth Factor, fattore di crescita epidermico EGTA: acido glicol-bis-2-aminotetracetico EMT: Epithelial-to-Mesenchymal Transition FACS: Fluorescence-Activated Cell Sorter, selezione delle cellule in base alla presenza di fluorescenza FATIMA: Fluorescence-Assisted Transmigration Invasion and Motility Assay FBS: Fetal Bovine Serum, siero fetale bovino FN: fibronectina kda: Kilodalton LN10: laminina 10 MAPK: Mitogen-Activated Protein Kinase MEK: proteina appartenente alle MAPK ( attivatore di ERK: Extracellular signal-regulated Kinase) mrna: Messanger RNA, RNA messaggero MTT: 3-(4, 5-dimethylthiazolyl-2)-2, 5-diphenyltetrazolium bromide NG2: antigene neuro-gliale 2, anche noto come Melanoma Chondroitin Sulfate Proteoglycan (MCSPG), proteoglicano di tipo condroitin solfato associato ai melanomi NGS: Normal Goat Serum, siero normale di capra

NRS: Normal Rabbit Serum, siero normale di coniglio PBS: Phosphate Buffered Saline, tampone fosfo-salino PCK: Protein Kinase C PCR: Polymerase Chain Reaction, reazione polimerasica a catena PDGF-AA: Plateled-Derived Growth Factor, isoforma del fattore di crescita prodotto dalle piastrine PG: proteoglicano PP1/PP2: Protein Phosphatase 1/2 PVP: polivinilpirrolidone RGD: dominio arginina-glicina-acido aspartico RISC: RNA-Induced-Silencing-Complex RNA: acido ribonucleico SDS: sodio dodecil-solfato sirna: Small Interfering RNA SLRPs: Small Leucine Rich Proteoglycans TBE: Tris-Borato-EDTA TBST: Tris Buffered Saline con Tween 20 TGF-β: Trasforming Growth Factor-β, fattore di crescita trasformante β

1. INTRODUZIONE 1.1 PROGRESSIONE TUMORALE E FORMAZIONE DELLE METASTASI 1.1.1 ALTERAZIONI A LIVELLO MOLECOLARE È noto che i tumori si sviluppano attraverso una successione di modificazioni genetiche ed epigenetiche che conferiscono via via alle cellule le caratteristiche di cellule neoplastiche (Bernard & Weinberg, 2002). Questo processo, in cui a più stadi varie mutazioni si accumulano a livello cellulare, è comunemente definito progressione tumorale (Bernard & Weinberg, 2002; Yokota, 2000; Nowell, 2002). In particolare le lesioni pre-maligne possono essere causate da alterazioni genetiche che inducono un espansione monoclonale delle cellule, o da fattori ambientali, come gli agenti virali, che inducono un espansione policlonale delle cellule. Successivamente altre mutazioni si verificano in una o poche cellule delle lesioni premaligne, originando così dei cloni maligni che daranno origine al tumore primario. Tuttavia negli stadi preliminari, le cellule della lesione primaria non acquisiscono le capacità di invadere i tessuti o di metastatizzare; queste proprietà sono invece il risultato di ulteriori modificazioni a livello genico che si accumulano nelle cellule nel corso della progressione tumorale (Price et al., 1997; Yokota, 2000; Price & Thompson, 2002). Le mutazioni che si verificano nel corso della progressione tumorale possono colpire pro-oncogeni, come ras, c- myc, c-erb-b2, o geni onco-soppressori, come Rb e p53 (Yokota, 2000). Inoltre si possono verificare alterazioni a carico delle proteine che mediano il legame cellula-cellula: ad esempio le caderine che si trovano a livello delle giunzioni aderenti e si legano al citoscheletro delle cellule mediante le catenine, perdono la loro funzione in molti tumori di origine epiteliale, favorendo così il distacco reciproco delle cellule e l avanzare della progressione tumorale (Cavallaro & Christofori, 2004). Una simile perdita di interazioni cellula-cellula si verifica anche fisiologicamente durante il rimodellamento dei tessuti o la guarigione delle ferite in cui le cellule sono chiamate ad acquisire un fenotipo migratorio. Questo cambiamento viene definito transizione epitelio-mesenchimale (EMT, Epithelial-to-Mesenchymal Transition) e sembra molto importante anche nelle prime fasi della progressione tumorale (Grunert et al., 2003; Thiery, 2003). La secrezione di fattori di crescita quali il TGF-β (Trasforming Growth Factor β) e l FGF-2 (Fibroblast Growth Factor-2) da parte delle cellule tumorali e stromali è 1

Introduzione in grado di indurre questa transizione. Durante questo processo le cellule ridistribuiscono o sottoesprimono specifiche proteine apicali o basolaterali, come le caderine, e riesprimono molecole tipiche di cellule di origine mesenchimale, come la vimentina (Thiery, 2002). I tumori, quindi, si espandono come cloni a partire da singole cellule alterate e l accumulo di modificazioni che si verifica nel corso della progressione tumorale genera sottopopolazioni cellulari con vari gradi di aggressività (Nowell, 2002). Tra le modificazioni che avvengono nelle fasi iniziali della progressione tumorale e che conferiscono dei vantaggi selettivi alle cellule si può citare l acquisizione di segnali mitogenici costitutivi, la capacità di resistere ai segnali di inibizione della crescita, di sfuggire alla morte cellulare programmata (o apoptosi) e di indurre angiogenesi (Bernard & Weinberg, 2002). L acquisizione delle capacità di invadere i tessuti e di formare metastasi necessitano di ulteriori alterazioni cellulari che riguardano l abilità della cellula di modulare l adesione, di degradare la matrice extracellulare (ECM) circostante attraverso la secrezioni di proteasi, di migrare e proliferare in un sito secondario e la capacità si eludere il sistema immunitario dell organismo ospite (Price et al., 1997; Nowell, 2002; Price & Thompson, 2002). 1.1.2 FORMAZIONE DELLE METASTASI La formazione delle metastasi è un processo estremamente complesso che avviene attraverso una serie di diverse fasi che si susseguono (Chambers et al., 2002; Mehlen & Puisieux, 2006): - distacco delle cellule dalla lesione primaria e invasione dei tessuti adiacenti; - intravasazione; - trasporto in circolo; - extravasazione; - proliferazione in un sito secondario (Fig. 1). Più in dettaglio la prima fase della disseminazione metastatica comprende il distacco delle cellule tumorali dall ECM e l alterazione dello scheletro di actina, processi che conferiscono alle cellule una morfologia rotondeggiante (Martin & Vuori, 2004). La massa tumorale è composta da un parenchima formato dalle cellule neoplastiche e da uno stroma di supporto costituito da componenti dell ECM, fibroblasti, adipociti, cellule muscolari lisce e cellule emopoietiche (Pollard, 2004). Durante la progressione tumorale e la formazione di metastasi avviene uno scambio di segnali tra le cellule tumorali e lo stroma, mediato sia da contatti diretti cellula-cellula, sia da segnalazioni paracrine attraverso citochine e fattori di crescita. Queste interazioni possono portare a cambiamenti morfologici e strutturali a livello 2

Introduzione della massa tumorale o del microambiente circostante che supportano i processi di invasione e disseminazione metastatica (Mueller & Fusenig, 2004). Figura 1. Fasi successive del processo di progressione metastatica (tratto da Chambers et al., 2002). In realtà un esiguo numero di cellule che migrano dalla lesione primaria riescono a colonizzare un sito secondario. Infatti meno dello 0.01% delle cellule tumorali circolanti effettivamente formano metastasi (Luzzi, 1998; Chambers et al., 2002; Fidler et al., 2003), in quanto le cellule tumorali sono soggette ad apoptosi, che costituisce normalmente un valido sistema di salvaguardia per l organismo e che colpisce le cellule riconosciute come estranee o le cellule che acquistano un fenotipo mutato. È stato ipotizzato che il successo dell evento metastatico derivi proprio da una perdita di funzione del meccanismo di apoptosi o alla comparsa di particolari caratteristiche che permettono alle cellule tumorali di eludere questo naturale sistema di protezione (Mehlen & Puisieux, 2006). L intravasazione delle cellule tumorali è necessaria per permettere la disseminazione in circolo delle cellule stesse e il raggiungimento del sito secondario in cui si insedierà la metastasi. Le cellule neoplastiche possono entrare nel circolo sanguigno direttamente, con 3

Introduzione intravasazione a livello dei capillari venosi, oppure indirettamente se l intravasazione avviene a livello dei capillari linfatici (Wong & Hynes, 2006). La decisione di scegliere il circolo sanguigno o il circolo linfatico come punto di intravasazione dipende maggiormente dalle restrizioni fisiche imposte alla massa tumorale primaria. Tuttavia i capillari linfatici mancano delle giunzioni strette tra le cellule endoteliali, tipiche invece dei capillari sanguigni (Alitalo et al., 2002). Questo fatto unito al sistema di drenaggio passivo proprio del circolo linfatico, rende l intravasazione linfatica una via preferenziale. Tuttavia entrambi i tipi di intravasazione portano le cellule tumorali nel circolo venoso poiché mediante il dotto linfatico destro e il dotto linfatico sinistro, si riversano nella vena succlavia (Wong & Hynes, 2006). È stato dimostrato che fegato e polmone siano i siti preferenziali in cui il flusso di cellule metastatiche si arrestano. Infatti questi organi sono ricchi di letti capillari filtranti: i capillari presentano un diametro di circa 7 μm, di gran lunga inferiore a quello di una generica cellula tumorale (circa 20 μm). Questo favorisce l arresto del flusso cellulare e la conseguente uscita dal letto capillare (Chambers et al., 1998; 2001). Tuttavia esistono anche dei fattori chemiotattici (come la citochina TGF-β) prodotti dall organo bersaglio che possono indirizzare il flusso di cellule metastatiche (Robbins, 2000). Anche le interazioni tra le cellule metastatiche e il microambiente circostante rivestono un ruolo determinante nello sviluppo delle metastasi. Infatti è stato dimostrato che la presenza del recettore dell acido ialuronico CD44 sulla superficie delle cellule tumorali consente il legame con questo componente dell ECM, particolarmente abbondante nei tessuti connettivi, favorendo l arresto e la crescita delle cellule tumorali (Mehlen & Puisieux, 2006). Infine, dopo l infiltrazione delle cellule metastatiche a livello del sito secondario è necessario un processo di angiogenesi, stimolato da fattori solubili rilasciati dalle cellule tumorali stesse, per procurare alle cellule i nutrienti necessari e garantire la sopravvivenza e l espansione della metastasi (Kopfstein & Christofori, 2006). 1.2 I PROTEOGLICANI 1.2.1 LA MATRICE EXTRACELLULARE L ECM è costituita da una varietà di macromolecole, capaci di autoassemblarsi prevalentemente attraverso legami non covalenti. È composta in prevalenza da collageni, glicoproteine non collageniche, elastina, acido ialuronico e proteoglicani (Iozzo, 1998; Cattaruzza & Perris, 2005; 2006). Il collagene e l elastina hanno funzione prevalentemente 4

Introduzione strutturale mentre glicoproteine non collageniche, come fibronectina e laminina, sono implicate nei processi di adesione. La matrice non funziona solo da impalcatura per le cellule di un determinato tessuto ma costituisce anche una riserva per fattori di crescita e citochine coinvolte nell omeostasi tissutale, modulando il loro stato di attivazione e turnover. Infatti interagendo con le molecole della ECM, i fattori di crescita possono essere più facilmente sequestrati dai loro recettori, attivati ad esempio per proteolisi e presentati alle rispettive cellule bersaglio. Inoltre le molecole della matrice possono svolgere funzione di molecole di segnalazione interagendo sia con recettori cellulari, quali le integrine, sia con i fattori di crescita stessi. L ECM svolge quindi un ruolo determinante anche nella modulazione di importanti attività cellulari quali proliferazione, migrazione e differenziamento, poiché questi processi risultano non solo dalle interazioni dei fattori di crescita solubili con i loro recettori ma anche dai rapporti delle cellule con le macromolecole circostanti. 1.2.2 STRUTTURA E FUNZIONE DEI PROTEOGLICANI I proteoglicani sono prodotti da gran parte delle cellule eucariotiche e rappresentano dei componenti molto abbondanti dell ECM, assicurandone la configurazione tessuto-specifica e l integrità. Inoltre giocano un ruolo fondamentale nell assemblaggio e disassemblaggio delle membrane basali, delle matrici elastiche ed interstiziali (Cattaruzza & Perris, 2005; 2006). Queste macromolecole sono caratterizzate dalla presenza di una o più catene glicosamminoglicaniche legate covalentemente ad una proteina centrale. Diversi sono i criteri classificativi di queste molecole sulla base della localizzazione, composizione delle catene e funzione svolta. Tuttavia non si può individuare un unica struttura ricorrente all interno di questa classe di macromolecole (Ruoslahti, 1988): esistono infatti diversi tipi di proteoglicani e possono inoltre subire modificazioni nel corso dell espressione cellulare, adattandosi alle diverse esigenze biologiche. Le variazioni strutturali maggiori si riscontrano a livello delle catene glicosamminoglicaniche che possono variare in numero o lunghezza, così come il livello di solfatazione è altamente versatile (Hardingham & Fosang, 1992). Le catene glicosamminoglicaniche laterali, composte da unità disaccaridiche ripetute, determinano le proprietà fisiche delle proteine a cui sono attaccate e possono essere a base di condroitin solfato, dermatan solfato (omologo epimerizzato), keratan solfato, eparan solfato o eparina [Evered & Whelan, 1986 (Fig. 2)]. I proteoglicani sono capaci di creare un compartimento acquoso nelle immediate vicinanze grazie alle cariche negative portate dai gruppi solfato e carbossilici presenti sulle catene laterali. Questi ioni attraggono ioni positivi e lo squilibrio osmotico causato dall alta 5

Introduzione concentrazione locale di specie cariche richiama acqua dalle zone circostanti, mantenendo in questo modo la matrice ben idratata (Hardingham & Bayliss, 1990). Le catene glicosamminoglicaniche inoltre, formano una sorta di barriera per le grosse macromolecole della matrice, consentendo invece il passaggio delle molecole a basso peso molecolare. In questo modo la concentrazione delle macromolecole aumenta in determinati distretti e ciò favorisce tutte le interazioni, specie quelle concentrazione-dipendenti. I proteoglicani sono quindi importanti modulatori dell organizzazione della matrice extracellulare e dei processi che qui risiedono ( Hardingham & Fosang, 1992). Acido ialuronico Condroitin solfato Dermatan solfato Eparina Eparan solfato Keratan solfato Ac. glucuronico Ac. galattosico Galattosina Ac. galatturonico Ac Iduronico Legame β Gruppo solfato Legame α 6 3 2 1 4 6 1 3 2(N) 4 3 2 1 Figura 2. Rappresentazione schematica della composizione delle diverse catene glicosaminoglicaniche presenti nelle principali specie di proteoglicani. Nell uomo i proteoglicani sono codificati da più di trenta geni: alcuni di questi sono soggetti a splicing alternativo, consentendo così la generazione di una elevata variabilità funzionale e strutturale all interno di questa classe di macromolecole. Indipendentemente dal 6

Introduzione fatto che siano legati alla superficie cellulare o assemblati con altri componenti della matrice, molti dei proteoglicani conosciuti sono coinvolti nelle interazioni con altre cellule o molecole extracellulari, sia mediante la proteina centrale che attraverso particolari domini delle catene glicosamminoglicaniche. Queste interazioni possono essere suddivise in tre categorie principali: quelle coinvolte nel legame dei proteoglicani con altri elementi strutturali della ECM, quelle implicate nel sequestro di fattori solubili, ed infine quelle che mediano il legame dei proteoglicani a recettori della superficie cellulare o ad altre componenti associate alla membrana. In particolare i proteoglicani associati alla superficie cellulare si comportano come co-recettori per molti fattori solubili e ne aumentano l affinità nei confronti dei loro recettori veri e propri (Cattaruzza & Perris, 2006). 1.2.3 CLASSIFICAZIONE DEI PROTEOGLICANI I proteoglicani della ECM possono essere raggruppati in diverse famiglie [Iozzo, 1998; Yamaguchi, 2000 (Tab. 1)]. Gli ialectani sono proteoglicani multidominio, contenenti un dominio globulare all estremità N-terminale, in grado di interagire con l acido ialuronico e un dominio, C-terminale, simile alla selectina, che media il legame con altre componenti proteiche della matrice. Nella maggioranza dei casi possiedono catene laterali di condroitin solfato ma è stata riscontrata anche la presenza di catene laterali di keratan solfato. La funzione principale degli ialectani sembra essere quella di fornire ai tessuti la resistenza contro le forze di compressione (Kresse & Schonherr, 2001). I membri di questa famiglia sono aggrecano, versicano, neurocano e brevicano e sembrano tutti coinvolti nel controllo della crescita cellulare e del differenziamento. L aggrecano è presente soprattutto a livello di cartilagini, presenta una proteina centrale di circa 250 KDa ed è costituito da molti monomeri uniti da legami non covalenti (Hardingham, 1990). In particolare nella struttura di questo proteoglicano si individuano tre domini globulari, G1 e G2 all estremità N-terminale e G3 all estremità carbossilica terminale. Il versicano, che possiede una struttura simile, caratterizzata da un dominio globulare G1 presente all estremità N-terminale e da un dominio G3 all estremità C-terminale (Sheng et al., 2006), è altamente espresso dalle cellule in fase di proliferazione attiva (Zimmermann et al., 1994) e una sua sovraespressione stimola la proliferazione di condrociti e fibroblasti (Zhang et al., 1998). A livello del sistema nervoso il versicano stimola la proliferazione degli astrociti, effetto mediato da due sequenze ripetute simili all EGF (Epidermal Growth Factor) presenti a livello del dominio G3 (Yang et al., 1999). L estremità carbossilica di questo 7

Introduzione dominio media il legame con altre proteine della matrice extracellulare, creando una rete di interazioni utili anche per la migrazione delle cellule (Kresse & Schonherr, 2001). Una seconda famiglia è costituita da piccoli proteoglicani con sequenze ricche in leucina a livello della proteina centrale (SLRPs, Small Leucine Rich Proteoglicans). Gli elementi più rappresentativi di questa famiglia sono decorina e biglicano, caratterizzati da una o due catene laterali rispettivamente di condroitin e dermatan solfato, e fibromodulina con catene di keratan solfato. Sono riscontrabili a livello del tessuto connettivo e presentano una proteina centrale di circa 40 KDa (Heinegard & Oldberg, 1989; Hardingham & Fosang, 1992). Le sequenze ricche in leucina permettono alla molecola di adottare una conformazione a ferro di cavallo che facilita le interazioni tra proteina e proteina (Kresse & Schonherr, 2001). Questo gruppo di proteoglicani sembra coinvolto nel legame con i collageni e nella modulazione della fibrillogenesi, regolando così l assemblaggio della matrice interstiziale e la sua configurazione tridimensionale in base al carico meccanico che questo tessuto deve sopportare. Per quanto riguarda il ruolo di questi proteoglicani nel controllo della proliferazione cellulare, è stato dimostrato che la decorina, in particolare, quando legata al collagene è in grado di sequestrare le citochine a livello della ECM. Più in dettaglio la decorina inibisce l azione del TGFβ, (Yamaguchi & Ruoslahti, 1988; Yamaguchi et al., 1990) e si lega al recettore dell EGF, ostacolando la sua fosforilazione (Patel et al.,1998; Iozzo et al., 1999; Santra et al., 2002). La decorina risulta particolarmente espressa nelle cellule quiescenti mentre è scarsamente rappresentata nelle lesioni tumorali (Cattaruzza & Perris, 2006). Due famiglie di proteoglicani, sindecani e glipicani, prevalentemente con catene di eparan solfato, rappresentano i principali e più diffusi proteoglicani associati alla membrana. Anche queste macromolecole sono coinvolte nel controllo della proliferazione cellulare poiché molti fattori di crescita interagiscono con alta affinità con particolari domini delle catene di eparan solfato da un lato, e con i rispettivi recettori dall altro (Lin & Perrimon, 2000; Kresse & Schönherr; 2001). I sindecani, così come altri proteoglicani con catene laterali di eparan solfato, partecipano all instaurarsi dell infezione virale poiché molti agenti patogeni sfruttano queste macromolecole come recettore per facilitare la loro entrata nella cellula ospite (Dehio et al., 1998; Yang et al., 2004; Gallay, 2004; Jones et al., 2005). Inoltre alcuni batteri sono in grado di scindere dalla struttura principale della molecola particolari sequenze capaci di legare enzimi battericidi, come ad esempio il lisozima, garantendosi così una maggior sopravvivenza (Park et al., 2001). 8

Introduzione Tabella 1. Struttura e proprietà dei proteoglicani (PG) Tipo di PG Proteina centrale Prodotto genico Dimensione (kda) SLRP (Small Leucine Rich Proteoglycan) Decorina Biglicano Fibromodulina Lumicano Edificano Osteoglicina 36 38 42 38 36 35 PG della membrana basale Perlecano Agrina Testicano Leprecano Bamacano 400-467 200 44 82 138 Versicano Ialectani Aggregano 65-550 220 Neurocano Brevicano 136 100 PG Sindecani 20-45 transmembrana Glipicani 58-65 CD-44 Neuroglicano-C MCSPG (NG2) 37 120 300 GAG Tipo (numero) CS/DS (1) CS/DS (1-2) KS (4) KS (2-3) KS (2) KS (2) HS/CS (3-10) HS (3-6) HS/CS (1-2) CS CS CS/DS (10-30) CS (~100) CS (3-7) CS (1-3) HS/CS (1-3) HS (1-3) CS/HS/KS (1-3) CS CS (1-3) Interazioni molecolari Collagene, fibronectina, TGF-β Collagene,TGF-β Collagene, fibronectina, TGF-β Collagene, fibronectina Collagene (?) Collagene (?) Laminine, figuline, FGF AcetilColinesterasi Cationi, ioni metallici?? HA, fibulina-1, tenascina-r HA, matrillina-1, L-selectina HA HNK-1 Collagene,fibronectina, cdc42hs, FGF FGF, VEGF, interferone γ HA, bfgf? FGF-2, PDGF-AA, collagene, fibronectina Distribuzione Tissutale Ubiquitario Cartilagine, osso,vasi sanguigni Matrici collageniche Cornea, intestino, fegato, muscolo, cartilagine Cartilagine epifisaria Cartilagine, cornea Ubiquitario Sinapsi delle giunzioni neuromuscolari, membrane basali Fluido seminale Pelle, rene Sistema nervoso Tessuto connettivo, sistema nervoso, muscolo liscio Cartilagine, cervello, vasi sanguigni Cervello, cartilagine Cervello Muscolo liscio, cellule mesenchimali, cartilagine fibrosa, sistema nervoso, epitelio Rene, sistema nervoso, cervello, fibroblasti Ubiquitario Sistema nervoso Sistema nervoso, muscolo, osso, vasi sanguigni 9