a tutto campo La coltivazione delle piante officinali può rappresentare, Dossier Genepi Una coltivazione interessante per molte aree montane



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INSERTO PAGINA I AGRICOLTURA E MONTAGNA IN PROVINCIA DI TORINO SPECIALE AL NUMERO 1 Gennaio Febbraio 2006 a cura dell Assessorato Agricoltura, Montagna, Sviluppo Rurale e Tutela Fauna e Flora Dossier Genepi Una coltivazione interessante per molte aree montane Le tecniche colturali e i risultati delle prove sperimentali Un relitto prezioso per le Alpi Quanti Genepi esistono? Il segreto è nella scelta del luogo giusto L interesse per il Genepi valica i confini In crescita prezzi e domanda Per le aree di alta montagna più reddito con il Genepi Ecco i risultati di tre anni di prove Che cosa rimane ancora da fare II III IV V VI VI XII XIV La coltivazione delle piante officinali può rappresentare, soprattutto per le realtà agricole dei territori montani, un occasione di diversificazione produttiva volta al miglioramento del reddito aziendale. Sin dai tempi remoti l uomo ha tratto importanti benefici dalla conoscenza e dall impiego di queste essenze naturali. L introduzione dei prodotti chimici di sintesi ha soppiantato per un lungo periodo l utilizzo di queste erbe ma il rinnovato interesse, da parte dei consumatori, per le produzioni ecocompatibili e biologiche ha fatto sì che la domanda, per questa tipologia di prodotti, sia nuovamente cresciuta. La crescente raccolta delle piante spontanee, per soddisfare le esigenze di un mercato in continua espansione, non può che provocare danni gravissimi al territorio e all ecosistema di cui queste piante fanno parte, con effetti negativi ed irreversibili. Sono sempre più diffuse, quindi, le coltivazioni di erbe officinali che da un lato permettono di soddisfare il mercato, attraverso un regime controllato di produzione e raccolta, e dall altro servono a proteggere l ambiente montano evitando inutili saccheggi. È il caso del Genepi: una pianta alpina che ben si presta alla coltivazione a patto, ovviamente, di conoscerne a fondo le caratteristiche botaniche e le esigenze agronomiche. In questa direzione si è mossa l esperienza condotta dai tecnici del Servizio Agricoltura e questo Dossier rappresenta un importante punto di arrivo. Nelle pagine che seguono viene illustrato il percorso che ha portato tecnici ed agricoltori coinvolti nelle sperimentazioni, a saperne di più sulle reali possibilità di coltivazione di questa delicata piantina. Sergio Bisacca Assessore all Agricoltura della Provincia di Torino

PAGINA II Un relitto prezioso per tutte le Alpi La pianta spontanea è molto delicata: per questo si prova a coltivarla nelle aree più vocate L arco Alpino costituisce, nel bel mezzo del Continente europeo, una importante fonte di biodiversità, cioè ospita una ampia gamma di specie animali e vegetali. Basta pensare che si possono trovare molte piante uniche al mondo originate dal fenomeno dell endemismo per cui alcuni vegetali rimangono chiusi in ambiti ristretti di territorio diventando caratteristici proprio di quei luoghi in un passato assai remoto, quando le condizioni climatiche erano ben diverse dalle attuali. Specie vegetali relitti di tale periodo sono ancora presenti in alcune zone dell arco alpino e tra queste è compreso il Genepi. Questa pianta è da tempo immemorabile usata dalle popolazioni alpine per infusi idroalcolici a scopo digestivo, grazie ai suoi principi amari. Il liquore ha un profumo ed aroma inconfondibili, è di colore giallo verdastro ma può anche essere di colore trasparente; viene prodotto dalla infusione in alcool delle infiorescenze raccolte durante la piena fioritura, che avviene di norma nella seconda metà del mese di luglio. Il Genepi inoltre si presta ad altri utilizzi che non sono strettamente legati alla produzione di liquori, ma che consentono di rendere singolari una vasta gamma di prodotti Figura 1 - Infiorescenza di Genepi, la parte nobile della pianta alimentari; è ad esempio utilizzato per l aromatizzazione di alcune birre prodotte in zone di montagna, è utilizzato per la preparazione di primi piatti (risotti, pasta ecc) e come erba aromatica nella preparazioni di piatti a base di carne bovina o selvaggina. Il Genepi è una specie protetta, il suo prelevamento quindi è rigidamente regolato, benché il controllo non sia di semplice attuazione, proprio per le caratteristiche dei siti dove si riscontra. La pianta è di piccole dimensioni ed è molto soggetta a traumi al momento della raccolta, quindi se questa operazione non viene eseguita con la massima cura, c è il forte rischio di compromettere la successiva vita del vegetale. L approvvigionamento delle infiorescenze attraverso la raccolta delle piante spontanee, ha limiti ed inconvenienti di grande rilevanza. In primo luogo i costi di raccolta risultano molto elevati: le zone i cui il Genepi cresce spontaneo, sono in alta montagna (al di sopra dei 2200-2300 metri) e difficilmente raggiungibili; inoltre, trattandosi di una specie selvatica, presente in modo sporadico, per avere un raccolto sufficientemente abbondante è necessario operare su una zona molto vasta. In secondo luogo, un altro grave inconveniente è senza dubbio l alternanza di produzione dovuta a condizioni climatiche avverse o al saccheggio da parte di raccoglitori non autorizzati. Per questa serie di motivi, è molto interessante la possibilità di coltivare il Genepi nelle aree ritenute idonee: da qui la ricerca, sviluppatasi nell ultimo decennio, di specie adatte alla coltivazione. L obiettivo è quello di avere rese molto più elevate rispetto alla raccolta delle piante spontanee, con l ulteriore vantaggio di poter razionalizzare e ottimizzare i tempi di raccolta garantendo una più elevata costanza nella quantità prodotta.

PAGINA III Quanti Genepi esistono? Qualche indicazione botanica per conoscere meglio l essenza e apprezzarne di più le qualità I l Genepi appartiene alla famiglia delle Composite (Asteracee); è una pianta monoica o monoica diclina, le infiorescenze sono dei capolini inseriti su un asse centrale in numero variante da 20 a 40. Il portamento è generalmente cespuglioso, le foglie inferiori sono provviste di picciolo, mentre le superiori sono sessili, profondamente suddivise in lacinie, formanti masse compatte bianco argentee di consistenza vellutata Allo stato selvatico esistono diverse specie, tutte appartenenti al genere Artemisia; la più diffusa è l Artemisia glacialis (fig.2), cresce Figura 2 - Artemisia glacialis spontanea nella zona Alpina ad una quota superiore ai 2200 metri (fino ai 2900 metri), presenta fiori gialli dorati con squame brune agli orli; i capolini sono privi di peduncolo e riuniti in un corimbo di 3 5 unità, (i periferici sono femminili e i centrali ermafroditi; la fioritura si protrae da metà luglio fino all inizio di settembre). È considerata Figura 3 - Artemisia mutellina un relitto dell ultima era glaciale, ha un habitat molto ristretto e necessita di terreni di neogenesi, poveri di sostanza organica, molto sciolti e permeabili, a reazione da neutra a subalcalina. Il fabbisogno termico è molto elevato nel periodo estivo ma resiste molto bene a temperature di decine di gradi sotto lo zero nella stagione fredda. Spesso presenta poliploidia causata dagli intensi sbalzi termici tra il giorno e la notte; per questo Figura 4 - Artemisia spicata motivo diffuso e rilevante è il polimorfismo intraspecifico. Altra specie importante dal punto di vista produttivo è l Artemisia mutellina (A. umbelliformis, fig. 3), denominata anche Genepi femmina che si differenzia dalla precedente per l infiorescenza caratterizzata da circa 20 capolini distribuiti lungo il fusto, i fiori di colore giallastro sono presenti dalla metà di luglio fino a settembre. Presenta una vegetazione decisamente più rigogliosa dell Artemisia glacialis; le esigenze pedoclimatiche sono sensibilmente differenti dalla precedente specie e ne consentono la coltivazione anche a quote più basse (dai 1500 1600 metri in su). L Artemisia spicata (A. genipi, fig. 4) è la specie diffusa ad un livello altimetrico decisamente più elevato rispetto alle precedenti. È tipica dei pascoli pietrosi alpini fino ad una quota di 3500 metri, tipica dell areale alpino occiden-

PAGINA IV tale, ha fiori verdastri disposti in grappoli lunghi e stretti da luglio a settembre. Un ulteriore distinzione intraspecifica, è quella basata sulla concentrazione delle sostanze terpeniche che conferiscono il tipico aroma alla pianta; in relazione a questa caratteristica, è possibile distinguere i seguenti genotipi: 1) Tipo Thuyone: ha un tenore in alfa e beta Thuyone compreso tra 26 e 76% che induce un profumo dolce. 2) Tipo Cineolo Borneolo: ha un contenuto medio di Cineolo e Borneolo rispettivamente del 25 e 21%, in questo caso il profumo è piacevole 3) Tipo Borneolo: con un tenore di Borneolo superiore al 68% che induce un profumo molto intenso e ricco. 4) Tipo Pinene: con un tenore di beta Pinene da 22 a 48% che induce un profumo piuttosto resinoso. Il segreto è nella scelta del luogo giusto Le caratteristiche biologiche e le malattie limitano le aree. I campi sperimentali della Provincia L e specie sopra descritte sono diffuse in tutto l arco alpino, ma la loro maggiore presenza si registra dalle Alpi Marittime fino alle Alpi Centrali. Specie affini al nostro Genepi si trovano anche sugli Appennini al di sopra dei 1600-1700 metri, ma sono specie che, come l Artemisia petrosa o l Artemisia erianta, si adattano bene a terreni a reazione alcalina e non ai suoli silicei delle Alpi centro-occidentali. Il Genepi può essere considerata una specie pioniera che colonizza le morene dei ghiacciai in seguito al loro inesorabile ritiro oltre che i ghiaioni presenti in alta quota. Le varie specie presenti sulle Alpi sono distribuite secondo fasce altimetriche che vedono la presenza dell A. spicata al limite delle nevi perenni; segue l A. glacialis e l A. mutellina. Proprio quest ultima è stata oggetto di numerose sperimentazioni mirate alla domesticazione e alla sua coltivazione in zone altimetricamente meno elevate e quindi logisticamente più comode. Le prime esperienze di coltivazione sono iniziate circa un decennio fa in concomitanza con l aumento della richiesta di materia prima per la trasformazione; queste esperienze sono state condotte in diverse zone delle Alpi. Il Servizio Agricoltura della Provincia di Torino, ha avviato un progetto dedicato allo sviluppo della coltivazione del Genepi. In collaborazione con la Provincia di Cuneo, che Figura 5 - Un esempio di coltivazione di Genepi con il proprio Settore Agricoltura ha condotto un analoga azione. In tre anni di prove sono stati allestiti una trentina di campi-prova dimostrativi delle tecniche di coltivazione, con il coinvolgimento diretto di nuovi produttori. L iniziativa ha tenuto in gran conto le esperienze di coltivatori cuneesi, oltre ai risultati di un progetto internazionale condotto negli anni scorsi dalla Valle d Aosta, la Francia e la Svizzera che ha portato ad approfondimenti relativamente alla botanica, biologia ed parametri produttivi del Genepi. Occorre però sottolineare subito che le caratteristiche botaniche ed ecologiche di questa pianta, limitano notevolmente il potenziale areale di coltivazione. Oltre a questo, la notevole suscettibilità alle malattie fungine obbliga ad una accurata scelta del luogo di coltivazione nonché della tecnica colturale più adatta alle particolari esigenze della pianta.

PAGINA V L interesse per il Genepi valica i confini Sintesi dei risultati del progetto Sviluppo e Valorizzazione delle Piante Officinali delle Alpi C onfronto europeo per il Genepi nostrano. Proprio così: a cavallo fra il 99 e il 2001, questa coltivazione è stata studiata anche da un progetto di ricerca per lo sviluppo e valorizzazione delle piante officinali delle Alpi che ha coinvolto alcune regioni Alpine della Svizzera, della Francia e dell Italia. Durante i tre anni di sperimentazione sono stati valutati diversi parametri relativi alla produttività delle piante, alla gestione agronomica degli impianti e alla suscettibilità alle principali malattie. Il materiale vegetale utilizzato era derivato dalla selezione clonale di alcune popolazioni di A.mutellina di provenienza Svizzera ottenute dall Istituto di Ricerca di Changins. Questa linea clonale si compone di tre genotipi Figura 6 - Una infiorescenza differenti chiamati - RAC 2-16- di Genepi 12 - che differiscono tra loro per alcuni tratti morfologici e chemiotipici (caratteristiche compositive). La ricerca, svolta in Italia nella Valle d Aosta, ha portato alla caratterizzazione dei diversi cloni a seconda dell ambiente di coltivazione. La risposta produttiva e qualitativa, infatti, è stata sensibilmente diversa in funzione della quota, dell esposizione e della gestione del suolo. L iniziativa finanziata dall Unione europea ha permesso di individuare alcune criticità legate alla coltivazione del Genepi. Il problema di maggiore entità è rappresentato dalle numerose e dannose malattie fungine che colpiscono le piante in ogni fase del loro sviluppo. La patologia più pericolosa è senza dubbio causata da Rizoctonia. Questo fungo colpisce le piante penetrandovi all interno e causando la morte dei tessuti situati nella zona del colletto. Si manifesta in annate umide con temperature piuttosto elevate; sverna nel suolo sotto forma di sclerozi. La lotta agronomica prevede rotazioni molto lunghe e mai l avvicendamento con la patata che rappresenta un importante fonte di infezione del suolo. Altre malattie fungine di particolare pericolosità sono rappresentate dalle ruggini (Puccinia sspp) e dalla Peronospora (Plasmopara sspp) che causano danni essenzialmente alla parte aerea della pianta. I danni derivati dall azione di insetti appaiono, invece, limitati e legati essenzialmente alla pullulazione di Melolonta (maggiolino) che causa danni all apparato radicale e a Tortrix sspp (tortricidi defogliatori) che causano la completa defogliazione in caso di attacco massiccio. Dal punto di vista agronomico i problemi relativi alla coltivazione del Genepi sono legati essenzialmente al contenimento delle infestanti che, se non efficace, provoca una crescita stentata delle piante con un conseguente abbattimento della produzione di infiorescenze e quindi anche della resa produttiva. Il contenimento delle erbe indesiderate può avvenire, escludendo l utilizzo Figura 7 - Giovani piantine pronte per la messa a dimora

PAGINA VI di diserbanti di sintesi, attraverso vari sistemi di pacciamatura (film plastici, teli semitraspiranti, cippato) oppure attraverso la lavorazione del terreno tra le file. Con i tre anni di sperimentazione nell ambito del progetto Interreg II, si sono messe in evidenza anche alcune variazioni sulla composizione chimica delle piante, e quindi delle caratteristiche della soluzione idroalcolica che ne deriva, in base all altitudine del sito di coltivazione. Ad una minore quota altimetrica corrisponde una maggiore concentrazione degli oli essenziali contenuti nelle piante, per contro si assiste ad una drastica riduzione del numero di infiorescenze per rosetta. È quindi necessaria una attenta valutazione della fascia altimetrica idonea alla localizzazione del sito e comunque sono consigliate quote non inferiori ai 1500-1400 metri. Agli aspetti emersi dalla sperimentazione sin qui sintetizzata, vanno aggiunte alcune valutazioni del Servizio Agricoltura maturate nell ambito del territorio interprovinciale di Torino e Cuneo. Tali aspetti riguardano essenzialmente la difficoltà di attecchimento a seguito del trapianto in annate siccitose. Da questo punto di vista, è risultata una scelta vincente il trapianto autunnale piuttosto che primaverile (quello indicato in tutti i protocolli di coltivazione) per limitare al massimo le fallanze dovute alla siccità. È vero che in questo modo si perde una stagione di raccolto, ma ciò è comunque preferibile al rischio di non poter neppure avviare la coltivazione. In crescita prezzi e domanda Ma occorre dare delle regole al mercato. Le opinioni dei trasformatori P er il Genepi in Piemonte il mercato cresce di anno in anno. Tanto da rendere ormai indispensabile il ricorso alla coltivazione. Le esperienze più rappresentative sono presenti nelle valli cuneesi (Val Maira, Valle Grana, Valle Varaita), da tempo però esistono produttori-trasformatori anche in provincia di Torino (Valle Chisone, Valli di Susa). Per conoscere di più questo comparto, abbiamo provato a effettuare un piccolo viaggio fra alcune delle imprese attive. Le aziende non sono numerose, ma tutte vantano una storia importante e fortemente radicata nel territorio. Dopo anni di attività, oggi i trasformatori sentono la necessità di qualificare ancor più il loro prodotto, rendendo trasparente l origine dell essenza impiegata. Questo aspetto è considerato un elemento fondamentale per la qualità finale: Figura 8 - Il logo de Paniere dei Prodotti tipici che comprende anche il Genepi per le lavorazioni, infatti, occorre poter contare su un prodotto d ottima qualità, la cui fornitura dovrebbe essere il più possibile costante. Qualità ed espansione dei consumi, tra l altro, stanno adando sempre di più a braccetto visto che la domanda di liquore è in lenta, ma continua crescita. È proprio per questo che i produttori mettono al primo posto lo sviluppo delle coltivazioni della pianta di Genepi garantendo di assorbire tutta la produzione, a prezzi remunerativi. D altra parte, non di poco conto è l impegno profuso dai trasformatori piemontesi verso azioni di promozione e valorizzazione del liquore. Il successo del Genepi sul mercato e la grande tradizione radicata nelle valli torinesi ha indotto la Provincia di Torino a includerlo nel proprio Paniere dei Prodotti tipici.

PAGINA VII La consapevolezza che occorre far fronte comune anche in questo comparto, ha poi portato alla costituzione dell Associazione Genepi Occitan con lo scopo principale di valorizzare e promuovere il liquore per raggiungere due traguardi: una adeguata remunerazione del lavoro svolto dai coltivatori, la garanzia del miglioramento qualitativo e della salvaguardia delle coltivazioni esistenti. L impegno comprende, tra l altro, la redazione del disciplinare di produzione ed una costante azione informativa riguardo ai produttori, oltre al forte impegno nella valorizzazione e promozione del liquore. L Associazione, nata nelle vallate alpine cuneesi ha, nel corso degli anni, esteso il suo interesse anche verso le valli del torinese trovando l adesione di alcune importanti distillerie. Sentendo il parere del Cavalier Giovanni Bordiga, titolare della Distilleria Pietro Bordiga con sede a Cuneo, nonché attuale presidente dell Associazione, emerge un quadro di riferimento piuttosto incoraggiante. Per il futuro dice infatti il Cavalier Bordiga - vi sono ottime prospettive di mercato per il liquore, sia sul territorio regionale che extraregionale. Sempre maggiore importanza si dovrà dare alle qualità della materia prima utilizzata. I consumatori sono sempre più attenti all origine del Genepi utilizzato ed esprimono preferenza verso il liquore ottenuto da ecotipi locali piuttosto che da quelli provenienti da altre zone come quelle della Francia e della Svizzera. Ma quali sono le aziende da cui è possibile trarre esempi utili? Ecco qualche nominativo di Ditte che insieme alla Distilleria Bordiga sono entrate a far parte del Paniere dei prodotti Tipici della Provincia di Torino: Albergian s.n.c.(pinerolo), Ghinivert (Riva di Pinerolo), Bernard &C. s.n.c. (Pomaretto), Distilleria Erboristica Alpina s.r.l. (Susa), Espirit Des Alpes di Gally Mirella (Sauze d Oulx). A Pomaretto, per esempio, troviamo Enrico Bernard che conferma anch egli le buone prospettive di mercato, ma sottolinea è indispensabile curare molto i rapporti commerciali creando occasioni adatte alle proprie condizioni produttive. Secondo questo trasformatore, la notevole richiesta di materia prima per la trasformazione ha avuto, come logica conseguenza, un continuo aumento del prezzo che, se da un lato ha indotto qualcuno ad intraprendere la coltivazione di Genepi, dall altro ha messo in difficoltà i trasformatori che sostengono di dover far fronte a prezzi troppo alti (si va dagli 80 euro ai 120 euro al chilo sul prodotto secco). L esplosione del mercato, inoltre, pone anche altri interrogativi. Visti i livelli di prezzo raggiunti dal Genepi è l opinione delle imprese - sarà presto necessario stabilire dei precisi parametri di qualità da considerare per fissare il livello del prezzo di mercato. Figura 9 - Genepi coltivato a San Sicario

PAGINA VIII Per le aree di alta montagna più reddito con il Genepi La coltura può davvero rappresentare una interessante integrazione dei bilanci aziendali U na bella possibilità di diversificare le produzioni per integrare con profitto i bilanci delle imprese che operano in zone montane. Il Genepi è anche questo: una risorsa in più per le aziende che vogliono avviare la coltivazione di piante officinali. Da questa situazione, ma anche per la presenza piuttosto diffusa e consistente del Genepi spontaneo su quasi tutto il territorio montano provinciale e per la forte richiesta di materia prima da parte dei distillatori, è nata l idea di valutare la possibilità di introdurre la coltivazione di questa specie. Il progetto condotto dalla Provincia di Torino, ha preso avvio nel corso del 2003 con l allestimento di tre campi prova in Valle di Susa, utilizzando piante provenienti da seme svizzero (clone RAC 12 e 16) e seme di ecotipi locali cuneesi (della Val Maira). L annata è stata caratterizzata da un andamento climatico fortemente anomalo per le temperature estive ben oltre la media stagionale e scarsissime precipitazioni; questo quadro ha condizionato fortemente la riuscita degli impianti soprattutto in due appezzamenti che, nonostante ripetuti interventi irrigui, hanno Figura 10 - Esempio di contenimento delle infestanti con pacciamatura mediante film plastici bicolori subito perdite importanti, tali da rendere non significativa la sperimentazione. Nel terzo ubicato nel comune di Condove a circa 1500 metri, i risultati produttivi sono stati buoni con una percentuale di attecchimento prossima al 95%. Il buon risultato è probabilmente da attribuire alla diversa tessitura e composizione del suolo, ricco di limo e argilla e povero di scheletro. Questo terreno sarebbe stato probabilmente meno adatto in annate piovose a causa dell eccessiva ritenzione idrica, che avrebbe favorito l insorgenza di malattie come la Rizoctonia e altre affini, ma è invece risultato ottimale nell anomala annata in questione. In questo sito sono stati sperimentati diversi metodi di contenimento delle erbe infestanti mediante pacciamatura con film plastici bicolori (bianchi nella parte superiore e neri in quella inferiore fig. 10), teli semitraspiranti, e con terreno nudo sul quale è stata ripetutamente effettuata la scerbatura (manuale). Tutte le tecniche hanno rivelato pregi e difetti che devono essere attentamente valutati anche in funzione della disponibilità di manodopera e della estensione della superficie coltivata, vediamoli: il terreno nudo ha fornito risultati produttivi in linea con la pacciamatura, ma la percentuale di attecchimento e le dimensioni raggiunte dalla rosetta basale sono state più elevate; la pacciamatura con film plastico ha dato buoni risultati di contenimento delle infestanti, ma ha provocato, viste le temperature elevate che si sono verificate nel 2003, un elevata quantità di ustioni che hanno compromesso in parte il corretto sviluppo della pianta; il telo semitraspirante ha fornito nel complesso risultati intermedi tra le precedenti modalità e quindi positivi, ma la difficoltà che pone nell esecuzione dei fori per la messa a dimora delle piantine, rende poco razionale il suo utilizzo.

PAGINA IX Nel 2004, invece, sono stati allestiti 8 campiprova situati in Valle di Susa (5) e in Val Chisone (3). Ma anche nel corso di questo secondo anno di prove si sono verificate condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli, soprattutto per le scarse precipitazioni e per la costante presenza di un forte vento in quota che ha compromesso l impianto di numerosi campi nonostante i ripetuti interventi irrigui. Tuttavia anche nel corso del 2004 si sono sperimentati gli stessi metodi di contenimento delle infestanti provando anche il cippato di legno di pioppo bianco e tremulo. I dati produttivi relativi a questi campi sono però stati influenzati negativamente dallo scarso attecchimento delle piante. Proprio per rimpiazzare le fallanze si è proceduto ad un impianto autunnale che ha dato ottimi risultati anche se è stato effettuato piuttosto tardivamente (nella metà del mese di ottobre 2004). Dalle esperienze di questi tre anni di prove si possono trarre indicazioni provvisorie sulle modalità e tempi per la realizzazione dei campi di Genepi senza l impiego dei prodotti chimici di sintesi: un attenzione dovuta in un ambiente così fragile e prezioso quale quello d alta montagna. Tutti i risultati, ovviamente, sono da riconfermare con ulteriori prove future. Dove coltivare La scelta del luogo di coltivazione deve essere fatta tenendo conto di alcuni fattori legati sia alle esigenze pedoclimatiche della coltura, sia alle necessità logistiche e organizzative. L ubicazione dell appezzamento deve essere tale da consentirne un agevole raggiungimento con i mezzi meccanici utilizzati per le lavorazioni. L esposizione da prediligere è senza dubbio quella rivolta a sud, per garantire un buon soleggiamento indispensabile per soddisfare le esigenze termiche, molto elevate, della coltura. L altezza ottimale è superiore ai 1500 metri, ma buoni risultati in termini qualitativi si hanno dai 1900 metri in su. La tessitura del terreno deve essere molto ricca di scheletro, per permettere un facile e veloce scolo delle acque meteoriche per evitare l insorgenza di numerose malattie fungine a carico della parte sotto terra della pianta (Rhizoctonia, Fusarium, Phityum). Fertilità del terreno Dal punto di vista nutrizionale, le esigenze della coltura in esame sono assai ridotte. Sono quindi poco consigliabili le concimazioni che favoriscono un maggiore rigoglio vegetativo, e una conseguente diminuzione della concentrazione del principio aromatico nonché una maggiore incidenza delle malattie. Inoltre, la fertilità del suolo favorisce molto più le infestanti che il Genepi, con conseguenze facilmente prevedibili. Tuttavia, alcune sperimentazioni avevano dimostrato che risultati ottimali si possono ottenere con concimazioni minerali comprendenti azoto, fosforo e potassio (N,P,K) con apporto rispettivamente di 120, 60 e 120 chilogrammi ad ettaro; con queste concentrazioni, si è osservato un buon equilibrio vegeto-produttivo che ha permesso una migliore produzione specifica di olio essenziale e di principi amari (dati del progetto Interreg II illustrato in questo Dossier). Figura 11 - Esempio di sito idoneo alla coltivazione del Genepi: ottima esposizione e tessitura grossolana del suolo (si noti il cono di deiezione) Preparazione del terreno Visto che in molti casi la coltivazione viene effettuata in terreni marginali di montagna, ricchi di scheletro e, talvolta, molto pie-

PAGINA X Figura 12 - Lavorazione del terreno post aratura Figura 13 - Pacciamatura con film plastico bicolore; limita l eccessivo riscaldamento della pianta trosi, si rende necessario la spietratura e/o il livellamento del terreno. L aratura, quando è effettuata, deve essere leggera (20 25 cm), anche in relazione al fatto che i terreni di montagna, in molti casi, sono superficiali. L aratura può essere accoppiata ad una erpicatura leggera o ad una fresatura; quest ultima potrebbe favorire la diffusione di malerbe attraverso la frantumazione della cotica erbosa eventualmente presente sul terreno prima della aratura. Si rende quindi necessaria una opportuna pulizia prima del posizionamento dei teli pacciamanti o del cippato. Gestione delle infestanti Altro problema di ordine agronomico è la gestione delle infestanti che in alcuni casi si possono presentare in modo invadente. Il contenimento viene effettuato con discreto successo attraverso la pacciamatura con film plastico. Da prove sperimentali sono stati evidenziati alcuni problemi di ordine tecnico provocati dall utilizzo di film neri. Questo tipo di materiali, infatti, ha causato un aumento notevole delle fallanze a causa della elevata temperatura che viene raggiunta al di sotto della copertura pacciamante; l escursione termica tra giorno e notte è risultata troppo elevata e tale da causare shock termici alla coltura. Da sperimentazioni successive, sono emerse alcune alternative all utilizzo del Pvc nero, la più promettente è senza dubbio quella che prevede l utilizzo di film plastici bianchi nella parte superiore, neri in quella inferiore; tale tipologia consente una maggiore riflessione della radiazione solare, (nella parte superiore) e un buon contenimento delle infestanti grazie al colore nero della parte inferiore che inibisce la fotosintesi. L impiego di diserbanti chimici è tecnicamente possibile, ma in linea di massima sconsigliabile visto che, nella maggior parte dei casi si opera in zone dove esistono ecosistemi complessi e molto delicati, nei quali l introduzione di composti di sintesi, può provocare squilibri anche gravi sulla flora ed entomofauna locale. Del resto, è doveroso ricordarlo, non esistono in commercio prodotti diserbanti registrati, e quindi utilizzabili, per il Genepi. Impianto L impianto deve essere eseguito mettendo a dimora piante ottenute da seme germinato in semenzaio e successivamente ripichettato o seminato direttamente in alveolo (la semina viene effettuata nel mese di febbraio o in alternativa a giugno se il trapianto è autunnale), con una densità compresa tra le 12 e le 15 piante a mq. La scelta del seme deve essere effettuata con attenzione poiché da tale aspetto dipende la buona risposta germinativa; pare essere indispensabile effettuare la raccolta del

PAGINA XI Figura 14 - Semi puliti e vagliati pronti per la semina meccanica in alveolo Figura 15 - Seminatrice pneumatica di precisione utilizzata per la semina in alveolo Figura 16 - Giovani piantine pronte per la messa a dimora seme non troppo avanti nella stagione, ed effettuata in condizioni di bassa umidità idonee a garantirne la corretta conservabilità evitando il facile insorgere di patologie fungine. Se il seme non è raccolto al momento di piena maturità (tale momento non coincide con il tempo balsamico, ideale per la raccolta delle parti da destinare alla fabbricazione del liquore), se la conservazione non è correttamente condotta, il livello di germinabilità crolla drasticamente. È inoltre importante vagliare bene i semi, liberandoli dai residui fiorali e dalle altre impurità. Non sembra invece influire sul livello di germinabilità l effettuazione di un periodo di vernalizzazione del seme, che dovrebbe simulare il periodo di freddo normalmente subito in natura. Se l impianto è eseguito in primavera, si effettuerà compatibilmente con le condizioni climatiche e lo stato del suolo (non esistono indicazioni precise perché l epoca di trapianto varia molto in base all altitudine e alla eventuale presenza di copertura nevosa residua). Può presentarsi una elevata mortalità nel primo anno d impianto (15 20%). La coltura ha un ciclo produttivo di 3 anni, con la piena produzione concentrata nel 2 anno; necessita, inoltre, di una rotazione almeno triennale. Altro problema durante la coltivazione è rappresentato dalla presenza degli ungulati (cinghiali, caprioli) che a volte devastano interi raccolti; gli appezzamenti coltivati necessitano quindi di recinzioni robuste e molto costose che incidono notevolmente sui costi di gestione. Alla selvaggina si devono poi sommare anche i possibili furti di piante Aspetti fitosanitari L aspetto sanitario è un elemento molto importante e delicato per la buona riuscita della coltivazione. Il Genepi, come già accennato, presenta una elevata suscettibilità alle malattie crittogamiche soprattutto ruggini e marciumi del colletto. Le ruggini vengono efficacemente controllate con l utilizzo di prodotti di copertura utilizzati nei disciplinari di produzione biologica, mentre il marciume del colletto, è facilmente controllabile evitando ristagni idrici e utilizzando, anche in questo caso, prodotti a base di rame.

PAGINA XII Ecco i risultati di tre anni di prove La sperimentazione è stata svolta a Condove. Migliori le piante locali I l prova di Condove è ad oggi l unico di quelli allestiti che ha portato a compimento il ciclo colturale di tre anni. I dati produttivi sono perciò riferiti a due annate di produzione e quindi forniscono indicazioni significative sulla produttività dell impianto. I dati di seguito riportati sono riferiti alle annate 2004-2005. Tabella 1 - Risultati produttivi 2004 e resa media a metro quadro relative al di Condove RAC 16 RAC 12 Ecotipo Cuneese Data di raccolta 16/06/2004 23/06/2004 16/06/2004 Produzione fiore fresco per metro quadro 431 gr 673 gr 750 gr Produzione fiore secco per metro quadro 90,5 gr 148 gr 167 gr Resa all essicazione 21% 22% 22% Numero piante malate / / / Fallanze 1,5% 0,5% 0,5% Tabella 2 - Dati produttivi 2004 su diverse tipologie di gestione del suolo RAC 16 Produzione fiore secco per metro quadro RAC 12 Produzione fiore secco per metro quadro Locale cuneese Produzione fiore secco per metro quadro Film plastico Terreno nudo 94,6 gr 201,6 gr 110,7 gr 79,3 gr 156,6 gr 173,3 gr Tabella 3 - Risultati produttivi 2005 e resa media a metro quadro relative al di Condove RAC 16 RAC 12 Ecotipo Cuneese Data di raccolta 11/06/2005 11/06/2005 11/06/2005 Produzione fiore fresco per metro quadro 350 gr 431,2 gr 575 gr Produzione fiore secco per metro quadro 98 gr 99,1 gr 132,2 gr Resa all essicazione 28% 23% 23% Numero piante malate / / / Fallanze 23% 37% 33%

PAGINA XIII Le due annate in questione hanno presentato tratti climatici piuttosto simili, soprattutto sono accomunate da una scarsa entità precipitativa che tuttavia non ha influenzato in modo significativo, il normale sviluppo vegetativo e produttivo delle piante di genepi. I dati sopra riportati permettono di trarre alcune importanti valutazioni riguardo l attitudine produttiva dei diversi cloni ed ecotipi nelle diverse condizioni colturali e nelle due annate. In primo luogo è possibile notare come il clone/ecotipo più produttivo per unità di superficie risulta essere stato il Locale Cuneese con 750 grammi di prodotto fresco a metro quadro con una resa all essicazione (effettuata senza forzature e su graticci) intorno al 22% fornendo 167 gr/mq. A questo ecotipo seguono in ordine decrescente il clone RAC 12 e il RAC 16 rispettivamente con 673 e 431 grammi al metro quadro. Anche per questi due cloni la resa si è attestata sul 21-22%; ciò che merita d essere rilevato è però la sensibile differenza quantitativa registrata tra il clone 16 e 12, differenza che si attesta intorno ai 242 gr /mq. Nel secondo anno di raccolta si è verificato un calo fisiologico della resa produttiva che si è attestata mediamente intorno al 25,9% anche se si sono riscontrate significative differenze tra i cloni. I due cloni svizzeri RAC 12 e RAC 16, hanno presentato una diminuzione di resa molto variabile che va dai 18,7% del clone 16 al 35,9% del clone 12. Per l ecotipo cuneese la diminuzione di resa si è attestata al 23,3%; i valori produttivi di erba fresca ed essiccata sono riportati in tabella 2. Per la raccolta 2004 si sono valutati anche i diversi livelli produttivi e le eventuali differenze in termini di fallanze, tenendo conto delle diverse modalità di gestione delle infestanti. Le due tesi messe a confronto sono state la pacciamatura con film plastico bicolore e il terreno nudo con scerbatura. Naturalmente i rilievi sono stati effettuati per tutti gli ecotipi/cloni coltivati; i dati hanno evidenziato una maggiore produttività per le parcelle non pacciamate (53% per il RAC 16 e 9,6% per l ecotipo Locale), eccezione fatta per il clone RAC12 che ha mostrato una diminuzione di resa del 28,3%. Figura 17 - Genepi prossimo alla raccolta nella tesi non pacciamata Figura 18 - Genepi prossimo alla raccolta nella tesi pacciamata con film plastico bicolore Come prevedibile, la resa media in infiorescenze al terzo anni di impianto ha subito una fisiologica diminuzione risultata più sensibile per il clone RAC 12 (35%), mentre per il clone RAC 16 e l ecotipo cuneese le rese hanno subito una flessione rispettivamente del 18,7% e del 23,3%, dati che sono pressoché allineati a quelli riportati in bibliografia.

PAGINA XIV Dai dati emersi dalla sperimentazione è possibile trarre alcune considerazioni relative ai diversi cloni/ecotipi ed alle tecniche di gestione dell impianto di genepi: Dal punto di vista produttivo, tra quelli provati, il clone/ecotipo più promettente è stato quello locale cuneese proveniente dalla Valle Grana. Tale ecotipo ha mostrato un buon attecchimento al trapianto, un ottima risposta produttiva accompagnata da una notevole carica aromatica facilmente percepibile riconducibile alla classica composizione del genepi alpino spontaneo. La produzione di infiorescenze è stata pressoché identica sia con la pacciamatura con film plastico bicolore, che con il terreno nudo. Il clone svizzero RAC 12 ha fornito, nel corso delle due annate, risultati intermedi tra i tre ecotipi sperimentati. Anche in questo caso l attecchimento al trapianto è stato buono (0,5% di fallanze). Il clone RAC 12 ha mostrato una maggiore produttività nella tesi pacciamata con film plastico bicolore. Il livello qualitativo si è dimostrato decisamente più scadente del precedente, ma intermedio tra i tre ecotipi oggetto di studio. Il clone svizzero RAC 16 è risultato l ecotipo più scadente sia per livelli produttivi che qualitativi. Le prove relative alla pacciamatura hanno evidenziato un aumento di resa considerevole per la tesi con pacciamatura con film plastico. Le fallanze all impianto sono risultate le più elevate dei tre ecotipi in prova attestandosi sull 1,5%. Che cosa rimane ancora da fare Rimangono da risolvere problemi legati ad aspetti agronomici, genetici e qualitativi L introduzione della coltivazione del Genepi, non solo in provincia di Torino ma in tutte le valli alpine occidentali, presenta ancora molte problematiche legate ad aspetti agronomici, genetici e qualitativi dell erba. Per trovare delle risposte a queste criticità, è in corso di predisposizione un progetto di livello regionale, fortemente voluto dai trasformatori e dai produttori, che ha come obiettivi la caratterizzazione genetica dei vari genepi coltivati e l individuazione di tecniche appropriate per la produzione del seme e per la possibile soluzione dei problemi fitosanitari legati alla coltivazione. Alle sperimentazioni riguardanti gli aspetti agronomici, genetici e fitosanitari, dovranno poi aggiungersi quelle relative alla caratterizzazione del liquore che, naturalmente, dipende fortemente dal tipo e dalla provenienza dell erba e dalle diverse tecnologie d ottenimento utilizzate dai trasformatori. Le nuove conoscenze riguardo alle tecniche di coltivazione ottenute grazie alle presenti e future sperimentazioni, verranno divulgate dalle pagine di. Figura 19 - La pianta di Genepi essiccata e pronta per l uso

PAGINA XV Glossario Per facilitare e rendere più chiara la lettura di questo Dossier Genepi, è stato preparato un breve glossario dei termini botanici usai nel testo. Composite o Asteracee. È una delle più popolose famiglie di vegetali le cui piante sono accomunate da fiori a capolino riuniti in infiorescenze. Monoica. Si dice monoica una pianta con i sessi separati ma posti sullo stesso individuo. Capolino. È una infiorescenza concentrata su un ricettacolo (cioè un supporto), con fiori quasi privi di peduncolo e disposti in maniera tale da sembrare uno solo. Foglie sessili. Sono foglie totalmente prive di picciolo. Lacinie. Si tratta di incisioni più o meno profonde sulle foglie oppure sui petali dei fiori. Corimbo. È una infiorescenza composta che può prendere la forma di un grappolo; i fiori hanno peduncoli che partono da varie altezze dall asse e arrivano tutti allo stesso livello. Fiori ermafroditi. Sono fiori in cui i due essi della pianta coesistono. Terreni di neogenesi. Si dice di terreni che si sono formati in epoche recenti. Poliploidia. Indica la quantità di cromosomi presenti nel corredo genetico della pianta. Polimorfismo intraspecifico. È la variazione della forma della pianta a seguito di un adattamento a diverse condizioni di vita. Sostanze terpeniche. Si tratta di composti chimici presenti in molte piante, localizzati nei fiori, foglie, frutti e che costituicono la base di molti profumi naturali. (Per le definizioni è stato utilizzato il Dizionario botanico di Alfio Musmarra, Edagricole, Bologna).

PAGINA XVI CURATORI: Luca Cavallo, Annalisa Turchi, Thomas Levo (Servizio Agricoltura Provincia di Torino) Le foto sono in parte dei tecnici del Servizio Agricoltura, altre sono state gentilmente fornite da S. Bernard. Progetto grafico e impaginazione: Ilenia Padalino, Visual Grafika To informazioni informazioni SERVIZIO AGRICOLTURA Dirigente Servizio: Antonio Parrini Via Bertola, 34 10122 Torino +39 011 86.15.161 Fax +39 011 86.15.494 lun e gio 9.00-12.00 / 14.00-16.00