Università degli studi di Napoli "Parthenope" Facoltà di Economia La private label nella GDO Il caso Carrefour di Mario Langella Relatore: prof. Michele Quintano A. A. 2009-10
INTRODUZIONE Nelle economie moderne, le imprese si confrontano in mercati globali e caratterizzati da un eccesso strutturale di offerta. Nei mercati in eccesso di offerta, le produzioni migliorano continuamente ed inoltre sono realizzate a costi decrescenti e con quantità nettamente superiori alle capacità di assorbimento della domanda. Queste condizioni hanno consentito lo sviluppo di marche private da parte di intermediari commerciali che le utilizzano come uno strumento di rafforzamento del proprio potere nei confronti dell industria e per migliorare i propri margini di profitto. Il presente lavoro illustra il ruolo che ha assunto la private label nella distribuzione commerciale, con l obiettivo di analizzare le motivazioni che hanno portato i distributori ad intraprendere questa politica, e i principali cambiamenti che si sono avuti nella grande distribuzione. L analisi si basa in particolare sulla tesi che lo sviluppo della private label, oltre a generare un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, contribuisce a migliorare le relazioni che il distributore ha con i consumatori e con i produttori. Nel caso della relazione con i consumatori, la private label assume il ruolo di fattore di fidelizzazione, e contribuisce a migliorare l immagine dell insegna e, di conseguenza, aumentare i livelli di store loyalty. I primi contributi accademici su questo tema si sono avuti tra la fine degli anni Ottanta e inizio anni Novanta. Lo sviluppo di linee di prodotti a marchio
proprio rappresenta una delle principali espressioni dell autonomia di marketing dell insegna commerciale e può pertanto essere realizzato solamente in un contesto distributivo che abbia raggiunto uno stadio sufficientemente evoluto. Nel primo capitolo, dopo aver descritto cosa si intende per private label, e a che periodo risalgono i primi esempi di marche offerte dal distributore, si è voluto evidenziare quali sono le esigenze che hanno spinto i distributori ad inserire le private labels nei propri assortimenti e i relativi obiettivi strategici. Poi si è passati a confrontare lo scenario italiano della grande distribuzione con quello internazionale, dove si è potuto notare come l Italia rappresenta una realtà in forte sviluppo ma ancora non al passo con diversi paesi europei. Infine si è voluto evidenziare la forte tendenza dei retailer ad adottare una strategia di diversificazione, quindi a concentrare la propria attenzione su altri servizi supplementari, quali: la distribuzione di carburante, la telefonia mobile, le parafarmacie, servizi finanziari, la ristorazione, ecc. Nel secondo capitolo, vengono approfonditi i principali cambiamenti che si sono osservati nella GDO. Si evidenzia in particolare il rafforzamento del potere del distributore nei confronti dei produttori dovuto sia all elevata concentrazione che si è osservata fra i tanti distributori e, sia all utilizzo della private label, le quali rafforzano enormemente l immagine dell insegna. Inoltre viene illustrato il cambiamento del comportamento del consumatore ed è stato analizzato il profilo di un consumatore tipo di private label. Un altro importante cambiamento si è riscontrato nelle gestione dello spazio espositivo, il quale è un forte strumento 4
nelle mani dei distributori utilizzato per manovrare le scelte d acquisto dei consumatori. Nel terzo ed ultimo capitolo si è passati ad approfondire le strategie adottabili, nella gestione del brand dal distributore, che possono essere di due tipi: monobranding e multi-branding; Adottando la prima strategia, le catene distributive utilizzano la propria insegna come elemento di differenziazione, mettendo il proprio marchio insegna su tutti i loro prodotti. Mentre la seconda strategia prevede la compresenza di più marchi nel proprio portafoglio che corrisponde alla strategia adottata dal gruppo Carrefour. Di conseguenza sono state illustrate tutte le leve di governo utilizzabili dai retailer per la gestione dei propri prodotti. Poi, si è voluto evidenziare, il rapporto che i distributori hanno con i produttori di marche nazionali leader, i quali sono posti di fronte alla scelta critica di diventare o meno copacker di prodotti a marca commerciale ed infine le strategie percorribili dai produttori per contrastare lo sviluppo della private label. A completamento della tesi svolta, vengono inclusi dei riferimenti al caso aziendale Carrefour e in allegato la scheda aziendale del gruppo, accompagnata da un accurata analisi del portafoglio delle private labels del gruppo. Infine volevo portare i miei ringraziamenti a tutti coloro che mi sono stati d aiuto nel completamento della tesi, in particolar modo ai miei familiari per il supporto morale e ai miei amici e colleghi universitari per il supporto che mi hanno offerto durante il percorso. 5
I. PRIVATE LABEL Col termine private label, si intendono tutti quei prodotti che, anziché col nome o marchio del fabbricante, vengono proposti al consumatore col nome o con un marchio di proprietà del distributore 1. Si tratta quindi di marchi che le aziende commerciali utilizzano per merci di cui affidano la fabbricazione ad imprese industriali, e poi commercializzano nelle proprie catene distributive. Questa tipologia di prodotti, non avendo la componente del costo di marketing tipico dell'industria di marca, permette al distributore di incassare margini più alti, rispetto agli analoghi prodotti di marca, e al consumatore di portare a casa un prodotto di qualità assimilabile a quella di marca a dei costi più contenuti. La marca privata, se sfruttata correttamente, è una leva di marketing in più nelle mani dal distributore. Con essa si può rafforzare agli occhi del consumatore l'immagine dell'insegna, della sua convenienza e/o della sua qualità. Il vero ruolo delle private label si gioca sul piano della concorrenza orizzontale, sempre più accesa quanto più si modernizzano le strutture commerciali 2. L effetto che si intende ottenere, oltre a maggiori profitti, è la differenziazione dell assortimento rispetto a quello dei propri competitor. Nel mercato europeo esistono diverse tipologie di marche del distributore: 1 G. Carmigliano, La marca commerciale, ETASLIBRI,1993 (p.3) 2 G. Carmigliano, La marca commerciale, ETASLIBRI, 1993(p.5) 6
1. Marca bandiera o d insegna; per questi prodotti il distributore utilizza il proprio nome per commercializzarli, assumendosi tutte le responsabilità nei confronti del consumatore. L obiettivo è quello di allargare l immagine del punto vendita. 2. Marca generica; questa marca contraddistingue prodotti poco sofisticati, presenti in confezioni semplici, con prezzi molto bassi e senza nome di marca. 3. Marca fantasia; sono nomi di marche inventati, che vengono commercializzati solo nei punti vendita della catena. 4. Primi prezzi; sono prodotti in cui non viene menzionato il nome del distributore, proposti con prezzi bassissimi anche per contrastare l espansione degli hard discount. Le nuove tendenze del mercato, che hanno portato allo sviluppo della private label, vedono i distributori focalizzarsi su nuove frontiere di segmentazione: Marca Insegna. Premium, che identifica i prodotti a marchio con un posizionamento alto di qualità e prezzo, solitamente si tratta di prodotti dop, doc, igp, tipici e regionali. Bio/ecologico, per i prodotti a marchio biologici/naturali ed ecologici. Primo prezzo. 7