1 ANTENNE IN RICEZIONE SU PIANO DI MASSA
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- Ugo Gianluigi Bettini
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1 1 ANTENNE IN RICEZIONE SU PIANO DI MASSA Esaminiamo il problema di una antenna in ricezione in presenza di un C.E.P. piano. Supponiamo di avere un antenna filiforme verticale investita da un campo elettromagnetico che incide sul C.E.P. (e sull antenna) tramite un onda piana con un angolo θ rispetto alla verticale. Consideriamo un incidenza TM, come in Fig. 1, con campo incidente sul piano di C.E.P. pari ad E d. Fig. 1: Antenna in ricezione su C.E.P. e campo incidente. Il comportamento della antenna è ancora quello descritto nel caso generale. Sulla antenna filiforme (ma, ovviamente, anche sul piano conduttore) si inducono delle correnti, sorgenti del campo diffuso dalla antenna. Il campo totale, somma del campo incidente e di quello diffuso, produrrà, nel circuito collegato alla antenna, una corrente e quindi trasferirà a questo circuito una potenza. L effetto sul carico può quindi essere calcolato se si conosce il circuito equivalente di Thevenin ai morsetti della antenna. Occorre quindi determinare i parametri del circuito equivalente dellantenna in ricezione. Per quanto riguarda la impedenza del circuito equivalente di Thevenin, questa impedenza è (analogamente al caso di antenna ricevente in spazio libero) quella di ingresso, ovvero quella calcolata in trasmissione. Naturalmente, questa impedenza va calcolata (o misurata) in trasmissione in presenza del piano conduttore. Il discorso della tensione a vuoto è invece differente, e più complesso. Se lantenna fosse un dipolo elementare (o una spira elementare), il problema sarebbe facilmente risolvibile calcolando il campo elettrico (o magnetico) in corrispondenza del sensore e in assenza dello stesso, ma ovviamente in presenza del C.E.P.. Questo campo sarà l campo incidente sul sensore, e si possono utilizzare le relazioni del par. 15 per calcolare la tensione a vuoto. Il tutto indipendentemente dalla presenza di particolari proprietà del campo incidente (come quella di essere un onda piana o almeno localmente piana). Il discorso diventa completamente diverso nel caso di una antenna generica. Ricapitoliamo quello che è possibile fare (si veda il par. 10). Per calcolare la tensione a vuoto su di 1
2 una antenna, occorre partire dal campo incidente, ovvero il capo in assenza della antenna. Se questo campoincidente E i è un ondapiana o almeno localmente piana, allora possiamo calcolare la altezza efficace h della antenna, nella direzione da cui proviene l onda incidente, e si ottiene la tensione a vuoto dalla (62), che qui riportiamo: V 0 = h E i (62) Se poi il campo incidente è la somma di più onde piane 1, si può applicare la sovrapposizione degli effetti, come alla fine del par. 10. Nel riepilogo precedente abbiamo evidenziato il termine antenna, in quanto è il punto chiave del calcolo della tensione a vuoto. Nei problemi in spazio libero visti finora, la scelta della antenna ricevente è del tutto ovvia. Invece ora la scelta può essere fatta in modi alternativi. Per semplicità facciamo riferimento al caso di Fig. 1, ma il discorso non è limitato a riceventi costituite da aste metalliche verticali, ma vale qualunque sia la struttura ricevente. Per il solo calcolo della tensione a vuoto, l antenna ricevente può essere costituita da: A) le sole aste metalliche verticali; B) le aste metalliche verticalie il piano di massa. In altri termini, nel caso B), ai fini del calcolo di V 0, la antenna ricevente include il piano di masa. Una volta calcolata la tensione a vuoto, procedendo coerentemente con la scelta fatta, quasta tensione a vuoto è la tensione equivalente di Thevenin ai morsetti di uscita della ricevente, e quindi diventa possibile risolvere il circuito a valle. Naturalmente, le alternative A) e B) forniranno esattamente la stessa tensione a vuoto. Altrettanto naturalmente, la complessità di calcolo potrebbe essere anche molto diversa in un caso rispetto all altro. Vediamo allora in dettaglio come si procede nei due casi A) e B). Antenna ricevente costituita dalle sole aste metalliche verticali In questo caso l altezza efficace da considerare nella (63) è quella delle aste metalliche isolate (ovvero in spazio libero). Pertanto, nel caso di Fig. 1, sarà data dalla espressione (44), per tutte le direzioni di arrivo dell onda piana. Indichiamo questa altezza efficace con h FS (k), mettendo in evidenza il vettore della onda piana per cui andrà moltiplicata. Invece il campo incidente si ottiene togliendo l antenna il che, in questo caso, significa togliere le sole aste vericali. Il campo incidente sulla antenna risulta pertanto la somma del campo incidente sul piano conduttore E d e di quello riflesso dal piano conduttore medesimo, E r in Fig. 1. Poichè la somma E d (r)+e r (r) non è una onda piana, occorrerà utilizzare la sovrapposizione degli effetti, e si ha V 0 = h FS (k d ) E d +h FS (k r ) E r (1) essendo k d il vettore di propagazione del campo incidente sul piano conduttore e k r quello del campo riflesso dal piano conduttore medesimo 1 In questo corso considereremo, per antenne generiche, solo questi due casi, in quanto, in tutti gli altri casi, il problema del calcolo della V 0 non è risolvibile in modo semplice. 2
3 Antenna ricevente costituita dalle aste metalliche verticali e dal piano conduttore In questo caso la altezza efficace da considerare nella (63) è quella delle aste metalliche in presenza del piano conduttore, in quanto l antenna di cui occorre l altezza efficace comprende sia le aste metalliche, sia il piano conduttore. Tenendo conto di quanto detto a proposito dele antenne in trasmissione in presenza del piano condutttore, nel caso di Fig. 1 questa altezza efficace, che indicheremo con h S (k), vale h S (k) = 2h FS (k) cos(β 0 H) (2) Il campo incidente si ottiene togliendo l antenna. In questo cso questo significa rimuovere sia le aste metalliche, sia il piano conduttore. Pertanto il campo incidente, se si fa la scelta B), risulta essere il solo campo incidente sul piano conduttore E d. La tensione a vuoto è quindi data da V 0 = h S (k d ) E d (3) InappendicesidimostracheledueespressionidiV 0, ovverola(1)ela(3), sonoidentiche. L alternativa B) (ma non la A)) richiede qualche accorgimento quando il campo (in assenza delle aste verticali) è una onda piana che viaggia parallelamente al suolo (Fig. 2). E 0 H C. E. P. Fig. 2: Caso dell onda piana che viaggia parallelamente al suolo. In questo caso, infatti, è nota l ampiezza del campo totale E 0 che viaggia parallelamente al suolo. Per scegliere l alternativa B) 2, dunque, occorre separare, in E 0, il contributo dovuto al suolo da quello che ci sarebbe in assenza del suolo, e considerare solo quest ultimo. A questo scopo possiamo ricordare che campi uguali nella zona della ricevente, anche se diversi in altre parti dello spazio, producono esattamente la stessa tensione a vuoto. Un campo uguale a E 0 in tutta la zona della ricevente può essere generato da un dipolo elementare (o corto) verticale, posto vicino al piano di massa ma molto lontano in direzione, e di ampiezza opportuna (Fig. 3). Il campo di questo dipolo può ovviamente essere calcolato col teorema delle immagini, e quindi considerando il campo somma dei campi di due dipoli, come in Fig. 4. Il teorema delle immagini ci garantisce infatti che, nella zona della ricevente, il campo della Fig. 4 è identico a quello della Fig. 3 e quindi, per costruzione, ad E 0. 2 È evidente che per il caso di Fig. 2, l alternativa A) risulta largamente preferibile, non richiedendo la ripartizione di E 0. Tuttavia, vedremo nel prossimo paragrafo che nel caso di un monopolo ricevente è necessario usare l alternativa B). Conviene quindi discuterla nel dettaglio. 3
4 E 0 H E 0 H C. E. P. Fig. 3 Fig. 4 Dipolo trasmittente. Uso del teorema delle immagini. Analizzando il caso di Fig. 4, si vede facilmente che ciascuno dei due dipoli (che, ricordiamo, sono posti molto vicino al piano di massa) produce un campo pari alla metà di E 0. Poiché togliere il piano di massa in Fig. 3 equivale a togliere il dipolo immagine, ne segue che il solo dipolo, senza piano di massa, produce E 0/ 2. Di conseguenza, nella situazione di Fig. 2, il campo E FS che ci sarebbe in assenza di piano di massa risulta pari a (che ovviamente va moltiplicata per la (2)). E FS = 1 2 E 0 (4) 2 MONOPOLI IN RICEZIONE SU PIANO DI MASSA Consideriamo ora un monopolo ricevente di lunghezza l, come in Fig. 1. Analogamente al caso della Fig. 1 del paragrafo precedente, assumiamo una onda piana di ampiezza E d che viaggia verso il piano conduttore 1 con un angolo θ rispetto alla verticale. Anche in questo caso, il comportamento del monopolo ricevente può essere ottenuto utilizzando un circuito equivalente di Thevenin. θ C.E.P. V 0 Fig. 1: Monopolo in ricezione (i campi sono quelli della Fig. 1 del paragrafo precedente). 1 Quindi E d è il campo presente nella Fig. 1 se il monopolo viene tolto. 4
5 L impedenza equivalente di Thevenin è quella di ingresso del monopolo in trasmissione, e quindi si può calcolare facilmente. Per uanto riguarda il calcolo della tensione a vuoto (e quindi del generatore equivalente di Thevenin), va scelta una delle alternative A) e B), che naturalmente conducono allo stesso risultato. Tuttavia, poiché il monopolo è alimentato rispetto al piano di massa, l unica alternativa praticabile è la B). Non è infatti affatto facile determinare il comportamento del monopolo in assenza del piano di massa, anche perché la stessa distribuzione di corrente sarebbe diversa. Pertanto la tensione a vuoto la calcoleremo sempre dalla dalla (3), che qui riportiamo V 0 = h S (k d ) E d (3) Tenendo poi conto della (6) del paragrafo sul monopolo, si ha dove h D è l altezza efficace di un dipolo verticale lungo 2l. V 0 = h D (k d ) E d (5) E 0 C. E. P. Fig. 2: Monopolo in ricezione con onda incidente lungo il piano di massa. La (5) va usata anche se il campo incidente è una onda piana che viaggia lungo il piano C.E.P., come in Fig. 5. Naturalmente, in questo caso (si veda anche il paragrafo precedente) quello che è nota è la ampiezza totale del campo elettrico in assenza del monopolo, E 0, e quindi per applicare la (5), va prima calcolato il campo E d in assenza del piano di massa. Procedendo analogamente a quanto fatto nel paragrafo precedente, si ottiene, per il caso di Fig. 2, E d =E 0/ 2 e quindi ] 1 V 0 = h D (k 0 ) 2 E 0 (6) essendo k 0 il vettore di propagazione (orizzontale) dell onda incidente, indicato in rosso nella Fig. 2. V 0 APPENDICE 1: CONFRONTO DELLE ALTERNATIVE PER LA SCELTA DELLA ANTENNA RICEVENTE Vogliamo verificare che le alternative del par. 1conducono alla stessa tensione a vuoto. Faremo riferimento alla Fig. 1 (identica alla Fig. 1 di quel paragrafo) 5
6 Fig. 1: Antenna in ricezione su C.E.P. e campo incidente. La prima alternativa prevede di usare la (1). Indicando con h D (θ) l altezza efficace del dipolo con onda incidente proveniente dalla direzione θ, la (1) fornisce V A 0 = h D (θ) E d (B)+h D (π θ) E r (B) I due prodotti scalari sono pari rispettivamente a 1 e +1, come si vede dalla Fig. 1. Poiché poi, per simmetria, risulta 1 h D (θ) = h D (π θ), segue ( ) V0 A = h D (θ)e d (B) h D (π θ)e r (B) = h D (θ)e d (B) h D (θ)e r (B) = h D (θ) E d (B) E r (B) Per calcolare quest ultima espressione, occorre tenere conto sia della riflessione sul piano conduttore, sia dello sfasamento dovuto al diverso cammino dei campi diretto e riflesso. Per quanto riguarda la riflessione, Il coefficiente di riflessione vale Γ = 1. Tuttavia, va ricordato che Γ collega i componenti tangenti di E r e E d. Dalla uguaglianza degli angoli segue comunque che anche i componenti normali di campo riflesso e incidente sono legati da Γ. Pertanto la riflessione non fa altro che aggiungere un fattore ( 1) al campo riflesso. Resta da calcolare la differenza di cammino. L onda diretta nel punto A e nel punto C hanno la stessa fase (A e C sono sul fronte d onda dell onda diretta), e quindi E d (A) = E d (C). Segue allora e sostituendo E d (B) = E d (A) e jβ AB E r (B) = E r (C) e jβ CB = ΓE d (C) e jβ CB = E d (A) e jβ CB V0 A = h D (θ)e d (A) (e jβ AB +e jβ CB ) Dalla Fig. 1 si ha poi, usando teoremi sui triangoli rettangoli, 1 Si noti che le due direzioni di queste altezze efficaci sono comunque diverse, come apparente anche dalla Fig. 1. Pertanto, nonostante la simmetria, h D (θ) h D (π θ). 6
7 da cui Ma CB = H AB = CB cos(π 2θ) = ] H cos(2θ)] e jβ AB +e jβ CB = exp jβ H ] cos(2θ) +exp jβ H ] exp ] cos(2θ) ] jβ H exp e sostituendo jβ H = exp = exp jβ H jβ H ( cos 2 θ sin 2 θ )] = e jβh exp ( cos 2 θ+sin 2 θ )] = e jβh exp e jβ AB +e jβ CB = exp jβ H ] e sin2 jβh θ +e = exp jβ H ] sin2 θ 2cos βh ] A meno di un fattore di fase (inessenziale 2 ) risulta quindi V A 0 = h D(θ)E d (A) 2cos βh ] ] sin2 θ jβ H ] sin2 θ jβ H jβh ] Passiamo ora alla alternativa B). La tensione a vuoto è data dalla (3) e usando la (2) V B 0 = h S (θ) E d (B) = h S (θ)e d (B) V B 0 = 2h D(θ)2cos βh ] E d (B) che, sempre a meno di un fattore di fase, coincide con V A 0. 2 Il fattore di fase trascurato serve a riconciliare la fase di E d (A) con quella di E d (B). 7
E i D dl = V A V B (1)
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