Sviluppo di un nuovo anticorpo monoclonale diretto verso l antigene mesotelina per applicazioni nella terapia e nella diagnosi oncologica

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Università degli Studi di Urbino Facoltà di Scienze Biologiche Sviluppo di un nuovo anticorpo monoclonale diretto verso l antigene mesotelina per applicazioni nella terapia e nella diagnosi oncologica di Barbara Giglio Relatore : Prof. Stefano Papa A. A. 2011-2012

ABSTRACT La mesotelina è una glicoproteina espressa in condizioni fisiologiche a livello delle cellule mesoteliali delle sierose dell organismo (pleura, pericardio e peritoneo). La proteina è, invece, overespressa sulla superficie cellulare di diversi istotipi tumorali tra cui: il mesotelioma maligno, il carcinoma ovarico, pancreatico e polmonare. La funzione fisiologica della mesotelina è sconosciuta, ma recentemente è stata ipotizzata una sua funzione nei meccanismi di adesione cellulare attraverso il legame a CA125. La limitata espressione della mesotelina a livello dei tessuti fisiologici e di contro, l elevata espressione in molti tumori rendono la mesotelina un possibile target per la terapia antitumorale. In questo progetto di tesi viene descritta la generazione e la caratterizzazione un anticorpo monoclonale specifico per la mesotelina. Tale mab specifico per la mesotelina è stato prodotto mediante la tecnologia degli ibridomi e poi testato in analisi al FACS per valutarne la specificità e l affinità di legame per l antigene di interesse. Il mab è risultato legarsi specificatamente a cellule mesotelina-positive, che esprimono l Ag costitutivamente (OVCAR-3) e per trasfezione ((HEK293-mesotelina). Dagli studi di binding il nostro Ab è risultato avere un affinità migliore dell anticorpo monoclonale K1. I mabs da noi prodotti potrebbero essere utili sia nella diagnostica per immagini che nella immunoterapia passiva in neoplasie che overesprimono la mesotelina. 1

INTRODUZIONE Anticorpi monoclonali nella terapia anti-tumorale Il cancro e le malattie cardiovascolari rappresentano le prime cause di morte nei paesi industrializzati; se queste ultime possono beneficiare di terapie chirurgiche e farmacologiche sempre più efficaci, i tumori, soprattutto alcune neoplasie, continuano a essere patologie con poche alternative terapeutiche. Nella maggior parte dei casi la chirurgia rappresenta lo strumento più efficace per eliminare le masse tumorali, mentre la chemioterapia e la radioterapia sono utili come adiuvanti alla terapia chirurgica o sono la scelta terapeutica d elezione nel trattamento delle forme metastatiche. La chemio e la radioterapia, agendo su tutte le cellule in attiva proliferazione, mancano di una reale specificità d azione causando notevoli effetti collaterali. Le terapie più innovative puntano invece a sfruttare il sistema immunitario umano come meccanismo effettore, poiché i tumori derivano da cellule self che subiscono trasformazione neoplastica, è difficilmente evidenziabile, nei pazienti, una risposta immunitaria efficace nel controllare la patologia. Ciò è ascrivibile sia all origine self delle cellule neoplastiche, sia, inoltre, a meccanismi di down-modulazione della risposta immunitaria, attivati dalla neoplasia stessa. I meccanismi effettori del sistema immunitario sono quindi potenzialmente in grado di distruggere in maniera selettiva le cellule tumorali (lisi Ab-mediata, attivazione cellule T e NK) e queste funzionalità devono essere indirizzate attraverso protocolli di immunoterapia. Gli obiettivi dell immunoterapia sono quelli di stimolare il sistema immunitario attraverso la liberazione di citochine, l attivazione di linfociti T o attraverso la somministrazione di anticorpi diretti contro antigeni tumorali (Scuhster M. et al., 2006). A causa della loro instabilità genetica, le cellule neoplastiche esprimono proteine alterate, dette antigeni associati al tumore che non sono espresse o lo sono in minima entità sulle cellule normali (Keog E. et al., 2001). Gli antigeni tumore-associati (TAAs) espongono nuovi epitopi che sono riconosciuti dal sistema immunitario; la risposta immunitaria verso tali epitopi però ha solo effetti marginali sul tumore (Maeker B. et al., 2005). Durante la progressione neoplastica, si è dimostrato che la risposta immunitaria citotossica è inibita e i linfociti T infiltranti il tumore e le cellule presentanti l antigene (APCs) spesso sembrano non essere 2

efficaci (Radoja S. et al., 2000). Inoltre, si è osservato che le stesse cellule neoplastiche sono in grado di ridurre la risposta immunitaria favorendo la secrezione di fattori immunosoppressivi (Kiessling R et al., 1999). L immunoterapia mira, quindi, a rinforzare la risposta del sistema immunitario verso il tumore. L immunoterapia può essere di tipo attivo o di tipo passivo: - l obiettivo dell immunoterapia attiva è di indurre una risposta immunitaria (preventiva o terapeutica) endogena e a lungo termine verso le cellule neoplastiche, (vaccinazione) (Keog E. et al, 2001; Rosenberg S.A. et al., 1997); - obiettivo dell immunoterapia passiva è di indurre l eradicazione/stabilizzazione del tumore mediante somministrazione di effettori immunologici, quali Abs o linfociti T tumore-specifici (isolati dal paziente, espansi in vitro e poi reinoculati), o Abs coniugati a tossine o radionuclidi. A differenza dell immunoterapia attiva, quella passiva manifesta un attività terapeutica di breve durata e necessita, quindi, di ripetute somministrazioni (Bertolaccini L. et al., 2001). Gli anticorpi mediatori della risposta umorale, riconoscono le struttura antigeniche neutralizzandole o mediano importanti funzioni come la citotossicità cellulare anticorpo dipendente (ADCC) o la citotossicità complemento mediata (CDCD) (Schuster, M. et al., 2005). Diversi autori ( Mellstedt H., 2003; Maloney DG, 2002) hanno messo in risalto il fatto che gli anticorpi più efficaci in clinica sono proprio quelli con la maggior capacità di sfruttare quest ultimo meccanismo, vantaggio dovuto all azione rapida e diretta, che non necessita dell attivazione di processi intracellulari (come l apoptosi) o del richiamo di cellule effettrici nella sede in cui si è sviluppato il tumore (citotossicità cellulare). Anticorpi e loro bersaglio Gli anticorpi o immunoglobuline sono glicoproteine sieriche facenti parte delle γ- globuline. Tutte le molecole anticorpali hanno caratteristiche strutturali simili,con ampia variabilità nelle regioni leganti l antigene. Ogni anticorpo presenta una struttura regolare costituita da due catene pesanti (Heavy chain, H) identiche (50 KDa), glicosilate, e due catene leggere (Light chain, L)identiche (25 KDa), non glicosilate per un peso complessivo 3

di 150 KDa. Le catene pesanti e leggere sono tenute insieme da legami idrogeno e ponti disolfuro e sono costituite da domini, ognuno dei quali è formato da 110 amminoacidi. I primi domini, all N-terminale, di ogni catena L ed H costituiscono la porzione variabile (V) dell anticorpo, in cui si trova il sito specifico di legame per l antigene. All interno di questo sito sono presenti tre regioni ipervariabili, dette regioni determinanti la complementarietà (CDR, complementarity determining regions), che presentano la massima variabilità della catena aminoacidica (Kim et al., 2005). Le molecole anticorpali vengono funzionalmente divise in tre 3 regioni: 2 regioni variabili identiche, ovvero frammenti di legame all antigene costituiti dalle porzioni VLCL accoppiate a quelle VHCH1, ed un frammento costante (Fc), costituito dai domini CH 2 -CH 3 o CH 2 -CH 3 -CH 4 delle due catene H unite da ponti disolfuro, mediatore delle funzioni effettrici degli anticorpi. Sono infatti proprio i domini CH2 e CH3 che sono in grado di attivare, a seconda della classe anticorpale, la cascata del complemento e quindi la citotossicità complemento dipendente (CDC), la citotossicità cellulare anticorpo dipendente (ADCC), la fagocitosi, l attivazione delle mast-cellule (Fig. 1) (Goldsby et al., 1976). Figura 1: Principali meccanismi d azione degli anticorpi antitumorali (Cheson BD et al., 2008). 4

Le immunoglobuline (Ig) di maggior interesse terapeutico sono le IgG per la molteplicità e l eterogeneità delle loro funzioni immunologiche, per la loro stabilità in vivo. Le IgG hanno un emivita sierica di circa 3 settimane, mentre per gli altri isotipi anticorpali è di poche ore. Ciò è dovuto al legame del frammento Fc, in particolare l interfaccia tra le regioni CH 2 e CH 3, con il suo recettore FcRn presente sulle cellule endoteliali dei vasi sanguigni che proteggono le IgG dal catabolismo, sequestrandole e impedendone la degradazione. Il FcRn lega le IgG circolanti e i risultanti complessi vengono endocitati rimanendo comunque protetti dalla degradazione intracellulare. I complessi FcRn/IgG possono poi essere riportati verso la membrana cellulare e nuovamente rilasciati nell ambiente esterno. Questo continuo ciclo di internalizzazione/rilascio prolunga l emivita media delle IgG (Kim et al., 2005). Gli anticorpi monoclonali Negli anni 80 il problema principale nella terapia anti-tumorale era la mancanza di strumenti terapeutici con elevata specificità d azione verso le cellule tumorali. Nasceva da qui la necessità di produrre delle molecole che riconoscessero con elevata selettività le cellule neoplastiche. La scoperta della tecnologia degli ibridomi, grazie a Kolher e Milstein, permise di produrre gli anticorpi monoclonali (mab), reagenti che potevano essere dei possibili candidati ad applicazioni terapeutiche poiché dotati di elevata specificità per i loro target (Oldham RK 1983). La produzione di anticorpi monoclonali avviene secondo tappe sequenziali, riportate in figura 2. La generazione di cellule secernenti anticorpi monoclonali convenzionali si basa sul modello murino e consente la produzione di cellule immortali (ibridomi) secernenti anticorpi con specificità predeterminata (Antczak, D.F., 1982). 5

Figura 2: Produzione di anticorpi monoclonali con tecnologia degli ibridomi Ma gli anticorpi mab murini presentano notevoli limitazioni al loro impiego in clinica. Il problema principale è legato all elevata immunogenicità dei mab, che essendo proteine murine possono essere utilizzati solo per trattamenti di breve durata con un numero limitato di somministrazioni poiché si sviluppa una risposta HAMA (human anti-mouse antibody) (Dillman RO, 1990). Questa risposta immunologica non solo blocca l azione terapeutica degli Ab murini, causandone una rapida rimozione dal torrente circolatorio, ma può generare effetti collaterali molto seri in un paziente già di per sé critico (ipersensibilità di tipo III, formazione di immunocomplessi con conseguenti danni renali). Altre limitazioni, all impiego degli mab in clinica sono, la possibile mancanza di una efficace funzione effettrice ed inoltre, una marcata riduzione dell emivita rispetto agli Ab umani. Al fine di soddisfare le esigenze cliniche, la naturale evoluzione degli ibridomi murini sarebbe stato la produzione di ibridi somatici umani teoricamente ottenibili con il semplice trasferimento della tecnica da una specie all'altra (Van Meurs, G.J. et al, 1986; Liu, H. et al., 1993). Nella realtà il processo non è stato realizzabile per diverse ragioni tra le quali l'indisponibilità di linee di mieloma umano con caratteristiche idonee. 6