Il soggetto affetto da AD passa da uno stato di salute e autosufficienza sul piano personale e sociale alla completa dipendenza da terzi, con

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3 Il soggetto affetto da AD passa da uno stato di salute e autosufficienza sul piano personale e sociale alla completa dipendenza da terzi, con conseguente notevole impatto sulla vita quotidiana propria e di chi lo cura e accudisce (caregiver). Un trattamento ideale per l AD dovrebbe produrre risultati significativi dal punto di vista clinico, tali da mantenere il più a lungo possibile le abituali attività e lo stile di vita del paziente. In una persona con AD non trattata, la patologia dura approssimativamente 8-10 anni. Sebbene l espressione clinica e il decorso siano estremamente variabili da individuo a individuo, le alterazioni che si osservano di solito all esordio sono a carico della memoria episodica e dell attenzione, a cui seguono difficoltà nel linguaggio, sia verbale sia scritto, nelle funzioni esecutive e in quelle visuo-spaziali. Tutto ciò porta progressivamente alla perdita della capacità di eseguire le normali attività quotidiane. Con l avanzare della malattia divengono prominenti le alterazioni del comportamento spesso legate alle difficoltà per il malato di comprendere e rapportarsi alle persone e all ambiente che lo circondano che per frequenza e gravità possono ridurre ulteriormente l autosufficienza ed essere causa di grave stress per il caregiver. 3

4 Vista la complessità della malattia, il rallentamento della progressione clinica può essere considerato un obiettivo terapeutico realistico e rilevante per i pazienti e i caregiver. Inoltre, sulla base di studi sia clinici sia osservazionali è prevedibile che un trattamento precoce e persistente possa rallentare la progressione dei sintomi e massimizzare quindi i benefici della terapia. Questo grafico mostra ipoteticamente il risultato atteso da un trattamento efficace rispetto al declino naturale in un paziente affetto da AD. 4

5 Nella gestione del paziente affetto da AD è importante ricorrere a opportuni strumenti di misura per valutare l effettiva efficacia di un farmaco o, al contrario, il suo fallimento terapeutico. Data la molteplicità e complessità delle manifestazioni cliniche, si impiegano solitamente scale di valutazione differenti a seconda del dominio sintomatologico indagato: cognitivo (ad es., MMSE, ADAS-Cog), funzionale (ad es., ADL, IADL, ADCS-ADL), comportamentale (ad es., NPI, BEHAVE-AD), qualità di vita (ad es., ADRQL, DS-DAT), comunicazione e interazione sociale (ad es., CPS, MOSES), valutazione globale (ad es., CIBIC plus, CGI). Esistono inoltre alcune scale multi-dominio che misurano contemporaneamente varie aree a differenti livelli di gravità (ad es., CDR, BGP, GBS). In una review sul tema sono state identificate ben 68 scale di valutazione dei sintomi dell AD, il che dà un idea di quanto sia difficile individuare gli outcome in tale condizione di estrema complessità, soprattutto se si desidera uno strumento applicabile all attività clinica quotidiana in setting non specialistici, come nell ambulatorio di medicina generale. Quindi, resta tuttora la necessità di sviluppare una scala multidimensionale facile da somministrare per valutare la progressione della malattia e la risposta alla terapia nella pratica medica di tutti i giorni. 5

6 Partendo dall osservazione di una notevole riduzione dell acetilcolina nel cervello di soggetti con AD, i farmaci proposti sono stati inizialmente focalizzati al ripristino funzionale di tale neurotrasmettitore. La via più promettente è apparsa quella degli inibitori delle colinesterasi, enzima deputato al catabolismo dell acetilcolina. Bloccando l attività di questa proteina enzimatica si ottiene l effetto di aumentare la quantità di acetilcolina contenuta all interno dello spazio intersinaptico. Sono disponibili vari farmaci inibitori delle colinesterasi caratterizzati da una bassa affinità con l enzima periferico e, invece, caratterizzati da un grado di lipofilia tale da permettere loro di superare la barriera emato-encefalica e, quindi, di avere effetto prevalentemente sul sistema nervoso centrale. Attualmente si impiegano donepezil, rivastigmina e galantamina. Donepezil è indicato per il trattamento sintomatico della demenza di Alzheimer di grado lieve-moderato, rivastigmina per il trattamento sintomatico della demenza di tipo Alzheimer da lieve a moderatamente grave e per la demenza da lieve a moderatamente grave in pazienti con malattia di Parkinson idiopatica, galantamina per il trattamento sintomatico della demenza di tipo Alzheimer da lieve a moderatamente grave. 6

7 Donepezil è un inibitore centrale reversibile delle colinesterasi che attraversa agevolmente la barriera emato-encefalica. Grazie all emivita di circa 70 ore e alla sua limitata attività periferica può essere assunto una volta al giorno. Il farmaco è stato inizialmente approvato alla fine degli ani Novanta da FDA ed EMEA per il trattamento dell AD di grado lieve-moderato. La dose iniziale è di 5 mg/die per 4 settimane, per poi aumentare a 10 mg/die se tollerato. La dose raccomandata è di 5-10 mg/die, quella massima di 10 mg/die. 7

8 In seguito ai positivi risultati ottenuti in un trial clinico randomizzato su soggetti in fase avanzata di malattia la FDA ha poi esteso l indicazione di donepezil anche all AD di grado severo. In diverse metanalisi su trial clinici condotti con donepezil, pur tenendo conto dell eterogeneità delle casistiche e del diverso disegno degli studi, vi è unanimità nel riconoscere al farmaco un significativo miglioramento nelle funzioni cognitive, mentre i risultati sono meno evidenti circa il miglioramento dello stato globale e dei disturbi comportamentali. Uno studio randomizzato in doppio cieco ha mostrato una maggiore efficacia di donepezil ad alte dosi (compresse da 23 mg/die a rilascio prolungato) rispetto al dosaggio standard (10 mg/die a rilascio immediato) nei pazienti con AD moderata-grave. Tale risultato sembra più evidente nei soggetti di età più avanzata ma è anche accompagnato da un più elevato rischio di effetti collaterali. Per quanto riguarda il momento di inizio della terapia, il confronto longitudinale dei soggetti trattati rispetto ai non trattati sembra suggerire che l uso del farmaco dovrebbe iniziare il prima possibile ed essere continuo; qualora la diagnosi dovesse essere tardiva, sarebbe meglio comunque per il paziente iniziare la terapia che non essere trattato affatto. 8

9 Rivastigmina esercita un azione inibitoria lentamente reversibile (pseudo-irreversibile) su entrambe le colinesterasi cerebrali, acetilcolinesterasi e butirrilcolinesterasi (principale pseudocolinesterasi dei mammiferi, distinta dall acetilcolinesterasi per specificità di substrato e localizzazione), e si ritiene che faciliti la neurotrasmissione colinergica rallentando l inattivazione dell acetilcolina rilasciata dai neuroni colinergici funzionalmente integri. Il farmaco può essere somministrato per via orale (capsule a rilascio immediato da 1,5, 3, 4,5 e 6 mg bid da aumentare ogni due settimane fino alla dose di 3-6 mg bid) o per via transdermica (4,6 mg/die x 4 settimane, da aumentare a 9,5 mg/die se tollerati). La formulazione transdermica sembra ridurre la prevalenza degli effetti collaterali, che includono tipicamente nausea e vomito, permettendo così di raggiungere i dosaggi più alti che sono anche i più efficaci. Il farmaco è eliminato per via urinaria e non mostra specifiche interazioni con altri farmaci. 9

10 Come nel caso di donepezil, anche per rivastigmina sono disponibili ampie metanalisi che permettono di verificare, sulla base di vari studi, l efficacia del farmaco utilizzando molteplici scale di valutazione neuropsicologica. La metanalisi di Ritchie et al. (Am J Geriatr Psychiatry 2004;12:358-69) nel caso di rivastigmina ha riconosciuto effetti significativi non solo sulle funzioni cognitive, ma anche sullo stato globale. Una review stilata per la Cochrane Collaboration ha valutato attraverso la selezione di 9 studi, per un totale di 4775 partecipanti l efficacia della molecola nei diversi dosaggi sull intero spettro della malattia. È così emerso come rivastigmina a dosi elevate (6-12 mg/die) risulti efficace nei pazienti con AD lieve-moderata, determinando miglioramenti, rispetto al placebo, evidenti nella diminuzione del tasso di declino cognitivo e nella migliorata capacità di svolgimento delle attività quotidiane. Nel complesso, la letteratura indica che rivastigmina mostra un effetto dose-dipendente, e che i dosaggi più elevati offrono i benefici maggiori sui domini cognitivo, funzionale e globale. È stato anche dimostrato, in un analisi post hoc, che l efficacia sullo stato funzionale è tanto maggiore quanto meno il paziente è compromesso, il che indica l importanza di iniziare il trattamento nelle fasi più precoci di malattia. 10

11 Importante è lo studio IDEAL, della durata di 6 mesi, in doppio cieco, nel quale per la prima volta sono stati presentati i risultati del patch transdermico a rilascio di rivastigmina, messo a confronto con la terapia tradizionale per os: gli esiti clinici sono stati simili, ma grazie all applicazione del cerotto è stata registrata una riduzione di quasi due terzi degli effetti collaterali, quali nausea e vomito. 11

12 Galantamina è un alcaloide inibitore reversibile e competitivo delle colinesterasi caratterizzato, oltre che dal profilo anticolinesterasico, da un azione diretta di modulazione dei recettori nicotinici, con potenziamento della trasmissione colinergica. È disponibile in vari dosaggi, incrementabili ogni quattro settimane fino al dosaggio massimo, e in due formulazioni: a rilascio immediato e a rilascio prolungato. 12

13 In generale, gli effetti del trattamento con galantamina nei vari studi appaiono significativi nell ambito dei domini cognitivo, globale, funzionale e comportamentale. La conferma deriva da alcune recenti metanalisi. In quella della Cochrane Collaboration si sono registrati risultati positivi sul dominio cognitivo con qualsiasi dosaggio di galantamina; tali effetti, evidenti a tre mesi dall inizio degli studi, divenivano più pronunciati a sei mesi. Lo stesso trattamento ha dimostrato di aumentare, rispetto ai soggetti nel gruppo placebo, il numero di pazienti che mostravano un miglioramento clinico o la stabilizzazione. Dati positivi, inoltre, sono stati riscontrati anche in relazione ai domini funzionale e comportamentale. Esiti sostanzialmente confermati da un altra metanalisi in cui il trattamento con galantamina è sembrato produrre un significativo miglioramento ai punteggi ADAS-Cog (relativi alle funzioni cognitive) nei trial in cui è stata usata questa scala, pur con effetti eterogenei. Effetti benefici sono stati riscontrati anche in relazione agli aspetti funzionali e comportamentali. Occorre sottolineare, infine, che da una revisione sistematica su sicurezza ed efficacia di donepezil, galantamina e rivastigmina nel trattamento dell AD, è emerso che non esistono differenze statisticamente significative fra i tre farmaci sotto il profilo dell efficacia sulle funzioni cognitive. 13

14 La tollerabilità rappresenta un requisito indispensabile per un trattamento di successo ed è uno dei fattori che determinano l aderenza al trattamento, soprattutto nella popolazione anziana dove un elevata multimorbilità e una complessa polifarmacoterapia possono rappresentare fattori di rischio per reazioni avverse. I più comuni effetti avversi degli inibitori delle colinesterasi sono a carico dell apparato gastroenterico (nausea, diarrea, vomito, dolori addominali, dispepsia e inappetenza, calo ponderale, anoressia e astenia). Inoltre, a causa del loro meccanismo d azione colinergico, questi farmaci possono indurre ritenzione urinaria, bradicardia e alterazioni nella conduzione cardiaca, broncospasmo e crisi epilettiche. Possono inoltre dar luogo a cefalea, depressione, insonnia, agitazione e vertigini. Da uno studio osservazionale post-marketing condotto con donepezil, comunque, il tasso di sospensione del farmaco per eventi avversi si è attestato intorno al 5%. 14

15 Una strategia farmacoterapeutica differente è nata con lo sviluppo di memantina, molecola che agisce sul sistema glutammatergico. Il glutammato rappresenta circa il 70% della neurotrasmissione eccitatoria. Tra i recettori del glutammato assumono particolare importanza i recettori NMDA, coinvolti nei processi di apprendimento e memoria (attraverso la long-term potentiation). In condizioni fisiologiche, durante il processo di apprendimento, il rilascio presinaptico di glutammato determina l attivazione fasica del recettore NMDA e l ingresso di Ca 2+ nel neurone postsinaptico, portando alla rilevazione del segnale sinaptico sul rumore di fondo. Nell AD, però, il rilascio e il reuptake del glutammato sono cronicamente alterati: l aumento dei livelli di glutammato causa un iperattivazione tonica e continua dei recettori NMDA con concentrazioni intracellulari di Ca 2+ elevate anche in condizioni di riposo. A lungo termine, l ingresso eccessivo di Ca 2+ nelle cellule porta all eccitotossicità, ossia al danno e alla morte neuronale. 15

16 Memantina è un antagonista non competitivo dei recettori NMDA voltaggio-dipendenti, a moderata affinità. In condizioni di riposo, ponendosi all interno del canale per il Ca 2+ del recettore NMDA, memantina blocca l ingresso allo ione anche quando ci si trova, come nell AD, in presenza di eccessive concentrazioni di glutammato. Durante l attivazione sinaptica, aumentando la differenza di potenziale transmembrana, memantina si stacca dal recettore NMDA consentendo l ingresso di Ca 2+ e permettendo così la rilevazione del segnale postsinaptico durante i processi di apprendimento e memoria, ripristinando il rapporto segnale/rumore. Memantina è indicata nel trattamento di pazienti con AD moderata-grave. Negli adulti, la dose massima giornaliera è di 20 mg. Per ridurre il rischio di effetti indesiderati la dose di mantenimento si ottiene aumentando il dosaggio di 5 mg per settimana fino al dosaggio pieno. Memantina è disponibile in compresse da 10 mg e 20 mg e in soluzione orale. La somministrazione di memantina è associata a benefici su comportamento, funzioni cognitive e comunicazione e al rallentamento della progressione clinica. 16

17 Questo schema illustra il meccanismo d azione di memantina, che blocca il recettore NMDA legandosi ad esso come antagonista non competitivo. In questo modo essa previene il danno indotto da livelli abnormi di glutammato, notoriamente responsabili di disfunzione neuronale, e impedisce l ingresso di calcio in condizioni di riposo, permettendolo invece a seguito di attivazione sinaptica. Quest ultimo effetto facilita l apprendimento e la memoria. 17

18 Gli effetti benefici determinati da memantina sulle funzioni cognitive nei pazienti affetti da AD moderata-grave (MMSE <20) sono stati riportati in vari trial randomizzati controllati individuali e in metanalisi. Combinando i dati di sei studi clinici su 1826 pazienti in cui i punteggi delle scale ADAS-Cog e SIB sono stati combinati in tre cluster (linguaggio, memoria e prassia), dopo 24 settimane si è osservato che il trattamento con memantina aveva determinato un miglioramento in un numero significativamente maggiore di pazienti rispetto al placebo in ognuno dei tre cluster, e al tempo stesso una percentuale significativamente minore di pazienti aveva presentato un peggioramento. I tre grafici illustrano per l appunto l efficacia del trattamento nei tre cluster. 18

19 In uno studio post hoc sui singoli item dell ADAS-Cog nei soggetti con AD moderata (MMSE 10-19), l analisi dei singoli item dell ADAS-Cog ha evidenziato rispetto al basale benefici significativamente superiori nei soggetti trattati con memantina che nei non trattati nell esecuzione di comandi, nella prassia, nell orientamento, nella comprensione e nella memorizzazione di istruzioni. 19

20 Anche le analisi delle sottoscale SIB su pazienti con AD moderatamente grave-grave (MMSE 3-14), nel medesimo studio citato prima, hanno evidenziato benefici significativi nei trattati con memantina in relazione al linguaggio, alla memoria, all orientamento, alla prassia e alle capacità visuo-spaziali. 20

21 Lo specifico effetto svolto da memantina sul linguaggio è stato valutato in un analisi post hoc utilizzando la scala Severe Impairment Battery Language (SIB-L), che ha dimostrato un effetto significativo del farmaco, particolarmente visibile nei pazienti con compromissione più marcata del linguaggio (punteggio basale SIB-L 20). 21

22 Comunicazione è un termine ampio che comprende tutte le modalità con cui si inviano e si ricevono i messaggi, includendo il linguaggio, l ascolto, la lettura, la scrittura e la gestualità. Oltre alla comunicazione verbale, vi sono aspetti non verbali, come l espressione facciale, il contatto visivo, il linguaggio del corpo, i gesti e il tono della voce. Dato che i problemi di comunicazione comportano un peggioramento della qualità di vita del paziente e del caregiver, si capisce come tali disturbi rappresentino un target importante del trattamento farmacologico. In uno studio in aperto condotto su pazienti con AD da moderata a grave (MMSE <20), gli effetti di memantina sulle funzioni cognitive e sulla comunicazione funzionale sono stati misurati utilizzando la Consortium to Establish a Registry for Alzheimer s Disease-Neuropsychological Battery (CERAD-NP) e la Functional Linguistic Communication Inventory (FLCI). Il punteggio totale della CERAD-NP è risultato significativamente migliore dopo 12 settimane di trattamento con memantina rispetto al basale (p <0,0001). Anche il punteggio totale della FLCI è migliorato in modo significativo, rispetto al basale. In entrambi i casi, il miglioramento è apparso evidente dalla settimana 4 ed è persistito alla settimana 16, dopo 4 settimane di wash-out. Questi risultati indicano che il trattamento con memantina è efficace nel prevenire il peggioramento del linguaggio, della memoria e della prassia e produce benefici sulla comunicazione verbale e funzionale dei pazienti con AD moderata-grave. 22

23 Le difficoltà nello svolgimento delle attività della vita quotidiana (activities of daily living, ADL) da parte del paziente affetto da AD costituiscono un impegno gravoso per il caregiver, come riportato anche da specifici studi condotti in Europa dalle associazioni dei familiari. Pertanto, gli interventi terapeutici che permettono ai pazienti di conservare il più a lungo possibile la capacità di svolgere i propri compiti quotidiani potrebbero preservarne più a lungo l indipendenza e rendere meno gravoso il carico assistenziale dei caregiver. Da un indagine post hoc su dati ricavati da specifiche scale di valutazione funzionale dopo 24/28 settimane di trattamento, i pazienti trattati con memantina hanno evidenziato un declino significativamente inferiore del punteggio totale ADL rispetto al gruppo placebo, mostrando un declino ridotto sia delle ADL di base (in particolare riguardanti l igiene personale e la cura della persona) sia delle ADL strumentali (con particolare riferimento al trovare gli effetti personali e al muoversi fuori di casa). 23

24 Per valutare i benefici di memantina sui disturbi comportamentali è stata effettuata un analisi post hoc dei dati ricavati da sei studi clinici condotti su 1826 pazienti con AD da moderata a grave (MMSE <20). Dopo 24/28 settimane di trattamento, l analisi mostra che il farmaco è efficace nel controllare i disturbi comportamentali sia nel punteggio totale NPI sia su specifici item quali deliri, agitazione/aggressività e irritabilità/labilità emotiva. Inoltre, una quota significativamente più elevata di pazienti asintomatici per problemi comportamentali è rimasta asintomatica, quando trattata con memantina, per quanto riguardava l agitazione/aggressività, l irritabilità/labilità emotiva e i disturbi del sonno in tutto il tempo di osservazione. Globalmente questi dati indicano che memantina può ridurre il tasso di insorgenza di comportamenti problematici. 24

25 L efficacia di memantina nel rallentare la progressione clinica dell AD è stata indagata con analisi post hoc utilizzando i dati aggregati di sei studi randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo, della durata di sei mesi. Come misura di peggioramento clinico marcato si considerava la riduzione di quattro o più punti alla ADAS-Cog o di cinque o più punti alla SIB, associato a qualsiasi grado di declino funzionale all ADCS-ADL 23/19 e globale alla CIBIC-Plus. Durante il periodo di osservazione, un numero significativamente inferiore di pazienti trattati con memantina ha evidenziato un peggioramento clinico marcato rispetto ai pazienti del gruppo placebo. Tale effetto di rallentamento appare più marcato (tre volte inferiore) nel sottogruppo di pazienti nello stadio moderato (MMSE 15-19): ciò sembra confermare che l inizio precoce del trattamento può essere particolarmente efficace. 25

26 Il razionale su cui si fonda l approccio combinato al paziente affetto da AD si basa sui differenti meccanismi d azione degli anticolinesterasici e di memantina. Inoltre, uno studio preclinico su modello animale ha ulteriormente indagato il razionale della terapia combinata, rilevando che la somministrazione combinata di memantina e donepezil determina un incremento dei livelli di acetilcolina extracellulare nell ippocampo significativamente superiore rispetto alla somma degli incrementi ottenuti somministrando i due farmaci individualmente. Pertanto è possibile che, al di là dell azione su due diversi sistemi di neurotrasmissione, vi sia un aumento sinergico dei livelli di acetilcolina che può contribuire a spiegare i vantaggi della terapia combinata. Ulteriori spiegazioni sul razionale e sul meccanismo d azione dell approccio combinato derivano dalle correlazioni anatomiche esistenti tra sistema colinergico e sistema glutammatergico, descritte in una recente review che, sulla base di diversi studi, propone che vi sia una regolazione diretta e indiretta (attraverso un interneurone inibitorio GABAergico) del rilascio di acetilcolina da parte del glutammato. 26

27 Uno studio clinico della durata di sei mesi, su pazienti affetti da AD moderatamente gravegrave (MMSE 5-14) randomizzati al trattamento con memantina o placebo, in aggiunta a un trattamento stabile con donepezil, ha mostrato significativi benefici su tutti i quattro domini sintomatici funzioni cognitive, attività funzionali, comportamento e outcome globale della terapia combinata memantina più donepezil rispetto alla monoterapia con solo donepezil. Esaminando in maggior dettaglio questi risultati, una serie di analisi post hoc ha identificato in linguaggio, prassia e memoria specifiche aree in cui la terapia combinata sembra determinare benefici statisticamente significativi rispetto alla monoterapia. Sotto il profilo funzionale, la terapia combinata si è rivelata superiore in varie funzioni (tra cui memoria, orientamento visuo-spaziale, attenzione) e attività, come lavarsi, avere cura di sé e guardare la televisione, valutate con le scale SIB e ADCS-ADL 19. Gli aspetti comportamentali, valutati mediante la scala NPI, hanno confermato la superiorità della terapia combinata, rispetto alla monoterapia con donepezil, negli item relativi all agitazione/aggressività, irritabilità/labilità e alterazioni dell appetito/alimentazione. 27

28 Sono rilevanti anche gli esiti di studi osservazionali condotti sul lungo termine. In uno studio condotto in un centro per disturbi della memoria 382 pazienti affetti da AD trattati con memantina in combinazione con un anticolinesterasico, oppure con solo anticolinesterasico o senza alcuna terapia in corso, sono stati sottoposti a valutazioni cliniche periodiche. Memantina in combinazione con un anticolinesterasico è apparsa superiore sia alla monoterapia con l anticolinesterasico sia all assenza di trattamento sulle capacità cognitive (p <0,001). 28

29 Anche la velocità di declino funzionale è risultata significativamente rallentata da memantina in combinazione con un anticolinesterasico, rispetto sia alla monoterapia con quest ultimo sia all assenza di terapia medica (p <0,001). I risultati di uno studio a lungo termine forniscono la prova che memantina, in combinazione con un inibitore delle colinesterasi, possiede un efficacia clinica significativa nel trattamento dei pazienti con AD, che risulta superiore a quella della monoterapia con un anticolinesterasico. Inoltre, essendo i benefici prolungati, si deduce che l inizio precoce del trattamento con memantina possa massimizzarne l efficacia a lungo termine, riducendo inoltre il rischio di istituzionalizzazione. 29

30 Questo diagramma illustra le conclusioni di una recentissima metanalisi di due studi randomizzati in doppio cieco controllati con placebo in cui è stata aggiunta memantina (20 mg/die) a donepezil. Come si può notare, la percentuale di pazienti con peggioramento clinico marcato è risultata significativamente inferiore nel gruppo sottoposto alla terapia combinata, sia nel sottogruppo con AD moderata-severa sia in quello con AD moderata sulla base del punteggio MMSE. 30

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