Lo stato dell arte della ricerca clinico-farmacologica. A cura del dott. Paolo Scartezzini e del dott. Alessandro Cocchella dell Ambulatorio per la Sindrome di Down -Ospedale Galliera di Genova. Genova, 28 marzo 2012 La sindrome di Down (o Trisomia 21) costituisce la causa più frequente di disabilità intellettiva conosciuta. Essa è dovuta ad un assetto genetico contente un cromosoma 21 in più che rappresenta la causa di tutte le manifestazioni cliniche della sindrome. L aspettativa di vita dei soggetti affetti da questa patologia è significativamente aumentata nell ultimo ventennio passando dai 25 ani di vita media ai 50 anni e oltre. Tale evidente successo della medicina si accompagna tuttavia ad un aumento delle problematiche relative alle comorbidità che generalmente si accompagnano alla sindrome (eventuali esiti di cardiopatie, distiroidismi, problematiche oftalmologiche ed otorinolaringoiatriche). Peraltro, tali disturbi sono oggi ottimamente trattabili, mentre appare ancora in tutta la sua complessità il problema della cura della disabilità mentale. In tempi relativamente recenti si è iniziato a studiare alcune molecole con una possibile influenza sul trattamento del ritardo cognitivo, innanzitutto su modelli murini ma che ora iniziano 1 / 5
ad essere esportabili anche al soggetto umano protagonista di trials clinici controllati. La possibilità di migliorare le performance cognitive dei soggetti con sindrome di Down costituisce un ambizioso traguardo che avrebbe numerose ripercussioni sul piano del benessere della persona e della sua piena realizzazione. Occorre dunque essere pronti a quello che potrebbe essere un radicale mutamento dello scenario che riguarda le persone con sindrome di Down, soprattutto se gli studi che sono in corso manterranno le promesse in tempi relativamente brevi. Numerosi, infatti, sono gli studi clinici intrapresi nelle persone Down, diverse le molecole testate, mutevoli e talvolta contraddittori i risultati di tali sperimentazioni. Negli ultimi tempi c è stato un vero fiorire di articoli sensazionalistici su nuovi approcci terapeutici per le persone con sindrome di Down (vedi, ad es. l articolo di Elena Molinari Un farmaco metterà le ali alla loro mente su Avvenire del 3 Novembre 2011 pag. 3). Se da una lato tali pubblicazioni hanno il merito di diffondere la notizia che la ricerca sta attivamente cercando un farmaco che possa mitigare gli effetti clinici della Trisomia 21, d altro canto tali articoli indulgono spesso a toni miracolistici, col rischio di ingenerare delle aspettative eccessive nei genitori di queste persone. Per tale motivo occorre affermare con chiarezza che se é vero che passi avanti ne sono stati fatti molti ed é sempre più vicina la possibilità di un intervento terapeutico efficace, tuttavia la complessità della neurobiologia della sindrome di Down è tale che anche gli effetti estremamente positivi di alcuni trattamenti vanno maneggiati con cautela. Inoltre, questi trial clinici sono spesso di durata troppo breve perché gli effetti misurati siano clinicamente significativi. Queste precisazioni non vogliono però spegnere le speranze, casomai devono servire a guardare con ottimismo al futuro tenendo i piedi ben radicati nella realtà. Una buona strada, 2 / 5
insomma, è stata battuta ma molto resta ancora da scoprire. Per entrare nello specifico, negli articoli usciti recentemente su giornali, riviste e siti internet, si fa cenno ad alcuni farmaci specifici per la malattia di Alzheimer come la memantina e ad una molecola, la RG1662, che nel settembre 2011 il colosso tedesco Roche ha deciso di testare sui soggetti affetti da Sindrome di Down. Innanzitutto, va detto che tali molecole sono a differente stadio di sperimentazione: è quasi terminato il trial clinico della memantina mentre quello della molecola RG1662 ha reclutato poco più di 30 soggetti Down di età compresa tra 18 e 30 anni. Ulteriori notizie sullo studio della Roche si possono trovare su questo link: http://www.roche-tri als.com/trialdetailsget.action?studynumber=bp25543. Altre molecole sono state negli anni saggiate nel tentativo di impattare favorevolmente sulle difficoltà cognitive delle persone con sindrome di Down: basti pensare al Donezepil, alla Rivastigmina alla Galantamina. Tutti farmaci già impiegati, con alterna fortuna, nella malattia di Alzheimer. Dal momento che le due patologie condividono alcuni aspetti patogenetici ed anatomopatologici è parso naturale tentare la sperimentazione nei pazienti Down delle molecole dedicate particolarmente alla cura della malattia di Alzheimer. È naturale riporre delle notevoli aspettative su tali studi clinici, tuttavia occorre attendere molto tempo confidando che da essi possano arrivare notizie incoraggianti. DONEZEPIL:Il donepezil cloridrato è un inibitore specifico e reversibile dell acetilcolinesterasi, la colinesterasi maggiormente presente nel cervello. Il donepezil cloridrato inibisce questo enzima con una potenza in vitro pari a 1000 volte quella della butirilcolinesterasi, enzima presente principalmente al di fuori del sistema nervoso centrale. È indicato per il trattamento 3 / 5
sintomatico della demenza di Alzheimer di grado lieve-moderato. MEMANTINA: La memantina è un farmaco che agisce sul sistema glutamatergico. Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio nell'encefalo. Un'eccessiva stimolazione glutamergica può però causare un danno neuronale, che porta ad una condizione patologica di neurotossicità. Tale condizione di eccitotossicità favorisce quindi un accumulo di calcio all'interno del neurone, fenomeno che si osserva in numerosi processi neurodegenerativi. In particolare, il glutammato stimola i recettori post-sinaptici, inclusi quelli per l'n-metil-d-aspartato (NMDA), che è particolarmente implicato nei processi di memorizzazione, e quindi nella demenza. Attualmente vi è uno studio in corso sull'influenza del farmaco sulle abilità cognitive dei pazienti con sindrome di Down. RIVASTIGMINA: La rivastigmina è un inibitore delle acetilcolinesterasi e della butirilcolinesterasi dotato di buona capacità di attraversamento della barriera ematoencefalica e quindi svolge la sua azione farmacologica sia sulle acetilcolinesterasi centrali ( ossia del sistema nervoso centrale) che sulle periferiche. Viene commercializzata in Europa con i nomi Exelon o Prometax. Viene utilizzata nel trattamento della malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato dove si è dimostrata essere efficace sia nel miglioramento dei disturbi cognitivi sia nel rallentamento della progressione della malattia. 4 / 5
GALANTAMINA: La Galantamina (negli Stati Uniti: Nivalin, Razadyne, Razadyne ER, Reminyl) è un farmaco utilizzato per la terapia delle forme di morbo di Alzheimer leggere o moderate, e di altri disturbi della memoria, particolarmente quelli di origine vascolare. La galantamina è indicata per il trattamento della demenza sia di tipo Alzheimer che vascolare, nei suoi gradi da lieve a moderata. Attualmente non vi sono studi pubblicati che consentano di determinare l'utilità del farmaco nel trattamento delle difficoltà cognitive dei pazienti Down. RG1662: è un agonista dei recettori GABA A che costituiscono il principale elemento inibitore dei circuiti neuronali. Studio ancora in fase di reclutamento. Joomla SEO powered by JoomSEF 5 / 5