janus comitato scientifico istituto giano trimestrale, anno VII numero 25

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1 trimestrale, anno VII numero 25 janus DIRETTORE Sandro Spinsanti DIRETTORE RESPONSABILE Pietro Greco DIRETTORE EDITORIALE E RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Eva Benelli REDAZIONE Margherita Martini Paolo Gangemi COPERTINA E ILLUSTRAZIONI Mitra Divshali PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Corinna Guercini ZADIGROMA EDITORE Via Monte Cristallo 6, Roma Tel segreteria@zadigroma.it STAMPA Tipografia Graffiti, Via Catania 8, Pavona (RM) istituto giano DIRETTORE Sandro Spinsanti SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Stefania Santoro Via Buonarroti, Roma Tel gianorom@tin.it Pubblicazione trimestrale Singolo numero 16,00 Euro (arretrati 20,00 Euro) Abbonamento annuale 55,00 Euro c/c postale n intestato a Zadigroma srl Registrazione del Tribunale di Roma n. 81/2001 Spedizione in abbonamento postale Poste Italiane S.p.A. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 1 Dcb Roma Finito di stampare nel mese di marzo 2007 comitato scientifico Luisella Battaglia Docente di bioetica e filosofia morale, Genova Giorgio Bert Cardiologo, esperto di counselling medico, Torino Vito Cagli Specialista medicina interna, Roma Gilberto Corbellini Istituto di storia della medicina, Università La Sapienza, Roma Giorgio Cosmacini Storia della medicina e della salute, Università Vita-Salute, Milano Gianfranco Domenighetti Dipartimento servizi sociali del Canton Ticino Alessandro Liberati Università degli studi di Modena e Reggio Emilia Paola Luzzatto Arteterapia, Genova Felice Mondella Filosofia della scienza, Università di Milano Alberto Oliverio Istituto di neuroscienze, Cnr di Roma Alberto Piazza Ordinario di genetica umana, Università di Torino Claudio Rugarli Ordinario di medicina interna, Università Vita-Salute, Milano Roberto Satolli Agenzia di giornalismo scientifico Zadig, Milano Annalisa Silvestro Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVI Giovanna Vicarelli Docente di Sociologia dell organizzazione, Ancona Paolo Vineis Docente di epidemiologia, Università di Torino Franco Voltaggio Storia della medicina, Roma L editore Zadigroma, titolare del trattamento ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 196/2003, dichiara che i dati personali dei clienti non saranno oggetto di comunicazione o diffusione e ricorda che gli interressati possono far valere i propri diritti ai sensi dell articolo 7 del suddetto decreto. Ai sensi dell art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell esercizio dell attività giornalistica, si rende nota l esistenza di una banca dati personali di uso redazionale presso la sede di Roma, via Monte Cristallo 6. I dati necessari per l invio della rivista sono trattati elettronicamente e utilizzati dall editore Zadigroma per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medico-scientifico. IVA assolta dall editore ai sensi dell art. 74 lettera C del DPR 26/10/1972 n. 633 e successive modificazioni e integrazioni, nonché ai sensi del DM 29/12/1989. Non si rilasciano quindi fatture (art. 1. c. 5 DM 29/12/1989).

2 05 POSTA 07 EDITORIALE UNIVERSO MH IL FUTURO DEL PRESENTE 13 Più cure per i bambini che non guariranno Paolo Gangemi 17 Chi decide in medicina? La commissione Sandro Spinsanti 20 Suicidio assistito: la scelta della Svizzera Stefano Pisani 23 Otto anni per cambiare. Ecco il Codice rinnovato Paolo Gangemi 27 Persona e comunità: i comitati etici in Veneto Gian Antonio Dei Tos L obiettivo: Guadagnare salute 34 Malattie croniche, una sfida per tutti Anna Maria Zaccheddu 39 Cambiare abitudini per Guadagnare salute Valentina Arcovio 45 Dove vai se il marketing sociale non ce l hai? Giuseppe Fattori 50 Si fa presto a dire: prevenzione Malena Poggio 53 Non tutte le campagne riescono con il buco Gianfranco Domenighetti 57 Tornare a casa con la voglia di raccontare Margherita Martini 61 Quando la prevenzione non ha funzionato Mario Melazzini A PIÙ VOCI 64 L anno del pensiero magico di Joan Didion Lettura critica di: Mariella Orsi e Alessandra Orsi Nicola Ferrari Luigi Colusso 74 Ai due lati dello specchio della morte Luisa Sesino 78 Lo scienziato che ha confutato la psicoanalisi Gilberto Corbellini 82 La lezione sta nel racconto Luciano Vettore IL CASO 86 Il consenso diversamente informato Commenti di: Luisa Alessio Maura Anfossi

3 Religio medici 92 Il superbo e fragile strumento della ragione Sandro Spinsanti Il ginnasio filosofico 96 La grandezza dell uomo è nella libertà di scegliere la sua natura Simonetta Bassi Grammatiche mediche 103 L accanimento terapeutico Carlo Alberto Defanti IL PROFITTO DELLA MEMORIA La medicina raccontata 109 Qualcosa non andava nel pancino di Chiara Maria Luisa Melzi Vi racconto la mia professione 114 Parola d ordine: qualità Luciana Bevilacqua La settima arte 119 Il dolce morire di Robert Altman Margherita Martini La voce di Melpomene 123 Storie di chi porta a spasso la malattia Stefania Santoro Ultim ora 126 I media e l aviaria: sussurri o grida? Pietro Greco indice

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5 A scuola con Elisa Caro direttore, a proposito del dossier Formare e ri-formare su Janus 25, vorremmo segnalare un progetto molto interessante avviato a Firenze dall Azienda ospedaliera universitaria Careggi. Si tratta del consorzio Elisa (e-learning in sanità), che utilizza tecnologie di formazione a distanza da affiancare alla formazione tradizionale. Il consorzio ha messo a punto una proposta diretta a sviluppare e distribuire un offerta formativa in modalità e-learning relativamente alle tematiche di medicina, in grado di soddisfare gli obblighi derivanti dalla legge sull educazione continua in medicina (Ecm). Questo progetto permette fin dall inizio di prefigurare benefici significativi in favore degli operatori della sanità in termini di crescita dei volumi di formazione erogata a parità di investimento sostenuto, di condivisione su larga scala del know-how disponibile in ambito sanitario, di recupero di efficienza nell utilizzo del personale e di incremento di efficacia delle iniziative formative. In particolare l efficacia è affermata in virtù dell utilizzo di metodologie didattiche altamente interattive e di modalità di progettazione dei singoli contenuti mirate a dare risposta ai bisogni reali della popolazione da formare. I corsi riguardano una vasta gamma di tematiche, alcune molto specifiche per i diversi ruoli professionali coinvolti nel progetto, ma anche argomenti come informatica, inglese, norme antincendio negli ospedali. Le modalità didattiche utilizzate prevedono studio individuale asincrono mediante fruizione di contenuti preconfezionati disponibili su una piattaforma di erogazione, apprendimento in modalità sincrona attraverso l utilizzo di videoconferenze e di aule virtuali, apprendimento collaborativo attraverso attività di studio e di lavoro svolte all interno di comunità virtuali. La formazione continua con metodologie di e- learning, grazie alla possibilità di personalizzare i percorsi formativi, gestire in modo flessibile i tempi e i modi dell apprendimento, facilitare il confronto e lo scambio di conoscenze attraverso l utilizzo di tecnologie adeguate, produce una conoscenza condivisa che educa all assunzione di responsabilità, favorendo la crescita professionale. Al tempo stesso, avviare e realizzare un progetto di e-learning impone un cambiamento nel modo di concepire il lavoro e gestire le risorse: significa integrare competenze di- verse, utilizzare nuove metodologie e tecnologie, ridistribuire i carichi di lavoro e così via. Comporta perciò un cambiamento organizzativo che deve essere accompagnato da un cambiamento culturale, che Niccoletta Castrini, Paolo Squillace sposti l attenzione dalla formazione intesa come erogazione di corsi alla formazione intesa come processo volto a generare valore per le persone e per l organizzazione. Ringraziamo Niccoletta Castrini e Paolo Squillace per questo contributo. Indubbiamente, la realtà della formazione a distanza in sanità anche in Italia si va arricchendo di esperienze importanti. Janus cercherà di darne conto ai propri lettori. caro direttore 5

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7 Associando guadagno e salute, dobbiamo chiarire subito: non stiamo parlando di un guadagno sulla salute, ma di salute. Certo, l industria della salute, che misura il guadagno in termini di fatturato, ha da tempo scoperto questo settore come uno dei più promettenti. Siamo diventati sempre più consapevoli che alle spalle della salute si apre un mercato tra i più floridi, molto abile nell allargare i propri confini, come ci ricorda Gianfranco Domenighetti a pagina 53. Malattia e salute sono realtà dai confini labili e a volume variabile. Si possono fare molti soldi dicendo alle persone sane che sono malate, si legge in un editoriale del British Medical Journal ( Selling sickness: the farmaceutical industry and disease : Bmj 2002; 324) che mette sotto accusa la creazione interessata, da parte dell industria, di stati patologici da curare. Una seconda mossa strategica, oltre ad acquistare clienti tra i sani dichiarandoli malati, può essere quella di convincerli che di salute non ce n è mai troppa: per quanto sani, si può guadagnare più salute! il tema è così nuovo e importante, che abbiamo programmato di dedicarvi il prossimo numero di Janus ( Quando la medicina cura i sani : estate 2007). Non è in quest ottica che il nostro ministero della Salute, in compagnia dei principali Paesi europei e con la benedizione dell Oms, ha lanciato il progetto finalizzato, appunto, a guadagnare salute, come ci spiega l articolo di Anna Maria Zaccheddu in apertura dell Obiettivo. L economia sta anche qui sullo sfondo, ma con segno diverso. La sanità pubblica ha interesse non ad aumentare i consumi di servizi medici e sanitari, ma al loro contenimento. L esplosione dei costi, determinata anche dall allungamento della vita dei cittadini, ha portato in primo piano la preoccupazione per prevenire le condizioni patologiche croniche, che mettono in ginocchio i servizi sanitari a orientamento universalistico. Guadagnare salute comporta, in questo contesto, avere più risorse per curare i malati. Il quadro costituito dalla sanità pubblica va completato con un altro elemento di contesto: la salute di cui parliamo non dipende dalla medicina, ma dagli stili di vita delle persone. Da come e quanto si mangia, dall attività fisica, e anche da come ci si veste. Sì, anche da questo: è il motivo per cui politica e cultura hanno cominciato a parlare della grandezza delle taglie, dei modelli di bellezza che esprimono, delle patologie alimentari a cui danno origine. Questi guadagni di salute hanno luogo lontano dagli ospedali e dagli ambulatori medici, la politica sanitaria è perciò obbligata a giocare in trasferta, a costruire alleanze e ad appoggiarsi alle tecniche del marketing sociale, ci ricorda Giuseppe Fattori a pagina 45. Il progetto del ministero, comunque, è innovativo e merita sostegno, apre un nuovo capitolo della sanità pubblica: oltre alla cura delle malattie e alla riabilitazione, è intenzionato a promuovere la prevenzione intervenendo sullo stile di vita dei cittadini. Ma anche proponendo all universo sanitario nuovi modelli: se ieri l obiettivo di chi opera nella prevenzione erano soprattutto le malattie infettive, oggi anche il ruolo dei tecnici sta cambiando e si orienta verso la collaborazione e la partecipazione di tutti i portatori di interesse: cittadini, autorità sanitarie fino alle stesse aziende private, come si spiega Luigi Salizzato, intervistato a pagina 50. Dobbiamo infatti essere consapevoli che l intervento sui comportamenti quotidiani dei cittadini ha anche un lato d ombra. Quando ci si confronta con gli stili di vita delle persone, si entra inevitabilmente in contatto con le loro scelte. Consideriamo una crescita cul- editoriale 7

8 turale irreversibile aver superato il modello del paternalismo medico, secondo il quale erano i professionisti sanitari gli unici abilitati a definire i confini tra salute e patologia e a prescrivere i comportamenti appropriati per recuperare la salute. La pratica medica contemporanea deve confrontarsi con le preferenze personali e l autodeterminazione dei cittadini, mettendo in discussione l autoreferenzialità di coloro che praticano la medicina (doctor knows best). Il nuovo modello ha fatto fatica a farsi strada, ma è ormai esplicitamente fatto proprio dal Codice deontologico dei medici nella sua più recente revisione. L art. 6: «Il medico agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell autonomia della persona, tenendo conto dell uso appropriato delle risorse» riconosce come elementi qualificanti della buona medicina, oltre alle cure che allo stato attuale della scienza sono considerate più efficaci, anche il rispetto dell autonomia delle persone, e quindi delle loro preferenze, e l impegno a collaborare per ottimizzare l uso delle risorse. L intervento negli stili di vita dei cittadini rischia, però, di legittimare nuove forme di paternalismo: attribuibili questa volta non alla corporazione medica, ma allo Stato. È la tesi sostenuta da Michael Fitzpatrick in un saggio molto polemico: Tyranny of Health: Doctors and the Regulation of Lifestyle (Routledge Taylor, 2005). Le preoccupazioni per la salute, supportate dalle campagne di sanità pubblica, tendono a incoraggiare un senso di responsabilità individuale nei confronti della malattia. Ma per questa strada le politiche governative possono diventare un programma di controllo sociale, rappresentato come promozione della salute. Non possiamo nascondere un certo disagio quando il servizio sanitario pubblico, esaurite le risorse della moral suasion, passa alle maniere forti. Il riferimento è alle misure annunciate in alcuni Paesi, come l Inghilterra, per indurre i cittadini a far ricorso alla medicina preventiva e ad assumere comportamenti responsabili, come ci racconta ancora Domenighetti. Una concezione della perdita di salute come frutto di scelte di stili di vita fatte liberamente sarebbe molto approssimativa e ingenua, mancando infatti di considerare quanto sui comportamenti influiscano le motivazioni inconsce e le induzioni culturali. Non è senza significato che le persone in sovrappeso o obese appartengano in percentuali importanti ai gruppi di popolazione con istruzione elementare (circa il 50%), mentre solo il 30% a persone laureate. Percentuali analoghe si riscontrano tra i fumatori. Se ci si limitasse alla pura informazione, si rischierebbe di accrescere ulteriormente il divario di salute tra coloro che sono in grado di beneficiare delle informazioni e quelli che non lo sono. Ovvero, i guadagni di salute sarebbero ulteriormente sperequati. L azione preventiva riconducibile all obiettivo di ottenere un guadagno di salute, per rispondere ai criteri di equità, dovrà tener conto della discriminazione che potrà, involontariamente, creare. Disponiamo di dati che ci confermano che dalle campagne preventive ed educative traggono beneficio soprattutto le classi medio-alte, che più godono di un migliore stato di salute. In America i poveri fumano tre volte più dei ricchi, benché negli anni 60, quando iniziarono sul serio le campagne contro il fumo, la proporzione fosse la stessa. La correzione della disparità di classe richiederebbe alle pubbliche autorità di decidere di allocare più denaro per rag- 8 Janus 25 Primavera 2007

9 giungere gli svantaggiati. La domanda spregiudicata con cui bisognerebbe confrontare i risultati di interventi di prevenzione indubbiamente benefici diventa, così: a chi vanno i guadagni di salute? Possiamo collocare, allora, il progetto Guadagnare salute in una prospettiva più ampia, dando alla salute una valenza antropologica di maggior spessore. La salute è anche un sinonimo di autorealizzazione personale. Ci riferiamo a quello stato che Friedrich Nietzsche chiamava «la Grande Salute». Su questa dimensione della salute attira l attenzione il contributo di Mario Melazzini a pagina 61. Guadagnare salute in questo senso equivale a guadagnare umanità. La Grande Salute non si definisce antiteticamente rispetto alla malattia: anzi neppure rispetto alla morte. Nel romanzo di Irvin Yalom: La cura Schopenhauer (Neri Pozza, 2005), il ruolo principale è affidato a Juluis, uno psicoterapeuta ormai anziano. Dai suoi ricordi professionali emerge la figura di Carles: «era un uomo particolarmente sgradevole, grossolano, egoista, superficiale, con una forte pulsione sessuale, che si era rivolto a lui quando gli era stato diagnosticato un linfoma mortale. Juluis aveva aiutato Carles a operare cambiamenti notevoli, specialmente nell ambito delle connessioni interpersonali, e questi cambiamenti gli avevano consentito di conferire un senso a tutta la sua esistenza precedente». Poche ore prima di morire aveva detto a Juluis: «Grazie per avermi salvato la vita». Questo è il guadagno di salute che ci sembra l obiettivo più alto a cui tendere. Si tratta di promuovere la parte migliore dell altro, indipendentemente dagli standard di salute e di malattia socialmente accreditati. Può avvenire nella medicina come nella psicoterapia: avviene in ogni rapporto interpersonale autentico. È il volto genuino di quella dea che gli antichi romani chiamavano Cura. Non potremmo chiudere senza richiamare l attenzione dei nostri lettori sulle molte novità di questo primo numero di Janus 2007: nuova grafica, nuove sezioni e uno stile nuovo nell affrontare i temi, più conciso e, speriamo, ricco di informazioni. Da sempre Janus è una rivista che cresce ed evolve, così come cresce ed evolve anche in Italia il settore delle medical humanities. Da quest anno accanto alla rivista ci sarà anche un sito: per essere ancora più vicini e più veloci nel seguire l attualità delle humanities. Sandro Spinsanti editoriale 9

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12 H u n i v e r s o M W. Hogarth Characters and Caricaturas (1743)

13 Più cure per i bambini che non guariranno Quando il malato terminale è un bambino, la tragedia che colpisce le famiglie è senza paragoni. Le difficoltà vengono aggravate dai problemi pratici, fra i quali, in Italia, la quasi totale assenza di analgesici registrati per bambini. Un convegno a Roma, con la partecipazione del ministro della salute Turco, ha portato alla luce queste tematiche e le proposte emerse per risolverle, ma anche i grandi passi in avanti compiuti rispetto a pochi decenni fa. Paolo Gangemi La malattia terminale è di per sé un esperienza sconvolgente, per il paziente e per la famiglia. Se poi il malato è un bambino, per i genitori vuol dire sentire la natura che si rivolta contro: uno tsunami dell anima, come l ha definito qualcuno, che travolge e distrugge tutto quello che c era prima. Le difficoltà ci sono anche per il personale sanitario, e iniziano già nel momento in cui bisogna comunicare la diagnosi ai genitori. E di frequente anche prima: spesso non c è una diagnosi chiara per queste malattie. Come se non bastasse, le famiglie incontrano ostacoli anche per le cure palliative, che dovrebbero evitare al bambino almeno una parte delle sofferenze. Infatti oggi la stragrande maggioranza degli analgesici, il cardine delle cure palliative, non sono registrati per i bambini: tipicamente compare la fatidica indicazione «non somministrare sotto i 12 anni» (o 9, o 10, a seconda dei casi). Spetto quindi al singolo medico prendersi la responsabilità di prescriverli ai più piccoli, ma questo comporta due seri inconvenienti: da un lato i farmaci off-label non sono rimborsabili, e quindi i costi ricadono sulle famiglie già duramente provate dall esperienza di un figlio senza speranze di guarigione. Ma soprattutto, dal momento che i farmaci non sono sperimentati sui bambini, non ci sono certezze sulla loro efficacia, né sulla loro sicurezza. Il problema alla base è generale: i bambini (e spesso anche le donne) difficilmente, per non dire mai, vengono inseriti nei trial clinici sui farmaci. Ma in particolare le industrie farmaceutiche non conducono volentieri sperimentazioni sulle patologie terminali per i minori: i bambini incurabili sono (per fortuna!) un target relativamente ridotto rispetto ai malati terminali di età più avanzata. La spinta per scavalcare questo ostacolo non può che venire dall alto. Da tempo gli Stati Uniti e molti Paesi europei, in particolare la Gran Bretagna e la Francia, hanno imposto alle case farmaceutiche di riportare sui foglietti illustrativi, i cosiddetti bugiardi- universo MH 13

14 ni, le indicazioni degli analgesici per i bambini, costringendole, quindi, a sperimentare queste modalità di somministrazione. In Italia, invece, il pressing sulle industrie è stato molto più debole. I Lea dimenticano i bambini Il tema è stato al centro del dibattito di un convegno organizzato a Roma il 15 marzo dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D Ovidio, che (a parte il titolo straziante: Bambini che non guariranno ), ha trattato l argomento con rigore scientifico unito a una grande partecipazione umana. Dal convegno, a cui ha partecipato anche il ministro Livia Turco, è emersa la volontà unanime di superare questo stato di cose. I partecipanti hanno rivolto un appello all Aifa, l agenzia italiana del farmaco, perché faccia proprie queste richieste nei confronti dell industria, magari recependo le nuove norme emanate nel gennaio scorso dall Emea, l agenzia europea per il farmaco. Da parte delle autorità politiche, l impegno dichiarato esplicitamente da Maura Cossutta, consigliere del ministro, è quello di inserire le cure palliative pediatriche nei Livelli essenziali di assistenza (Lea): come ha osservato Paola Facchin, dell Unità di epidemiologia e medicina di comunità del Consiglio superiore di sanità, «dato che Quello che è più sorprendente, e allo stesso tempo commovente, è che a volte sono gli stessi bambini malati a consolare i genitori, dimostrando una forza d animo che susciterebbe meraviglia anche in un adulto queste cure sono previste nei Lea per adulti e anziani non c è nessun motivo logico per cui non lo siano anche per i bambini: ora come ora sono discriminati». I ritardi dell Italia sulle cure palliative pediatriche non sono solo normativi, ma anche e soprattutto organizzativi: attualmente i costi ospedalieri per la presa in carico degli minori italiani incurabili sono stimati in circa 650 milioni di euro all anno. Secondo la Commissione per le cure palliative pediatriche, istituita nel marzo 2006, il costo potrebbe scendere a milioni di euro con la creazione di una rete nazionale per le cure sia a domicilio sia in hospice pediatrici, che garantirebbe anche un assistenza migliore e più efficiente. La Commissione ha prodotto il documento Cure palliative rivolte al neonato, bambino e adolescente, in cui fornisce un monitoraggio dettagliato sulla situazione italiana: i minori incurabili sono circa , di cui un terzo a causa di patologie oncologiche. Ogni anno ne muoiono , di cui circa 400 per tumore. Come aiutare le famiglie? Oltre ai numeri, il documento esamina anche la situazione dell assistenza, segnalando quanto resta ancora da fare, ma anche i grandi migliora- 14 Janus 25 Primavera 2007

15 menti rispetto a pochi decenni fa, quando negli ospedali era abitudine legare i bambini troppo agitati. La mappa dell assistenza evidenzia differenze significative a seconda dell area geografica: al Nord solo il per cento dei bambini muore a casa, mentre al Sud la percentuale arriva al 60 o anche all 80 per cento. Inoltre il documento considera una ricaduta importante per saperne di più Il documento Cure palliative rivolte al neonato, bambino e adolescente della Commissione per le cure palliative pediatriche c_17_pubblicazioni_580_allegato.pdf AA.VV. Minori d età, maggiori in diritti. Zadigroma, Roma AA.VV. Il malato, l ospedale, la famiglia. Zadigroma, Roma, M.A. Bassetto, Io sono mia? In: Janus 21, primavera J. Picoult, La custode di mia sorella. Corbaccio, Milano, E.E. Schmitt, Oscar e la dama in rosa. Rizzoli, Milano, delle malattie terminali: le conseguenze per la famiglia. Spesso almeno uno dei genitori (e molte volte entrambi) cambiano lavoro o lo riducono durante la malattia del figlio, e un terzo dei nuclei familiari si disgrega dopo la morte del bambino. Inoltre è frequente che l elaborazione del lutto non trovi una strada naturale e imbocchi quella patologica. Per venire incontro alle famiglie in difficoltà è nato il Progetto genitori, organizzato dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D Ovidio e affidato ad Angela Guarino, specialista di psicologia clinica e psiconcologia all Università di Roma La Sapienza. Come ha spiegato la stessa Guarino, il progetto è rivolto ai genitori, ma le sue ricadute andranno a favore anche dei fratellini: soggetti particolarmente deboli, perché per lo più si trovano a vivere l esperienza traumatica in tenera età e senza strumenti per affrontarla. Spesso vengono trascurati dai genitori in favore del figlio malato, e molti di loro soffrono di sensi di colpa. Per questo l assistenza ai genitori comprende anche consigli e indicazioni su come gestire il rapporto con i figli sopravvissuti. Nelle intenzioni di Angela Guarino, il prossimo passo sarà quello di effettuare, già durante la malattia del figlio, degli screening psicologici sulle coppie più destabilizzate e a rischio. Comunque una fase di crescita Quello che è più sorprendente, e allo stesso tempo commovente, è che a volte sono gli stessi bambini malati a consolare i genitori, dimostrando una forza d animo che susciterebbe meraviglia anche in un adulto: è il caso di una bambina che, alla madre che cercava di consolarla spiegando che Dio l avrebbe ricompensata per tutte le sue sofferenze, ha risposto: «L ha già fatto». E di fronte allo stupore della madre e all elenco delle analisi e degli interventi subiti, ha universo MH 15

16 spiegato «sì, mi ha creata coraggiosa». È molto diversa la reazione di un altro bambino, che ha invece formulato il suo dramma in una frase: «Non voglio morire, ma ho paura di vivere». La specificità dei singoli bambini è un altro aspetto fondamentale. Se infatti anche per gli adulti la considerazione e il rispetto per le diverse personalità devono essere tenuti nel debito conto da parte del personale sanitario, a maggior ragione questo deve valere per persone in cui la personalità è in formazione. Come ha ricordato il ministro Turco: «il periodo della malattia è comunque una fase di crescita per il bambino», soprattutto nei casi in cui il decorso è più lungo. La maturazione che si può verificare in questi casi è raccontata in un bel testo: Oscar e la dama in rosa, di Eric Emanuel Schmitt, in cui un bambino scopre di avere 12 giorni di vita, e li vive fino in fondo, con l aiuto di una volontaria dell ospedale che gli insegna a vivere ognuno di quei giorni come se contasse per dieci anni. Anche nella realtà, nessuno meglio dei bambini riesce a essere fiabesco. Una bambina di 10 anni elencava i suoi desideri: «vorrei un gatto, vorrei stare sempre bene, vorrei essere magra», per finire con «vorrei entrare nel Sole». Paolo Gangemi Virus in corsia: il Regno Unito ci fa i conti Ci si ammala in ospedale. Accade anche nella vecchia Inghilterra, dove i pazienti ricoverati contraggono infezioni con troppa facilità. Per correre ai ripari sono stati messi sotto monitoraggio continuo il virus dello Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (che causa infezioni alle vie respiratorie) e il Clostridium difficile (responsabile di infezioni intestinali). Per quanto riguarda il primo, nonostante non sia stato raggiunto l obiettivo prefissato (riduzione del 50% dei casi rispetto ai quasi 4000 registrati nel ), le rilevazioni semestrali mostrano qualche miglioramento. Rimane preoccupante, invece, la situazione delle infezioni dovute al Clostridium difficile. Il batterio ha colpito persone ricoverate nel periodo che va da gennaio a settembre Dunque più di 2 casi ogni 1000 posti letto, e un aumento rispetto ai casi del Quali sono le misure in atto per arginare il problema? Creazione di obiettivi di miglioramento per ogni struttura che gestisce ospedali e medicina territoriale, potenziamento del Codice d igiene introdotto lo scorso ottobre, stanziamento di un fondo da 50 milioni di sterline (circa 73 milioni di euro) specifico per le infezioni ospedaliere. Anche in Italia ci si muove, Janus ne ha parlato sul numero 21 ( Chiedimi se mi sono lavato le mani ) e il ministro della Salute ha varato un progetto d intesa con l Oms, capofila l Emilia Romagna. m.m. 16 Janus 25 Primavera 2007

17 Chi decide in medicina? La commissione Terapia del dolore, cure palliative, decisioni di fine vita: ecco alcuni dei temi affrontati dalla neonata commissione del ministero della Salute per la fine della vita. Malattie croniche e degenerative sono ormai condizioni proprie di molte persone: sono situazioni in cui è necessario offrire ai malati la possibilità di decidere. Riprendere in mano la vita per riacquistare la propria dignità. Il cambiamento sociale implica la necessità di nuove regole. Sandro Spinsanti Il 5 dicembre 2006 il ministro Livia Turco ha presieduto la prima riunione della commissione, composta da trenta membri con diversi profili professionali, creata per elaborare un documento di riferimento sulle procedure inerenti la terapia del dolore, le terapie palliative e le cure di fine vita. Un comune denominatore attraversa i lavori che la commissione dovrà affrontare: la morte, le condizioni cliniche e antropologiche che l accompagnano. Così, negli ultimi giorni di gennaio 2007, quando si è svolta la prima riunione operativa, il primo atto della commissione è stato quello di inquadrare in un contesto culturale di ampio respiro il proprio futuro percorso. Quello che leggerete è il testo dell intervento di Sandro Spinsanti, che ha dato il via a questa riflessione comune. La fine della vita, che nella nostra società è relegata in un contesto medicalizzato, ci mette a confronto con la possibilità di tenere sotto controllo il dolore e i sintomi, di passare da una medicina di tipo curativo a una ispirata alla palliazione, di prolungare la sopravvivenza anche in condizioni estreme (come nel caso degli stati vegetativi permanenti). Il termine della vita appare come una variabile dipendente da quanta e quale medicina utilizziamo, nonché dal contesto organizzativo dei servizi, delle cure e dell assistenza. Decidere per conservare dignità Esiste, poi, una questione formale: quella relativa alla titolarità delle decisioni. Chi decide in medicina? In relazione alle fasi finali della vita la domanda assume un tono di maggiore drammaticità, perché fa esplodere tutte le diversità che possono esserci nel valutare che cosa è giusto fare in questi casi. E queste diversità possono anche tramutarsi in aperti conflitti. Tutta la pratica medica è attraversata da un cambiamento riconducibile a nuove regole che gestiscono i rapporti tra i soggetti coinvolti nelle decisioni. Tradurre in pratica quello che è scritto nelle leggi e nei codici deontologici universo MH 17

18 dei professionisti sanitari, non è semplice e dipende da cambiamenti culturali, notoriamente più lenti a realizzarsi di quanto sia la formulazione di norme formali. Una descrizione molto sintetica di questa riscrittura di regole può essere la qualifica di modernizzazione applicata alla gestione della salute. Questo significa una redistribuzione dei poteri: di decisione, e prima ancora di gestione delle informazioni. Quel potere, tradizionalmente attribuito ai medici ed eventualmente da questi condiviso con i familiari, deve invece essere confrontato con il diritto della persona malata a partecipare alle decisioni che la riguardano. La parola dignità, spesso invocata per qualificare una medicina rispettosa della persona, acquista un significato concreto se si offre alle persone la possibilità di decidere la qualità e la quantità delle cure. Nessun trattamento medico rispetta la dignità del malato se lo costringe a una condizione di minorità, privandolo del diritto di dar forma alla vita e alla morte che meglio corrisponde alle sue preferenze. La dignità comporta l autodeterminazione, nella misura in cui la persona può o vuole attuarla. Una guarigione sufficiente Un elemento dello scenario sanitario che richiede lo spostamento del centro di gravità dalla decisione del professionista sanitario alla partecipazione consapevole della persona malata è la crescita delle malattie croniche e degenerative. Ovvero delle malattie che non si risolvono con la guarigione o la morte del malato, ma che si aprono su lunghi periodi in cui si convive con la malattia. Salute non è più il contrario di malattia, ma può significare guarigione sufficiente per continuare a vivere, anche se in condizioni diminuite o gravate. Questo comporta un altissimo grado di soggettività. Condizioni di vita che per alcune persone sono accettabili, non lo sono invece per altre. Il problema diventa ancora più difficile quando si tratta di prendere decisioni su situazioni non ancora in atto: è il caso delle direttive anticipate. La titolarità della famiglia è messa in discussione: sempre più numerose sono le persone che rivendicano il diritto personale di fornire indicazioni precise sulle scelte da prendere dopo la fine della loro capacità La parola dignità, spesso invocata per qualificare una medicina rispettosa della persona, acquista un significato concreto se si offre alle persone la possibilità di decidere la qualità e la quantità delle cure decisionale. D altra parte la famiglia viene inevitabilmente coinvolta nel processo di cura, quando la malattia acuta cede il passo alla cronicità. La convivenza con la malattia richiede un integrazione di competenze. Fra queste, in primo luogo le cure professionali e non, erogate in ospedale, sul territorio o in strutture apposite (hospice, residenze assistenziali, case dei risvegli). Inoltre, la presenza di asso- 18 Janus 25 Primavera 2007

19 ciazioni non profit, volontariato, iniziative di cittadini. Collaborare per un salto di qualità La presenza di ottimi servizi sanitari non garantisce un guadagno di salute per i cittadini se i malati non sono aiutati a seguire percorsi commisurati con le preferenze individuali. Le scelte concrete sono rispettose della dignità delle persone se nascono dall incontro tra quanto è disponibile sul piano dei servizi offerti dal Servizio sanitario nazionale e quanto corrisponde al modello di buona vita (e di buona morte) di ognuno. Un ruolo nuovo della sanità pubblica è quello di interfaccia tra cittadini e professionisti. In realtà, già nei decreti legislativi che negli anni Novanta avevano delineato il profilo rinnovato del servizio pubblico (Decreto legge 502/1992 e 517/1993) era presente la richiesta di utilizzo di indicatori di qualità dei servizi delle prestazioni. Gli elementi considerati, tuttavia, erano generici e fuorvianti oppure velleitari. Pensiamo per esempio alla personalizzazione e umanizzazione dell assistenza, dove il termine umanizzazione in particolare non può che generare rifiuto nei professionisti, che si sentono implicitamente accusati di disumanità. Pensiamo al diritto all informazione, che ha preso troppo presto la via del consenso informato inteso semplicemente come pratica di autotutela giuridica dei professionisti sanitari. Per un salto di qualità è necessario che il Servizio sanitario nazionale misuri la qualità dei servizi offerti non solo sull efficienza delle strutture e sulla preparazione dei professionisti, ma anche sull esplicitazione e il rispetto delle regole del gioco sia da parte dei sanitari e degli amministratori, sia da parte dei cittadini consapevoli e responsabili. Comunicazione, da subito Il tessuto delle norme giuridiche e delle regole deontologiche costituisce un primo, indispensabile riferimento. Ma non basta. È necessario un confronto con il modello di relazioni racchiuso nel concetto di empowerment del cittadino. È questo modello ideale, per esempio, che porta a far gravitare la terapia del dolore non nell orbita del bene del paziente valutato dal professionista, bensì in quello dell esercizio di un diritto di decidere dove è il confine tra il dolore che si considera accettabile e quello che invece si ritiene inutile. Allo stesso modo, la transizione dalla medicina curativa alle terapie palliative non può essere stabilita da un passaggio di competenze tra professionisti, alle spalle del malato, ma deve avvenire a seguito di una negoziazione con questi. La comunicazione aperta deve essere adottata fin dall inizio. La buona medicina alla fine della vita richiede professionisti disponibili a entrare in rapporto con cittadini che si collocano su posizioni differenziate rispetto al modello ideale della modernità (che possono andare dalla rinuncia a un coinvolgimento consapevole nelle decisioni alla volontà di decidere indipendentemente, anche contro le indicazioni del medico). Richiede nondimeno cittadini che sappiano entrare nel processo decisionale con competenza e con responsabilità. Sandro Spinsanti universo MH 19

20 Suicidio assistito: la scelta della Svizzera L associazione svizzera Exit, fondata da Jerome Sobel, otorinolaringoiatra di Losanna, offre ai propri membri un accompagnamento per lasciare questa vita in caso di malattia terminale. Non è l unica in Europa, ma è forse tra le più antiche, così come l articolo del codice penale svizzero che fin dal 1942 garantisce il diritto al suicidio assistito. Il percorso prevede procedure molto attente, ed è stato anche immortalato in un film documentario, Exit: il diritto di morire. Stefano Pisani Per alcuni è solo un otorinolaringoiatra di Losanna. Per altri è un diavolo. Per qualcun altro un angelo della morte. Si chiama Jerome Sobel ed è il presidente di Exit, associazione svizzera a cui si rivolgono le persone colpite da una malattia incurabile con prognosi fatale per ottenere il suicidio assistito. Da più di vent anni, Exit si batte per il «il diritto a una morte dignitosa», offrendo ai membri che ne facciano richiesta, dopo un lungo e accurato processo di riflessione e di preparazione e a titolo completamente gratuito, la pozione fatale, con cui un accompagnatore li fa entrare in modo indolore nell aldilà. «Lavoravo in ospedale, con i malati terminali. Ho visto troppe persone morire tra le sofferenze più atroci. Uomini, donne, dilaniati dal dolore senza che i farmaci potessero fare più nulla. Persone ridotte a uno stato vegetativo che imploravano un aiuto per chiudere gli occhi. Sono specializzato nelle malattie dell apparato naso e bocca: sentivo la disperazione dei miei pazienti, colpiti da tumore alla gola, alla laringe, dopo due, tre operazioni, dopo cicli di chemioterapia, di radioterapia, quando le cure palliative non leniscono più i tormenti, quando anche l ospedale ti congeda perché non c è più nulla da fare se non aspettare la morte. Ho capito che come medico potevo e dovevo aiutare ad alleviare la sofferenza», racconta Sobel. La dolce morte è storia antica Dal 2002, l eutanasia è legale in Belgio e Olanda. In Svizzera questa possibilità ha una storia più antica: nel 1942 il codice penale svizzero ha recepito un articolo, il 115, che legittima il suicidio assistito quando non sia spinto da motivi egoistici. Procedimenti giudiziari vengono avviati solo in casi sospetti, oppure quando la persona non sia ritenuta in grado di decidere per se stessa. Quarant anni dopo l approvazione dell articolo, è nata Exit. Ma non si pensi che sia semplice ottenere l assistenza al suicidio dell organizzazione. 20 Janus 25 Primavera 2007

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