LIBRO DEGLI ABSTRACTS



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INDICE MEDICI Best abstracts... 5 Comunicazioni orali... 9 Poster... 15 Dati per letti... 69 Relazioni... 89 INFERMIERI Comunicazioni orali... 109 Poster... 117 Dati per letti... 127 Relazioni... 129 Indice degli autori... 135

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 MEDICI - Best abstracts B001 MORTALITÀ TARDIVA E CAUSE DI MORTE IN 13.920 LUNGO-SOPRAVVIVENTI DA TUMORE PEDIATRICO. L ESPERIENZA DEL REGISTRO ITALIANO FUORI TERAPIA DELL AIEOP F. Bagnasco, M. Jankovic, M.G. Valsecchi, M. Terenziani, S. Caruso, V. Morsellino, S. Pessano, D. Fraschini, L. Miligi, C. Casella, E. Rossi, C. Sacerdote, A. Andreano, C. Baronci, E. Biasin, R. Burnelli, C. Cano, R. Mura, G. Palumbo, R. Parasole, M. Pillon, E. Pota, G. Russo, N. Santoro, A. Trizzino, F. Verzegnassi, A. Pession, R. Rondelli, A. Biondi, R. Haupt, per il gruppo di lavoro AIEOP ROT Istituto Gaslini, Genova; Clinica Pediatrica Università di Milano Bicocca, Monza (MB); Istituto Nazionale dei Tumori, Milano; Istituto per la Prevenzione Oncologica, Firenze; Registro Tumori Regione Liguria, Genova; Registro Tumori Regione Piemonte, Torino; Ospedale Bambin Gesù, Roma; Emato-Oncologia Pediatrica Ospedale Regina Margherita, Torino; Ospedale Uuniversitario S. Anna, Ferrara; AO Modena, Policlinico, Modena; Ospedale Microcitemico, Cagliari; Dipartimento di Ematologia Università La Sapienza, Roma; Ospedale Pausillipon, Napoli; Clinica Pediatrica Università di Padova, Padova; Clinica Pediatrica Università di Napoli II Ateneo, Napoli; Clinica Pediatrica Università di Catania, Catania; AOU Policlinico Bari; Clinica Pediatrica Università di Palermo, Palermo; Istituto Burlo Garofolo, Trieste, Clinica Pediatrica Università di Bologna, Bologna, Italy ll registro italiano fuori terapia (ROT) fu istituito nel 1980 includendo i casi prevalenti e prospetticamente quelli incidenti di bambini con tumore maligno che hanno raggiunto la fine elettiva delle cure. Nel periodo 2012-2014 fu aggiornato lo stato in vita anagrafico dei soggetti inclusi nella coorte e si è ottenuto il certificato di morte dei soggetti deceduti. Per un confronto con altri studi internazionali, l analisi è stata ristretta ai soggetti sopravvissuti almeno 5 anni dopo la diagnosi. Per limitare il bias legato all inclusione nello studio dei casi prevalenti al momento dell avvio del registro, l analisi della sopravvivenza fu fatta secondo Kaplan- Meier con troncatura a sinistra. Per l analisi della mortalità causa specifica, le cause di morte diverse da quella in studio sono state considerate come rischi competitivi. Dei 15.552 casi registrati, 1.624 avevano un follow-up <5 anni, lasciando valutabili 13.920 lungosopravviventi (rapporto M:F=1.24). L età mediana alla diagnosi era di 5.2 anni (IQR 2.7-9.7). La distribuzione dei tipi tumorali era simile a quelle riportate in altre casistiche eccetto che per una minor frequenza di tumori del SNC (n=1.215; 8,7%). L epoca di diagnosi era <1980 per il 14.0% della popolazione, 1980-89 per il 27,0%, 1990-99 per il 46,7%, e 2000-09 per il 12,3%. La lunghezza del follow-up variava tra 5,0 e 52,9 anni, mediana 19,6 anni. Al follow-up, 1.162 (8,4%) soggetti erano deceduti per una probabilità cumulativa di sopravvivenza (95% CL) a 20, 30 e 40 anni rispettivamente del 92,3% (91,8-92,8); 89,3% (88,6-90,0); e 84,6% (83,0-86,1). Si è osservata una riduzione significativa del rischio cumulativo di morte per le ere di trattamento più recenti e per le femmine. A 35 anni dalla diagnosi la mortalità causa specifica era dovuta nel 5,7% dei casi al tumore primitivo, (n=672); nel 3,4% a un secondo tumore (n=223), nel 2,5% ad altre cause (n=132), e nel 0,6% a cause esterne o violente (n=44). La causa di morte era sconosciuta per 91 soggetti. Si conferma un trend di diminuzione nella mortalità tardiva per i soggetti trattati in epoche recenti. Dopo 30-35 anni dalla diagnosi la mortalità è dovuta più ad altre cause che al tumore primitivo. 5

Best abstracts B002 Tabella 1. Tabella 2. LA SINDROME DI PEARSON: STUDIO RETROSPETTIVO MULTICENTRICO DEL GDL INSUFFICIENZE MIDOLLARI P. Farruggia 1, A. Di Cataldo 2, R.M. Pinto 3, E. Palmisani 4, A. Macaluso 1, L. Lo Valvo 2, M.E. Cantarini 5, A. Tornesello 6, P. Corti 7, F. Fioredda 4, S. Varotto 8, B. Martire 9, I. Moroni 10, G. Puccio 11, G. Russo 2, C. Dufour 4, M. Pillon 8 1 Unità di Onco-Ematologia Pediatrica, A.R.N.A.S. Ospedale Civico, Di Cristina e Benfratelli, Palermo; 2 Unità di Onco-Ematologia Pediatrica, Policlinico, Università di Catania, Catania; 3 Onco-Ematologia Pediatrica, Ospedale Bambino Gesù, Roma; 4 Unità di Ematologia Clinica e sperimentale, Ospedale Pediatrico G. Gaslini, Genova; 5 Dipartimento di Oncoematologia Pediatrica, Lalla Seragnoli Clinica Pediatrica Policlinico Sant Orsola Malpighi, Bologna; 6 Onco- Ematologia Pediatrica, Ospedale Vito Fazzi, Lecce; 7 Fondazione MBBM, Clinica Pediatrica, Università di Milano Bicocca, AO San Gerardo, Monza (MB); 8 Dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Università di Padova, Padova; 9 Dipartimento di Scienze e Chirurgia Pediatriche, UO Onco-Ematologia Pediatrica, Ospedale Policlinico Giovanni XXIII, Bari; 10 Dipartimento di Neurologia Pediatrica, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, Milano; 11 Dipartimento di Scienza per la Promozione della Salute della madre e del bambino, Università di Palermo, Italy La sindrome di Pearson (PS) è un disordine causato da mutazione del DNA mitocondriale e tipicamente si presenta con: anemia ipoplastica, vacuolizzazione dei precursori midollari, acidosi lattica, disfunzione del pancreas esocrino, alterazioni neurologiche, lesioni cutanee e acidosi tubulare. In uno studio multicentrico retrospettivo AIEOP (diagnosi effettuate fra il 1993 e il 2014) sono stati analizzati 11 pazienti le cui caratteristiche principali sono riassunte nelle Tabelle 1 e 2. La diagnosi è stata fatta ad una età mediana di 299 giorni. All esordio: 5/11 presentavano pancitopenia, 5/11 citopenia bilineare e 1/11 anemia isolata; la mediana dell Hb all esordio era 5.7 gr/dl. HbF ed EPO erano aumentate nei 5 pazienti in cui sono state dosate. Il BM presentava: in 6/11 vacuoli+ipocellularità; in 2/11 solo vacuoli; in 2/11 solo ipocellularità, in 1/11 diseritropoiesi isolata. Deficit del pancreas esocrino e sintomi neurologici sono stati riscontrati rispettivamente in 3/11 e 8/11; 3 pazienti degli 8 con deficit neurologico sono poi evoluti in Sindrome di Kearns Sayre (oftalmoplegia, atassia, retinopatia, cardiopatia e sordità). In 4 dei 10 pazienti valutati cardiologicamente è stata verificata una cardiomiopatia ipertrofica. Il lattato sierico era elevato in 10/11 e l alanina plasmatica in 9 su 10 pazienti valutati. Gli acidi organici urinari sono stati dosati in 9 pazienti: in 7/9 riscontro di elevata escrezione di acido lattico+acido fumarico e in 4/9 di acido malico. Tutti i pazienti sono stati inizialmente trasfusi con GRF: un miglioramento spontaneo dell Hb con successiva trasfusione-indipendenza si è verificato in 8/9 dei pazienti con FUP più lungo. Outcome (mediana di FUP pari a 5.7 anni): 8 pazienti deceduti (3/8 per sepsi), 1 paziente perso al FUP a 45 mesi di vita, 2 bimbi vivi a 2.9 e 6.6 anni. CONCLUSIONI: La PS è una malattia molto rara: la nostra analisi ci permette di stimare un incidenza in Italia di circa 1/106 nati. Per la prima volta vengono segnalati come caratteristici della malattia: 1) aumento sierico di alanina (9/10); 2) aumentata escrezione urinaria di acido fumarico (7/9); raggiungimento di uno stato di trasfusione-indipendenza in caso di sopravvivenza >2-3 anni di vita (8/9). Sesso bp del. Epatomegalia Splenomegalia Ins. Pancreas DMT1 Deficit crescita MI Sintomi neurologici Kearn/ Sayre Alterazioni oculari lattato sierico Alanina sierica 1/M 5000 Si No Si Si Si No Si Si Si Si Si 2/M 6720 No No No No Si No No No No Si Si 3/F 4000 Si No No No No NN No No Si Si ND 4/F 5000 Si No Si No Si Si Si No No Si Si 5/M 5000 No No No No Si No Si No Si No No 6/M 5000 No No No No Si Si Si No NN Si Si 7/M 3300 Si Si No No Si No No No Si Si Si 8/M 5000 Si No No No No Si Si No Si Si Si 9/F 5000 Si No No Si No No Si Si No Si Si 10/F 8000 Si Si No No Si No Si Si Si Si Si 11/F 5000 Si Si Si No No Si No No NN Si Si DMT1, diabete mellito tipo 1; MI, miocardiopatia ipertrofica; NN, non noto; ND: non determinato. Pz lattato urinario fumarato urinario malico urinario HbF EPO Reticolociti> 60.000/µl Aspirato midollare Trasfusione Indipendenza Infezioni gravi D/S (anni) Causa morte 1 Si Si No ND ND Si Vacuoli E cellularità Si Si D (6.4) Acidosi grave 2 Si Si Si ND Si Vacuoli E Si No S (2,9) / cellularità 3 No No No ND Si Diseritropoiesi Si No Perso al FUP(3,7) / 4 Si Si Si Si Vacuoli No Si D (5,7) Insuff Renale 5 ND ND ND Si Vacuoli E Si Si S (6,6) / cellularità 6 Si Si Si ND ND Si Vacuoli E NP No D (0.33) NN cellularità 7 ND ND ND ND Si Vacuoli Si Si D (8,0) Sepsi 8 Si Si No ND No cellularità NP Si D (0,53) Sepsi 9 No No No ND Si Vacuoli E Si Si D (10,42) LMA cellularità 10 Si Si Si ND Si Vacuoli E Si Si D (10,44) Insuff Renale cellularità 11 Si Si No ND Si cellularità Si Si D (3,9) Sepsi Pz, paziente; D/S, deceduto/sopravvissuto; NP, non pervenuto; EPO, Eritropoietina; FUP, Follow-up; LMA, leucemia mieloide acuta. 6

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 B003 LA MANCANZA DELL ESPRESSIONE DEL RECETTORE ChemR23 NELLE CELLULE TRAPIANTATE INDUCE UNA SEVERA GvHD INTESTINALE P. Vinci 1, D. Bardelli 1, C. Recordati 2, A. Del Prete 3, C. Cappuzzello 1, E. Dander 1, S. Sozzani 3, A. Biondi 1,4, G. D Amico 1 1 Centro di Ricerca M. Tettamanti, Clinica Pediatrica, Università di Milano Bicocca, Monza (MB); 2 Mouse & Animal Pathology Laboratory, Fondazione Filarete, Milano; 3 Dipatimento di Patologia Generale e Immunologia, Università degli Studi di Brescia, Brescia; 4 Clinica Pediatrica, Università di Milano Bicocca, Fondazione MBBM/Ospedale S. Gerardo, Monza (MB), Italy Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) rappresenta ad oggi la terapia d elezione per molte patologie ematologiche e non. Il suo ampio utilizzo risulta però compromesso dalla possibile insorgenza della Graft-versus-Host Disease (GvHD), la quale ne rappresenta la maggiore causa di mortalità e morbidità. Il recettore accoppiato a proteine G ChemR23, espresso da cellule dendritiche immature, dendritiche plasmacitoidi, macrofagi e cellule Natural Killer, è in grado sia di promuovere che di risolvere l infiammazione. Scopo di questo lavoro è quindi comprendere il ruolo delle cellule ChemR23+ nella patogenesi della GvHD. A questo scopo, è stato messo a punto un modello murino di GvHD acuta in cui splenociti e cellule di midollo osseo, ottenute da topi C57BL/6 ChemR23 Knock Out (KO) o wild type (WT), sono state trapiantate in topi Balb/C riceventi dopo irradiazione letale. La GvHD è stata monitorata giornalmente, valutando diversi parametri tipici della malattia, quali perdita di peso, stato del pelo, integrità della cute, mobilità, postura e scariche diarroiche. Settimanalmente invece sono stati espiantati gli organi al fine di effettuarne una valutazione istologica. Gli animali trapiantati con cellule ChemR23-KO sviluppano una GvHD significativamente più severa rispetto ai topi trapiantati con cellule WT. In particolare, si osserva nei topi trapiantati con cellule ChemR23-KO un significativo aumento nella perdita di peso associato a un drastico aumento del grado di diarrea. Questo risulta inoltre in un tasso di mortalità significativamente più elevato (giorno +30, 85% KO vs 25% WT). Le analisi istologiche condotte sul tratto gastro-enterico dei due gruppi sperimentali indicano che, 20 giorni dopo il trapianto, la sede di GvHD maggiormente coinvolta sia il colon, dove si osserva un forte ispessimento della mucosa delle cripte intestinali associato ad un elevato grado di colite. Questi dati suggeriscono che le cellule ChemR23+ trapiantate durante un HSCT allogenico, possano ricoprire un ruolo protettivo nello sviluppo di una GvHD intestinale. Ulteriori studi riguardo l infiltrato cellulare e lo stato infiammatorio che caratterizzano i tessuti colpiti da GvHD saranno necessari al fine di comprendere il meccanismo alla base della funzione protettiva delle cellule ChemR23+. B004 OTTIMIZZAZIONE DEI PROTOCOLLI DI IMMUNOTERAPIA ADOTTIVA A CELLULE T GENETICAMENTE MODIFICATE MEDIANTE ESPRESSIONE DI RECETTORI CHIMERICI ANTIGENE SPECIFICI PER IL TRATTAMENTO DEI TUMORI SOLIDI I. Caruana 1, B. Savoldo 2, V. Hoyos 2, G. Weber 2, F. Del Bufalo 1, H. Liu 2, E.S. Kim 2, M.M. Ittmann 2, D. Marchetti 2, G. Dotti 2 1 Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italy; 2 Baylor College of Medicine, Houston Texas, USA L immunoterapia adottiva basata sulle cellule T sta mostrando risultati promettenti in pazienti affetti da malattie ematologiche maligne, ma risulta essere meno efficace nei tumori solidi. Un clinical trial recentemente condotto al Baylor College of Medicine (Houston- Texas-USA) in pazienti affetti da Neuroblastoma ha mostrato che le cellule T geneticamente modificate mediante un recettore chimerico anti-gd2 (GD2-CAR- T) sono capaci di indurre una significativa attività antitumorale solamente in pazienti con piccole/modeste masse tumorali e mostrano una persistenza in-vivo di 2-3 settimane. Questi dati suggeriscono che probabilmente le cellule T infuse hanno una limitata capacità di invadere il tumore e che il micro-ambiente tumorale gioca un ruolo nel limitarne l efficacia. In questo studio, abbiamo dimostrato che le cellule T manipolate invitro prima dell infusione hanno una significativa riduzione del loro potere invasivo rispetto alle cellule T circolanti. L analisi molecolare ha evidenziato che le cellule espanse ex-vivo mostrano una down-regolazione di un enzima coinvolto nella degradazione della matrice extracellulare (ECM), ovvero Heparanase (HPSE). Mediante test funzionali, come quello di cocoltura/invasione, è stato possibile dimostrare che la forzata espressione dell HPSE in cellule GD2-CAR-T induce una maggiore capacità di invadere l ECM, e di conseguenza un maggior controllo tumorale rispetto alle cellule di controllo. L attività antitumorale è stata poi testata anche in modelli xenograft murini, dai quali si evince la superiorità dell attività antitumorale e di penetrazione delle cellule GD2-CAR-T HPSE+ rispetto alle cellule GD2-CAR-T. In merito al problema della persistenza, abbiamo investigato la possibilità di implementare la sopravvivenza delle CAR-T tramite un protocollo di vaccinazione in-vivo. In particolare, sono stati generati linfociti T citotossici virus-specifici geneticamente modificati con il GD2-CAR (vcar-ctl). In seguito alla loro somministrazione in-vivo, si praticano delle vaccinazioni mediante infusione di cellule universali presentanti l antigene (aapc) codificanti molecole di costimolazione e l antigene virale. I risultati mostrano che le aapc sono capaci di stimolare le vcar-ctl sfruttando il loro TCR nativo, inducendo un significativo aumento dell effetto antitumorale in modelli xenograft murini. In conclusione, la riespressione dell HPSE nei CAR-T e la strategia di vaccinazione con aapc risultano essere nuovi ed inesplorati meccanismi che 7

Best abstracts hanno mostrato di poter migliorare l efficacia e l efficienza dell immunoterapia CAR nel contesto dei tumori solidi. B005 I TRASCRITTI CBFA2T3-GLIS2 E NUP98-JARID1 RIDEFINISCONO LO SCENARIO PROGNOSTICO DEI PAZIENTI PEDIATRICI AFFETTI DA LAM M7 DE NOVO NON-DOWN R. Masetti 1, J.D.E. De Rooij 2, M. Zimmermann 3, M. Pigazzi 1, M. Togni 1, M.M. van den Heuvel-Eibrink 2, A. Pession 1, G. Basso 1, S. Meshinchi 4, M. Zwaan 2, F. Locatelli 1 1 AIEOP Associazione Italiana Ematologia ed Oncologia Pediatrica; 2 DCOG Dutch Children Oncology Group; 3 BFM Study Group; 4 COG Children Oncology Group INTRODUZIONE: I pazienti (pz) pediatrici affetti da leucemia mieloide acuta megacarioblastica (LAM M7) de novo, non-down, hanno una sopravvivenza libera da malattia a 5 anni (EFS) tra il 40 ed il 55%. Esclusa la ricorrenza del trascritto RBM15-MKL1 prodotto dalla t(1;22)(p13;q13) associato ad una miglior prognosi, poco si conosce dell eterogeneità prognostica di altri sottogruppi identificati come ricorrenti nelle LAM M7 da recenti studi di next generation sequencing 1,2.Riportiamo le analisi condotte su ampia coorte di pz con LAM M7 AIEOP-DCOG-BFM-COG, confrontandone l outcome a seconda dei diversi sottogruppi molecolari. METODI: 150 pazienti con de novo, non-down LAM M7 sono stati sottoposti a screening con RT-PCR per le seguenti aberrazioni: NUP98-JARID1A, CBFA2T3-GLIS2, RBM15-MKL1 e MLL-rearrangements. Sono state confrontate le caratteristiche cliniche dei sottogruppi molecolari e calcolate le rispettive 8- year overall servival (OS), EFS, disease free servival (DFS) e cumulative incidence of relapse (CIR). RISULATI: L incidenza delle anomalie è stata: 14/150 (9%) pz con NUP98-JARID1A, 25/150 (17%) CBFA2T3-GLIS2, 19/150 (13%) RBM15-MKL1 e 13/150 (9%) MLL-rearrangments. La 8-year OS e EFS dei 150 pz LAM M7 è stata 42% e 32% rispettivamente. I pz positivi per NUP98-JARID1A presentano una 8- year OS significativamente peggiore dei negativi (36% vs 59%, p=0,04. Tabella1). I pz con CBFA2T3-GLIS2 hanno una 8-year DFS inferiore e rischio di recidiva più alto (53% vs 73%, p=0,05. e 60% vs 38%, p=0,04) mentre significativamente migliore è la prognosi dei pz con RBM15-MKL1 (Tabella 1). Il confronto per età, sesso, iperleucocitosi, blasti all esordio e cariotipo dimostra una maggior incidenza del trascritto CBFA2T3-GLIS2 nei pazienti <1anno (p=0.04). CONCLUSIONI: Tra i pz pediatrici non-down con LAM M7 la presenza dei trascritti NUP98-JARID1A e CBFA2T3-GLIS2, quest ultimo più incidente negli infants, conferisce una prognosi più sfavorevole. Si conferma l impatto prognostico favorevole del trascritto RBM15-MKL1. Tabella 1. Confronto tra 8-year OS, EFS, DFS e CIR dei pazienti postivi rispetto ai negativi per le seguenti anomalie molecolari ricorrenti: NUP98-JARID1A, CBFA2T3-GLIS2, RBM15-MKL1 e MLL-rearrangements. NUP98-JARID1A Pos vs Neg CBFA2T3-GLIS2 Pos vs Neg RBM15-MKL1 Pos vs Neg MLL-rearrangments Pos vs Neg 8 y OS (SE) 36%(13) vs 59% (4) 41%(10) vs 60% (5) 72%(11) vs 55% (4) 43%(14) vs 58% (4) P 8 y EFS (Log (SE) Rank) 0.04 34% (13) vs 54%(4) 0.18 40% (10) vs 54%(5) 0.22 67% (11) vs 50%(4) 0.21 45% (14) vs 53%(4) P 8 y DFS (Log (SE) Rank) 0.21 54% (16) vs 70% (4) 0.22 53% (11) vs 72% (4) 0.25 93% (6) vs 65% (5) 0.61 56% (15) vs 70% (4) P 8 y CIR (Log (SE) Rank) 0.39 55%(14) vs 41% (4) 0.05 60%(10) vs 38% (5) 0.03 60%(10) vs 38% (5) 0.27 51%(15) vs 41% (4) P (Log Rank) 0.26 BIBLIOGRAFIA 1. Masetti R. et al. CBFA2T3-GLIS2 fusion transcript is a novel common feature in pediatric, cytogenetically normal AML, not restricted to FAB M7 subtype. Blood. 2013 25;121(17): 3469-72. 2. de Rooij JD et al. NUP98/JARID1A is a novel recurrent abnormality in pediatric acute megakaryoblastic leukemia with a distinct HOX gene expression pattern. Leukemia. 2013;27(12):2280-8. 0.04 0.05 0.56 8

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 MEDICI - Comunicazioni orali C002 IRRADIAZIONE CRANIOSPINALE IN TOMOTERAPIA E. Coassin 1, C. Elia 1, M. Gigante 2, A. De Paoli 2, G. Franchin 2, M. Mascarin 1 1 SOS Radioterapia Pediatrica, SOC di Oncologia Radioterapic; 2 CRO Centro di Riferimento Oncologico, Aviano (PN), Italy INTRODUZIONE: L impiego della Tomoterapia nell irradiazione dell asse craniospinale (CSI) permette di ottenere una migliore conformazione di dose al target e un maggiore risparmio degli organi a rischio (OAR) rispetto alla radioterapia (RT) convenzionale e di superare i problemi legati alle giunzioni dei campi di trattamento, pur potendo generare rispetto a questa maggiori basse dosi di radiazione diffusa all organismo. Benchè siano stati pubblicati diversi studi sulla capacità di conformazione di dose della metodica, non sono disponibili casistiche significative sull effettiva dose sugli OAR. MATERIALI E METODI: Dal 2007 al 2014 sono stati trattati presso il nostro Istituto con CSI mediante Tomoterapia 30 pazienti di età compresa tra i 2 e 24 anni (mediana 7 anni), con diagnosi di Medulloblastoma/ PNET (n=24: SR=10, HR=12, Infants=2), tumore a cellule germinali (n=2), altro (n=4). Dose prescritta sul PTV-CSI: 2340-3600 cgy al 95% del volume. RISULTATI: Ad un follow-up (FUP) mediano di 4.5 anni, il 43% dei pazienti è vivo in remissione completa. Il 37% dei pazienti non ha presentato alcuna tossicità da RT; le sole tossicità acute di grado 3 sono state ematologiche (47% dei pazienti); 1/3 dei pazienti ha presentato tossicità gastrointestinale o a carico di cute e/o mucose (grado massimo 1); dei 16 pazienti di età <16 anni, 12 (75%) hanno presentato un deficit di crescita staturale; dei 6 pazienti nei quali è disponibile un sufficiente FUP neuropsicologico, 3 hanno presentato un difetto cognitivo. Per 28 pazienti (2 esclusi per boost simultaneo integrato) sono state analizzate le dosi medie e massime sugli OAR. Queste sono state quindi espresse come percentuale della dose prescritta sul PTV-CSI. Media, mediana e range di tali percentuali sono presentate in Tabella 1. CONCLUSIONI: In base ai risultati ottenuti, le dosi sugli OAR con Tomoterapia-CSI appaiono riproducibili e potenzialmente predittive del rischio di effetti collaterali. Si rendono ora necessari una conferma di tale ipotesi correlando i dati dosimetrici a quelli sulla tossicità, un completamento dell analisi con i dati legati al boost sulla sede del primitivo (quando confrontabili, ad esempio in caso di boost sulla fossa cranica posteriore) e un confronto tra le diverse tecniche di CSI. Tabella 1. 9

Comunicazioni orali C003 INFORMATIZZAZIONE DEI PROTOCOLLI CHEMIOTERAPICI E RIDUZIONE DEGLI ERRORI DI PRESCRIZIONE: ESPERIENZA DELL ISTITUTO G. GASLINI I. Lorenzi 1, P. Barabino 1, F. Morotti 1, L. Riceputi 1, C. Micalizzi 2, M. Faraci 3, C. Milanaccio 4, A. Garaventa 5, L. Amoroso 5 1 UOC Farmacia; 2 UOC Ematologia; 3 UOSD Trapianto di Cellule Staminali Emopoietiche; 4 UOSD Neuro Oncologia; 5 UOC Oncologia, Istituto G. Gaslini, Genova, Italy INTRODUZIONE: Gli errori in corso di terapia oncologica determinano danni molto gravi, soprattutto in ambiente pediatrico, a causa dell elevata tossicità dei farmaci antineoplastici. L introduzione di tecnologie informatizzate dovrebbe aumentare la sicurezza nella prescrizione e ridurre gli errori. MATERIALI E METODI: Fino al 2010 la prescrizione dei chemioterapici avveniva mediante prescrizioni cartacee, compilate dal medico per ciascun paziente e per ciascun ciclo di chemioterapia e inviate in farmacia tramite fax. Nel 2010 è stato introdotto un sistema informatizzato che metteva a diposizione del medico l intero set di protocolli terapeutici specifici per patologia, con dosi e associazioni predefinite. Tale sistema permette di visualizzare i cicli di chemioterapia già somministrati, da somministrare ed eventuali sospensioni o modifiche. Il sistema consente di programmare, modificare e confermare la chemioterapia, inviando poi la prescrizione direttamente presso l U.F.A. (Unità Farmaci Antiblastici). Abbiamo analizzato l appropriatezza della prescrizione campionando le richieste di chemioterapia effettuate negli anni 2009 e 2013, rispettivamente pre e post informatizzazione, dando maggior rilievo ai seguenti dati: anagrafica, dati antropometrici, prescrizione, via e durata della somministrazione, dose (mq o pro Kg), uso di abbreviazioni e acronimi non standardizzati e/o omissione di informazioni relative al farmaco essenziali per la prescrizione. Tali omissioni possono provocare scambio di paziente per omonimia, interpretazione errata del farmaco da preparare, via di somministrazione errata, utilizzo di unità posologica non adeguata, dosaggio non corretto, prescrizioni incomplete. RISULTATI: Nel 2009 su 1560 prescrizioni sono stati registrati 113 errori di anagrafica (7%), 1138 dati antropometrici incompleti (73%), 248 errori di prescrizione (16%), 62 errori relativi alla via e alla durata di somministrazione (4%), 190 circa la dose (12%), 400 relativi al farmaco (26%). Tutti gli errori sono stati identificati e filtrati dalla Farmacia, tra questi il 5% è stato considerato potenzialmente grave per il paziente. Nel 2013 è stata completamente abbandonata la prescrizione cartacea e dai rilievi effettuati si è evidenziato una notevole riduzione degli errori correlati alla incompletezza dei dati antropometrici, alle anagrafiche e agli errori di dose. CONCLUSIONI: Con l introduzione dell informatizzazione la sicurezza nella prescrizione oncologica è notevolmente migliorata, permettendo l impiego di protocolli terapeutici validati in precedenza. C004 STUDIO DELLA RICOSTITUZIONE IMMUNOLOGICA ASPERGILLO-SPECIFICA IN TRAPIANTI DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE T-REPLETI E T-DEPLETI K. Perruccio 1, F. Topini 2, A. Tosti 2, M.V. Gazzola 3, C. Messina 3, M.F. Martelli 3, M. Caniglia 1, A. Velardi 2, S. Cesaro 4 1 Oncoematologia Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia; 2 Ematologia ed Immunologia Clinica, Università degli Studi di Perugia; 3 Oncoematologia Pediatrica, Università degli Studi di Padova; 4 Oncoematologia Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Verona, Italy BACKGROUND: L aspergillosi invasiva rappresenta una delle principali cause di mortalità infettiva dopo trapianto di cellule staminali emopoietiche. La suscettibilità a sviluppare un infezione fungina dipende dalla profilassi e dal trattamento della malattia da trapianto contro l ospite (GvHD) nei trapianti T-repleti, e dalla lenta ricostituzione immunologica secondaria alla T-deplezione nei trapianti aploidentici. METODI: In questo studio prospettico, abbiamo monitorizzato la ricostituzione dei linfociti T CD4+ totali e del repertorio T aspergillo-specifico in pazienti pediatrici riceventi trapianti compatibili T-repleti, ed in pazienti prevalentemente adulti, riceventi trapianto aploidentico T-depleto per emopatie maligne. RISULTATI: Nonostante la conta dei linfociti T CD4+ totali sia risultata maggiore nei riceventi un trapianto T-repleto durante tutto il periodo di osservazione post-trapianto, le risposte T aspergillo-specifiche sono comparse per la prima volta dopo 15-18 mesi dal trapianto T-repleto, dopo 7-9 mesi dal trapianto compatibile T-depleto, e dopo 9-12 mesi dal trapianto aploidentico T-depleto, rispettivamente. L incidenza di aspergillosi invasiva è stata del 22% con il 10% di mortalità dopo trapianto T-repleto, 0% dopo trapianto compatibile T-depleto, e del 7% con un 4% di mortalità dopo trapianto aploidentico T-depleto (p<0.01). CONCLUSIONI: In conclusione, nonostante le conte dei linfociti T totali nel sangue periferico siano risultate sempre significativamente più alte nei riceventi trapianto T-repleto, la terapia immunosoppressiva quale profilassi/trattamento della GvHD post-trapianto ne ha alterato la funzionalità. L immunità antigene-specifica si è ricostituita più velocemente dopo trapianto T-depleto, sia compatibile che aploidentico. Il trapianto T- repleto è stato caratterizzato inoltre da una maggior incidenza di aspergillosi invasiva e di mortalità infettiva. Questi dati dimostrano che la T-deplezione in assenza di terapia immunosoppressiva post-trapianto è associata ad una più rapida e funzionale ricostituzione immunologica rispetto al trapianto T-repleto. L analisi della funzionalità dei linfociti T antigene-specifici può rappresentare inoltre uno strumento per evidenziare i 10

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 pazienti a maggior rischio di infezione fungina, soprattutto in campo pediatrico dove mancano tutt oggi precise indicazioni sia alla profilassi che al trattamento. C005 SPECIFICHE TRAIETTORIE DI RICOSTRUZIONE DEL MICROBIOTA INTESTINALE NEI PAZIENTI PEDIATRICI CON GVHD ACUTA SOTTOPOSTI A TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE D. Zama 1, R. Masetti 1, E. Biagi 2, C. Nastasi 1, C. Consolandi 3, J. Fiori 2, S. Rampelli 2, S. Turroni 2, M. Centanni 2, M. Severgnini 3, C. Peano 3, G. de Bellis 3, G. Basaglia 2, R. Gotti 2, P. Brigidi 2, M. Candela 2, A. Prete 1, A. Pession 1 1 Oncoematologia Pediatrica e Trapianto Lalla Seràgnoli, UO di Pediatria, Policlinico Sant Orsola- Malpighi, Università di Bologna; 2 Dipartimento di Farmacia e Biotecnologia, Università di Bologna; 3 Instituto di Tecnologie Biomediche, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Segrate (MI), Italy INTRODUZIONE: L impatto del microbiota intestinale (MI) sulla mortalità correlata al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (allo-tcse) è stato recentemente dimostrato 1. Questa osservazione corrobora l idea di un ruolo significativo del MI nella ricostruzione immunologica successiva all allo-tcse e nella genesi della Graft-versus-Host-Disease acuta (agvhd). Abbiamo pertanto condotto il primo studio longitudinale prospettico per valutare l impatto del MI sul rischio di sviluppare agvhd in pazienti pediatrici sottoposti a Allo-TCSE. METODI: Sono stati raccolti campioni fecali seriati ogni 10-15 giorni fino a 100 giorni dopo Allo-TCSE in 10 pz consecutivi (Tabella 1). Il profilo filogenetico del MI è stato caratterizzato mediante pyrosequencing 454 della regione ipervariabile V4 della subunità 16S dell rrna. Il profilo funzionale è stato valutato mediante l analisi degli acidi grassi a corta catena utilizzando la gas cromatografia-spettroscopia di massa. Tabella 1. Caratteristiche cliniche ed anagrafiche dei pazienti arruolati. RISULTATI: Dopo il TCSE è stata osservata una profonda distruzione strutturale e funzionale del normale assetto mutualistico dell ecosistema intestinale. La traiettoria di ricostruzione del MI dopo il TCSE è risultata essere significativamente differente tra i 5 pazienti che hanno e non hanno sviluppato agvhd, rispettivamente. In particolare, nei pazienti senza agvhd è stata evidenziata pre-tcse una specifica signature del MI, caratterizzata da un elevata concentrazione di Bacteroidetes e Parabacteoidetes (p<0.05), germi produttori di acidi grassi a corta catena (Figura 1). Questa osservazione è confermata dalla presenza di un aumento significativo degli acidi-grassi-a-corta-catena e di propionato in particolare (p<0.05). La specificità di questa signature si è proiettata stabilmente per tutto il periodo di osservazione post-tcse, persistendo alla distruzione dell ecosistema intestinale e dimostrando l elevata adattabilità di questi germi. Figura 1. La figura descrive la differente signature pre-trapianto, sia funzionale che composizionale, tra i pazienti con e senza GVHD (rispettivamente colonna grigia e bianca). Abbondanza relativa pre-tcse del genus Bacteroidetes (A) e del genus Parabacteroidetes (B). Concentrazione fecale pre- TCSE di propionato (C) e acidi grassi a corta catena (D) (mol/g di feci). CONCLUSIONI: Per la prima volta questi dati dimostrano, in una casistica pediatrica, che la presenza di un profilo mutualistico pre-tcse del MI, caratterizzato dalla presenza di germi produttori di acidi grassi a corta catena con riconosciute proprietà immunomodulatorie, è associata ad un minor rischio di sviluppare agvhd. BIBLIOGRAFIA Taur Y, et al. The effects of intestinal tract bacterial diversity on mortality following allogeneic hematopoietic stem cell transplantation. Blood 2014;124:1174-1182. 11

Comunicazioni orali C006 CARATTERIZZAZIONE E STUDIO DELLE INTERAZIONI TRA CELLULE MESENCHIMALI STROMALI ISOLATE DA MIDOLLO OSSEO DI PAZIENTI PEDIATRICI AFFETTI DA IMMUNODEFICIENZA CONGENITA E LE CELLULE DEL SISTEMA IMMUNITARIO N. Starc, A. Pitisci, L. Tomao, S. Biagini, A. Conforti, M. Algeri, M.E. Bernardo, G. Palumbo, P. Rossi, F. Locatelli Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Onco-Ematologia e Medicina Trasfusionale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italy OBIETTIVI: Le cellule mesenchimali stromali (MSCs) sono cellule multipotenti e rappresentano una componente chiave del microambiente midollare, contribuendo alla formazione della nicchia ematopoietica sia attraverso la secrezione di citochine, sia attraverso il contatto cellula-cellula. Le MSC svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo e differenziamento dell intero sistema emopoietico. Sono, inoltre, in grado di esercitare un effetto immunoregolatorio su diversi comparti del sistema immune; i meccanismi responsabili di tale effetto sono ad oggi ancora non completamente chiariti. Obiettivo di questo lavoro è comprendere se le MSCs sono coinvolte nella fisiopatologia di diverse immunodeficienze primarie e studiare il modo in cui esse interagiscono con le cellule del sistema immunitario adattativo ed innato. METODI: Le MSCs sono state isolate ed espanse ex vivo da 11 pazienti (PZ-MSCs, range 0-7) affetti da immunodeficit (2 con malattia granulomatosa cronica, 3 con sindrome di Wiskott-Aldrich, 1 con sindrome di Di George, 2 con deficit di LAD1 e 3 con immunodeficit congenito in fase di accertamento) e da 8 donatori sani (HD-MSCs, range 12-40). Morfologia, capacità proliferative (population doubling), immunofenotipo, capacità differenzitiva in senso osteogenico ed adipogenico e proprietà immunomodulanti in seguito a co-coltura in setting allogenico con cellule mononucleate del sangue periferico (PBMCs) stimolate con PHA e CpG, per valutare il loro effetto sulla proliferazione di cellule T e B, rispettivamente, sono state analizzate. RISULTATI: Nonostante le PZ-MSCs mostrino una ridotta capacità proliferativa se paragonate alle HD- MSCs, mantengono la stessa morfologia e lo stesso immunofenotipo. Le PZ-MSCs sono in grado di inibire in maniera simile alle HD-MSCs la proliferazione di linfociti T, con una percentuale di inibizione dell 87% (SD±12) nel rapporto MSC:PBMC 1:2 e del 73% (SD±29) MSC:PBMC 1:10. Una buona inibizione della proliferazione dei linfociti B e delle plasma cellule viene mantenuta dalle PZ-MSCs nel rapporto MSC:PBMC 1:10. Le PZ-MSCs mantengono inalterata rispetto alle HD-MSCs la capacità di differenziare in cellule osteogeniche e adipogeniche. CONCLUSIONI: I nostri risultati dimostrano che le MSCs isolate da pazienti con immunodeficit mantengono le stesse caratteristiche morfologiche e funzionali delle MSCs isolate da soggetti sani, fatta eccezione per la loro capacità proliferativa che risulta essere ridotta. C007 CORREZIONE DELL APLOINSUFFICIENZA MEDIANTE KNOCK-UP DELLA PROTEINA DEFICITARIA NELL ANEMIA DI DIAMOND-BLACKFAN S. Parrella, A. Aspesi, E. Pavesi, S. Macrì, C. Olgasi, M. Talmon, A. Chiesa, D. Cotella, S. Zucchelli, P. Quarello, S. D Amico, V. Sagar, V. Aria, G. Juli, E. Garelli, U. Ramenghi, C. Santoro, S. Gustincich, A. Follenzi, F. Loreni, I. Dianzani Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi del Piemonte Orientale, Novara; Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Università Torino; Dipartimento di Biologia, Università Tor Vergata, Roma; SISSA, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, Trieste, Italy L anemia di Diamond-Blackfan (DBA) è una aplasia eritroide con ereditarietà autosomica dominante, associata nel 30% dei casi a malformazioni congenite. Le terapie disponibili sono la somministrazione di cortisonici o le trasfusioni croniche; per alcuni pazienti si deve ricorrere al trapianto di cellule staminali. Le aspettative di vita sono ridotte ed è riportato un rischio aumentato di neoplasie. Il 70% dei pazienti presenta mutazioni con perdita di funzione in geni codificanti proteine ribosomali (RP) della grande o della piccola subunità. Le mutazioni in eterozigosi fanno presumere un meccanismo di aploinsufficienza. La DBA è una ribosomopatia ed è caratterizzata dall alterazione della maturazione degli rrna e della biogenesi del ribosoma, fenomeni osservati sia in modelli cellulari sia in cellule isolate da pazienti con DBA. Il difetto ribosomale induce il fenomeno dello stress ribosomale, che causa l apoptosi dei precursori eritroidi, più sensibili all attivazione di p53 rispetto ad altre linee emopoietiche. Lo scopo del nostro progetto è di correggere gli effetti dell aploinsufficienza osservata nella DBA mediante aumento dei livelli delle RP deficitarie. Alcuni di noi hanno descritto una nuova classe di RNA antisenso non codificanti (SINEUP), che sono in grado di complementarsi parzialmente a specifici mrna e favorirne la traduzione. Abbiamo deciso di sfruttare l innovativa tecnologia biomolecolare degli RNA SINEUP per aumentare la sintesi della RP deficitaria in cellule di pazienti con DBA. Abbiamo disegnato molecole SINEUP specifiche per i trascritti delle RP più comunemente mutate nella DBA (RPL5 e RPS19) e abbiamo preparato costrutti lentivirali atti a esprimerli nelle cellule primarie dei pazienti. Presentiamo dei dati preliminari su cellule di pazienti con mutazioni in RPL5 che suggeriscono che l espressione delle molecole SINEUP specifiche possa ripristinare la corretta maturazione degli rrna. Inoltre, stiamo studiando i meccanismi attivati nella cellula dallo stress ribosomale. I risultati di questi studi verranno utilizzati per valutare gli effetti 12

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 della strategia di correzione del fenotipo nelle cellule con difetto di RPS19 o RPL5. C008 CARATTERIZZAZIONE IN VITRO DI UN PANNELLO DI MUTANTI DI AFFINITÀ DEL RECETTORE CHIMERICO ANTI-CD123 QUALE STRATEGIA POTENZIALE PER IL TRATTAMENTO DELLA LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA S. Arcangeli 1, S. Tettamanti 1, M.C. Rotiroti 1, M. Bardelli 2, L. Varani 2, A. Biondi 1, E. Biagi 1 1 Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Milano Bicocca, Centro Ricerca M. Tettamanti, Monza (MB), Italy; 2 Istituto di Ricerca in Biomedicina, Bellinzona, Università degli Studi della Svizzera Italiana, Lugano, Switzerland Nell ambito dell immunoterapia cellulare adottiva, l impiego di linfociti T modificati tramite recettori chimerici (CARs), al fine di renderli specifici contro un determinato antigene tumorale, rappresenta una promettente strategia terapeutica per il trattamento della leucemia mieloide acuta (LMA). I CARs sono recettori T artificiali composti nel loro dominio extracellulare da domini di legame derivati da anticorpi, la cui affinità verso un antigene bersaglio rappresenta una variabile in grado di influenzare le risposte effettrici delle cellule T modificate. Nel contesto della LMA, un antigene bersaglio promettente è rappresentato dal CD123 (subunità a del recettore dell IL-3) in quanto overespresso su blasti leucemici e cellule staminali leucemiche, ma anche espresso a bassi livelli da cellule sane, quali monociti e cellule endoteliali. Il riconoscimento di tessuti sani debolmente positivi all antigene bersaglio, attraverso un effetto noto come on-target-off-organ, condiziona un impiego sicuro in clinica dei CAR. Di conseguenza, abbiamo considerato la modulazione dell affinità di legame del CAR anti-cd123, al fine di migliorarne il profilo di sicurezza in termini di risparmio delle cellule sane e di mantenimento di un ottima efficacia antitumorale. Cellule Killer Indotte da Citochine (CIK) sono state geneticamente modificate con tre mutanti di affinità, CAM-1, CAM-2 e CAM-4, generati tramite un analisi di modellistica molecolare. Il profilo di efficacia/sicurezza delle cellule CIK-CAR+ è stato valutato attraverso saggi in vitro di citotossicità, produzione di citochine e proliferazione cellulare, usando come controllo CIK non manipolate (NO DNA). La caratterizzazione funzionale dei CAM ha rivelato la specificità e l efficacia d azione delle cellule CIK- CAR+ contro la linea cellulare CD123+ THP-1 e le cellule primarie di paziente. Inoltre, un maggiore risparmio della linea cellulare U937, debolmente CD123+, è stato riscontrato da parte del mutante CAM-2, a minore affinità, rispetto al recettore CAM-1 a più alta affinità, oltre ad una diversa sensibilità nei confronti di una ridotta espressione antigenica, come suggerito dalla tendenza di CAM-2 ad una ridotta proliferazione e produzione di citochine. Questi primi risultati indicano come la modulazione di affinità del CAR abbia un impatto sulle funzioni effettrici delle cellule ingegnerizzate, soprattutto in un contesto di ridotta densità antigenica, suggerendo un potenziale migliore risparmio dei tessuti normali da parte di CAM-2. C009 IMMUNOTERAPIA ADOTTIVA CON CELLULE T GENETICAMENTE MODIFICATE CON RECETTORI TCR SPECIFICI PER L ANTIGENE TUMORALE PRAME C. Quintarelli, B. De Angelis, I. Caruana, D. Pagliara, D. Orlando, D. Barbato, G. Milano, R. De Vito, R. Boldrini, F. Locatelli. Dipartimento Onco-Ematologia Pediatrica e Medicina Trasfusionale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italy Numerose evidenze cliniche suggeriscono che l immunoterapia adottiva basata sull impiego di cellule T- linfocitarie può essere una valida opzione terapeutica per pazienti affetti da neoplasie recidivanti o resistenti ai trattamenti convenzionali. Ad oggi, cellule T geneticamente modificate re-direzionate verso antigeni tumorali bersaglio sono state utilizzate come farmaci cellulari. Poiché le proprietà funzionali di una risposta immune adottiva mediata da linfociti T sono essenzialmente regolate dal loro recettore (TCR), il trasferimento in cellule T di geni codificanti per la catena a e b di un TCR specifico per un determinato complesso MHC/peptide tumorale è in grado di educare cellule T policlonali a riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Un prerequisito fondamentale per indurre un effettiva reattività antitumorale è l utilizzo di molecole TCR ad alta affinità, poiché spesso gli antigeni target hanno una bassa espressione. Il nostro gruppo di ricerca ha valutato l espressione dell antigene tumorale testicolare (CTA) PRAME nel contesto di pazienti pediatrici affetti da tumore solido (neuroblastoma, osteosarcoma, medulloblastoma e rabdomiosarcoma) o neoplasia ematologica (leucemia mieloide acuta e leucemia linfoblastica acuta) evidenziando un elevata espressione dell antigene tumorale, sia a livello di mrna (PCR quantitativa) che di proteina (immunoistochimica). Questi dati preliminari sono di fondamentale importanza per individuare nell antigene PRAME un bersaglio immunoterapico ottimale. Quindi, abbiamo generato linfociti T specifici per PRAME utilizzando una libreria peptidica relativa all antigene a partire da linfociti T policlonali sia di donatori sani (10) che di pazienti affetti da leucemia acuta (6) sottoposti a trapianto di cellule staminali. Dopo stimolazione ex-vivo, in tutti i donatori testati è stato possibile espandere CTL in grado di essere attivati da peptidi derivanti dalla proteina PRAME e in 4/6 pazienti, CTL in grado di produrre INF-g se esposti a cellule tumorali autologhe. In seguito a clonaggio per singola cellula T, a partire da CTL-PRAME-specifici derivanti da due donatori sani e un paziente affetto da leucemia e sottoposto a trapianto allogenico, abbiamo clonato molecole di TCR specifiche per PRAME, dimostrando che le molecole TCR derivanti da pazienti 13

Comunicazioni orali hanno una maggiore affinità (10-5 vs 10-3 ) per i peptidi tumorali e una più efficace eliminazione delle cellule target. C010 ADESIONE AGLI STUDI RANDOMIZZATI PIANIFICATI NEI PROTOCOLLI AIEOP-BFM LLA 2000 E 2009 PER LA LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA DELL ETÀ PEDIATRICA C. Rizzari, D. Silvestri, F. Locatelli, A. Colombini, R. Parasole, A. Quagliarella, M.C. Putti, F. Dell Acqua, I. Bini, L. Lo Nigro, N. Santoro, O. Ziino, A. Pession, A.M. Testi, C. Micalizzi, F. Casale, M.G. Valsecchi, V. Conter per il GdL AIEOP LLA Gruppo di Lavoro AIEOP LLA, Italy OBIETTIVI: Valutare la adesione nei centri italiani agli studi randomizzati dei protocolli AIEOP-BFM ALL 2000 e 2009. MATERIALI E METODI: Protocollo 2000 (n. random=4): uno (R1) precoce (entro la prima settimana di induzione) in tutti i pazienti, desametasone vs prednisone; tre in reinduzione: R2 (pazienti SR) di deintensificazione, protocollo III vs II; R3 (pazienti IR) di intensità simile, 2 x III vs II; R4 di intensità simile (pazienti HR), 2 x II vs 3 x III. Protocollo 2009 (n. random=3): uno (R1) precoce (a metà dell induzione) di deintensificazione (4 vs 2 dosi di daunorubicina) nei pazienti a rischio molto basso di recidiva; due più tardivi, uno definito RHR nei pazienti HR, nella fase IB, di intensificazione terapeutica (PEG-ASP 0 vs 4 dosi) ed un altro definito R2 nei pazienti pb-lla MR, nella fase di reinduzione, di intensificazione terapeutica (PEG-ASP 1 vs 10 dosi). RISULTATI: Nel protocollo 2000 l adesione alla studio precoce R1 è stata del 77% (85% dal 2000 al 2003 e 65% dal 2004 al 2006); le cause di non adesione sono state: decisione clinica (3%) o dei genitori (3%), errore (<1%), non adesione del centro (15%), altro (2%). Le percentuali di adesione agli studi più tardivi R2, 3 e 4 sono state rispettivamente dell 88%, dell 84% e dell 87%. Nel protocollo 2009 l adesione allo studio precoce R1 è stato del 78% mentre quella agli studi più tardivi RHR ed R2 è stata del 73% e del 58%, rispettivamente. Le cause di non randomizzazione sono state: decisione clinica (4% R1, 8% RHR e 4% R2), o dei genitori (8% R1, 10% RHR, 23% R2), errore (7% R1, 3% RHR, 1% R2), altro (4% R1, 6% RHR, 15% R2). CONCLUSIONI: La adesione agli studi randomizzati pianificati nei due protocolli AIEOP sembra globalmente soddisfacente. Gli studi effettuati in fasi precoci di terapia ottengono una migliore adesione pur essendo possibile nel tempo una riduzione della compliance (protocollo 2000, R1); gli studi più tardivi sembrano determinare una adesione meno soddisfacente, soprattutto nei pazienti non HR, quando prevedano un incremento dell intensità delle cure ed a causa prevalentemente delle scelte dei genitori. 14

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 MEDICI - Poster P001 IL NERVE GROWTH FACTOR SOMMINISTRATO SOTTO FORMA DI COLLIRIO MIGLIORA LA FUNZIONE VISIVA NEI PAZIENTI AFFETTI DA GLIOMA DELLE VIE OTTICHE: STUDIO RANDOMIZZATO, IN DOPPIO CIECO CONTROLLATO CON PLACEBO D. Rizzo 1, A. Ruggiero 1, B. Falsini 2, A. Chiaretti 1, M. Piccardi 2, L. Manni 3, M. Soligo 3, A. Dickmann 2, M. Federici 2, A. Salerni 2, L. Timelli 4, G. Guglielmi 5, I. Lazzareschi 1, M. Caldarelli 6, L. Galli Resta 7, C. Colosimo 8, R. Riccardi 1 1 Divisione di Oncologia Pediatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; 2 Istituto di Oftalmologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; 3 Istituto di Farmacologia Traslazionale, CNR, Roma; 4 Società Informa, Roma; 5 Farmacia Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; 6 Istituto di Neurochirurgia Infantile, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; 7 Istituto di Neuroscienze, CNR, Pisa; 8 Istituto di Radiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Italy BACKGROUND: I gliomi delle vie ottiche (GVO) sono tumori di basso grado caratterizzati da una lenta velocità di crescita e da una sopravvivenza globale a 5 anni pari al 90%. La principale causa di morbidità è rappresentata dai disturbi del visus e attualmente non sono purtroppo disponibili strategie terapeutiche mirate e specifiche volte al miglioramento della funzione visiva. Il presente studio ha l obiettivo di valutare l efficacia del Nerve growth factor (NGF) come potenziale agente neuroprotettivo in pazienti con deficit visivi indotti da GVO. METODI: Si tratta di uno studio prospettico randomizzato, in doppio cieco controllato con placebo. Sono stati arruolati 18 pazienti, di età compresa tra 2 mesi e 23 anni. Dieci pazienti hanno ricevuto per 10 giorni il collirio contenente 0.5 mg di NGF e 8 il placebo. I pazienti sono stati valutati all inizio dello studio e poi a 15, 30, 90 e 180 giorni dopo la fine del trattamento. Per entrambi i gruppi sono state eseguite visite di controllo ed esami oftalmologici, quali l acuità visiva, il campo visivo (CV) nei pazienti con minima capacità visiva, l ampiezza e la fase dei Flicker-PEV, l ERG da flash con particolare attenzione alla PhNR, e lo spessore della retina interna mediante OCT. RISULTATI: Nel gruppo dei pazienti trattati con NGF è stato registrato un miglioramento statisticamente significativo dei PEV e della PhNR, rispettivamente a 30 e a 180 giorni dopo il trattamento. Inoltre, in 3 dei 4 pazienti trattati con NGF nei quali era possibile valutare il CV è stato dimostrato un significativo aumento del CV, con importante miglioramento della qualità della vita. Al contrario il CV è peggiorato nel gruppo placebo (Figura 1). In nessun paziente sono stati riportati importanti effetti collaterali locali e/o sistemici. Figura 1. 15

Poster CONCLUSIONI: Il NGF somministrato sotto forma di collirio migliora la funzione visiva in pazienti con GVO, in assenza di importanti effetti collaterali. In considerazione degli attuali risultati e della facilità di somministrazione del farmaco sono in corso ulteriori studi, al fine di esplorare più a fondo i vantaggi clinici del NGF sul recupero della funzione visiva e definire la schedule di somministrazione ottimale. P002 I TUMORI GERMINALI MALIGNI DELL OVAIO. ESPERIENZA AIEOP P. D Angelo 1, G. Bisogno 2, R. Boldrini 3, G. Cecchetto 4, M. Conte 5, M.D. De Pasquale 6, P. Indolfi 7, A. Inserra 8, L. Piva 9, F. Siracusa 10, F. Spreafico 11, F. Melchionda 12, F. De Leonardis 13, M. Terenziani 11 1 Oncoematologia Pediatrica, ARNAS Civico Di Cristina e Benfratelli, Palermo; 2 Oncoematologia Pediatrica, Università di Padova; 3 Anatomia Patologica Bambin Gesù, Roma; 4 Chirurgia Pediatrica, Università di Padova; 5 Oncologia Pediatrica, Istituto G. Gaslini, Genova; 6 Oncoematologia Bambin Gesù, Roma, 7 Oncoematologia Pediatrica, 2ª Università di Napoli; 8 Chirurgia Pediatrica Bambin Gesù, Roma; 9 Chirurgia Urologica, Fondazione IRCCS Istituto Tumori, Milano; 10 Chirurgia Pediatrica Università di Palermo; 11 Oncologia Pediatrica, Fondazione IRCCS Istituto Tumori, Milano; 12 Oncologia ed Ematologia Pediatrica, Istituto Lalla Seràgnoli, Policlinico S. Orsola- Malpighi, Bologna; 13 Oncoematologia Pediatrica Università di Bari, Italy INTRODUZIONE: I tumori germinali maligni (TGM) dell ovaio presentano prognosi favorevole e il loro trattamento viene differenziato in base alla estensione di malattia. Presentiamo i dati relativi al protocollo diagnostico-terapeutico AIEOP TCGM 2004. MATERIALI E METODI: Dal 2004 al 2014 abbiamo raccolto tutti i casi di tumori germinali maligni dell ovaio. La malattia è stata classificata in 4 stadi (limitata all ovaio e completamente asportata, stadio I; malattia microscopica residua, stadio II; macroscopica residua e/o washing peritoneale positivo, stadio III; malattia metastatica, stadio IV). Il trattamento previsto per lo stadio I era la sola chirurgia; la chirurgia e la chemioterapia +/- la chirurgia differita per gli altri stadi. RISULTATI: 74 pazienti, di età mediana 12 anni, sono state arruolate in 10 anni. Le neoplasie avevano all esordio un diametro massimo mediano di 14 cm. Quattro pazienti presentavano anomalie cromosomiche e una aveva la sorella con teratoma ovarico. La distribuzione per stadio è stata: 29 stadi I, 13 stadi II, 28 stadi III, 4 stadi IV. Istologie: Teratomi+a-FP patologica e/o YST 23; disgerminomi 23; misti 18, YST 10. Negli stadi I, in 5 casi non è stato effettuato il washing peritoneale e in 4 casi l informazione non era disponibile. Sei pazienti stadio I sono ricadute (range di ricaduta 2-23 mesi): due casi non avevano effettuato washing e in 1 caso il dato non era disponibile. In 1 caso stadio III la terapia è stata interrotta per progressione radiologica di malattia poi rivelatasi growing teratoma ; 2 casi (1 stadio II, 1 stadio III) sono ricaduti senza aumento dei markers: all intervento era presente solo componente teratomatosa. Con un FU mediano di 60 mesi, la RFS globale dello stadio I è risultata del 76.8%, mentre negli altri stadi (II, III e IV) è stata del 95.1%, con una RFS globale dell 88% e una OS del 100% (Figura 1). CONCLUSIONI: Si conferma la buona prognosi della malattia ovarica. Nello stadio I l opzione chirurgica esclusiva rimane valida, ma è fondamentale seguire fedelmente le linee guida chirurgiche. L incremento dimensionale della neoplasia senza aumento dei markers, va sempre accertato istologicamente per escludere la componente teratomatosa, un pattern patologico che non risponde alla chemioterapia. Figura 1. RFS ovaio stadio I vs stadi II, III, IV. P003 IL SILENZIAMENTO EPIGENETICO DELL UNITÀ TRASCRIZIONALE mir-326/b-arrestin1 COME INIBITORE DELLA PROLIFERAZIONE CELLULARE NEL MEDULLOBLASTOMA E. Miele 1,2, A. Po 1, A. Mastronuzzi 3, S. Valente 4, A. Carai 5, I. Screpanti 1, F. Giangaspero 6,7, M. Levrero 8, A. Tornesello 9, C. Laurieri 3, M.G. Cefalo 3, R. Messina 5, C.E. Marras 5, F. Locatelli 3,10, E. Ferretti 11 1 Dipartimento Medicina Molecolare, Università di Roma Sapienza, Roma; 2 Center for Life NanoScience@Sapienza, Istituto Italiano di Tecnologia, Roma; 3 Dipartimento di Onco-ematologia e Medicina Trasfusionale, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma; 4 Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco, Università di Roma Sapienza, Roma; 5 Dipartimento di Neuroscienze e neuroriabilitazione, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma; 6 Dipartimento di Scienze Radiologiche, Oncologiche e Patologiche, Università di Roma Sapienza, Roma; 7 Istituto Neuromed, Pozzilli (IS); 8 Dipartimento di Medicina Interna, DMISM, Università di Roma Sapienza, Roma; 9 Unità di onco-ematologia Ospedale Vito Fazzi, Lecce; 10 Università degli studi di Pavia; 11 Dipartimento Medicina Sperimentale, Università di Roma Sapienza, Roma, Italy INTRODUZIONE: Il medulloblastoma (MB) è tra i tumori cerebrali più frequenti nei bambini. 16

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 Recentemente sono stati identificati quattro sottogruppi caratterizzati da distinte mutazioni e da de-regolazione di specifiche vie di segnale. Una caratteristica comune a tutti i MB è la presenza di stem-like cells (SLCs), che rappresentano una frazione di cellule neoplastiche, considerabili i progenitori da cui ha avuto origine il MB e dotate della capacità di sostenere la proliferazione tumorale. Recenti studi hanno messo in evidenza il ruolo cruciale della de-regolazione dei microrna nelle vie di segnale regolatorie nel MB. In particolare, abbiamo evidenziato che mir-326 è fortemente down-regolato e reprime il pathway di segnale Hedgehog/Gli. MATERIALI E METODI: MB SCLs sia murine che umane sono state ottenute e coltivate come oncosfere. I livelli di espressione di mir-326 e il suo gene b-arrestin1 sono stati studiati sia in MB che in SLCs. Abbiamo esaminato il ruolo delle due molecole nel MB e la regolazione dell unità trascrizionale mir-326/barrestin1 nelle SLCs. E stato utilizzato un approccio farmacologico al fine di modulare l espressione di mir- 326/b-arrestin1 nel MB in vitro e in vivo. RISULTATI: mir-326 coopera in maniera sinergica con il proprio gene ospite b-arrestin1 onco-soppressore. Tale unità sopprime la via del segnale regolatoria di Hedgehog a più livelli: la b-arrestin1 inibisce la via del segnale di Hedgehog attraverso la modulazione dell acetilazione di Gli1-K518 mentre il mir-326 controlla Gli2 e Smo, due molecole attivatorie del pathway di segnale. Analizzando i possibili meccanismi coinvolti nella downregolazione di b-arrestin1/mir-326, abbiamo evidenziato che tale unità trascrizionale è silenziata attraverso meccanismi epigenetici a livello istonico. Pertanto, farmaci epigenetici hanno la capacità di riattivare l espressione di mir-326/b-arrestin1 e di inibire la proliferazione cellulare nel MB e nelle SLCs sia in vitro che in vivo. CONCLUSIONI: Il nostro lavoro evidenzia un nuovo network microrna/gene ospite nel MB e propone l unità mir-326/b-arrestin1 quale onco-soppressore che può essere riattivato nei pazienti affetti da MB mediante farmaci epigenetici. Il Progetto è stato in parte supportato dall Associazione Per un sorriso in più. P004 LE CELLULE TUMORALI DERIVANTI DA PAZIENTI AFFETTI DA NEUROBLASTOMA CO-ESPRIMONO ALTI LIVELLI DI GD2 E PRAME B. De Angelis, I. Caruana, D. Pagliara, D. Orlando, D. Barbato, R. De Vito, R. Boldrini, G. Milano, F. Locatelli, C. Quintarelli Dipartimento Onco-Ematologia Pediatrica e Medicina Trasfusionale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma Italy Il neuroblastoma (NB) è il più frequente tumore solido extra-cranico dell età pediatrica, con una sopravvivenza a 5 anni di solo il 40% per i pazienti con NB ad alto rischio o per malattia metastatica o per caratteristiche biologiche (amplificazione di n-myc). Lo scopo della nostra ricerca è identificare marcatori biologici o combinazione di essi, che potrebbero essere utilizzati in diagnostica, nel monitoraggio della malattia, e soprattutto come molecole bersaglio per approcci innovativi di immunoterapia cellulare adottiva. In particolare, abbiamo valutato l espressione di due antigeni quali il disialogangloside GD2 e l antigene tumorale PRAME (antigene preferibilmente espresso nel melanoma) in linee cellulari di NB e in campioni biologici derivati da pazienti con nuova diagnosi o recidiva di NB, seguiti presso il Dipartimento di Oncoematologia dell OPBG. La valutazione citofluorimetrica dell espressione degli antigeni considerati ha evidenziato che 4/5 linee di NB sono risultate GD2 positive (98%-100%) con un espressione estremamente elevata di PRAME (60%-98%). E interessante notare che la linea di NB LAN-5 derivata da un clone GD2 negativo è risultata positiva al 90% per l antigene PRAME. L antigene GD2 è risultato espresso nel 100% (8/8) dei pazienti che hanno ricevuto diagnosi di NB da Ottobre/2014 ad oggi e nel 100% (2/2) dei pazienti con recidiva di malattia. L analisi citofluorimetrica ha evidenziato nei campioni analizzati una espressione media di GD2 pari a 23%±29 della frazione CD45 negativa (CD45-). Nei pazienti con recidiva di NB, la frazione CD45-GD2+ è risultata del 20%±8. L analisi della coespressione di GD2/PRAME ha, inoltre, mostrato positività in tutti i casi valutati. Abbiamo anche evidenziato in un paziente di NB una frazione di cellule CD45-GD2- PRAME+. Questi dati sono stati confermati in Real- Time-PCR su RNA messaggero e mediante immunoistochimica su tessuti paraffinati. La caratterizzazione fenotipica di antigeni tumorali espressi su tessuti di pazienti con NB è di estrema importanza, in quanto il nostro gruppo ha attivato una duplice strategia immunoterapeutica volta ad eliminare sia neuroblasti GD2+, mediante cellule T ingegnerizzate a riconoscere la molecola GD2 attraverso un recettore chimerico (CAR-GD2), sia neuroblasti PRAME+, mediante cellule T geneticamente modificate con recettore T specifico per PRAME (TCR-PRAME). P005 ANALISI DI ATRX NEL NEUROBLASTOMA IN ADOLESCENTI E GIOVANI ADULTI K. Mazzocco 1, R. Defferrari 1, A.R. Sementa 1, M. De Mariano 2, A.R. Gigliotti 3, M.R. Esposito 4, M. Morini 5, S. Sorrentino 3, C. Manzitti 3, M. Conte 3 1 UO Anatomia Patologica, Istituto Giannina Gaslini, Genova; 2 Terapia Immunologica, IRCSS AOU San Martino-IST, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova; 3 Dipartimento di Emato-Oncologia, Istituto Giannina Gaslini, Genova; 4 Laboratorio Neuroblastoma, Laboratorio di Onco/Ematologia, Dipartimento SDB, Università di Padova, Istituto Ricerca Pediatrica, Padova; 5 Laboratorio di Biologia Molecolare, Istituto Giannina Gaslini, Genova, Italy Il neuroblastoma (NB) in pazienti adolescenti e giovani adulti (AYA) è raro ed è caratterizzato, sia negli stadi localizzati sia in quelli metastatici, da un andamento clinico cronico e una prognosi complessivamente peggiore rispetto ai bambini. A causa della 17

Poster rarità del NB negli AYA, le informazioni biomolecolari su tali tumori sono a oggi ancora scarse. In un precedente studio abbiamo caratterizzato da un punto di vista genetico-molecolare 34 casi AYA, nei quali le alterazioni più frequenti sono risultate essere la delezione/imbalance 1p36 (58%), il gain 17q (52%), la delezione 11q (30%), la delezione 9p (32%), il gain 7q (17%) e l amplificazione di MYCN (10%), quest ultima meno frequente rispetto a quella osservata nel bambino. Inoltre abbiamo valutato la presenza di mutazioni a carico del gene ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase receptor), a oggi conosciute circa 20, e la sua espressione in immunoistochimica. Il 16% dei casi analizzati che presentavano le mutazioni di ALK hanno mostrato positività anche della proteina. Recentemente studi di whole-genome sequencing su NB hanno rivelato mutazioni e delezioni del gene ATRX (a thalassemia/mental retardation syndrome X-linked), evidenziando un associazione tra le mutazioni e l età dei pazienti (>12 anni), lo stadio metastatico e l assenza di amplificazione di MYCN. Nel presente lavoro abbiamo valutato le mutazioni del gene ATRX e l espressione della proteina. Sono stati studiati 21 casi di cui uno solo è risultato positivo per una nuova mutazione c.6572a>c p.d2191a nell esone 30 del gene. La proteina è stata analizzata su 9 casi: il caso mutato è risultato negativo, gli altri 8 hanno mostrato gradi differenti di positività. La mutazione di ATRX è in genere associata a un allungamento dei telomeri mediante ALT (alternative lengthening of telomeres) che è predittivo nel bambino di una peggior prognosi della malattia. Se confermato in una più ampia coorte di pazienti, ATRX potrebbe in futuro rappresentare per gli AYA un nuovo bersaglio terapeutico. P006 PROFILASSI ANTIBIOTICA PERIOPERATORIA NEL BAMBINO SOTTOPOSTO A CHIRURGIA ONCOLOGICA L. Pio 1,2, A. Naselli 3,2, S. Avanzini 1, M. Cing Yu Wong 1,2, M. Conte 4, E. Castagnola 3, A. Garaventa 4, C. Manzitti 4, M. Nantron 4, L. Amoroso 4, G. Martucciello 1,2, U. Rosati 5, G. Mattioli 1,2 1 UOC Chirurgia pediatrica, Istituto Giannina Gaslini, Genova; 2 DINOGMI, Università di Genova; 3 UOC Malattie Infettive, Istituto Giannina Gaslini, Genova; 4 Dipartimento di Emato-Oncologia Pediatrica, Istituto Giannina Gaslini, Genvoa; 5 UOC Centro Controllo Direzionale e Servizio Qualità, Istituto Giannina Gaslini, Genova, Italy INTRODUZIONE: L efficacia della profilassi antibiotica per prevenire infezioni del sito chirurgico nei bambini sottoposti a chirurgia oncologica non trova linee guida correnti ed è stata scarsamente analizzata nella letteratura. Lo scopo dello studio è quello di analizzare l efficacia della profilassi con cefazolina per 24 ore (4 dosi) in pazienti pediatrici con tumore solido sottoposto a chirurgia. METODI: Dal 2008 al 2014 sono stati prospetticamente raccolti i dati riguardanti pazienti oncologici, di età compresa tra zero e 18 anni, sottoposti a procedure chirurgiche addominali utilizzando come profilassi dell infezione del sito chirurgico cefazolina 25 mg/kg, iniziando la somministrazione 30 minuti prima dell incisione e proseguendo ogni 8 ore per un totale di 3 dosi nelle volte nelle 24 ore successive all intervento. Un sistema di controllo di controllo di qualità (Timeout) è stato utilizzato prima dell incisione per evitare il rischio di compliance incompleta. Le infezioni del sito chirurgico sono state identificate usando un database chirurgico prospettico per il primo periodo di 30 giorni postoperatorio. Eventuali emocolture e urinocolture positive sono state monitorate con il sistema di controllo di qualità istituzionale per valutare il rischio di infezioni, tra cui regime chemioterapico post-operatoria. Il rischio di infezione è stato valutato considerando anche American Society of Anesthesiologist (ASA) score (Gruppo 1: ASA 1-2; Gruppo 2: ASA 3-5), durata chirurgica (Gruppo A: <200 minuti; Gruppo B: >200 minuti) e tecniche chirurgiche (chirurgia tradizionale e chirurgia laparoscopica). RISULTATI: Sono stati trattati 153 bambini (63 maschi, 90 femmine), l età media all intervento è stata di tre anni (range: 13 giorni a 18 anni). 111 pazienti hanno presentato un basso ASA (gruppo 1) e 43 pazienti hanno presentato un punteggio ASA alto (Gruppo 2). La durata chirurgica mediana è stata di 200 minuti (range: 50-840 minuti). Non si è verificata nessuna infezione del sito chirurgico o intra-addominale. CONCLUSIONI: Benché non sia stato eseguito un confronto con un gruppo di controllo, si può concludere che, nelle procedure chirurgiche oncologiche addominali (senza apertura dei visceri), una cefalosporina di prima generazione (cefazolina) utilizzata 30 minuti prima dell incisione e tre volte nelle 24 ore successive all intervento, fornisce una protezione sufficiente dalle infezioni del sito chirurgico. P007 RUOLO DELLA BIOPSIA EPATICA NEI BAMBINI CHE SVILUPPANO VOD IN CORSO DI TRATTAMENTO PER TUMORE DI WILMS L. Meneghello, R. Alaggio, P. Dall Igna, A. Paratella, G. Cecchetto, G. Bisogno Clinica di Oncoematologia Pediatrica, Anatomia Patologica e Chirurgia Pediatrica di Padova, AOU; Pediatria Ospedale Santa Chiara di Trento, Italy La malattia venoocclusiva epatica (VOD) è una complicanza rara ma potenzialmente severa della chemioterapia (CT) ben descritta nei pazienti pediatrici sottoposti a trapianto di cellule staminali ma riportata anche in pazienti trattati per tumori solidi, in particolare per Tumore di Wilms (TW). Per valutare l incidenza e l outcome della VOD (secondo i criteri di McDonald: almeno due tra ittero, epatomegalia e/o dolore in ipocondrio destro, aumento di peso e/o ascite) abbiamo condotto uno studio retrospettivo su 120 bambini tratta- 18

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 ti per TW secondo protocollo SIOP93-01 o 2001 presso il nostro Centro negli ultimi 20 anni. Abbiamo analizzato le caratteristiche cliniche della VOD, le alterazioni laboratoristiche e quelle istopatologiche riscontrabili alla biopsia epatica eseguita in occasione della nefrectomia successiva alla CT preoperatoria. Abbiamo inoltre valutato l eventuale disfunzione epatica a distanza. Un episodio di epatotossicità si è verificato in 16 pazienti (13%), compatibile con VOD nel 10%, in forma moderata in 8, e severa in 4. Un bambino è deceduto per insufficienza multiorgano. Nel 60% dei casi l epatotossicità è avvenuta durante la CT preoperatoria, nel 10% durante la CT postoperatoria e in un 30% durante o successivamente alla radioterapia. Nonostante abbiano ricevuto dosi ridotte di chemioterapici i bambini più piccoli di età sono risultati a maggior rischio di VOD. Sono state eseguite 67 biopsie epatiche: in 5 casi di VOD in corso di chemioterapia preoperatoria la biopsia ha confermato la diagnosi clinica; in un caso la biopsia era positiva per VOD anche se clinicamente si era riscontrata una epatotossicità non VOD. Le biopsie epatiche non si sono rivelate predittive per lo sviluppo di VOD durante la chemioterapia post chirurgica. Nessun bambino ha manifestato segni di epatotossicità a lungo termine. La sopravvivenza globale a 3 e a 5 anni non è risultata sostanzialmente diversa nei bambini che avevano sviluppato VOD. CONCLUSIONI: l incidenza di VOD riscontrata è paragonabile a quanto segnalato in letteratura. L esecuzione di una biopsia epatica al momento della nefrectomia sembra avere un valore diagnostico ma non prognostico. Lo sviluppo di VOD durante il trattamento non riduce le possibilità di sopravvivenza di questi pazienti né danneggia la funzionalità epatica a lungo termine. P008 ANEMIA DI FANCONI E MEDULLOBLASTOMA: DESCRIZIONE DI UNA NUOVA MUTAZIONE NEL GENE BRCA2 E CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DEL TUMORE E. Miele 1,2,*, A. Mastronuzzi 3,*, A. Po 1, A. Carai 4, V. Alfano 1,2, A. Serra 3, G.S. Colafati 5, L. Strocchio 3, M.G. Cefalo 3, M. Antonelli 6, F.R. Buttarelli 6, M. Zani 1, S. Ferraro 1, A. Buffone 1, A. Vacca 7, I. Screpanti 1, F. Giangaspero 6,8, G. Giannini 1,9, F. Locatelli 3, E. Ferretti 7 1 Department of Molecular Medicine Sapienza University, Rome; 2 Center for Life NanoScience@Sapienza, Istituto Italiano di Tecnologia, Rome; 3 Department of Hematology/Oncology and Stem Cell Transplantation, Bambino Gesù, Children s Hospital, IRCCS, Rome; 4 Department of Neuroscience and Neurorehabilitation, Bambino Gesù Children s Hospital, IRCCS, Rome; 5 Department of Radiology, Bambino Gesù Children s Hospital, IRCCS, Rome; 6 Department of Radiological, Oncological and Pathological Science, Sapienza University, Rome; 7 Department of Experimental Medicine Sapienza University, Rome; 8 Neuromed Institute, Pozzilli (IS); 9 Pasteur Institute Cenci Bolognetti Foundation, Rome, Italy *These authors contributed equally to this work. L anemia di Fanconi (AF) è una patologia ereditaria clinicamente eterogenea che colpisce circa 1/100.000 bambini/anno. Sono stati descritti 17 geni coinvolti nella patogenesi della AF, implicati a vario livello nella regolazione dei meccanismi di riparazione del DNA. Sebbene il rapporto genotipo/fenotipo non sia chiaro per tutti i gruppi di complementazione, la mutazione biallelica dei geni FANCD1/BRCA2 e di FANCN/PALB2 si associa all insorgenza in sequenza di tumore di Wilms (TW), medulloblastoma (MB) ed LMA. Descriviamo il caso di una paziente AF/FANCD1 affetta da TW seguito da due MBs nella quale è stata evidenziata una nuova mutazione germline patologica di BRCA2 e per la quale sono stati caratterizzati molecolarmente i MBs. Seguita per rene unico pelvico, a focaccia, giunge alla nostra osservazione a 15 mesi per TW metastatico a livello polmonare. La facies ha indotto all esecuzione di un DEB diagnostico per AF. Trattata secondo il protocollo SIOP TW-2001 e sottoposta a chirurgia conservativa sul rene (nefroblastoma grado III) e a metastasectomia su unica lesione polmonare residua. Off-therapy dal TW, all età di 35 mesi, la paziente tornava per cefalea e vomito: la TC evidenziava una neoplasia cerebellare emisferica, asportata completamente (MB1 desmoplastico). E stato iniziato un trattamento con carboplatino/vincristina determinante una tossicità ematologica di grado IV recuperata in 3 mesi. A 52 mesi, a un controllo di follow-up diagnosi di neoplasia cerebellare vermiana, asportata completamente (MB2 anaplastico/grandi cellule, n-myc amplificato), recidivato e disseminato al controllo RMN a 30 giorni dalla chirurgia. Seguiva trattamento palliativo con decesso a 55 mesi. L analisi genetica su sangue periferico documentava la presenza di due distinte mutazioni di BRCA2: c.658_659delgt nell esone 8 paterna e c.2944_2944dela nell esone 11 materna-quest ultima mai descritta. L analisi molecolare dei MBs documentava neoplasie del sottogruppo Sonic Hedgehog (Shh): MB1 a profilo molecolare MB/Shh-adulti, MB2 a profilo MB/Shh-infants con marcatori dei gruppi 3/4 ed elementi di staminalità. PECULIARITà: 1- Descrizione mutazione dell esone 11 di BRCA2 c.2944_2944dela in AF; 2- Conferma successione di neoplasie descritta in pazienti AF/FANCD1; 3- Caratterizzazione molecolare di MB in AF: terapie target; 4- Comparsa di MBs con differenti profili molecolari. Si ringrazia AIRFA. P009 SINDROME DEL TUMORE EREDITARIO DELLA MAMMELLA E DELL OVAIO: IL BAMBINO E L ADOLESCENTE NELLE FAMIGLIE A RISCHIO I. Vasta 1, E. De Matteis 2, M.R. De Giorgio 2, S. Mauro 3, M. Ciccarese 2, L. Palma 4, A. Tornesello 1 1 UO Oncoematologia Pediatrica; 2 UO Oncologia; 3 Laboratorio Genetica Medica; 4 Servizio di Psicologia, PO Vito Fazzi, Lecce, Italy 19

Poster La sindrome del tumore ereditario della mammella e dell ovaio riguarda circa il 5-10% di tutti i tumori della mammella e dell ovaio e nel 30% dei casi è causata da mutazioni germline dei geni BRCA1 e BRCA2. L elevato rischio oncologico nei soggetti portatori di tali mutazioni rende necessaria l individuazione delle famiglie a rischio, l offerta di un adeguato counseling e l esecuzione di test genetici, per le opportune strategie preventive. Riportiamo l esperienza relativa allo studio di famiglie con storia di cancro della mammella o dell ovaio, registrate presso l Ambulatorio di Tumori eredo-familiari della mammella e dell ovaio dell UO di Oncologia del PO Vito Fazzi di Lecce nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2013 e il 18 marzo 2015. Sono state arruolate pazienti affette da carcinoma della mammella e/o dell ovaio e donne sane con una storia familiare positiva per un totale di 157 soggetti afferenti a 126 famiglie. Per identificare le mutazioni dei geni BRCA1/2 è stata utilizzata la tecnica di sequenziamento Sanger. Nell ambito delle famiglie studiate sono stati identificati 100 soggetti ad alto rischio, sottoposti a test genetico; di questi 18 avevano mutazione genetica accertata, 16 BRCA1 e 2 BRCA 2; 2 soggetti con mutazione BRCA 1 erano rispettivamente di 20 e 23 anni. Nelle famiglie di soggetti ad alto rischio 24 soggetti erano di età compresa tra 0 e 14 anni e 28 soggetti erano di età compresa tra 15 e 24 anni. Nelle famiglie di soggetti con mutazione genetica accertata 5 soggetti erano di età inferiore a 18 anni. L esperienza riportata costituisce uno studio pilota di caratterizzazione del clustering familiare del cancro della mammella e dell ovaio nel Salento. L offerta di un accesso al servizio di counselling e l esecuzione di test genetici permette di stabilire e promuovere programmi di prevenzione secondo le più recenti linee guida. Solleva però il problema dell approccio al bambino, adolescente e giovane adulto appartenente a queste famiglie. Sebbene l Accademia Americana di Pediatria non raccomandi l esecuzione dei test in soggetti di età inferiore a 18 anni, è utile che il pediatra oncologo sia coinvolto nel counseling per un appropriata valutazione del rischio anche nel minore. P010 RUOLO DEI TRASCRITTI DI FUSIONE CIC-DUX4 E BCOR-CCNB3 NELLA RI-CLASSIFICAZIONE DEI SARCOMI DI EWING ED INDIFFERENZIATI PEDIATRICI EWSR1-ETS NEGATIVI K. Ludwig 1, R. Alaggio 1, G. Basso 2, G. Bisogno 2, A. Zin 3 1 Dipartimento di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera-Università di Padova; Padova; 2 Clinica di Oncoematologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera- Università di Padova; Padova; 3 Istituto di Ricerca Pediatrica, Città della Speranza, Padova; per il Gruppo di Lavoro Sarcomi dei Tessuti Molli, Italy INTRODUZIONE E OBIETTIVI: Il sarcoma di Ewing (SE) è un tumore primitivo a cellule rotonde, dall istogenesi ancora non ben definita e che può originare dall osso o dai tessuti molli. Presenta delle traslocazioni cromosomiche ricorrenti che coinvolgono il gene EWSR1 e i geni della famiglia ETS. Recentemente, in un sottogruppo di sarcomi indifferenziati (IND) morfologicamente simili al SE sono state identificate due nuove traslocazioni: CIC-DUX4 e BCOR-CCNB3. Se questi tumori ora, debbano rappresentare una variante del SE oppure un entità distinta non è ancora chiaro. In questo studio abbiamo valutato la presenza delle traslocazioni CIC- DUX4 e BCOR-CCNB3 in una serie di sarcomi pediatrici con caratteristiche istologiche simili al SE e all IND. METODI: Abbiamo utilizzato la reazione polimerasica a catena (RT-PCR) per determinare la presenza dei trascritti di fusione EWS/FLI1, EWS-ERG e EWS/ETV4 nei tumori (a fresco o fissati in formalina ed inclusi in paraffina) di 285 casi pediatrici (intervallo di età 0.5-18 anni) con diagnosi istologica di SE e IND. I casi risultati negativi per questi marcatori molecolari sono stati ulteriormente analizzati mediante RT-PCR per la ricerca delle traslocazioni cromosomiche CIC-DUX4 e BCOR-CCNB3. RISULTATI: In 264 pazienti con SE abbiamo determinato la presenza di una delle traslocazioni della famiglia EWSR1-ETS (93%). Nei 21 casi negativi abbiamo trovato il trascritto di fusione CIC-DUX4 su 1 SE (0,4%) e BCOR-CCNB3 su 3 IND (1,1%). Abbiamo poi rivisto la morfologia dei 4 casi e abbiamo notato alcune peculiarità: il caso positivo per CIC-DUX4 è caratterizzato dalla presenza di cellule allungate, con citoplasma chiaro e occasionali formazioni nidiformi, mentre i casi positivi per BCOR-CCNB3 sono eterogenei e presentano delle cellule allungate che potrebbero essere suggestive per un malignant peipheral nerve sheath tumor (MPNST) o in 1 caso per un condrosarcoma mesenchimale. L immunoistochimica per CD99 non è stata dirimente ai fini della definizione diagnostica. CONCLUSIONI: I SE ed IND negativi per le traslocazioni EWSR1-ETS rappresentano un eterogeneità di neoplasie che potrebbe racchiudere al suo interno sottogruppi di tumori caratterizzati dalla presenza dei trascritti di fusione CIC-DUX4 e BCOR-CCNB3. La loro caratterizzazione molecolare è indispensabile per la corretta definizione diagnostica di questi tumori che potrebbero altrimenti essere erroneamente classificati. P011 PRIMO PROTOCOLLO PER NEUROBLASTOMA AD ALTO RISCHIO SIOP EUROPE NEUROBLASTOMA. REPORT AD INTERIM DELLA CASISTICA ITALIANA R. Luksch 1, E. Viscardi 2, M. Bianchi 3, A. Prete 4, A. Castellano 5, P. D Angelo 6, G. Zanazzo 7, C. Moscheo 1, C. Manzitti 8, S. Vetrella 9, A. Tondo 10, A. Di Cataldo 11, P. Pierani 12, F. Bonetti 13, E. Pota 14, F. De Leonardis 15, G. Casazza 16, F. Porta 17, M. Provenzi 18, S. Cesaro 19, P. Bertolini 20, B. Galleni 8, A. Garaventa 8 1 Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano; 2 Az. Ospedaliera, Padova; 3 OIRM S. Anna, Torino; 4 Policlinico S. Orsola, Bologna; 5 Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, Roma; 6 Osp. G. Di Cristina, Palermo; 7 IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; 8 Istituto G. 20

XL Congresso Nazionale AIEOP-Lecce, 24-26 maggio 2015 Gaslini, Genova; 9 Ospedale Pausilipon, Napoli; 10 Ospedale Meyer, Firenze; 11 Ospedale Policlinico, Catania; 12 Ospedale Salesi, Ancona; 13 Policlinico S. Matteo, Pavia; 14 Seconda Università di Napoli; 15 Ospedale Policlinico, Bari; 16 Ospedale S. Chiara, Pisa; 17 Spedali Civili, Brescia; 18 Ospedali Riuniti, Bergamo; 19 Policlinico G.B. Rossi, Verona; 20 Azienda Ospedaliero Universitaria, Parma, Italy INTRODUZIONE: Il protocollo arruola pazienti con neuroblastoma ad alto rischio (stadio INSS 2, 3, 4, 4s con amplificazione di MYCN, e stadio 4 di età >12 mesi). Riportiamo alcuni risultati ad interim della coorte italiana dello studio, che è tuttora aperto. METODI: Lo studio ha confrontato in maniera randomizzata (R) la 3-yrs EFS tra 2 regimi mieloablativi con rescue autologo (R1). La R2 confronta la 3-yrs EFS di un mantenimento con anticorpo anti-gd schema in 8 orex5gg con o senza IL-2. La R3 confronta la response rate dopo induzione con COJEC vs schema con antraciclina (N7 MSKCC-mod.). La R4 confronta la 3-yrs EFS di un mantenimento con anti-gd2 in infusione lungotermine con o senza IL-2. RISULTATI: Dal 1/02/2002 al 31/12/2014 sono stati arruolati in Italia 479 pazienti, età mediana 35 mesi (range 0-226), stadio 4 >1 anno=428, stadio 2 o 3 o infants con MYCN amplificato=51. R1, conclusa, ha dimostrato superiorità di busulfano+melphalan rispetto a CBDCA+VP16+melphalan. R2 è chiusa, mentre R3 ed R4 sono aperte all arruolamento. La probabilità di sopravvivenza a 3 anni e 5 anni della coorte italiana è: globale 0.57 (SE 0.026) e 0.41 (SE 0.02), per stadio 2-3 MYCN ampl 0.76 (SE 0.06) e 0.72 (SE 0.06), per stadio 4-4S 0.55 (SE 0.028) e 0.36 (SE 0.03), rispettivamente. Per i pazienti stadio 4 >1 anno di età in RC prima della fase mieloablativa la probabilità di sopravvivenza a 3 e 5 anni è 0.59 (SE 0.03) e 0.45 (SE 0.03). Vi sono stati 10 decessi per tossicità, di cui 5 post-trapianto (TRM 1,7%), e un decesso per leucemia secondaria. CONCLUSIONI: Si tratta di un protocollo particolarmente intenso e gravato da tossicità di rilievo, con il quale rispetto alle nostre esperienze precedenti (Garaventa A, et al Ann Oncol 2002; De Bernardi B, et al JCO 2002; Haupt R, et al. JCO 2010) le probabilità di sopravvivenza a 3 e 5 anni sono decisamente migliorate per la malattia localizzata ad alto rischio, ma sono anche aumentate di circa il 10% per la popolazione con malattia metastatica ad alto rischio. P012 PROTOCOLLO LINES: STUDIO OSSERVAZIONALE NEONATAL ADRENAL MASS. ARRUOLAMENTO ITALIANO M. Conte, A.M. Fagnani, K. Mazzocco, R. Defferrari, A. Garaventa, A.R. Gigliotti, G. Bracciolini, A. Castellano, M. Podda, E. Tirtei, S. Ruotolo, F. De Leonardis, M. Bianchi, P. D Angelo, V. Cecinati, P. Pierani, E. Viscardi, S. Avanzini, M. Nantron, A. Di Cataldo Per il Gruppo Italiano Neuroblastoma, Italy In epoca neo-perinatale una massa sopra-renale è in genere dovuta ad un neuroblastoma (NB) o un emorragia surrenalica. In questi casi la chirurgia può essere inutile o rischiosa considerando la capacità di regressione e l ottima prognosi del NB a questa età. Per studiare incidenza e andamento clinico di simili lesioni nel protocollo LINES è stato attivato lo studio Neonatal Adrenal Mass (NAM) che prevede di arruolare bambini con massa sopra-renale diagnosticata entro i primi 90 giorni di vita, ben definita, asintomatica e di diametro non superiore ai 5 cm. Tutti i casi eleggibili saranno sottoposti ogni 3 settimane solo a controllo clinico, ecografia della lesione e dosaggio delle catecolamine urinarie. La scintigrafia con MIBG e/o RMN saranno eseguite non prima della nona settimana di follow up (FU). In caso di aumento della lesione o degli acidi urinari >del 40% rispetto ai valori iniziali il caso sarà escluso dallo studio e sottoposto a chirurgia. Se documentata invece riduzione della massa il FU sarà proseguito per 48 settimane al termine delle quali è indicata la chirurgia su massa residua se non presenti fattori di rischio chirurgico. Al marzo 2015, 35 casi (8 con diagnosi prenatale) sono stati arruolati nello studio. In 22/35 (63%) casi si è registrata regressione completa o significativa riduzione della lesione entro i termini previsti dal FU, 7 casi hanno sviluppato un evento: locale in 3 e metastatico (fegato o cute) in quattro. Di 6 casi mancano informazioni. I 7 casi con evento sono stati sottoposti ad accertamento istologico della lesione che è risultata sempre essere un NB. Nessuno dei 7 casi ha ricevuto chemioterapia e tutti sono attualmente in RC. Questi dati preliminari confermano l elevata possibilità di regressione spontanea di una massa sopra renale in epoca perinatale giustificando un atteggiamento di wait and see. L evento progressione è sempre associato alla presenza di un NB per il cui trattamento è spesso sufficiente la sola chirurgia. P013 LINFOCITI T RIPROGRAMMATI CON CAR anti-gd2 IN UN MODELLO DI NEUROBLASTOMA M. Prapa 1, S. Caldrer 2, C. Spano 1, M. Bestagno 3, G. Golinelli 1, G. Grisendi 1, T. Petrachi 1, D. Campana 4, M. Dominici 1, P. Paolucci 1 1 Division of Oncology, Department of Medical and Surgical Sciences for Children & Adults, University- Hospital of Modena and Reggio Emilia, Modena, Italy; 2 Department of Pathology and Diagnostics, University of Verona, Verona, Italy; 3 International Center for Genetic Engineering and Biotechnology, Trieste, Italy; 4 Department of Pediatrics, National University of Singapore, Singapore Il GD2 è un antigene espresso in numerose neoplasie di derivazione neuroectodermica, quali il neuroblastoma, melanoma, microcitoma polmonare, retinoblastoma, medulloblastoma e gliomi di alto grado, come pure sarcomi ossei e dei tessuti molli. L associazione con tumori ancora incurabili e la bassa espressione di GD2 nei tessuti sani, rende questo antigene un promettente 21