FONDAMENTI TEORICI DELLA MEDICINA OMEOPATICA. NATURAE, la forza guaritrice della natura. In realtà è sempre la natura a

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1 1 FONDAMENTI TEORICI DELLA MEDICINA OMEOPATICA 1. NATURA MORBORUM MEDICATRIX Tradotto, questo principio significa che la natura è il miglior medico che cura le malattie, cioè riconosce quella che Ippocrate definì VIS MEDICATRIX NATURAE, la forza guaritrice della natura. In realtà è sempre la natura a guarire le malattie; il medico può aiutare solamente questo processo naturale, somministrando i medicamenti. Il dott. Iginio Peres, maestro di omeopatia, così si espresse: "la natura è quella che crea, quella che dà forma e che cura le malattie". Un clinico messicano ha avuto il coraggio di scrivere: "gli ammalati guariscono a volte senza I' aiuto del medico, a volte con I' aiuto del medico, altre volte nonostante I' aiuto del medico". Hahnemann definì questa capacita naturale di mantenere I' uomo in salute, e guarirlo quando è colpito da un processo morboso, forza vitale e, successivamente, la indicò come principio vitale che corrisponde alla Vis Medicatrix Naturae di Ippocrate. Tutto quello che può e deve fare il medico è aiutare, cioè stimolare questa capacità naturale di guarire che è insita nell'uomo: il medico è e deve essere soltanto un aiutante della natura. Il medico omeopata ha sempre presente il potere attivo naturale dell'ammalato, somministrandogli un rimedio a piccole dosi (perché dosi molto forti potrebbero aggravarlo), rispondendo alla legge di similitudine. Il rimedio omeopatico agisce in questo caso nello stesso senso della reattività naturale dell'ammalato, riportandolo dolcemente e rapidamente allo stato di salute. Ricordate il 2 paragrafo dell Organon!

2 2 2. SIMILIA SIMILIBUS CURENTUR E' il secondo principio su cui si fonda I' omeopatia. Quasi tutti sanno, per aver letto o sentito, che la terapia omeopatica si fonda sulla legge dei simili, ma quasi nessuno sa cosa significhi. Qualcuno spiega che si cura il male con lo stesso male, il che è facile da dire ma difficile da capire. Il fatto stesso che la medesima sostanza che fa ammalare possa esser capace di curare una malattia simile, sembra illogico. Nel 1796 Hahnemann nel suo scritto SAGGIO SU UN NUOVO PRINCIPIO PER SCOPRIRE LE PROPRIETA' CURATIVE DELLE SOSTANZE MEDICINALI, così scriveva: "per guarire radicalmente certe infezioni croniche, bisogna trovare dei rimedi che normalmente provocano nell' organisno umano una malattia analoga e quanto più analoga possibile". La legge di similitudine era conosciuta antecedentemente ad Hahnemann: infatti la frase similia similibus curentur fu espressa da Ippocrate cinque secoli prima che nascesse Gesù Cristo. Sin da allora Ippocrate e la sua scuola avevano constatato che esisteva un parallelismo d'azione tra il potere tossicologico di una sostanza e il suo potere terapeutico. Cosi I' elleboro bianco che provoca tossicologicamente diarrea coleriforme, veniva impiegato a piccole dosi proprio per curare il colera. La tintura di cantaride, la cui intossicazione determina cistite emorragica, veniva impiegata a piccole dosi proprio per curare le cistiti che a quel tempo venivano denominate strangurie. La legge dei simili non ebbe però pratica attuazione sino al XVIII secolo, quando Hahnemann approfondì il problema. Egli fu sorpreso, traducendo un famoso trattato di farmacologia del tempo LA MATERIA MEDICA del Cullen, nell'apprendere che I' intossicazione da chinino, a cui andavano incontro gli addetti alla coltivazione della china,

3 3 produceva delle febbri intermittenti simili a quelle malariche. Il chinino quindi, oltre a curare la malaria, era capace a dosi tossiche, di riprodurre una sintomatologia simile a quella per la quale veniva impiegato a scopo terapeutico. Da ciò dedusse che le varie sostanze erano capaci di guarire sintomi analoghi a quelli che esse stesse provocavano nell'uomo sano. Hahnemann volle verificare se quello che aveva letto nel trattato del Cullen corrispondesse veramente a realtà: assunse due grammi di chinino due volte al giorno, ripetutamente. Con sua grande meraviglia cominciò ad accusare una serie di disturbi quali raffreddamento delle estremità, debolezza generale, sonnolenza, palpitazioni, angoscia, tremori, sete, accessi febbrili: in sintesi tutti i sintomi della febbre intermittente malarica. Da notare che Hahnemann aveva contratto da giovane la malattia, quindi era particolarmente sensibile al chinino. Nello studio del dinamismo farmacologico Hahnemann precorse la legge di ARNADT-SCHULTZ. Arnadt infatti affermò che i piccoli stimoli eccitano I' attività vitale, gli stimoli medi la favoriscono e quelli più intensi la sospendono. Schultz dimostrò la validità di questa legge in campo farmacologico, cioè la legge della reversione dell'azione farmacologica con il cambiamento della dose, oggi accettata da tutti e che conferma pienamente la metodologia hahnemanniana: i farmaci (e quindi le varie sostanze chimiche) che a forte dose stimolano la cellula a compiere funzioni patologiche (analogamente ai corrispondenti agenti morbigeni), a piccole dosi stimolano le cellule alla reversione della funzione patologica, cioè alla normalizzazione e quindi alla guarigione. Praticamente per poter prescrivere un rimedio omeopatico è necessario conoscere la sua patogenesi (cioè ciò che la sostanza è capace di provocare sull'uomo sano) che deve essere perfettamente analoga e

4 4 quindi sovrapponibile alla sintomatologia (obiettiva e subiettiva) presentata dall'ammalato. 3. SPERIMENTAZIONE PURA La sperimentazione pura fu ideata e poi realizzata per la prima volta da Hahnemann. Consiste nello sperimentare le varie sostanze (una per volta) sull'uomo sano, raccogliendo minuziosamente i sintomi evocati che sono caratteristici per ogni medicamento. Mette cioè in condizioni di conoscere la relazione esistente tra il malato e il medicamento, in quanto solamente la sperimentazione delle varie sostanze sull'uomo sano potrà farci sapere quali malati riusciranno a guarire. Anche la medicina tradizionale è sperimentale, in quanto pratica la sperimentazione farmacologica del medicamento sugli animali di laboratorio e in vitro, e in un secondo momento sull'uomo malato. L'omeopatia,invece, sperimenta direttamente sull'uomo sano al fine di scoprire la relazione di somiglianza esistente tra il medicamento e malato corrispondente. Questa geniale intuizione di Hahnemann della sperimentazione pura, costituisce il principio fondamentale su cui si fonda I'omeopatia. Nacque così la Medicina Omeopatica, non come teoria o ipotesi, ma come fatto comprovabile, perché sempre ripetibile e riproducibile attraverso una doppia fenomenologia sperimentale: la sperimentazione patogenetica cioè lo studio del quadro sintomatico evocato dal farmaco sull'uomo sano; la sperimentazione clinica, che costituisce la verifica dell'azione dei rimedi sull'organismo malato.

5 5 Hahnemann, per la sperimentazione pura adoperava all'inizio dei suoi studi, sostanze a dosi ponderali, che producevano spesso delle reazioni, tossiche e violente. Notò, successivamente, che diminuendo le dosi diminuivano gli effetti indesiderabili, e si otteneva una azione più dolce e senza alcuna violenza. Somministrò dosi basse fino all'infinitesimale, ottenendo una purezza dei sintomi filtrati da tutto ciò che poteva essere indesiderabile. Nella V edizione dell' Organon indicò la 30 diluizione centesimale come quella più idonea alla sperimentazione e nella VI edizione ribadì di non usare mai dosi massive. Ricapitolando, la sperimentazione pura consiste nel somministrare ripetutamente, secondo norme precise e rigorose, una sostanza a dose infinitesimale (generalmente a 30 CH) ad un individuo umano. L'insieme dei sintomi indotti dalla sperimentazione, ordinata per apparati e sistemi, rappresenta la patogenesi del medicamento. La raccolta delle varie patogenesi costituisce la MATERIA MEDICA PURA, pubblicata per la prima volta da Hahnemann.

6 6 4. INDIVIDUALITA' MORBOSA La individualizzazione è una caratteristica della natura e riguarda tutti gli organismi. Goethe disse: "la natura sembra aver basato tutto sulla individualizzazione". L'individualità è senz'altro uno dei grandi principi dell'omeopatia. Questo principio è espresso chiaramente da un aforisma del dott. Juan Pablo Resier: "ogni individuo soffre secondo la sua specie e, all'interno della sua specie, secondo la sua natura". Anche Hahnemann espresse lo stesso concetto sinteticamente: "non ci sono malattie ma malati". Se ricordiamo il principio di analogia, allora è facile constatare che siamo imparentati con i nostri simili attraverso molte somiglianze: molte nostre qualità le riscontriamo negli altri, per cui ci sentiamo omogenei, cioè dello stesso genere. Però se analizziamo più profondamente, noteremo che vi sono delle differenze, delle sfumature a volte minime ma molteplici che ci differenziano dagli altri e che ci caratterizzano; ed e proprio analizzandoci che ci identifichiamo e acquistiamo individualità: noi infatti siamo unici e da qui deriva la nostra individualità. Le caratteristiche che distinguono I' uomo dai suoi simili sono molteplici e riguardano: i sentimenti, il carattere, la personalità e, da un punto di vista organico, certi atteggiamenti funzionali organici. L' uomo vive la sua malattia in modo personale e individuale. Possiamo senz'altro dire che ogni uomo è unico e irripetibile, anche se presenta molte analogie con i suoi simili. Noi medici omeopatici dobbiamo conoscere il nostro malato attraverso tutte le manifestazioni, sia psichiche che somatiche, cercando di scoprire le sue caratteristiche peculiari e quindi percepire l'immagine sintetica del

7 7 malato stesso: è per questo che l'omeopatia, come dice Leòn Vannier, "è la medicina della persona umana". L'omeopatia è assolutamente inconcepibile senza la massima individualizzazione, scrive Hahnemann nell' Organon. Applicando la legge della similitudine, si deve prima individualizzare il malato e successivamente individualizzare il rimedio corrispondente che presenta, da un punto di vista sperimentale, gli stessi caratteri sintomatologici caratteristici e peculiari dell'ammalato. L'individualità morbosa è insomma la conoscenza profonda dell'ammalato che ci permette di evidenziare in ogni individuo una forma peculiare di sofferenza. 5. INDIVIDUALITA' MEDICAMENTOSA Di questo principio, in parte, abbiamo già parlato precedentemente. Così come non ci sono due malati uguali, giacché ciascuno reagisce alla sua malattia in modo differente, altrettanto possiamo dire che non vi sono due rimedi uguali nel senso che ognuno di loro altera la salute e lo stato di benessere dello sperimentatore in maniera diversa. Anche sostanze che hanno qualcosa in comune per quanto riguarda la composizione, sperimentalmente dimostrano patogenesi diverse. Ad es., Ignatia Amara e Nux Vomica, che contengono entrambi come principio attivo la stricnina, hanno patogenesi diverse che differiscono, tra l'altro, dalla patogenesi di Stricninum. In omeopatia, infatti, per la prescrizione di un rimedio non è sufficiente conoscere le caratteristiche farmacologiche dei vari principi attivi contenuti nella droga di base (alcaloidi e altre sostanze essenziali), in quanto intervengono nella sperimentazione tutte le sostanze presenti nella droga

8 8 stessa, anche le cosiddette sostanze inerti. Hahnemann dedicò all'individualità medicamentosa alcuni paragrafi dell' Organon, nei quali ribadì che ogni farmaco ha una sua azione peculiare caratteristica, per cui, durante il trattamento terapeutico non possiamo né confondere, né sostituire un rimedio con un altro. 6. ENERGIA VITALE Hahnemann pensò che nell'organismo esistesse una particolare energia che chiamò in un primo momento energia vitale, e successivamente principio vitale, e che questa energia assicurasse lo stato di salute e di conservazione. Essa sta a monte delle varie funzioni e degli organi. Secondo questo concetto lo squilibrio iniziale colpisce l'energia vitale prima che si manifestino le alterazioni, sia funzionali che lesionali, a carico dei vari organi. Come conseguenza, la terapia deve seguire la stessa strada. Anche la medicina psicosomatica, successiva all epoca di Hahnemann, segue lo stesso ragionamento logico. Risulta evidente da quanto abbiamo detto, che lo stato di salute corrisponde allo stato di equilibrio e di armonia dell'energia vitale, a uno stato cioè di euritmia, al quale l'organismo partecipa con uno stato di benessere psicofisico. La malattia, invece, corrisponde ad uno stato disarmonico e di squilibrio dell'energia vitale che è sempre primitivo e che determina successivamente manifestazioni patologiche a carico dei vari organi e apparati che rappresentano lo stato dell'organismo verso il ritorno dell'equilibrio e dello stato di salute. James Tyler Kent, grande maestro di omeopatia, sosteneva che le manifestazioni tissutali sono l'effetto della malattia e non la malattia stessa. La Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia sostiene che lo stato di salute del nostro organismo è mantenuto dal perfetto funzionamento ed equilibrio

9 9 esistente tra la psiche, il sistema nervoso, il sistema endocrino e il istema immunitario: qualsiasi noxa esogena o endogena che tende ad alterare questo equilibrio può determinare la malattia se non vi è una risposta pronta ed efficace del sistema. Il rimedio omeopatico deve intendersi come il modulatore che, agendo a livello di questi fini meccanismi del nostro organismo, tende a riportare l'equilibrio e quindi lo stato di salute. 7. DOSE MINIMA E' bene innanzitutto precisare cosa si intende per dose in omeopatia, per chi non conosce l'omeopatia non è facile comprendere il significato di questo concetto. Generalmente il rimedio omeopatico è prescritto a piccole dosi e più frequentemente addirittura a dosi infinitesimali. Hahnemann adoperò dosi sempre più diluite (addirittura al di sopra del numero di Avogadro), in quanto tanto minore era la quantità ponderale del rimedio, tanto più soddisfacente era il suo effetto. Il rimedio omeopatico agisce per effetto qualitativo e non quantitativo. Le dosi basse (cioè basse diluizioni) hanno un effetto superficiale e di breve durata, che si esplica su uno o pochi organi. Le dosi alte (cioè alte diluizioni) agiscono profondamente, coinvolgendo spesso l'intero organismo, e hanno una durata di azione più lunga. Come conseguenza di quanto abbiamo detto, intendiamo per alte dosi quelle molto diluite e dinamizzate; per basse dosi quelle poco diluite e dinamizzate. Il concetto di dose, in omeopatia, deve valutarsi come potenza energetica e non come quantità di sostanza somministrata. Il rimedio omeopatico

10 10 agisce quindi con un effetto qualitativo e non quantitativo, contrariamente al farmaco tradizionale. Quest'ultimo ha, infatti, dei limiti ponderali spesso ristretti: una dose bassa può agire insufficientemente, mentre un superdosaggio può provocare effetti collaterali spiacevoli. Vorrei sottolineare che il rimedio omeopatico agisce nello stesso senso della reattività individuale ed è quindi uno stimolante specifico dell'organismo, e la sua azione é pertanto reattiva. Esso é completamente atossico alle dosi infinitesimali che si usano generalmente. 8. I MIASMI La stragrande maggioranza dei pazienti, nonostante le cure piu diligenti, dopo periodi piu o meno lunghi di relativo benessere, ricade in qualche stato di malattia. A un minimo scarto di temperatura, un minimo strappo alla dieta, uno sforzo anche leggero, un'emozione, un cambio di stagione, una giornata di vento, perfino a una vacanza (non appena cioè ci si allontana dalla normalità piu stretta) la capacità reattiva e difensiva di questi individui viene meno e si instaura uno stato patologico. La persona è ipersensibile ad ogni agente stressante ed il suo stato di equilibrio appare tra i piu precari. Hahnemann, dopo dodici anni di ricerche e riflessioni, arrivò alla conclusione che ogni quadro attuale di malattia è soltanto I'espressione parziale ed episodica di una patologia profonda che rimaneva occulta e che impregnava il paziente tutto intero. Investigando su questo male profondo egli arrivò a caratterizzare tre stati diatesici o discrasici che condizionano il manifestarsi delle malattie che erroneamente venivano, e

11 11 vengono, considerate come entità cliniche indipendenti, separate da ogni contesto. Questi tre stati diatesici furono chiamati PSORA, SIFILIDE E SICOSI. La Psora è, indubbiamente, lo stato costituzionale del difetto, della carenza, della mancanza nel senso del meno, dell'inibizione, con i suoi risultati. La Sicosi è il miasma o stato costituzionale dell'eccesso, dell'esuberanza, della ostentazione o della fuga. La Syphilis è lo stato costituzionale che genera la perversione che è distruzione, degenerazione, aggressività. Questo accumulo di carenza o inibizione, di eccesso o ostentazione, di perversione o distruttività, si manifesta in ognuno degli esseri umani ed è dovuto alla molteplicità di eredità patologiche che portiamo in noi. Logicamente non presenteremo un solo tipo di queste anonalie o malformazioni, ma I'insieme di queste tre forme fondamentali e uniche della disritmia biologica. Ogni individuo, benchè apparentemente del tutto normale, presenterà segni evidenti di queste stimmate.

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