Insegnamenti dalle crisi di senso



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Insegnamenti dalle crisi di senso VITTORIO CODA * 1. Le crisi da mancanza di senso Qualsiasi istituto produttivo - sia esso un impresa o un organizzazione non profit o un ente pubblico territoriale - esiste per dispiegare una sua missione, consistente nella produzione di beni o servizi destinati al soddisfacimento di dati bisogni, nel rispetto di determinate regole del gioco. Ne consegue che, se la missione produttiva diventa sfocata e vengono meno l attenzione e la dedizione necessarie alla sua piena realizzazione, si dischiude la via ad una crisi da mancanza di senso. Crisi di questo tipo si verificano quando la funzione produttiva propria di un istituto, anziché essere concepita come una missione, di fatto viene vissuta in chiave meramente strumentale, per conseguire obiettivi diversi da quello dello svolgimento ottimale della funzione produttiva medesima in una prospettiva lungimirante; e dietro questi obiettivi, che offuscano la ragione d essere dell istituto e generano fenomeni di miopia manageriale, spesso si nascondono ambizioni e disegni di arricchimento, di potere, di protagonismo 1. Nel caso delle imprese, la deriva più comune che conduce ad una crisi di senso è quella della assolutizzazione dell obiettivo di profitto o dell obiettivo di creazione di valore azionario. Trattasi di deriva che si dispiega dietro il paravento di una semplificatrice funzione obiettivo basata su un obiettivo singolo (per l appunto quello del profitto o della creazione di valore azionario) e che induce a trascurare le fondamentali esigenze di bilanciamento tra molteplici obiettivi: di breve e di medio/lungo periodo; di gestione corrente e di gestione strategica; di consolidamento e di sviluppo; di redditività e di competitività; di crescita della produttività e di risposta alle istanze sociali e ambientali. Ora, la complessità dei sistemi aziendali è tale che non esiste un obiettivo singolo in grado di sintetizzare la grande varietà di esigenze e di obiettivi fra cui il management deve ricercare un equilibrio esercitando la sua capacità di giudizio: la ricerca di un obiettivo unico rappresenta la ricerca di una formula magica che elimini la necessità di un tale giudizio e il tentativo di sostituire il giudizio con una formula è sempre un atto irrazionale. La bussola che deve guidare le scelte del management è invece il bene dell impresa, identificato con la sua sopravvivenza e prosperità duratura e ricercato domandandosi che cosa è giusto per l impresa, non * 1 Ordinario f.r. di Strategia e politica aziendale - Università L. Bocconi di Milano e-mail: vittorio.coda@unibocconi.it Coda V. (1991). sinergie n. 81/10

26 INSEGNAMENTI DALLE CRISI DI SENSO ciò che è giusto per i proprietari, i dipendenti, il mercato di borsa e così via. Se una decisione non è giusta per l impresa, essa non è giusta neppure per i suoi stakeholder 2. Nella ricerca di ciò che è bene per l impresa, poi, centrale è la considerazione del cliente. In una economia di mercato ben funzionante, infatti, il cliente è il fondamento su cui poggia un impresa e la ragione della sua esistenza : l impresa esiste per fornire al cliente beni e servizi migliori e più economici. Questa e non altra è la sua missione, una missione che ne fa il motore dello sviluppo economico e che esige che l impresa continuamente innovi migliorandosi 3. Dimenticare la centralità del cliente, facendo di altri stakeholder (come, ad esempio, i lavoratori o gli azionisti) la ragione d essere dell impresa, è mismanagement 4. La centralità del cliente per altro rimane un pio desiderio senza un pieno coinvolgimento, nella strategia aziendale e nella sua attuazione, dei collaboratori tutti, ossia dei dipendenti e dei partner di filiera (distributori e fornitori con cui l azienda stabilisce un legame di rilevante spessore), così da mettere in moto il circuito virtuoso soddisfazione dei clienti-valorizzazione dei collaboratori e farne l asse portante su cui costruire la redditività e la creazione di valore azionario nonché un sistema di creazione di valore a tutto campo che progressivamente incorpori nella funzione obiettivo responsabilità via via più ampie 5. Si può perciò concludere che la risposta alla domanda che cosa è giusto per l impresa? è: tutto ciò che va nella direzione di innescare ed alimentare il circuito virtuoso soddisfazione dei clienti-valorizzazione dei collaboratori e di costruire saldamente su di esso una redditività sostenibile nel tempo e una crescita non effimera del valore azionario 6. Un caso estremo di crisi d impresa da mancanza di senso è quello della General Motors negli anni settanta del secolo scorso, quando, perso il senso della propria missione produttiva, si era giunti a teorizzare che il business di General Motors non era quello di produrre e commercializzare auto, ma quello di fare denaro 7. In tal modo, con questa funzione obiettivo, i bisogni dei clienti e i mutamenti del contesto competitivo, anziché essere messi al centro dell attenzione del management, venivano del tutto relegati in secondo piano 8. Ma, senza giungere a questi estremi, un impresa si espone al rischio di perdere il senso della sua missione produttiva quando il management ristruttura un azienda tagliando indiscriminatamente i costi così da pregiudicarne il rilancio; o quando persegue sistematicamente obiettivi di crescita della produttività preoccupandosi di incidere soltanto sui costi e non anche sul valore dell output per il cliente; oppure quando esalta, enfatizzandolo oltre misura, il compito di produrre ricchezza come se 2 3 4 5 6 7 8 Drucker P. (1954). Drucker P.(1954). Drucker P.(1977). Kaku R. (1977). Cfr. Coda V. (1988) e (2005). O Toole J. (1983). Coda V. (1988).

VITTORIO CODA 27 fosse lo specifico dell impresa, dimenticando che qualsiasi ente produttivo (profit o non profit, pubblico o privato, esposto o meno alla concorrenza di mercato) è tenuto a produrre un output di valore superiore al costo degli input impiegati e, quindi, a produrre ricchezza (ancorché essa possa essere di difficile misurazione); oppure, ancora, quando guida l impresa su un esaltante sentiero di crescita dimensionale, che, a parte ogni giudizio sulla sensatezza del disegno strategico ad esso soggiacente, lo porta a trascurare gli irrinunciabili obiettivi di competitività e di equilibrio economico finanziario. 2. La crisi iniziata nell estate 2007 come crisi di senso dell industria finanziaria mondiale Se l impresa che smarrisce il senso della sua missione produttiva opera all interno di un settore esposto ad una sana competizione di cui si avvantaggia in ultima analisi il cliente, essa sarà prima o poi costretta a ravvedersi, pena la sua emarginazione per non avere rispettato le regole del gioco; la crisi ha cioè il suo sbocco naturale in una perdita di competitività e di redditività, che, se non viene affrontata con tempestività ed efficacia, porta alla espulsione dal mercato. Non così quando le imprese o la maggior parte delle imprese di un intero settore, oltretutto di grande rilevanza economica e sociale, smarriscono il senso della loro missione al servizio del cliente. E, questo, il caso del settore dell intermediazione finanziaria nel primo decennio di questo secolo. In tale settore, infatti, in un contesto caratterizzato da liquidità abbondante, basso costo del denaro, elevato grado di globalizzazione e tecnologicamente evoluto, si è assistito al dispiegarsi dei seguenti fenomeni: - si è affermato e diffuso nel mondo, a partire dagli Stati Uniti, un singolare modello di sviluppo, volto a fondare la redditività aziendale sul dilatarsi di attività e passività puramente finanziarie, estranee ad un corretto esercizio dell attività di intermediazione primaria e, anzi, spesso volto ad estrarre valore dal cliente piuttosto che a generare valore da condividere con lui, tradendo così la missione di sostegno all economia reale - attraverso la valorizzazione dei risparmi e la selezione degli investimenti - propria degli intermediari e dei mercati finanziari; - la crisi in cui la finanza e l economia mondiali sono precipitate, a partire dall estate 2007, hanno progressivamente messo in gravissima difficoltà gli intermediari finanziari che si erano proiettati su sentieri di crescita sostenuta trascurando, in particolare, i rischi di credito e di controparte e i rischi di liquidità (connessi ad una eccessiva dipendenza dai mercati all ingrosso per l approvvigionamento di fondi). Esse, tuttavia, non hanno portato al fallimento dei grandi operatori, che, con la sola eccezione di Lehman Brothers, sono stati oggetto di interventi di salvataggio onde evitare che la situazione sfuggisse al controllo dei pubblici poteri, divenuti pienamente consapevoli che essi erano troppo grandi e/o troppo interconnessi per lasciarli fallire.

28 INSEGNAMENTI DALLE CRISI DI SENSO Ma ecco alcuni tratti del singolare modello di sviluppo sopra accennato: - focalizzazione delle imprese e dei mercati azionari rispettivamente su obiettivi e su attese di risultati reddituali 9 estremamente ambiziosi, perseguiti con elevati o elevatissimi livelli di leva finanziaria, senza preoccuparsi della sostenibilità nel tempo dei risultati medesimi e, anzi, sottovalutando i rischi connessi (a cominciare dai rischi di credito, di controparte e di liquidità); - forte spinta commerciale volta a collocare prodotti redditizi per gli intermediari finanziari, a prescindere dai reali bisogni dei clienti finali e quindi senza l obiettivo di soddisfarne più di tanto le attese e di instaurare con essi durature relazioni di fiducia 10 ; - strategie competitive di pura spesa (in termini di dimensionamento della forza vendita, di risorse per la incentivazione della stessa, di spesa per attività promozionali), concepite per ottenere risultati immediati e non per costruire un vantaggio competitivo (di costo e/o di differenziazione) sostenibile. 3. Quali lezioni dalle crisi di senso Le crisi di senso, ad evidenza, chiamano in causa la mentalità, i valori e l orientamento di fondo del management. Esse perciò si prevengono mantenendo viva la tensione sui valori che si riassumono nella missione aziendale e da esse si esce incorporando tali valori nella cultura e nei comportamenti quotidiani del management. In particolare, la cultura dell impresa deve essere saldamente costruita sul valore cliente ad opera di una leadership capace e determinata, che abbia nel suo credo aziendale tale valore e lo impersoni con il suo stile di guida e con il suo modo di strutturare e di far funzionare i fondamentali meccanismi operativi, a cominciare dal sistema di definizione degli obiettivi, dal sistema di controllo e dal sistema premiante. Diversamente, per ritrovare il senso perduto del fare impresa, a ben poco servono le innovazioni nelle regole o la divulgazione dei principi di buon management. Infatti, le regole si prestano ad una osservanza rigorosamente formale e solo in apparenza sostanziale, mentre le indicazioni prescrittive di good management sono destinate a cadere nel vuoto o ad essere male interpretate se non stravolte. E interessante osservare come i principi di management propugnati dagli studiosi abbiano avuto applicazione distorta nei concreti comportamenti di blasonati intermediari finanziari. Infatti, prendendo a riferimento l Approccio Sistemico Vitale 11 - che si impernia, com è noto, sulla sopravvivenza duratura dell impresa 9 10 11 Sinteticamente espressi per lo più in termini di roe-return on equity (redditività dei mezzi propri). V. le lettere di funzionari di banca pubblicate da Il Sole 24 Ore nell inserto del sabato PLUS24 sotto la rubrica Mal di budget da diversi anni in qua. Golinelli G. M. (2005) e (2008).

VITTORIO CODA 29 quale funzione obiettivo e sulla competitività e sulla consonanza quali fondamentali driver dell azione dell organo di governo - si può constatare che: - la sopravvivenza duratura è stata assicurata grazie al principio del too big/too interconnected to fail; - la competitività è stata perseguita per conquistare clienti da cui estrarre valore privilegiando obiettivi di redditività eccessivamente elevati; - la consonanza è stata ricercata intorno alla favola della creazione di valore azionario, in una atmosfera di crescita euforica sostenuta da una inflazione creditizia giunta a livelli parossistici. Ora, la constatazione di questi stravolgimenti dei principi di buon management suggerisce che essi non possono mai essere dati per scontati e sostanzialmente condivisi e, soprattutto, che occorre approfondire la conoscenza delle condizioni atte a promuoverne una corretta applicazione. Per cominciare, consideriamo l obiettivo della sopravvivenza. Anzitutto occorre prendere atto che esso non è al riparo da rischi di interpretazioni patologiche. In secondo luogo è bene esplicitarne i contenuti propri di una funzione obiettivo di tipo olistico, che, in quanto tale, è in antitesi con qualsiasi funzione obiettivo che assuma un obiettivo singolo, quale che esso sia, al vertice di una gerarchia di obiettivi, assolutizzandolo. In terzo luogo, quella della sopravvivenza è funzione obiettivo, che, a differenza delle funzioni obiettivo legate ad una logica di governo di natura essenzialmente statica, di massimizzazione di un obiettivo - sia esso il profitto o la creazione di valore azionario o le vendite - si traduce in azione di buon governo nella misura in cui vi è un costante impegno del management a capire la complessità e il dinamismo del sistema da governare, ad elaborare risposte adeguate e ad attuarle efficacemente. E ciò in vista di realizzare nel migliore dei modi una valida, prestabilita missione. Quanto alla competitività, essa va concepita intorno al valore centrale della fiducia del cliente, il quale, a sua volta, poggia su comportamenti imprenditoriali al contempo rigorosi e innovativi, mirati a costruire e sostenere un vantaggio competitivo difendibile. Comportamenti opportunistici, volti ad approfittare della fiducia o della ignoranza del cliente o di remore che ne possono ostacolare il passaggio alla concorrenza, alla lunga non pagano, ancorché siano diffusi all interno di un dato settore. Né sono produttive di risultati sostenibili nel tempo le strategie di pura spesa, guidate unicamente dall idea di approfittare di temporanee debolezze di concorrenti, senza tensione alcuna ad un apprendimento by doing destinato a sfociare in una strategia realizzata dai contenuti innovativi, coerente in tutti i suoi componenti. Da ultimo, la consonanza. Essa va concepita e ricercata in termini sistemici e dinamici sul fondamento di una teoria degli stakeholder che: (i) operi anzitutto una netta distinzione tra gli interlocutori costituenti la ragione d essere dell impresa - ossia i clienti finali - e gli interlocutori dei cui apporti e collaborazioni l impresa ha bisogno per svolgere la sua funzione produttiva (i lavoratori, i partner di filiera, i proprietari, i finanziatori a titolo di credito e così via); (ii) costruisca le relazioni sistemiche e dinamiche tra gli stakeholder intorno al nucleo centrale rappresentato

30 INSEGNAMENTI DALLE CRISI DI SENSO dal loop virtuoso soddisfazione dei clienti-coinvolgimento/valorizzazione dei collaboratori (interni ed esterni) ; (iii) preveda un graduale, progressivo allargamento e consolidamento delle basi di legittimazione e consenso sociale man mano che si rafforza la capacità reddituale e competitiva dell impresa, così da coniugare dinamicamente il perseguimento di elevati risultati reddituali, competitivi, sociali e ambientali. Bibliografia CODA V., L orientamento strategico dell impresa, UTET, Torino, 1988. CODA V., Impresa e sistema economico tra efficienza ed equità, Cultura, Etica e Finanza, Impresa e sistema economico tra efficienza ed equità, NED, Milano, 1991. CODA V., Responsabilità sociale e strategia dell impresa, in Sacconi L. (a cura di), Guida critica alla Responsabilità sociale e al governo d impresa. Problemi, teorie e applicazioni della Csr, Bancaria Editrice, Roma, 2005. DRUCKER P., The Practice of Management, Curtis Brown Ltd., London, 1954 (trad. it.: Il potere dei dirigenti, Edizioni di Comunità, Milano, 1958). DRUCKER P., People and Performance. The Best of Peter Drucker on Management, Heinemann, London, 1977. GOLINELLI G. M., L approccio sistemico al governo dell impresa. L impresa sistema vitale, Vol. I, Cedam, Padova, 2005. GOLINELLI G. M., L approccio sistemico vitale. Verso la scientificazione dell azione di governo, vol. II, Cedam, Padova, 2008. KAKU R., The Path of Kyosei, Harvard Business Review, July-August 1977. O TOOLE J., The Failure of Success, Working Paper. Graduate School of Business, University of South California, 1983.