Miglior prognosi degli ipertesi ben controllati in monoterapia rispetto a quelli controllati e non controllati in combinazione terapeutica.

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Miglior prognosi degli ipertesi ben controllati in monoterapia rispetto a quelli controllati e non controllati in combinazione terapeutica. Indipendentemente dalla storia clinica e dal valore di PA (pressione arteriosa) basale, i pazienti ipertesi richiedenti una combinazione terapeutica, che include un diuretico tiazidico, per il controllo della PA presentano una prognosi cardiovascolare peggiore rispetto a quelli controllati con la sola monoterapia. Inoltre, i pazienti controllati con la combinazione terapeutica mostrano una minor percentuale, anche se non significativa, di eventi rispetti a quelli che assumono una combinazione terapeutica ma con un valore di PA non controllato. Questi sono i risultati ottenuti da Weber e dai suoi colleghi che hanno voluto valutare se in pazienti ipertesi il controllo della PA ottenuto con una combinazione terapeutica determini gli stessi benefici cardiovascolari di quello ottenuto mediante una monoterapia. A tale scopo è stata condotta un analisi retrospettiva dei dati del VALUE (Valsartan Antihypertensive Long-term Use Evaluation) confrontando i pazienti ipertesi controllati con la sola monoterapia, quelli controllati con una combinazione terapeutica e quelli non controllati con una combinazione terapeutica in termini di morte cardiovascolare o infarto miocardico nonfatale o stroke (end point primario). Dai risultati dei dati è emerso che l'end point primario si era verificato in 505 su 5.924 (8,5%) soggetti in monoterapia ed in 511 del 4.621 (11,1%) pazienti controllati con la combinazione terapeutica: hazard ratio 0,80 [intervallo di confidenza 95% (CI),70-0,90]; anche confrontando i due gruppi per PA di base e tutti gli eventi inclusi nello studio rispetto al basale, l'hazard ratio risulta 0,76 (IC 95% 0,67-0,86). Invece, non è emersa alcuna differenza significativa [hazard ratio 0,90 (IC al 95% 0,80-1,03] tra i pazienti controllati con combinazione terapeutica e quelli non controllati con terapia combinata [434 su 3.390 (12,8%)], neppure quando sono stati confrontati per PA basale [hazard ratio 0,95 (IC al 95% 0,81-1,11)]. (J. Hypertension 2012 Nov; 30(11): 2213-22) Due nuove equazioni per la stima della funzione renale in ultrasettantenni. Negli anziani, le equazioni attuali per stimare la velocità di filtrazione glomerulare (GFR) non sono sempre validate per la classificazione corretta in termini di stadio della malattia renale cronica in ultrasettantenni. Lo studio riguarda la equazione derivante dallo studio Berlino Initiative (BRI). Si trattava di uno studio trasversale. I dati sono stati suddivisi per l'analisi in 2 gruppi, di cui uno per lo sviluppo dell equazione e l altro per la verifica della validità della stessa. Hanno partecipato allo studio 610 soggetti di età superiore a 70 anni (età media 78,5 anni). Il dosaggio della clearance plasmatica come gold standard è avvenuta con il metodo Iohexol. È stata effettuata una stima del GFR misurato dalla creatinina con metodiche standardizzate e sulla base anche dei livelli di cistatina C, il sesso, l'età e la raccolta del campione, ed il confronto delle equazioni BIS (bis1: creatinina-based; BIS2: creatinina e cistatina C-based) con altre equazioni di stima e la determinazione di parzialità, la precisione e l'accuratezza nel campione di validazione. L'equazione BIS2 ha evidenziato una minore distorsione rispetto alla creatinina bis1 ed alla equazione Cockcroft-Gault. Le equazioni della BRI hanno permesso di confermare un'alta prevalenza di persone di età superiore a 70 anni con un GFR inferiore a 60 ml/min per 1,73 m 2 (bis1, 50,4%; BIS2, il 47,4%, GFR dosato, 47,9%). Il tasso di errata classificazione totale per questo criterio è stato minore per l'equazione BIS2 (11,6%), seguita dalla equazione cistatina C 2 (15,1%), proposta dal Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration. Tra le equazioni per il calcolo della creatinina, bis1 avuto il tasso di errata classificazione minore(17,2%), seguito dall equazione del Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration (20,4%). (Ann Intern Med. 2 October 2012; 157(7): 471-481)

La prevalenza di ipertrofia ventricolare sinistra è bassa nei pazienti ipertesi con normale ECG, non diabetici o cardiopatici. Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori coordinati da Emilio Nardi dell Università di Palermo. I ricercatori, inoltre, hanno sottolineato nelle conclusioni come i pazienti con queste caratteristiche che presentano all ecocardiografia ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) hanno valori modestamente aumentati di massa ventricolare sinistra indicizzata e, inoltre, pochi di loro presentavano una alterata funzione diastolica. Infine, suggeriscono che in questi pazienti ipertesi l'esame ecocardiografico deve essere riservato solo a coloro che hanno una diagnosi di ipertensione di vecchia data. Avendo l elettrocardiogramma (ECG) una bassa sensibilità per la rilevazione di IVS, e l'ecocardiografia un alta sensibilità ma non potendo essere eseguita di routine, i ricercatori hanno voluto valutare la prevalenza della disfunzione diastolica e dell ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) in pazienti ipertesi con ECG normale. Sono stati esclusi dall arruolamento pazienti con malattie cardiovascolari, diabete, malattia renale cronica, o che presentavano segni all ECG di IVS o di altre anomalie. I 440 pazienti ipertesi arruolati sono stati sottoposti a esame ecocardiografico, la massa ventricolare sinistra è stata indicizzata per la superficie corporea (LVMI) e l ipertrofia ventricolare sinistra è stata definita come LVMI >125 g/m2 negli uomini e >110 donne g/m2. La funzione diastolica è stata valutata mediante l afflusso mitralico e il Doppler tissutale (TDI). Al termine dello studio è stata riscontrata la prevalenza di IVS nell 8,18% (95% IC 5,97-11,1%). L'analisi di regressione multipla ha mostrato che l'unica variabile indipendente associata a IVS era la durata dell ipertensione (p<0,001). La disfunzione diastolica, (Em<0,08 m/s), è stata rilevata nel 3,2% dei pazienti. (European Journal of Preventive Cardiology 2012 doi:10.1177/2047487312447845) Percentili pressori in giovani di età scolare ed adolescenti. L obiettivo di questo studio è stato quello di costruire tabelle di riferimento di pressione arteriosa (PA) con l'uso di un dispositivo oscillometrico validato per soggetti normopeso, in bambini in età scolare e adolescenti, e di studiare i predittori. BP è stata misurata in 14.266 soggetti selezionati in modo casuale, bambini polacchi di peso normale ed adolescenti di età compresa tra 7-18 anni, che erano liberi da malattia cronica, utilizzando un dispositivo oscillometrico validato (Datascope Accutor plus). Altezza, peso e circonferenza della vita sono stati misurati. Percentili di BP sono stati costruiti per età e altezza contemporaneamente con l'uso di un modello di regressione polinomiale. I valori normativi della PA sono stati confrontati con il peso normale di riferimento degli Stati Uniti, i riferimenti oscillometrici tedeschi e polacchi. Sono risultati effettivamente percentili di riferimento BP per sesso, età e altezza. In riferimento ad una altezza media, le differenze nel percentile BP 90 specifico per l'età rispetto al riferimento oscillometrico tedesco a distanza è stato, nel caso di ragazzi da -3 a 2 mmhg e da -5 a -1 mmhg, PAS e PAD, rispettivamente, e nel caso di ragazze da 0 a 3 mmhg e da -5 a -1 mmhg, PAS e PAD, rispettivamente. Rispetto al peso, la circonferenza vita era il più forte predittore SBP nei ragazzi rispetto al basso peso alla nascita. Lo studio evidenzia l utilità del dispositivo oscillmetrico. I valori della PA sono stati confrontati prendendo in considerazione l'altezza e le differenze BMI, lo scatto puberale, i metodi di misurazione della PA e della costruzione dei percentili. (Journal of Hypertension: October 2012 - Volume 30 - Issue 10 - p 1942 1954) CABG vs PCI nei pazienti diabetici e trivasali: il FREEDOM Trial. Alcuni studi randomizzati, hanno posto a confronto le strategie di rivascolarizzazione per i pazienti con diabete: il bypass coronarico (CABG) ha avuto un risultato migliore rispetto all intervento coronarico percutaneo (PCI). Nel trial FREEDOM gli autori hanno cercato di scoprire se una aggressiva terapia medica e l'uso di stent medicati potrebbe alterare l'approccio di rivascolarizzazione per i pazienti con diabete e malattia coronarica multivasale. Il FREEDOM è uno

studio randomizzato dove si sono assegnati i pazienti con diabete e malattia coronarica multivasale alla PCI con stent medicati o al CABG. I pazienti sono stati seguiti per un minimo di 2 anni (mediana tra i sopravvissuti, 3.8 anni). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a controllo del colesterolo a bassa densità LDL, della pressione arteriosa sistolica e dell'emoglobina glicata. L'end point primario considerato è stato un composito di morte per tutte le cause, infarto miocardico non fatale o ictus non fatale. I risultati sono stati raccolti dal 2005 fino al 2010, su un totale di 1.900 pazienti arruolati in 140 centri internazionali. L età media dei pazienti era di 63,1 ± 9,1 anni, il 29% erano donne, e l'83% aveva malattia dei tre vasi. L'esito primario si è verificato più frequentemente nel gruppo PCI (p=0,005). Il vantaggio di CABG è stato indicato dalle differenze nei tassi di infarto del miocardio (entrambi p<0.001) e di morte per qualsiasi causa (p=0.049). Lo stroke è risultato più frequente invece nel gruppo CABG (p=0.03). In conclusione, per i pazienti con diabete e malattia coronarica avanzata, il CABG si è rilevato superiore a PCI, in quanto ha ridotto significativamente i tassi di morte e di infarto miocardico, con però un più alto tasso di ictus. (New England Journal of Medicine 2012 November 4th first on line doi: 10.1056/NEJMoa1211585) RELY-ABLE: i risultati osservati con il dabigatran nel RE-LY si confermano nel lungo periodo! Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori coordinati dal dottor Stuart Connolly, della McMaster University, Hamilton, Ontario. Lo studio internazionale multicentrico ha riguardato 5.851 pazienti (2.937 con dabigatran 150 mg bid e 2.914 pazienti con dabigatran 110 mg bid) che hanno proseguito il trattamento con dabigatran per un ulteriore periodo di 28 mesi dopo il completamento dello studio RE-LY, valutando in doppio cieco i benefici nel lungo periodo del dabigatran (110 mg e 150 mg assunti per due volte al giorno) per la prevenzione dell'ictus nei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare (FA). Dall inizio dello studio RE-LY alla fine del RELY-ABLE, la durata mediana del trattamento con dabigatran per questi pazienti è stata di 4,3 anni. I risultati dello studio RELY-ABLE confermano i benefici (sia in termini di efficacia sia di sicurezza) garantiti dal dabigatran anche nel lungo periodo: l incidenza di ictus ischemico è stata di 1.15%/anno con 150 mg BID e 1.24%/anno con 110 mg BID; l incidenza di ictus emorragico 0.13%/anno con 150 mg BID e 0.14%/anno con 110 mg BID, l incidenza di sanguinamenti maggiori 3.74%/anno con 150 mg BID e 2.99%/anno con 110 mg BID, infine l incidenza di emorragie intracraniche 0.33 %/anno con dabigatran 150 mg BID e 0.25%/anno con dabigatran 110 mg BID. Entrambe le dosi di dabigatran hanno mostrato bassi tassi di ictus ischemici ed emorragici. Tassi di sanguinamento maggiore sono stati inferiori con la dose di 110 mg rispetto alla dose 150 mg. Nel complesso i risultati di RELY-ABLE sono stati molto coerenti con i tassi di eventi sperimentati nel corso del RE-LY, fornendo il supporto per la prolungata efficacia e la sicurezza del dabigatran durante il trattamento a lungo termine. (American Heart Association Scientific Session 2012, Los Angeles USA) Diagnosi differenziale della tachicardia da rientro nodale: occhio all avr!!! Dai risultati di questo interessante studio, condotto con lo scopo di valutare l'accuratezza diagnostica della derivazione avr nella diagnosi differenziale della tachicardia da rientro nodale (TRNAV) da quella da rientro atrioventricolare (TRAV), è emerso che il nuovo criterio della pseudo-r in avr sembra più accurato rispetto ai criteri ECG standard. Sono stati arruolati in questo studio 150 pazienti consecutivi (96 donne, età media 45 ± 13,5 anni) con tachicardia sopraventricolare (TPSV) regolare refrattaria a terapia farmacologica. A tutti i pazienti è stato registrato un ECG a 12 derivazioni sia durante ritmo sinusale che durante tachicardia. Tutti gli ECG sono stati rivisti da due elettrofisiologi esperti, non a conoscenza del meccanismo della tachicardia,

e valutati secondo i criteri ECG standard così come secondo la proposta del nuovo criterio della pseudo-r ' in avr. I pazienti sono stati, inoltre, sottoposti con successo a studio elettrofisiologico, che ha confermato il meccanismo dell aritmia, ed ad ablazione transcatetere. Dalle analisi è emerso che i pazienti con TRNAV erano più anziani (50 ± 10 vs 37 ± 15 anni, p=0.001), prevalentemente di sesso femminile (71 vs 53%, P=0.03) e presentavano una tachicardia più lenta (175 ± 25 vs 186 ± 26 bpm, P=0.01). Tra i criteri ECG per la diagnosi di TRAV, il riscontro di onde P visibili con intervallo RP 100 ms risultava avere il più alto tasso di accuratezza diagnostica (sensibilità 79%, specificità 87%, e il valore predittivo positivo 79%). Invece, tra i criteri per la diagnosi di TRNAV, il riscontro di una pseudo-r' in avr presentava una maggiore sensibilità, specificità ed un valore predittivo superiore rispetto al criterio convenzionale della pseudo-r' in V1 e della pseudo-s nelle derivazioni inferiori (tutti p<0,05). In conclusione, il nuovo criterio della pseudo-r ' in avr sembra essere più accurato rispetto ai criteri ECG standard per la diagnosi di TRNAV. (Europace (2012) 14 (11): 1624-1628.doi: 10.1093/europace/eus109) ALTITUDE trial: meglio non combinare aliskiren con ACE-inibitore o sartano nel diabetico di tipo 2 ad alto rischio! Questo studio ha valutato se l uso di aliskiren riduca gli eventi cardiovascolari e renali in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 con insufficienza renale cronica o eventi cardiovascolari o entrambi. 8.561 pazienti sono stati randomizzati ad aliskiren (300 mg) o placebo in aggiunta a un ACE-inibitore o a un sartano. L obiettivo primario è stato il verificarsi di morte per cause cardiovascolari, o il verificarsi di arresto cardiaco con rianimazione, di infarto del miocardio non fatale, di ictus non fatale, di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, di malattia renale allo stadio terminale, di morte per insufficienza renale, di necessità di ricorrere a dialisi o trapianto o il rialzo di due volte del valore di creatinina. Lo studio è stato interrotto prima della conclusione dopo un analisi ad interim. Dopo un periodo di 32.9 mesi, l end point primario si è verificato in 783 pazienti (18.3%) assegnati ad aliskiren rispetto a 732 (17.1%) assegnati a placebo (hazard ratio 1.08; 95% intervallo di confidenza [CI], da 0.98 a 1.20; P=0.12). Gli effetti sugli end point renali sono risultati simili. I valori di pressione sistolica e diastolica sono stati più bassi con aliskiren (differenza tra i gruppi 1.3 e 0.6 mmhg, rispettivamente) e la riduzione media del rapporto urinario albumina/creatinina è stato più grande (differenza tra gruppi 14%; 95% CI, da 11 a 17). La proporzione di pazienti con iperkaliemia (potassio 6 mmol per litro) è stato significativamente più alta con aliskiren rispetto a placebo (11.2% vs. 7.2%), così come gli episodi di ipotensione (12.1% vs. 8.3%) (P<0.001 per entrambi). In conclusione, l aggiunta di aliskiren a un ACE-inibitore o a un sartano in pazienti con diabete di tipo 2 ad alto rischio di eventi cardiovascolari e renali non è consigliata. (N Engl J Med november 3 2012; doi: 10.1056/NEJMoa1208799) Non alzate il gomito!!! Si alza anche il rischio di incidenza di FA Un consumo di alcol da moderato ad alto è stato associato ad un aumento dell'incidenza di FA (fibrillazione atriale) in persone di età >55 anni, con malattia cardiovascolare o diabete. Queste sono le conclusioni del dott Liang e dei suoi colleghi che si sono proposti di esaminare l'associazione tra consumo moderato di alcol e rischio di incidenza di FA in soggetti adulti con preesistenti malattie cardiovascolari o diabete. Sono stati analizzati i dati di 30.433 adulti, di età >55 anni, con malattia cardiovascolare o diabete con danno d organo, che non avevano FA di base. Per l analisi dei dati sono stati classificati i livelli di consumo di alcol, sulla base delle linee guida utilizzate in vari paesi, in consumo basso, moderato ed elevato. L'end point primario era l incidenza di FA. Dai risultati ottenuti è emerso che tra tutti i pazienti studiati, 2.093 avevano presentato FA. L incidenza di FA per 1.000 persone-anno, standardizzata per età e sesso, è stata del 14,5 nei soggetti con un basso livello di consumo di alcol, di 17,3 in quelli con un livello moderato e di 20,8

in quelli con un elevato consumo. Rispetto a quelli a basso consumo di alcol, quelli a consumo più elevato avevano un aumentato rischio di incidenza di FA (hazard ratio aggiustato [HR] 1.14, intervallo di confidenza al 95% [CI] 1,04-1,26, per un consumo moderato, 1,32, 95 % CI 0,97-1,80, per un alto consumo). (CMAJ. 2012 Nov 6; 184(16): E857-E866) UMPIRE Trial: l'assunzione della polipillola composta da aspirina, statina e 2 antipertensivi migliora l'aderenza alla terapia e porta ad una significativa riduzione delle LDL e della PA L'assunzione da parte di pazienti ipertesi, dislipidemici di una polipillola in cui vi sia aspirina, una statina, e 2 antipertensivi migliora l'aderenza alla terapia e si traduce in una significativa riduzione delle LDL e della PA. Queste sono le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori coordinati dal dottor Simon Thom (Imperial College, Londra, UK. Nello studio UMPIRE i ricercatori hanno osservato un aumento del 33% nell aderenza alla terapia in un periodo di 15 mesi, suggerendo che a dose fissa la terapia di combinazione può avere un lungo cammino verso la riduzione di eventi cardiovascolari nei pazienti ad alto rischio. Il numero di pazienti che hanno interrotto la polipillola ritornando di nuovo alle cure abituali è stato molto basso. Lo studio UMPIRE è stato progettato per testare l aderenza alla terapia ed ha incluso 2.004 pazienti randomizzati a dose fissa di terapia di combinazione con aspirina 75 mg, simvastatina 40 mg, lisinopril 10 mg e atenololo 50 mg o a cure tradizionali. Una seconda combinazione ha sostituito con idroclorotiazide 12,5 mg l atenololo. In ogni momento, i medici potevano aggiungere ulteriori farmaci o sospendere la polipillola e iniziare il trattamento con i farmaci abituali, o passare da una versione della terapia di associazione all'altra combinazione. I pazienti sono stati inclusi nello studio in base al loro profilo di rischio cardiovascolare, con l'88% dei pazienti in entrambi i gruppi di trattamento che presentavano una malattia cardiovascolare e il 28% con diabete mellito. Al termine dei 15 mesi dello studio, l'86% dei pazienti del braccio di combinazione stavano assumendo il farmaco contro il 65% dei pazienti del braccio a terapia convenzionale. Il più alto tasso di adesione si traduce in un miglioramento del controllo del colesterolo LDL e della pressione arteriosa. (American Heart Association Scientific Session 2012, Los Angeles USA)