Unità Operativa N 4 MALATTIE GASTROENTERICHE E DEL FEGATO Responsabile: Giorgio Marenco



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REGIONE LIGURIA LINEEGUIDASANITÀ Progetto Li.Gu.Med. P roduzione e Implementazione, D i ffusione e Applicazione di Linee Guida in Medicina Interna Generale e Specialistica Unità Operativa N 4 MALATTIE GASTROENTERICHE E DEL FEGATO Responsabile: Giorgio Marenco LINEA GUIDA SU: EPATITE VIRALE CRONICA, CIRROSI, EPATOCARCINOMA Coordinatori: A. Picciotto, R. Testa Estensori: M. Canepa, A. Canepa, V. De Conca, L. Derchi, C. Ferro, R. Pellicci, A. Picciotto, R. Testa, G. Torre, U. Valente

Le linee guida sono raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte allo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche. Sviluppare processi che migliorino la qualità dell assistenza utilizzando al meglio le risorse disponibili, informare il personale sanitario e i pazienti sulle diverse possibilità di diagnosi e cura: questi i principali obiettivi che l esperienza di altri paesi europei ha dimostrato essere effettivamente conseguibili. Il progetto Li.Gu.Med. promosso dalla Regione Liguria d intesa con il Ministero della Sanità in collaborazione con l Università di Genova Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, l Azienda Ospedaliera Ospedale San Martino di Genova e Cliniche Universitarie Convenzionate e l Azienda Ospedaliera Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, si propone di raggiungere questi obiettivi nei confronti degli utenti, del personale sanitario e degli amministratori sanitari, coinvolgendo anche il mondo dell informazione per accrescerne l obiettività e la completezza nella comunicazione. La presenza di esperti autorevoli alcuni dei quali con esperienza specifica nell elaborazione di linee guida in ambito nazionale ed internazionale ne assicura la qualità clinica e scientifica. La collaborazione attiva dei medici di famiglia garantisce la diffusione e l attuazione delle linee guida sul territorio. Inoltre, viene dato ampio spazio al coinvolgimento e al consenso di amministratori, operatori sanitari, associazioni di pazienti, ordini professionali, società scientifiche. Nello sviluppo del progetto, ha un ruolo determinante la medicina basata sull evidenza, cioè fondata su procedure diagnostiche e terapeutiche ritenute ottimali sulla base di studi clinici convalidati dalla letteratura scientifica internazionale. Articolato in 6 unità operative che agiscono parallelamente per raggiungere gli obiettivi prefissati, il progetto ha previsto in una prima fase la stesura di linee guida diagnostiche e terapeutiche relative ad alcune tra le patologie più rilevanti in Liguria; di tali linee guida si intende poi incoraggiare la diffusione e l utilizzo. Il conseguimento degli obiettivi viene valutato mediante indicatori specifici per ciascuna linea guida. Responsabile del Progetto è il Dott. Sergio Vigna della Regione Liguria, responsabile scientifico è il Prof. Giacomo Deferrari dell Università di Genova; il Gruppo di Coordinamento del progetto è inoltre costituito dai responsabili delle unità operative, da esperti di statistica, comunicazione ed economia sanitaria e da rappresentanti dei Medici di Medicina Generale e dell Ordine dei Medici, e delinea le tappe di svolgimento dell attività e ne cura la corretta diffusione.

1. Premesse Le evidenze scientifiche sulle quali sono formulate le presenti linee guida sono classificate sulla base del tipo di studio da cui sono ricavate e pertanto sulla loro "forza" di indicazione, secondo la classificazione presentata nella Tabella 1. Tabella 1. C ATEGORIA DI EVIDENZA E FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE Categoria di evidenza * I. 1 o più trials clinici randomizzati ben disegnati o metanalisi II. 1 o più studi controllati non randomizzati o altri studi che non raggiungano il livello I III.studi non sperimentali descrittivi o di casistica (studi comparativi, studi di correlazione, studi caso-controllo) o analisi di sottogruppi di trials randomizzati IV. rapporti di esperti o su pochi casi (< 10) Forza della raccomandazione A. Basata direttamente su evidenze di cat. I B. Basata direttamente su evidenze di cat. II e/o raccomandazioni estrapolate da evidenze di cat. I C. Basata direttamente su evidenze di cat. III e/o raccomandazioni estrapolate da evidenze di cat. I o II D. Basata direttamente su evidenze di cat. IV e/o raccomandazioni estrapolate da evidenze di cat. I, II o III * Modificato da: - Canadian Task Force on the Periodic Health Examin., 1979 - US Department of Health and Human Services, 1992 - Canadian Hypertension Society Consensus Conference, 1993 - Shekelle PG, Woolf SH, Eccles M, Grimshaw J, BMJ, 1999 2. Diagnosi e terapia dell epatite cronica da virus C 2.1 Introduzione L epatite da virus C (HCV) è attualmente uno dei più importanti problemi di salute pubblica. La prevalenza media mondiale è stimata attorno al 3% con valori oscillanti dallo 0,1 al 5% nei vari paesi. I portatori di virus C sarebbero oltre 150 milioni. La prevalenza media italiana supera il 3% con valori nettamente superiori nelle fasce di età più avanzata. Attualmente si ritiene che nei paesi industrializzati l HCV sia la causa del 20% delle epatiti acute, del 70% delle epatiti croniche, del 40% delle cirrosi in fase avanzata, del 60% degli epatocarcinomi e del 30% dei trapianti di fegato. 2.2 Storia naturale dell epatite C L 85% dei soggetti che si infettano con l HCV diventano portatori cronici dell infezione. Circa i 2/3 di essi hanno evidenze biochimiche di epatite

cronica. Si stima che circa il 20% dei pazienti con epatite cronica sviluppi la cirrosi in un arco di tempo che va dai 10 ai 20 anni. L incidenza dell epatocarcinoma è dell 1-4% per anno in pazienti con cirrosi. La storia naturale dell epatite C può essere condizionata ed accelerata nella sua progressione verso la cirrosi da alcuni fattori quali: età all epoca dell infezione (progressione più lenta nei soggetti giovani), alcool, coinfezione con HIV, HBV. 2.3 La diagnosi di epatite C I test per la diagnosi di epatite C si possono dividere in 2 categorie generali: 1) test sierologici che determinano l anticorpo verso l HCV (anti-hcv) e 2) test molecolari che determinano e/o quantificano l HCV-RNA e caratterizzano il genotipo dell HCV in un paziente infetto. I test sierologici si distinguono in test immunoenzimatici (ELISA) di screening ed in test supplementari (RIBA) impiegati per risolvere eventuali falsi positivi all ELISA test e nei gruppi di pazienti a basso rischio di infezione da HCV. La determinazione dell HCV-RNA mediante reazione polimerasica a catena (PCR) fornisce l evidenza di una attiva replicazione virale ed è potenzialmente utile per confermare la diagnosi e monitorare la risposta alla terapia antivirale. Livello ottimale di sensibilità di questo test dovrebbe essere di circa 100 copie di HCV-RNA per millilitro di plasma o siero. L impiego nella comune pratica clinica, fuori dall ambito terapeutico, di test quantitativi per l HCV-RNA e per la determinazione del genotipo virale rimane ancora oggetto di discussione. I test ELISA devono essere impiegati come screening iniziale perché sono facili da eseguire e poco costosi. Una positività del test ELISA e del test RIBA in soggetti a basso rischio ed una positività del test ELISA soltanto in soggetti ad alto rischio o con sospetto clinico di epatite C dovrebbe essere confermata dal test qualitativo per l HCV-RNA. La determinazione dell HCV-RNA qualitativo è oggi indicata in: A) Pazienti anti-hcv negativi: - immunocompromessi con transaminasi elevate ed esclusione di altre cause note di epatopatia; - con crioglobulinemia mista essenziale (gli anticorpi possono essere concentrati nel crioprecipitato e pertanto non essere rilevabili); - con epatite acuta ad eziologia sconosciuta. B) Pazienti anti-hcv positivi: - con transaminasi persistentemente normali; - neonati di madre con infezione da HCV; - monitoraggio della terapia antivirale C) Soggetti con profilo sierologico dubbio: - positività di tipo indeterminato con il test RIBA; - risultati discordanti al test ELISA. Genotipizzazione e quantizzazione dell HCV-RNA sono raccomandati solo nella prospettiva di un trattamento antivirale.

Al momento attuale uno screening di massa per l HCV non trova indicazioni. Dovrebbero essere testati solo i soggetti appartenenti a gruppi a rischio quali: - persone che hanno o possono aver ricevuto trasfusioni di sangue od emoderivati prima del 1991; - pazienti emodializati; - neonati da madri anti-hcv positive; - utilizzo presente o passato di sostanze stupefacenti per via venosa; - donatori di tessuti od organi. Raccomandazione (A): è assolutamente inutile ripetere il test ELISA o RIBA una volta che la diagnosi di epatite C sia stata formulata; il test HCV-RNA qualitativo, una volta definita la diagnosi, non deve essere ripetuto se non nell ambito di un eventuale approccio terapeutico; l esecuzione di test per l HCV-RNA quantitativo e per il genotipo virale è indicata solo prima di un eventuale approccio terapeutico 2.4 Terapia dell epatite cronica C 2.4.1. Indicazione al trattamento La decisione di trattare un pz è una problematica complessa che deve prendere in considerazione numerose variabili: età del pz, condizioni generali di salute, rischio di sviluppare cirrosi, probabilità di risposta ed altre condizioni che potrebbero ridurre la spettanza di vita o controindicare i farmaci antivirali. E appropriato ed importante eseguire la biopsia epatica prima dell inizio della terapia per determinare il grado della necrosi e della infiammazione e lo stadio della fibrosi. Le informazioni ottenute devono essere integrate con il quadro clinico e biochimico per prendere una successiva decisione terapeutica. Il paziente con necrosi ed infiammazione moderata/severa e/o fibrosi dovrebbe essere trattato. La non eseguibilità o la non adesione del paziente alla esecuzione della biopsia epatica non preclude a priori l approccio terapeutico una volta che siano state escluse altre possibili cause di epatite cronica. L età biologica del paziente è più importante di quella cronologica, tuttavia nei pazienti in cui si prenda in considerazione il trattamento con Ribavirina dovrà essere eseguita una accurata valutazione cardio-vascolare per determinare il rischio potenziale della riduzione dell emoglobina indotta dalla Ribavirina. La terapia antivirale in categorie particolari quali bambini, pazienti con manifestazioni extra-epatiche, pazienti con coinfezioni con altri virus (HIV e/o HBV), trapiantati d organo, può essere presa in considerazione anche se è necessario l apporto di ulteriori studi per validarne le modalità e l ef-

ficacia. Sono esclusi dal trattamento pz con tossicodipendenza attiva, alcolismo, turbe psichiatriche, cirrosi scompensata e pz con transaminasi persistentemente normali. Pazienti con cirrosi compensata possono essere trattati anche se i potenziali benefici (riduzione dell incidenza dello sviluppo di cirrosi scompensata o epatocarcinoma) devono ancora essere confermati con ulteriori studi controllati. La valutazione del livello dell HCV-RNA e del genotipo è indicata nel modulare lo schema terapeutico e non può essere utilizzata come criterio per negare il trattamento. Raccomandazione (A): La terapia antivirale non è indicata nei seguenti casi: - transaminasi persistentemente normali; - cirrosi scompensata; - patologie concomitanti che riducano la spettanza di vita; - alcolismo o tossicodipendenza attiva; - turbe psichiatriche. La terapia antivirale deve essere sospesa se al III mese non vi è una risposta biochimica e/o virologica. 2.4.2. Attuali opzioni terapeutiche Pazienti naive. La combinazione di α-interferone (3MU tre volte la settimana) e Ribavirina (1-1,2 gr/die) dovrebbe essere offerta in assenza di controindicazioni. La durata della terapia va modulata sul genotipo e sul livello di viremia: - Genotipo non 1, indipendentemente dai livelli viremici: 6 mesi; - Genotipo 1 e viremia sotto i due milioni di copie per millilitro: 6 mesi; - Genotipo 1 e viremia sopra i due milioni di copie per millilitro: 12 mesi. Nei pazienti in cui la Ribavirina è controindicata o non disponibile: -α-interferone 3MU tre volte la settimana per 12 mesi. La terapia dovrebbe essere sospesa dopo tre mesi in caso di mancata risposta biochimica e/o virologica. Pazienti con relapse dopo terapia con Interferone: - combinazione α-interferone e Ribavirina per 6 mesi - α-interferone a dosaggi più alti o per 12 mesi La terapia dovrebbe essere sospesa dopo tre mesi in caso di mancata risposta. Pazienti non responder dopo terapia con Interferone: Per i pz che non hanno risposto all interferone in monoterapia o in combinazione con Ribavirina non vi sono ad oggi protocolli terapeutici di comprovata efficacia. 2.5 Monitoraggio Nei pazienti non in trattamento eseguire test epatici ed emocromo ogni 6 mesi. Se la terapia non è stata intrapresa per un quadro istologico lieve

alla biopsia iniziale, si raccomanda inoltre di ripetere la biopsia ad intervalli di 4-5 anni. Durante il trattamento dovrebbero essere controllati emocromo e transaminasi mensilmente. Nei pazienti in terapia con Ribavirina un controllo più assiduo dell emocromo dovrebbe essere effettuato specie nel primo mese di terapia. La risposta alla fine della terapia dovrebbe essere giudicata attraverso la valutazione delle transaminasi e dell HCV-RNA qualitativo. La risposta sostenuta dovrebbe essere giudicata dopo sei mesi dalla fine della terapia con la valutazione delle transaminasi e dell HCV-RNA qualitativo. 2.6 Bibliografia 1. Bellentani S, et al. Prevalence of chronic liver disease in the general population of northern Italy: the Dionysos Study. Hepatology 1994; 20:1442-9 2. Guadagnino V et al Prevalence, risk factors, and genotype distribution of hepatitis C virus infection in the general population: a community-based survey in southern Italy. Hepatology 1997; 26:1006-11 3. Alter MJ. Epidemiology of hepatitis C. Hepatology 1997; 26(Suppl):62S-65S. 4. S e e f LB. Natural history of hepatitis C. Hepatology 1997; 26( Suppl):21S-28S. 5. Lok AS, et al. Diagnosis of hepatitis C. Hepatology 1997; 26 Suppl):48S-56S. 6. G retch DR. Diagnostic tests for hepatitis C. Hepatology 1997; 26 ( S u p p l ) : 4 3 S - 4 7 S. 7. EASL International Consensus Conference on Hepatitis C. J Hepatol 1999; 30: 956-961 3. Cirrosi epatica 3.1 Diagnosi La cirrosi epatica, che rappresenta uno stadio evolutivo di un danno epatico cronico, a diversa etiologia, può decorrere completamente asintomatica, e quindi misconosciuta, o manifestarsi già con i segni clinici di scompenso (ascite, encefalopatia, emorragia digestiva). Per questa varietà di presentazione occorre precisare quali siano gli elementi clinici-biochimicistrumentali utili per una diagnosi di presunzione o di certezza. 3.1.1. Diagnosi di presunzione Si basa su un insieme di dati che possano indicare la presenza di danno epatico cronico compatibile con cirrosi. Anamnesi positiva per consumo di alcool (l assunzione di 50 g/die per 20 anni rappresenta un forte fattore di rischio di sviluppare cirrosi), o positiva per HBsAg o HCV Ab. Biochimica indicativa di alterata sintesi epatica (riduzione sierica di albumina e tasso protrombina, elevazione sierica di bilirubina). Ematologia indicativa di ipersplenismo (piastrinopenia e leucopenia). Clinica con evidenza delle complicanze, per le quali, peraltro, occorre escludere altre cause dalla cirrosi (per esempio: ascite di natura neoplastica, encefalopatia di natura neurologica, emorragie digestive non da ipertensione portale).

3.1.2. Diagnosi di certezza Il gold standard è rappresentato dall esame istologico, ma, a parte problemi particolari in cui l istologia è di aiuto anche sul piano etiologico (cirrosi biliare primitiva, emocromatosi, M. di Wilson), la necessità della biopsia epatica deve essere valutata nel rapporto rischi-benefici di un esame invasivo, specie quando la diagnosi di presunzione è forte e la diagnosi per immagine ed endoscopica è evidente. La diagnostica per immagini, fondamentale per la diagnosi di cirrosi è rappresentata dall ecotomografia, che evidenzi i segni di evoluzione strutturale del parenchima epatico ed i segni di ipertensione portale (splenomegalia, dilatazione asse vascolare spleno-portale, rallentamento del flusso portale). L endoscopia del digerente superiore rappresenta la tecnica fondamentale per la visualizzazione diretta delle alterazioni vascolari prodotte dall ipertensione portale (varici esofagee e gastriche e/o gastropatia ipertensiva o congestizia). 3.2. Stadiazione di malattia La stadiazione clinica della cirrosi è importante per la valutazione prognostica della malattia, sia per l indicazione al trapianto di fegato, sia per la scelta di terapie mediche o chirurgiche a cui si deve sottoporre il paziente. - Classificazione di Child-Pugh (score clinico - biochimico di: ascite, encefalopatia, albumina, bilirubina, tasso di protrombina): Score 1 Score 2 Score 3 Encefalopatia Assente Grado I II Grado III - IV Ascite Assente Moderato Teso Albumina > 3.5 gr/dl 3 3.5 gr/dl < 3 gr/dl Bilirubina < 2 mg/dl 2 3 mg/dl > 3 mg/dl T. di Quick > 70% 40 70% < 40% Classe A score 5-6 Classe B score 7-9 Classe C score 10 La valutazione prognostica mediante score di Child-Pugh dà mediamente un rischio di mortalità a 1 anno (e 5 anni) del 10% (e del 20%) per la classe A, del 20-25% (e del 40-50%) per la classe B, del 50% (e del 90%) per la classe C. Lo score Child-Pugh ha dei limiti (soggettività dello score clinico, arbitrarietà degli score biochimici), per cui sono utili: - Tests di Quantizzazione (MEGX Test, Breath 1 3 C Test), come completamento - integrazione allo score Child-Pugh; indicati particolarmente per pazienti candidati a pro c e d u re terapeutiche invasive o a trapianto di fegato.

3.3 Identificazione complicanze Schematicamente le tappe per l identificazione di ciascuna complicanza della cirrosi sono rappresentate da: A) IPERTENSIONE PORTALE 1 livello - Ecografia con Doppler asse spleno-portale - Esofago-Gastroscopia: fondamentale per stadiare il rischio emorragico 2 livello - Tac Spirale: per valutare problemi particolari (trombosi portali, shunts spontanei o chirurgici) B) ASCITE Ecografia (diagnosi preclinica) Clinica: semeiologia obiettiva S c reening della natura dell ascite e della peritonite batterica spontanea (PBS): - Paracentesi esplorativa - Conta granulocitaria - Culturale - Citologico - Albumina - LDH - XDP - α-feto proteina C) ENCEFALOPATIA EPATICA Forma subclinica: - Evidenziabile con tests psicometrici Forma clinica: - Valutazione del grado: Grado 1: i n a p p ropriate modificazioni dell umore, ridotta capacità di attenzione, impaccio in calcoli matematici semplici (+ -) Grado 2: l e t a rgia, apatia, disorientamento nel tempo e nello spazio, evidenti modificazioni di personalità, comportamento inappropriato Grado 3: sonnolenza, semi-stupore ma responsivo a stimoli, confusione-disorientamento Grado 4: coma - Identificazione possibili fattori scatenanti 3.4 Prevenzione delle complicanze Non esiste terapia per far regredire il processo di fibrogenesi che ha determinato la cirrosi, ma eliminare le noxe patogene che hanno provocato il danno epatico cronico, può limitarne o rallentarne la progressione e quindi prevenirne le complicanze. L astensione dall alcool è mandatoria, mentre la terapia antivirale (interferone e ribavirina nelle cirrosi HCV correlate, lamivudina e famciclovir nelle cirrosi HBV o Delta correlate) deve essere decisa sulla base dell attività della malattia virale e della possibilità di aggravare lo scompenso del fegato.

La prevenzione delle specifiche complicanze è basata su raccomandazioni igienico-dietetiche: Ascite: limitare l apporto di sale (Na) ed acqua, evitare gli sforzi fisici intensi, evitare l uso di FANS (riduzione del flusso renale per interferenza con il sistema delle prostaglandine). Emorragia da ipertensione portale: evitare l aumento critico della pressione endoaddominale e quindi del flusso splancnico, come si può avere durante una defecazione forzata (mantenere quindi alvo regolare e morbido con l uso di mucillagini e lattulosio). Encefalopatia epatica: limitare le proteine di origine carnea nella dieta (substrato principale dell ammoniogenesi); mantenere una corretta funzione intestinale (per limitare il tempo di contatto tra substrato proteico e flora ammoniogenetica) per ridurre il rischio di formazione di neurotossine di origine intestinale; evitare farmaci sedativi (per aumentata sensibilità cerebrale). 3.5 Trattamento delle complicanze 3.5.1. Emorragia da rottura di varici esofagee 3.5.1.1. Profilassi 1 sanguinamento Soggetti a rischio: varici esofagee F2-F3 con o senza segni predittivi endoscopici Terapia: β-bloccanti e/o nitrati (Propranololo 40-120 mg, Nadololo 40-80 mg, Isosorbide 5 mononitrato 40-80 mg) Raccomandazione A: - I cirrotici dovre b b e ro ricevere screening endoscopico per valut a re presenza e caratteristiche di varici esofagee e gastriche e rischio di sanguinamento. - I pazienti senza varici dovre b b e ro essere rivalutati ogni 2 anni. - I pazienti con varici piccole dovre b b e ro essere rivalutati a n n u a l m e n t e. - I pazienti con varici medie o grandi dovre b b e ro essere trattati con -bloccanti non selettivi; la associazione con isosorbide-5- mononitrato può essere utile. - La scleroterapia endoscopica non è indicata nella profilassi prim a r i a. - Il ruolo della legatura endoscopica delle varici non è ancora d e f i n i t o.

3.5.1.2. Trattamento dell emorragia Rianimazione con o senza farmaci vasoattivi Endoscopia terapeutica non disponibile Endoscopia diagnostica e terapeutica Farmaci vasoattivi Sclerosi (Somatostatina* Terlipressina**) Sanguinamento Sanguinamento con o senza controllato non controllato sonda a palloni per tamponamento Programma di eradicazione Ripetere endoscopia con legatura o sclerosi terapeutica con farmaci vasoattivi TIPS successo non successo - transezione esofagea - shunt porto-cava * Stilamin o Modustatina: 250 ng in bolo ev rapido, poi infusione continua al ritmo di 250 ng/h per 48-72, a controllo dell emorragia sostituire con Octreotide 0.1 mg x 4 sino a programma avanzato di eradicazione endoscopica. ** Glipressina: 2 mg in 100 cc soluzione fisiologica in infusione per 30 ogni 6 ore sino a controllo emorragia, poi sostituire con Octreotide. Raccomandazione A - Il sanguinamento gastrointestinale in paziente con cirrosi epatica nota o sospetta dovrebbe essere trattato con terapia vasoattiva appena possibile: le opzioni disponibili sono glipressina, somatostatina o octreotide. - Per ottenere livelli di pressione arteriosa stabili dovrebbero essere infusi liquidi, mentre le trasfusioni di sangue dovrebbero essere impiegate per mantenere livelli di emoglobina di almeno 9 g/dl. Bisogna stabilire parametri e tempi precisi per la definizione di fallimento della terapia. - Tutti i cirrotici con emorragia gastrointestinale devono ricevere endoscopia d'urgenza dopo stabilizzazione emodinamica con iniziale ripristino della volemia. L'endoscopia permette infatti di pro c e d e- re ad una corretta diagnosi e, se il sanguinamento origina da ro t t u r a

di varici esofagee, alla manovra terapeutica fondamentale (sclerosi o legatura delle varici). Il trattamento farmacologico dovrebbe essere continuato durante e dopo la manovra endoscopica. - Il tamponamento esofageo dovrebbe essere impiegato in pazienti con emorragia massiva non controllata dai trattamenti medico ed endoscopico; esso deve essere rimosso dopo 12-24 ore. - Il transjugular intrahepatic portosystemic shunt (TIPS) è una opzione per i pz in cui abbiano fallito la terapia farmacologica e endoscopica. - L'intervento chirurgico è indicato dopo il fallimento della terapia medica ed endoscopica in pz in Child A e B, specie se non candidati al trapianto. 3.5.1.3 Profilassi risanguinamento Legatura varici o sclerosi varici ± β-bloccanti efficace follow-up non efficace TIPS Shunt porto-cava Trapianto di fegato Raccomandazione A: Tutti i pazienti che sopravvivono ad un episodio di emorragia da rottura di varici devono essere considerati ad elevato rischio di sanguinamento e dovrebbero essere posti in trattamento per la profilassi del risanguinamento: a) pazienti che non erano in precedente profilassi con -bloccanti: -bloccanti o scleroterapia endoscopica sono di utilità clinica equivalente; i farmaci hanno meno complicanze, la scleroterapia è marginalmente più efficace. Pertanto, nel singolo caso, la scelta dipende dalla disponibilità locale ad effettuare la procedura e dalla scelta del paziente: - la legatura deve essere preferita alla scleroterapia se c'è disponibilità. - l'efficacia dei -bloccanti può essere migliorata associandola all'isosorbide-5-mononitrato, sebbene l'evidenza clinica non sia definitiva. - l'associazione -bloccanti-terapia endoscopica è forse più efficace della scleroterapia da sola, ma le evidenze cliniche non sono definitive. b) pazienti che erano già in trattamento con -bloccanti prima del sanguinamento: - la aggiunta della terapia endoscopica è consigliabile.

- la legatura dovrebbe essere preferita alla sclerosi, se eseguibile. c) in entrambi i casi: - in caso di fallimento della terapia medica ed endoscopica, le opzioni terapeutiche disponibili sono chirurgia e TIPS. 3.5.1.4. Bibliografia 1. Fardy J.M., Laupacis A.: A meta-analysis of prophylatic endoscopic sclerotherapy for esophageal varices. Am. J. Gastroenterol 89: 1938-48, 1994. 2. D Amico G., Pagliaro L., Bosch J.: The treatment of portal hypertension: a meta-analytic review. Hepatology 22: 332-354, 1995. 3. Shiffman M.L., Jeffers L., Hoofnagle J.H., Tralka T.S.: The role of transjugular intrahepatic portosystemic shunt for treatment of portal hypertension and its complications: a conference sponsored by the National Digestive Diseases Advisory Board. Hepatology 22: 1591-1597, 1995. 4. Williams S.G.J., Westaby D.: Recent advances in the endoscopic management of variceal bleeding. Gut 36: 647-648, 1995. 5. Villaneuva C., Balanzò J., Novella M.T., Soriano G., Sainz S., Torras X., Cussò X., Guarner C., Vilardell F.: Nadolol plus isosorbide mononitrate compared with sclerotherapy for the prevention of variceal rebleeding. New Engl J Med 334: 1624-1629, 1996. 6. Feu F., Del Arbol L.R., Banares R., Planas R., Bosch J., and Members of the Variceal Bleeding Study Group: Double-blind randomized controlled trial comparing terlipressin and somatostatin for acute variceal hemorrhage. Gastroenterol 111: 1291-1299, 1996. 7. Teran J.C., Imperiale T.F., Mullen K.D., Tavill A.S., McCullough A.J.: Primary prophylaxis of variceal bleeding in cirrhosis: a cost-effectiveness analysis. Gastroenterol 112: 473-482, 1997. 8. Bernard B., Lebrec D., Mathurin P., Opolon P., Pynard T.: Beta-adrenergic antagonists in the prevention of gastrointestinal rebleeding in pazients with cirrhosis: a meta-analysis. Hepatology 25: 63-70, 1997. 9. Lay C.-S., Tsal Y-T., Teg C.Y., Shyu W.-S., Guo W.-S., Wu K.-L., Lo K.- J.: Endoscopic variceal ligation in prophylaxis of first variceal bleeding in cirrhotic patients with high-risk esophageal varices. Hepatology 25: 1346-1350, 1997. 10. Stanley A.J., Hayes P.C.: Portal hypertension and variceal haemorrhage. Lancet 350: 1235-1239, 1997. 11. Committee for Portal Hypertension of the Italian Association for the Study of the Liver (AISF). AISF Practice guidelines for portal hypertension. Ital. J. Gastroenterol Hepatol 31: 224-234, 1999

3.5.2 Ascite Moderata Tesa Restrizione sodica Paracentesi evacuativa con Albumina 6-10 gr/l evacuato + restrizione sodica Diuretici 1) Spironolattone 100 400 mg 2) Furosemide 25 50 mg Scarso controllo Escludere PBS Aumentare diuretici Paracentesi 3.5.2.1.Ascite Refrattaria Definizione: ascite che non può essere mobilizzata o la cui precoce riformazione non può essere soddisfacentemente prevenuta dalla terapia medica. Il termine ascite refrattaria include due diversi sottotipi: Ascite resistente ai diuretici: ascite che non può essere mobilizzata o la cui precoce ricomparsa non può essere prevenuta a causa di mancata risposta alla restrizione del sodio ed al trattamento diuretico intensivo. Ascite intrattabile ai diuretici: ascite che non può essere mobilizzato o la cui precoce ricomparsa non può essere prevenuta a causa dello sviluppo di complicazioni indotte dai diuretici che precludono l uso di dosi diuretiche eff i c a c i. Terapia: shunt peritoneo-venoso, TIPS, trapianto. 3.5.2.2. Peritonite batterica spontanea (PBS) Diagnosi - Coltura positiva o polimorfonucleati nel liquido ascitico 250 cell/mm 3 Terapia - Se sintomatica: Cefotaxime 2 gr e.v. ogni 8 ore per 5 giorni - Se asintomatica: Norfloxacina 400 mg ogni 12 ore per 7 giorni Raccomandazione A: - Paracentesi esplorativa per: screening natura ascite e PBS. - Dieta: restrizione idrosalina. Farmaci: associare spironolattone e furosemide. Monitoraggio: ionogramma e funzione renale. - Albumina: sempre raccomandata durante paracentesi evacuativa. Valutare costo/beneficio per integrazione cronica.

3.5.2.3. Sindrome epato-renale Definizione: la sindrome epato-renale è una sindrome che si manifesta in pazienti cirrotici con insufficienza epatica avanzata ed ipertensione portale caratterizzata da alterata funzione renale e marcate alterazioni nella circolazione arteriosa e nella attività dei sistemi vasoattivi endogeni. Criteri diagnostici maggiori: - Malattia epatica acuta o cronica con avanzata insufficienza epatica ed ipertensione portale. - Ridotta filtrazione glomerulare, come indicata da creatinina sierica > 1.5 mg/dl o clearance della creatinina < 40 ml/min. - Assenza di shock, infezione batterica subentrante o trattamento in corso o recente con farmaci nefrotossici. - Assenza di perdite di fluidi gastrointestinali (vomito ripetuto o intensa diarrea) o perdite di fluidi renali (calo ponderale < 500 gr/d per vari giorni in paziente con ascite e senza edemi periferici o 1000 gr/d in paziente con edema periferico). - Nessun sostanziale miglioramento nella funzione renale (riduzione della cre a t. sierica a 1.5 mg/dl o aumento clearance creat. > 40 ml/min) dopo sospensione diuretico e espansione di volume plasmatico con 1.5 L di fisiologica. - Proteinuria 500 mg/dl e assenza ultrasonografica di uropatie ostruttive o malattia renale parenchimale. Criteri diagnostici aggiuntivi - Volume urinario < 500 ml/die - Sodio urinario < 10 meq/l - Osmolarità urinaria > osmolarità plasmatica - Emazie nelle urine < 50 x campo - Concentrazione sierica Na < 130 meq/l Terapia: paracentesi iterative 3.5.2.4. Bibliografia 1. Runyon B.A.: Care of patients with ascites. New Engl J Med 330: 337-342, 1994. 2. Bosch J., Bruix J., Mas A., Navasa M., Rodes J.: Rolling review: the treatment of major complications of cirrhosis. Aliment Pharmacol Ther 8: 639-657, 1994. 3. Aiza I., Perez G.O., Schiff E.R.: Management of ascites in patients with chronic liver disease. Am. J Gastroenterol 89: 1949-1956, 1994. 4. Arroyo V., Ginès P., Gerbes A.L., Dudley F.J., Gentilini P., et al.: Definition and diagnostic criteria of refractory ascites and hepatorenal syndrome in cirrhosis. Hepatology 23: 164-176, 1996. 5. Bataller R., Ginès P., Arroyo V.: Practical recommendations for the treatment of ascites and its complications. Drugs 54: 571-580, 1997. 6. Runyon B.A.: Managemente of adult patients with ascites caused by cirrhosis. Hepatology 27: 264-272, 1998. 7. AISF: Diagnosi e Trattamento del paziente ascitico. Linee Guida 1999.

3.5.3. Encefalopatia epatica 3.5.3.1. Identificazione e trattamento possibili fattori precipitanti L identificazione e la correzione di possibili fattori precipitanti o scatenanti l encefalopatia epatica è una tappa fondamentale del processo terapeutico. Fattore scatenante Possibile correzione - Stipsi - Lattulosio o Lattitolo - Sedativi (Benzodiazepine) - Flumazenil (Antagonista delle Benzodiazepine) - Squilibrio idro-elettrolitico - Stop diuretici,correzione squilibrio - Infezioni - Trattamento specifico 3.5.3.2. Riduzione del substrato ammoniogenetico Dieta a base di proteine vegetali Lattulosio o lattitolo 20 60 gr/24 h 3.5.3.3. Inibizione della produzione di ammonio Neomicina o Paramomicina 250 500 mg ogni 8 ore Rifaximina 200 400 mg ogni 8 ore Metronidazolo 250 500 mg ogni 8 ore Vancomicina 250 mg ogni 6-8 ore 3.5.3.4. In caso di coma epatico stadio 3 e 4: Flumazenil (Anexate) Nutrizione parenterale (glucosio 10% 1000 cc + aminoacidi ramificati 1000 cc) Clistere di pulizia: 500 cc + Lattulosio 40 gr 2 volte al giorno Infusione per sondino nasogastrico di Lattulosio 20 gr + Paramomicina 250 mg + Rifaximina 200 mg ogni 6 ore (l associazione Paramomicina- Rifaximina inibisce la flora ammoniogenetica sia aerobia che anaerobia). 3.5.3.5. Bibliografia 1. Jalan R., Seery J.P., Taylor-Robinson S.D.: Review article: pathogenesis and treatment of chronic hepatic encephalopathy. Aliment. Pharmacol. Ther 10: 681-697, 1996. 2. Riordan S.M., Williams R.: Treatment of hepatic encephalopathy. New Engl. J. Med 337: 473-479, 1997. 3. Jalan R., Hayes P.C.: Hepatic encephalopathy and ascites. Lancet 350: 1309-1315, 1997.

4. Epatocarcinoma L epatocarcinoma (HCC) rappresenta un evoluzione, con sempre maggior frequenza, della cirrosi epatica alcool o virus correlata, verosimilmente legata all aumentata sopravvivenza di questi pazienti. L epatocarcinoma può anche insorgere, meno frequentemente, su epatite cronica virale, verosimilmente nei casi a più lunga esposizione al virus. 4.1. Diagnosi Raccomandazione A: - L'indagine di primo livello per la diagnosi di epatocarcinoma è l'ecografia. - L'ecografia va eseguita in tutti i pz al primo riscontro di epatopatia cronica. - Nei pz con cirrosi epatica è indicato il monitoraggio semestrale dell AFP e dell ecotomografia. - Nel pz cirrotico l'elevazione dell'afp > 200 in assenza di lesioni nodulari deve indurre il sospetto di epatocarcinoma, che deve essere ricercato con tutti i mezzi disponibili. - Il riscontro ecografico di lesioni nodulari solide nel contesto di un fegato cirrotico deve indurre il sospetto di epatocarcinoma. - L'associazione del reperto ecografico di lesioni nodulari e di elevazione dell'afp > 200 ng/dl è patognomonica per epatocarc i n o m a. - La presenza di trombosi portale intra- o extra-epatica associata a lesioni nodulari rafforza il sospetto di epatocarcinoma. - La conferma della diagnosi di HCC richiede una TC spirale bifasica capace di riconoscere la vascolarizzazione arteriosa della lesione. - L'esame istologico ottenuto mediante biopsia ecoguidata è indispensabile nei casi in cui ecografia e TC spirale non forniscono una diagnosi certa. - La negatività del reperto bioptico non esclude la diagnosi di epatoc a rcinoma e impone la rivalutazione clinica e strumentale del pz. - La sorveglianza dei pz cirrotici con ecografia e AFP a intervalli di 6 mesi si è dimostrata utile per la diagnosi precoce. 4.1.1. Stadiazione Raccomandazione A: - In linea di principio la stadiazione deve essere sviluppata in funzione delle possibilità di trattamento. A sua volta la scelta terapeutica è condizionata dai risultati della stadiazione morfologica e funzionale e dall'identificazione di indici predittivi di risposta al trattamento.

- La classificazione di Child-Pugh è il metodo più semplice e standardizzato per valutare la funzione epatica. - L'età è fondamentale per escludere il pz con HCC dai trattamenti più invasivi (> 75) o dal trapianto (> 60). In casi selezionati si può derogare da questi limiti anagrafici in base all'età biologica e allo stato psicologico del pz. - La presenza di varici ad alto rischio o con pregressi sanguinamenti è una controindicazione relativa alla chirurgia di resezione e alla TACE. - Le caratteristiche morfologiche della neoplasia che vanno identificate per la scelta terapeutica sono: sede, numero e dimensioni delle lesioni, carattere infiltrativo o espansivo, invasione vascolare, invasione biliare. - Anche se tutte le tecniche di immagine si sono dimostrate scarsamente sensibili nelle lesioni < 1 cm, la metodica più sensibile e specifica per l'dentificazione del numero delle lesioni é la TC spirale bifasica. - Nei pz candidati a trattamenti chirurgici deve essere esclusa la presenza di metastasi extraepatiche mediante scintigrafia ossea e TC total body 4.2 Opzioni terapeutiche Le opzioni terapeutiche dell epatocarcinoma dipendono da dimensioni, numero e disposizione topografica delle lesioni epatiche e dallo stadio funzionale dell organo. I criteri di scelta sono codificati a livello internazionale: la resezione epatica, di cui il trapianto è la realizzazione estrema, rappresenta il gold standard, peraltro praticabile solo in una minoranza di casi e gravata, oltre che dai rischi operatori, dalla recidiva di malattia a 5 anni nella totalità dei casi. Il rischio di recidiva post-trapianto è inversamente proporzionale alle dimensioni del nodulo.

Le indicazioni, schematizzate di seguito, vanno preferibilmente discusse da un team multidisciplinare esperto. OPZIONE Trapianto: Resezione: Alcoolizzazione ecoguidata (PEI): Chemioembolizzazione transarteriosa (TACE): INDICAZIONI - Lesione singola o multipla con Ø 3 cm, funzione epatica: Child-Pugh A o B, età < 55 anni a coincidenza con età biologica. - Lesione singola o multipla (adiacenti ) con Ø 3 cm, funzione epatica: Child-Pugh A o B, età < 60 anni. - Lesione singola o multipla a) con Ø 5 cm trattamento sedute multiple, anestesia locale; funzione epatica: Child- Pugh A o B o C, età: non limiti b) con Ø > 5 cm trattamento seduta unica, anestesia generale; funzione epatica: Child- Pugh A o B, età: limiti per anestesia. - Lesione singola o multipla (coinvolgimento del parenchima epatico <40%), con Ø > 6 cm < 40% parenchima epatico, funzione epatica: Child-Pugh A o B, assenza di trombosi vena porta, età: compatibile con esecuzione di arteriografia. 4.2.1. Criteri per l esclusione del trattamento loco-regionale o chirurgico Trombosi neoplastica del tronco portale o di una delle due branche principali della vena porta; invasione delle vene sopraepatiche. Classe Child-Pugh C e B avanzato (esclusi i pazienti candidati al trapianto). Coinvolgimento di > 30% del parenchima epatico. Metastasi extraepatiche non trattabili efficacemente. Invasione della via biliare principale. 4.2.2. Terapia dell epatocarcinoma monofocale Raccomandazione A: - I pz in classe Child-Pugh A con basso rischio operatorio e nodulo unico periferico sono candidati alla chirurgia di resezione. - Tutti gli altri pz con nodulo singolo < 5 cm (nei quali non esistono criteri di esclusione) sono candidabili alla terapia loco-re g i o n a l e per cutanea (i migliori risultati si ottengono nei noduli < 3 cm). - La terapia loco-regionale di scelta, in quanto la più sperimentata, è l'alcolizzazione eseguita con tecnica convenzionale. - L'associazione della chemioembolizzazione intraarteriosa seg-

mentaria con l'alcolizzazione è raccomandata nei noduli singoli > 3 cm non resecabili chirurgicamente. - Nei pz < 60 anni con nodulo singolo in classe Child-Pugh C deve essere preso in considerazione il trapianto di fegato. - Il trapianto di fegato può essere considerato anche per pz con epatopatia compensata, in particolare di età più giovane. - Nei pz in lista di attesa per trapianto di fegato la terapia più indicata per contrastare la crescita e la diffusione della neoplasia è la chemioembolizzazione intraarteriosa. - Il trattamento delle recidive si basa sugli stessi criteri. 4.3 Sintesi dell algoritmo diagnostico e terapeutico Fattori di rischio: Programma di controllo dei soggetti a rischio: Cirrosi ad etiologia alcoolica o virale Cirrosi da Emocromatosi Dosaggio α-feto proteina ogni 6 mesi Ecotomografia epatica ogni 6 mesi Metodi di identificazione: Ecotomografia positiva o α-feto proteina elevata Tac spirale Diagnostica Terapia Indirizzo chirurgico (Resezione o Trapianto) * chemioembolizzazione transarteriosa Non Diagnostica Agoaspirato ecoguidato Indirizzo palliativo Scelta di opzione terapeutica non chirurgica: T A C E* Alcolizzazione Termoablazione 4.4 Bibliografia 1. Haydon G.H., Hayes P.C.: Screening for hepatocellular carcinoma. Eur. J. Gastroenterol. Hepatol 8: 856-860, 1996. 2. Rasmussen Ib., Garden O.J.: The management of liver cell cancer. Eur. J. Gastroenterol. Hepatol 8: 861-867, 1996. 3. Trinchet J-C., Beaugrand M.: Treatment of hepatocellular carcinoma in patients with cirrhosis. J. Hepatol 27: 756-765, 1997. 4. Livraghi T., Makuuchi M., Buscarini L.: Epatocarcinoma. Paletto Ed., 1997.

5. Collier J., Sherman M.: Screening for hepatocellulare carcinoma. Hepatology 27: 273-278, 1998. 6. Colleoni M., Audisio R.A., De Brand F., Fazio N., Martinelli G., Goldhirsch A.: Practical considerations in the treatment of hepatocellular carcinoma. Drugs 55: 367-382, 1998. 7. AISF: Diagnosi e Trattamento dell'epatocarcinoma. Linee Guida 1998. 8. Bruix I., Sherman M., Llovet J.M. et al.. Clinical management of hepatocellular carcinoma. Conclusions of the Barcelona-2000 EASL Conference. J. Hepatol 35: 421-430, 2001.