FISICA GENERALE Cap. 5: Ottica fisica

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5 OTTICA FISICA Introduzione La natura della luce, o meglio delle onde elettromagnetiche, porta facilmente ad osservare fenomeni ondulatori che se indesiderati in ottica geometrica, sono invece di grande interesse in molti strumenti di misura utilizzati per esplorare particolari impercettibili della matura. In questo capitolo studieremo i fenomeni ondulatori della luce: diffrazione, interferenza e le loro conseguenze nei sistemi ottici. Cercheremo di comprendere a fondo i vari fenomeni in maniera tale da risolvere i problemi che possono creare, ma spesso anche di sfruttarli per applicazioni speciali in cui si utilizza proprio l aspetto ondulatorio della luce. 5.. Diffrazione Il comportamento ondulatorio della luce non è facile osservarlo, ma neanche impossibile. Se vogliamo lo possiamo vedere anche stando seduti in casa in una giornata solare. Quando i raggi luminosi superano una finestra o un qualunque passaggio per propagarsi, allora sono costretti a lambire dei contorni. I contorni degli ostacoli sono sempre ben definiti e possono essere considerati come strumenti che fanno o non fanno passare la luce in una determinata regione. Osserviamo ora i raggi luminosi che illuminano, per esempio, una parete o il pavimento distanti qualche metro dall ostacolo. Dalle dimensioni del raggio del sole, R 700 km e dalla distanza terra sole, d 50 000 000 km, il profilo luminoso si dovrebbe sparpagliare per una distanza di circa R d 4.7 μm, valore impercettibile ad occhio nudo. Vedremo invece l immagine del contorno dell ostacolo che ha permesso il passaggio della luce piuttosto sbrodolata di qualche millimetro e più. Consapevoli che la luce è composta da fotoni, perché questi deviano il percorso originale? Tutto ciò si spiega attribuendo alla luce le proprietà di un onda. Così per semplicità esaminiamo gli effetti di un fascio di luce monocromatica, di una sola lunghezza d onda con coerenza spaziale, cioè con un fronte d onda piano, quando investe una perturbazione. Oggi una sorgente di onde piane si ottiene utilizzando la luce emessa da un semplice laser. Quando il fascio investe una qualsiasi perturbazione, secondo il principio di Huygens tutta l area della perturbazione può essere considerata composta da sorgenti secondarie di radiazione della stessa lunghezza d onda. Generalmente le sorgenti sono considerate geometricamente puntiformi quindi sono sorgenti di onde sferiche. 47

5... Diffrazione di una fenditura Consideriamo una perturbazione formata da una fenditura di larghezza s investita da una radiazione di lunghezza d onda λ e spazialmente coerente. In questo caso la geometria del sistema ci permette di fare un ulteriore approssimazione delle sorgenti secondarie a sorgenti con geometria filiforme di onde cilindriche, essendo la fenditura infinitamente lunga. Quindi ci preoccupiamo di osservare i raggi provenienti da tutte le infinite sorgenti in un punto P dello schermo distante dalla fenditura e supponiamo anche, che lungo la direzione della fenditura la distribuzione luminosa non subisca alterazioni. L osservazione del campo potrebbe essere fatta anche in prossimità della fenditura ed in questo caso prende il nome di diffrazione di Fresnel, mentre in condizioni lontane dalla fenditura prende il nome di diffrazione di Fraunhofer. Lontana dalla fenditura significa molto più grande della larghezza della fenditura stessa e i raggi provenienti da un qualsiasi punto della fenditura sono considerati paralleli. Questa approssimazione semplifica moltissimo i calcoli. In Fig. 5. è mostrato uno schema dell esperimento della diffrazione da una fenditura con lo schermo posto nella direzione del fascio, aldilà della fenditura. La distanza dello schermo dalla fenditura può essere qualsiasi, ma se ipotizziamo una distanza molto grande, rispetto alla dimensione della fenditura s, allora ci poniamo nella condizione di Fraunhofer che considera i raggi vettori per ogni punto P approssimativamente paralleli, facilitando così il calcolo del campo in P. Se invece la distanza dallo schermo è piccola, paragonabile alla dimensione della fenditura, allora i raggi vettori non li possiamo considerare paralleli ed il calcolo è molto più complicato. In questo caso si dice di essere in condizione di campo vicino o in diffrazione di Fresnel. Per il risultato si deve trovare il valore del campo elettrico, oppure di quello magnetico. Per semplicità seguiamo il campo elettrico E. Questa libertà è dovuta al fatto che per un onda piana E e B sono strettamente legati. Fig. 5.: Fenditura investita da radiazione. Vista in sezione e vista laterale 48

Immaginiamo la fenditura come una sorgente secondaria formata da un infinità di sorgenti infinitesime uguali. La porzione del campo che emerge dal lembo A ed incide sul punto P dello schermo, oscilla nel tempo come E o cos(ωt), con E o il valore massimo della sorgente infinitesima. Il contributo del campo della porzione di fascio invece, che emerge da un punto qualsiasi della fenditura, e. g. C, oscilla anch esso come E o cos(ωt), ma investe il punto P con un ritardo dovuto al percorso più lungo da compiere per raggiungere P. Pertanto, se poniamo t=0 l istante di tempo in cui il campo nel punto P proveniente da A è massimo, cioè pari a E o, il campo proveniente da C ha la stessa intensità, ma una differenza di fase negativa, cioè E o cos(- ). Il campo risultante in P si trova sommando algebricamente i valori dei due campi presenti in funzione del tempo ma poiché la dipendenza temporale dei due campi è la stessa, è sufficiente sommare le ampiezze (metodo trigonometrico) o applicare il metodo dei vettori rotanti (metodo geometrico). Il primo metodo πcd / λ consiste nel sommare i campi; E o cos(ωt) e E o cos(ωt+δ) con E E t cos t Quindi, applicando la nota formula trigonometrica o cos CD / : (5.) cos a cosb il campo assume la forma: cos ( a b ) cos ( a b ) E Eo cos ( t ) cos ( ) (5.) Dalla 3. risulta una nuova onda che oscilla con una fase e un ampiezza il cui valore massimo è dato ponendo al massimo il termine cos(ωt+δ/)=: E m Eo cos ( ) 49 (5.3) Per il contributo di tutti gli altri campi con i propri sfasamenti, avremmo dovuto sommare alla 3. tutti i contributi di tutti i punti della fenditura. Un metodo per la soluzione è quello dei vettori rotanti che evitiamo in questa sede ma per approfondire si può consultare il volume V. Nassisi Principi di Fisica I Ed. La Feltrinelli. La soluzione dell intensità massima del campo elettrico è data in funzione dell angolo di osservazione: sin ssin E (5.4) m Emo s sin

dove E mo é l intensità massima del fascio incidente. Dalla 3.4 si può vedere che E m assume valori nulli ogni qualvolta il numeratore si annulla e ciò accade per πs sinφ/λ=nπ, con n intero, ad eccezione per n=0 in cui si ha un rapporto dalla forma [sinω/ω] ω=o =. Considerando sempre piccoli valori di φ in modo che la distanza fenditura-schermo sia approssimativamente sempre costante, si può approssimare sinφ~φ ed avere i vettori campo di ogni striscia luminosa sullo schermo che cambiano fase linearmente con la posizione. Troviamo allora l andamento della 5.4 in funzione di φ. Da notare che il campo elettrico è massimo per φ=0, mentre si annulla per φ uguale a ±λ/s, ±λ/s e così via, Fig. 5.a. Fig. 5.a: Distribuzione del campo elettrico in funzione di φ. Fig. 5.b: Distribuzione dell intensità luminosa in funzione dell angolo di osservazione. Gli zeri sono in corrispondenza di φ=±λ/s, ±λ/s, mentre i massimi in corrispondenza di φ=0, ±3/λ/s, ±5/λ/s,.. Nell esperienza pratica però, non si misura il campo bensì l intensità della radiazione che è proporzionale, come si sa, al quadrato del campo, vedere Cap 4, eq. 4.07. Quindi, la distribuzione della luce è dettata dalla 5.0 e l andamento è quello di Fig. 5.b: s sin sin sin s I I 0 s sin 50 I 0 s (5.5)

Da questo risultato si vede che l intensità è modulata presentando perfino valori nulli. Per φ=0 si ottiene il massimo che corrisponde all intensità massima della radiazione incidente, I o. La differenza sta nel fatto che nel fascio incidente tutto il fronte d onda presenta un intensità I o, invece dopo la fenditura il massimo è presente esclusivamente sulla zona centrale. Chiaramente, l intensità ha solo valori positivi e nulli. I valori nulli coincidono con quelli trovati per il campo e corrispondono a: φ=±λ/s, ±λ/s, mentre i massimi sono in corrispondenza dei massimi del numeratore, oltre a quello centrale, escluso i primi due più vicini all origine (πs φ/λ=±/π), cioè per πs φ/λ=±(/π+nπ) e quindi per φ=±3/λ/s, ±5/λ/s,.. I primi due punti massimi del numeratore, πs φ/λ=±/π, non danno origine a massimi della funzione per via della presenza dell angolo φ al denominatore che partecipa anche ad avere un massimo all origine, φ=0. Fare un grafico del numeratore e del denominatore della 5.5. Di seguito possiamo osservare la figura di diffrazione prodotta da una fenditura larga 0. mm con un comune laser HeNe di lunghezza d onda 633 nm. La distanza fenditura-schermo è di 4 m ed i primi zeri sono a circa cm dal centro dell immagine, Fig. 5.3. Fig. 5.3: Figura di diffrazione ottenuta da una fenditura da 0. mm con fascio laser da 633 nm alla distanza di 4 m. Il primo zero si trova a circa mm dal centro dello spot centrale. Come si può osservare nella Fig. 3.5, ci sono dei punti di massima intensità e punti di minima intensità e per quest ultimi possiamo perfino supporre un intensità nulla. Fig. 5.4: Fenditura investita da radiazione. Traccia di raggi per differenti inclinazioni. La sola posizione dei minimi (oppure anche dei massimi) può essere facilmente individuata con il seguente ragionamento. Dividiamo la fenditura in due parti 5

uguali e poniamoci sul punto P tale che il raggio proveniente dal lembo di sinistra della fenditura e quello proveniente dal centro della stessa diano origine ad una differenza di fase pari a π, quindi si ha in P un campo nullo, Fig 5.4a. Trovandoci in condizioni di Fraunhofer, questa condizione è raggiunta per un angolo φ tale che s sinφ = λ. ripetiamo lo stesso ragionamento ad altre coppie di fasci contigui ai primi due considerati (distanziati sempre s ) ed essendo sempre soddisfatta la condizione di Fraunhofer, la differenza di fase non cambia ed il contributo è sempre nullo. Continuando in questo modo per tutte le coppie di raggi originati da due punti della fenditura distanziati sempre s, si ottiene che l intensità della luce nel punto P è nulla e quindi è un punto di zero. Ripetendo lo stesso ragionamento per un punto P più lontano dal primo e dividendo la fenditura in quattro parti uguali, Fig 5.4b, la condizione di campo nullo per i raggi provenienti dalla prima e seconda sezione della fenditura, è raggiunta per s sinφ = λ. La situazione della terza e quarta sezione è simile a 4 quella delle prime due e quindi il loro contributo è pure nullo e il secondo punto scelto è un punto di zero intensità. Spostando ancora il punto P e dividendo la fenditura per un numero pari, e.g. 6, Fig 5.4c, la condizione di campo nullo si raggiunge per s sinφ = λ. Questo ragionamento può essere esteso per altri punti, 6 ma essendo sinφ φ il valore dell angolo corrispondente ad intensità nulle è immediato e si trova dall espressione: φ = ± λ s, ± λ s, ±3 λ s, (5.6) 5... Diffrazione da una perturbazione circolare Chiediamoci ora qual è il risultato per una perturbazione circolare; cioè un foro al posto della fenditura. Allo stesso modo, tutta la superficie del foro diviene sede di infinite sorgenti puntiformi. Esse risulteranno tutte in fase se la perturbazione è investita da un onda piana. Se è così, allora in un punto di osservazione dello spazio arriveranno tutti gli infiniti fasci con una propria fase dovuta essenzialmente alla distanza. Fresnel trovò che per soddisfare le condizioni sperimentali doveva aggiungere una fase fissa per tutti raggi pari a π/ e dividere il campo per la lunghezza d onda λ, cioè il campo di un area ds a distanza r e per angoli molto piccoli è: EdS r de o i exp i r La suddetta espressione è giustificata dal fatto che anche l energia di un fascio si deve conservare durante la propagazione. Infatti, se l intensità dipende da r 5