TROMBOEMBOLISMO VENOSO NEI PAZIENTI CON TUMORI SOLIDI Informazioni per i pazienti. A cura di: Maria Cristina Petrella

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NEI PAZIENTI CON TUMORI SOLIDI A cura di: Maria Cristina Petrella 30 giugno 2015

Gruppo di lavoro Linea Guida AIOM 2014 TROMBOEMBOLISMO VENOSO Coordinatore: Sandro Barni Oncologia Medica - A.O. Treviglio-Caravaggio - Treviglio (BG) Segretario scientifico: Maria Cristina Petrella Unità di Cure Mediche - Istituto Europeo di Oncologia - Milano Estensori: Anna Falanga Immunoematologia e Medicina Trasfusionale - Ospedali Riuniti - Bergamo Mario Mandalà Oncologia Medica - Ospedali Riuniti - Bergamo Andrea Piccioli Azienda Ospedaliera - Università di Padova Revisori AIOM: Roberto Labianca, Felice Vito Vitale SIE: Augusto Federici SISET: Davide Imberti 2

Indice Introduzione... 4 Patogenesi... 5 Fattori di rischio... 6 Anatomia... 6 Segni e sintomi... 7 Esami di laboratorio... 7 Terapia... 8 Profilassi antitrombotica nei pazienti con cancro... 9 Terapia della trombosi venosa profonda... 11 Conclusioni... 11 3

Introduzione Con il termine di tromboembolismo venoso si definisce la formazione di trombi cioè di sangue coagulato all interno delle vene. Tale patologia può dare origine ad una complicanza rappresentata dall embolia polmonare, cioè dei trombi che si staccano e diventano emboli che raggiungono il circolo polmonare causando una ostruzione di un vaso sanguigno più o meno importante del polmone. Nella popolazione generale l incidenza annuale di un evento trombo embolico è di circa 117 casi ogni 100.000 abitanti. La trombosi venosa profonda (TVP) è rara nei bambini, con un incidenza di circa 1 caso su 100.000 alla anno. Con l avanzare dell età l Incidenza aumenta in maniera esponenziale e quasi 1 % degli anziani presenta la patologia. La malattia tromboembolica venosa (TEV) è una complicanza frequente nei pazienti oncologici e rappresenta una importante causa di morbilità e mortalità. Studi recenti hanno infatti dimostrato che la presenza di una neoplasia maligna aumenta il rischio di 4-6 volte rispetto alla popolazione generale,e per i pazienti che ricevono chemioterapia il rischio può aumentare fino a sette volte. Esistono diverse evidenze che supportano la correlazione tra cancro e trombosi. Gli studi eseguiti in corso di autopsie hanno evidenziato una maggiore incidenza di embolie polmonari nei pazienti con cancro rispetto ai pazienti non neoplastici. Anche il rischio di recidiva della trombosi è più elevato nei pazienti con cancro che nei soggetti senza cancro. I pazienti che si presentano con una trombosi idiopatica hanno un rischio aumentato di sviluppare una neoplasia fino ad un anno dall evento trombo embolico. 4

Patogenesi I fattori predisponenti per lo sviluppo del tromboembolismo sono rappresentati dalla triade di Virchow e sono la riduzione del flusso venoso condizione di ipercoagulabilità danneggiamento della parete dei vasi Stasi Significa riduzione della velocità del flusso del sangue ed una riduzione del ritorno venoso talora dovuta alla dilatazione delle vene varicose ed alla riduzione della perfusione periferica. Situazioni del genere si determinano per esempio nelle pratiche chirurgiche, o a seguito di fattori che possono aumentare la viscosità ematica (malattie ematologiche e neoplasie maligne). Ipercoagulabilità Condizione chiave per la formazione del trombo o stati trombofilici, viene determinata dal rilascio in circolo di fattori tromboplastinici e procoagulanti che si riscontra in stati successivi a interventi chirurgici maggiori (come neoplasia anca e addome) o in presenza di neoplasie. Alterazione della parete dei vasi le cellule endoteliali (che rivestono all interno la parete dei vasi), se integre, sono metabolicamente attive sul sistema emostatico e liberano sostanze cellulo repellenti; in presenza di danno della parete vasale, le cellule endoteliali perdono la tromboreristenza. 5

Fattori di rischio Sono stati identificati numerosi fattori di rischio per l insorgenza di un evento tromboembolico,alcuni di essi acquisiti altri ereditari. L età rappresenta uno dei fattori di rischio acquisiti più importanti dal momento che comporta un alterata composizione del sangue in senso protrombotico. Gli interventi di chirurgia maggiore e i traumi aumentano il rischio, poiché causano la liberazione di fattori tissutali che agevolano la formazione del trombo e determinano periodi di immobilizzazione favorenti la stasi. Se ad essi si associano fattori genetici (deficit di proteine che normalmente impediscono la coagulazione del sangue, come proteina S, C e l antitrombina) o l utilizzo di farmaci come ormoni o chemioterapici, il rischio di tromboembolia venosa aumenta in maniera esponenziale. Per quanto riguarda la trombosi associata al cancro, i fattori di rischio sono in parte legati alle caratteristiche del paziente, come l età avanzata, il sesso femminile e le patologie associate, in parte specificamente connessi alla malattia, come la localizzazione e lo stadio della neoplasia, e altre ancora alle terapie come l ospedalizzazione, la chemioterapia, la terapia ormonale, la terapia antiangiogenica e l impiego di fattori di crescita. Anatomia Le vene degli arti sono distinguibili grosso modo in superficiali e profonde. La trombosi venosa profonda interessa le vene profonde. Le vene più colpite da trombosi sono quelle degli arti inferiori. Le vene profonde degli arti inferiori sono: le vene tibiali, la vena poplitea, le vene femorali. Una volta formatosi, il trombo può estendersi seguendo la direzione del flusso venoso, verso le vene iliache (nella pelvi) e la vena cava inferiore (nell addome). La formazione di trombi può avvenire anche negli arti superiori, soprattutto a seguito del posizionamento di cateteri venosi centrali. 6

Segni e sintomi La trombosi può essere asintomatica, ma in alcuni casi possono essere presenti segni e sintomi caratteristici, che includono: gonfiore, calore, dolore, arrossamento o scolorimento e distensione delle vene superficiali. Per una corretta diagnosi il clinico deve valutare oltre ai sintomi e ai segni anche i fattori di rischio del paziente. Viene posta in diagnosi differenziale con l ematoma, gli aneurismi arteriosi o venosi, il linfedema, la cellulite e le patologie del tessuto connettivo. Le principali complicanze della trombosi venosa profonda sono costituite dall embolia polmonare e dalla sindrome di insufficienza venosa cronica. Esami di laboratorio D-DIMERO Un esame di laboratorio che può essere di aiuto nella diagnosi è la determinazione del D-dimero, prodotto di degradazione della fibrina, una sostanza coinvolta nella coagulazione del sangue. Il riscontro di un suo valore elevato può essere diagnostico solo se associato a segni, sintomi e dati radiologici. Ci sono varie condizioni patologiche che possono alterare il D dimero che quindi non è ritenuto diagnostico per TVP. Un suo livello elevato richiede quindi ulteriori indagini strumentali per confermare o escludere diagnosi. Esami strumentali L ecografia (in particolare l ecografia Doppler) è l esame radiologico di primo livello che viene eseguito per una corretta diagnosi di TVP. Esami di II livello che possono diagnosticare una tromboembolia sono la TAC con contrasto e la RMN con mdc. Tali metodiche possono essere richieste come approfondimenti diagnostici. 7

Il gold standard è rappresentato dalla venografia, che consiste nell iniezione di mezzo di contrasto all interno del vaso colpito e successivo utilizzo di raggi X per evidenziare se il vaso è pervio od ostruito. A causa dell invasività della manovra e della scarsa disponibilità, questo test è raramente eseguito. Terapia La terapia dei pazienti colpiti da trombosi ha come obiettivo primario la guarigione e prevenzione delle eventuali complicanze, come l embolia polmonare. Oltre alla terapia medica che utilizza gli anticoagulanti, sono indicati un periodo di riposo con la precauzione di tenere sollevato l arto al di sopra del livello del cuore, fino alla regressione del gonfiore e delle tumefazioni. Viene raccomandato l utilizzo di calze a compressione graduata che siano in grado di applicare una pressione maggiore alle caviglie e una pressione più bassa intorno alle ginocchia. Gli anticoagulanti impediscono la propagazione del trombo e prevedono, nella maggior parte dei casi l utilizzo di eparine a basso peso molecolare che vengono somministrati sottocute, o più raramente l eparina endovena. La durata del trattamento anticoagulante viene valutata in base ad un rapporto rischio/beneficio. Generalmente nella popolazione generale la durata del trattamento è di tre mesi, ma nei pazienti con maggior rischio di recidiva, il prolungamento della terapia anticoagulante è una necessità documentata. 8

Profilassi antitrombotica nei pazienti con cancro Nel paziente affetto da cancro le manifestazioni trombotiche sono molto diversificate, coinvolgendo sia il distretto venoso che quello arterioso e potendo talora esprimersi come gravi forme sistemiche. Il rischio di TEV nel paziente con cancro è un processo dinamico: è più elevato alla diagnosi, durante la chemioterapia e in fase di progressione, mentre è minore in fase di remissione. La prevenzione del TEV nel paziente oncologico diventa quindi fondamentale per molte ragioni, tra le quali la difficoltà di gestire la malattia tromboembolica, le gravi complicanze e le frequenti recidive in questi pazienti. Numerose linee guida per la prevenzione e il trattamento del TEV nel paziente oncologico sono state emanate da società scientifiche nazionali ed internazionali. Secondo le più recenti evidenze, nei pazienti con cancro la tromboprofilassi dovrebbe essere considerata in presenza di condizioni che aumentano il rischio trombotico, cioè le procedure chirurgiche, l ospedalizzazione e la terapia antitumorale nel paziente ambulatoriale. Profilassi del TEV in chirurgia oncologica E stato evidenziato, da studi comparsi negli ultimi decenni, che i pazienti con cancro sottoposti ad interventi chirurgici presentano un rischio di sviluppare un evento tromboembolico quasi doppio rispetto ai pazienti non oncologici (37 vs 20% ) mentre il rischio di embolia polmonare fatale risulta quadruplicato. Attualmente viene raccomandata la profilassi con eparina a basso peso molecolare (EBPM) a tutti i pazienti sottoposti a chirurgia oncologica. L efficacia delle EBPM è stata ampiamente dimostrata in diversi studi. I dosaggi di EBPM che vengono utilizzati nella profilassi perioperatoria sono più elevati di quelli usati in prevenzione e la durata ottimale per ridurre le trombosi postoperatorie è di 4 settimane dall intervento. Profilassi in corso di trattamenti antitumorali farmacologici ( chemio/ormonoterapia) La chemioterapia aumenta il rischio di comparsa di tromboembolismo attraverso tre meccanismi : danno acuto sulla parete vasale danno ritardato sull integrità dell endotelio vasale riduzione delle proteine regolatrici del processo coagulativo L incidenza di TEV è stimata tra il 5 e 17% a seconda dello stadio della malattia e del tipo di terapia. I soggetti più a rischio sono i pazienti con malattia metastatica, verosimilmente per la presenza di fattori di comorbilità quali l immobilità ( es. dovuta a fratture ossee patologiche) la presenza di versamenti neoplastici e la compressione venosa ab estrinseco. 9

Sulla base dei dati attualmente disponibili la profilassi nei pazienti ambulatoriali sottoposti a chemioterapia non viene consigliata routinariamente, ma viene lasciata al medico la decisione di instaurare un eventuale intervento sul singolo paziente in base alla valutazione del profilo di rischio complessivo. Nella valutazione dei fattori di rischio vanno considerati quelli legati al paziente come l età e le comorbilità, quelli legati al tumore e ai trattamenti (sede del tumore, ricorso alla chirurgia, chemioterapia, farmaci antiangiogenetici, presenza di un catetere venoso centrale o di altre procedure invasive). Le linee guida ad oggi a disposizione del clinico raccomandano la profilassi con eparine a basso peso molecolare o con warfarin (anticoagulanti orali) soltanto in pazienti con mieloma in trattamento con talidomide o lenalidomide in associazione a chemioterapia o desametasone. Profilassi della trombosi da catetere L inserzione di un catetere venoso centrale è divenuta pratica comune nella maggior parte dei pazienti oncologici. La presenza di un CVC rende più agevole l infusione di farmaci chemioterapici ed emocomponenti, e semplifica l esecuzione di prelievi ematici. Anche se la presenza del CVC migliora la qualità di vita del paziente, essa può indurre complicanze principalmente di natura trombotica ed infettiva ma al momento non vi è indicazione per una profilassi generalizzata in pazienti neoplastici con catetere venoso centrale. Paziente ospedalizzato Secondo le linee guida, tutti i pazienti oncologici ospedalizzati per una patologia acuta dovrebbero essere considerati candidati alla trombo-profilassi, in assenza di emorragie o altre controindicazioni alla terapia anticoagulante. Queste raccomandazioni si basano sui risultati degli studi condotti sulla profilassi antitrombotica in pazienti internistici, oncologici e non, ospedalizzati per patologie acute. 10

Terapia della trombosi venosa profonda Il trattamento standard del TEV, in fase acuta, in un paziente oncologico non differisce da quello dei pazienti senza cancro e consiste in una fase iniziale in cui si somministra eparina (ENF o EBPN) seguita se possibile dall anticoagulazione con anticoagulanti orali (inibitori vitamina K ). Il trattamento anticoagulante standard a lungo termine con EBPM o con gli anticoagulanti orali si è dimostrato inequivocabilmente efficace nella prevenzione delle recidive del TEV. La durata di tale trattamento dopo un unico episodio di TEV rimane ancora dibattuta, ma mai inferiore ai sei mesi. È stato, comunque, chiaramente evidenziato che, tra i pazienti con tromboembolismo venoso, il rischio di sviluppare una recidiva trombo-embolica durante il follow up è maggiore nei pazienti neoplastici che non neoplastici. La durata dell'anticoagulazione appare quindi da prolungarsi almeno per tutto il tempo in cui il cancro sia in fase attiva o vi sono terapie antitumorali in corso, a meno che non sussistano delle controindicazioni. Conclusioni La malattia trombo-embolica rappresenta una patologia con alta morbilità e mortalità nel paziente oncologico. La sua individuazione e il suo trattamento dovrebbe coinvolgere diverse figure specialistiche (oncologo, cardiologo, radiologo, chirurgo vascolare e medico di medicina generale) avendo a disposizione linee guida sempre più aggiornate. Obiettivi importanti saranno la valutazione delle nuove molecole e il miglioramento della comprensione della patogenesi della trombosi nel tumore, per identificare nuovi e più specifici bersagli per il trattamento. 11