modo, sulle recenti strategie di internazionalizzazione delle imprese italiane: un analisi per cluster

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1 Le recenti strategie di internazionalizzazione delle italiane: un analisi per cluster Il presente lavoro si inserisce all interno di un progetto di ricerca più articolato realizzato dall Osservatorio regionale Banche - Imprese di Economia e Finanza (OBI) finalizzato a comprendere - attraverso un indagine qualitativa su un campione rappresentativo di circa italiane - una serie di tematiche, tra cui le recenti strategie di innovazione, di internazionalizzazione, di aggregazione, di investimenti, i rapporti tra il mondo bancario e delle, ecc. 1. In questo lavoro, ci concentreremo, in particolar modo, sulle recenti strategie di internazionalizzazione e sulle relative modalità di organizzazione attraverso una lettura del comportamento delle raggruppate per gruppi omogenei significativi (cluster). Per la definizione dei gruppi omogenei di cluster, si è fatto ricorso alla domanda sulla del fatturato aziendale sia come consuntivo rispetto al 2013 che come previsione per il Sono state così selezionate, tra le unità del campione complessivo, quelle che hanno indicato un incremento di fatturato sia come consuntivo che come previsione. In contrapposizione a questo gruppo, che è stato definito a, sono state selezionate le a, quelle cioè che hanno indicato una contemporanea riduzione del fatturato nel 2013 e nel Tra questi due gruppi contrapposti di si colloca quello formato dalle unità che hanno dichiarato un invarianza per i due distinti anni di riferimento. Infine, è stato creato un quarto cluster che può considerarsi un residuo, comprendente cioè che non rispondono a nessuna delle tre tipologie suindicate. Per completare, infine, la classificazione delle si sono selezionate le stesse in base a tutte le combinazioni a due a due dei item di risposta previsti dalla domanda in questione (aumento, diminuzione, invarianza, mancata risposta per consuntivi e previsioni). Dalla sintesi/accorpamento di tutte le combinazioni si è poi arrivati alla composizione di 4 gruppi omogenei. La ricerca ha così permesso di delineare i principali profili strategici delle in relazione ai diversi andamenti di fatturato: lo studio ha analizzato, come suindicato, di cui 925 (pari al 17,6% del totale) vincenti, cioè che hanno segnalato di avere aumentato il proprio fatturato nel 2013 e di prevedere un ulteriore aumento nel 2014; caratterizzate da una del fatturato sia in termini di consuntivi che di previsioni (39,2% del totale); a (36,1% del totale); 378 infine (7,2% del campione intervistato) sono state inserite nella tipologia. Quale effetto della crisi, il gruppo più numeroso appare rappresentato dal secondo cluster di che evidenzia, a confronto soprattutto con il primo cluster, una performance meno favorevole e, in particolar modo, strategie meno incisive in termini di innovazione tecnologica e di internazionalizzazione, subendo - di conseguenza - più pesantemente, rispetto alle altre tipologie di impresa, gli effetti della crisi economica e del debole andamento dei consumi. La nostra Indagine per cluster conferma i risultati di una serie di recenti ricerche e studi che hanno evidenziato lo sforzo compiuto da un nucleo rilevante del nostro sistema produttivo negli ultimi quindici - venti anni, attraverso in particolar modo strategie di upgrading qualitativo dei propri prodotti, di innovazione sia di processo che di prodotto, di internazionalizzazione, volte a riconquistare competitività sui mercati esteri. Nel contempo, si è assistito ad un gap crescente, anche all interno di ciascun settore, tra virtuose e non virtuose, accompagnato da un elevata eterogeneità dei percorsi individuali e delle performance micro aziendali (Traù, 2013, ISTAT, 2014, De Nardis, 2014). Come già indicato, il presente lavoro si concentra sulle recenti strategie di internazionalizzazione delle italiane distinte in relazione alla del fatturato nel 2013 e nel In uno scenario economico caratterizzato da bassi tassi di crescita del PIL negli ultimi venti anni (confermato dalle recenti stime preliminari dell ISTAT che vedono, relativamente al terzo trimestre del 2014, una caduta congiunturale e tendenziale del Prodotto interno lordo pari, rispettivamente, allo 0,1% e allo 0,4%), le esportazioni hanno rappresentato e continuano a rappresentare l unica voce attiva della nostra economia grazie, soprattutto, alle strategie realizzate da gran parte del nostro sistema produttivo per conquistare nuove quote di mercato anche nell area extra europea 4. Secondo le più recenti previsioni del Centro Studi Confindustria (CSC) di dicembre è previsto un aumento delle esportazioni di beni e servizi del 3,5% e del 4% nel corso di quest anno e di quello successivo. Riguardo a queste tendenze, un precedente Rapporto del CSC (giugno 2014) evidenzia che la qualità dei prodotti venduti all estero rappresenta un fattore cruciale nel determinare la perfor- 90

2 SCAMBI L ESTERO con mance dell export e costituisce un grande punto di forza del Made in Italy. Secondo il CSC, infatti, nel periodo , il forte aumento della qualità dei beni italiani esportati avrebbe favorito una crescita addizionale dell export di 0,27 punti percentuali medi annui 5. In questo scenario, sulla base dei risultati emersi dall Indagine, sono le a a manifestare una maggiore propensione all internazionalizzazione in termini di fatturato esportato sul totale delle vendite, in lieve aumento nel 2014 rispetto all anno precedente (v. tabella 1). Il maggior grado di internazionalizzazione delle in sviluppo è confermato analizzando la provenienza e la destinazione per aree della merce in entrata e uscita (v. tabella 2). In particolare, rispetto alla provenienza delle merci, il canale estero è utilizzato dal 29,3% delle a contro il 17,5% delle a. Ancora più elevato è il grado di integrazione con l estero riguardo alla destinazione delle merci: il 43,6% delle virtuose segnala, infatti, di fare affluire le merci al di fuori dei confini nazionali contro una quota Tabella 1 - Aziende esportatrici e quota del fatturato estero sul fatturato totale Totale Si 50,6 31,0 43,9 45,2 40,1 No 49,4 68,9 56,1 53,9 59,8 Non sa /Non risponde 0,0 0,1 0,1 0,9 0,1 quota export 44,2 35,0 38,4 43,7 39,1 Sì 52,0 32,5 44,3 43,7 41,0 No 47,6 66,8 55,2 52,6 58,2 Non sa /Non risponde 0,4 0,7 0,5 3,7 0,8 quota export 45,5 34,0 38,4 44,4 39,1 Tabella 2 - Provenienza e destinazione per aree della merce in entrata e uscita dalle Provenienza merci Destinazione merci Altre Totale Solo propria Regione 23,8 34,1 27,9 23,3 29,3 Nord Ovest 59,9 51,8 58,3 60,7 56,2 Nord Est 49,1 51,6 58,6 56,6 54,1 Centro 38,4 38,8 44,6 43,5 41,1 Mezzogiorno 29,3 30,0 37,0 34,6 32,7 Estero 29,3 17,5 22,5 28,9 22,2 Non sa /Non risponde 2,3 2,3 1,8 5,2 2,3 Solo propria Regione 26,5 40,6 28,8 25,0 32,8 Nord Ovest 63,1 47,4 62,0 62,0 56,4 Nord Est 58,7 46,4 61,2 59,5 54,8 Centro 50,3 39,7 52,3 58,3 47,4 Mezzogiorno 40,4 34,6 47,0 51,7 41,3 Estero 43,6 26,4 37,3 39,5 34,3 Non sa /Non risponde 0,8 1,1 1,0 3,6 1,2 91

3 sensibilmente più bassa tra le meno virtuose (26,4%). A conferma di un maggiore orientamento ai mercati locali, le a denunciano (in quote percentuali più elevate rispetto agli altri cluster di, soprattutto rispetto a quelle a ) di acquistare e vendere le merci prevalentemente a della stessa Regione. Le a si distinguono, inoltre, per rivolgersi a più mercati extra europei (v. tabella 3). Se l Unione Europea (a 28 Paesi) rimane l area privilegiata, le in sviluppo indicano, in quote sensibilmente superiori rispetto a quelle delle altre tipologie di cluster, di esportare verso il Nord Africa, l America settentrionale, l America meridionale e l Asia. Nel contempo, le a segnalano di avere attivato o avere l intenzione di attivare rapporti commerciali (v. tabella 4) con i mercati emergenti (in particolar modo con l area dei Paesi BRICS). Appare opportuno sottolineare, altresì, che una quota rilevante del totale dichiara di non avere alcuna Tabella 3 - Principali mercati di destinazione dei prodotti delle per area geografica di destinazione Totale Unione Europea (28 Paesi) 91,3 88,7 87,5 92,3 89,1 Altri Paesi europei (esclusa UE) 43,7 34,7 38,5 57,5 39,9 Nord Africa 22,0 12,8 16,2 20,0 16,7 America del Nord 37,1 21,0 23,1 41,1 26,9 America del Sud 28,4 19,2 15,4 33,4 20,9 Asia 36,1 21,5 19,1 40,9 25,3 Altri paesi del mondo 19,0 13,7 14,0 33,3 16,5 Non sa /Non risponde 0,3 0,7 0,5 0,1 0,5 Tabella 4 - Rapporti commerciali attivati o da attivare nei mercati emergenti (gruppo BRICS e altri) Totale Brasile 22,1 15,8 10,0 25,9 15,7 Russia 26,6 19,5 19,5 42,8 23,0 India 22,5 9,1 9,1 27,7 13,6 Cina 29,4 14,5 15,6 38,6 20,2 attivati Sud Africa 17,0 8,2 8,9 29,7 12,2 Paesi Area MED 24,7 13,6 12,3 42,5 17,9 Altri 3,3 1,7 1,9 2,7 2,2 In nessuno 42,7 56,9 61,4 35,3 53,8 Non sa /Non risponde 1,7 1,6 1,4 1,5 1,5 Brasile 16,6 14,8 10,6 23,9 14,3 Russia 19,5 12,9 15,1 31,8 16,7 India 13,0 4,9 7,8 28,8 9,7 Cina 14,8 11,6 12,7 36,3 14,6 da attivare Sud Africa 9,6 5,1 8,2 29,3 9,1 Paesi Area MED 15,4 9,9 10,1 25,1 12,4 Altri 2,0 1,5 1,8 1,1 1,7 In nessuno 61,4 64,4 68,8 47,6 64,1 Non sa /Non risponde 2,4 2,2 1,3 5,0 2,1 92

4 SCAMBI L ESTERO con Tabella 5 - Modalità di organizzazione per i mercati esteri Totale agisce o agirà da sola 79,9 87,9 88,9 89,1 86,6 agisce o agirà in collaborazione con altre del luogo agisce o agirà in collaborazione con altre italiane 16,5 7,3 7,6 9,5 9,6 3,4 4,8 3,5 1,2 3,7 Non sa /Non risponde 0,2 0,1 0,0 0,2 0,1 intenzione di attivare alcun rapporto commerciale con i Paesi suindicati a conferma che, unitamente alle strategie di internazionalizzazione adottate da molte nostre, rimane ancora un grande vuoto di mercato che potrebbe essere colmato, almeno parzialmente, da opportuni interventi di politica economica e industriale. L Indagine ha cercato di esplorare altri importanti aspetti inerenti il processo di internazionalizzazione tra cui, in particolar modo, le modalità di organizzazione delle nel rivolgersi ai mercati esteri (v. tabella 5). Un elevata quota percentuale di indica che preferisce agire da sola o che agirà da sola (tale quota appare più ridotta per le a ) 6. Analizzando i diversi cluster di emerge una differenza comportamentale di un certo rilievo: le in sviluppo manifestano una maggiore propensione ad agire in collaborazione con altre del luogo. Riguardo alle varie tipologie degli accordi di collaborazione, quella di carattere commerciale (import/export) rappresenta l accordo raggiunto dalla maggioranza del totale delle intervistate (v. tabella 6). Le a, rispetto agli altri cluster di impresa, si distinguono per il maggiore ricorso agli accordi di collaborazione tecnologica, a quelli di collaborazione produttiva in loco e, infine, alla subfornitura per le aziende estere (già presenti nei mercati emergenti). Tabella 6 - Tipologia degli accordi di collaborazione attivi o da attivare con altre Collaborazione commerciale (import/export) Collaborazione tecnologica (scambio di conoscenze) Committente per sub fornitura (a locali e/o italiane) Subfornitura per aziende estere (già presenti nei mercati emergenti) Totale 69,8 67,6 82,2 65,2 72,9 17,1 2,8 6,9 0,4 8,7 13,1 10,8 19,9 6,9 14,2 6,4 13,6 7,7 15,8 9,4 Collaborazione produttiva in loco 15,4 11,8 9,6 0,0 11,6 Acquisizione quote di aziende estere 1,0 0,5 2,8 0,0 1,4 Joint venture 0,9 4,2 4,9 0,0 3,1 Altro 0,8 0,0 2,5 0,4 1,1 Non sa /Non risponde 0,9 7,0 0,6 18,0 3,6 93

5 Soffermandoci sui risultati dell Indagine evidenziati in questo lavoro, sembrano emergere specifici suggerimenti di politica industriale; in primo luogo, emerge la necessità di sostenere le a premiando in qualche modo gli sforzi da esse compiute in tema di innovazione e di internazionalizzazione (in tal senso meritevole di attenzione sono le recenti misure, tra cui la Sabatini bis e il credito di imposta, per l acquisto incrementale nella misura del 15% di nuovi beni strumentali previsto nel Decreto legge sulla competitività di metà giugno) 7. Concordemente con alcune indicazioni di policy evidenziate in un recente Rapporto sull economia toscana (2014), è proprio intorno alle più dinamiche (individuate in questo studio sulla base della crescita degli addetti e/o del fatturato nel triennio in Toscana) che deve costruirsi la politica industriale della regione cercando, da un lato, di far fronte alle loro esigenze attraverso un sostegno ai loro impegni di investimento, di innovazione e di internazionalizzazione e rafforzando, dall altro, la loro capacità di trasmettere effetti sul resto del sistema. Nel contempo, emerge dall Indagine l importanza di seguire anche le in difficoltà (a ) individuando interventi ad hoc; in particolar modo la ricerca sul campo ha messo in evidenza come spesso le agiscano da sole e non siano sufficientemente sostenute. Al riguardo, degno di nota è il recente Piano straordinario per il rilancio internazionale dell Italia. Tale Piano, lanciato nella seconda metà del 2014, si pone il principale obiettivo di cogliere le nuove opportunità legate alla crescita della domanda globale e all incremento della classe media (stimata in circa 800 milioni in più nei prossimi 15 anni), favorire le PMI nell accesso ai mercati internazionali, espandere la presenza nei Paesi caratterizzati da un maggiore potenziale di crescita, attrarre infine capitali esteri. Lo stesso Piano individua una serie di azioni da adottare in Italia (tra cui il potenziamento di grandi eventi in Italia, la formazione di Export temporary manager, una Piattaforma e-commerce per le PMI) e all estero (l attuazione di un Piano speciale volto a catturare nuovi mercati, a definire accordi con la Grande Distribuzione per fare conoscere all estero i prodotti del Made in Italy, ecc.). Paolo Carnazza (Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie - Divisione VII - PMI, Start up innovative e reti di impresa) Giovanni Carnazza (Dottorando di ricerca presso la Facoltà di Economia dell Università degli Studi RomaTre) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Causo S., et al., L internazionalizzazione delle manifatturiere italiane durante la crisi: vincitori e vinti nel mercato globale, L Industria, n.1, gennaio-marzo Centro Studi Confindustria, Scenari economici, La partenza lenta e ritardata, giugno, Centro Studi Confindustria, Scenari economici, Le sfide della politica economica, settembre De Nardis S., Polvere e altare. Nomisma Scenario 11 luglio Fondazione Edison et al., I.T.A.L.I.A., Geografia del nuovo Made in Italy, Fondazione Nord Est, Unicredit, L Italia delle, luglio Fortis M., Corradini S., Le nicchie di eccellenza del Made in Italy - Un nuovo indicatore di competitività, in (a cura di) Quadrio Curzio A., Fortis M., Nuove polarità nella Geo-economia, Il Mulino, Fortis M Industria europea e italiana ancora in patria, l eccellenza traina l export, Il Sole 24 Ore, 14 novembre. ISTAT, Secondo Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, febbraio OBI, Impresa e Competitività. La reazione delle al diffuso clima di incertezza generato dal perdurare della crisi: si accentuano le diversità, Giannini Editore: Napoli. Disponibile anche in E-Book ( Rossi E., Casini Benvenuti S., Toscana 2020, La ripresa è possibile, Il Sole 24 Ore, Guida al Lavoro, SACE, Alla ricerca della crescita perduta. Opportunità e ritorni di un Italia più internazionale, Traù F., L eterogeneità dei risultati economici delle negli anni della globalizzazione e della crisi, QA Rivista dell Associazione Rossi Doria, n.4, 2013.

6 Note 1 L OBI, costituito nel 1996, ha la principale finalità di approfondire la conoscenza dei sistemi produttivi regionali e sviluppare le relazioni tra il mondo bancario e le, proponendosi, altresì, quale strumento di analisi e di programmazione dei processi di sviluppo sul territorio. Gli autori ringraziano l OBI per avere reso possibile questa pubblicazione e il Dott. Fabio Pinca per gli utili suggerimenti formali e sostanziali. Restano ovviamente responsabili per ogni eventuale errore e/o omissione. 2 In un recente articolo (Causo et al., 2014) è stata svolta una cluster analysis più articolata rispetto a quella elaborata nel nostro lavoro, estesa all universo delle manifatturiere estratto dai dati del Censimento ISTAT del 2011; in particolar modo sono stati individuati cinque cluster di (Piccolo cabotaggio, Multinazionali tascabili, Dinamiche, Conservative, Unità complesse) sulla base di distinti profili strategici (Dinamismo, Internazionalizzazione, Complessità organizzativa). 3 Per un analisi approfondita dell Indagine relativa alle varie tematiche, si rinvia a OBI, Attraverso queste strategie, molte sono riuscite a riconquistare competitività e ad incrementare le quote di mercato all estero (in particolar modo verso l area dei Paesi extra UE) collocandosi ai primissimi posti della graduatoria mondiale dell export in poco meno di mille nicchie di eccellenza (Fortis, Corradini, 2010 e Fondazione Edison et.al., 2013); secondo quest ultimo studio l Italia vanta, relativamente al 2011, un attivo di 183 miliardi di dollari grazie a un totale di 946 prodotti classificatisi primi, secondi o terzi nel saldo commerciale mondiale. Sulla base del Trade Performance Index, aggiornato al 2013, l Italia si è confermata prima per competitività nel commercio internazionale nel tessile, cuoio - calzature, abbigliamento e occupa il secondo posto nei comparti dei manufatti di base tra cui metalli e ceramiche, meccanica non elettronica, apparecchi elettrici, mezzi di trasporto e manufatti diversi tra cui articoli in plastica e occhiali. Solamente la Germania ha fatto meglio negli scambi internazionali (Fortis, 2014). 5 Secondo una recente ricerca (Sace, 2014), esisterebbero ulteriori spazi per aumentare l internazionalizzazione della nostra economia; in particolar modo se riuscissimo a raggiungere nel 2018 un incidenza dell export sul PIL del 44% (pari al dato medio Germania - Spagna nel 2013 e comunque inferiore al dato tedesco del 2007), si genererebbero esportazioni aggiuntive per circa 40 miliardi di euro l anno, con un incremento di reddito nazionale tra quattro anni intorno ai 125 miliardi di euro, pari a una crescita del 9% rispetto al PIL attuale. 6 La solitudine delle all estero è confermata da un Indagine svolta dalla Fondazione Nord Est e da Unicredit: nel 2011 il 56,6% delle avrebbe, infatti, indicato di non essersi rivolto ad alcun ente o istituzione una volta presa la decisione di iniziare la propria attività al di fuori dei confini nazionali (tale quota era pari al 52,7% nel 2010). 7 Particolare successo sembra avere avuto la Sabatini bis: a metà ottobre del 2014, secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico, sarebbero pari a 2,3 miliardi di euro i finanziamenti richiesti da circa di piccole e medie dimensioni per l acquisto di macchinari, impianti, beni strumentali, hardware, tecnologie digitali, ecc.. E previsto, entro il 2014, l esaurimento dell intero plafond da 2,5 miliardi l anno.

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