Il contratto collettivo tra funzione regolativa e opzioni volontaristiche del datore di lavoro. 26 giugno 2018

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Il contratto collettivo tra funzione regolativa e opzioni volontaristiche del datore di lavoro 26 giugno 2018

Il sistema italiano di relazioni collettive (settore privato) Informale (o anomico, come risultato della inattuazione dell art. 39 Cost.) Volontaristico (i sindacati si muovono nell ambito del diritto privato autonomia privata collettiva) Materiale: i principi del sistema sindacale non sono scritti, ma assumono forma nella costante pratica del diritto vivente, forgiato nel tempo dalle decisioni della giurisprudenza e dalle azioni delle stesse organizzazioni collettive

I principi del sistema italiano di relazioni collettive (settore privato) Mutuo riconoscimento sulla base dell effettiva rappresentatività Uguaglianza delle parti che sottoscrivono il contratto collettivo Prevalenza della dimensione collettiva sull individuale, una volta che il singolo abbia consentito (con l iscrizione al sindacato o con l applicazione del contratto, esplicitamente o implicitamente) di diventare parte del sistema

La coppia individuale e collettivo il diritto sindacale scenario del progressivo affrancamento del secondo dal primo La giurisprudenza ha svolto un ruolo fondamentale nella ricostruzione del contratto collettivo come espressione di un potere autonomo del sindacato e quindi come fonte eteronoma che concorre, appunto dall esterno, con il contratto individuale nella disciplina dei rapporti di lavoro, talchè il contenuto del primo non si incorpora nel secondo (Tosi). Con la conseguenza che il contratto collettivo successivo può modificare anche peggiorativamente quello precedente senza incontrare ostacolo in situazioni soggettive individuali, salvo i diritti quesiti.

Imperfezione dell affrancamento Tale affrancamento (del collettivo dall individuale) non è tuttavia perfetto. La funzione normativa del contratto collettivo è debolmente supportata a livello sistematico. Si pensi alle resistenze e alle questioni sorte attorno all applicazione giurisprudenziale dell art. 2077 c.c. e al meccanismo della sostituzione automatica della clausola del contratto individuale difforme con la clausola collettiva (pur se restano questioni, sul piano applicativo, del tutto marginali).

Il contratto collettivo tra diritto civile e libertà sindacale Nel nostro sistema la funzione normativa è destinata ad entrare in tensione con le opzioni volontaristiche dei soggetti protagonisti delle relazioni collettive. Le tensioni diventano evidenti quando i soggetti protagonisti utilizzano istituti del diritto privato (mandato; revoca del mandato; recesso; scelta/modifica del contratto collettivo applicabile) che risultano vieppiù giustificati/rafforzati dai contenuti individuali(stici) della libertà sindacale.

Il tema: le modifiche del regime retributivo in corso di rapporto A) in base ad opzioni o comportamenti del datore di lavoro B) come conseguenza delle dinamiche della contrattazione collettiva (ad es. successione di contratti collettivi nel tempo)

Il datore di lavoro come soggetto del sistema può scegliere il contratto collettivo nazionale (salvo il rispetto dei minimi tariffari) può modificare il contratto collettivo nazionale applicato (salvo rispetto dei minimi tariffari e, se iscritto, problemi interni con l associazione di appartenenza) può recedere dal contratto collettivo aziendale stipulato può stipulare un contratto collettivo aziendale peggiorativo del precedente e peggiorativo del CCNL

La scelta del contratto collettivo nazionale Il tenore dell art. 2070 cod. civ.: 1. L appartenenza alla categoria professionale, ai fini del contratto collettivo, si determina secondo l attività effettivamente esercitata dall imprenditore 2. Se l imprenditore esercita distinte attività aventi carattere autonomo, si applicano ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei contratti collettivi corrispondenti alle singole attività 3.Si applica il contratto corrispondente all attività principale qualora le altre siano accessorie o complementari

Cass. n. 2665/1997 Certamente dai vigenti principi di libertà contrattuale e di associazioni sindacale può derivare l eventualità che al rapporto individuale di lavoro si applichi un contratto del tutto innaturale rispetto alle oggettive caratteristiche dell impresa. Ma a quest obiezione suole replicarsi validamente che tale eventualità non comporta la lesione di diritti fondamentali del lavoratore perchè l applicazione del contratto collettivo voluto dalle parti non priva completamente di rilievo il contratto di categoria (non voluto e perciò di per sè inapplicabile), quante volte il primo preveda una retribuzione non proporzionata alla quantità e qualità della prestazione lavorativa e perciò in contrasto con l art. 36 Cost. Questa norma permette al giudice di adeguare la retribuzione ai detti parametri, facendo per l appunto riferimento a quella prevista nel contratto di categoria.

Segue: Cass. n. 2665/1997 Il primo comma dell art. 2070 cod. civ. non opera nei riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune, che ha efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e a coloro che al contratto abbiano prestato adesione. Pertanto, nell ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell attività svolta dall imprenditore, il lavoratore non può aspirare all applicazione di un contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo eventualmente fare riferimento a tale disciplina per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost. (conf. Cass. n. 26742/2014).

Potere giudiziale di sostituzione della clausola prevedente la retribuzione 1. L adeguamento della retribuzione può comportare l applicazione di clausole del contratto collettivo non riguardanti la retribuzione in senso stretto ma indirettamente necessarie al detto adeguamento 2. Il riferimento al contratto collettivo di categoria non si risolve in una meccanica trasposizione delle sue clausole alla disciplina del rapporto di lavoro, ma ha solo un valore orientativo e non serve comunque a realizzare un assoluta parità di trattamento fra lavoratori che svolgono la stessa attività economica 3. L adeguamento comporta un apprezzamento riservato al giudice del merito

Interferenze sulla scelta datoriale: il minimo al tempo dei contratti pirata 1. Problema della proliferazione dei contratti collettivi che insistono sulla medesima categoria, così che l art. 2070 cod. civ. non è più in grado di svolgere per essi (ex art. 36 Cost.) la funzione di determinazione del contratto collettivo giusto o secondo categoria appropriata 2. Adozione del criterio del sindacato comparativamente più rappresentativo per l individuazione del minimo su cui calcolare i contributi previdenziali (legge n. 549/1995 e Interpello n. 27/2015; cfr. altresì art. 7, comma 4, d.l. 248/07, convertito con legge 31/08)

Questioni ulteriori connesse con la scelta del contratto collettivo applicabile 1. La scelta del contratto collettivo incontra limiti negli appalti: nelle gare d appalto di servizi l imprenditore non può scegliere discrezionalmente il contratto collettivo da applicare ai dipendenti, perchè tale scelta può squilibrare l offerta economica (Cons. Stato, sent. 17 febbraio 2018, n. 276, relativa al servizio di facchinaggio della Regione Sardegna). In tale caso deve essere rispettata la coerenza del contratto nazionale di categoria con l oggetto dell appalto posto in gara. 2. Nel trasferimento d azienda la persistenza del minimo tariffario applicato dal cedente non è garantita, tenuto conto dell avvicendamento automatico delle discipline contrattuali previsto dal legislatore (art. 2112 cod. civ.)

La modifica del contratto collettivo nazionale applicato in corso di rapporto Così come può scegliere, in base ai principi già esposti il datore di lavoro può modificare in corso di rapporto il contratto collettivo nazionale applicato ovvero applicare un contratto collettivo nazionale diverso, nel rispetto di alcuni limiti. E importante distinguere: 1) Se il datore di lavoro è iscritto (o non) all associazione stipulante 2) Se il contratto collettivo è a tempo determinato o indeterminato

Il recesso dal contratto collettivo a tempo indeterminato «Il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti perché finisce in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina deve parametrarsi su una realtà in continua evoluzione, sicchè a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio» (Cass. n. 19351/2007; n. 24268/2013; n. 24533/2013; n. 18548/2009).

Il recesso dal contratto collettivo a tempo indeterminato 1. E quindi generalmente ammesso sulla base della teoria della necessaria temporaneità del vincolo contrattuale (rafforzata da argomenti concorrenti, quali la libertà delle parti contraenti, etc.) 2. E acausale e libero, salvo preavviso. Il preavviso in realtà può essere opportuno per rendere distinguibile la reazione alla proiezione indefinita nel tempo del vincolo contrattuale dall inadempimento tout court degli obblighi derivanti dalla clausola di ultrattività 3. Non è necessaria la previsione della facoltà di recedere 4. Non è soggetto a vincolo di forma (Cass. 2006/2018)

Il recesso dal contratto collettivo a tempo determinato 1) Non è libero e acausale («quando siano intervenute modificazioni sostanziali della situazione di fatto sottesa al precedente contratto») 2) Richiede il rispetto della scadenza 3) Art. 2112 cod. civ. prevede la possibilità di sostituzione tra contratti collettivi di pari livello, prima della scadenza, se si è verificato un trasferimento d azienda

(Segue): Il recesso dal contratto collettivo «Nel contratto collettivo la possibilità di disdetta/recesso spetta unicamente alle parti stipulanti, ossia alle associazioni sindacali e datoriali che di norma provvedono anche a disciplinare le conseguenze della disdetta; al singolo datore di lavoro, pertanto, non è consentito recedere unilateralmente dal contratto collettivo» neanche dando un congruo preavviso, a meno che non si tratti di contratti aziendali in cui è parte contraente. «Solo al momento della scadenza contrattuale sarà possibile recedere dal contratto ed applicarne uno diverso» (Cass. n. 24575/2013).

Limiti/condizioni dell esercizio della facoltà di recesso 1. rispetto della scadenza (se il contratto collettivo è a tempo determinato) 2. valutazione delle clausole di rinvio del contratto individuale al contratto collettivo 3. rispetto dei diritti diritti quesiti 4. valutazione degli eventuali profili di inadempimento degli obblighi connessi alla posizione di associato ad un organizzazione sindacale 5. irriducibilità della retribuzione (?)

Ma esiste il principio di irriducibilità della retribuzione? 1) Per i minimi tariffari, si applica pur sempre l art. 2070 cod. civ. attraverso l art. 36 Cost., a prescindere da considerazioni relative all avvicendamento contrattuale 2) Per gli altri emolumenti, tale principio non esiste 3) Il livello complessivo della retribuzione non è un diritto quesito 4) Valga la regolamentazione del mutamento di disciplina contrattuale collettiva nel trasferimento d azienda: l indicazione del legislatore è nel senso della libera sostituibilità di un contratto collettivo al precedente, anche se peggiorativo, con il solo limite dell art. 2070 cod. civ. filtrato attraverso l art. 36 Cost.

Successione nel tempo di CCNL Il contratto collettivo può disporre retroattivamente anche in malam partem, cioè a danno del lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti ovvero di quei diritti che sono già entrati a far parte del patrimonio individuale del lavoratore per effetto della precedente disciplina collettiva. Intangibile non è la preesistente disciplina ma solo i diritti maturati dal lavoratore per effetto di una prestazione lavorativa già realizzata. Il lavoratore non ha pretesa alcuna alla stabilità nel tempo di tale disciplina (anche se a lui più favorevole) e non può invocare aspettative legittimamente sorte in ragione del contratto collettivo sostituito. Una mera aspettativa non integra un diritto quesito.

I diritti quesiti «Nella successione dei contratti collettivi, seppure di diverso livello, è consentita una modifica in peius del trattamento economico dei lavoratori, sempre che non si incida su disposizioni di legge inderogabili o su istituti regolati sulla base di contratti individuali di lavoro. Sono in ogni caso fatti salvi quei diritti, già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa e, nell'ambito di un rapporto (o di una sua fase) già esauritasi, non potendo di contro ricevere tutela, in mancanza di alcun sostegno normativo, mere pretese alla stabilità (o alla protrazione nel tempo) di benefici economici e di aspettative derivanti da precedenti favorevoli regolamentazioni» (Cass. 18.09.2007, n. 19351)

La stipulazione di un contratto collettivo aziendale peggiorativo 1) Orientamento giurisprudenziale pacifico nel senso della legittimità e validità del contratto aziendale peggiorativo 2) Disciplina sindacale che, seppur solo di recente (a partire dal 2009) riconosce la facoltà di «deroga» al contratto aziendale 3) Art. 8, Legge n. 148/2011

La giurisprudenza Il rapporto tra il contratto collettivo nazionale e quello aziendale, regolato non in base a principi di gerarchia e di specialità propri delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, si caratterizza in ragione di una reciproca autonomia delle due discipline. Ne consegue che seppure il trattamento economico e normativo dei singoli lavoratori è nella sua globalità costituito dall insieme delle pattuizioni dei due diversi livelli contrattuali, la disciplina nazionale e quella aziendale, egualmente espressione dell autonomia privata, si differenziano tra loro per la loro distinta natura e fonte negoziale, con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a proprie regole in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale (Cass. n. 19351/2007).